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La contabilità è una rilevazione che si svolge per mezzo di appositi prospetti elementari,
detti “conti”, ciascuno dei quali acceso ad un determinato valore.
I conti di bilancio o “statements”, non sono altro che conti sintetici rispetto ai singoli conti
elementari.
I conti nelle imprese sono in genere conti a due sezioni: Dare e Avere. Ciascuna delle due
sezioni accoglie le variazioni di un segno algebrico relativo al valore cui è intestato il conto.
Ad esempio:
CASSA
Esso è una variante del sistema patrimoniale che deriva i valori d’azienda a partire dai fondi
piuttosto che dai flussi [assets and liabilities view]. La corrente redditualista dell’accounting
anglosassone [revenues and expenses view] un tempo molto robusta, è andata in declino
prima dell’avvento della Ragioneria internazionale alla fine del XX secolo.
A–L=N
Il Patrimonialismo di fatto non conosce altro che il valore dei fondi a determinati istanti
nel tempo. Il reddito in quanto tale in un certo senso non esiste. Esso non è altro che la
variazione del Patrimonio netto, per effetto della gestione, su un determinato arco di
tempo.
NPL = Δ N = I - E
Dove NPL = Risultato netto [Net Profit or Loss], I = Proventi [Income], E = Oneri
[Expenses]
Nella sezione di sinistra sono rappresentati i valori delle singole attività, considerate come
“impieghi” di capitale. Nella sezione di destra sono rappresentati i valori delle singole
passività e dei valori di netto, considerate come “fonti” di capitale, rispettivamente proprie
e di terzi.
Le singole voci del bilancio accolgono il saldo di uno o più conti elementari che in essa
confluiscono.
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Il Conto economico [Income statement] altro non è che la disarticolazione del termine
NPL sopra riportato fra i singoli componenti che lo hanno determinato. Esso contiene
quindi un’analisi causale delle variazioni del patrimonio netto.
La terza classe è quella delle “variazioni gestionali” accolte dal conto economico.
Oggi l’accounting ha invece la tendenza a considerarli tutti assimilati alla terza classe.
Per questa ragione nei principi internazionali troviamo due conti economici: uno
“separato” che non accoglie queste rivalutazioni (e le svalutazioni nei limiti di queste
precedenti svalutazioni) ma accoglie le svalutazioni (e le rivalutazioni nei limiti delle
successive “riprese di valore”); e uno “complessivo” che include tutte le variazioni ad
esclusione di quelli della prima classe.
Semplificando quindi, quando varia il Netto per una variazione extragestionale, questo si
modifica direttamente, senza passare dal conto economico (ad esempio una contribuzione
dei soci o un’erogazione di dividendi). Quando invece il Netto varia per una variazione
gestionale, si passa dal conto economico, dove viene registrato un “provento” (o
componente positivo di reddito) o un “onere” (o componente negativo di reddito).
Come regole contabili si osserva quella del prospetto principale: e quindi gli aumenti di
attività, le diminuzioni di passività e di netto (compresi gli oneri), vanno in Dare; mentre
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le diminuzioni di attività, gli aumenti di passività e di netto (compresi i proventi) vanno in
Avere.
I prospetti contabili di sintesi che ne derivano sono legati fra loro da relazioni molto
stringenti.
L’ultimo prospetto merita una precisazione ulteriore, posto che sinora non abbiamo
distinto i proventi e oneri del conto economico dalle entrate ed uscite del rendiconto
finanziario.
Il valore complessivo del patrimonio netto, quindi, è la traduzione in “cassa netta” di tutto
il complesso delle attività e passività aziendali.
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manifestazione finanziaria di proventi e oneri, ma è costretto a rettificare ed integrare questi
incassi e esborsi monetari, per tener conto del principio di competenza economica. Il principio
di competenza è ovviamente accettato dall’accounting perché da solo l’incasso netto
potrebbe non essere rappresentativo della reale ricchezza prodotta (anche in termini di
“cassa attualizzata”). Però gli investitori che prestano capitale alle imprese sono interessati
solo fino ad un certo punto alla capacità intrinseca dell’impresa di produrre reddito in un
determinato periodo. Sono anche interessati alla produzione di cassa propriamente detta,
anche slegata dal principio di competenza, in vista di una possibile immediata
“realizzabilità” del loro investimento in termini monetari.
