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IL CINEMA AMERICANO CLASSICO

- L'APPARATO PRODUTTIVO: IL MAGO DI OZ


1. Lo studio system:
Con la formula studio system si indica l'assetto industriale della Hollywood classica, caratterizzata dal
predominio di alcuni grandi studios capace di realizzare e distribuire film su larga scala. Lo studio system è
già operativa negli anni 20 e rimane in vita fino agli anni 50.
Si passa da un sistema central producer a un sistema unit system: il primo si ha dalla metà degli anni 10 alla
fine del decennio successivo e comporta che le case hollywoodiane operano ciascuna sotto il controllo di un
unico produttore, il secondo si ha a partire dai primi anni 30 e comporta un'organizzazione in cui un gruppo
di uomini supervisionava tra i sei e gli otto film all'anno.
Per buona parte della sua storia Hollywood vede il predominio di alcune grandi case di produzione delle
Majors: ognuna possiede delle strutture per realizzare film e ha sotto contratto del personale che opera in
base a direttive dei vertici della compagnia. Ogni Major ha una sua politica e si specializza in alcuni generi o
tipi di produzione,
Oltre a disporre di teatri di posa e di personale, le Majors possiedono anche delle strutture per distribuire i
loro film: è quella che si può chiamare "integrazione verticale". Le Majors controllano i tre tasselli
dell'industria del cinema: produzione, distribuzione e esercizio.
Disponendo di propri cinema e di proprie strutture le Majors possono gestire autonomamente i loro
prodotti: una pratica comune è quella del block booking secondo la quale le Majors danno a noleggio i loro
film non singolarmente ma in blocchi di tot film.
Abbiamo anche le Minors, le quali non possiedono gli stessi mezzi, soldi e strutture delle Majors.
Le linee di confine tra Majors e Minors non sono troppo nette: le Majors infatti spesso non realizzavano film
solo a alto budget, ma si dedicavano pure ai film di serie B, quindi ai B-movie. Questi erano film realizzati
con piccoli budget, in pochissimo tempo.
L'assetto che abbiamo descritto risale alla produzione di Hollywood fino alla fine degli anni 40: nel decennio
successivo la situazione si modifica.
Nella fase finale della Hollywood classica si assiste all'emergere di una nuova pratica produttiva, il
cosiddetto package unit system che nasce a metà degli anni 40 e si impone nella seconda metà degli anni
50.
Ora si lavora su singoli progetti: un produttore mette insieme una squadra ad hoc per un certo film.
La crescita delle produzioni indipendenti coincide con le forti difficoltà economiche che si abbattono sugli
studios fra la fine degli anni 40 e i primi anni 50: da un lato abbiamo la televisione che sottrae spettatori al
cinema, dall'altro abbiamo una sentenza della Corte Suprema del 1948, la cosiddetta Paramount decision,
che costringe le Majors, sulla base della legislazione antitrust, a vendere le catene di sale indebolendo la
posizione delle cinque grandi.
La stessa inoltre dichiara illegale la pratica block booking, provocando così la fine dei B-movies.
Gli ultimi anni della Hollywood classica vedono un netto calo della produzione: dagli anni 50 e 60 le
compagnie licenziano parte del personale, affittano teatri di posa alle reti televisive o si mettono esse stesse
a fare televisione.
2. Il sistema dei generi:
Lo studio system non consisteva in pura e semplice produzione in serie perchè ogni film doveva essere un
pezzo unico. La Hollywood classica lavorava utilizzando dei grandi modelli di racconto, i generi, attorno ai
quali si articolava una complessa dialettica di standardizzazione e differenziazione.
I generi servivano ad appagare il desiderio del pubblico di farsi raccontare più e più volte la stessa storia ma
in forme diverse.
Nel corso del tempo i generi si modificano e si dividono in sottogeneri: inoltre i generi si ibridano tra di loro,
tanto che in alcuni casi non è semplice collocare un film in una categoria piuttosto che in un'altra.
3. Il Codice Hays:
Negli Stati Uniti non è mai esistita una censura federale, ossia un ufficio che abbia giurisdizione sulla
circolazione dei film sul territorio: infatti in America la censura è sempre gestita a livello locale.
Per Hollywood il controllo nazionale avrebbe rappresentato un problema molto grande: per fare in modo
che il governo non istituisse censura federale l'azienda propone sempre forme di autocontrollo.
Già nel 1922 le case avevano dato vita a Motion Picture Producers e Distributors of Aremica (MPPDA):
questo sarà noto semplicemente come Hays Office, era una struttura pensata per gestire i rapporti tra
Hollywood e il potere politico.
Tra le questione da affrontare c'era la necessità di evitare che i film recassero offesa alla morale corrente.
Nel 1927 Hays introduce un codice di autoregolamentazione: un elenco di argomenti rischiosi da evitare o
da trattare con cautela.
Negli anni venti il principale obiettivo dell'Hays Office è la difesa di Hollywood dalla legislazione antitrust:
nel 1930 Hays aveva fatto adottare un nuovo codice di autoregolamentazione basato principalmente sul
testo del 1927: questo venne chiamato Production Code o Codice Hays, il quale raccomanda prudenza o
vietava la produzione di film con determinati temi trattati. Nel 1934 Hays impone il suo codice con la forza:
infatti decretò che nessun film potesse essere distribuito nelle sale appartenenti alle Majors senza la sua
approvazione. In caso di violazione di tale regola, la casa produttrice del film sarebbe stata multata.
Il Codice inizia ad entrare in crisi negli anni 50, quando si verifica la separazione tra produzione ed esercizio:
con gli anni 60 si dimostra sempre più anacronistico, soprattutto perchè la composizione dell'audience è
ormai radicalmente cambiata.
Il Codice verrò definitivamente abrogato nel 1968 per passare a un modello che vieta semplicemente la
visione di certi film agli spettatori al di sotto di certe fasce di età.
4. Il genio del sistema "Il mago di Oz":
L'organizzazione del lavoro nella Hollywood classica si basava sull'enfatizzazione della vocazione collettiva
del processo creativo che caratterizza il cinema in quanto tale.
I registi erano solo un tassello della complessa macchina alla guida della quale vi era il produttore.

