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Piccola biblioteca teologica

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PICCOLA BIBLIOTECA TEOLOGICA

E. GREEN, Il filo tradito. Vent’anni di teologia femminista


A. MODA, Lo Spirito Santo
W. BRUEGGEMANN, Pace
La filosofia e il Grande Codice. Fissità dello scritto - Libertà del pensiero?,
a cura di Maria Cristina Bartolomei
A. GOUNELLE, Nella città. Riflessioni di un credente
L. TOMASSONE, F. V OUGA, Per amore del mondo. La teologia della croce
e la violenza ingiustificabile
K. BARTH, La preghiera. Commento al Padre nostro, a cura di F. Ferrario
M. ALTHAUS-REID, Il Dio queer, a cura di G. Gugliermetto
T. WRIGHT, Semplicemente cristiano. Perché ha senso il cristianesimo
M. FOX, Compassione. Spiritualità e giustizia sociale, edizione italiana
a cura di G. Gugliermetto
L. TOMASSONE, Crisi ambientale ed etica. Un nuovo clima di giustizia
S. ROSTAGNO, Doctor Martinus. Studi sulla Riforma
H. FISCHER, Come gli angeli giungono a noi. Origine, interpretazione e
rappresentazione degli angeli nel cristianesimo
E.E. GREEN, Padre nostro? Dio, genere, genitorialità. Alcune domande
T.J. SCHNEIDER, Sara, la madre delle nazioni
F. FERRARIO, Il futuro della Riforma
C. RICCI, Maria Maddalena. L’Amata di Gesù nei testi apocrifi
E. GENRE, Diaconia e solidarietà. I valdesi dalla borsa dei poveri all’Otto
per mille
S. MANNA, L’ascolto che cura. La Parola che guarisce. Introduzione al
counseling pastorale
F. FERRARIO, L’Etica di Bonhoeffer. Una guida alla lettura
P. RICOEUR, Per un’utopia ecclesiale, a cura di Paolo Furia, Claudio Paravati,
Alberto Romele
M. BORG, J.D. CROSSAN, I miracoli di Gesù
M. BELCASTRO, «Quelli che egli ha predestinato». Paolo e l’azione di Dio
nella storia
E. GENRE, S. GIANNATEMPO, Catechesi giovanile. Trasmettere la fede
nell’adolescenza
G. MARMORINI, Isacco. Il figlio imperfetto
W. BRUEGGEMANN, Le grandi preghiere dell’Antico Testamento
V. SUBILIA, «Solus Christus»
J.D.G. DUNN, Per i primi cristiani Gesù era Dio?
E.E. GREEN, Un percorso a spirale. Teologia femminista: l’ultimo decennio
SILVIO BARBAGLIA

IL TEMPIO DI ELIOPOLI
E I ROTOLI
DEL MAR MORTO
Nuova ipotesi
sulle origini di Qumran

CLAUDIANA - TORINO
www.claudiana.it - e-mail: info@claudiana.it
Scheda bibliografica CIP
Barbaglia, Silvio
Il tempio di Eliopoli e i Rotoli del Mar Morto : nuova ipotesi sulle
origini di Qumran / Silvio Barbaglia
Torino : Claudiana, 2020
166 p. ; 21 cm. – (Piccola biblioteca teologica ; 135)
ISBN 978-88-6898-246-1
1. Rotoli del Mar Morto
296.155 (ed. 22) – Ebraismo. Fonti della Comunità di Qumran

© Claudiana srl, 2020


Via San Pio V 15 - 10125 Torino
tel. 011.668.98.04
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www.claudiana.it
Tutti i diritti riservati - Printed in Italy

Ristampe:
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In copertina: Antelope canyon, fotografia di PatternPictures da Pixabay


Copertina: Vanessa Cucco
Stampa: Stampatre, Torino
Ai miei genitori.
A mia mamma Giulia e a mio papà Giovanni,
grandi e splendidi nella loro semplicità.
PREMESSA DELL’AUTORE

Il libro che qui si apre e che il lettore tiene tra le sue mani
rappresenta una sintesi ragionata di un’opera molto vasta, re-
datta e preparata per il dottorato in Teologia, indirizzo di Studi
biblici, presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di
Milano, nell’anno accademico 2017-20181. Mentre in quella
destinata a un target accademico, chi scrive si è avvalso dello
stile, del metodo di lavoro e dei presupposti tipici di un’opera
scientifica, gravida di note a piè di pagina, di ampie raccolte
bibliografiche, discussioni critiche, status quaestionis e appen-
dici varie, il presente saggio vuole invece rendere accessibile al
grande pubblico i maggiori risultati perseguiti e i contributi là
individuati ma difficilmente reperibili e gestibili nel perimetro
di una pluralità di volumi. La lunghezza dell’opera allora pro-

