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Linda Franchini, VC
Linda Franchini, VC
Alla ricerca dell’eroe
Per cominciare
Ma perché l’uomo ha bisogno degli Eroi? Cos’è che lo ha spinto a creare o iden-
tificare in alcuni individui determinate caratteristiche al di fuori dell’ordinario, scrivendo
di loro pagine e pagine nelle letterature e nell’immaginario di tutto il mondo? Quanto
l’uomo ha bisogno della protezione degli Eroi e quanto sente il bisogno di esserlo lui
stesso?
Basta la parola e inevitabilmente la prima figura che viene in mente risale all’an-
tica Grecia, alla scoperta dei miti, dei labirinti e dei vasi di Pandora.
Omero (o chi per esso, dato che la questione omerica non ha ancora dato una
risposta certa sulla sua identità) è sicuramente il padre dell’eroe in quanto tale.
Chi non ha sognato le battaglie rumorose e le armature luccicanti dei semidèi e
dei principi che combattevano fino alla morte per valori quali famiglia, patria, onore?
Ma se Achille è l’eroe forte e valoroso, l’eroe che per orgoglio entra in guerra e
comandato dalla rabbia cieca, ad esso si contrappone Ettore, l’eroe capace di essere
guerriero impavido dall’elmo straordinario e spaventoso e padre tenero e amorevole
che si toglie quello stesso elmo, simbolo e segno della propria forza, per non spaven-
tare il suo piccolo bimbo Astianatte.
[...] l’onde
del greco mar da cui vergine nacque
“A Zacinto”, U. Foscolo
Dante, Inferno
Alla ricerca dell’eroe
Con l’espressione mos maiorum (letteralmente “il costume degli antenati”) i Romani indi-
cavano quel complesso di valori e di tradizioni che costituiva il fondamento della loro cultura
e della loro civiltà.
Essere fedeli al mos maiorum significava riconoscersi membri di uno stesso popolo, av-
vertire i vincoli di continuità col proprio passato e col proprio futuro, sentirsi parte di un tutto. Il
mos maiorum era, in altri termini, l’insieme dei valori collettivi e dei modelli di comportamento
a cui doveva conformarsi qualsiasi innovazione: rispettare il mos maiorum significava quindi
incanalare le energie e le spinte innovative entro l’alveo della tradizione, così da renderle
funzionali al bene comune.
Cardine fondamentale di questo sistema di valori è infatti l’assoluta preminenza dello Stato,
della collettività, sul singolo cittadino: questa è l’ottica da cui va esaminato qualunque valore
e comportamento; così ad esempio non era tanto il coraggio in sé ad essere apprezzato, ma
il coraggio che veniva dimostrato nell’interesse e per la salvezza dello Stato.
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Alla ricerca dell’eroe
Ludovico Ariosto
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Alla ricerca dell’eroe
Nel viaggio singolare ed incerto della vita, siamo tutti Eroi che dovranno affron-
tare mostri, battaglie, amicizie, amori. Proprio per questo, l’eroe classico del kalòs kai
agatòs, non può che cambiare assieme alla cultura umana, pur mantenendo il primato
Ma anche il poeta è in realtà Eroe del suo tempo: quando, negli ultimi secoli
dell’età buia (XIII-XIV sec.), l’interesse per la cultura antica sembra rinascere, Dante
diventa paladino della sua storia e di tutta la storia umana4, crociato a servizio della
fede e della salvezza dell’umanità. Se il guerriero greco si affidava alla sua forza, al
coraggio, alla vendetta, adesso la sola cosa che spinge l’eroe in avanti è la completa
fiducia nelle leggi di Dio.
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Alla ricerca dell’eroe
L. Ariosto
Notturno, F.L.Catel,1802
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Alla ricerca dell’eroe
l’Eroe addolorato
Ma si può passare da una vita religiosa a una vita folle per amore?
O a una vita folle, e basta?
Dopo che Petrarca inserì indelebilmente l’Io nella sua poetica, dandogli forma e
significato, diventando eroe e protagonista del suo stesso personaggio letterario, la
letteratura si riempie di figure ribelli e malinconiche, insoddisfatte, arrabbiate, limpido
specchio dei loro autori delusi dal mondo vero e dalle libertà negate.
Grande esempio inglese della scissione indivisibile tra vita tra le pagine e vita
reale è la leggenda affascinante che incornicia l’esistenza di Lord Byron.
La sua capacità di confondere esistenza e letteratura ci offre l’immagine di un
eroe celato nel mistero della propria origine, inquieto, segnato dalle passioni, peren-
nemente diviso tra il desiderio di salvare l’umanità e il disprezzo per essa. Questo
eroe è l’eroe che si spinge al limite, insaziabile, che si ribella ad ogni legge, regola
e convenzione, ma che, allo stesso tempo, si autodistrugge, è incompleto, escluso,
solo.