Il MAGO DI OZ è tratto dal romanzo del 1900 di Baum: di questo libro sono state realizzate numerose
riduzioni teatrali e cinematografiche: ma il 1937 MGM decide di fare un nuovo adattamento del romanzo di
Baum.
Il Mago di Oz viene costruito sullo stesso schema adottato dalla Disney per la produzione di Biancaneve e i
sette nani: un soggetto fiabesco ibridato con pattern del musical. La stessa scelta di usare molto colore per
le scene ambientate a Oz è funzionale alla realizzazione di un film capace di rivaleggiare con le creazioni
della Disney.
Il progetto del Mago di Oz nasce come risposta ai risultato ottenuti dalla casa concorrente: ma questo film
si distacca da Biancaneve in quanto vero e proprio film e non cartoon.
Mayer, direttore della MGM, affida il progetto del film a Mervyn LeRoY, ex regista della Warner arrivato da
poco alla MGM: Mayer risponde negativamente alla richiesta di LeRoy di gestire da solo il progetto e gli
affianca Arthur Freed, un compositore in procinto di passare a lavorare i produzione.
Mayer cerca di prendere in prestito dalla Century Fox la bambina Shirley Temple, ma con scarso successo:
così ripiegano su Judy Garland, la quale si rivelerà fondamentale per la riuscita del film grazie anche alle sue
magnifiche doti canore.
Il primo sceneggiatore cui viene affidato il compito di ridurre il testo di Baum è Herman Mankiewicz, il quale
stende un primo trattamento.
I titoli di testa attribuiscono la sceneggiatura a Langley, Ryerson e Woolf, ma furono in tutto 10 gli scrittori
che lavorarono alla sceneggiatura del film, per non parlare dell'apporto di Harburg, autore delle canzoni.
La parte più rilevante venne svolta da Langley, ma è chiaro che è molto difficile attribuire a lui la paternità
della sceneggiatura.
Troviamo una situazione simile anche sul piano della regia: il primo fu Thorpe che però abbandonò il
progetto dopo solo due settimane: a sostituirlo arriva Cukor, uno dei registi più importanti dell'epoca, il
quale fornisce un apporto molto importante cambiando la pettinatura della piccola Dorothy. Dopo Cukor
giunge Fleming, il quale lavora al film per circa 4 mesi arrivando praticamente alla fine del film. Il quarto
regista fu Vidor.

- LO STILE CLASSICO: CASABLANCA:


1. La classicità hollywoodiana. Ovvero, di cosa parliamo quando parliamo del cinema americano classico:
Il cinema dell'età dell'oro di Hollywood è un punto di riferimento del 900: la classicità del mondo
Hollywoodiano è il risultato di decenni di sperimentazioni, tecniche e narrative. La classicità sta per
raggiungimento della stabilità di modi di produzione e rappresentazione, ma sta anche per espressione di
una cultura capace di segnare un'epoca.
Con Hollywood celebriamo la nascita di un cinema capace di raccontare con forme proprie, con un proprio
stile e comporre autonomamente, spazzando via il vecchio cinema Europeo. Il cinema di Hollywood deve
essere considerato come l'erede e depositario di una cultura tradizionale.
CASABLANCA porta con se la classicità di questo periodo e lo stile che caratterizza quel periodo: attraverso
questo film si riesce a intendere quella disinvolta stratificazione culturale su cui poggia la narrativa
cinematografica.
Eco sottolinea l'intertestualità che caratterizza sia il sistema cinematografico sia il sistema culturale
complessivo: infatti negli anni di cui ci stiamo occupando Hollywood diventa oltre che la Mecca del cinema,
anche un luogo di grande convergenza di persone che provengono da tutto il mondo. Hollywood diventa
così un luogo geografico di incontro di persone diverse, ma anche un luogo culturale di incontro di apporti
diversi.
Quando parliamo di classicità parliamo di pienezza, ma anche di stilistica, efficacia e eleganza.
2. Il racconto cinematografico classico:
La classicità del cinema Hollywoodiano di questo periodo si basa su una idea di racconto, di caratteristiche
linguistiche, di modello narrativo molto puro, molto economico.
Tale modello coincide con una narrazione forte, orientata cioè da un narratore che guida la storia
attraverso una serie di eventi e situazioni concatenate tra loro, in base a precisi collegamenti di
causa/effetto, in un contesto ambientale ben preciso, dove agiscono personaggi che coincidono con ruoli e
tipi ben definiti.
Tendenzialmente il racconto cinematografico classico si sviluppa eliminando tutto ciò che non è
strettamente necessario: normalmente prevede un double plot, cioè una combinazione di due linee che
riguardano gli stessi personaggi principali: un plot risulta essere dominante rispetto all'altro ed in generale
è poi quello che evidenzia il genere del film che stiamo guardando.
Ogni genere infatti presuppone una serie di ruoli definiti in base ai quali viene costituito il sistema
complessivo dei personaggi, le relazione che i personaggi principali con quelli secondari, nel contesto in cui
si sviluppa la storia, che nel racconto classico, è strettamente determinata appunto dai personaggi o dal
personaggio, in quanto agenti causali per eccellenza. Il personaggio classico è definito in relazione alla
finalità narrativa che ne determina l'azione: la sua psicologia si confonde spesso con il suo agire.
La definizione di personaggio cinematografico classico si compie e si realizza anche in relazione allo star
system: le star fortemente connotati e legati a determinati studios, confondono la loro fisionomia con
coloro che andranno a interpretare.
Anche l'articolazione delle strutture spazio-tempo del racconto segue principi convenzionali: il film si
costituisce su un'alternanza di scene che rispettano la durata reale e di sequenze in cui il montaggio
organizza il tempo della storia attraverso piccoli salti o ellissi.
Ritorni indietro nel tempo e avanzamenti del tempo nel futuro sono possibili grazie a tecniche di
montaggio.
Nulla però deve alterare l'effetto di naturalezza e trasparenza del racconto, del suo darsi allo spettatore
senza che sia marcata l'operazione della narrazione in quanto tale.
Si tratta cioè di una narrazione discreta che poggia largamente con il découpage invisibile che è alla base
del linguaggio classico.
3. Il découpage classico:
Il cinema classico sonoro introietta tutti gli elementi dello spettacolo in un'unica dimensione, quella della
proiezione.
La verosimiglianza del narrato funziona sulla continuità e sulla naturalezza di ciò che si svolge sullo
schermo: questa naturalezza può darsi solo a patto dell'invisibilità dei processi di scrittura su cui si basano.
Infatti è a condizione che lo spettatore non colga l'artificio che può scattare il suo assorbimento bella
diegesi: il meccanismo dell'identificazione spettatoriale si basa sulla sospensione della consapevolezza che
la realtà dello schermo sia fittizia e sulla perdita delle proprie coordinate spazio-temporali.
Questo è possibile grazie alla celatura di tutti i dispositivi come telecamere, microfoni ecc, la troupe e gli
attori non dovevano mai guardare in macchina.
Se il cinema classico ha affermato progressivamente il ruolo decisivo del montaggio, era proprio questo a
dover essere occultato dagli occhi dello spettatore.
Sulla scia di Bazin si possono individuare tre caratteristiche di questo tipo di découpage: motivazione,
chiarezza e drammatizzazione.
I principali tipi di raccordo che definiscono questa strategia che aiuti a mascherare i tagli, sono:
- raccordo di sguardo
- raccordo sul movimento
- raccordo sull'asse
- raccordo di posizione
- raccordo di direzione
Lo spazio organizzato dal découpage è uno spazio a 180°, cioè l'articolazione visiva viene condotta
attraverso angolazioni che appartengono a una stessa metà dello spazio complessivo.
4. CASABLANCA, ovvero il culmine della Hollywood classica:
Casablanca appare come un film hollywoodiano, vale a dire classico, per eccellenza.
Quella pienezza e stratificazione dei motivi classici, il suo linguaggio, la prevedibilità e il suo linguaggio
tipicamente classico ne fanno un film chiave.
Film prodotto dalla Warner Bros: per lo spettatore il film risulta come un tipico film anni 40, capace di
evocare tutto un contesto sebbene la sua classicità riesca a superare i confini di tale datazione.
Il film è il risultato di una vera e propria catena di montaggio: condotto sotto la supervisione di un
produttore esecutivo Wallis, il quale interviene su parecchi livelli. Il regista invece è Michael Curtiz.
Il film è frutto dello studio system più che di una logica autoriale: una logica di studio che fa si che le
ristrettezze economiche imposte al film vengano brillantemente risolte.
Il racconto viene poi saldato alla realtà grazie a riferimenti che rimandano al periodo storico all'epoca
attuale: le esigenze in quegli anni erano quelli di propaganda ideologica, regole e convenzioni.
CASABLANCA racconta la necessità dell'intervento statunitense nel secondo conflitto mondiale e la fine
della politica isolazionista americana. Il film utilizza la logica del double plot: casablanca innesta una storia
di taglio melodrammatico su una storia di war film e usa la seconda per risolvere i dilemmi della prima.
Tuuto, dai luoghi, spazi ecc, sembra costruire una mappa che risulta essere la mappa dei sentimenti più che
la mappa dei valori: Parigi, Casablanca, Terra promessa disegnano i contorni fisici del processo ideologico
che il film sostiene.
A fianco dell'ideologia dei personaggi troviamo nel film un vero e proprio sistema stilistico che stabilisce
gerarchie e ruoli che le competenze spettatoriali sanno riconoscere.
5. La presentazione di Rick: esercizi di stile:
Questo film scrive i tratti dell'icona Bogart, capace di esserne parte essenziale, ma anche di emergerne e di
vivere di vita propria.

