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Guy De Maupassant FORTE COME LA MORTE

PARTE PRIMA

I Il giorno penetrava nel vasto studio attraverso il lucernario aperto nel soffitto. Era un gran quadrato di luce splendente e cerulea, un foro limpido su un infinito distante, azzurro nel quale sfrecciavano stormi di uccelli. Ma, appena entrato nell'alta stanza, severa e tappezzata di stoffa, il festoso bagliore del cielo si attenuava, si addolciva, si assopiva sulle stoffe, andava a spegnersi sulle tende, rischiarava appena gli angoli scuri dove soltanto le cornici dorate si accendevano come tanti fuochi. Quiete e sonno sembravano imprigionati l dentro, quella quiete tipica delle case degli artisti, in cui l'anima umana ha lavorato. Fra quelle pareti dove il pensiero dimora, pulsa, si esaurisce in sforzi violenti, sembra che tutto sia stanco, sfibrato appena il pensiero si placa. Tutto sembra morto, dopo quegli accessi di vita, e tutto riposa: mobili, stoffe, le grandi figure incompiute sulle tele, quasi che la casa intera abbia sofferto della fatica del padrone, si sia tormentata con lui, partecipando tutti i giorni alla sua lotta senza fine. Un vago odore soporifero di colori, trementina e tabacco aleggiava, trattenuto dai tappeti e dalle poltrone; e nessun altro rumore turbava il pesante silenzio ad eccezione del garrire breve e vivace delle rondini che passavano sulla vetrata aperta, e del prolungato brusio di Parigi che si udiva appena al di sopra dei tetti. Nulla si muoveva, fuorch un discontinuo piccolo sbuffo di fumo che, come una nuvola si alzava verso il soffitto ad ogni boccata della sigaretta che Olivier Bertin, steso sul divano, soffiava lentamente. Con lo sguardo perso nel cielo lontano, cercava il soggetto per un nuovo quadro. Cosa avrebbe potuto fare? Ancora non lo sapeva. Egli non era, d'altronde, un artista risoluto e sicuro di s, ma un inquieto, dall'ispirazione indecisa che lo faceva continuamente esitare fra tutte le tendenze dell'arte. Ricco, famoso, aveva conquistato tutti gli onori, ma rimaneva, verso la fine della sua vita, un uomo che ancora non sapeva con precisione verso quale ideale aveva proceduto. Aveva ricevuto il premio di Roma, difensore delle tradizioni, aveva rievocato, sulla scia di tanti altri, i grandi avvenimenti storici; poi, modernizzando le proprie inclinazioni, aveva dipinto uomini vivi, fra ricordi classici. Intelligente, entusiasta, lavoratore costante dalle visioni mutevoli, innamorato della propria arte che conosceva alla perfezione, aveva acquisito, grazie all'eccezionalit del suo spirito, notevoli qualit di esecuzione, e una grande duttilit di talento, nata in parte dalle esitazioni e dai suoi tentativi in tutti i generi. Forse anche l'entusiasmo improvviso della societ per le sue opere eleganti, raffinate e corrette, aveva influenzato il suo carattere impedendogli di essere quello che sarebbe normalmente divenuto. Dopo il trionfo iniziale, era sempre turbato dal desiderio di piacere che, senza rendersene conto, modificava segretamente la sua strada, attenuava le sue convinzioni. Questo desiderio di piacere appariva, d'altronde, in lui sotto tutte le forme, e aveva molto contribuito alla sua gloria. Il suo piacevole modo di fare, tutte le consuetudini della sua vita, la cura della propria persona, l'annosa reputazione di forza e abilit, di spadaccino e di cavaliere, avevano formato un corteo di piccole notoriet alla sua celebrit crescente. Dopo Cleopatra, la prima tela che lo aveva reso famoso, Parigi si era improvvisamente innamorata di lui, lo aveva adottato, festeggiato ed era subito divenuto uno di quei brillanti artisti mondani che si incontrano al Bois, i salotti si contendono e l'Accademia accoglie giovanissimi. Egli vi era entrato da conquistatore, con l'approvazione dell'intera citt.

La fortuna l'aveva guidato cos fino alle soglie della vecchiaia, viziandolo e accarezzandolo. Dunque, sotto l'influenza della bella giornata, che sentiva sbocciare fuori, era alla ricerca di un soggetto poetico. Leggermente intorpidito dalla sigaretta e dalla colazione, fantasticava, lo sguardo perso, tracciando rapidi schizzi di figure nell'azzurro: graziose donne in un viale del Bois o sul marciapiede di una via, innamorati su una riva, tutte le fantasie galanti in cui si compiaceva il suo pensiero. Le immagini mutevoli si disegnavano sul cielo, indefinite e mobili nella colorata allucinazione del suo occhio; e le rondini che rigavano lo spazio con un volo incessante di frecce lanciate, sembravano volerle cancellare, come con tratti di penna. Non trovava nulla! Tutte le figure intraviste rassomigliavano a cose gi fatte, tutte le donne apparse, erano figlie o sorelle di quelle che il suo capriccio di artista aveva gi creato; e il timore ancora confuso, che da un anno lo ossessionava, di essersi esaurito, di avere realizzato tutti i suoi soggetti, di essersi inaridita la sua ispirazione, si andava delineando davanti a quella rassegna della sua produzione, davanti a quell'impotenza di immaginare cose nuove, di scoprire l'ignoto. Si alz mollemente per cercare nelle cartelle, fra i progetti abbandonati, qualche cosa che potesse destare in lui una idea. Sempre fumando, si mise a sfogliare gli schizzi, i disegni, i bozzetti conservati chiusi in un grande armadio antico; poi, amareggiato per quelle vane ricerche, abbattuto e depresso, gett la sigaretta, fischiett un'aria popolare, e, abbassandosi, raccolse sotto una sedia un pesante manubrio che ivi giaceva. Rialzato con l'altra mano un drappeggio che celava lo specchio che gli serviva per controllare la esattezza delle pose, verificare le prospettive, provare la verit, e postosi di fronte, guardandosi, inizi ad esercitarsi. Era stato famoso tra gli artisti per la sua forza, poi in societ per la sua bellezza. Ora l'et cominciava a pesare su di lui, appesantendolo. Alto, spalle larghe, ampio torace, aveva messo un po' di pancia, come un vecchio lottatore, nonostante continuasse a tirare di scherma tutti i giorni e a montare a cavallo con assiduit. La testa era rimasta notevole e bella come un tempo, anche se in modo diverso. I capelli bianchi, folti e corti, ravvivavano l'occhio nero, sotto le folte sopracciglia grigie. I baffi forti, baffi da vecchio soldato, erano rimasti quasi neri, e davano al suo volto un sorprendente carattere di energia e fierezza. In piedi davanti allo specchio, talloni congiunti e corpo eretto faceva descrivere alle due palle di ghisa, tutti i movimenti prescritti con la estremit del braccio muscoloso, di cui seguiva con sguardo compiacente lo sforzo tranquillo e possente. Ma improvvisamente, in fondo allo specchio dove era riflesso tutto lo studio, vide muovere una tenda, poi apparire una testa femminile, solo una testa che guardava. Una voce, dietro a lui, domand: Ci siete? Egli rispose: Presente, voltandosi. Poi gettando sul tappeto il manubrio, corse verso la porta con agilit un poco forzata. Una donna in abito chiaro entr. Quando si furono stretti la mano: Stavate facendo degli esercizi, ella disse. S, rispose. Facevo il pavone e mi sono lasciato sorprendere. Ella rise, e riprese: La portineria era vuota e poich so che siete sempre solo a quest'ora, sono entrata senza farmi annunciare. Egli la guardava. Perbacco! Come siete bella. Che eleganza! S, ho un abito nuovo. Lo trovate grazioso? Incantevole, di grande armonia. Ah! decisamente oggi non manca il senso delle tonalit. Egli le girava attorno, toccava la stoffa, modificava con la punta delle dita la disposizione delle pieghe, da uomo che conosce gli abiti come un sarto, avendo adoperato sempre il suo pensiero d'artista e i suoi muscoli d'atleta per raccontare, con la sottile barba dei pennelli, le mode mutevoli e raffinate, per rivelare la grazia femminile rinchiusa e imprigionata nelle armature di velluto e di seta, o sotto il candore dei pizzi. Fin per dichiarare: veramente riuscito. Vi sta benissimo.

Lei si lasciava ammirare, contenta di essere bella e piacergli. Non pi giovanissima, ma ancora bella, non molto alta, leggermente appesantita, ma fresca, con quello splendore che d alla carne di quarant'anni un sapore di maturit, sembrava una di quelle rose che rimangono schiuse per troppo tempo, finch eccessivamente fiorite avvizziscono in un'ora. Conservava sotto i capelli biondi la grazia vivace e giovanile di quelle parigine che non invecchiano, che hanno in s una sorprendente forza vitale, una scorta inesauribile di resistenza, e che per vent'anni restano uguali, indistruttibili e trionfanti, attente prima di tutto al loro corpo ed econome della loro salute. Alz il velo e mormor: Ebbene, non mi baciate? Ho fumato, lui disse. Ella fece: Puah! Poi porgendo le labbra: Tanto peggio. E le bocche s'incontrarono. Le tolse l'ombrello e la giacchetta primaverile, con movimenti rapidi e sicuri, avvezzi a quella consueta operazione. Poi, mentre lei sedeva sul divano, domand con interesse: Vostro marito sta bene? Benissimo, anzi deve parlare alla Camera proprio ora. Ah! e su che? Certo sulle barbabietole o sugli olii di colza, come sempre. Il marito, il conte di Guilleroy, deputato dell'Eure, era uno specialista di problemi agricoli. Ma, avendo scorto in un angolo uno schizzo che non aveva mai visto, ella attravers lo studio e domand: Cos' questo? Un pastello appena iniziato, il ritratto della principessa di Pontve. Sapete, ella disse con aria grave, che, se ricominciate a fare ritratti di donna, io chiuder il vostro studio. So benissimo dove porta un simile lavoro. Oh! egli disse, non si fa due volte un ritratto di Any. Lo spero bene. Esamin il pastello incominciato da buona intenditrice d'arte. Si allontan, si riavvicin, con la mano si ripar dalla luce, cerc il punto nel quale lo schizzo fosse meglio illuminato, poi si dichiar soddisfatta. ottimo. Voi riuscite perfettamente nei pastelli. Egli mormor, lusingato: Trovate? S, un'arte delicata, in cui occorre molto garbo. Non fatta per i pittori grossolani. Da dodici anni ella appoggiava la tendenza di lui per l'arte raffinata, combatteva i suoi ritorni alla semplice realt, e con considerazioni di eleganza mondana, lo spingeva con tenerezza verso un ideale di grazia, un poco manierata e artificiale. Domand: Com' la principessa? Dovette darle mille particolari di ogni tipo, quei particolari minuziosi in cui si compiace la curiosit gelosa e sottile delle donne, passando dalle osservazioni sull'abbigliamento alle considerazioni sullo spirito. E improvvisamente: Si comporta da civetta con voi? Egli rise, e giur di no. Allora, posando le due mani sulle spalle del pittore, lo guard fissamente. L'ardore della domanda faceva fremere la pupilla rotonda in mezzo all'iride azzurra, macchiata d'impercettibili punti neri, come schizzi d'inchiostro. Di nuovo mormor: Davvero non civetta? Oh! davvero! Ella aggiunse: D'altronde, sono tranquilla. Voi non amerete che me ora. finita, finita per le altre. troppo tardi, mio povero amico. Egli fu sfiorato da quel leggero fremito penoso che tocca il cuore degli uomini maturi, quando si parla della loro et, e mormor:

Oggi, domani, come ieri, non c' stata e non ci sar nessuna altra che voi nella mia vita, Any. Allora presogli il braccio e, tornando verso il divano, lo fece sedere accanto a s. A che pensavate? Cerco il soggetto per un quadro. E quale? Non lo so, dato che lo cerco. Che cosa avete fatto in questi giorni? Le dovette raccontare tutte le visite che aveva ricevuto, i pranzi, le serate, le conversazioni e i pettegolezzi. Entrambi erano interessati, d'altronde, a tutte quelle cose futili e consuete della vita mondana. Le piccole rivalit, le relazioni conosciute o sospettate, i giudizi scontati, mille volte ripetuti, mille volte ascoltati sulle stesse persone, gli stessi avvenimenti e le stesse opinioni, trascinavano e immergevano i loro spiriti in quel fiume torbido e agitato che si chiama la vita parigina. Conoscendo tutti dovunque, lui come artista davanti al quale tutte le porte erano aperte, lei come moglie elegante di un deputato conservatore, erano esercitati nello sport della conversazione francese fine e banale, amabilmente malevola, inutilmente spiritosa, volgarmente raffinata, che d una reputazione particolare e invidiatissima a coloro la cui lingua si assottigliata in quel cicaleccio maldicente. Quando venite a pranzo? lei domand ad un tratto. Quando vorrete. Dite voi il giorno. Venerd. Ci saranno la duchessa di Mortemain, i Corbelle e Musadieu, per festeggiare il ritorno di mia figlia che arriva questa sera. Ma non ditelo, un segreto. Oh! certo che accetto! Sar felice di rivedere Annette. Non la vedo da tre anni. vero, da tre anni. Cresciuta prima a Parigi presso i genitori, Annette era diventata l'ultimo affetto di sua nonna, la signora Paradin, che, quasi cieca, abitava tutto l'anno nella propriet del genero, il castello di Roncires, nell'Eure. A poco a poco, l'anziana donna aveva tenuto la bambina sempre pi con s, e, siccome i Guilleroy passavano quasi met del loro tempo in quella tenuta, dove erano continuamente richiamati da interessi di ogni genere, agricoli ed elettorali, avevano finito per condurre a Parigi solo di quando in quando la bambina, la quale, d'altronde, preferiva la vita libera e attiva della campagna a quella rinchiusa della citt. In tre anni, anzi, vi era andata una sola volta, poich la contessa preferiva tenerla del tutto lontana per non farle scoprire un piacere nuovo prima del giorno fissato per la sua presentazione in societ. La signora di Guilleroy l'aveva affidata laggi a due istitutrici diplomate e aumentava le sue visite alla madre e alla figlia. Il soggiorno di Annette al castello era, d'altra parte, reso quasi necessario dalla presenza della vecchia donna. Un tempo, Olivier Bertin andava ogni estate a passare sei settimane o due mesi a Roncires; ma da tre anni i reumatismi lo avevano costretto a recarsi in lontane citt termali, le quali avevano talmente ravvivato il suo amore per Parigi, che, rientrandovi, non poteva pi lasciarla. La fanciulla, in principio, non avrebbe dovuto ritornare che in autunno, ma suo padre aveva improvvisamente concepito un progetto matrimoniale per lei, e l'aveva richiamata affinch incontrasse immediatamente colui che le destinava come fidanzato, il marchese di Farandal. Questa combinazione per era tenuta segretissima, e unicamente Olivier Bertin ne era al corrente tramite la signora di Guilleroy. Dunque egli domand: Ma l'idea di vostro marito definitiva? S, e la credo anche felicissima. Poi, parlarono d'altro. Lei ritorn alla pittura, e volle persuaderlo a dipingere un Cristo. Egli si oppose, poich pensava che ce ne fossero gi troppi nel mondo; ma lei con ostinazione insisteva spazientendosi. Oh! se sapessi disegnare vi mostrerei il mio pensiero; sarebbe nuovissimo e arditissimo. Il Cristo viene deposto dalla croce, e l'uomo che ha staccato le