1 La tesi per il conseguimento del dottorato in Teologia, indirizzo di Studi

biblici, diretta dal prof. don Roberto Vignolo, è stata discussa avendo come
oggetto della difesa unicamente il terzo volume dell’intera opera. Essa poi
è stata ulteriormente elaborata e ampliata per la sua pubblicazione online
unitamente al presente saggio che ne sintetizza i risultati e, soprattutto, ne
indirizza il senso all’interno dell’ipotesi qui presentata sulle origini dei testi
rinvenuti nelle grotte di Qumran. I tre volumi dell’opera, di cui il terzo in
due tomi, hanno come oggetti di studio: la presentazione del Documento
di Damasco dal punto di vista testuale e la ricezione del valore simbolico
di «Damasco» nel tempo del giudaismo del secondo Tempio (= volume
primo); l’individuazione dell’importanza strategica del nomo di Eliopoli,
dal III al II sec. a.C., per il giudaismo egiziano e per Gerusalemme, al fine di
comprendere tale realtà come «nome in codice» della «terra di Damasco»,
ovvero del Santuario degli ebrei in Egitto (= volume secondo); nel primo
tomo, è presentata l’analisi del Documento di Damasco all’interno delle sue
dimensioni legate alla categoria della temporalità e dei personaggi evocati in
modo occultato; nel secondo tomo viene esposta la corrispettiva presentazione
delle dimensioni legate allo spazio, in primis, l’idea di Santuario anagram-
mata nell’espressione «terra di Damasco» (= volume terzo). Il titolo generale
dell’intera opera per il dottorato e per la presente pubblicazione online è il
seguente: Che cosa rappresenta Damasco nel Documento di Damasco? La
terra del Santuario nella «piccola Gerusalemme» di Onia.

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dotta – e oggi ulteriormente ampliata – con circa 3000 pagine di
testo complessive, oltre 4700 note, 3320 titoli in bibliografia e
160 in sitografia, scoraggia nella lettura anche solo parziale gli
stessi addetti ai lavori che, a loro volta, sempre più vanno alla
ricerca, in prima battuta, di sintesi in luogo di analisi minuziose
ed esposizioni ampiamente documentate.
Per questi motivi, in accordo con l’editrice Claudiana, si è
deciso di pubblicare una sorta di «libro aperto» in simbiosi con
l’intera opera a cui il presente saggio regolarmente rimanda,
affinché, chi lo desidera, possa trovare le illustrazioni analitiche,
i dati e le informazioni utili a sostegno delle affermazioni che
qui vengono sunteggiate con stile sufficientemente divulgati-
vo, limitandosi solo a pochi elementi di linguaggio tecnico e
ad alcune note essenziali a piè di pagina. Anche le citazioni
di parole o frasi dalle lingue originali antiche sono offerte in
traslitterazione, a eccezione della sezione dedicata al lemma
ebraico «Damasco».
Ad es.: In margine di pagina, il lettore, dunque, troverà qua e là
Vol. I, riferimenti precisi al volume, pagine o note grazie ai quali potrà
388, n. 726 rinvenire, nell’opus magnum, le informazioni a cui il testo qui
presentato attinge o che presuppone. L’accesso all’opera com-
pleta in tre volumi, di cui il terzo in due tomi, è reso possibile
attraverso il formato elettronico e-book in pdf, e disponibile
per la consultazione, l’analisi, la lettura e per le citazioni in
scritti accademici, mediante l’iscrizione alla pagina internet
[...............................................................................................
........................................................................] grazie ai quali
l’utente potrà procedere a scaricare i quattro file pdf ed essere
informato degli aggiornamenti, implementi testuali o recensioni
relativi all’intera opera. Il format previsto per il presente saggio
favorisce anche un’interazione da parte del lettore attraverso
l’interfaccia della pagina internet, predisposta all’occorrenza,
ai fini di continuare il dibattito scientifico e la ricerca. Pertanto,
ben vengano critiche, osservazioni o correzioni al lavoro qui
pubblicato.
Non resta, infine, che augurare una buona e proficua lettura!