- IDEOLOGIA E STORIA NAZIONALE, SENTIERI SELVAGGI:


1. Hollywood, la società, la politica:
Il western di Ford ha suscitato un'influenza molto marcata sui cineasti delle successive generazioni in
quanto si configura come vera e propria sintesi dei grandi temi dell'immaginario e della cultura degli Stati
Uniti: la costruzione della civiltà in uno spazio vergine, il viaggio oltre la frontiera, lo scontro con i selvaggi, il
terrore dell'altro, dell'abuso.
Il cinema americano è stato la fabbrica dei sogni del XX secolo, un luogo mentale in cui intere generazioni si
sono rifugiate: al contempo però anche i film più leggeri possono presentare tracce dei problemi sociali,
politici e culturali dell'epoca in cui sono stati realizzati.
Ci sono però alcuni film e generi molto espliciti: una delle cause dell'introduzione del Codice Hays fu proprio
l'elevato tasso di crudezza di alcune produzioni dei primi anni 30: ma nonostante ciò alcuni registi e
produttori continuavano ad occuparsi dei problemi sociali e politici.
Durante il periodo bellico ad esempio il cinema hollywoodiano seppe attrezzarsi bene con film propaganda,
spettacoli di grandi star per le truppe ecc.
Ma già prima del coinvolgimento degli americani in guerra Ford aveva esplicitamente dichiarato il proprio
sostegno alla politica di Roosevelt.
L'esperienza bellica funse da acceleratore per lo sviluppo di una sorta di via hollywoodiana al realismo:
molti film del dopoguerra affrontano con chiarezza gravi questioni sociali.
Questa linea venne bruscamente interrotta dal maccartismo e dalle indagini sulla sovvenzione rossa nel
mondo di Hollywood: vennero messi sotto accusa non solo coloro che facevano parte del partito
comunista, ma in generale tutti i registi, scrittori e attori con idee progressiste.
Le Majors furono costrette a licenziare molte persone: alcuni emigrarono, altri si dedicarono a teatro e
televisione.
Le liste nere vennero abolite negli anni 60, ma il danno prodotto dal clima di paura e di sospetto non poteva
essere riparato.
In più il conformismo ideologico che nacque negli anni 50 non aiuto l'industria di Hollywood a far fronte alle
nuove tecnologie come la televisione.
2. Il mito della Frontiera e il genere western:
L'uso del passato per far riferimento al presente è una pratica molto usata a Hollywood: il genere western
ci interessa in modo particolare in quanto questo è stato anche lo strumento attraverso cui i registi hanno
identificato una vera e propria epica nazionale.
Un tema a cui Hollywood ha sempre fatto riferimento è stato la conquista degli immensi spazi del West
avvenuta nel corso del XIX secolo.
Bazin fa riferimento a quello che viene chiamato mito della Frontiera: Turner individuò in questo termine il
principio chiave di interpretazione della storia degli Stati Uniti: la frontiera occidentale del paese infatti
divideva uno spazio civile (tame) da uno selvaggio (wild) e questo era un confine mobile. La dialettica tra
tame e wild, il confronto tra uomo bianco con il territorio selvaggio rappresenta uno dei gangli vitali
dell'intera tradizione culturale americana.
3. Mi chiamo John Ford. Faccio western:
John Ford fu il cineasta che più si dedicò al cinema western: nonostante l'importanza centrale di questo
genere l'establishment hollywoodiano ha sempre guardato al western con sufficienza.
Mi chiamo John Ford e faccio western: così si presentò lo stesso regista una volta: l'opera che meglio
rappresenta Ford è sicuramente SENTIERI SELVAGGI. Questo film si presenta come la quintessenza del
cinema Fordiano: il personaggio principale è interpretato da John Wayne. Tra i personaggi secondari
troviamo alcuni dei caratteristi abituali di Ford.
La location principale del film è la Monument Valley, una zona desertica nel Sud-Ovest degli stati uniti:
questo rappresenta lo spazio Fordiano per eccellenza. La colonna sonora è costituita largamente da motivi
della tradizione folk americana.
4. Un'odissea americana: SENTIERI SELVAGGI:
Quella di sentieri selvaggi è una scenografia fortemente stilizzata: è lo spazio del Mito, svincolato da precise
coordinate geografiche. La forza di questa location sta nella sua portata simbolica: la casa nel deserto è una
perfetto visualizzazione dello scontro tra colono bianco e natura selvaggia.
Un particolare tema è sviluppato sul confronto tra femminilità/tame vs uomo/wildness: Ethan è la perfetta
incarnazione del maschio fuggiasco; è un guerriero di professione, che non ha accettato la sconfitta e che
ha continuato a combattere anche una volta terminato il conflitto contro il Sud a quale aveva partecipato.
Il lato paradossale di questo personaggio è che lui da un lato odio gli indiani, ma in realtà lui non fa parte di
quella civiltà dell'ovest che sta sorgendo.
Ethan è in bilico tra due mondi: lo spirito della frontiera, la fiducia nella progressività del paese nella
trasformazione del territorio non gli appartiene. Al contrario questo spirito è incarnato dalle due figure
femminili.
All'interno del film vi è un altro archetipo di uomo, quello legato alla dimensione domestica.
Ma oltre alla parabola dell'uomo fuggiasco ritroviamo anche la parabola del captivity tale, la storia del
rapimento di una donna bianca da parte degli indiani: Ford infatti lavora sull'immaginario non sulla storia in
se e infatti mette in scena il grande fantasma dell'america bianca, terrorizzata dalla miscegenation, la
mescolanza delle razze.
Ethan ad esempio è ossessionato dalla purezza razziale, tanto che per buona parte del film lui disprezza
anche il suo compagno di viaggio Martin, il quale è di origine indiana.
Il mondo di sentieri selvaggi è un mondo spietato di morte e vendetta: Ethan è un razzista spietato, è un
dark hero che alla fine trova però la forza di cambiare. Alla redenzione però non segue un lieto fine.
è un Ulisse americano che torna solo per ripartire.