mani, lascia cadere la parte superiore del corpo. Egli cade, e si abbatte sulla folla che alza le braccia per riceverlo e sostenerlo. Capite? S, egli capiva; trovava anche la concezione originale, ma si sentiva in vena di modernit, e siccome l'amica, distesa sul divano, faceva oscillare un piede calzato in una elegante scarpa, dando all'occhio la sensazione della carne attraverso la calza quasi trasparente esclam: Guardate, ecco quel che si deve dipingere, ecco la vita: un piede di donna che spunta da sotto un abito! Ci si pu mettere tutto, verit, desiderio, poesia. Che c' di pi grazioso, di pi attraente di un piede di donna; inoltre quale mistero: la gamba nascosta, perduta e indovinata sotto questa stoffa! Sedendosi per terra alla turca, afferr la scarpa e la lev; e il piede, uscito dalla guaina di cuoio, si agit come una bestiolina, irrequieta, sorpresa di essere lasciata libera. Bertin ripeteva: Come sottile e elegante, e nello stesso tempo materiale, pi materiale della mano. Mostratemi la mano, Any. Portava dei guanti lunghi fino al gomito. Per toglierne uno lo prese all'orlo in alto e rapidamente lo fece scivolare proprio come quando si strappa la pelle di un serpente. Apparve il braccio bianco, pieno, rotondo, cos presto svestito da dare l'idea di una nudit completa e audace. Allora, ella stese la mano, lasciandola pendere all'estremit del polso. Gli anelli brillavano sulle bianche dita, e le unghie rosa, molto affusolate sembravano amorosi artigli comparsi sulla punta di quella aggraziata zampa femminile. Olivier Bertin, dolcemente, l'accarezzava, ammirandola. Faceva muovere le dita come giocattoli di carne, e diceva: Che cosa curiosa! Che cosa curiosa! Che delicato piccolo membro, intelligente, agile, che eseguisce tutto ci che si vuole, libri, pizzi, case, piramidi, locomotive, pasticcini o carezze, che sono ancora la loro migliore attivit. Le toglieva gli anelli uno ad uno, e poich la fede, un filo d'oro, a sua volta cadde, egli mormor sorridendo: La legge! Inchiniamoci. Sciocco, ella disse un poco impermalita. Egli aveva sempre avuto uno spirito beffardo, quella tendenza francese che mescola un'apparenza d'ironia con i sentimenti pi seri, e spesso la rattristava senza volerlo, senza saper afferrare le distinzioni sottili dell'animo femminile, e discernere i limiti dei compartimenti sacri, come egli diceva. Si stizzva specialmente ogni volta che lui parlava con una sfumatura di scherzo familiare della loro relazione cos lunga che egli affermava essere il pi bell'esempio d'amore del secolo XIX. Dopo un breve silenzio domand: Condurrete, Annette e me all'inaugurazione? Lo credo bene. Allora lo interrog sulle migliori tele del prossimo Salon, la cui apertura doveva avere luogo tra quindici giorni. Ma improvvisamente ricordandosi forse di una commissione dimenticata: Andiamo, datemi la scarpa. Me ne vado. Egli giocava, meditabondo, con la leggera calzatura, voltandola, rivoltandola, tra le mani distratte. Si chin, baci il piede che sembrava fluttuare tra l'abito e il tappeto, e che non si muoveva pi, un poco raffreddato dall'aria, poi lo calz, e la signora di Guilleroy, alzatasi, and verso il tavolo su cui giacevano alla rinfusa carte, lettere aperte, vecchie e recenti, vicino ad un calamaio da pittore, in cui il vecchio inchiostro si era seccato. Guardava con curiosit, toccava i fogli, li sollevava per guardare sotto. Egli avvicinandosi disse: State guardando il mio disordine. Senza rispondere, gli domand: Chi questo signore che vuole comprare le Bagnanti? Un americano che non conosco. Vi siete messo d'accordo per la Cantante di strada? S. Diecimila. Avete fatto bene. una tela graziosa, ma non eccezionale. Addio caro. E porse la guancia, che egli sfior con un tranquillo bacio, poi spar dietro la tenda dopo avere detto a mezza voce:

Venerd, alle otto. Non voglio assolutamente che mi accompagniate. Lo sapete bene. Addio. Appena uscita, si accese prima di tutto una sigaretta, poi si rimise a camminare lentamente per lo studio. Tutto il passato di quella relazione si svolgeva dinanzi a lui. Ricordava lontani particolari scomparsi, li ricercava unendoli uno all'altro, interessandosi cos, da solo, a quella caccia ai ricordi. Era il momento in cui era sorto come un astro sull'orizzonte della Parigi artistica, quando i pittori si erano accaparrati tutto il favore del pubblico, e popolavano un quartiere di palazzi magnifici guadagnati con pochi tocchi di pennello. Bertin, dopo il ritorno da Roma nel 1864, aveva vissuto alcuni anni senza successo e senza fama; poi, improvvisamente, nel 1868, espose Cleopatra, e in pochi giorni venne portato alle stelle dalla critica e dal pubblico. Nel 1872, terminata la guerra, dopo che la morte di Henry Regnault ebbe dato a tutti i suoi confratelli una specie di piedistallo di gloria, una Giocasta, soggetto spinto, classific Bertin fra gli audaci, bench il risultato, prudentemente originale, lo facesse apprezzare anche dagli accademici. Nel 1873, una prima medaglia lo mise fuori concorso per la Ebrea di Algeri, dipinta di ritorno da un viaggio in Africa; e un ritratto della principessa di Salia nel 1874 lo fece considerare nella societ elegante il primo ritrattista dell'epoca. Da quel giorno, divenne il pittore preferito della parigina e delle parigine, l'interprete pi accorto e pi abile della loro grazia, delle loro forme, del loro carattere. In pochi mesi tutte le donne in vista di Parigi sollecitarono il favore di essere ritratte da lui. Egli si mostr difficile, e si fece pagare carissimo. Ora, poich era alla moda, e faceva visite, come un autentico uomo di mondo, not un giorno, in casa della duchessa di Mortemain, una giovane donna in lutto stretto, che usciva proprio mentre lui entrava, questo incontro su una porta l'abbagli come una leggiadra visione di grazia ed eleganza. Avendo domandato il suo nome, apprese che era la contessa di Guilleroy, moglie di un signorotto normanno, agronomo e deputato, che portava il lutto per il suocero, che era spiritosa, ammiratissima e ricercata. Ancora turbato da quella apparizione, che aveva sedotto il suo occhio di artista, egli disse: Ah! ecco una donna cui farei volentieri il ritratto. La frase fu ripetuta l'indomani alla giovane donna, ed egli ricevette la stessa sera un biglietto azzurro, leggermente profumato, con una calligrafia regolare e fine, che saliva da sinistra a destra e che diceva: Signore, La duchessa di Mortemain esce da casa mia e mi ha assicurato che sareste disposto a fare, con il mio povero viso, uno dei vostri capolavori. Ve lo affiderei ben volentieri, se fossi certa che non avete detto quelle parole a caso, e che vedete in me qualcosa che possa essere riprodotto ed idealizzato da voi. Vogliate credere, signore, alla mia pi distinta considerazione. Anne di Guilleroy Egli rispose, chiedendo quando avrebbe potuto presentarsi a casa della contessa, e fu molto semplicemente invitato a colazione il luned seguente. La contessa abitava al primo piano, in boulevard Malesherbes, in una grande e lussuosa casa moderna. Attraversato un vasto salotto tappezzato di seta azzurra, dalle cornici di legno bianco e oro, il pittore venne introdotto in una specie di salottino con tappezzerie del secolo passato, chiare e civettuole, quelle tappezzerie alla Watteau, dalle sfumature tenere, dai soggetti graziosi, che sembrano fatte, disegnate ed eseguite da artigiani innamorati. Si era appena seduto quando apparve la contessa. Camminava con una tale leggerezza che non l'aveva neppure sentita attraversare la stanza vicina, e fu sorpreso scorgendola. Ella gli tese la mano, in maniera familiare. Dunque, proprio vero, ella disse, che volete fare il mio ritratto? Ne sarei felicissimo, signora. L'abito nero e stretto la faceva apparire sottilissima, e le dava un'aria molto giovanile, un'aria tuttavia grave, smentita dalla testa sorridente, tutta

illuminata dai capelli biondi. Entr il conte, tenendo per mano una bambina di sei anni. La signora di Guilleroy present: Mio marito. Era un uomo piccolo, senza baffi, dalle guance incavate, ombreggiate, sotto la pelle dalla barba rasata. Assomigliava abbastanza a un prete o a un attore, con i capelli lunghi rovesciati indietro, maniere cortesi, e attorno alla bocca due grandi pieghe circolari, che scendevano dalle guance al mento, e si sarebbero dette effetto dell'abitudine di parlare in pubblico. Ringrazi il pittore con un'abbondanza di frasi che rivelavano l'oratore. Da molto tempo, voleva far fare il ritratto alla moglie, e senz'altro avrebbe scelto Olivier Bertin, se non avesse temuto un rifiuto, poich sapeva bene quanto egli fosse assediato di richieste. Fu dunque convenuto, con molti complimenti da entrambe le parti, che il conte avrebbe condotto l'indomani la contessa allo studio. Si domandava tuttavia, per il lutto stretto che ella portava, se non fosse meglio attendere; ma il pittore dichiar che voleva rendere la prima impressione ricevuta, quel notevole contrasto tra la testa, cos piena di vita, cos delicata e luminosa sotto la chioma dorata, e la nera austerit dell'abito. Ella and dunque il giorno dopo con il marito, e i giorni seguenti con la figlia, che veniva fatta sedere davanti ad un tavolo pieno di libri illustrati. Olivier Bertin, secondo il solito, si mostrava molto riservato. Le donne dell'alta societ lo preoccupavano alquanto, poich non le conosceva assolutamente. Le supponeva ad un tempo astute e ingenue, ipocrite e pericolose, futili e piene di intrighi. Aveva avuto con donne del demi-monde rapide avventure, dovute alla sua fama, al suo spirito divertente, alla sua elegante corporatura di atleta, al suo viso bruno e volitivo. Le preferiva dunque, e amava la loro libert di modi e di discorsi, era abituato ai costumi facili, spassosi e piacevoli, degli studi d'artisti e dei camerini che frequentava. Egli andava in societ per la gloria non per il sentimento, vi si compiaceva per vanit, perch riceveva complimenti e ordinazioni, e si pavoneggiava davanti alle belle dame, che lo adulavano, senza mai corteggiarle. Non permettendosi con loro scherzi audaci e parole pesanti, le giudicava bigotte, e passava per un uomo di buone maniere. Tutte le volte che una signora era andata a posare nel suo studio, aveva sentito, malgrado i tentativi che essa faceva per piacergli, quella diversit di razza che impedisce di confondere, per quanto si mescolino, gli artisti e le persone dell'alta societ. Dietro ai sorrisi e all'ammirazione, che nelle donne sempre un poco menzognera, egli indovinava l'ignorante pregiudizio di chi si giudica di natura superiore. Ne risultava in lui un piccolo guizzo d'orgoglio, modi pi rispettosi, quasi alteri, e, insieme ad una vanit dissimulata da parvenu trattato come pari da principi e principesse, la fierezza dell'uomo che deve alla propria intelligenza una situazione analoga a quella data agli altri dalla nascita. Si diceva di lui, con leggera sorpresa: proprio bene educato! Quello stupore, mentre lo lusingava, nello stesso tempo lo feriva, poich indicava l'esistenza di confini sociali. La gravit voluta e cerimoniosa del pittore imbarazzava alquanto la signora di Guilleroy, che non trovava nulla da dire a quell'uomo cos freddo, ritenuto invece cos spiritoso. Dopo aver sistemato la bambina, ella andava a sedersi su una poltrona vicino al disegno cominciato, e si sforzava, secondo quanto raccomandava l'artista, di darsi un'espressione. Verso la met della quarta seduta, ad un tratto, egli smise di dipingere, e domand: Cosa vi diverte di pi nella vita? Ella rimase imbarazzata. Ma, non so! Perch questa domanda? Mi occorre un lampo allegro in quegli occhi, e non l'ho ancora visto. Ebbene, cercate di farmi parlare; amo molto discorrere. Siete allegra? Allegrissima. Discorriamo, dunque, signora. Egli aveva pronunciato queste parole con grande gravit; poi, rimettendosi a dipingere, prov qualche argomento, cercando un punto in comune. Cominciarono con lo scambiarsi osservazioni sulle persone che conoscevano;