Un eroe quasi cattivo. Un eroe macchiato di quei sentimenti oscuri che ogni let-
tore può sentire propri.
Un curioso aneddoto ci fa intuire la natura ribelle ed originale di Byron: nel 1822 trascorre un
periodo a Porto Venere dove si dedica alla scrittura e alla pratica del nuoto di cui è appassionato
cultore. Qui, avrebbe attraversato a nuoto il golfo, nuotando per otto chilometri fino a San Terenzo,
per andare a trovare i coniugi Shelley, che già aveva incontrato a Ginevra
Non è forse per il suo lato cinico ed oscuro che Amleto, uno dei personaggi più
riusciti a Shakespeare, è rimasto nella memoria culturale per secoli? Questo perché
nessuno può evitare di identificarsi con lui: anticipando le ricerche di Freud, Amleto ci
pone per la prima volta di fronte all’autocoscienza individuale.
Ancora distante dalla rivoluzione della psicanalisi, Shakespeare introduce in un’opera così
complessa quelli che sembrano riferimenti alla futura scoperta della nevrosi: il comporta-
mento della regina, madre di Amleto, è riconducibile ai “lapsus” freudiani, come quando,
corrosa dal rimorso per la morte del marito, continua a strofinarsi le mani come se le sen-
tisse sporche di sangue, oppure vagheggia con precisi riferimenti a quei ricordi immorali
che Freud poi inserirà nella parte più profonda dell’uomo, perché rimossi.
Quello che gli storici chiamano Romanticismo è nato qui, con questo eroe, seb-
bene ci sia voluto quasi un secolo prima che Nietzsche dicesse che Amleto possede-
va «la vera conoscenza, un’ intuizione dell’ orribile realtà», che costituisce l’ abisso tra
la realtà terrena una coscienza in continua aspirazione a qualcosa che è“oltre”.
Secondo lo studioso shakespeariano Agostino Lombardo :
“Amleto è sempre diverso, e se per Goethe era un uomo costretto ad affrontare
una realtà eroica senza avere la stoffa dell’eroe, Coleridge e Schlegel vedevano nel
suo dramma una tragedia della volontà (…); per i decadenti e i simbolisti l’immagine
del loro spleen e noia e male di vivere; per gli artisti del Novecento, l’emblema della
nuova nevrosi ed alienazione”.
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Per questi motivi, lo statunitense Harold Bloom, che analizza le principali ope-
re dell’occidente nel suo libro «The Western Canon» (Il canone occidentale), l’eroe
Shakespeariano ha ispirato tutti gli altri scrittori successivi: da Milton a Goethe, da
Joyce a Beckett.
Golconde, Magritte
L’eroe romantico, quindi, è voce singola di quel modello comune di un’intera ge-
nerazione di intellettuali, dilaniata da un profondo e costante male di vivere.
Qui si colloca la figura originale di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo, figlio dello stesso
periodo letterario ma obbligato a fare i conti non solo con l’amore tiranno, ma anche
con gli obblighi che sente nei confronti della sua patria.
Infatti, al contrario del testo di Goethe I dolori del giovane Werther, il romanzo
epistolare di Foscolo (genere tanto in voga negli ultimi anni del Settecento) mette in
evidenza l’aspetto politico e patriottico tanto caro all’autore, oltre che alla tragica sto-
ria conflittuale del personaggio. Jacopo, infatti, con il cuore sempre in conflitto con la
ragione e con la natura come sola corrispondente, protesta contro qualsiasi forma di
tirannide.
Un uomo e una donna che guardano la luna, Friedrich, 1824
L’eroe foscoliano è diviso da due passioni: quella politica, che, col suo fallimen-
to, mette in evidenza da un lato i rapporti negativi con il potere e dall’altro il desiderio
di un’Italia che avrebbe potuto essere unificata
proprio alla luce delle idee diffuse dalla Rivolu- Sola fra tutte le rivoluzioni contemporanee,
zione francese, e quella amorosa, che sottoli- quella francese fu una rivoluzione ecumeni-
nea i rapporti negativi dell’individuo con gli usi, ca. I suoi eserciti si levarono per rivoluzio-
nare il mondo; le sue idee lo rivoluzionaro-
i costumi e le consuetudini che vogliono ancora
no veramente. [...] La sua influenza indiretta
la donna oggetto del padre o del marito: la for- è universale, perché fornì il modello a tutti i
za non è ancora nel sentimento (o non lo sarà movimenti rivoluzionari successivi, e i suoi
se non sporadicamente), ma nel potere soprat- insegnamenti - interpretati da un punto di
tutto economico. Proprio a queste convenzioni vista particolare - sono contenuti nel socia-
Jacopo si ribellerà, diventando martire di quei lismo e nel comunismo moderno.