Per questo in ambito anglosassone è stato inventato, e poi esportato in tutto il mondo, il
rendiconto finanziario, che propriamente non è altro che un rendiconto monetario.
E infatti, mentre i primi tre conti sono direttamente derivati dalla contabilità, per derivare
anche il rendiconto finanziario dalla contabilità bisognerebbe modificare radicalmente il
sistema informativo introducendo, per i soli movimenti monetari, una specie di partita
tripla. Nessuno o quasi fa una cosa del genere, e quindi questo conto è sempre ricostruito
in maniera extracontabile, come sarà visto più avanti nel corso, parlando dell’IAS 7 che
regola, in ambito internazionale, questa materia.
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Le origini dei “principi contabili” e dell’armonizzazione, nazionale ed
internazionale
Negli Stati Uniti fu costituita la Security Exchange Commission (1932) che aveva il
potere di regolamentare i bilanci delle società quotate in borsa. Le società e le imprese non
quotate restarono (e restano ancor oggi) sottoposte alle leggi dei singoli stati dell’Unione
o lasciate relativamente libere. La SEC, però, ha emesso nel tempo pochi documenti
propri, lasciando che la regolamentazione contabile avvenisse ad opera delle
organizzazioni professionali. Queste iniziarono a produrre Standard, secondo varie fasi
che qui non è possibile richiamare, e il modello americano presto si diffuse in tutti i paesi
anglo-sassoni, a partire dal Regno Unito, dove nel 1947 fu coniato il termine di “True
and Fair View” (Rappresentazione veritiera e corretta) e dove furono rilasciati gli AS
(Accounting Standards) considerati particolarmente autorevoli, a livello internazionale,
insieme agli americani FAS (Financial Accounting Standards).
Nei paesi continentali, invece, cioè Germania, Giappone, Francia e Italia soprattutto, la
regolazione avvenne soprattutto per mezzo dell’intervento del legislatore. In particolare in
Francia, e nei paesi iberici o francofoni, si adottò un “Piano Contabile Generale”
obbligatorio (a partire dal 1942, la versione “zero”, sotto occupazione tedesca, nel 1947
quella che ancora oggi i Francesi considerano la prima versione del PCG), in cui le regole
contabili e di bilancio erano fissate direttamente dal potere esecutivo.
In questo processo cruciale fu l’entrata del Regno Unito nella CEE nel 1973. Gli inglesi,
che sino ad allora si erano considerati “standard makers” e non “standard takers”
temevano che l’asse franco-tedesco avrebbe imposto loro una contabilità fondata su
principi troppo lontani dall’impostazione anglosassone.
Lo stesso nome, IAS, è una diretta proiezione internazionale del corrispondente strumento
britannico, l’AS, con l’aggiunta soltanto di “I”, cioè International. Progressivamente altri
paesi aderiscono al Comitato, dando sempre maggior prestigio all’istituzione. Sede
dell’organismo è Londra e, in questa prima fase, il ruolo degli inglesi è determinante.
L’ordinamento che propongono gli IAS è ancora solo un ordinamento del tutto teorico,
non vincolante per alcun paese o giurisdizione. È ancora una lingua amministrativa
puramente convenzionale, una sorta di “esperanto” della contabilità. Ma si muove già su
di un piano espressamente internazionale.
La struttura stabile dell’IASC è molto leggera. Essa, nel suo massimo organismo, è solo
un “Comitato”, cioè un’assemblea di rappresentanti degli organismi professionali, che si
riunisce periodicamente ma che non ha un incarico permanente.
Questi “antichi” IAS, anche se più volte emendati, sono in gran parte ancora in vigore
nell’attuale ordinamento internazionale, e solo lentamente e progressivamente sostituiti
dagli attuali IFRS.
Nel 1978 la CEE adotta, con la IV direttiva in materia societaria, una normativa unitaria
di bilancio, ancora in prevalenza ancorata alla dottrina tedesca (e quindi al Dynamische
Bilanz di Schmalenbach e al Sistema Patrimoniale Corrente di De Dominicis).