- I GENERI E L'UNIVERSO NARRATIVO: LA COMMEDIA. LA SIGNORA DEL VENERDì:


1. La galassia del comico:
In inglese la parola comedy possiede uno spettro semantico assai ampio: in ambito cinematografico sotto la
dizione comedy rientra ogni tipo di film che faccia ridere.
Con questo termine si indica un grande filone che nasce con gli inizi del cinema americano e ne attraversa
tutta la storia.
La realtà del comedy è una dimensione del cinema narrativo al cui interno si raccolgono espressioni basse,
le quali si contrappongono a quelle alte, serie che rientrano sotto la dicitura di drama.
La distinzione principale la dobbiamo fare tra comedian comedy e romantic comedy: il primo indica un film
che si basa sulla performance di attore, il comedian, tendenzialmente di sesso maschile, mentre il secondo
ha al centro un uomo e una donna di cui il film segue le vicissitudini amorose, fino all'inevitabile lieto fine.
Quello della comedian comedy è una comicità basata sul l'azione violenta, sulle gag fisiche: questo stile in
inglese viene definito slapstick. Questo è particolarmente adatto per il cinema muto, ma esso sopravvive
anche in ambito sonoro.
La vicenda canonica di questo tipo di commedia è quella di un individuo che cerca di stare al passo con la
propria cultura, le cui vicende comincia derivano proprio dalla sua incapacità di inserirsi nella sua società.
Nella romantic comedy invece abbiamo due personaggi, un uomo e una donna, coprotagonisti, combattenti
alla pari nell'eterna lotta tra uomo e donna: uno degli impedimenti canonici di questa vicenda è
rappresentato proprio dai due che all'inizio si detestano o devono sposare qualcun'altro.
Un altro termine che si utilizza è quello di screenball con il quale si indica la linea della romantic comedy più
vicina al comico: alcuni vogliono far coincidere con questo genere la commedia degli anni trenta e
quaranta, mentre altri riducono il campo a un numero di anni molto ristretto.
È caratterizzata da uno spirito anarchico, di rivolta nei confronti delle regole sociali: il dialogo in questo
genere è caratterizzato dal sistematico sabotaggio delle regole del linguaggio amoroso tradizionale.
2. Howard Hawks, un artista americano:
Nella Hollywoos classica i registi più importanti tendevano a specializzarsi in alcuni generi, al cui interno
sviluppare una poetica personale: un caso particolare fu Hawks il quale si specializzò in parecchi generi
diversi.
La sua scoperta avvenne in Francia negli anni 50 grazie al cahiers du cinema: al di sotto del suo lavoro è
reperibile una forte coerenza interna, cioè uno stile personale e un insieme di temi ricorrenti che fanno il
corpus della sua produzione.
I film di Hawks raccontano spesso la stessa vicenda, per quanto collocata in contesti spazio-temporali molto
diversi: un piccolo gruppo di uomini si misura con una sfida ardua che metterrà alla prova le loro capacità.
3. La rubo e la rifaccio: LA SIGNORA DEL VENERDì e la commedia degli anni 30:
LA SIGNORA DEL VENERDì è un titolo chiave della screwball comedy: ci offre la possibilità di verificare come
un film possa essere nel contempo interno al lavoro personale di un autore e parte integrante di un
orizzonte più ampio, qual è appunto il genere.
Un esempio può essere il ruolo di pal (amico per la pelle ) ricoperto da una figura femminile: questo tratto è
generalmente presente all'interno del cinema di Hawks, ma è anche un elemento ricorrente nella
screanball comedy.
In questo film ritroviamo i temi caratteristici di Hawks, ma affiorano anche legami con film di altri registi.
La signora del venerdì è un rifacimento della pièce Prima Pagina: tutta la romantic comedy degli anni 30 e
40 risente dell'influenza del teatro.
Questo film è una tipica commedia del rimatrimonio, racconta la storia della difficile storia d'amore tra
Hildy e Walter, rispettivamente giornalista e direttore di un giornale.
I dialoghi del film sono ricchi di allusioni sessuali: per ottemperare il Codice Hays i registi e sceneggiatori
delle commedie svilupparono tecniche raffinate per far ridere gli adulti senza turbare i giovani.
Lo spazio naturale caratteristico della romantic comedy è la grande città e l'ironia di coloro che vivono in
provincia è sistematica. L'ambiente moderno e cosmopolita della grande città rappresenta lo sfondo
naturale della commedia anni 30.
Ma sotto questa apparenza scanzonata c'è dell'altro: il film infatti è costruito sul delicato equilibrio tra
commedia e tragedia. In primo piano troviamo la storia d'amore, ma sullo sfondo ci sono un uomo che sta
per essere impiccato e una città in mano a politici senza scrupoli. La realtà dell'epoca affiora chiaramente: la
denuncia della corruzione della classe dirigente.
Il tema drammatico del film è rappresentato dall'incombenza della morte: buona parte del film si svolge
infatti all'interno di un carcere.
Mancanza di musica e colonna sonora: anche se non è proprio preciso così, in quanto un po' di musica
romantica la ritroviamo.

