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Infine fu decisiva nel 207 a.C. la battaglia presso il fiume Metauro, nelle
Marche, dove l’esercito Cartaginese inviato a sostegno di Annibale fu
annientato.
Lo comandava Asdrubale, fratello di Annibale, nel cui accampamento fu
fatto rotolare il capo mozzato dello sconfitto.
In Spagna brillavano le grandi doti di un giovane comandante, Publio
Cornelio Scipione.
Scipione passò di successo in successo, costringendo i Cartaginesi ad
abbandonare la penisola iberica.
Qui furono poi stabilite le due province della Spagna Citeriore (più vicina,
l’attuale Catalogna) e della Spagna Ulteriore (più lontana, l’attuale Andalusia).
Nel 204 a.C., un potente esercito romano al comando di Scipione sbarcò
in Africa e due anni dopo, nel 202 a.C., sgominò Annibale nella battaglia di
Zama.
Scipione celebrò un grandissimo trionfo e prese il soprannome di
Africano.
Le condizioni di pace imposte a Cartagine: rinuncia alla flotta militare,
con l’eccezione di dieci triremi; pagamento, in cinquant’anni, di 260
tonnellate di argento; divieto di intraprendere conflitti senza il permesso di
Roma.
Le conquiste in Oriente
La seconda guerra punica determinò un generale riassetto dello scenario
in tutto il Mediterraneo occidentale all’insegna della dominazione romana.
Ripercussioni anche nell’area del Mar Egeo, dove si affacciavano due grandi
potenze, il regno di Macedonia e il regno di Siria.
Il regno di Nel corso della seconda guerra punica il re di Macedonia Filippo V,
Macedonia impressionato dai successi di Annibale, decise di stringere alleanza con i
e la Grecia Cartaginesi ritenendo prossimo il crollo di Roma e possibile sottrarre ai
romani l’area di influenza conquistata lungo le coste dell’Adriatico
meridionale.
Nella prima guerra macedonica le ambizioni di Filippo V andarono deluse,
ma non patì gravi conseguenze.
A Roma fu sufficente contenerlo grazie all’alleanza con il regno di
Pergamo, in Asia Minore, e con la Lega Etolica, di cui faceva parte la gran
parte delle poleis indipendenti della Grecia centro-settentrionale.
Pochi anni dopo, Filippo avviò una politica aggressiva in Asia Minore e
attaccò il regno di Pergamo, alleato di Roma. Roma intervenne con decisione,
dando inizio alla seconda guerra macedonica.
La campagna militare fu rapida e facile: nel 197 a.C. il generale Tito
Quinzio Flaminio sconfisse l’armata macedone a Cinoscèfale, in Tessaglia.
Il sovrano macedone accettò di pagare un’ingente indennità di guerra e
di rinunciare a tutti i possedimenti al di fuori dei confini del proprio regno.
Nel 196 a.C., Flaminio, davanti ai greci radunati a Corinto per i Giochi
Istmici, proclamò solennemente la libertà di tutta la grecia.
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Un’omaggio alla cultura greca che comunicò due cose: la fine
dell’influenza macedone in Grecia e il divieto per le poleis greche di
prendere autonome iniziative l’una contro l’altra.
Nell’arco di pochi decenni il pugno di ferro della dominazione romana si
rivelò in modo esplicito.
I Romani ingaggiarono la terza guerra macedonica contro Persèo, figlio ed
erede di Filippo V, sospettato di avere mire in Asia Minore.
A Pidna, in Macedonia, Perseo fu sgominato dal generale romano Lucio
Emilio Paolo e trascinato in catene a Roma per celebrare il trionfo.
Nel 146 a.C. una vasta ribellione antiromana interessò la Macedonia e
molte città greche. La repressione fu spietata: l’antica e prestigiosa Corinto fu
rasa al suolo senza alcuna pietà, la Macedonia cessò di esistere come regno e
fu ridotta al rango di provincia romana.
A Roma e in Italia cominciarono ad affluire ricchezze in enormi quantità.
Roma praticava già la schiavitù, come tutte le città antiche, ma ora
cominciavano ad affluire in Italia numeri ingenti di schiavi, catturati e venduti
come parte del botino di guerra.
Regno di Il re di Siria Antioco III aveva ricostruito l’antica potenza del regno
Siria seleucidico, esteso dal Mediterraneo ai confini dell’India.
Approfittò della sconfitta di Filippo V nella seconda guerra macedonica
per avviare la conquista dell’Asia Minore, minacciando il regno di Pergamo.
I Romani intesero come un segno di inaudita arroganza il fatto che egli
avesse concesso ospitalità ad Annibale, esule da Cartagine.
Ebbe inizio la guerra siriaca.
Antioco entrò in forze in Grecia, ma i Romani lo sconfissero alle
Termopili. Poco dopo i legionari intervennero per la prima volta in Asia
Minore, dove nel 189 a.C. riportarono un secondo successo nella battaglia di
Magnesia.
Antioco fu costretto a pagare una gigantesca indennità di guerra e a
rinunciare a ogni pretesa territoriale in Tracia, Grecia e Asia Minore.
Annibale si diede alla fuga, morì suicida nel 183 a.C.
L’evidente prevalenza delle armi romane fece sì che molti acquisti
territoriali si verificassero attraverso lasciti testamentari di sovrani che
giudicavano opportuno affidare le sorti dei propri territori al governo di
Roma.
Il caso più ecclatante fu quello del regno di Pergamo, che il sovrano Attalo
III lasciò in eredità ai Romani e che divenne la provincia d’Asia.
Cartagine: Cartagine viveva da decenni in una propensa tranquillità, l’economia
l’ultimo punica era ormai in piena ripresa.
atto
Priva di un esercito potente e di una flotta militare, non era in grado di
riprendere le ostilità contro Roma, ma il suo benessere economico appariva,
secondo alcuni bisognava agire in anticipo, prima che fosse troppo tardi.
Il vecchio senatore Marco Porcio Catone divenne il più vigoroso sosteitore
della guerra: delenda Carthago, “Cartagine deve essere distrutta”, ripeteva.
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Alla fine Roma pretese che la Città fosse evaquata e ricostruita altrove. Ai
Cartaginesi non rimane altro che chiudersi entro le mura e prepararsi
all’assedio.
La loro eroica resistenza durò per ben tre anni (terza guerra punica), ma
la città fu infine espugnata dal console Lucio Cornelio Scipione Emiliano.
Gli abitanti furono massacrati o deportati come schiavi, gli edifici rasi al
suolo, il terreno consacrato agli dèi.
Sul territorio di Cartagine venne stabilita la nuova provincia d’Africa.