Nel 1983, sotto l’influsso anglosassone, la CEE adotta, con la VII direttiva in materia
societaria, l’obbligo del bilancio consolidato per i gruppi aziendali, come “allegato” al
bilancio principale della capogruppo, che resta però il bilancio principale.
Nel 1989 l’IASC abbandona il primitivo indirizzo, rigidamente empirico, e tenta di derivare
i principi contabili da un “Quadro Concettuale” [Framework] generale, sul modello
americano, di impostazione razionalista ed analitica. In questa prima versione del
Framework il principio di competenza economica, quello di prudenza e le valutazioni al
costo storico trovano ancora uno spazio relativamente ampio. Gli “stakeholders” sono
ancora di varia estrazione: al primo posto gli investitori, ma subito dopo i dipendenti, e
poi, a seguire, i finanziatori, i fornitori ed altri creditori commerciali, i clienti, i governi e i
loro enti, finanche la generica opinione pubblica.
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La Standardizzazione contabile nell’era della globalizzazione
Il 1990 rappresenta un vero e proprio punto di svolta nella storia dei principi contabili
internazionali. Tale punto di svolta non riguarda solo la nostra materia. Si pensi, almeno,
a: il crollo dei paesi socialisti nell’est europeo e nell’Unione Sovietica, l’avvento della
telematica su scala globale e di internet, gli accordi di Marrakesch (1994) per l’abbattimento
globale di dazi e la conseguenze creazione del WTO. In una parola si passa dall’era delle
imprese “multinazionali” che operavano su tanti scenari nazionali, all’era delle imprese
“globali” che operano su di un unico scenario mondiale, appena diviso in “giurisdizioni”.
Si parla quindi di globalizzazione e in questo quadro, i conti delle imprese quotate non
possono più essere soltanto blandamente “armonizzati”, ma ormai strettamente
“standardizzati”.
Nel 1995, con una storica decisione (Comunicazione UE 1995/508), l’UE decide di non
emettere più blande “direttive” in materia societaria, se non per adeguare quelle passate,
ma di passare alla più incisiva e diretta normazione diretta attraverso veri e propri
“regolamenti”. Tuttavia, in materia di bilanci, si è per diversi anni in una situazione di
stallo perché non si sa se emettere regolamenti europei oppure se costituire un’agenzia
europea che emetta principi contabili o se rimettersi del tutto ai principi internazionali. Gli
Inglesi spingono per quest’ultima soluzione, ma ci sono resistenze.
Nel frattempo l’autorevolezza dei principi internazionali si rafforza sempre più. Vengono
stabiliti criteri di “equivalenza” (pur nel mantenimento delle differenze) con i principi
dei principali paesi (a partire soprattutto da quelli emessi dall’americano FASB). Nel 1998
l’IOSCO, cioè la federazione mondiale delle Commissioni di Borsa, adotta la regola
generale del riconoscimento alla quotazione delle imprese che adottano i principi
internazionali od altri riconosciuti mutuamente come equivalenti. Di fatto ora la strada è
segnata e gli standard internazionali non sono più un timido tentativo di costruire un
linguaggio unico, ma sono effettivamente riconosciuti come il linguaggio globale per
eccellenza.
Il ruolo degli USA dentro l’IASC si fa a questo punto sempre più pervasivo. Nel 2001 si
arriva ad una profonda ristrutturazione dell’Istituzione stessa. Da semplice “comitato”
diventa una vera e propria organizzazione privata no profit (la IASC-Foundation), di cui
fa parte una Commissione permanente (il Board) ora strutturata nel Delaware, con un
robusto staff alle sue dipendenze.
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Dal punto di vista dell’organizzazione interna il ruolo dei professionisti esce molto
ridimensionato dalla riforma del 2001. Ora la voce principale è rappresentata dai cosiddetti
“investitori istituzionali”, cioè da quelle istituzioni finanziarie che sono poi i principali
utenti dei bilanci stessi.