sentimenti e valori puri che in ogni modo aveva (E. J. Hobsbawm)
cercato di redimere. Questo passo riassume in poche righe dieci
anni di storia francese. Per quanto ispirata e
condizionata, nelle sue premesse, dall’altra
Quando si risveglierà il tuo martirio, e lo spi- rivoluzione borghese, quella Americana, è
rito sarà vinto dalla passione, io ti verrò dietro per stata proprio questa ad aver cambiato la fac-
sostenerti in mezzo al cammino e per guidarti, cia del mondo che fino ad allora era stato,
scrivendo la parola fine al sistema dell’An-
se ti smarrirai, alla mia casa; ma ti verrò dietro
tico Regime.
tacitamente per lasciarti libero almeno il conforto
Nonostante il suo fallimento, è diventata il
del pianto. punto di riferimento per tutta la storia con-
Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis temporanea.
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La morte, infatti, appare come inevitabile alla fine del romanzo, come l’unica
possibile chiusura di un cerchio all’interno del quale c’è solo impotenza e dolore.
Se l’Ortis era profondamente legato alla natura, vissuta non come palcoscenico
del suo dolore ma come voce e volto di esso, presto questa si ribella contro l’eroe e
ne diventa una nemica al pari di una società ormai poco interessata alle “profezie” dei
poeti.
O natura, o natura
perché non rendi poi
quel che prometti allor? Perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Giacomo Leopardi
‘Non sono felice!’ Mi disse Teresa; e con questa parola mi strappò il cuore. (…) Non
sono felice! Io aveva concepito tutto il terribile significato di queste parole, e gemeva
dentro l’anima, veggendomi innanzi la vittima che doveva sacrificarsi a’ pregiudizi ed
all’interesse.
Ugo Foscolo, Ultime lettere di Jacopo Ortis
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l’Eroe addolorato
Ma non c’è posto per l’eroe in un mondo che cambia, che si evolve, che corre
a tutta velocità sulle rotaie del progresso. Le scienze Deterministiche non hanno più
bisogno di uomini valorosi in grado di andare alla ricerca delle verità nascoste. Il Po-
sitivismo10 non tiene conto del singolo e il suo è il linguaggio della scienza e della
semplice oggettività.
Ecco quindi che l’eroe scompare, sostituito repentinamente da personaggi “co-
muni”, reali, spesso appartenenti a quella classe lavorativa che assume le sembianze
di un agitato animale il cui scopo è la pura osservazione scientifica. Persino l’intel-
lettuale abbandona il suo ruolo di eroe-scrittore per porsi al di fuori delle sue storie,
acquistando l’occhio critico dell’uomo di scienza e non del ribelle corroso dalla malin-
conia e dalle passioni.
La Natura matrigna non fa più paura, perché si può conoscere e controllare.
Scriveva Gustave Flaubert:
L’artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e
onnipotente, sì che lo si senta ovunque, ma non lo si veda mai. E poi l’arte deve
innalzarsi al di sopra dei sentimenti personali e delle suscettibilità nervose. È ormai
tempo di darle, mediante un metodo implacabile, la precisione delle scienze fisi-
che. G. Flaubert, Scritti inediti, 1857
Probabile alter ego dell’autore, Emma è l’eroina romantica sconfitta dal nuovo
mondo concreto e borghese, dove l’amore idealizzato non può portare che alla morte
psicologica (in questo caso anche fisica) di tutti coloro che pretendono di vivere anco-
ra secondo gli ideali romantici. Come aveva già fatto in L’educazione sentimentale, ro-
manzo apparso nel 1869, Flaubert ci presenta la caduta degli eroi con l’oggettività dei
suoi contemporanei scrittori Naturalisti, senza però sopprimere l’Arte, vera protagoni-
sta di un romanzo che ha tutte le caratteristiche di un moderno film realistico, dove il
sublime ci viene presentato sotto forma della cruda e a tratti disarmante realtà.
In Italia, con i romanzi veristi di Giovanni Verga, è evidente quanto l’eroe mo-
derno abbia trasformato la sua lotta contro il male e le rivendicazioni virtuose con il
desiderio insaziabile di raggiungere una condizione economica sicura: la famiglia To-
scano, i Malavoglia dell’omonimo romanzo, si prodigano per modificare il loro status
sociale, andando incontro ad un esito disastroso e fallimentare, inevitabile secondo
la selezione naturale della poetica verghiana. Non a caso, il solo vero eroe positivo
della vicenda è il patriarca Padron ‘Ntoni, in grado di recuperare le origini e i valori
della tradizione.
Egli è un eroe che abbassa la testa di fronte ad un mondo in evoluzione a cui
non può appartenere. E’ solo in grado di essere un Vinto del progresso, che tuttavia
si aggrappa tenacemente alla sua cultura nella naturale grandezza del contadino si-
ciliano.