poi, parlarono di loro stessi, decisamente il pi gradevole e il pi interessante degli argomenti. Ritrovandosi il giorno seguente, si sentirono meno in soggezione, e Bertin, vedendosi apprezzato, si mise a raccontare particolari della sua vita d'artista, con quel suo singolare spirito pieno di fantasia. Abituata allo spirito compassato dei letterati da salotto, ella fu sorpresa da quella vivacit insolita che diceva le cose francamente, ironizzandole, pertanto replic nel medesimo tono, con garbo sottile e audace. In otto giorni lo conquist affascinandolo con il suo buon umore, la sua franchezza e la semplicit. Bertin aveva completamente dimenticato i suoi pregiudizi sulle donne di mondo, e volentieri avrebbe affermato che esse sono solo affascinanti e vivaci. Mentre dipingeva, in piedi davanti alla tela, avanzando e indietreggiando con movimenti di un uomo che combatte, egli dava libero corso ai suoi pensieri pi personali, come se avesse conosciuto da molto tempo quella graziosa donna bionda e nera, fatta di sole e di lutto la quale, seduta davanti a lui, rideva ascoltandolo, e gli rispondeva allegramente con una tale animazione da perdere la posa di continuo. Alcune volte egli si allontanava, chiudeva un occhio, si chinava per meglio osservare la modella nel suo insieme; altre volte le si avvicinava moltissimo per esaminare le minime sfumature del viso, le pi sfuggevoli espressioni, per cogliere e rendere ci che in un volto femminile supera l'apparenza visibile, quella emanazione di bellezza ideale, quell'ombra di mistero, l'intima e temibile grazia caratteristica di ciascuna, che fa s che sar amata perdutamente da un uomo e non da un altro. Un pomeriggio, la bambina and a mettersi davanti alla tela, e con grande seriet infantile, domand: Di', la mamma? Egli la prese fra le braccia per baciarla, lusingato da quell'ingenuo omaggio alla somiglianza della sua opera. Un altro giorno, mentre sembrava tranquillissima, la sentirono ad un tratto dichiarare con una vocetta triste: Mamma, mi annoio. E il pittore fu talmente commosso da quel primo lamento, che fece portare l'indomani tutto un negozio di giocattoli nello studio. La piccola Annette, sorpresa, contenta e sempre riflessiva, li mise in ordine con molta cura, per prenderli uno dopo l'altro, secondo il desiderio del momento. Dopo quel regalo si affezion al pittore, come si affezionano i bambini con quella amicizia spontanea e accarezzante, che li rende cos graziosi. La signora di Guilleroy prendeva gusto alle sedute. Essendo in lutto non aveva alcun impegno quell'inverno; dunque mancandole la societ e le feste, ella ripose in quello studio tutti i suoi interessi. Figlia di un ricchissimo e ospitale commerciante parigino, morto da parecchi anni, e di una donna sempre malata, costretta al letto per curare la sua salute sei mesi su dodici, era divenuta, sin da ragazza, una perfetta padrona di casa: sapeva ricevere, sorridere, conversare, giudicare le persone, e capire ci che andava detto ad ognuno; previdente e adattabile era sempre a suo agio in ogni occasione. Quando le venne presentato come fidanzato il conte di Guilleroy, comprese subito i vantaggi derivanti da quel matrimonio, e li accett senza alcuna difficolt, da ragazza riflessiva, perfettamente a conoscenza che non si pu avere tutto, e che in ogni situazione si deve valutare il buono e il cattivo. Lanciata in societ, ricercata specialmente perch bella e brillante, vide molti uomini farle la corte, senza perdere una sola volta la calma del suo cuore, razionale come la sua mente. Era civetta, ma di una civetteria aggressiva e prudente, che non si spingeva mai troppo oltre. Le piacevano i complimenti, la lusingavano i desideri che ispirava, purch potesse far vedere di ignorarli; e quando si era sentita per tutta una sera in un salotto incensata dai complimenti, dormiva bene, come donna che ha compiuto la propria missione sulla terra. Per questo modo di vivere, che durava ormai da sette anni, senza stancarla, senza apparirle monotono, poich adorava la continua confusione della vita mondana, le lasciava talvolta il desiderio di avere qualcosa di diverso. Gli uomini del suo ambiente, avvocati, politici, finanzieri, o gentiluomini sfaccendati, la divertivano quasi fossero attori, ma non li prendeva troppo sul serio, bench considerasse la loro posizione, i loro incarichi, i loro titoli. Il pittore le piacque anzitutto perch rappresentava una novit per lei.

Si divertiva molto nel suo studio, rideva di cuore, si sentiva spiritosa, e gli era riconoscente per il diletto che le procuravano quelle sedute. Le piaceva anche perch era bello, forte e celebre; non esiste una donna, anche se non lo ammette, che possa rimanere indifferente alla bellezza fisica e alla fama. Lusingata di essere stata notata da un tale intenditore, disposta a considerarlo a sua volta molto bene, ella aveva scoperto in lui una mente aperta e colta, una delicatezza, una fantasia, un'affascinante intelligenza e un linguaggio colorito, che sembrava illuminare ci che lei esprimeva. Una rapida intimit nacque fra loro, e la stretta di mano che si davano, quando lei entrava, sembrava ogni giorno di pi unire parte dei loro cuori. Allora, senza calcolo, senza premeditazione, ella sent crescere in s il desiderio naturale di sedurlo, e cedette a quel desiderio. Non aveva previsto n combinato nulla; fu solamente civetta con maggior garbo, istintivamente come sanno esserlo le donne verso un uomo che piace loro pi degli altri; mise quindi nel modo di trattare lui, negli sguardi e nei sorrisi, quella seduzione invischiante che diffonde intorno a s la donna in cui si sveglia il bisogno di essere amata. Gli diceva parole lusinghiere, che significavano: Vi trovo simpatico, signore e lo faceva parlare a lungo, per dimostrargli, ascoltandolo con attenzione, quanto interesse le ispirava. Egli smetteva di dipingere, si sedeva vicino a lei, e in quella sovreccitazione di spirito provocata dall'ebbrezza di piacere, aveva delle vere crisi di poesia, di umorismo o di filosofia, a seconda dei giorni. Ella si divertiva quando lui era allegro; quando faceva discorsi profondi si sforzava di seguirlo nei suoi ragionamenti, non sempre riuscendovi; e mentre pensava ad altro, pareva ascoltarlo con l'aria di averlo cos ben compreso e di godere talmente per quella iniziazione, che egli si esaltava vedendola ascoltare, emozionato per avere scoperto un'anima delicata, aperta e docile, nella quale il pensiero cadeva come un seme. Il ritratto procedeva e si annunciava bellissimo, essendo il pittore giunto a quello stato emozionale indispensabile per scoprire tutte le caratteristiche del modello, ed esprimerle con l'ardore convinto che costituisce l'ispirazione degli artisti autentici. Piegato verso di lei, per spiarne ogni movimento del volto, ogni colorazione della carne, ogni ombra della pelle, ogni espressione e ogni trasparenza degli occhi, ogni segreto della sua fisionomia, egli si era impregnato di lei, come una spugna si imbeve di acqua; e, trasferendo sulla tela quella emanazione di fascino conturbante che l'occhio coglieva, e che scendeva, come un'onda, dal suo pensiero al pennello, ne rimaneva stordito, inebriato, come se avesse bevuto la grazia femminile. Ella sentiva che lui stava innamorandosi, e si divertiva a quel gioco, a quella vittoria sempre pi sicura, animandosi anch'essa. Qualcosa di nuovo dava alla sua esistenza un sapore diverso, svegliava in lei una gioia misteriosa. Quando udiva parlare di lui, il cuore le batteva pi veloce, e le veniva il desiderio di dire - uno di quei desideri che non arrivano mai alle labbra -: innamorato di me. Era contenta quando il suo talento veniva lodato, e forse ancor pi quando lo consideravano un bell'uomo. Quando da sola pensava a lui, senza persone indiscrete che la disturbassero, immaginava veramente di avere trovato in lui un buon amico, che si sarebbe accontentato sempre di una cordiale stretta di mano. Spesso, durante le sedute, deposta improvvisamente la tavolozza sullo sgabello, andava a prendere in braccio la piccola Annette e le baciava con tenerezza gli occhi e i capelli, mentre guardava la madre, come per dire: voi, non la bambina, che bacio cos. Ogni tanto, la signora di Guilleroy non portava la bambina, e andava sola. In quei giorni si lavorava meno e si parlava di pi. Un pomeriggio arriv in ritardo. Faceva freddo. Era la fine di febbraio. Olivier era rientrato di buonora, come faceva adesso tutte le volte che lei doveva venire, poich sperava sempre che arrivasse in anticipo. Attendendola, camminava in lungo e in largo, fumava, e si domandava, sorpreso di porsi questa domanda per la centesima volta negli ultimi otto giorni: Sono forse innamorato? Non lo sapeva, poich non lo era ancora mai stato veramente. Aveva avuto delle storie intense e anche abbastanza durature, senza mai calcolarle amore. Oggi, era sorpreso per ci che provava.

Ma l'amava? Senz'altro non ardiva desiderarla poich non aveva riflettuto sulla possibilit di averla. Fino ad ora, ogni volta che una donna gli era piaciuta, il desiderio lo aveva subito posseduto, facendogli tendere le mani verso di lei, come per cogliere un frutto, senza che il suo pensiero intimo fosse mai stato profondamente turbato dall'assenza o dalla presenza della donna. Il desiderio di questa l'aveva appena sfiorato e sembrava nascosto dietro un altro sentimento, pi possente, ancora oscuro e appena destato. Olivier era convinto che l'amore cominciasse con sogni, con esaltazioni poetiche. Ci che egli provava, al contrario, gli sembrava derivare da una emozione indefinibile, molto pi fisica che morale. Era nervoso, fremente, inquieto come quando si sta per avere una malattia. Tuttavia nessun dolore si univa a quella febbre del sangue, che tanto agitava, per contagio, la sua mente. Non ignorava che quel turbamento derivava dalla signora di Guilleroy, dal ricordo che lasciava in lui, e dall'attesa del suo ritorno. Non si sentiva trasportato verso di lei da uno slancio di tutto il suo essere, ma la sentiva sempre presente in lui, come se non l'avesse mai lasciato; essa, andandosene, gli trasmetteva qualche cosa di s; qualcosa di sottile e d'inesprimibile. Cosa? Era forse amore? Ora, egli scendeva nel proprio cuore, per cercare di vedere e comprendere. La trovava attraente, ma non rispondeva al tipo di donna ideale che la sua cieca speranza aveva creato. Chiunque cerca l'amore, ha previsto le qualit morali e gli attributi fisici di colei che lo sedurr; e la signora di Guilleroy, bench gli piacesse moltissimo, non gli sembrava quel tipo. Ma perch essa, pi delle altre, occupava la sua mente cos in modo differente, incessante? Era forse caduto semplicemente nella rete tesa dalla sua civetteria, da lui sospettata e compresa da molto tempo e, circuito dalle sue manovre, subiva l'influenza di quel fascino speciale derivante alle donne dalla volont di piacere? Camminava, si sedeva, si rialzava, accendeva delle sigarette e le gettava, guardava ad ogni istante le lancette della pendola, che avanzavano verso l'ora consueta in modo lento e immutabile. Gi parecchie volte aveva avuto la tentazione di sollevare il vetro concavo, e sulle due lancette dorate che giravano spingere con il dito la grande fino all'ora in cui lei pigramente arrivava. Gli sembrava che sarebbe stato sufficiente ci perch la porta si aprisse e colei che attendeva comparisse, raggirata e richiamata da quell'astuzia. Poi sorrise di quel desiderio infantile, ostinato e irragionevole. Infine si chiese: Potr divenire il suo amante? L'idea gli parve singolare, difficilmente realizzabile; soprattutto inconcepibile a causa delle complicazioni che avrebbe potuto provocare nella sua vita. Per quella donna gli piaceva molto, e concluse: Decisamente, sono in una strana situazione! La pendola suon, e il rumore dell'ora lo fece trasalire scuotendogli pi i nervi che l'anima. Attese con quella impazienza che il ritardo fa acuire di secondo in secondo. Era sempre puntuale; dunque, in dieci minuti, l'avrebbe vista entrare. Trascorsi i dieci minuti, si sent tormentato come all'avvicinarsi di un dispiacere, dapprima irritato che lei gli facesse perdere tempo, quindi di botto realizz che, se lei non fosse venuta avrebbe sofferto molto. Cosa fare? Attendere? No. Meglio uscire, di modo che se, per caso, fosse venuta molto in ritardo, avrebbe trovato lo studio vuoto. Uscire, ma quando? Quanto tempo le avrebbe consentito? Non era meglio rimanere e farle comprendere, con poche parole, fredde ma cortesi, che lui non era di quelli che si fanno attendere? E se non fosse venuta? Allora avrebbe ricevuto un telegramma, un biglietto, un domestico o un fattorino? Se non fosse venuta, cosa avrebbe potuto fare? Sarebbe stata una giornata perduta: non avrebbe potuto pi lavorare. Allora?... Allora, sarebbe andato a chiedere sue notizie, poich aveva bisogno di vederla. Era vero, aveva bisogno di vederla, un bisogno profondo, opprimente, ossessivo. Ma cos'era? Amore? Eppure non provava n esaltazione nel pensiero, n trasporto nei sensi, n sogni nell'anima, capiva per che, se lei non fosse venuta quel giorno, egli avrebbe sofferto molto. Il campanello del portone risuon per la scala del palazzetto, e Olivier Bertin si sent subito ansioso, poi cos felice che fece una piroetta, gettando la sigaretta in aria. Ella entr: era sola.