Silvio Barbaglia
silvio.barbaglia@gmail.com

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INTRODUZIONE
UNA NUOVA IPOTESI DI LAVORO

Poche scoperte archeologiche, di tutti i tempi, sono state


così al centro dell’attenzione accademica e mediatica come
quella dei rotoli del Mar Morto. Nonostante una biblioteca di
studi a essa dedicati, raccolta nel database dell’Orion Center
for the Study of the Dead Sea Scrolls and Associated Literature
(http://orion-bibliography.huji.ac.il/) pari a oltre 24.000 titoli,
ancora molto c’è da comprendere, soprattutto in relazione alle
origini del movimento religioso giudaico che è posto alla base
della raccolta stessa. L’ipotesi dell’origine essenica del sito di
Qumran è, dal tempo dei primi scavi, la più nota e la più ac- Vol. I,
creditata, ma molte altre strade sono state percorse anche solo 105-117
come variazioni all’ipotesi maggioritaria. Vol. III/2,
849-874
Il presente studio, muovendo da una ricerca preparata e
redatta per il dottorato in Teologia, indirizzo Studi biblici, Vol. I, 5-19
presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano,
si pone come esito naturale delle ipotesi allora avanzate e si
vuole concentrare, anzitutto, attorno all’annosa questione delle
origini dei rotoli del Mar Morto, in specie, quelli rinvenuti nelle
undici grotte di Qumran. La ricerca ampia a cui il presente testo
rimanda (e-book online: «Che cosa rappresenta Damasco nel
Documento di Damasco? La terra del Santuario nella “piccola
Gerusalemme” di Onia») era focalizzata attorno a un documento
ritenuto fondatore del gruppo dei testi di Qumran, il Documento
di Damasco e, attraverso una nuova comprensione dello stesso,
tentava di ridisegnare il sistema dei giudaismi tra loro dialetti-
camente riletti nel periodo del secondo Tempio e, in particolar
modo, nel contesto del II sec. a.C. Come è chiaro, là si poneva,
in premessa, il delicato problema metodologico nel voler far
interagire discipline, tra loro distinte e sovente poco dialoganti, Vol. I, 55-60
al fine di istituire un sistema di relazioni storicamente cogenti.
La nuova prospettiva di lettura della problematica, offerta
dalle pagine che seguono, vuole sinteticamente presentare il
seguente tracciato: anzitutto, è d’uopo una sintesi, a mo’ di

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status quaestionis della ricerca condotta, che metta in eviden-
za gli attuali paradigmi interpretativi della storia delle origini
della comunità di cui parlano i testi di Qumran, nel delicato
rapporto tra grotte dei manoscritti e sito dell’insediamento della
cosiddetta «comunità o setta di Qumran» (= capitolo primo);
al seguito di tale prospetto schematico, l’attenzione volgerà al
nuovo paradigma di lettura, proposto nell’intero lavoro dottorale,
e cioè il «paradigma oniade-sadocita», nella tensione storica
e sociologica tra la città santa di Gerusalemme e la città santa
dell’antico Egitto, Eliopoli, divenuta sede dell’insediamento
sommo-sacerdotale oniade-sadocita, fuoriuscito da Gerusalem-
me nel contesto della crisi provocata all’epoca di Antioco IV
Epifane, nella prima parte del II sec. a.C. (= capitolo secondo);
finalmente, nel capitolo conclusivo, si cercherà di far funzionare
tale «paradigma oniade-sadocita» quale ambito interpretativo
più idoneo per ricollocare il tipo di letteratura rinvenuta nelle
grotte del sito di Qumran e così ricomprenderla alla luce di una
nuova interpretazione del Documento di Damasco, riconosciuto
dalla critica come uno dei più importanti testi fondatori della
comunità di Qumran (= capitolo terzo).
Volutamente, lo stile della presentazione manterrà un livello
comunicativo medio, per facilitare l’accesso anche ai non ad-
detti ai lavori, ma comunque interessati all’argomento trattato.
Nell’insieme, l’esposizione che segue non si presenta come un
mero riassunto sintetico del lavoro dottorale a cui rimanda, bensì
come una sorta di attraversamento trasversale dello stesso, fun-
zionale a puntare l’attenzione su una particolare focalizzazione,
assunta solo parzialmente dall’opera di dottorato, e cioè la pro-
blematica delle origini di Qumran nell’ambito del «paradigma
oniade-sadocita». Per far questo, però, era necessario prevedere
un lavoro di ricerca che, appunto, l’intera opera dottorale si è
assunta l’onere di portare a compimento. Così pure per l’elenco
Vol. I, 69-73 delle abbreviazioni e delle sigle si rimanda all’opus magnum
online, a eccezione di quelle bibliche proto- e deutero-canoniche
che seguono il formato dell’edizione Claudiana.