Dal punto di vista normativo l’IASB emenda i vecchi IAS, ancora vigenti, ed emana i nuovi
IFRS (International Financial Reports Standards). Anche le interpretazioni cambiano
nome, dal nuovo nome del comitato che se ne occupa: da SIC a IFRIC (International
Financial Reports Interpretations Committee). In ogni caso le interpretazioni continuano
ad avere lo stesso valore degli standard principali cui si riferiscono.
Nel 2002/2003, con alcuni Regolamenti l’Europa opta per una applicazione diretta dei
principi internazionali all’interno dello Spazio Economico Europeo. L’ordinamento
contabile internazionale diventa così veramente “sovranazionale”, in quanto finalmente
espressione di una vera e propria giurisdizione vigente. Da ora i principi contabili,
ancorché internazionali, sono spesso considerati anche “europei”, proprio perché
l’Europa era l’unico spazio al mondo in cui essi non sono solo internazionali, ma, per i
gruppi aziendali quotati, direttamente applicabili. L’Europa però influenza l’IASB
attraverso il processo di recepimento [endorsement]. Il rifiuto, nel 2003, di recepire
i principi riguardanti le attività finanziarie, ha costretto la Commissione [il Board] a
rivederli in modo che fossero accettati.
Agli stati spetta solo una normativa di dettaglio per rendere compatibile tale applicazione
con la normativa interna, detta “enforcement”.
La prima decade del nuovo millennio ha visto privilegiare sempre più valutazioni basate
sul mercato (Fair Value Accounting) rispetto alle classiche valutazioni basate sul costo
(Historical Cost Accounting). Ma tutto ciò si è prestato ad un incremento della volatilità e
della prociclicità delle valutazioni.
La crisi globale del 2008 ha cominciato a far levare alcune voci critiche nei confronti di
queste tendenze. Tuttavia la reazione iniziale del Board è stata addirittura quella di
un’accelerazione e di enfatizzazione nei confronti del Fair Value.
Tra il 2008 e il 2010 si è costituita una Commissione mista (FASB/IASB) per riscrivere
un Quadro concettuale comune tra le due commissioni. La Commissione è arrivata a
rinnovare i capitoli 1 e 3 del Framework. Tra le principali innovazioni si segnalano il
declassamento del principio di competenza, su cui si è fondata per secoli la contabilità delle
imprese (a partire almeno dalla fondamentale opera del palermitano L. Flori del 1634 con
cui è stata introdotta in Ragioneria) a principio di rilievo solo per il conto economico e alla
scomparsa del principio di prudenza in omaggio a un patrimonialismo radicale, almeno in
via di principio. Adesso gli unici “stakehodlers” sono i portatori di capitale: in prima
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battuta gli investitori attuali e potenziali, poi i finanziatori, infine i creditori vari; gli altri
portatori di interessi sono stati estromessi dal ruolo di destinatari della comunicazione
economico-patrimoniale d’impresa.
Questa collaborazione FASB-IASB nel 2010 si è interrotta e il persistere della crisi sta
portando ad alcuni ripensamenti a livello globale sulle modalità di valutazione da adottare.
Il capitolo 2 del Framework era ancora allo stato di Exposure Draft ed è molto importante
perché in esso è definito il concetto stesso di azienda, su cui la dottrina anglosassone
manifesta ancora non poche incertezze.
Il capitolo 4 raccoglieva invece ancora la parte invariata dal 1989. Su questa, a partire dal
2013 si è avviato un processo di revisione che ha condotto all’emanazione del nuovo CF
(2018); in questo si è scelto, fra le altre cose, di reintrodurre il concetto di Prudenza
e di adottare un modello dualistico di valutazione (costo storico o valore corrente)
a seconda della natura della posta di bilancio e soprattutto della sua destinazione
(business model).
Nel frattempo, nel tempo, il modello dei principi internazionali è stato esteso anche ad
altri ambiti della Ragioneria.
In ambito pubblico è stato costituita, a cura della unione mondiale dei commercialisti
(IFAC, cioè International Federation of Accountants), una commissione per
l’emanazione di principi contabili per il settore pubblico nel 1996, sul modello di quella
principale. Anche in quest’ambito si è arrivati, nel 2014, all’emanazione di un Quadro
concettuale o Framework.