Egli fu subito molto audace. Sapete, disse, cosa mi domandavo, attendendovi? No, non saprei. Mi domandavo se non fossi per caso innamorato di voi. Innamorato di me! Siete pazzo. Ma sorrideva, e il suo sorriso pareva dire: E gentile, ne sono contentissima. E riprese: Via, non siete serio; perch mi fate questo scherzo? Egli rispose: Invece sono molto serio. Non dico di essere innamorato di voi, ma mi domando se non sto per diventarlo. Cosa ve lo fa pensare? La mia emozione quando non ci siete, la mia felicit quando arrivate. Ella sedette. Oh! Non vi turbate per cos poco. Fino a che dormirete bene e mangerete con appetito, non vi sar pericolo. Egli si mise a ridere. E se perdessi il sonno e l'appetito? Avvisatemi. E allora? Vi lascer guarire in pace. Tante grazie. E sull'argomento di quell'amore, scherzarono tutto il pomeriggio. Altrettanto avvenne nei giorni seguenti. Prendendolo come uno scherzo spiritoso privo di importanza, quando lei entrava gli chiedeva con fare allegro: Come va oggi il vostro amore? Ed egli le diceva, tra il serio e lo scherzoso, tutti gli sviluppi di quel male, il tormento intimo, continuato, profondo dell'affetto che nasce e si sviluppa. Analizzava se stesso nei minimi particolari davanti a lei, ora per ora, dal momento in cui si erano separati il giorno prima, con l'aria faceta del professore che tiene un corso, e lei lo ascoltava con interesse, un poco emozionata, ed anche turbata da quella storia, che la faceva sentire simile all'eroina di un libro. Dopo aver enumerato con tono disinvolto e galante tutti i pensieri che lo affliggevano, la sua voce, si faceva a intervalli tremante, ed esprimeva con una parola o soltanto con una intonazione le pene del suo cuore. Lei l'interrogava sempre, piena di curiosit, gli occhi fissi su di lui, l'orecchio avido di quelle parole forse preoccupanti ad udirsi, ma cos deliziose da ascoltare. Qualche volta, avvicinandosi a lei per correggere la posa, le prendeva la mano e tentava di baciarla. Con rapido movimento lei toglieva le sue dita dalle labbra, e aggrottando leggermente le sopracciglia: Andiamo, lavorate! diceva. Si rimetteva al lavoro, ma erano trascorsi solo cinque minuti e gi lei gli rivolgeva una domanda, per riportarlo abilmente sull'unico argomento che interessava entrambi. Ella ora sentiva nascere dei timori nel suo cuore. Voleva essere amata molto, ma non troppo. Decise di non voler essere coinvolta, aveva paura di lasciarlo spingere troppo oltre e di perderlo, costretta a scoraggiarlo, dopo averlo incoraggiato. Tuttavia, se avesse dovuto rinunciare a quella tenera e galante amicizia, a quella conversazione che avveniva trascinando particelle d'amore, come un ruscello ricco di sabbie d'oro, ne avrebbe provato un grande dolore simile ad uno squarcio. Quando usciva di casa per recarsi allo studio del pittore, una gioia viva e calda l'invadeva, rendendola leggera e allegra. Posando la mano sul campanello della casa di Olivier, il suo cuore batteva di impazienza, e il tappeto della scala era il pi soffice che i suoi piedi avessero mai calpestato. Tuttavia, Bertin diveniva tetro, un poco nervoso, spesso irritabile. Aveva dei moti di impazienza, subito repressi, ma frequenti. Un giorno lei era appena entrata ed egli si sedette vicino, e invece di mettersi a dipingere, le disse: Signora, voi non potete ignorare ora che non uno scherzo, e che io vi amo pazzamente. Turbata da quell'esordio, vedendo arrivare la crisi temuta, cerc di bloccarlo, ma lui non ascoltava pi. L'emozione traboccava dal suo cuore, e lei

dovette ascoltarlo, pallida, tremante, ansiosa. Egli parl a lungo, senza chiedere nulla, con tenerezza triste e con rassegnazione desolata; si lasci prendere le mani, che egli tenne nelle sue. Si era inginocchiato senza che lei se ne rendesse conto, e, con sguardo allucinato, la supplicava di non fargli del male. Che male? Non capiva, n cercava di capire, intorpidita da una angoscia crudele per vederlo soffrire, e quell'angoscia era quasi una felicit. Ad un tratto, scorse delle lacrime nei suoi occhi, e fu talmente commossa, che disse: Oh! pronta a baciarlo come si baciano i bambini che piangono. Egli ripeteva con voce dolcissima: Vedete, vedete, soffro troppo, e d'improvviso, vinta da quella sofferenza, dal contagio delle lacrime, ella sconvolta e spossata, scoppi in singhiozzi, con le braccia frementi, pronte ad aprirsi. Quando si sent di colpo avvinta a lui, che la baciava appassionatamente sulle labbra, volle gridare, lottare, respingerlo, ma cap subito di essere perduta, poich pur resistendo acconsentiva, dibattendosi si concedeva, lo stringeva gridando: No, no, non voglio! Poi rimase sconvolta, il viso fra le mani: ad un tratto si alz, raccolse il cappello caduto sul tappeto e fugg, malgrado le suppliche di Olivier, che la tratteneva per l'abito. Appena si trov per strada, ebbe voglia di sedersi sul bordo del marciapiede, tanto si sentiva affranta e con le gambe spezzate. Passava un fiacre, lo chiam e disse al cocchiere: Andate piano, portatemi dove volete. Si gett nella carrozza, rinchiuse lo sportello, si rannicchi nel fondo, sentendosi sola dietro i vetri rialzati, sola per poter pensare. Per alcuni minuti, non ebbe nella testa che il rumore delle ruote e le scosse della vettura. Guardava le case, i passanti, gli altri fiacre, gli omnibus, con occhi vuoti, che non vedevano nulla; non pensava assolutamente a nulla, come se si fosse data una tregua, prima di osare riflettere su ci che era avvenuto. Poi, siccome aveva uno spirito pronto e per niente pusillanime, si disse: Ecco sono una donna perduta. E ancora per qualche minuto, rimase sotto l'emozione, sotto la certezza della disgrazia irreparabile, spaventata come chi, caduto dal tetto, non si muove, indovinando di avere le gambe spezzate, ma non volendolo accertare. Ma, invece di essere sconvolta dal dolore, che si aspettava e di cui temeva l'attacco, il suo cuore, uscendo da quella catastrofe, rimaneva calmo e tranquillo: batteva lentamente, dolcemente, dopo quella caduta, per cui il suo animo era prostrato e non sembrava affatto prendere parte allo sgomento del suo spirito. Ripet, ad alta voce, quasi per ascoltarsi e per convincersene: Ecco, sono una donna perduta. Nessuna eco di sofferenza rispose nella sua carne, a quel lamento della coscienza. Per qualche tempo si lasci cullare dal movimento del fiacre, rinviando a pi tardi i ragionamenti che avrebbe dovuto fare su quella crudele situazione. No, non soffriva. Aveva paura di pensare, ecco tutto, paura di sapere, di comprendere e di riflettere; al contrario, le pareva di sentire nell'essere oscuro e impenetrabile creato in noi dalla lotta incessante tra inclinazioni e volont, una inverosimile calma. Dopo circa mezz'ora di quello strano riposo, comprendendo infine che la disperazione invocata non serviva, si scosse da quel torpore, e mormor: strano! Non provo quasi dolore! Allora cominci a muoversi dei rimproveri. Una collera si levava in lei, contro il proprio accecamento e la propria debolezza. Come non aver previsto ci che era accaduto? Come non aver compreso che il momento di quella lotta sarebbe arrivato? Che quell'uomo le piaceva tanto da renderla disprezzabile? E che nei cuori pi puri il desiderio soffia a volte come un colpo di vento che spazza la volont? Ma, dopo essersi duramente rimproverata e disprezzata, si chiese con terrore cosa sarebbe accaduto. Il primo proposito fu rompere con il pittore e non rivederlo mai pi. Ma, aveva appena preso quella decisione, che subito mille ragioni sorsero per combatterla. Come avrebbe spiegato quella rottura? Cosa avrebbe detto a suo marito? La verit sospettata non si sarebbe bisbigliata, e poi conosciuta dappertutto?

Non sarebbe stato meglio, per salvare le apparenze, recitare di fronte allo stesso Olivier Bertin l'ipocrita commedia della indifferenza e dell'oblio, e mostrargli che aveva cancellato quel momento dal suo ricordo e dalla sua vita? Ma sarebbe stata capace? Avrebbe avuto l'audacia di far vedere di non ricordare niente, di guardare con stupore ed indignazione, e di dire: Che cosa volete da me? all'uomo col quale aveva veramente diviso il rapido e brutale eccitamento? Riflett a lungo, finalmente si risolse per tale soluzione dato che nessun'altra le pareva possibile. Il giorno dopo sarebbe andata da lui, con coraggio, e gli avrebbe fatto comprendere subito ci che voleva ed esigeva da lui. Bisognava che mai una parola, un'allusione, uno sguardo, potesse ricordarle quell'onta. Dopo aver sofferto, poich ne avrebbe sofferto anche lui, certamente avrebbe condiviso il suo parere, da uomo leale e educato, e sarebbe rimasto per il futuro ci che era stato fino ad allora. Appena ebbe preso quella nuova decisione, diede al cocchiere il suo indirizzo, e rientr a casa, in preda a un abbattimento profondo, desiderando coricarsi, non vedere nessuno, dormire e dimenticare. Si chiuse in camera, e vi rimase fino all'ora di pranzo, stesa sulla poltrona a sdraio, intorpidita, non volendo pi occupare il suo animo con quel pensiero colmo di pericoli. Scese all'ora precisa, stupita di essere cos calma, e di aspettare il marito con il solito viso. Questi comparve, con la figlia in braccio; lei gli strinse la mano e baci la bambina, senza essere agitata da alcuna angoscia. Il signor di Guilleroy le chiese cosa avesse fatto. Ella rispose con indifferenza che aveva posato come tutti i giorni. E il ritratto bello? chiese. Viene benissimo. A sua volta, le parl dei suoi affari che amava raccontare a tavola, della seduta della Camera, della discussione del progetto di legge sulla falsificazione delle derrate. Quella conversazione, che normalmente sopportava, l'annoi, facendole notare con maggiore attenzione il lato volgare e manierato di quell'uomo che s'interessava a quegli argomenti; eppure sorrideva, ascoltandolo, e rispondeva con affabilit, addirittura pi gentile del solito, pi indulgente verso quelle banalit. Guardandolo, pensava: L'ho ingannato, mio marito e l'ho ingannato. Non strano? Nulla pu pi impedirlo, nulla pu pi cancellarlo? Ho chiuso gli occhi; ho acconsentito per qualche secondo, soltanto per qualche secondo, al bacio di un uomo, e non sono pi una donna onesta. Pochi secondi nella mia vita, pochi secondi che non si possono cancellare, mi hanno indotto a questo piccolo fatto irreparabile, cos grave, cos breve, un crimine, il pi vergognoso per una donna... e non sono affatto disperata. Se ieri me l'avessero detto, non avrei creduto. Se me l'avessero confermato, avrei subito pensato ai tremendi rimorsi dai quali oggi dovrei essere straziata. Eppure, non ne ho quasi per niente. Il signor di Guilleroy usc dopo pranzo, come faceva quasi tutti i giorni. Allora ella prese sulle ginocchia la bambina e pianse abbracciandola; pianse lacrime sincere, lacrime della coscienza, non del cuore. Ma non dorm affatto. Nel buio della sua camera, era maggiormente preoccupata per i pericoli derivanti dall'atteggiamento del pittore, ed ebbe paura per l'incontro del giorno seguente, e per le cose che avrebbe dovuto dire, guardandolo in faccia. Alzatasi presto, rimase sulla poltrona tutta la mattinata, sforzandosi di prevedere ci che doveva temere, quello che doveva rispondere, e di essere pronta a tutte le sorprese. Usc di buon'ora, in modo di poter riflettere ancora camminando. Egli non l'aspettava, e si domandava, fin dal giorno precedente, cosa avrebbe dovuto fare rivedendola. Dopo che lei era andata via, dopo quella fuga, a cui non aveva osato opporsi, era rimasto solo, seguitando ad ascoltare, bench ella fosse gi lontana, il rumore dei suoi passi, il fruscio del suo abito, il colpo della porta che si richiudeva spinta da una mano sconvolta. Era rimasto in piedi, pieno di una gioia ardente, intima, focosa. L'aveva posseduta! Questo era avvenuto fra loro! Era possibile? Dopo la sorpresa di quel trionfo, egli lo assaporava, e per meglio gustarlo, si sedette, si sdrai quasi

sul divano su cui l'aveva posseduta. Vi rimase a lungo, totalmente invaso dal pensiero che lei era la sua amante, e che fra loro, tra quella donna tanto desiderata, e lui, si era allacciato in pochi istanti quel legame misterioso che unisce segretamente due esseri uno all'altro. Conservava, in ogni parte della sua carne ancora fremente, il ricordo acuto del rapido istante in cui le loro labbra si erano incontrate, i loro corpi erano divenuti un solo essere, per trasalire insieme nel gran soffio della vita. Quella sera non usc, per pascersi di quel pensiero; si coric presto, vibrante di felicit. L'indomani, appena svegliato, si pose questa domanda: Cosa debbo fare? Ad una donna di facili costumi, ad una attrice avrebbe inviato dei fiori, o anche un gioiello; ma rimaneva perplesso di fronte a quella situazione nuova. Certo, avrebbe dovuto scriverle... Ma cosa? Butt gi, cancell, strapp, incominci venti lettere, ma tutte gli sembravano offensive, odiose, ridicole. Avrebbe voluto esprimere con termini delicati e seducenti la riconoscenza della sua anima, i suoi slanci di folle tenerezza, le sue offerte di devozione infinita; ma, per dire quelle cose appassionate e piene di sfumature, non trovava che frasi fatte, espressioni banali, grossolane o puerili. Rinunci quindi all'idea di scrivere, e decise di andare a trovarla, appena fosse passata l'ora della seduta, perch riteneva che non sarebbe venuta. Chiusosi allora nello studio, si eccit davanti al ritratto, le labbra solleticate dal desiderio di posarsi sul dipinto, dove qualche cosa di lei era fissato; e di quando in quando guardava la strada dalla finestra. Tutti gli abiti femminili che apparivano da lontano gli facevano battere il cuore. Venti volte credette di riconoscerla, poi, quando la donna che aveva notato era passata, si sedeva un momento, triste come dopo una delusione. Ad un tratto, la vide, dubit, prese il cannocchiale, la riconobbe, e sconvolto da una emozione violenta, si sedette per aspettarla. Quando ella entr, si gett in ginocchio e volle prenderle le mani; ma ella le ritir bruscamente, e siccome lui rimaneva ai suoi piedi, angosciato e con gli occhi levati verso lei, gli disse alteramente: Cosa fate, dunque, signore, non comprendo questo atteggiamento! Egli balbett: Oh! signora, vi supplico... Ella l'interruppe con durezza, dicendo: Rialzatevi, siete ridicolo. Olivier si rialz, smarrito, mormorando: Che cosa avete? Non trattatemi cos, io vi amo!... Allora, con poche parole rapide e asciutte, la signora di Guilleroy gli espresse la propria volont e regol la situazione: Non capisco ci che volete dire! Non parlatemi mai del vostro amore, o lascer questo studio per non tornarvi pi. Se dimenticherete anche una sola volta questa condizione per la mia presenza qui, non mi rivedrete pi. Egli la guardava, sconvolto da quella durezza che non aveva previsto; poi comprese e mormor: Obbedir, signora. Ella rispose: Benissimo, quello che mi aspettavo da voi! Ora lavorate, perch siete lento a finire questo ritratto. Egli prese allora la tavolozza e si mise a dipingere, ma la sua mano tremava, e gli occhi offuscati guardavano senza vedere; aveva voglia di piangere, tanto si sentiva il cuore straziato. Cerc di parlarle; ella rispose appena. E siccome tent di farle un complimento sulla sua carnagione, lei lo arrest con un tono cos imperioso che fu colto da uno di quei furori da innamorati che mutano la tenerezza in odio. La sua anima e il suo corpo vennero attraversati da una grande scossa nervosa, e improvvisamente, senza vie di mezzo, la detest. S, s, la donna era proprio cos! Anche lei era come le altre. Perch no? Era falsa, volubile e debole come tutte. L'aveva attirato, sedotto con le astuzie da ragazza, cercando di fargli perdere la testa senza poi concedergli nulla, provocandolo per rifiutarsi, impiegando con lui tutte le manovre delle vili civette che sembrano sempre pronte a spogliarsi, fino a che l'uomo, da loro reso simile ad un cane randagio, non anelante di desiderio. Tanto peggio per lei, dopo tutto; l'aveva avuta, l'aveva posseduta. Ella