Ciò che segue assume la forma dell’ipotesi di lavoro che


non ha nulla di assertivo, bensì a disposizione delle persone
interessate per una serena valutazione dei dati e delle inferenze
proposte, disponibili a essere contestati o invalidati per una

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maggiore comprensione della questione alquanto complessa
sulle origini di Qumran. Il tono a volte utilizzato, di «uno contro
tutti», potrà infastidire il lettore, soprattutto quello esperto, ed
è comprensibile: in luogo di espressioni politically correct,
funzionali alla sottolineatura degli aspetti comuni, a tutela delle
buone relazioni tra gli addetti ai lavori, si è preferito puntare
l’attenzione maggiormente sulle differenze individuate dal
nuovo paradigma interpretativo, ricentrando così la passione
dello studioso sull’oggetto stesso della ricerca, in luogo di
un sostanziale mite accordo per un consenso accreditato alla
comunità dei ricercatori. Si spera che tale consapevole scelta
comunicativa, a volte impertinente, esito di un seducente de-
siderio di ricerca ispirato a onestà intellettuale, non produca
l’effetto di «buttar via il bambino con l’acqua sporca»…

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CONCLUSIONE
BILANCI E APERTURE

Il disegno presentato sulla nuova ipotesi di origini di Qumran Vol. III/2,


richiede di trarre alcuni aspetti di conclusione e di nuove aperture 1559-1564
della ricerca. L’avere assunto quale chiave di comprensione
ermeneutica fondamentale un criterio gnoseologico – tra «cose
svelate» e «cose ri-velate» – attestato sia nel dettato di DD,
come pure in altre parti della letteratura rinvenuta a Qumran,
oltre che fondato sulla Scrittura autorevole del testo biblico, ha
permesso alla nostra indagine di liberare alcuni filoni letterari
rubricati da decenni unicamente entro categorie movimentiste,
«settarie» o di scuole di pensiero, ideologicamente configurate
nella forma dei «giudaismi» al plurale (ad es.: apocalittico,
enochico, sadocita, profetico, sapienziale, samaritano, fari-
saico, sadduceo, essenico, qumranico ecc.); uno degli scopi
della ricerca è stato quello di avere riportato alcuni di questi
giudaismi «settari» nell’alveo più direttamente istituzionale.
Rispetto alla tradizionale scissione tra «giudaismo normativo»
– afferente alla Torah di Mosè e rappresentato dalla leadership
sacerdotale di Gerusalemme – e i «giudaismi alternativi», fon-
dati su testualità differenti e, spesso, in contrasto con quello
«normativo», abbiamo contrapposto una visione distinta, fon-
data su un diverso approccio metodologico. Essa, infatti, non
è più dipendente dall’assioma che potremmo così riassumere:
«a testualità distinte corrispondono giudaismi diversi», bensì
basata su un quadro alternativo che fa capo a una teoria e a una
pratica delle «conoscenze», cresciute sempre più d’importanza
rispetto ai misteri divini, quale tesoro preziosissimo da tutelare
e conservare. A ben vedere, l’ambito delle «conoscenze» è da
sempre stato, in tutte le società umane, un luogo strategico
di esercizio di potere: spesso chi governa le informazioni e
il sapere gestisce un potere «invisibile», più determinante di
quello direttamente palpabile ed evidente. Ogni gestione di