- I GENERI E L'UNIVERSO NARRATIVO: IL NOIR. VERTIGO


1. What is this thing called noir? La definizione di noir:
Il noir cinematografico, o meglio il film noir, vive di uno statuto incerto, indistinto a diversi livelli. In realtà
non esiste una netta definizione di ciò che intendiamo e riconosciamo come noir.
Da un lato infatti il genere è perlopiù considerato un sottogenere del film giallo, oppure del film criminale,
in cui il noir emerge come peculiare accezione di questo universo.
La narrativa del film noir viene comunemente associata a una serie di tratti narrativi, tematici e stilistici che
sostanzialmente appaiono piuttosto stabili e riconoscibili: esiste una narrativa cinematografica definita e
percepita come noir che costituisce una delle tendenze più tipiche e rappresentative dell'universo
hollywoodiano classico.
A metà degli anni 50 è il celebre Panorama du film noir américain a fornire un quadro più sistematico del
genere: i due autori del film vedono nel periodo 1941-1945 quello della formazione di uno stile che
conclude in suo apogeo nel 1948, per esaurirsi negli anni 50.
Il panorama da loro delineato risulta nitidamente riconoscibile in base ad elementi che vengono definiti in
termini di stile, atmosfera e soggetto. Da qui in poi è piuttosto la dimensione onirica e spesso allucinata che
contraddistingue il genere, dove l'ambientazione e la tematica criminale sono espressione di malessere e di
una patologia che hanno a che fare con la depressione e il disorientamento della società americana nel
periodo bellico e post-bellico.
Un'altra forte influenza deriva dalla psicanalisi, in relazione alla grande diffusione popolare della dottrina di
Freud in America negli anni 30: la vulgata psicanalisi viene ad interessare molto il mondo di Hollywood
fornendo stimoli e temi dell'espressione di un disagio sociale generalizzato che viene a coincidere e
confondersi spesso con un disagio e turbamento. Il motivo del sogno oltre a definire quella qualità onirica e
allucinata che permea le atmosfere e lo stile iconografico e cinematografico del film noir, viene a definire
molti racconti e intrecci di questa produzione.
Il mondo noir è normalmente un mondo urbano, notturno in cui gli esterni non sembrano fornire maggiore
spazio di apertura degli interni qui si muovo personaggi sospinti da destini avversi in trappole spesso
mortali. Un mondo in cui i contorni spaziali vengono definiti anche da una temporalità complessa,
interrotta da rimemorazioni, fantasie, sogno.
2. VERTIGINE e il noir. L'universo del sogno, tra letteratura e cinema:
Torniamo alla relazione tra noir e letteratura: possiamo definire due linee.
Nel primo caso viene rispettata la struttura del tipico romanzo-suspense, nel secondo caso le tipologie del
giallo/nero letterario si confondono o si fondono con strutture narrative estremamente complesse
sviluppano gli spunti letterari in peculiari forme di racconto che si appoggiano sul flashback, sulle
modificazioni del punto di vista, sulle narrazioni soggettive.
è la dimensione onirica a proiettare su uno sfondo costituzionalmente vago e sfumato: le modalità
propriamente cinematografiche di narrazione soggettiva, retrospettiva, onirica sembrano consentire un
rappresentazione quasi naturale della dialettica presenza/assenza, vita/morte, realtà/immaginazione che è
infondo il cuore o l'essenza del racconto giallo. I personaggi diventano nel noir propriamente dei simulacri,
dei fantasmi mentali, delle ombre.
VERTIGO esce nel 1944: nel film gioca un ruolo molto importante il motivo del simulacro.
3. Dal romanzo al film. Dal giallo al noir.
Possiamo notare in modo oggettivo la profonda diversità dei due testi, quello letterario e quello
cinematografico: ma soprattutto rendono conto della diversa qualità e materia dei sogni raccontata. Questa
qualità è stata conquistata dal regista attraverso diverse strategie, facendo passare il film da una serie B a
una serie A. In questo particolare caso il regista riesce via via a controllare pienamente e direttamente tutte
le fasi della realizzazione dl film. Era stato lo stesso Preminger a scegliere il romanzo della Caspary ed è
proprio lui che comincia immediatamente il lavoro di sceneggiatura insieme alla stessa Caspary e a Jay
Dratler: il lavoro che è stato fatto concerne sia una rielaborazione narrativa a partire dallo stesso testo. Le
modificazioni operate sul romanzo si collocano a diversi livelli: quello di oggetti e quello dei personaggi, ma
soprattutto a livello di struttura e strategia narrativa.
Il racconto della Caspary racconta la storia della morte di Laura attraverso cinque differenti narrazioni: il
romanzo rispetta perfettamente esteriormente il duplice schema tipico del giallo-enigma. Il giallo enigma
non contiene una, ma due storie: la storia del delitto e dell'inchiesta, e la seconda storia coincide con un
lento apprendistato che giunge a modificare radicalmente tutte le conoscenze acquisite sulla prima storia.
Un altro elemento tipico è la storia di inchiesta, che gode di uno statuto particolare essendo spesso
raccontata da un amico del detective: quindi la seconda storia coincide con la storia del libro stesso.
In ultima analisi vi è una storia e vi è un modo di raccontarla: la prima storia diventa la storia di un'assenza,
la seconda storia può essere sostituita con un dossier, resoconti di polizia, verbali.
La prima storia viene raccontata attraverso una serie di convenzioni letterarie, inversioni temporali, punti di
vista,e la seconda storia è il luogo in cui tutti questi procedimenti trovano una giustificazione.
Se il romanzo si colloca entro questo schema, è tuttavia l'adattamento cinematografico che vi tornerà
sopra.
Tornando al romanzo il primo racconto è quello di Waldo, delegato a presentarci Laura, a vivificarla,
partendo dalla sua morte, il secondo è quello di Mark, il terzo è un resoconto stenografico
dell'interrogatorio subito dal fidanzato, il quarto è quello di Laura, il quinto è ancora il racconto di Mark con
lo scioglimento dell'intrigo poliziesco e romantico, che si conclude con le parole di Waldo riportate da
Mark.
Le modificazioni attuate dalla sceneggiatura, dove appunto vengono aboliti tutti i racconti retrospettivi ad
accezione di quello di Waldo risultano essenziali: così la struttura enunciativa viene a coinvolgere forme
soggettive complesse la cui ambiguità sortisce un peculiare effetto di sdoppiamenti successivi e di onirismo
che pervade l'intero testo.
I personaggi sono quasi del tutto rispettati.
4. Sogni, simulacri e strategia narrativa:
La scena iniziare rivela immediatamente una strategia narrativa peculiare ed essenziale in rapporto a ciò
che segue, al film nel suo complesso. Dal nero dello schermo una voce prende parola, inizia un racconto: un
soggetto narrante, inizialmente indistinto, senza corpo, da avvio in prima persona a una retrospezione: da
un tempo e un luogo indeterminato.
La narrazione della storia di Laura corrisponde a un'ulteriore retrospezione, attivata da una serie di
flashback soggettivi e intermittenti di Waldo. è Waldo a farci conoscere Laura.
Nel film il cambio di prospettiva si da senza che Waldo abbia finito il suo racconto e senza che Mark venga
esplicitamente posto come narratore: è un indizio della mise en scène, della regia, che marca il passaggio.
Tutto ciò che viene raccontato successivamente vede Mark presente, fino alla sequenza finale in cui è un
narratore apparentemente onnisciente che mostra Waldo in agguato per uccidere Laura.
Il tema del contrasto tra presenza e assenza, tra realtà e immaginazione, tra soggetto e simulacro, non si
collega soltanto a Laura, ma a tutto il testo e alla sua strategia narrativa.
5. VERTIGINE come doppio racconto:
è possibile rinvenire nel film una doppia articolazione narrativa. Da un lato troviamo la storia narrata cioè la
storia di Laura, dall'altro quella relativa alla sua narrazione, cioè la storia della narrazione della storia di
Laura. Mentre il primo livello comporta una serie di trasformazioni del soggetto narrativo, il secondo
comporta una serie di trasformazioni del punto di vista, ossia dell'istanza attraverso cui la storia viene
raccontata.
Ciascuno dei livelli presenta un punto di rottura e squilibrio forte: per quel che riguarda il primo livello è la
ricomparsa di Laura, per quel che riguarda il secondo livello la disgiunzione è rappresentata dalla
modificazione del punto di vista.
Sono diverse le letture possibili
un primo percorso di lettura è quello che può essere definito realista: se il racconto dell'enunciato è quello
di un noir tipico che svolge il passaggio da uno statuto di verità a un altro, la storia di Laura qualifica il primo
narratore come menzognero.
il secondo percorso di lettura è quello più propriamente fantastico: in questo caso la storia di Laura è una
storia fantastica, vicino al racconto delle fate, che segue lo schema tipico del genere e in cui l'amore
dell'eroe riesce a far rivivere un fantasma o uno spettro.

