Sei sulla pagina 1di 1

T> L’ERRORE DEI «MORTALI CHE NULLA SANNO»

SECONDO PARMENIDE
Alla luce della fondamentale alternativa parmenidea tra due “vie” ben distinte, quella della
Verità e quella dell’opinione fallace, si può leggere in questo brano la decisa condanna pro-

I TESTI
nunciata dal filosofo di Elea contro quei «mortali che nulla sanno», ovvero quelle persone
«dalla doppia testa» che non comprendono la radicalità della scelta che si pone loro dinanzi.

Bisogna che il dire e il pensare sia l’essere: è dato infatti essere,


2 mentre nulla non è; che è quanto ti ho costretto ad ammettere.
Da questa prima via di ricerca infatti ti allontano,
4 eppoi inoltre da quella per la quale mortali che nulla sanno
vanno errando, gente dalla doppia testa. Perché è l’incapacità che nel loro
6 petto dirige l’errante mente; essi vengon trascinati
insieme sordi e ciechi, istupiditi, gente che non sa decidersi,
8 da cui l’essere e il non essere sono ritenuti identici
e non identici, per cui di tutte le cose reversibile è il cammino.
(DK 28 B 6, trad. it. di P. Albertelli, ne I Presocratici. Testimonianze e frammenti,
a cura di G. Giannantoni, Laterza, Bari 1969)

Analisi del testo


1-3 Nell’apertura di questo passo, in cui Parmenide ri- dendo alla via del non essere, o si sta riferendo a un al-
ferisce le parole della dea al cui cospetto egli immagina tro tipo di errore? Forse ella vuole che il filosofo non
di essere condotto, è affermata con forza l’identificazio- solo abbia chiara la natura del non essere, ma che sia
ne del dire e del pensare con l’essere, in piena coerenza anche in grado di discernere adeguatamente le erronee
con la mentalità arcaica. Ora, se la conoscenza è inge- teorie prodotte su di esso dagli uomini, per potersi da
nuamente intesa come l’ovvio, fisiologico processo di queste guardare.
adeguamento del pensiero all’essere, ne risulta rigetta- Secondo una diffusa lettura, la «gente dalla doppia te-
to fin dal principio l’errore: infatti, poiché sbagliando si sta» di cui parla Parmenide va identificata con gli eracli-
pensa qualcosa di diverso da come la realtà è, sbaglian- tei, poiché Eraclito, com’è noto, sosteneva una conce-
do si pensa qualcosa che non è, ma ciò che non è non è zione del reale del tutto incompatibile con la dottrina
pensabile, e dunque l’errore è impossibile da verificarsi. parmenidea. Indipendentemente da questa identifica-
Il reale e il vero rimangono dunque indistinti; la loro zione (peraltro verosimile sulla base della congettura
identificazione non rappresenta un problema o un che antepone cronologicamente, sia pure di poco, Era-
obiettivo problematico da raggiungere, bensì l’eviden- clito a Parmenide), possiamo dire che il passo si rivolge
te punto di partenza. A ciò si unisce un’analoga conce- contro tutti coloro che ritenevano possibile spiegare
zione del linguaggio, il quale deve rispettare e rispec- l’essere facendo ricorso anche al non essere e alla “con-
chiare l’unità dell’essere e del pensare; cosa e parola taminazione” tra essere e non essere, cioè al divenire. La
coincideranno e assumeranno ruoli intercambiabili. loro “indecisione” non è ovviamente una caratteristica
4-9 Tuttavia sorge un problema. Allorché la dea affer- psicologica, bensì una categoria filosofica: si tratta del
ma: «eppoi inoltre da quella per la quale mortali che fondamento sul quale essi reputano possibile produrre
nulla sanno / vanno errando, gente dalla doppia testa» una spiegazione della totalità, fondamento che Parme-
(rr. 4-5), sta parafrasando quanto appena detto, allu- nide, senza mezzi termini, giudica assurdo.

© Pearson Italia S.p.A.


Filosofia, Paravia

Potrebbero piacerti anche