poteva pure detergersi il corpo e rispondergli insolentemente, non sarebbe riuscita a cancellare niente, mentre lui l'avrebbe dimenticata. Davvero, avrebbe commesso una bella follia, prendendosi un'amante simile che avrebbe divorato la sua vita artistica, con quei denti capricciosi di bella donna. Aveva voglia di fischiare, come faceva davanti alle modelle, ma siccome sentiva aumentare il suo nervosismo, e poich temeva di fare qualche sciocchezza, abbrevi la seduta con il pretesto di un appuntamento. Quando si salutarono, separandosi, si credettero certamente pi lontani l'uno dall'altro, del giorno in cui si erano incontrati dalla duchessa di Mortemain. Appena se ne fu andata, egli prese cappello e soprabito, ed usc. Un sole freddo, in mezzo ad un cielo azzurro ovattato di nebbia, gettava sulla citt una luce pallida, un poco pallida, falsa e triste. Dopo aver camminato per un po', con passo rapido e seccato, urtando i passanti per non deviare dalla linea retta, il suo gran furore contro di lei si frantum in desolazione e in rimpianti. Dopo essersi ripetuto tutti i rimproveri che le aveva fatto, si ricord, vedendo passare le altre donne, quanto lei fosse bella e seducente. Come tanti altri che non lo confessano, egli aveva sempre atteso l'incontro impossibile, l'amore raro, unico, poetico e appassionato, il cui sogno aleggia sui nostri cuori. Non aveva forse corso il rischio di trovarlo? Non poteva essere lei la donna che gli avrebbe dato quella quasi impossibile felicit? Perch, dunque, non c' mai nulla che si realizza? Perch non si pu raggiungere ci che si insegue, o se ne raggiungono solo piccole parti, che rendono pi dolorosa questa caccia alle delusioni? Ora non ce l'aveva pi con la giovane donna, ma con la vita stessa. Ora che riusciva a ragionare, perch avrebbe dovuto essere in collera con lei? Che cosa poteva rimproverarle, dopo tutto? Di essere stata affabile, buona e gentile con lui, mentre lei poteva rimproverargli di essersi comportato come un furfante! Rientr a casa pieno di tristezza. Avrebbe voluto chiederle perdono, sacrificarsi per lei, farle dimenticare, e pens cosa avrebbe potuto tentare perch lei comprendesse quanto sarebbe stato, sino alla morte, arrendevole ormai a tutti i suoi voleri. L'indomani, venne accompagnata dalla figlia, con un sorriso cos triste, un'aria cos dolente, che il pittore credette di vedere in quei poveri occhi azzurri, un tempo cos vivaci, tutte le pene, tutti i rimorsi, tutta la desolazione di quel cuore femminile. Si sent impietosito, e affinch dimenticasse il passato, le us un garbato ritegno e le pi squisite premure. Ella lo ricambi con dolcezza, bont, e l'atteggiamento stanco e affranto di una donna che soffre. E lui, guardandola, ripreso da una folle idea di amarla e di essere amato, si domandava come mai non fosse pi in collera, come potesse essere ancora tornata, ascoltarlo e rispondergli con quel ricordo fra loro. Dal momento che riusciva a rivederlo, udire la sua voce e sopportare di fronte a lui quel pensiero che non doveva lasciarla, voleva dire che quel pensiero non le era divenuto intollerabile. Quando una donna odia l'uomo che l'ha violata, non pu pi trovarsi davanti a lui, senza che questo odio esploda. Ma quell'uomo non pu neppure rimanerle indifferente. Deve detestarlo o perdonargli. E quando perdona, vuol dire che non lontana dall'amare. Mentre dipingeva lentamente, ragionava con brevi argomentazioni precise, chiare e sicure; si sentiva lucido, forte, padrone al momento degli avvenimenti. Doveva essere soltanto prudente, paziente e devoto, e un giorno o l'altro l'avrebbe ripresa. Seppe attendere. Per rassicurarla e riconquistarla, a sua volta gioc d'astuzia: tenerezze dissimulate sotto apparenti rimorsi, attenzioni esitanti e atteggiamenti indifferenti. Tranquillo nella certezza della prossima felicit, cosa gli importava se arrivava un poco prima o un poco dopo? Egli provava anzi uno strano e raffinato piacere, nel non affrettarsi, nello spiarla, nel dirsi: Ha paura vedendola venire sempre con la bambina. Sentiva che tra loro stava avvenendo una lenta operazione di riavvicinamento, e negli sguardi della contessa qualche cosa di strano, di impacciato, di dolorosamente dolce, appariva: l'invocazione di un'anima che lotta, di una volont che viene meno e sembra dire: Ma forzami dunque. Dopo qualche tempo, ritorn sola, rassicurata dal suo riserbo. Allora, egli la tratt come un'amica, una compagna, le parl della sua vita, dei suoi progetti, della sua arte, proprio come un fratello.

Sedotta da quelle confidenze, ella assunse con gioia la parte di consigliera, lusingata che egli la distinguesse cos dalle altre donne, e convinta che il suo talento avrebbe guadagnato delicatezza da quella intimit intellettuale. Ma, a forza di consultarla e di mostrarsi deferente, egli la fece passare, con naturalezza, dalle funzioni di consigliera al sacerdozio di ispiratrice. Ella trov piacevole estendere cos la sua influenza sul grand'uomo, e quasi acconsent che lui l'amasse da artista, dato che era l'ispiratrice delle sue opere. Una sera, dopo una lunga conversazione sulle amanti dei pittori celebri, ella si lasci scivolare nelle braccia di lui. Questa volta vi rimase, senza tentare di fuggire, e ricambi i suoi baci. Allora, non ebbe pi rimorsi, ma il vago senso di essere decaduta, e per rispondere ai rimproveri della propria coscienza, volle spiegarselo come una fatalit. Trasportata verso di lui dal suo cuore, che era vergine, e dalla sua anima, che era vuota, la carne conquistata dal lento dominio delle carezze, ella si leg a poco a poco a lui, come fanno le donne tenere, che amano per la prima volta. In lui, fu una crisi di amore violento, sensuale e poetico. Gli sembrava, talvolta, di essersi un giorno alzato in volo, con le mani tese, e di aver potuto stringere realmente il sogno alato e magnifico che aleggia sempre sulle nostre speranze. Aveva terminato il ritratto della contessa, certo il migliore che avesse mai dipinto, poich aveva saputo vedere e rendere quel non so che d'inesprimibile che quasi mai un pittore sa scoprire, quel riflesso, quel mistero, quella fisionomia dell'anima, che passa, inafferrabile, sui volti. Poi, passarono mesi e anni, che allentarono appena il legame che univa la contessa di Guilleroy e il pittore Olivier Bertin. Non vi era pi in lui l'esaltazione dei primi tempi, ma restava un affetto calmo, profondo, una specie di amicizia amorosa, a cui aveva preso l'abitudine. In lei, al contrario, aumentava senza posa l'attaccamento appassionato, ostinato di certe donne che si danno ad un uomo interamente e per sempre. Oneste e rette nell'adulterio, come avrebbero potuto esserlo nel matrimonio, esse si votano ad un affetto unico, da cui niente le distoglier. Non solo amano il loro amante, ma vogliono amarlo, e con gli occhi unicamente su di lui, hanno talmente occupato il loro cuore con il suo pensiero, che nulla di estraneo pu pi entrarvi. Hanno legato la loro vita con risolutezza, come si legano le mani, prima di gettarsi in acqua dall'alto di un ponte, quando si sa nuotare e si desidera morire. Ma, dal momento in cui si dette in quel modo, la contessa si sent assalire dai timori sulla costanza di Olivier Bertin. Nulla lo legava, fuorch la sua volont di uomo, il suo capriccio, il suo gusto passeggero per una donna incontrata un giorno, come ne aveva gi incontrate tante altre! Ella sentiva che era cos libero e cos facile alle tentazioni, lui che viveva senza obblighi, senza abitudini e senza scrupoli, come tutti gli uomini! Era bello, celebre, ricercato, poteva scegliere per i suoi desideri, facilmente svegliati, tutte le donne di mondo, il cui pudore era cos debole, e tutte le donne di facili costumi, le attrici, prodighe dei loro favori a uomini come lui. Una di queste, una sera, dopo cena, poteva seguirlo e piacergli, prenderlo e tenerselo. Ella visse dunque nel timore di perderlo, spiandone comportamenti e atteggiamenti, sconvolta da una parola, angosciata se egli solo ammirava un'altra donna, lodava un viso attraente, o la grazia di un profilo. Tutto ci che ignorava della sua vita la faceva tremare, e tutto ci che sapeva la spaventava. In tutti i loro incontri, si sforzava di interrogarlo, senza lasciarsene accorgere, per fargli esprimere i suoi pareri sulle persone che aveva visto, sulle case dove aveva pranzato, sulle minime impressioni del suo spirito. Quando credeva di indovinare la possibile influenza di qualcuno, la combatteva con astuzia prodigiosa, con innumerevoli risorse. Oh! Spesso ella indovin quelle brevi tresche senza radici profonde, che durano otto o quindici giorni, di quando in quando, nell'esistenza di ogni artista in vista. Aveva, per cos dire, l'intuito del pericolo, ancora prima di essere avvertita del risvegliarsi in Olivier di un nuovo desiderio, dall'aria allegra che sprizza dagli occhi e dal volto di un uomo sovreccitato da un capriccio galante. Allora cominciava a soffrire; dormiva sonni torturati dal dubbio. Per sorprenderlo, andava da lui senza averlo avvisato, e ponendogli domande che

sembravano ingenue, esplorava il suo cuore, ascoltava il suo pensiero, come quando si sonda, si ascolta, per conoscere il male nascosto in una persona. Appena sola si metteva a piangere, sicura che quella volta le avrebbero preso, rubato quell'amore cui tanto teneva, perch vi aveva posto insieme a tutta la sua volont, e tutta la forza del suo affetto, tutte le speranze, e tutti i sogni. Perci quando lo sentiva ritornare a lei, dopo quei brevi allontanamenti, provava nel riprenderlo, nel ripossederlo come una cosa perduta e ritrovata, una felicit muta e profonda, che talvolta, quando passava davanti a una chiesa, la faceva entrare dentro, per ringraziare Dio. La preoccupazione di piacergli sempre, pi di tutte le altre, e di tenerlo contro tutte, aveva fatto della sua vita un continuo combattimento di civetteria. Aveva lottato per lui, davanti a lui, incessantemente, con la grazia, la bellezza, e l'eleganza. Voleva che, ovunque egli avesse inteso parlare di lei, venisse vantato il suo fascino, il suo gusto, lo spirito e gli abiti. Voleva piacere agli altri per lui, e affascinarli, perch egli fosse fiero, e geloso di lei. Ed ogni volta che lo sentiva geloso, dopo averlo fatto un poco soffrire, gli preparava un trionfo che ravvivava il suo amore, ed eccitava la sua vanit. Poi, avendo compreso che un uomo pu sempre incontrare una donna dalle attrattive fisiche pi forti della sua, perch nuove, ricorse ad altri mezzi: lo adul e vizi. In modo discreto e continuo lo ricopr di lodi, lo cull di ammirazione e lo avvolse di complimenti, affinch dappertutto egli trovasse l'amicizia ed anche la tenerezza fredde ed incomplete, affinch, anche se altre donne lo avessero amato, finisse per accorgersi che nessuna poteva comprenderlo come lei. Fece della sua casa, dei suoi due salotti, ove egli entrava cos spesso, un luogo nel quale il suo orgoglio d'artista era attirato quanto il suo cuore di uomo, il luogo di Parigi dove preferiva recarsi, perch tutti i suoi desideri vi erano nello stesso tempo esauditi. Non solo impar a scoprire tutti i suoi gusti, per dare a lui, soddisfacendoli nella sua casa, un'impressione di benessere che nulla avrebbe potuto sostituire, ma seppe farne nascere dei nuovi, creare golosit di ogni tipo, materiali, sentimentali, e l'abitudine a piccole premure, all'affetto, all'adorazione, all'adulazione. Si sforz di affascinare i suoi occhi con l'eleganza, il suo odorato con i profumi, le sue orecchie con i complimenti, e la sua bocca con i cibi. Ma quando ebbe creato nell'animo e nel corpo dello scapolo egoista e vezzeggiato uno stuolo di piccoli bisogni tirannici, quando fu ben certa che nessun'altra amante avrebbe avuto come lei la cura di sorvegliarli e di sostentarli per tenerlo legato a s con tutti i minimi piaceri della vita, ebbe paura, ad un tratto, vedendo come gli fosse venuta a noia la sua casa, quanto si lamentava incessantemente della solitudine, e dato che non poteva andare da lei se non con tutti i riserbi imposti dalla societ, ricercasse al circolo, o altrove i mezzi per mitigare il suo isolamento, ebbe paura che pensasse al matrimonio. Certi giorni ella soffriva talmente per tutte quelle inquietudini, che desiderava la vecchiaia, onde porre termine a quella angoscia e potersi riposare in un affetto calmo e intiepidito. Gli anni passarono, tuttavia, senza spezzare il loro legame. La catena attaccata da lei era solida, e ne rifaceva gli anelli, man mano che si consumavano. Ma, sempre preoccupata, sorvegliava il cuore del pittore, come si sorveglia un fanciullo che attraversa una strada ingombrata di vetture, e ogni giorno temeva ancora l'avvenimento ignoto, la cui minaccia sospesa su di noi. Il conte, senza sospetti e senza gelosia, trovava naturale quell'intimit tra sua moglie e un artista famoso, ricevuto dappertutto con grandi riguardi. A forza di vedersi, i due uomini, abituati l'uno all'altro, avevano finito per piacersi. II Quando Bertin entr il venerd sera in casa della sua amica, per il pranzo dato in occasione del ritorno di Annette di Guilleroy, trov nel salottino Luigi