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Principi contabili internazionali:
Il “Quadro concettuale” assiste anche le società nello sviluppare politiche contabili quando nessuno standard
IFRS si applica ad una particolare transazione, e più ampiamente, aiuta i portatori di interesse a comprendere ed
interpretare gli standard.
Definisce il fair value, pone una struttura per valutarlo e richiede informativa (nelle Note) riguardo alle
misurazioni al fair value.
Si applica quando un altro principio richiede o permette valutazioni al fair value o informativa sulle valutazioni
al fair value (o valutazioni basate sul fair value come ad esempio il fair value meno i costi di vendita), eccetto in
circostanze specificate in cui prevale un altro principio.
Indica la necessità di sottoporre a svalutazione, per il principio di prudenza, tutte quelle attività il cui valore
contabile sia contemporaneamente superiore al valore di realizzo o d’uso (e indica di svalutarlo al maggiore dei
due). In pratica ci dice se, e come, creare fondi di svalutazione delle singole poste dell’attivo. Non si applica alle
svalutazioni di attività finanziarie, per le quali si rinvia all’IFRS 9 e nei casi speciali regolati da specifici principi.
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I principi fondamentali di bilancio:
Come vedremo meglio, è il principio base per la redazione del bilancio secondo i principi internazionali. Si
applica ai bilanci individuali ma anche, salve le norme specifiche, anche ai bilanci “separati” e “consolidati”.
Contiene le norme generali per la redazione del bilancio e le caratteristiche qualitative dello stesso. Contiene anche
i contenuti minimi dei prospetti contabili, e le classificazioni di massima per lo stato patrimoniale e il conto
economico complessivo. Tratta in particolare di stato patrimoniale, conto economico complessivo, prospetto delle
variazioni del netto e note. Non tratta del rendiconto finanziario, per il quale fa un espresso rinvio.
Integra, come abbiamo già visto, il precedente con le norme specifiche relative al rendiconto finanziario
(cambiamenti nella “cassa” e negli “equivalenti di cassa”, cioè le disponibilità liquide). La “cassa” comprende il
contante e i depositi a vista. Gli “equivalenti di cassa” sono investimenti a breve termine, altamente liquidi,
prontamente convertibili in ammontari noti di cassa, soggetti a rischio insignificante di cambiamento di valore.
È il principio dedicato agli interventi “retroattivi” sul bilancio. Questi possono intervenire per tre motivi: cambio di
politiche contabili, cambi nelle stime, errori veri e propri. Impone in questi casi la redazione di uno stato
patrimoniale ricalcolato all’esercizio precedente a quello di riferimento.
Il principio dà pure indicazioni per scegliere le politiche contabili appropriate, intendendo per tali i principi specifici, le
basi, le convenzioni, le regole e le pratiche applicate da un’azienda nel preparare e presentare il bilancio. Di norma
per prima cosa si va a vedere se la specifica transazione, o evento o condizione è regolato specificamente da un
IFRS.
In assenza di un IFRS si deve usare la discrezionalità nello sviluppare ed applicare una politica contabile che
risulti in un’informativa rilevante ed affidabile. Nel prendere questa decisione si adotta una sorta di principio di
analogia delle seguenti fonti nell’ordine discendente:
Indica quale informativa dare sugli eventi che intercorrono tra la data di chiusura dell’esercizio e quella di
approvazione del bilancio per la sua pubblicazione (in genere, quindi i primi mesi dell’anno). Distingue tra quegli
eventi per i quali si deve dare solo un’informativa nelle note, e quelli per i quali è necessario rettificare i saldi del
bilancio in chiusura.
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Gli eventi che comportano rettifiche ai saldi di bilancio (adjusting events) forniscono evidenza di condizioni che
già esistevano alla fine dell’esercizio.
Gli eventi che comportano solo informativa nelle note (non adjusting events) sono indicativi di condizioni sorte
dopo la fine dell’esercizio, ma comunque di rilievo per gli utilizzatori primari del bilancio. Naturalmente se
l’informativa su tali eventi non fosse significativa (material) allora questa può essere omessa anche dalle note.