- LO STAR SYSTEM: QUANDO LA MOGLIE VA IN VACANZA.


1. Star system e divinismo: Considerazioni generali:
La presenza del divo è una garanzia commerciale: il divo è un investimento su cui la casa di produzione
conta: oltretutto comporta anche una serie di strategie che precedono e preparano la realizzazione dei film
in cui l'attore sarò protagonista. Organi di stampa, campagne pubblicitarie vengono messi in campo per
inventare una persone che terrà vive determinate aspettative.
Hollywood ha la pretesa di produrre sogni prefabbricati: il tentativo è quello di tradurre il sogno americano,
secondo cui gli uomini sono creati uguali, nell'idea che tutti i sogni degli uomini possono essere fabbricati
uguali.
Al centro di questa logica produttiva troviamo lo star system:
la star è un prodotto tangibile che può essere pubblicizzato, può essere un oggetto di marketing: può essere
tipizzato.
Non va dimenticato il senso e il valore artistico, sociologico e mitologico che possono assumere le immagini
divinistiche, le quali garantiscono il successo stesso delle Majors.
L'emergere della figura del divo viene contraddistinto da fenomeni di ricezione e consumo che dimostrano
che il divo stesso corrisponde a desideri e bisogni motivati socialmente e antropologicamente.
La star corrisponde sempre a una certa concezione di immaginario socioculturale, legato alle ideologie e ai
valori dominanti in una determinata epoca.
Possiamo definire duplicità quella che caratterizza l'icona divistica: da un lato questo incarna e rappresenta
un'epoca, dall'altro si delinea come archetipo eterno, maschera ideale, concettuale.
L'immagine della star non comprende solo il fattore umano, ma anche una lunga rete intertestuale
costituita da cover, pubblicità, immagini, campagne ecc.
2. La dimensione semiotica della star. Attore, divo, personaggio:
Divi, personaggi, immagini divengono luoghi incrocio di forze e pulsioni differenti che vedono produzione e
consumo ben contestualizzati da un punto di vista storico-sociale.
Abbiamo sottolineato anche la natura sociologica del fenomeno, la quale si confonde con quella più
propriamente semiotica, allargando l'orizzonte testuale costituito dai film a una più ampia dimensione
intertestuale.
L'indagine che dobbiamo fare per analizzare i nostri personaggi è quella che riguarda il rapporto che lega
appunto attore, divo e personaggio: è propriamente questo rapporto a costituire uno dei nodi essenziali
della realtà del personaggio filmico.
L'attore contribuisce alla caratterizzazione del personaggio, fino ad esserne in un certo senso autore:
l'attore diventa quindi co-autore del suo personaggio. Il divo rispetto all'attore è un'immagine semiotica
definita che entra in dialettica e in co-fusione con la performance attoriale.
L'analisi del personaggio deve sempre articolarsi su tre piani: questi riguardano il piano della stria,
dell'intreccio e cioè l'insieme di azioni ed eventi di cui è protagonista e quindi il modo in cui l'attore
interpreta il suo ruolo.
Nel caso in cui l'attore sia un divo, si tratta anche di verificare come la storia e l'intreccio che lo riguardano
si pongano al macro-testo complessivo delle sue diverse e precedenti interpretazioni.
3. Il caso Marilyn:
Nata come tipica dumb blonde, Marilyn è un sex symbol dalle diverse connotazioni: il suo mito è anche
legato oggi a un'immagine biografica che la morte improvvisa e misteriosa rende letteraria e al contempo
simbolica.
Ciò che interessa è la persona divistica di Marilyn, così come questa è stata costruita dal mondo della
Hollywood classica, e che la vede come l'ultima vera star: il suo caso è l'esempio chiaro della creazione
industriale di un'immagine divistica.
I critici definiscono Grace Kelly come la compagna ideale, Marilyn come la compagna di giochi ideale:
questa immagine ha innalzato la diva a una posizione quasi allegorica di oggetto proibito e del desiderio.
Questa costruzione costituiva un esito obbligato delle esperienze di Marilyn precedenti al cinema, nelle
vesti di modella e ragazza osè.
L'immagine di Marilyn è sicuramente legata a questo abbinamento di sensualità dirompente e fragilità
innocente che costituisce l'ingrediente fondamentale del suo personaggio.
Lei ha spesso interpretato il ruolo di ballerina-cantante di musical o di saloon dove si mette in scena una
ragazza proprio come Marilyn.
4. QUANDO LA MOGLIE VA IN VACANZA, ovvero Marilyn e gli stimoli repressi del maschio maturo. Sue
origini e conseguenze:
Marilyn sembra essere la più perfetta espressione del binomio sesso/naturalezza o sesso/innocenza.
Il film di Wilder adatta allo schermo una pièce teatrale di Axelrod, il quale collabora alla sceneggiatura del
film.
I personaggi del film sono estremamente tipizzati, tanto da funzionare come simboli: il film è esplicitamente
un film sul cinema: infatti non solo questo viene rappresentato attraverso le tante citazioni
cinematografiche presenti, ma anche tutto il film allude, attraverso la storia della ragazza che del film non
ha nome "the girl", alla storia o carriera della stessa Marilyn.
Il film di Wilder ha come obiettivo quello di mettere a nudo i meccanismi dello star system: questo è molto
evidente per la presentazione e l'attorialità della stessa attrice sulla quale è incentrato il film. Egli manipola
le risorse dello star system per metterle in scena.
Il personaggio maschile, simbolo del perfetto americano medio, ma anche dello spettatore medio, che
nonostante abbia la possibilità di avere tra le mani the girl, alla fine decide di tornare da sua moglie.