XV solamente il signor di Musadieu, che era appena arrivato. Questi era un anziano uomo d'ingegno, che sarebbe potuto diventare forse un uomo di valore, e che non si consolava di ci che non era riuscito ad essere. Ex-conservatore dei musei imperiali, aveva trovato il modo di farsi rinominare ispettore delle belle arti sotto la Repubblica, il che non gli impediva di essere, prima di tutto, l'amico dei principi, di tutti i principi, delle principesse e delle duchesse dell'aristocrazia europea, nonch il protettore ufficiale degli artisti di ogni genere. Dotato di un'intelligenza vivace, capace di capire tutto, e di una grande facilit di parola che gli permetteva di dire con amabilit le cose pi comuni, di una elasticit mentale che lo faceva essere a suo agio in tutti gli ambienti, e di un acuto fiuto diplomatico, che gli faceva giudicare gli uomini a prima vista, egli portava di salotto in salotto, di giorno e di sera, la sua attivit illuminata, inutile e ciarliera. Sembrava adatto per ogni cosa, parlava di tutto con una parvenza da competente che avvinceva e con una chiarezza da divulgatore assai apprezzata dalle donne del bel mondo, alle quali rendeva i servizi di un bazar ambulante di erudizione. Sapeva, infatti, molte cose, senza aver mai letto altro che i libri indispensabili; ma era in ottimi rapporti con le cinque Accademie, con tutti gli studiosi, tutti gli scrittori, tutti gli eruditi specializzati, che ascoltava con discernimento. Sapeva subito dimenticare le spiegazioni troppo tecniche o superflue per le sue relazioni, ricordava benissimo le altre e dava alle nozioni cos raggranellate, un tono semplice, disinvolto, naturale, che le rendeva facili a comprendersi quasi fossero favole scientifiche. Dava l'impressione di essere un magazzino di idee, uno di quei vasti negozi, dove non si trovano mai oggetti rari, ma dove abbondano, a buon mercato, quelli di ogni genere, e di ogni provenienza, dagli utensili casalinghi fino ai pi comuni strumenti di fisica o di chirurgia domestica. I pittori, con cui, per via dei suoi incarichi, aveva rapporti costanti, lo prendevano in giro e lo temevano. Del resto, rendeva loro dei servizi, faceva vendere i loro quadri, li metteva in relazione con la buona societ, amava presentarli, proteggerli, lanciarli; sembrava essere votato ad una misteriosa opera di fusione fra la gente di mondo e gli artisti, facendosi un vanto di conoscere questi intimamente, di entrare con familiarit in casa degli altri, di far colazione col principe di Galles di passaggio a Parigi, e di pranzare la sera stessa con Paul Adelmans, Olivier Bertin e Amaury Maldant. Bertin, che l'amava abbastanza, perch lo trovava divertente, diceva di lui: l'enciclopedia di Jules Verne, rilegata in pelle d'asino. I due uomini si strinsero la mano, e si misero a parlare della situazione politica, delle voci di guerra, che Musadieu giudicava allarmanti, per evidenti motivi che egli esponeva benissimo, avendo la Germania tutto l'interesse di schiacciare la Francia e di affrettare quel momento atteso da oltre diciotto anni da Bismarck; mentre Bertin trovava con argomenti inconfutabili, come quei timori fossero chimerici, poich la Germania non poteva essere cos pazza da compromettere la sua conquista con un'avventura di esito sempre dubbio, ed il cancelliere cos imprudente da mettere a repentaglio, negli ultimi giorni di vita che gli restavano, la sua opera e la sua gloria in una sola volta. Il signor di Musadieu, tuttavia, sembrava sapere cose di cui non voleva parlare. D'altronde, aveva visto durante la giornata un ministro, e aveva incontrato la sera precedente il granduca Wladimiro, che tornava da Cannes. L'artista non cedeva e, con ironia tranquilla, contestava le cognizioni delle persone meglio informate. Dietro tutte quelle voci, si preparavano dei movimenti in borsa! Forse il solo Bismarck doveva avere in proposito un'opinione sicura. Il signor di Guilleroy entr, strinse con premura le mani, scusandosi, con parole melliflue per averli lasciati soli. E voi, caro deputato, domand il pittore, cosa pensate di queste voci di guerra? Il signor di Guilleroy si lanci in un discorso. Egli, come membro della Camera ne sapeva pi di tutti, tuttavia non era dello stesso parere della maggior parte dei suoi colleghi. No, non credeva alla possibilit di un conflitto prossimo, a meno che non venisse provocato dalla turbolenza dei francesi e dalle rodomontate dei sedicenti patrioti della lega. E fece di

Bismarck un ritratto a grandi linee, un ritratto alla Saint-Simon. Quell'uomo non volevano capirlo, perch attribuiamo sempre agli altri il nostro modo di pensare, li crediamo pronti a fare ci che noi avremmo fatto al loro posto. Bismarck non era un diplomatico falso e bugiardo, ma un uomo sincero, brutale, che proclamava sempre la verit; rivelava sempre le proprie intenzioni: Voglio la pace, diceva. Era vero, voleva la pace, niente altro che la pace, e tutto lo dimostrava in modo evidente da diciotto anni, tutto dagli armamenti alle alleanze, fino a quel fascio di popoli uniti contro la impetuosa Francia. Il signor di Guilleroy concluse con tono profondo e convinto: un grande uomo, un grandissimo, che desidera la tranquillit, ma che crede soltanto alle minacce e ai mezzi violenti per ottenerla. Insomma, signori, un gran barbaro. Il fine giustifica i mezzi, riprese il signor di Musadieu. Sono d'accordo volentieri con voi che adora la pace, se convenite con me che ha sempre voglia di far la guerra per ottenerla. questa d'altronde una verit indiscutibile e fenomenale: fare la guerra in questo mondo, solo per avere la pace! Un domestico annunci: La signora duchessa di Mortemain. Fra i due battenti della porta aperta comparve una donna grande e grossa, che entr con autorit. Guilleroy, precipitandosi, le baci la mano e domand: Come state, duchessa? Gli altri due uomini la salutarono con familiarit rispettosa perch la duchessa aveva maniere brusche e cordiali. Vedova del generale di Mortemain, madre di un'unica figlia, sposata al principe di Salia, figlia del marchese di Farandal, di grande origine e regalmente ricca, riceveva nel suo palazzo di rue de Varenne tutte le personalit del mondo intero, che s'incontravano e si scambiavano complimenti a casa sua. Nessuna altezza passava per Parigi senza pranzare alla sua tavola, e nessun uomo poteva far parlare di s, senza ch'ella avesse subito il desiderio di conoscerlo. Doveva vederlo, farlo parlare, giudicarlo. E ci la divertiva molto, movimentava la sua vita, alimentava quella fiamma di curiosit altera e benevola, che ardeva in lei. Si era appena seduta, quando lo stesso domestico annunci ad alta voce: Il signor barone e la signora baronessa di Corbelle. Erano giovani, il barone calvo e grasso, la baronessa sottile, elegante, bruna. Questa coppia aveva una posizione speciale nell'aristocrazia francese, dovuta unicamente alla scelta scrupolosa delle loro relazioni. Di piccola nobilt, privi di qualit e di spirito, spinti in tutte le loro opinioni da un amore smodato per ci che selezionato, giusto e distinto, erano arrivati ad essere considerati agli occhi di molti come il fior fiore dell'alta societ, a forza di frequentare unicamente le case principesche, a forza di mostrare sentimenti realisti, religiosi, corretti al massimo grado, a forza di rispettare tutto ci che deve essere rispettato, di disprezzare tutto ci che deve essere disprezzato, di non sbagliarsi mai su alcun punto dei dogmi mondani, di non esitare mai su un particolare d'etichetta. La loro opinione formava una specie di codice del perbenismo, e la loro presenza in una casa costituiva un vero titolo di onorabilit. I Corbelle erano parenti del conte di Guilleroy. Ebbene, disse la duchessa sorpresa, e vostra moglie? Un istante, un breve istante, rispose il conte, c' una sorpresa, ma essa arriver. Quando la signora di Guilleroy, sposata da un mese, aveva fatto il suo ingresso in societ, era stata presentata alla duchessa di Mortemain, che subito l'am, l'adott, e la protesse. In venti anni questa amicizia non era mai stata smentita, e quando la duchessa diceva piccola mia si udiva ancora nella sua voce il turbamento di quell'infatuazione improvvisa, ma tenace. In casa sua si era svolto l'incontro tra il pittore e la contessa. Musadieu si era avvicinato e domand: Duchessa, siete stata a vedere la mostra degli Intemperanti?

No, di che si tratta? Un gruppo di artisti nuovi, impressionisti, in stato di ubriachezza. Ce ne sono due molto bravi. La grandama mormor con disprezzo: Non mi piacciono gli scherzi di quei signori. Autoritaria, burbera, non ammetteva altra opinione che la propria, e fondava questa unicamente sulla consapevolezza della sua posizione sociale, considerava, senza rendersene troppo conto, artisti e scienziati come mercenari intelligenti, incaricati da Dio di divertire la gente di societ, e rendere loro dei servigi, ella si basava per i suoi giudizi, solamente sul grado di stupore e di piacere spontaneo, che le procurava la vista di una cosa, la lettura di un libro, o il racconto di una scoperta. Imponente, robusta, pesante, sanguigna, parlava a voce alta e passava per essere molto distinta, perch niente la turbava, perch osava dire tutto ci che pensava, e proteggeva il mondo intero, i principi detronizzati con ricevimenti in loro onore, ed anche l'Onnipotente con elargizioni al clero e doni alle chiese. Musadieu riprese: Sapete duchessa che pare abbiano arrestato l'assassino di Marie Lambourg? No, ditemi. E prese a raccontarle i particolari. Alto, magrissimo, con un panciotto bianco, e dei piccoli diamanti come bottoni della camicia, parlava senza gesticolare, con un'aria corretta, che gli permetteva di dire le cose pi spinte, che costituivano la sua specialit. Molto miope, sembrava, nonostante il pince-nez, non vedere mai nessuno, e quando si sedeva, si sarebbe detto che tutta l'ossatura del suo corpo si curvasse secondo la forma della poltrona. Il busto piegato diveniva cortissimo, si afflosciava come se la colonna vertebrale fosse stata di gomma; le gambe, incrociate una sull'altra, sembravano due nastri arrotolati, e le lunghe braccia trattenute dai braccioli della poltrona, lasciavano penzolare delle mani pallide dalle dita interminabili. I capelli e i baffi tinti ad arte, con ciocche bianche abilmente trascurate, erano un soggetto di scherzi frequenti. Mentre spiegava alla duchessa, come i gioielli della prostituta assassinata fossero stati regalati dal presunto assassino ad un'altra donna di facili costumi, la porta del salotto venne nuovamente aperta e due donne in abito di pizzo bianco, bionde, in una spuma di merletti, somiglianti come due sorelle di et molto diversa, una un po' troppo matura, l'altra un po' troppo giovane, una un po' troppo robusta, l'altra un po' troppo sottile, avanzarono, tenendosi per la vita, sorridendo. Vi furono esclamazioni e applausi. Nessuno, ad eccezione di Olivier Bertin, sapeva del ritorno di Annette di Guilleroy, e l'apparizione della fanciulla al fianco della madre, la quale da lontano sembrava fresca quasi come lei ed anche pi bella, perch, pur essendo un fiore troppo aperto, non aveva perduto il suo fulgore, mentre la ragazza appena sbocciata, cominciava solamente ora ad essere graziosa, le fece trovare attraenti tutte e due. La duchessa, estasiata batteva le mani, ed esclamava: Dio! Come sono adorabili e divertenti una vicino all'altra! Guardate, dunque signor di Musadieu, come si somigliano! Si fecero i confronti; due pareri si formarono subito. Secondo Musadieu, i Corbelle e il conte di Guilleroy, la contessa e sua figlia si assomigliavano solo per la carnagione, i capelli, ma soprattutto per gli occhi, che erano proprio gli stessi, ugualmente macchiettati di punti neri, simili a minuscole gocce di inchiostro cadute sull'iride azzurra. Ma, tra poco, appena la fanciulla fosse divenuta donna, non si sarebbero quasi pi somigliate. Secondo la duchessa, invece, ed anche per Olivier Bertin, esse erano simili in tutto, e solo la differenza di et le facevano apparire diverse. Il pittore diceva: cambiata da tre anni! Io non l'avrei riconosciuta, non oso darle del tu. La contessa si mise a ridere. Ah! questa poi, vorrei proprio vedere che deste del voi ad Annette! La fanciulla, la cui futura arroganza s'intravedeva gi sotto l'aria timidamente birichina, riprese:

Sono io che non oso pi dare del tu al signor Bertin. La madre sorrise. Mantieni questa cattiva abitudine, te la permetto. Rifarete presto amicizia. Ma Annette scuoteva la testa: No, no. Mi darebbe imbarazzo. La duchessa, dopo averla baciata, la esaminava con aria intenditrice e con un certo interesse. Via, piccola, guardami bene in faccia. S, hai proprio lo stesso sguardo di tua madre: non sarai male fra qualche tempo, quando avrai maggior uso di mondo. Devi ingrassare, non molto, ma un poco; sei magrolina. Oh! Non ditele questo. E perch? cos bello essere sottile! Io voglio cercare di dimagrire. Ma la signora di Mortemain si irrit, dimenticandosi nell'impeto della sua collera la presenza di una ragazza. Ah! Sempre la stessa cosa! Siete sempre rimasta alla moda delle ossa, perch si vestono meglio della carne. Io sono della generazione delle donne grasse! Oggi c' la generazione delle donne magre! Mi viene da pensare alle vacche d'Egitto. Ah! per bacco, non comprendo gli uomini che hanno l'aria di ammirare le vostre carcasse! Ai tempi nostri, domandavano di meglio. Tacque fra i sorrisi generali, poi riprese: Guarda la tua mamma, piccola, sta molto bene, proprio perfetta, imitala. Passarono nella sala da pranzo. Appena seduti Musadieu riprese la discussione. Io dico che gli uomini devono essere magri perch sono fatti per esercizi che esigono destrezza e agilit, incompatibili con l'obesit. Il caso delle donne alquanto diverso. Non siete d'accordo, Corbelle? Corbelle rimase perplesso, poich la duchessa era grassa, mentre sua moglie magrissima! Ma la baronessa venne in soccorso del marito, dichiarandosi risolutamente favorevole alla magrezza. L'anno precedente, aveva dovuto lottare contro un inizio di ingrassamento, subito bloccato. La signora di Guilleroy domand: Ditemi come avete fatto? La baronessa spieg il metodo impiegato da tutte le donne eleganti del momento. Non bisognava bere mangiando. Solamente un'ora dopo il pasto, era consentita una tazza di t, molto caldo, bollente. Tutte erano riuscite. Cit esempi clamorosi di donne grasse divenute in tre mesi pi sottili della lama di un coltello. La duchessa esasperata esclam: Dio! Che stupidit torturarsi cos! Voi non amate nulla, proprio nulla, neppure lo champagne. Sentiamo Bertin, voi che siete artista, cosa ne pensate? Mio Dio, signora, io sono pittore, ricopro con drappeggi, per cui mi indifferente. Se fossi scultore, mi lamenterei. Ma siete uomo, che cosa preferite? Io?... Un'eleganza un poco nutrita, quella che la mia cuoca chiama un buon pollastrello novello. Non grasso, ma pieno e gustoso. Il confronto fece ridere; ma la contessa incredula guardava la figlia, e mormorava: No, molto bello essere magre, le donne che rimangono magre non invecchiano. Fu discusso anche questo punto che divise in due pareri il gruppo. Tutti per furono quasi d'accordo su questo: una persona molto grassa non doveva dimagrire troppo rapidamente. Questa osservazione diede luogo ad una rassegna di donne conosciute, e a nuove recriminazioni sulla loro grazia, la loro eleganza, la loro bellezza. Musadieu giudicava la bionda marchesa di Lochrist incomparabilmente attraente, mentre Bertin considerava senza rivali la signora Mandelire, bruna dalla fronte bassa, gli occhi scuri e una bocca un poco grande in cui i denti sembravano rilucere. Era seduto vicino alla fanciulla, e, ad un tratto, volgendosi verso di lei: Ascolta bene, Annette, tutto ci che abbiamo detto, lo sentirai ripetere almeno una volta per settimana, finch sarai vecchia. In otto giorni, saprai a