La provvidenza verghiana si distacca molto dal vero concetto legato alla visione cristiana, poiché essa
è più riconducibile ad una sorta di “divinità pagana del progresso”, piuttosto che a Dio. E’ infatti più
simile alla stessa Moira (o Fato) degli antichi greci, che decideva senza pietà le reali sorti di eroi e
dèi, perché neppure questi ultimi potevano scampare al suo volere: se, per esempio, Manzoni vedeva
la Provvidenza come l’entità che riportava l’ordine nel mondo, il “lieto fine”, per Verga in sostanza
questa forza non esiste. Lui descrive la realtà, in cui non c’è salvezza per chi cerca di cavalcare l’onda
del progresso senza esserne veramente destinato.
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“A volte percepiva, nella profondità dell’anima, una voce lieve, spirante, che
piano lo ammoniva, piano si lamentava, così piano ch’egli appena se ne accor-
geva. Allora si rendeva conto per un momento che viveva una strana vita, che
faceva cose ch’erano un mero gioco, che certamente era lieto e talvolta provava
gioia, ma che tuttavia la vita vera e propria gli scorreva accanto senza toccarlo.
Come un giocoliere con i suoi arnesi, così egli giocava coi propri affari e con gli
uomini che lo circondavano, li osservava, si pigliava spasso di loro: ma col cuore,
con la fonte dell’essere suo, egli non era presente a queste cose. E qualche volta
rabbrividì a simili pensieri, e si augurò che anche a lui fosse dato di partecipare
con la passione di tutto il suo cuore a questo puerile travaglio quotidiano, di vivere
realmente, di agire realmente e di godere e di esistere realmente, e non solo star
lì come uno spettatore.”
Siddharta,Hermann Hesse
Siddharta è l’opera di Hesse più nota. Pubblicato nel 1922, narra la storia di “uno che cer-
ca”, un cercatore, un uomo inquieto, bisognoso di trovare una certezza tra le tante incertez-
ze della vita, l’Assoluto nella relatività dell’esistenza e dei rapporti, che tenta di vivere in
profondità la propria esistenza, attraversando tutte le esperienze possibili, la sensualità, il
misticismo, la meditazione filosofica, ricercando il tutto nel particolare, forte della convin-
zione che nessuna acquisizione è definitiva, e che la conoscenza ha sempre innumerevoli
aspetti da scoprire.
L’Oriente ha sempre significato per Hesse il simbolo assoluto dell’altra patria, quella vera,
staccata dal mondo fisico, patria del cuore, luogo dove dubbi e fedi si ricompongono in una
superiore unità e “Siddharta” è appunto un viaggio spirituale, nel cui protagonista, come
nel poema dantesco, si cela lo stesso autore.
copertina compagnia teatrale “Amici di San Giovanni”2011
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Il Non-Eroe
È un’azione indegna per un uomo! Io non ho alcuna voglia di ammazzarmi,
ma non v’è dubbio che se decidessi di farlo vi riuscirei subito!”
“La coscienza di Zeno”,Italo Svevo.
Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla
salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri,
nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile,
in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali
innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri
un più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per
porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione
enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli
proba di parassiti e malattie.
“La coscienza di Zeno”,Italo Svevo
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L’oltre – uomo
Tra Ottocento e Novecento si assiste ad una straordinaria diffusione e reinter-
pretazione del pensiero di Nietzsche, filosofo critico e provocatorio verso la società
del suo tempo. Condannando i miti del progresso, egli esalta i valori della gioia di
vivere e del corporeo, in cui la morale e leggi sociali hanno solo un aspetto negativo.
Qui nasce la figura del Superuomo, ovvero colui capace di spingersi oltre tutte
le repressioni morali, le contraddizioni e le lacerazioni in cui è costretto da tutta una
tradizione di pensiero idealistico e cristiano, per raggiungere un livello di moralità
superiore, in cui bisogna vivere ogni istante come se la morte non fosse sempre in
agguato.
In Italia il superuomo del filosofo tedesco è stato recuperato da Gabriele D’An-
nunzio, che gli ha dato sembianze completamente nuove. Il mito del superuomo, in-
fatti, dall’immagine utopica e idealizzata che gli aveva dato Nietzsche adesso diventa
semplice esaltazione dell’individuo superiore a tutto, capace di liberarsi dalle catene
della morale convenzionale, elevandosi sulla folla dei mediocri, senza la pretesa di
volerli “salvare” dal grigiore del progresso. La vita, per il superuomo dannunziano,
diventa arte pura, fine a se stessa, a cui ogni cosa, ogni istante, ogni gesto, ha il solo
fine estetico.