- AUTORI A HOLLYWOOD. ORSON WELLS E QUARTO POTERE:


1. Il contesto. Norma ed eccezione: un iconoclasta a Hollywood:
Nel 1936 nasce la Screen Directors Guild (SDG), un'associazione di categoria il cui obiettivo è rivendicare
una maggiore autonomia dei registi: l'esigenza di autonomia non si poneva in alcun modo come ipotesi
alternativa all'estetica classica, ma semmai come ipotesi di discussione tutta interna al regime produttivo.
Martin Scorsese definisce l'esperienze di Wells: iniziata prepotentemente nel 1939 e inevitabilmente
destinata a interrompersi molto presto. La sua esigenza di autorialità e di individualità artistica si poneva in
antitesi con il sistema di produzione di Hollywood. Wells fu al centro di una grande questione
dell'autorialità, in quanto fu uno dei primi ai quali venne data la possibilità di autorialità dei suoi lavori:
questo grazie alla fiducia che gli venne data dalla casa produttrice che lo aveva ingaggiato, la RKO. L'opera
di Wells, da Quarto Potere, viene a nutrire una nuova concezione di cinema che vede la scrittura filmica la
possibilità di esprimere una poetica coerente e personale.
2. First Person Singular. Wells a Hollywood:
Wells fa il suo ingresso nel mondo di Hollywood dalla porta principale, grazie alla fama di enfant prodige:
egli si presenta al cinema di Hollywood forte di una sensazionale e polimorfa carriera teatrale e reduce dal
clamore e dal successo suscitato dalla Guerra Dei Mondi. L'esperienza radiofonica risulta essenziale nel suo
complesso anche dal punto di vista delle strategie narrative e drammatiche utilizzate: un'attenta analisi
dello stile radiofonico di Wells permette di considerare come un'analoga ricchezza e spessore rivesta la
colonna sonora di QUARTO POTERE.
Al momento della firma del contratto, quindi, è già non solo una figura pubblica, ma anche un artista con
una ricca e molteplice esperienza.
All'uscita del suo film, Quarto Potere, risulterà un successo per la critica e per gli addetti ai lavori, ma un
clamoroso insuccesso per il pubblico: il film infatti era decisamente al di sopra dell'età mentale del pubblico
medio.
Wells era una minaccia per Hollywood, una minaccia rivoluzionaria: una rivoluzione che riguarda la logica
produttiva, narrativa e linguistica della Hollywood classica, una rivoluzione destinata a lasciare grandi tracce
, a segnare e modificare la storia del cinema.
Con Quarto Potere Wells aveva inaugurato un modo nuovo di narrare che eccedeva da tutti i punti di vista,
tematico, dilatando la vicenda sul piano storico-realistico, morale, psicologico, drammaturgico.
3. Il film. Un labirinto senza centro:
Quarto potere è ancora un film eccessivo: non parliamo solo della sua originalità sul piano stilistico-
narrativo, ma ci riferiamo anche proprio a un eccesso di senso, una stratificazione e complessità semantica
che rendono qualsiasi percorso interpretativo un percorso possibile tra molti altri. Questo film assomiglia
all'attraversamento di un labirinto in cui tutte le strade e nessuna portano al centro.
Borges coglie, nella sua analisi, la tematica essenziale del film, la dimensione profonda e simbolica della
storia, la sua strutturazione.
4. Realismo storico e senso morale:
Quarto potere di Borges risulta un'opera essenzialmente allegorica, e l'analisi che ne viene proposta
rimuove totalmente la dimensione di realismo storico-sociale del film. Ma attraverso la vita del
protagonista Kane vengono inquadrati 50 anni di storia americana e l'approccio wellsiano mette a nudo la
contraddizione che mira all'ideologia del New Deal, per esempio nell'ambivalenza del Kane pubblico, da un
lato riformista autoritario, dall'altro capitalista aggressivo.
Altrettanto chiara è l'analisi del mondo della stampa e del sistema dei media: d'altronde il titolo in italiano
del film attiva propriamente questo percorso di lettura.
Se la vicenda personale del protagonista riassume 50 anni di storia americana, il passaggio dalla storia alla
Storia avviene anche attraverso la connotazione simbolica dei personaggi e degli accadimenti: la perdita
dell'infanzia, l'allontanamento da casa corrispondono anche al passaggio dall'America dell'età pura,
all'america del Wall Street. L'ossessione do potere politico e finanziario di Kane appare un'ossessione di
tipo nevrotico, legata a una mancanza, a una perdita.
Bazin giungie addirittura a cogliere nell'ossesione di Kane, l'ossessione di Wells: l'enfant prodige che è stato
è qualcuno che invecchia, che si allontana a grandi passi dalla sua infanzia.
All'interno del film si coglie anche l'ossessione per la vecchiaia: l'invecchiamento di Kane risulta tragico
quanto la perdita dell'infanzia, anche perchè i due termini conducono entrambi alla morte. Il tema della
morte è un altro dei temi morali del film: il film inizia all'insegna della morte. Il tema stesso del potere è
legato all'idea della corruzione fisica e morale, alla perdita dell'innocenza e quindi dell'infanzia,
dell'avvicinamento alla morte.
5. Da Conrad a Coleridge, Pollicino a Kubla Khan:
La duplicità è uno dei motivi centrali del film: a partire dalla stessa personalità di Kane. La duplicità è
ravvisabile anche nella struttura narrativa stessa del film nonchè nello stile di scrittura.
Il tema del doppio può anche funzionare come motivo-guida attraverso le molte reminiscenze e i molti
riferimenti culturali e letterari presenti nel film.
Wells passa da un viaggio profondo nella stato di cultura (potere politico, economico, finanaziario) a un
viaggio nello stato di natura..
Il film appare come un grande labirinto: nessuno dei riferimenti appena citati risulta essere centrale
all'interno del film.
L'allontanamento da casa di Kane si costituisce sullo schema soggiacente della fiaba: Kane è una sorta di
Pollicino che cerca, senza trovare se non alla fine, ma vanamente, la strada di casa: e la dimensione
fantastica e onirica del film richiama alla mente un altro esempio, questa volta lirico-poetico, il Kubla Kahn
di Coleridge e la descrizione onirica della sua Xanadu.
La scrittura del film è una scrittura che trova la sua coerenza in una soggettività marcatamente onirica o
allucinatoria.
6. La struttura narrativa e lo stile:
Inizialmente dobbiamo analizzare l'organizzazione dell'intreccio rispetto alla linearità cronologica naturale,
attuata in modo tale da accostare a una clamorosa frantumazione del tempo, nei diversi flashback ecc, una
molteplicità di punti di vista diegetici, cioè interni al mondo del film stesso.
Tale costruzione prevede un funzionamento testuale complesso:
- prologo
- un cinegiornale diegetizzato che funziona come film nel film
- l'avvio dell'inchiesta dopo il cinegiornale
- i diversi racconti visualizzati attraverso i flashback
- la fine dell'inchiesta, con un ritorno al sistema del prologo
Questo modello si pone già fortemente elaborato, lontano dalla chiarezza, continuità e fluidità del regime
classico.
La particolare struttura narrativa pone il problema del narratore, cioè della posizione dell'istanza narrante,
laddove questa spesso concede voce a narratori diegetici che moltiplicano i punti di vista.
è come se ciascun testimone della vita di Kane a turno dicesse la sua.
La svalorizzazione dei diversi narratori sembra invece rafforzare il ruolo del vero narratore, e cioè della vera
istanza narrante, il quale giunge ad affermate l'impossibilità di raggiungere l'interiorità di Kane.
Nell'affermazione di questo narratore assoluto che si beffa di tutti gli altri narratori esprime lo stile dello
stesso autore Wells: l'analisi del suo stile si concentra su due punti: il ricorso all'istinto alla ripresa in
profondità di campo e al piano in sequenza in antitesi al dècoupage classico. Questa rottura nei confronti
delle convenzioni tende a una co-fusione di immagini che si allontana da ogni qualsiasi naturalismo. Questo
continuo cambiamento, questo conflitto anche per quel che riguarda il piano del montaggio delle immagini,
rispecchia perfettamente il conflitto che vive Kane con se stesso. Dissolvenze incrociate, dissolvenze in
nero, tendine, stacchi netti definiscono incessantemente le caratteristiche di un flusso narrativo che nulla
certamente ha a che fare con il montaggio classico.
7. Il prologo:
L'enigma che pervade tutto il film e cioè quello della vita di un uomo è non solo destinato a non essere
risolto, ma soprattutto rimanda a una più generale crisi del soggetto: il film si pone come obiettivo quello di
raccontarci il soggetto attraverso la cultura, i prodotti culturali, le opere, l'arte. Il film diviene contenitore,
genere dei generi, racconto che racconta la sua narrazione.
Il personaggio e il mondo raccontato non solo non sono di fatto accessibili, ma forse sono del tutto
inesistenti, falsi.
Il prologo risulta determinante: è infatti dal prologo che il film inizia a demolire le configurazione classiche
del racconto. Si noti infatti l'importanza che questo inizio ha, in quanto è proprio dal prologo che viene fatta
dipendere la lettura globale del film.
Fin dal prologo il film sceglie la modalità lirico-romanzesca del racconto moderno, in cui la ricerca del
personaggio, del soggetto, coincide con la ricerca della forma.