memoria tutto ci che si pensa in societ di politica, delle donne, degli spettacoli e del resto. Non dovrai che cambiare i nomi delle persone, o i titoli delle opere, di quando in quando. Quando avrai ascoltato tutti noi esporre e difendere le proprie opinioni, sceglierai serenamente la tua, fra quelle che si debbono avere, e poi non avrai pi bisogno di pensare a nulla, mai; dovrai solamente riposarti. La piccola, senza rispondere, lev su lui uno sguardo malizioso, in cui brillava una intelligenza giovane e fresca, tenuta al guinzaglio, ma pronta a slanciarsi. Ma la duchessa e Musadieu, che giocavano con le idee, come a palla, senza accorgersi che si rilanciavano sempre le stesse, protestarono in nome del pensiero e dell'attivit umana. Allora Bertin si sforz di dimostrare come l'intelligenza della gente di societ, anche la pi istruita, fosse senza valore, poco alimentata, circoscritta, come le loro convinzioni fossero scarsamente fondate, la loro attenzione per le cose spirituali fosse tenue e indifferente, i gusti mutevoli e incerti. Colto da uno di quegli attacchi d'indignazione, per met veri e per met simulati, provocati anzitutto dal desiderio di essere eloquente, e riscaldati subito dopo da una logica chiara, resa oscura normalmente dalla bonariet, egli dimostr come le persone che hanno quale unica occupazione nella vita fare visite e pranzare fuori, devono divenire, per una irresistibile fatalit, esseri frivoli e educati, ma banali, inutilmente agitati da preoccupazioni, principi e desideri superficiali. Dimostr che niente per loro profondo, ardente, sincero: che la loro cultura intellettuale inesistente, e l'erudizione una semplice vernice, essi rimangono, insomma, dei manichini, che danno l'illusione e hanno l'apparenza di esseri dalle doti eccezionali, mentre non lo sono affatto. Spieg come le deboli radici dei loro istinti essendosi formate nel convenzionalismo, e non nella realt, essi non amino veramente nulla, come il lusso stesso della loro esistenza fosse una soddisfazione della vanit, e non l'appagamento di un bisogno raffinato del corpo, poich nelle loro case si mangia male, e si bevono vini cattivi, pagati a carissimo prezzo. Essi vivono, prosegu, accanto a tutto, senza vedere niente e partecipare a niente; accanto alla scienza, che ignorano; accanto alla natura che non sanno guardare; accanto alla felicit, perch non riescono con intensit a godere nulla; accanto alla bellezza del creato e alla bellezza dell'arte di cui parlano senza essersene mai accorti e addirittura senza credervi, poich ignorano il piacere di gustare le gioie della vita e della intelligenza Sono incapaci di legarsi a una cosa, sino ad amarla come esclusiva, di interessarsi a niente, sino ad essere illuminati dalla felicit di capire. Il barone di Corbelle ritenne doveroso prendere le difese della buona societ. Lo fece con argomenti privi di consistenza e indiscutibili, argomenti inafferrabili che si fondono davanti alla ragione come neve sul fuoco; argomenti assurdi e trionfanti, da curato di campagna che spiega l'esistenza di Dio. Per finire, paragon la gente di societ ai cavalli da corsa, che non servono a nulla, per dire il vero, ma rappresentano la gloria della razza equina. Bertin, imbarazzato da quell'avversario, si era chiuso ora in un silenzio sprezzante e cortese. Ma, improvvisamente, la stupidaggine del barone lo provoc, e interrompendo abilmente il suo discorso, si mise a raccontare dal momento della sveglia fino a quando si corica, senza omettere nulla, la vita di un uomo di mondo. Tutti i particolari, colti con finezza, disegnavano un profilo di una comicit irresistibile. Si vedeva il signore vestito dal suo cameriere esprimere prima al barbiere che veniva a raderlo alcune vaghe idee, poi, al momento della passeggiata mattutina, interrogare gli stallieri sulla salute dei cavalli, poi trottare per i viali del Bois, con la sola preoccupazione di salutare e di essere salutato, poi far colazione insieme alla moglie a sua volta uscita in coup, parlandole solamente per enumerare le persone viste nella mattinata; poi arrivare fino a sera passando di salotto in salotto per ritemprare la propria intelligenza nelle relazioni con i suoi simili, e pranzare da un principe dove si era discusso l'atteggiamento dell'Europa, per terminare quindi la serata nel focolaio della danza, alla Opra, dove le sue timide pretese di viveur erano soddisfatte innocentemente dalla apparenza di un luogo equivoco.

Il ritratto era talmente esatto, senza che l'ironia risultasse oltraggiosa per qualcuno, che tutti ridevano attorno al tavolo. La duchessa, scossa dall'allegria tipica delle persone grasse, aveva dei brevi sussulti discreti nel petto. Infine disse: davvero troppo divertente, mi farete morire dal ridere. Bertin, molto eccitato, replic: Oh! Signora, in societ non si muore dal ridere. gi molto se si ride. Si ha, per buon gusto, la compiacenza di avere l'aria divertita e di fingere di ridere. Il ghigno imitato abbastanza bene, ma non lo si fa mai. Andate nei teatri popolari, l vedrete ridere! Andate fra i borghesi che si divertono, vedrete ridere sino alla soffocazione! Andate nelle camerate dei soldati, vedrete uomini che stanno soffocando con gli occhi pieni di lacrime torcersi sul letto davanti alle farse di un burlone. Ma nei nostri salotti non si ride. Vi ho detto che si finge tutto, anche il riso. Musadieu l'interruppe: Scusate, ma siete severo! Voi stesso, mio caro, mi sembra che non disprezziate questo mondo che criticate cos bene. Bertin sorrise. A me piace, disse. E allora? Mi disprezzo un poco come un meticcio di razza dubbia. Tutto questo non che una posa, disse la duchessa. E siccome egli si difendeva da quella accusa, ella mise fine alla discussione, dichiarando che tutti gli artisti amavano far prendere alla gente lucciole per lanterne. La conversazione, allora, divenne generale, sfior tutti gli argomenti: banali e dolci, amichevoli e discreti, e siccome il pranzo era terminato, la contessa ad un tratto esclam, indicando i bicchieri pieni davanti a lei: Vedete, non ho bevuto affatto, neppure una goccia: vedremo se dimagrir. La duchessa, furente, volle obbligarla ad inghiottire un sorso o due d'acqua minerale: ma invano, ed ella esclam: Oh! Che sciocca! Ecco che sua figlia le fa girare la testa. Ve ne prego, Guilleroy, impedite a vostra moglie di fare una tale follia. Il conte, che stava spiegando a Musadieu il sistema di una trebbiatrice meccanica inventata in America, non aveva inteso. Che follia, duchessa? La follia di voler dimagrire. Egli rivolse alla moglie uno sguardo benevolo e indifferente. Il fatto che non ho l'abitudine di contraddirla. La contessa si era alzata, prendendo il braccio del suo vicino; il conte offr il suo alla duchessa, e passarono nel salone, poich il salottino in fondo era riservato ai ricevimenti di giorno. Era una stanza vastissima molto illuminata. Le quattro pareti ricoperte di grandi pannelli di seta azzurra chiara a disegni antichi, dalle cornici bianche e oro, assumevano sotto la luce delle lampade e del lampadario un colore lunare dolce e vivo. In mezzo alla parete principale, il ritratto della contessa dipinto da Olivier Bertin, sembrava dominare, animare la sala. Era proprio nel posto giusto, diffondeva nell'aria stessa del salone il suo sorriso di donna giovane, la grazia dello sguardo, il delicato fascino sprigionantesi dai capelli biondi. D'altronde era quasi divenuta un'abitudine, una specie di rito, come il segno della croce quando si entra in chiesa, complimentarsi con il modello per l'opera del pittore, ogni volta che ci si fermava davanti. Musadieu non vi trasgrediva mai. Poich la sua opinione di esperto governativo aveva il valore di perizia legale, si sentiva in obbligo di affermare spesso, con convinzione, la superiorit di quel dipinto. Davvero, egli disse, proprio il pi bel ritratto moderno che conosco. C' dentro una prodigiosa vitalit. Il conte di Guilleroy, nel quale l'abitudine di sentir vantare quella tela aveva radicato la convinzione di possedere un capolavoro, si avvicin per ribadire le lodi, e, per un minuto o due, accumularono tutte le espressioni convenzionali e tecniche per celebrare le qualit apparenti ed intenzionali di quel quadro. Tutti gli occhi, alzati verso la parete, sembravano rapiti di ammirazione, e Olivier Bertin, abituato a quelle lodi, alle quali prestava la stessa

attenzione che si pone nelle domande sulla salute quando ci si incontra per strada, raddrizzava tuttavia la lampada a riflettore sistemata davanti al ritratto per illuminarlo, dato che il domestico l'aveva posata, per negligenza, leggermente di traverso. Quindi, si sedettero, e poich il conte si era avvicinato alla duchessa, questa gli disse: Credo che mio nipote verr a prendermi, ed a chiedervi una tazza di t. Le loro aspirazioni si erano da qualche tempo trovate e intuite senza essersele ancora confidate, neppure con sottintesi. Il fratello della duchessa di Mortemain, il marchese di Farandal, dopo essersi quasi interamente rovinato al gioco, era morto per una caduta da cavallo, lasciando una vedova e un figlio. Questo giovane, ora ventottenne, era il pi ambito direttore di cotillon d'Europa, perch lo si faceva andare talvolta a Vienna e a Londra per coronare con giri di valzer i balli principeschi, nonostante fosse quasi povero, rimaneva per la situazione sociale, per famiglia, per nome, per le sue parentele quasi regali, uno degli uomini pi ricercati e invidiati di Parigi. Bisognava consolidare questa fama troppo giovanile, di ballerino e di sportivo, e, dopo un matrimonio ricco, ricchissimo, sostituire i successi mondani con quelli politici. Una volta deputato, il marchese sarebbe divenuto, per questo solo fatto, una colonna del futuro trono, un consigliere del re, uno dei capi del partito. La duchessa, bene informata, conosceva l'enorme ricchezza del conte di Guilleroy, risparmiatore oculato, che abitava in un semplice appartamento quando avrebbe potuto vivere da gran signore nel pi bel palazzo di Parigi. Era a conoscenza delle sue speculazioni sempre felici, del suo sottile fiuto di finanziere, della sua partecipazione agli affari pi fruttuosi svolti da dieci anni a quella parte, e le era venuta l'idea di far sposare al nipote la figlia del deputato della Normandia, cui quel matrimonio avrebbe dato un'influenza preponderante nella societ aristocratica del seguito dei principi. Guilleroy, che aveva fatto un ricco matrimonio, e moltiplicato con abilit una notevole fortuna personale, nutriva ora altre ambizioni. Credeva nel ritorno del re e voleva per quel giorno essere in grado di approfittare dell'avvenimento nel modo pi completo. Come semplice deputato, era molto considerato. Come suocero del marchese di Farandal, i cui antenati erano stati i servitori fedeli e preferiti della casa reale di Francia, sarebbe asceso al primo rango. L'amicizia della duchessa per sua moglie dava inoltre a quell'unione un prezioso carattere di intimit e, temendo che un'altra ragazza potesse piacere improvvisamente al marchese, aveva fatto ritornare la figlia per affrettare gli avvenimenti. La signora di Mortemain, comprendendo e indovinando i suoi progetti, prestava una tacita complicit, e quel giorno stesso, bench non fosse stata avvisata del ritorno improvviso della ragazza, aveva detto al nipote di venirla a prendere dai Guilleroy, per abituarlo, a poco a poco, a frequentare quella casa. Per la prima volta, il conte e la duchessa parlarono, anche se non apertamente, dei loro desideri, e lasciandosi, avevano concluso un trattato di alleanza. Dall'altra parte del salone, si rideva. Il signor di Musadieu raccontava alla baronessa di Corbelle la presentazione di un'ambasciata negra al presidente della repubblica, quando venne annunciato il marchese di Farandal. Questi comparve sull'uscio e si ferm. Con gesto del braccio rapido e abituale, si mise il monocolo sull'occhio destro, e ve lo lasci come per individuare il salone dove stava entrando, ma anche per dare forse alle persone che vi si trovavano il tempo di vederlo, e per mettere in risalto il suo ingresso. Poi, con un impercettibile movimento della guancia e del sopracciglio, lasci ricadere il pezzo di vetro appeso a un filo di seta nera, e avanz rapidamente verso la signora di Guilleroy, alla quale baci la mano tesa, inchinandosi profondamente. Altrettanto fece con sua zia, poi salut stringendo la mano a tutti, andando dall'uno all'altro con elegante disinvoltura. Era un ragazzo alto dai baffi rossi, gi un po' calvo, dall'aspetto militare, con atteggiamenti inglesi da sportivo. Si intuiva, vedendolo, uno di quegli uomini nei quali tutte le membra sono pi esercitate della mente, e che