D’Annunzio applica, in un modo tutto personale, le idee di Nietzsche alla situa-
zione politica italiana. Ne parla per la prima volta in un articolo, La bestia elettiva, del
1892, e presenta il filosofo di Zarathustra come il modello del “rivoluzionario aristo-
cratico”, come un uomo che piega ogni cosa che lo circonda al proprio progetto di
affermazione, sia essa donna o macchina.
Così parlò Zarathustra è l’opera che riassume il pensiero dell’ultima fase intellettuale di Nietz-
sche. L’opera è scritta secondo un modello che richiama lo stile del Nuovo Testamento, in cui Nietz-
sche prende congedo dal moralista e dallo psicologo e prende i toni di un profeta e di un lirico. Ma chi
é Zarathustra , il folgorante profeta del superuomo? Egli é il “ senzadio “ per eccellenza, il sostenitore
della teoria dell’oltreuomo e dell’ eterno ritorno, colui che, dopo essersi allontanato dalla sua città e
dopo averne passati 10 sui monti, in compagnia di se stesso e dei suoi amici animali, all’ età di 40 anni
sente il bisogno di tornare in mezzo agli uomini per insegnare loro ad apprezzare il mondo terreno per
quello che é, senza vivere aspettando un presunto mondo ultraterreno che non può che non esserci,
senza più morale, senza più un Dio
Figura :”Apollo e Dafne”, Canova
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Alla ricerca dell’eroe
Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il
Dio d’Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta
lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi
abbraccio, Gabriele D’Annunzio 11 settembre 1919.
Così Gabriele D’Annunzio scriveva a Benito Mussolini: iniziava l’impresa di Fiume.
D’Annunzio riesce ad organizzare un gruppo di spedizione composto da circa 1000 uomini.
Il 12 settembre 1919 i soldati e D’ Annunzio entrano in fiume. Il generale Pittaluga favorì l’avanzata
nella città facendo strada all’esercito. Il successo è immediato in quanto le truppe alleate non si
oppongono agli uomini e sgombrano il territorio. Il 20 settembre dello stesso anno, D’Annunzio si
dichiara “ comandante della città di Fiume”ed il 16 ottobre dichiara fiume “ piazzaforte in tempo di
guerra”. Il 26 ottobre D’Annunzio esce vincitore dal plebiscito fiumano dove su 7155 votanti, 6999
furono a suo favore. Spronato dal successo, il poeta propone a Mussolini l’idea della marcia su
Roma, ma quest’ultimo lo dissuade dall’idea perchè il suo progetto segreto era quello di essere il
solo protagonista della marcia e non di venire subordinato al poeta che, dopo l’impresa fiumana,
aveva riscosso molto più successo di lui. Gli alleati presero posizioni piuttosto moderate cercando
di allertare il governo circa le conseguenze della presa della città, mentre Nitti si limitò a contrat-
tare con D’Annunzio attraverso negoziati pacifici.
Per la vigilia delle elezioni D’annunzio sbarca a Zara, senza essere eccessivamente intral-
ciato dagli alleati e, dopo averla occupata, lascia un piccolo contingente di soldati a presidiarla.
Quando gli italiani vanno alle urne ignorano le ultime imprese di D’Annunzio, perchè il governo
blocca la notizia attraverso la censura, credendo ed avendo paura che l’ultima impresa militare
possa cambiare il corso della consultazione. Nelle elezioni del 1919 i fascisti vengono sconfit-
ti e nel 1920 Giolitti sostituisce Nitti. In questo stesso anno D’Annunzio è costretto a chiudere
definitivamente l’impresa fiumana. Il 12 novembre, dopo una riunione degli alleati, Fiume viene
dichiarato stato indipendente e la città di Zara passa all’Italia ad eccezione della Jugoslavia e della
Dalmazia. Questo segna la fine della gratitudine dell’esercito e della marina italiana nei riguardi
del “poeta soldato”. Nel periodo natalizio Enrico Caviglia libera Fiume e risponde alle minacce di
D’Annunzio facendo fuoco sul palazzo del governo. Il Vate è costretto ad andarsene seguito dai
suoi legionari. Indossano una divisa che in seguito diverrà un simbolo: camicia nera sotto il grigio-
verde e fez nero.
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Alla ricerca dell’eroe
L’EROE SOLDATO
Abbagliato dalla gloria che la Grande Guerra pareva portare, l’Eroe presto esce
sempre di più dalle pagine scritte per venire a far parte della realtà quotidiana. E’ pro-
babilmente in questo periodo che la figura dell’eroe acquista il significato che troviamo
nella prima voce del vocabolario: persona che dimostra grande coraggio e si sacrifica
per gli altri. Proprio adesso, infatti, gli uomini sono costretti a trasformarsi in soldati e
poi in eroi per la patria, per la famiglia, per ideali che a volte sentono propri e a volte
non sentono proprio. L’Eroe ritorna ad avere le sembianze dei semidei greci, anche
se il modo di fare la guerra è cambiato e la morte non è più un ultimo estremo atto di
gloria.
