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La coltura microbica è una tecnica di laboratorio impiegata per moltiplicare batteri e altri microrganismi più
o meno patogeni (quali ad esempio le muffe e lieviti), a fini sperimentali, industriali o diagnostici
(rappresenta un pilastro portante nei laboratori di analisi presso strutture sanitarie pubbliche e private).
La coltura microbica consiste in un’analisi sia qualitativa che quantitativa, e le procedure per metterla in
pratica consistono essenzialmente di due distinte fasi: semina dei microrganismi su terreno di coltura (fase
qualitativa) e conta microbica (fase quantitativa)
In questo elaborato, si farà riferimento ai batteri e alla coltura batterica, considerando che, comunque, in
linea generale, le informazioni sono, nel loro sunto fondamentale, valide per ogni specie microbica.
FASE I: SEMINA
La semina avviene a seguito del prelievo del campione, e si compie su speciali terreni di coltura, ovvero
substrati che permettono la crescita di tale materiale biologico. Essi possono essere classificati in base a vari
parametri:
Terreni liquidi, ovvero i brodi, da solubilizzare in acqua, non necessariamente riscaldata, secondo il
rapporto 13g di terreno/1000mL di H2O. Dopo la sua sterilizzazione, la coltura si opera in provette
da microbiologia chiuse con tappi ermetici o cotone idrofobo;
Terreni semisolidi, ottenibili aggiungendo al brodo una quantità di agar tale che la sua
concentrazione sia minore di 1%;
Terreni solidi, nei quali la concentrazione dell’agente solidificante è assai più vigorosa. Esso può
essere agar, gelatina o gel di silice. La fase anidra si solubilizza in acqua bollente secondo il rapporto
28g di terreno/1000mL di H2O. La coltura si opera dopo aver trasferito il terreno, ancora liquido, su
un particolare sostegno, ovvero la Piastra Petri, con tecniche che verranno descritte
successivamente.
Nei terreni liquidi, i batteri sono liberi di muoversi, e la loro moltiplicazione si apprezza a seguito di un
intorbidimento della soluzione spesso accompagnato dalla deposizione sul fondo della provetta di
materiale aggregato in fiocchi; invece, su un terreno solido, poiché i batteri rimangono bloccati a causa
della sua consistenza gelatinosa, si osserva lo sviluppo di compatti aggregati, le colonie.
Agar, l’agente solidificante, è un polisaccaride estratto dalle alghe Gelidium sesquipedale contenente zolfo.
Esso non rappresenta un fattore di crescita, solo permette che il terreno solidifichi: e così viene associato ad
altre sostanze, le quali distinguono i terreni in base alla composizione chimica:
Terreno di base, impiegato nel caso di specie non particolarmente esigenti, è quello denominato
brodo-normale; esso è formato da una soluzione contenente composti proteici (peptoni) derivanti
dall’azione digestiva di enzimi sulla carne, estratto di carne, cloruro di sodio e fosfati, e ha pH=7;
Terreni minimi, impiegati per la crescita di specie autotrofe. Essi sono caratterizzati da sali
inorganici di azoto, carbonio, zolfo, fosforo a concentrazioni definite e note;
Terreni sintetici, la composizione chimica dei quali è oculatamente calibrata per qualità e quantità
affinché sia garantita la crescita di una specifica specie;
Terreni complessi, i più largamente adoprati presso i laboratori, la composizione chimica dei quali,
a causa della natura stessa dei composti, per qualità e per quantità risulta non precisamente
conoscibile. Infatti, le sostanze le quali concorrono alla costituzione di questi terreni, spesso sono di
natura animale, quali estratto di carne di bove, cuore, sangue, cervello, ecc…
Poi, dalla composizione chimica, scaturisce la funzione che il terreno può avere; e così, in base alla funzione
che esso svolge, si può operare la seguente distinzione in: