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Hegel
Enciclopedia delle scienze filosofiche
trad. it. di Benedetto Croce
voll. 2. Bari, Laterza, 1967
BENEDETTO CROCE
(pp. V-VI)
§ 20. Se noi prendiamo il pensiero nel suo aspetto più prossimo, esso
appare α) anzitutto nel suo ordinario significato soggettivo, come una
delle attività o facoltà spirituali accanto ad altre, alla sensibilità,
all’intuizione, alla fantasia, ecc., all’appetizione, al volere, ecc. Il
prodotto di questa attività, il carattere o forma del pensiero, è
l’universale, l’astratto in genere. Il pensiero come attività è perciò
l’universale attivo, e propriamente quello che fa sé stesso, giacché il
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fatto, il prodotto, è appunto l’universale. Il pensiero, rappresentato
come soggetto, è il pensante; e la semplice espressione del soggetto e-
sistente come pensiero è l’Io.
(pp. 28-29)
§ 22. γ) Per mezzo della riflessione, qualcosa viene cangiato nel modo
in cui il contenuto è dapprima nella sensazione, intuizione e rappresen-
tazione; perciò, solo per mezzo di un cangiamento la vera natura
dell’oggetto perviene alla coscienza.
(p. 32)
Si può spesso sentir ripetere l’espressione: pensar da sé, quasi che con
essa si dicesse qualcosa d’importante. Nel fatto, nessuno può pensare, come non
può mangiare o bere, per un altro: quell’espressione è perciò un pleonasmo. –
Nel pensiero è immediatamente la libertà, perché esso è l’attività
dell’universale, e dunque un astratto riferirsi a sé stesso, un esser da sé
privo di determinazioni secondo la soggettività; il quale, secondo il contenu-
to, è insieme solo nella cosa e nei suoi caratteri. Quando perciò si parla di
umiltà o modestia, e di superbia, in relazione col filosofare, se la umiltà e
la modestia consiste nel non attribuire alla nostra soggettività niente di par-
ticolare come sua proprietà e sua opera, bisognerà assolvere la filosofia alme-
no dal peccato di superbia, perché il pensiero, riguardo al contenuto, solo in
tanto è vero, in quanto è profondato nella cosa, e riguardo alla forma, non è
un essere o fare particolare del soggetto, ma è appunto il contenersi della co-
scienza, come io astratto, libero da ogni particolarità di altre proprietà,
stati, ecc., e il suo operare solo quell’universale nel quale essa è identica
con tutti gl’individui. – Quando Aristotele esorta a serbar la dignità di que-
sto contegno (Metaphys., I, 2, 1); cfr. Eth., X, 7; cfr. Gesch. d. Phil., ²,
II, 280 sgg. [W]. Cfr. il Zus. 1 al § 19 della Grande Encicl.), la dignità, di
cui qui si parla e che la coscienza acquista, consiste proprio nell’escludere
ogni particolare sentimento e opinione, e lasciar agire in sé la cosa.
(pp. 32-33)
Questi tre aspetti non fanno già tre parti della logica, ma sono momenti
di ogni atto logico-reale, cioè di ogni concetto o di ogni verità in genere.
Essi possono essere posti tutti insieme sotto il primo momento,
l’intellettuale, e per questo mezzo tenuti separati tra loro; ma così non ven-
gono considerati nella loro verità.
(p. 86)
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§ 259. Le dimensioni del tempo, il presente, il futuro e il passato, so-
no il divenire come tale dell’esteriorità, e la risoluzione di quel di-
venire nelle differenze dell’essere, da un lato, che è trapasso in nul-
la, e del nulla, dall’altro, ch’è trapasso in essere. Lo sparire imme-
diato di queste differenze nella individualità è il presente, come ora
[questo istante] («als Jetzt», come l’ora, sostantivo avverbiale). Il
quale ora, essendo, come l’individualità, insieme esclusivo e affatto
continuo negli altri momenti, non è altro che questo trapasso del suo
essere in niente e del niente nel suo essere.
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§ 360. Il bisogno è qualcosa di determinato; e la sua determinatezza è
un momento del suo concetto universale, quantunque particolarizzato in
modo infinitamente vario. La spinta è l’attività, che nega la mancanza
di siffatta determinatezza, cioè la sua forma, che consiste nell’esser
anzitutto soltanto qualcosa di soggettivo.
(pp. 328-329)