Delfino Borroni
Se non è eroismo questo…
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Alla ricerca dell’eroe
F.W. Nietzsche
Così la grande speranza del mondo, il gran sogno della musica totale, si
realizzava finalmente nelle ali di Gazurmah...Il volo di tutti i canti della terra si
sublimava nel loro ampio remeggiare ispirato!... Divina brama della Poesia! De-
siderio di fluidità! Nobili consigli dei fumi e delle fiamme!...
E Gazurmah saliva. La melodia esaltante e soave delle sue ali aranciate
aveva ammansato uno stormo di condor, che lo seguiva pel cielo, lunga sciarpa
continuamente annodata e snodata...
“Mafarka il Futurista”, Marinetti
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Alla ricerca dell’eroe
Italo Calvino si pone nel mondo dei creatori di eroi in modo alquanto nuovo: met-
tendo da parte l’ineluttabile fallimento dell’eroe contemporaneo, egli cerca di ricrearne
uno nuovo, ma più vero e razionale, lontano dai gesti grandiosi eppure significativi.
Ne Il barone rampante, infatti, il protagonista Cosimo Piovasco di Rondò, per sfuggire
alle provocazioni del padre, decide di vivere sugli alberi, solo, in una condizione che
all’apparenza porterebbe solo all’esclusione sociale, ma che in verità permette una
più completa visione delle cose e della vita. Una realtà razionale e giusta, che può
essere realizzata solo osservando le cose dall’esterno, non ha bisogno di eroi.
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Alla ricerca dell’eroe
La Sfida del Corpo dovrebbe aver dimostrato a ognuno di voi che la mente controlla il
corpo. Il corpo può continuare ad andare fintanto che la mente è forte. Una volta che ne ave-
te la consapevolezza, non ci sono limiti a ciò che potete raggiungere. L’impossibile diviene
possibile, se soltanto la mente ci crede.
dal libro “La via della spada. Young samurai” di Chris Bradford
L’EROE SAGGIO
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Alla ricerca dell’eroe
“Samurai”, Rodolfotroll
Senza addentrarci in una filosofia sociale piuttosto complessa, l’on è il concetto
chiave che lega qualsiasi legame interpersonale, in particolar modo quando da questo
debito ne va dell’onore stesso.
L’esagerazione della concezione dell’on si ha con la creazione delle virtù che i
Samurai dovevano possedere a tutti i costi. Ritenuti gli eroi più fedeli e forti del Giap-
pone, la storia dei Samurai è racchiusa in una singola vicenda avvenuta nel periodo
Edo (1600-1869), conosciuta come l’episodio dei Quarantasette Ronin. Ma il testo più
famoso è sicuramente l’opera di Yamamoto Tsunetomo, Hagakure, in cui il samurai
fa trascrivere ad un suo allievo i pensieri e le massime più importanti della filosofia di
questa classe di guerrieri. Benchè Tsunemoto avesse espressamente ordinato che il
volume venisse bruciato dopo la sua morte, esso divenne il testo fondamentale del-
l’etica segreta marziale. Solo nel 1906 divenne pubblico, tanto che alle soglie della
In sintesi, la storia dei Quarantasette Ronin parla degli uomini del guerriero Asano
(ucciso per non aver portato un dono al suo signore) che, dopo aver atteso per due
anni, pianificando l’attacco, lo vendicarono uccidendo il cortigiano e tutti i suoi discen-
denti maschi. Nonostante avessero seguito i precetti del bushidō vendicando il loro
padrone e la loro impresa fosse stata vista con forte approvazione dai nobili di corte,
46 dei 47 rōnin vennero a loro volta obbligati a commettere seppuku per aver sfidato
l’autorità imperiale. Il più giovane di loro, Terasaka Kichiemon, invece ricevette l’or-
dine di rimanere in vita per continuare a fare con regolarità le offerte in favore degli
spiriti degli altri condannati, poiché solo uno dei quarantasette rōnin era abbastanza
valoroso da essere degno di farlo. La vicenda, che si è svolta tra la prima metà di
marzo del 1701 (Asano commetterà seppuku il 14) ed il quattro febbraio del 1703
(anno in cui i ronin saranno costretti dal bakufu, il governo, ad uccidersi), ha ispirato
un gran numero di racconti e rappresentazioni di teatro Kabuki, la più nota delle quali
è il Chushingura. Gli uomini di Asano divennero eroi popolari, incarnando lo spirito del
bushidō e furono in ogni tempo oggetto di un vero e proprio culto. Poiché la parola
rōnin ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti della vicenda
sono designati come “Quarantasette gishi (uomini retti)”.