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potere religioso e non solo (pensiamo anche all’ambito politico
ed economico) distingue la destinazione delle conoscenze in
almeno due direzioni fondamentali, che le testimonianze del
giudaismo del secondo Tempio qui analizzate hanno denomi-
nato «cose svelate» («nig̱lōṯ») e «cose ri-velate» («nistārōṯ»).
Esse rappresentano dei «contenitori di conoscenze» la cui
differenza di fondo è data non dall’assetto autoriale, cioè dalla
funzione del mittente, bensì dalla definizione del destinatario.
È la destinazione del testo che fa di un’opera un «contenitore
di senso» in direzione sistemica; decontestualizzando l’opera e
perdendo di vista la sua destinazione – come è accaduto nella
trasmissione di moltissimi testi dell’antichità – viene disperso
anche il reticolo sistemico entro il quale l’opera era stata con-
cepita e successivamente destinata.
Il lavoro complesso e prolungato, messo in atto in queste
pagine, ha voluto sostanzialmente ricostruire tale reticolo nel
tentativo di ricollocare l’opera nel suo quadro valoriale, atto
a renderlo eloquente, secondo l’intentio textus ipsius. Quel
che è scaturito dall’analisi qui prodotta è una visione auto-
riale fondamentalmente di matrice gerosolimitana, altamente
competente sul fronte scribale per l’elaborazione di testualità
diversamente destinate; e l’immagine complessa e variegata
della letteratura rinvenuta nella biblioteca di Qumran, è per lo
più l’esito probabile di una raccolta di scuole scribali afferenti
al Tempio di Gerusalemme e, forse anche, al comprensorio
sacro di Sichem1, di epoca tardo-persiana ed ellenistica, rap-
presentativa della produzione istituzionale sadocita di quegli
anni. La presenza di tale biblioteca a Qumran, con «Scritture» e
1 Ci riferiamo alle questioni relative al contributo delle tradizioni del

nord nella redazione dell’Ennateuco e degli altri scritti profetici, di storia e di


sapienza; l’idea di fondo, più volte ribadita, è quella di pensare il contenuto
della biblioteca di Qumran non tanto come «settario», a partire da alcuni aspetti
alquanto peculiari, come quello del calendario, quanto piuttosto rappresen-
tativo della tradizione oniade-sadocita, al momento della crisi antiochena. Il
lavoro fatto in queste pagine ha cercato di rendere credibile l’immagine di una
biblioteca del iv-ii sec. a.C. salvata dall’azione di resistenza capeggiata dal
sommo sacerdote Onia III e dal suo seguito; i testi propri e interni al gruppo
che presentano la vicenda di quella storia riletta al seguito degli eventi della
crisi, configurano la cosiddetta «letteratura settaria», che di fatto altro non è
che la produzione nata e germinata nel solco della tradizione che aveva redatto
gli stessi testi biblici, afferente al Tempio di Gerusalemme.

142
«ri-Scritture», altro non sarebbe che la risultante di una custodia
e di una preservazione di testi sacri, avvenuta sostanzialmente
per opera del sommo sacerdote Onia III, da una parte (come
epigono della tradizione oniade-sadocita di Gerusalemme), e
di Giuda Maccabeo2, dall’altra (come riscatto della tradizione
giudaica posta sotto attacco all’epoca della crisi antiochena che
vide l’affermazione della famiglia degli Asmonei), personaggi
che salvarono e così preservarono dalla distruzione (cfr. I Mac.
1,56-57) una mole non indifferente di testi autorevoli, perché
ritenuti sacri e istituzionali per il giudaismo dei secc. v-iii a.C.
L’aver individuato nell’esodo oniade in Egitto non sem-
plicemente una parentesi o una deriva dell’ultimo giudaismo
sadocita di Gerusalemme e presto consegnato al silenzio delle
testimonianze storiche, ha permesso d’illuminare con luce
nuova un’istituzione giudaica con pretese rifondative, con-
tribuendo così anche alla chiarificazione delle enigmatiche
origini di Qumran. Lo spostamento del centro gravitazionale
in terra d’Egitto dell’istituzione giudaica fedele alla tradizione,
ha significato per alcuni decenni (fino attorno al 150/140 a.C.)
l’acquisizione di un’autorevolezza che, se pur diminuita nel
corso dei decenni successivi, ha posto le basi per un’attività
continuativa quale luogo di culto e di pellegrinaggi religiosi,
perdurato oltre la distruzione di Masada, nel 73/74 d.C., e
divenuto ultimo baluardo possibile e simbolo identitario della
resistenza giudaica, secondo la testimonianza di Giuseppe Flavio
(cfr. Bell. 7,420-422.433-436).
Dall’inizio della crisi antiochena (con l’avvento di Antioco
IV Epifane, nel 175 a.C.) alla sua dissoluzione e superamento
sotto i sommi sacerdoti Gionata e Simone Maccabeo e, soprat-
tutto, con Giovanni Ircano I, venne a determinarsi il format di
un giudaismo già noto (oniade-sadocita) il quale, dalle analisi
presentate, può ritrovare un riscontro diretto in quel gruppo

2 Il testo del Secondo libro dei Maccabei, riferendo della biblioteca di


Neemia, segnala l’importante ruolo avuto da Giuda Maccabeo nell’avere
salvato le memorie sacre: «13Si descrivevano le stesse cose nei documenti e
nelle memorie di Neemia e come egli, fondata una biblioteca, avesse curato la
raccolta dei libri dei re, dei profeti e di Davide e le lettere dei re relative alle
offerte. 14Anche Giuda ha raccolto tutti i libri andati dispersi per la guerra che
abbiamo avuto e ora si trovano presso di noi. 15Se ne avete bisogno, mandate
qualcuno che ve li porti» (II Mac. 2,13-15, trad. CEI 2008).