- IL CINEMA D'ANIMAZIONE. WALT DISNEY E BIANCANEVE E I SETTE NANI:


1. Che co'è il cinema di animazione?
Con l'espressione cinema di animazione si indica ogni film che utilizzi la tecnica del passo uno: la macchina
da presa impressiona la pellicola un fotogramma per volta vengono modificati, così che in fase di proiezione
abbiamo la sensazione di movimento.
Più le modifiche sono piccole più l'impressione è quella di fluidità.
La forma maggiormente diffusa di cinema d'animazione è costituita dai disegni animati, detti anche
cartoons.
Letteralmente significa vignetta animata: le prime esperienze infatti sono fortemente legate al mondo del
comics.
Il primo cartoons si deve a Winsor McCay, Little Nemo.
L'animazione non è un genere, bensì una tecnica: sul piano quantitativo la forma più diffusa di cinema a
passo uno è il disegno animato, che appunto è rappresentato dai cartoon: accanto al disegno animato
troviamo altre tipologie di film d'animazione.
Una prima modalità di impiego dell'animazione è negli effetti speciali: una seconda modalità è
rappresentata dai titoli di testa: da ultimo bisogna citare le forme di tecnica miste, in cui gli attori
compaiono insieme a personaggi animati.
Nell'ambito musicale, il terreno di incontro tra i due mondi è spesso rappresentato da numeri di ballo:
infatti da un lato molti film di animazione adottano il modello del musical, dall'altro il musical
hollywoodiano abbonda di sequenze oniriche, per realizzare le quali il cinema di animazione offre grandi
possibilità.
2. Vita e morte del cartoon americano:
Il disegno animato americano nasce con Winsor McCay: questo opera con metodi artigianali. Dopo una
serie di successi, iniziano a sorgere i primi studios, che nn sono da pensare come i grandi studios di
Hollywood, bensì piccole case produttrici che modificano il metodo artigianale del creatore dei cartoons per
dedicarsi a un tipo di produzione più meccanica. Da una parte troviamo una équipe di animatori che
procede sotto la guida di un regista-prosuttore, dall'altra troviamo non cartoon autonomi, bensì a una sere
che hanno come protagonista lo stesso che passa da un episodio all'altro. La serie permette da un lato di
abbattere i tempi di produzione, dall'altra permette allo spettatore di familiarizzare con il personaggio
stesso.
C'è da dire però che l'animazione americana del periodo muto rimane comunque confinata ai margini del
mondo del cinema: con l'arrivo del sonoro si ha una grande occasione di crescita per il cinema di
animazione: anzi gli animatori furono i primi a interessarsi a questo fenomeno.
Con il sono l'animazione entra a pieno titolo all'interno dell'industria del cinema: alcune majors
costituiscono un loro animation department. Tra il 1929 e il 1956 Disney distribuisce i suoi film attraverso
alcune delle più grandi compagnie, per poi fondare una sua casa di distribuzione, la Buona Vista.
Per quanto il mondo dell'animazione americana possa essere in conflitto con le Majors, essa ne condivide la
parabola discendente, anzi fu una delle prime vittime dello smantellamento degli studios: negli anni 60
quasi tutti gli studios di animazione, fatta eccezione per la Disney, cessano di lavorare.
3. Walt Disney: dentro - e oltre - il cinema classico:
La Disney dal 1933-34 in avanti, si muove verso l'assimilazione delle regole del cinema classico: lo stile del
disegno si fa meno stilizzato, i fondali più complessi, i movimenti più fluidi.
Sul piano narrativo compaiono storie organizzate in maniera più coerente.
è soltanto oltrepassando i confini della forma breve che la Disney può confrontarsi con il cinema maggiore:
negli anni trenta la Disney si impone come la figura di maggior spicco all'interno dell'animazione americana
e le sue creazioni ottengono un enorme successo, ma rimangono pur sempre confinate al ghetto dei
cortometraggi. è solo con il superamento delle barriere temporali che la Disney riesce a competere con le
grandi Majors: il primo lungometraggio fu quello di BIANCANEVE E I SETTE NANI.
Per la prima volta la Disney usa il cartone per raccontare una storia così come la concepisce il cinema: era
quindi necessario creare dei personaggi con cui il pubblico si potesse identificare. Per questo si scelse di
dare a tutti tratti il più possibile umani: tradizionalmente gli eroi umani degli anni trenta avevano fattezze
grottesche.
Biancaneve, la regina, il principe e il cacciatore hanno tutti fattezze umane, soltanto i nani conservano un
aspetto un po' eccentrico.
Pur essendo molto comuni i nani all'interno dei cartoon, questi sono diversi in quanto sono personaggi a
tutto tondo, tanto che ognuno ha le proprie peculiarità, il proprio carattere.
Quello che ci interessa è il fatto che la Disney si sforzi in tutti i modi di adeguarsi alle regole del film a
soggetto: al di la del tratto stilistico per quel che riguarda suono e figure, il tratto che ci permette di
comprendere la volontà della casa è quello dell'uso dei movimenti di macchina e del montaggio: in questo
cartoon la Disney seziona lo spazio in base ai principi del montaggio analitico.
Ma nonostante la volontà della Disney di avvicinarsi più possibile al cinema del vero, è vero anche che
questa fa ricorso all'uso del musical, un genere abbastanza debole: infatti questo pur raccontando una
storia, continuamente la interrompe per lasciare spazio alla musica.
Come dicevamo gran parte dei cartoon americani contengono una forte ironia, sono pieni di gag satiriche e
comiche: la Disney invece opta per uno spettacolo per famiglie. Da qui la centralità delle fiabe.

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