Il loro leader, Oishi Kuranosuke, è rappresentato da una statua bronzea posta nel
1921 all’entrata del tempio Sengakuji di Tokyo, cioè nel luogo in cui si compì il loro
destino e in cui si trovano le loro tombe[1].
Ogni anno sulla tomba i giapponesi arrivano da tutta la nazione per deporre dei fiori
in ricordo del loro eroico sacrificio. Grazie al cinema, al teatro e alla letteratura questa
vicenda è diventata popolare in tutto il mondo, caratterizzando in se stessa il vero
spirito del bushidō (un’interpretazione in chiave moderna è il film Ronin, con Robert
De Niro).
Un’interpretazione comica dei fatti si trova anche in “Il tesoro di Kira”, un episodio
della seconda serie di Lupin III.
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Alla ricerca dell’eroe
Guerra Mondiale venne strumentalizzato per indurre il popolo alla cieca obbedienza,
alimentando il fanatismo dei giovani arruolati nel corpo speciale dei kamikaze.
Quando Nakano Takumi era in punto di morte, la sua casa intera si raccolse
intorno a lui ed egli disse: <<Tre sono le regole che il samurai deve rispettare:
obbedire alla volontà del daimio, essere forte e sempre pronto a morire.
(VIII, 70)
La morte, infatti, era per i samurai un atto di volontà, un grande gesto di onore
per l’animo nobile. Si legge nel libro:
Su queste basi l’antropologa Ruth Benedict rivolse particolare attenzione agli
aspetti della società giapponese connessi con l’idea della guerra. Nel suo libro Il cri-
santemo e la spada, quando durante la Seconda Guerra Mondiale l’America si ritrovò
a dover raccogliere informazioni per poter conoscere l’estraneo e sconosciuto nemico
che era il Giappone, Bededict sottolinea come il fine principale della potenza nippo-
nica fosse di imporre i propri canoni di vita a tutte le altre nazioni e il loro concetto
secondo il quale la materia non è necessaria ma subordinata allo spirito li abbia portati
ad avere l’arma più potente di cui un esercito potesse disporre: un grandioso spirito
di sacrificio. I piloti suicidi chiamati kamikaze e denominati dai soldati americani come
“baka bomb” (bomba idiota)erano conosciuti dai giapponesi con la definizione “Oka”.
Questo nome evoca i fiori di ciliegio, simbolo di purezza ed evanescenza.
Piloti suicidi giapponesi impiegati nella seconda guerra mondiale dall’ottobre 1944
all’agosto 1945. La strategia degli attacchi suicidi con aeroplani destinati a schiantarsi
sulle navi statunitensi fu decisa dal viceammiraglio Oonishi Takijirou, comandante del 1°
Kokukantai (Prima Flotta Aerea). Nella riunione del 19 ottobre 1944 a Mabalacat (Filip-
pine), fu stabilita la formazione dello “Shinpuu tokubetsu kougekitai” (Gruppo speciale
d’assalto vento divino).
Il nome kamikaze (vento divino) fu attribuito in ricordo della tempesta, così chiamata,
che nel XIII secolo spazzò via la flotta d’invasione di Kubilai Khan. La grave decisione
fu adottata a causa delle pessime condizioni in cui versavano le forze nipponiche. Dopo
la sconfitta a Leyte (Filippine) e il fallimento dell’operazione Shou (vittoria), l’inferiorità in
mezzi, rifornimenti e uomini era netta. Ogni attacco aereo era destinato al fallimento, il
velivolo sarebbe stato abbattuto dai caccia avversari o dalla contraerea. Perciò si deci-
se di continuare a combattere a costo del sacrifico supremo. Molti piloti accettarono con
entusiasmo la scelta di continuare la lotta con questo mezzo estremo, e tanti furono
anche i volontari. Gli attacchi kamikaze furono dal punto di vista militare un fallimento.
Infatti i danni recati al nemico furono limitati e mai decisivi. Ma dal punto di vista morale
essi furono impressionati. Gli americani rimasero stupefatti nel constatare la determina-
zione del nemico, e per ovvie ragioni culturali avvertirono come disumana quella strate-
gia di guerra. Combattere contro un nemico che non si comprendeva rendeva tutto ciò
destabilizzante.
Oggi i nomi dei piloti kamikaze sono conservati nello Yasukuni Jinja, un tempio shin-
toista di Tokyo. Le visite al tempio di alcuni premier giapponesi (come quelle di Nakaso-
ne nel 1985 e di Koizumi nel 2001) sono state oggetto di aspre critiche.