Regola i bilanci, in forma semplificata, redatti per periodi inferiori all’anno: un semestre, un quadrimestre, un
trimestre o ancor meno. È lasciata la libertà di produrre questi bilanci in forma estesa, adottando quindi gli IAS 1
e 7.
Regola, come vedremo, le operazioni straordinarie di combinazione aziendale, quali cessioni di aziende, fusioni,
scissioni, e simili.
Come vedremo, regola le norme specifiche di redazione del bilancio consolidato di gruppo, inteso come quel
bilancio che presenta attività, passività, netto, proventi, oneri e flussi di cassa di una capogruppo e delle sue
controllate come se fossero quelli di una singola azienda.
Quando il controllo di un’impresa non è esclusivo, come abbiamo visto, ma si esercita per mezzo del consenso
unanime con altri soggetti, si parla di accordi congiunti. Questi hanno regole di consolidamento proprie, e parzialmente
diverse da quelle delle normali controllate.
Regola, come vedremo, le modalità di consolidamento (sintetico e proporzionale, cioè il metodo del patrimonio
netto) degli investimenti in imprese a controllo congiunto (quelle di cui al principio precedente) e imprese collegate.
Regola l’informativa da dare in Note sulle imprese controllate, su quelle soggette ad accordi congiunti (dei due
tipi), sulle collegate, e sulle “aziende strutturate non consolidate” (le collegate per via contrattuale, sulle quali non
si vanta alcuna partecipazione).
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IAS 24: Informativa sulle parti correlate
La finalità del principio è quella di assicurare che il bilancio di un’azienda contenga l’informativa necessaria per
porre attenzione sulla possibilità che la sua posizione patrimoniale o il suo risultato economico possa essere stato influenzato
dall’esistenza di “parti correlate” (legate da forti interessi alla società) e da transazioni o saldi non rappresentati, inclusi
impegni, con tali “parti”.
Una “parte correlata” è una persona o un’azienda, correlata all’azienda che redige il bilancio:
- Persona o componente stretto della famiglia di quella persona collegato all’azienda se questa persona ha il
controllo, il controllo congiunto o un’influenza significativa sull’azienda o è un componente del personale
direttivo “chiave” dell’azienda stessa;
- Azienda che, tra le altre circostanze, è una controllante, controllata, consociata (cioè soggetta a comune
controllo), collegata, a controllo congiunto dell’azienda che redige il bilancio, o che è controllata, controllata
congiuntamente, o significativamente influenza o gestita da una persona che, a sua volta, è una parte
correlata.
Regola la produzione dei bilanci delle capogruppo non consolidati, dove le partecipazioni in controllate, collegate,
etc. sono considerate tutte “investimenti”, al pari degli investimenti minori. Si noti che, per i principi internazionali, il
“bilancio separato” è fondamentalmente inutile, perché il vero bilancio della capogruppo è quello consolidato. Si
dà comunque questo principio per produrre comunque un bilancio secondo i principi internazionali, qualora la
normativa interna ai singoli paesi imponga la produzione “anche” di un bilancio separato della capogruppo
(separato rispetto a quello delle aziende del gruppo). È un raro caso in cui nei principi internazionali la forma
prevale sulla sostanza e non viceversa.
Il principio stabilisce criteri per rilevare le immobilizzazioni materiali come attività, per determinare il loro
valore contabile, e per calcolare gli ammortamenti e le svalutazioni da attribuire loro.
Il principio stabilisce i criteri per rilevare e valutare le immobilizzazioni immateriali e richiede informativa su di
esse nelle Note. Un’attività immateriale è un’attività non monetaria identificabile e priva di sostanza fisica. Tale
attività è identificabile quando è separabile, o quando sorge da contratti o altri diritti legali.
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IAS 2: Magazzino
Il principio fornisce la guida per determinare il costo delle rimanenze e la conseguente rilevazione come costo
d’esercizio, incluso ogni abbattimento al valore netto realizzabile. Fornisce anche guida sulle formule usate per
determinare il costo da attribuire alle rimanenze.