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che – per posizione teologica, risultante dalla pluriformità della
biblioteca nascosta nelle grotte – è archeologicamente emerso
dagli scavi presso il Khirbet Qumran, in quanto ivi stanziatosi a
partire dall’inizio del i sec. a.C., cioè all’indomani della morte
di Giovanni Ircano I (dopo il 104 a.C.), nella prima fase del
regno di Alessandro Janneo (103-76 a.C.).
Vol. I, La relazione virtuosa e non conflittuale tra la famiglia
256-353 maccabaica di Modin e quella di Onia III è un altro aspetto
più volte sottolineato: mentre le due tradizioni, una volta dis-
sociate geograficamente, dalle fonti sembrano ignorarsi anche
ideologicamente, l’immagine qui ricostruita ha tentato invece
di rimettere in moto una sorta di relazione virtuosa e alleata tra
giudei (e samaritani fuggiti) in terra d’Egitto e, in specie, quelli
del nomo di Eliopoli e giudei (e samaritani alleati con i Macca-
bei) in madrepatria. Il punto di congiunzione di tale relazione tra
Egitto e Giudea è rappresentato anzitutto o fondamentalmente
Vol. II, dal movimento dei sacerdoti e scribi asidei/esseni, cioè coloro
307-331 che si consideravano interpreti del carisma oniade-sadocita e,
in parte minore, ma significativa per un’alleanza rinnovata tra
Vol. III/2, tutte le tribù del popolo di Dio, da un gruppo di samaritani; in
1490-1553 quanto fuoriusciti e dissociatisi dal centro di culto ellenizzato
di Sichem e del Garizim, ricoprono una posizione analoga alla
situazione gerosolimitana, che fu presidiata dalla stessa forza
politico-militare seleucidica, con sede all’Akra.
In questo reticolo di relazioni cresciute e vagliate in una
tensione dialettica, narrata dalle fonti, nell’arco di «circa qua-
rant’anni» (cfr. CD-B 20,15), sono nati e cresciuti gruppi di
appartenenza al carisma oniade-sadocita, accanto ad altri sorti a
sostegno dell’importante azione condotta dalla famiglia sacerdo-
tale di Mattatia, in Giuda. L’esperienza di aggregazioni sociali
diverse rispetto alla normale vita di villaggio e di città che era
fondata su una struttura a base etnica, di famiglie patriarcali, ha
permesso la nascita di sperimentazioni comunitarie nuove. La
registrazione da parte di Giuseppe Flavio dell’esistenza di «tre
sette dei Giudei» (Ant. 13,171), verso il 150 a.C., è interpreta-
bile alla luce del tipo di movimentazione sociale nel territorio
d’Israele e di Giuda, in relazione alla guerra intestina, causata
dall’intervento culturalmente e religiosamente deflagrante di
Vol. III/2, Antioco IV Epifane. L’immagine idealizzata degli «accampa-
1249-1274 menti» d’Israele (come emerge dalla letteratura di Qumran),

144
nella riproposizione di un’idea di popolo in cammino verso la
Terra promessa, verso il luogo della dimora di yhwh, il suo
Tempio, è ciò che l’autocoscienza del gruppo dei testi di Qumran
ha prodotto in quegli anni di importanti trasformazioni.