Ma si deve ricordare che i kamikaze sacrificarono le loro vite per il Giappone, non
contro qualcosa e qualcuno, oppure a favore di una classe politica, ma per l’intero pae-
se.
copertina di “Kamikaze, l’epopea dei guerrieri suicidi”, L.v.Arena
“I fiori di ciliegio selvatico- spiegava un ufficiale volontario in una di queste unità –di-
spiegano il loro splendore, poi perdono i petali senza rimpianti: è così che noi dobbiamo
prepararci a morire, senza rimpianti”.
Nonostante gli alleati vedessero in Hagakure-il libro segreto dei samurai la cau-
sa del militarismo dei soldati giapponesi e bruciarono migliaia di copie al termine dello
scontro mondiale, non si può negare quanto la figura letteraria dell’eroe giapponese
sia vissuta e viva in stretta identificazione con il suo reale popolo: il samurai è stato
certamente cancellato dalla sua elevazione sociale, pur vivendo nella quotidianità
vera.
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Allyson Felix
locandina del film “Scontro tra Titani”, di Louis Leterrier
E’ un eroe che sceglie il dovere e l’anonimato. Non cerca sesso e potere, né celebrità
e successo. Ciò che motiva la sua scelta è il desiderio di ritrovarsi dalla parte dell’azione,
in nome di valori e ideali. In lui ritroviamo due elementi: il sacrifico e la redenzione
La differenza sostanziale che Augé sottolinea tra l’eroe moderno e quello del
passato è il fatto che il primo non cerca di superare limiti naturali, né si vuole porre al
di sopra della massa, ma anzi tenta in tutti i modi di essere normale. Come protago-
nisti del cinema o gli sportivi, i nuovi eroi sono effimeri e momentanei, hanno perso la
loro immortalità.
Viviamo in un periodo poco epico, senza grandi progetti. E l’universo mediatico funziona
come una nuova cosmologia, al cui interno si muovono personaggi eroici di tutti i tipi e per
tutti i gusti, dal militante all’artista allo scienziato, l’importante però è che esistano e che,
la nostra società ne ha bisogno crescente
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Afferma il sociologo Phillipe Corcuff, nel suo saggio Una società di vetro:
Si sta delineando un eroismo che di Achille, più che la spada, fa suo il tallone
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Sceso dall’olimpo degli eroi, questo nuovo personaggio acquista infatti tratti sem-
pre più ambigui, come dimostrano gli innumerevoli romanzi dai tratti gotici e grotteschi.
Nel suo articolo sulla letteratura moderna, pubblicata il 26 dicembre 2009 sul web,
Leonardo Guzzo scrive riguardo a vampiri e pirati, i nuovi protagonisti dell’immaginario
collettivo.
Ognuno di noi è un eroe tutti i giorni, perché ci vuole coraggio per vivere e per
scegliere. Ci si può consolare leggendo libri, fumetti, guardando film, ma credo che
troppo spesso finzione e realtà si trovino a coincidere e così a confondere le idee: si
sente sempre più spesso dire che siamo un unico grande popolo, dove non esistono
più barriere e limitazioni grazie alle comunicazioni, eppure siamo sempre più distanti
dalla realtà vera.
E’ bello sentire che, accanto ai calciatori, alle modelle, ai cartoni animati, i bambini
dicano che i loro eroi possono essere figure come Gandhi, Martin L. King, Mandela…
Perché gli eroi dei romanzi possono anche nascere nella realtà, ma sta a noi aiutarli a
diventare tali.
Sono proprio contento che quello di domani sarà un eroe non mitologico, ma uno che,
pur avendo coscienza della finitezza umana, non rinuncerà a mettersi in gioco. Per sé e per
gli altri
Conclude Augé:
Sitografia
“Chi sono i Kamikaze”, articolo on line della dottoressa Simonetta Costanzo
“Aspetti socio-culturali dell’eroismo in Giappone”, di Capocelli Mirko Mario
“Frasi e Aforismi”, PensieriParole
www.gabrieled’annunzio. Net
www.italialibri.net/autori/calvino.htmal
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http://www.bluedragon.it/medioevo/poema_epico_cavalleresco.htm
http://it.wikipedia.org/wiki
Google immagini
http://uac.bondeno.com/fquadro/scritti/i_nuovi_eroi.htm
http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_26/borroni_morto_1dc9ba5e-a3a0-
11dd-8d2c-00144f02aabc.shtml
http://www.catanzaroinforma.it/pgn/rubriche.php?rubrica=441
Alla ricerca dell’eroe
Indice
1. Per cominciare……………………….................….pag. 2
2. L’Eroe divino………….....................……………….pag.3
3. L’Eroe cavaliere……………………….....................pag.7
4. L’Eroe addolorato………...................……………..pag.13
5. L’Eroe sconfitto………………..................…………pag.20
6. Il Non-eroe……………………………..................…pag.27
7. L’Oltre-uomo………………......................…………pag.31
8. L’Eroe soldato……………………...................…….pag.36