IAS 20: Contabilità per contributi pubblici e informativa per l’assistenza pubblica
I contributi pubblici sono trasferimenti di risorse a un’azienda dal governo in cambio dell’adempimento passato o
futuro di certe condizioni relative ad attività operative dell’azienda. L’assistenza pubblica è l’azione progettata dal
governo per fornire benefici economici specifici a un’azienda o a un ambito di aziende che soddisfano determinati
criteri.
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Il principio richiede che un’azienda che quota su un mercato titoli di debito o azionari pubblichi informazioni
che mettano gli utilizzatori del bilancio in grado di valutare la natura e gli effetti economico-patrimoniali dei
differenti “business”: attività economiche nelle quali l’azienda è coinvolta e diversi ambienti economici in cui opera.
Specifica la sola presentazione per gli strumenti finanziari. La rilevazione, la valutazione e l’informativa sugli
strumenti finanziari sono regolate, rispettivamente, dagli IFRS 9 e IFRS 7.
È un principio molto complesso che specifica in che modo un’azienda deve classificare e valutare attività
finanziarie, passività finanziarie e alcuni contratti per acquistare o vendere elementi non finanziari (strumenti
derivati).
Le sole attività finanziarie sono soggette a svalutazione, secondo modalità specifiche definite nel principio.
Il principio si occupa infine delle modalità di contabilizzazione degli strumenti derivati che non sono detenuti
a scopo speculativo ma come strumenti di copertura del rischio.
Altri principi:
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Ai principi si sono aggiunti i practice statements, analoghi agli IFRSs, ma aventi ad oggetto informativa economico-
patrimoniale esterna al bilancio, e comunque non vincolanti:
Le interpretazioni, di cui diamo solo l’elenco, sono le seguenti. Come si vede, si tratta di argomenti molto specifici,
spesso destinati ad essere riassorbiti in nuovi IFRS quando questi vengono emanati.
SIC 25: Imposte sul reddito – Variazioni nello status fiscale di un’azienda o dei suoi azionisti
IFRIC 5: Diritti a interessi che provengono da fondi per la dismissione, ripristino e riconversione
ambientale
IFRIC 6: Passività che sorgono dalla partecipazione a uno specifico mercato – Dismissione di
apparecchiature elettriche ed elettroniche
IFRIC 14: Sull’IAS 19 - Il limite per un’attività a benefici definiti, requisiti minimi di finanziamento e
loro interazione
IFRIC 20: Costi di rimozione degli scarti minerari nelle miniere a cielo aperto
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L’IFRS per le piccole e medie imprese (SME-IFRS)
Nel 2009, con una generale revisione nel 2015, l’IASB ha emesso un unico principio contabile, ma relativamente
lungo (250 pagine circa) in cui compatta tutte le prescrizioni degli IFRS per le piccole e medie imprese, in pratica
le non quotate aventi una dimensione prevalentemente locale.
Non è rivolta a società quotate, e infatti il suo bilancio è pensato soprattutto per i bisogni informativi dei
finanziatori (banche, ad esempio), creditori ed altri utilizzatori dei loro bilanci interessati soprattutto
all’informazione sui flussi di cassa, liquidità e solvibilità, con un orientamento, quindi, ancora piú fortemente
finanziario che nelle grandi imprese. Tiene anche conto dei costi e delle capacità di imprese medie e piccole nel
preparare le informazioni di carattere economico-patrimoniale.
Questo principio ha avuto, sinora, meno fortuna dei principi per le maggiori imprese e non è stato adottato
dall’Unione Europea, che ha preferito aggiornare nel 2013 (con la direttiva n. 34) le vecchie direttive IV (1978) e
VII (1983) in materia di conti societari individuali e consolidati. Pertanto, negli stati aderenti all’Unione, come
l’Italia, vigono ancora le norme interne (in Italia il Codice Civile, e, per i consolidati, il D. lgs. 127/91 a quello
collegato) armonizzate con la normativa europea, e quindi riformati entrambi con il D. Lgs. 139/2015, e non con
il principio internazionale in parola. Il principio è organizzato in 35 Sezioni per argomenti:
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