In sintesi, l’ipotesi di lavoro qui riassunta vede nelle tre Vol. III/2,
figure sommo-sacerdotali della storia del ii sec. a.C. – Onia III, 1565-1590
Giasone e Giuda Maccabeo – l’input originario dei tre schie-
ramenti (rispettivamente, asidei/esseni, sadducei e farisei) che
successivamente si distinsero anche per una propria struttura
di tipo halakhico. Secondo queste connessioni genetiche dal
punto di vista storico-istituzionale, occorre riconoscere che i
sadducei, da subito, rappresentarono l’aggregazione di famiglie
sacerdotali e laiche a sostegno del potere ellenistico in Geru-
salemme, filo-governativi come linea politica per la conquista
della leadership. Essi, in effetti, sono presentati, da un punto di
vista politico, con questi tratti sostenendo che costoro si cura-
vano soltanto dei ricchi, senza avere un seguito popolare (cfr.
Ant. 13,298). Da un’attività di resistenza o di conflitto armato,
si passò progressivamente – al termine dello scontro con la
fazione ellenistica – a schieramenti ideologici e di potere, e vi
rimasero per circa due secoli sulla scena della storia giudaica,
fino alla caduta del Tempio di Gerusalemme (70 d.C.).
Il movimento degli asidei/esseni è l’unico dei tre citati da
Giuseppe Flavio che, nella nostra ipotesi, mantenne una sor-
ta di doppia cittadinanza: quella giudaica e quella egiziana.
Infatti, la presenza oniade in Egitto divenne nel corso del ii
sec. a.C. punto di riferimento istituzionale per un giudaismo e
samaritanesimo egiziano, offrendo la possibilità di fruire di un
tempio giudaico, con un legittimo sacerdozio yahwista, presso
il luogo consacrato dall’antica memoria patriarcale: Eliopoli.
Le esperienze aggregative fondate sulle vicende vissute in quei
decenni della crisi antiochena, posero le fondamenta per strutture
di vita comunitaria – alternative all’assetto tradizionale delle
famiglie di tipo patriarcale e claniche – che in Giudea veniva-
no sperimentate in gruppi di asidei/esseni, tra i quali quello di
Qumran e, in Egitto, in analoghe comunità di vita comune e,
tra queste, Filone Alessandrino denomina successivamente,
nel i sec. d.C., i «terapeuti», presso il lago Mareotide, a sud di
Alessandria. La vicenda oniade in Egitto risulterebbe l’elemento

145
originario che plasmò forme di vita comunitaria e a volte anche
celibataria, accanto a quelle tradizionali di stampo patriarcale,
diffuse sia in Egitto sia in madrepatria; ciò può meglio spiegare
l’appartenenza alla medesima esperienza halakhica di esseni e
terapeuti, che lo stesso Filone Alessandrino testimonia.
Le aperture che si intravvedono sono molteplici. Ma è giunto
il momento di concludere l’itinerario, congedandoci figurativa-
mente in quel luogo che divenne uno dei punti più ricchi dello
sviluppo delle idee e delle esperienze di quel popolo eletto
che a partire dal sec. iii a.C. ha riletto la propria identità, là,
in quella «terra di Damasco», che ora è possibile riconoscere
come la «terra del Santuario», nel «distretto di Onia» in Egitto
le cui tracce storiche e documentali, qui correlate entro una
rinnovata prospettiva, sono state rinvenute dal 1947 nei rotoli
del Mar Morto, presso Khirbet Qumran.

146
INDICE

Premessa dell’autore 7

INTRODUZIONE. UNA NUOVA IPOTESI DI LAVORO 9

1. GLI ATTUALI PARADIGMI SULLE ORIGINI


DI Q UMRAN NELLA STORIA DEL GIUDAISMO
DEL SECONDO TEMPIO 13
1. Il Documento di Damasco e i suoi manoscritti 13
2. Le ipotesi storiche avanzate al seguito della scoperta
dei manoscritti di Qumran 14
2.1 Un primo bilancio sintetico attorno agli anni Ottanta
del secolo scorso 14
2.2 Le reazioni all’ipotesi essenica maggioritaria e la sua
sostanziale riconferma 16
2.3 Variazioni interne all’ipotesi essenica 18
3. Il comune «paradigma anti-asmoneo» nelle diverse
ipotesi d’interpretazione delle origini di Qumran 20
4. Il «pan-giudaismo» nella catena testuale
della «biblioteca di una setta» 24
4.1 La stretta relazione tra grotte dei manoscritti e sito,
ripensata nel contesto delle nuove scoperte 24
4.2 La tipologia religiosa di marca giudaica
della biblioteca di Qumran 26
4.3 L’analogia con le biblioteche templari nel Vicino
Oriente antico 29

