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Marinetti, come traspare dal “Manifesto dei pittori futuristi”, ripudia tutto ciò
che è antico e passato, dice di voler chiudere i ponti col passato, e si professa
“sicuro della radiosa magnificenza del futuro”.
Il movimento pone tra i suoi obiettivi un totale rinnovamento delle arti e della
vita, in netta contrapposizione alla cultura tradizionale, considerando tale
mutamento indispensabile per supportare il progresso delle tecnologie che
costituisce, secondo questi artisti, il “segno distintivo” del nuovo secolo; per
questo i futuristi operano in diversi campi: letteratura, teatro, arte e architettura.
L’arte futurista
Agli inizi del Novecento lo Stato italiano stava subendo forti mutamenti, il
paese, sostanzialmente agricolo, si stava evolvendo andando a formare le
strutture di un’economia più modernamente europea. L’inurbamento e lo
sviluppo davano vita a diversi flussi migratori interni, stava nascendo il
proletariato cittadino. Ciò determinò il rifiuto dei valori borghesi considerati
meschini e spregevoli e l’affermazione del culto dell’eroismo e della forza, oltre
all’esaltazione del progresso e della tecnica che si trasformava in una
propaganda a favore della guerra. Oltre ai cambiamenti sociali, vi furono delle
importanti innovazioni tecnologiche e scientifiche, quali il telegrafo senza fili, la
radio, gli aeroplani (il primo spiccò il volo nel 1901 con a bordo i suoi creatori, i
fratelli Wright) e le prime cineprese; tutti fattori che arrivarono a cambiare
completamente la percezione delle distanze e del tempo, "avvicinando" fra loro i
continenti.
I maggiori esponenti
Umberto Boccioni
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aiutarlo a sviluppare quell’apertura mentale che renderà
rivoluzionaria la sua ricerca artistica. All’inizio del
Novecento conosce Gino Severini, con il quale frequenta
lo studio di Giacomo Balla a Roma. Dopo aver
conosciuto Marinetti si avvicinerà al movimento e nel
1910 scriverà con Carlo Carrà e Luigi Russolo il
“Movimento dei pittori futuristi”. Allo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, è favorevole all’entrata
dell’Italia in guerra, e si arruola volontariamente, muore
nel 1916 a causa di una caduta da cavallo.
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Carrà offre una declinazione differente della
poetica futurista. Nelle sue opere lo spazio
viene scandito da ritmi lineari accentuati e lo
spettatore viene proiettato dentro l’azione, un
esempio è “I Funerali dell’anarchico Angelo
Galli”.
Giacomo Balla
Nel 1903, conosce alla Scuola libera del nudo Umberto Boccioni e Gino
Severini. Nasce un legame tra lui e Boccioni che li condurrà verso strade diverse
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di ricerca sulla via futurista. Quando nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti
pubblica il primo Manifesto futurista, si unisce al movimento. Successivamente
pubblica il "Manifesto del colore", dove analizza il ruolo del colore nella pittura
d’avanguardia. Nel 1937 attraverso una lettera al giornale “Perseo” si allontana
dal movimento.
Gino Severini
Gino Severini, pittore italiano del primo Novecento, nasce a Cortona. Sempre in
cerca di nuovi stimoli, Severini non si è mai omologato ad uno stile definito ma
ha interpretato i movimenti e le avanguardie, che nascevano in quegli anni, da
una prospettiva assolutamente personale.
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e movimento, un’altra fonte di ispirazione per le sue tele: la danza. Oltre quattro
quinti della sua produzione infatti sono basati su questo tema. Il pittore infatti
considerava le movenze di una ballerina uno specchio del movimento
universale. È di questi anni uno dei suoi
dipinti più famosi: “La danza del pan pan al
Monico” (immagine a lato). L’opera
realizzata nel 1909 verrà distrutta durante la
Seconda Guerra Mondiale, così l’artista ne
realizzerà una replica nel 1960. L’effetto del
quadro, dato dalla scomposizione in tasselli
colorati, rende l’idea di movimento e
modernità in un clima di spensieratezza che
rievoca l’atmosfera dei locali parigini
frequentati dall’artista nei suoi anni parigini.
Luigi Russolo
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I suoi manifesti ed il volume “L'arte dei rumori”, uniti all'invenzione degli
"Intonarumori", strumenti capaci di generare un rumore modulato in altezza,
percorrono tutta l'esperienza della musique concrète e della musica elettronica.
Russolo inventò tra l'altro l'arco enarmonico e il piano enarmonico, ma
soprattutto il rumonarmonio, che riuniva vari intonarumori insieme, pilotati da
tastiere e pedaliere simili ad armonium.
Durante gli ultimi anni della sua vita si dedicò ad esperimenti di metapsichica.
Riprese a dipingere nel 1941-42, in uno stile vagamente naïf che egli stesso
definì "classico moderno".
Sant’Elia
Antonio Sant'Elia nasce a Como. Scopre sin da quando era bambino una
predisposizione naturale all'architettura e al disegno. Dopo aver completato gli
studi tecnici frequenta la scuola di Arti e Mestieri “G. Castellini”, per poi
trovare subito impiego tra gli addetti al completamento del Canale Villoresi a
Milano, a questo incarico ne seguirono altri di altrettanto prestigio.
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Frequenta anche l'Accademia di Brera nel corso comune di Architettura. Lì oltre
a subire l'influenza dell'insegnante di prospettiva Angelo Cattaneo, diviene
amico dello scultore Girolamo Fontana e di Carlo Carrà. Frequentando ambienti
culturali come il Caffè Cova e il Caffè Campari, incontra Umberto Boccioni.
Dopo la rinuncia allo studio di Brera, inizia per Sant'Elia un fruttuoso periodo di
concorsi.
Nel maggio del 1915 l'Italia decide il proprio intervento nel conflitto mondiale e
Sant'Elia, condividendo le idee degli altri esponenti futuristi, si arruola come
volontario. Fece parte della Brigata "Arezzo" sul fronte vicentino, per poi essere
trasferito sul fronte carsico. Fu incaricato della costruzione
di un cimitero per i caduti italiani della Brigata Arezzo, con
tombe disposte in fila e allineate secondo la gerarchia
militare, nello stesso anno (1916) Sant'Elia guidò un assalto
ad una trincea nemica proprio nei pressi di questa quota.
Durante l'azione, venne colpito mortalmente alla testa da
una pallottola di mitragliatrice. Inizialmente verrà
seppellito nel cimitero da lui stesso progettato ed ancora in
corso di realizzazione (studio del progetto sulla destra).
Sino a pochissimi anni prima Sant’Elia tracciava profili
svettanti e veloci di grattacieli, centrali idroelettriche, aeroporti e fabbriche,
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sognando una metropoli vertiginosa. In questo cimitero il giovane
architetto-soldato concepisce invece un’architettura raccolta e meditativa,
tutt’altro che futurista, questo è un chiaro segno di una maturazione spirituale,
causata dallo scontro armato.
“PROCLAMO:
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quei surrogati del legno, della pietra e del mattone che permettono di
ottenere il massimo della elasticità e della leggerezza;
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e l’Arte dei rumori, e pel quale lottiamo senza tregua contro la
vigliaccheria passatista.”
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