163
2. L’ELABORAZIONE DELL’IPOTESI ONIADE-SADOCITA
E I SUOI BALUARDI DI RIFERIMENTO 31
1. Definizione e contorni dell’«ipotesi oniade-sadocita» 31
1.1 Una lunga tradizione, alle origini del giudaismo
del secondo Tempio 31
1.2 Il «paradigma filo-maccabaico» dell’«ipotesi oniade-
sadocita» sulle origini di Qumran 34
1.3 Il centro di culto templare giudaico di Eliopoli
a sostegno dell’«ipotesi oniade-sadocita
e filo-maccabaica» delle origini di Qumran 37
2. Il III sec. a.C. e il casato sommo-sacerdotale
degli Oniadi 41
2.1 Il sommo sacerdote dei giudei, Ezechia, un uomo
di circa sessantasei anni 42
2.2 Alla ricerca dell’identità di Ezechia, sommo sacerdote
dei giudei 44
2.3 Giuseppe l’“egiziano”, figlio di Giacobbe e il ruolo
strategico d’Israele in Egitto 46
3. La crisi antiochena e l’asse strategico
tra Gerusalemme ed Egitto 49
3.1 Onia III o Onia IV il costruttore del tempio in Egitto? 49
3.2 Due luoghi di culto yahwista: a Gerusalemme,
in Giudea e a Eliopoli, in Egitto 52
4 Maccabei e Oniadi: la difesa di Gerusalemme
e del suo Tempio 59
4.1 Gli oppositori al gruppo dei testi di Qumran 60
4.2 Gli oppositori secondo l’interpretazione anti-
asmonaica delle origini di Qumran 62
4.3 La difficile ma necessaria identificazione
del «Sacerdote empio» per lo studio delle origini
di Qumran: il sommo sacerdote Giasone 64
4.4 I risvolti storici dell’ipotesi anti-asmonaica
o filo-asmonaica delle origini di Qumran 66
4.5 Un modo nuovo d’intendere i ruoli in azione tra
i «nomi in codice» dei personaggi evocati dai testi
di Qumran 72

164
3. RICOMPRENDERE IL DOCUMENTO DI DAMASCO
ALLA LUCE DELL’IPOTESI ONIADE-SADOCITA
DELLE ORIGINI DI Q UMRAN 77
1. «Cose svelate» («nig̱ lōṯ») e «cose ri-velate»
(«nistārōṯ») 78
1.1 La prospettiva della tradizione biblica 78
1.2 «Giudaismo nomistico» e «giudaismo apocalittico»:
gruppi storici in tensione o invenzione dell’accademia? 83
1.3 Le «cose svelate» e le «cose ri-velate» nella Regola
della comunità (1QS 5,7b-13a; 11,3-7) 85
2. Il Documento di Damasco e le coordinate temporali
dei «figli di Sadoc» in uscita nella «terra di Damasco» 88
2.1. La profezia di Ezechiele e il calcolo della storia 90
2.2 La rilettura midrashica della profezia storica
di Ezechiele da parte di una comunità in esilio,
nella «terra di Damasco» (II sec. a.C.) 93
2.2.1 «390 anni per consegnarli nelle mani
di Nabucodonosor» (CD-A 1,5-6) 94
2.2.2 «Per 20 anni furono come ciechi e come coloro
che cercano a tentoni la Via» (CD-A 1,10) 97
2.3 La vicenda di Onia III e Onia IV, sommi sacerdoti
dei «figli di Sadoc», tra Gerusalemme ed Eliopoli 99
2.3.1 «Il tempo stabilito in base al numero di questi anni»
(CD-A 4,10) 99
2.3.2 Le coordinate cronologiche di Ezechiele nella
vicenda dell’esilio della famiglia sommo-
sacerdotale di Onia III e Onia IV 102
2.3.3 Il «Maestro di giustizia» Onia III a circa 40 anni
da Simone Maccabeo, quale «Messia da Aronne
e da Israele» (ca 182 a.C.-142 a.C.) 105
2.3.4 Il sommo sacerdote Giovanni Ircano I
e l’enigmatico passo della Regola della comunità 116
3. «La terra di Damasco» quale anagramma
della «terra del Santuario» di Eliopoli, in Egitto 119
3.1 «Damasco» è l’anagramma del «Santuario
(di YHWH)» 122
3.2 Le occorrenze di «Damasco» in DD e la chiave
di comprensione del dilemma nella Colonna 7 125

165
3.3 «Damasco» nella Colonna 7 e la rilettura midrashica
in DD 128
3.3.1 Amos 5,26-27: il testo grazie al quale CD-A 7,14-18
risignifica «Damasco» come «Santuario» 129
3.3.2 Metatesi, anagrammi e giochi di parole al servizio
della potenzialità traslata dei significati 138

CONCLUSIONE. BILANCI E APERTURE 141

Bibliografia 147

Finito di stampare il 13 marzo 2020 - Stampatre, Torino

166

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