amano solo le cose in cui si sviluppano la forza e l'attivit fisica. Tuttavia, era istruito, poich aveva imparato ed imparava ancora ogni giorno, con grande sforzo mentale, tutto ci che gli sarebbe stato utile sapere pi tardi: la storia, accanendosi sulle date e fraintendendo l'insegnamento dei fatti, e le nozioni elementari di economia politica necessarie per un deputato, l'a b c della sociologia ad uso delle classi dirigenti. Musadieu lo stimava, e diceva: Sar un uomo di valore. Bertin apprezzava la forza e la destrezza. Frequentavano la stessa sala d'armi, cacciavano spesso insieme e si incontravano a cavallo nei viali del Bois. Tra loro era dunque nata una simpatia di gusti comuni, quella massoneria istintiva generata fra due uomini da un soggetto di conversazione sempre pronto, gradevole per entrambi. Quando il marchese venne presentato ad Annette di Guilleroy, ebbe improvvisamente il sospetto degli intrighi della zia, e, dopo essersi inchinato, la osserv con un rapido sguardo da intenditore. La giudic graziosa, e soprattutto piena di promesse, poich aveva diretto talmente tanti cotillon da intendersene di ragazze, e poteva predire quasi a colpo sicuro il futuro delle loro bellezze, come un esperto che assaggia un vino troppo acerbo. Scambi con lei soltanto alcune frasi insignificanti, poi si sedette vicino alla baronessa di Corbelle per spettegolare a bassa voce. Se ne andarono presto, e quando tutti furono usciti, la figlia a letto, i lumi spenti, i domestici risaliti nelle loro camere, il conte di Guilleroy, camminando per il salone rischiarato soltanto da due candele, trattenne a lungo la contessa, insonnolita su una poltrona, per spiegare le sue speranze, esaminare come comportarsi, prevedere tutte le combinazioni, le probabilit e le precauzioni da prendersi. Era tardi quando si ritir, lietissimo del resto per la sua serata, e mormorando: Credo proprio che sia un affare fatto! III Quando verrete, amico mio? Non vi vedo da tre giorni, e mi sembra troppo. Mia figlia, mi occupa molto, ma sapete che non posso stare senza di voi. Il pittore, che disegnava degli schizzi, sempre alla ricerca di un soggetto nuovo, rilesse il biglietto della contessa, poi, aperto il cassetto di uno scrittoio, lo depose sopra un mucchio di altre lettere accumulate dall'inizio della loro relazione. Si erano abituati, grazie alle facilitazioni della vita mondana, a vedersi quasi quotidianamente. Ogni tanto, ella andava da lui, e, lasciandolo lavorare, sedeva per un'ora o due nella poltrona, dove un tempo aveva posato. Ma siccome temeva alquanto le osservazioni dei domestici, preferiva per questi incontri quotidiani, per questi spiccioli d'amore, riceverlo in casa sua, o trovarlo in qualche salotto. Questi incontri, che sembravano sempre naturali al signor di Guilleroy, venivano combinati in anticipo. Almeno due volte la settimana, il pittore, pranzava dalla contessa con alcuni amici; il luned, la salutava regolarmente nel suo palco dell'Opra; poi si davano appuntamento in questa o quella casa, ove il caso li conduceva alla stessa ora. Egli sapeva le sere in cui lei non usciva, ed andava allora a prendere una tazza di t da lei, sentendosi come a casa propria, accanto alla sua veste, cos teneramente e sicuramente accolto in quell'affetto maturato, cos catturato dall'abitudine di trovarla da qualche parte, di passare vicino a lei qualche istante, di scambiare qualche parola, condividere qualche pensiero, che provava un bisogno incessante di vederla, bench la fiamma viva della sua tenerezza fosse da lungo tempo placata. Il desiderio della famiglia, di una casa animata, abitata, dei pasti in comune, delle serate in cui si conversa senza difficolt con persone conosciute da molto tempo, questo desiderio del contatto, della vicinanza, dell'intimit, che sonnecchia nel cuore di ogni uomo, e che ogni vecchio scapolo si porta appresso, di porta in porta, dai suoi amici, dove lascia un po' di se stesso, aggiungeva al suo affetto una forza di egoismo. In quella casa dove era amato, viziato, dove trovava tutto, poteva ancora riposare e mitigare la sua

solitudine. Da tre giorni non vedeva i suoi amici, che il ritorno della figlia doveva tenere molto occupati, e gi si annoiava, leggermente seccato che non lo avessero invitato prima, anche perch era molto discreto nel non sollecitarli per primo. La lettera della contessa lo scosse come un colpo di frusta. Erano le tre del pomeriggio. Decise immediatamente di recarsi da lei, per trovarla prima che uscisse. Comparve il cameriere, chiamato da un suono di campanello. Che tempo fa, Joseph? Bellissimo, signore. Caldo? S, signore. Panciotto bianco, giacca blu, cappello grigio. Era sempre molto elegante; ma bench fosse vestito da un sarto dallo stile corretto, il solo modo di portare gli abiti, di camminare con il ventre stretto in un panciotto bianco, l'alto cappello di feltro grigio, buttato un poco all'indietro, sembrava subito far notare che era artista e scapolo. Quando giunse dalla contessa, gli fu detto che si stava preparando per fare una passeggiata al Bois. Scontento, attese. Secondo l'abitudine, si mise a camminare per il salotto, andando da una sedia all'altra, o dalle finestre alle pareti, nella grande stanza resa oscura dalle tende. Su aggraziati tavolini dai piedi dorati, gingilli di ogni specie, inutili, eleganti e costosi, stavano in ricercato disordine. Antiche scatolette dorate tutte lavorate, tabacchiere con miniature, statuette di avorio, poi oggetti in argento opaco modernissimi, spassosamente severi, di tipico gusto inglese: una minuscola stufa da cucina, e sopra, un gatto che beve in una casseruola, un portasigarette a forma di grosso pane, una caffettiera per mettere i fiammiferi, e poi, in uno scrigno, tutti gli ornamenti per bambola, collane, braccialetti, anelli, spille, orecchini con brillanti, zaffiri, rubini, smeraldi, una microscopica fantasia che sembrava eseguita da gioiellieri lillipuziani. Ogni tanto, toccava un oggetto, donato da lui per qualche anniversario, lo prendeva, lo maneggiava, lo esaminava con indifferenza pensierosa, poi lo riponeva a posto. In un angolo alcuni libri aperti di rado, lussuosamente rilegati, s'offrivano alla mano sopra un tavolino con un solo piede, davanti a un piccolo divano rotondo. C'era anche su quel mobile la Revue des Deux Mondes, come se fosse stata letta e riletta, poi altre pubblicazioni non ancora tagliate: le Arts modernes, che si devono acquistare unicamente per il prezzo dato che l'abbonamento costa quattrocento franchi all'anno, e la Feuille libre, sottile rivista dalla copertina azzurra, in cui si esprimono i poeti pi nuovi, che si chiamano gli snervati. Tra le due finestre, la scrivania della contessa, mobile civettuolo del secolo scorso, su cui ella scriveva le risposte alle domande urgenti portate durante i ricevimenti. Alcune opere erano posate anche su quella scrivania, libri familiari, emblema dello spirito e del cuore della donna: Musset, Manon Lescaut, Werther; e per mostrare che non si era alieni alle sensazioni complicate e ai misteri della psicologia, Les Fleurs du mal, Le Rouge et le Noire, La femme au XVII sicle, Adolphe. Accanto ai volumi, un delizioso specchietto portatile, capolavoro d'oreficeria, il cui lato riflettente era appoggiato sopra un quadrato di velluto ricamato, affinch si potesse ammirare sul dorso un singolare lavoro d'oro e argento. Bertin lo prese e vi si guard. Da alcuni anni invecchiava terribilmente, e bench giudicasse il proprio volto pi interessante di un tempo, incominciava a rattristarsi per l'appesantimento delle guance e per le rughe della pelle. Una porta si apr dietro a lui. Buon giorno, signor Bertin, disse Annette. Buon giorno, piccola, stai bene? Benissimo, e voi? Come, apposta non mi dai del tu? No, sul serio, mi imbarazza. Evvia, dunque!

S, mi imbarazza, voi mi intimidite. E perch? Perch... perch non siete abbastanza giovane, n abbastanza vecchio!... Il pittore si mise a ridere. Davanti a questa ragione, non insisto pi. Ella arross all'istante, sino alla parte bianca della pelle dove spuntano i primi capelli, e riprese, confusa: La mamma mi ha incaricata di dirvi che scende subito, e di chiedervi se volete venire al Bois de Boulogne con noi. S certamente, siete sole? No, con la duchessa di Mortemain. Benissimo, accetto. Allora permettete che vada a mettermi il cappello? Va, bambina mia. Era appena andata via quando entr la contessa con il volto velato, pronta per uscire. Gli porse le mani. Non vi si vede pi. Cosa fate? Non volevo disturbarvi in questo momento. Olivier! e nel modo con cui pronunci Olivier, ella mise tutti i suoi rimproveri, tutto il suo affetto. Siete la donna migliore del mondo! egli disse, commosso dall'intonazione con cui era stato pronunciato il sua nome. Risolta quella piccola questione di cuore, ella riprese con tono mondano: Andremo a prendere la duchessa nel suo palazzo, poi faremo un giro nel Bois. Dovremo insegnare tutto a Annette. Il landau attendeva sul portone. Bertin sedette di fronte alle due donne, e la carrozza part in mezzo al rumore dei cavalli scalpitanti sotto la volta sonora. Lungo il grande viale che scende verso la Madeleine, tutta l'allegria della recente primavera sembrava discesa dal cielo sugli esseri viventi. L'aria tiepida e il sole davano agli uomini un'aria festiva, alle donne un'aria innamorata, facevano far capriole ai monelli e ai garzoni che, deposti i canestri sulle panchine, correvano a giocare con i loro coetanei, i giovani teppisti; i cani sembravano avere premura; i canarini nelle portinerie cantavano a squarciagola; solo i vecchi ronzini dei fiacre procedevano con andatura spossata, con trotto da moribondi. La contessa mormor: Oh! Che bella giornata, com' bella la vita! Il pittore, nella gran luce del sole, contemplava la madre e la figlia, una dopo l'altra. Certo, erano diverse, ma nello stesso tempo talmente simili, che una era proprio la continuazione dell'altra, fatta dello stesso sangue, della stessa carne, animata dalla stessa vita. In particolare i loro occhi, quegli occhi azzurri macchiettati di piccole gocce nere, di un azzurro cos fresco nella figlia e leggermente scolorito nella madre, fissavano talmente bene su di lui lo stesso sguardo, quando parlava, che si aspettava di sentirle rispondere le medesime cose. Ed era sorpreso di constatare, facendole ridere e chiacchierare, che davanti a lui c'erano due donne molto diverse, una che aveva vissuto, l'altra che iniziava a vivere. No, non riusciva a vedere come sarebbe diventata quella fanciulla, una volta che la sua giovane intelligenza, influenzata da gusti ed istinti ancora sopiti, si fosse schiusa, si fosse aperta negli avvenimenti del mondo. Era una graziosa creaturina nuova, pronta al caso e all'amore, ignorata ed ignorante, che usciva dal porto come una nave mentre sua madre vi rientrava, dopo avere amato e attraversato l'esistenza. Si intener al pensiero che quella donna sempre bella, cullata in quel landau, nell'aria tiepida di primavera, avesse scelto lui ed ancora lo preferisse. Mentre le rivolgeva la sua riconoscenza con uno sguardo, lei lo indovin, ed egli credette di riconoscere un ringraziamento nel fruscio del suo abito. A sua volta, mormor: Oh s! Una bella giornata! Quando ebbero preso la duchessa, in rue de Varenne, filarono verso gli Invalides, traversarono la Senna e raggiunsero gli Champs Elyses, risalendo verso l'Arc de Triomphe dell'toile in mezzo a un mare di carrozze. La fanciulla si era seduta vicino a Olivier, all'indietro, e guardava quel

fiume di equipaggi, con occhi ingenui e avidi. Di tanto in tanto, quando la duchessa e la contessa accoglievano un saluto con un breve cenno del capo, domandava: Chi ? Lui le diceva i nomi: I Pontaiglin, i Puicelci, la contessa di Lochrist, la bella signora Mandelire. Percorrevano ora il viale del Bois de Boulogne in mezzo al rumore e alle scosse delle ruote. Gli equipaggi un poco meno serrati che all'Arc de Triomphe, sembravano lottare in una corsa incessante. I fiacre, i pesanti landau, gli equipaggi solenni, si superavano a vicenda, distanziati improvvisamente da una veloce victoria, trainata da un solo trottatore che trasportava a pazza velocit attraverso quella folla borghese o aristocratica che passava, attraverso tutte le classi, attraverso tutti i mondi e tutte le gerarchie, una donna giovane, indolente, il cui abito chiaro e audace gettava nelle carrozze che sfiorava uno strano profumo di fiore sconosciuto. Chi quella signora? domandava Annette. Non so, rispondeva Bertin, mentre la duchessa e la contessa si scambiavano un sorriso. Le foglie erano in germoglio, gli usignoli in dimestichezza con quel giardino parigino cantavano gi in mezzo alla natura rinnovata e, quando tutti si allinearono in fila al passo, avvicinandosi al lago, si svolse da carrozza a carrozza un interrotto scambio di saluti, sorrisi e parole gentili, ogni volta che le ruote si toccavano. Tutto ci sembrava ora lo scivolare di una flotta di barche, su cui erano sedute dame o signori molto accorti. La duchessa, la cui testa si chinava ad ogni istante davanti ai cappelli levati o alle fronti inclinate, sembrava passare in rivista e ricordare quello che sapeva delle persone, man mano che le sfilavano davanti. Guarda, piccola, ecco di nuovo la bella signora Mandelire, la bellezza della repubblica. In una carrozza leggera e civettuola, la bellezza della repubblica lasciava ammirare, con apparente indifferenza per questa gloria indiscussa, i suoi grandi occhi scuri, la fronte bassa sotto un casco di capelli neri, e la bocca volitiva un po' troppo pronunciata. Bellissima in ogni modo, disse Bertin. La contessa non amava sentirlo elogiare le altre donne. Alz dolcemente le spalle, e non rispose nulla. Ma la fanciulla, nella quale si risvegli subito l'istinto della rivalit, os dire: Io non trovo affatto. Il pittore si volt. Come? Non la trovi bella? No, sembra aver fatto un bagno nell'inchiostro. La duchessa rideva in visibilio. Bene piccola, sono sei anni che la met degli uomini di Parigi va in estasi davanti a quella negra! Credo che essi si facciano beffe di noi. Ecco guarda piuttosto la contessa di Lochrist. Sola in un landau con un barboncino bianco, gli occhi scuri, i lineamenti delicati, che da cinque o sei anni costituivano il tema per le esclamazioni dei suoi ammiratori, salutava con un sorriso fisso sulle labbra. Ma Annette ancora non si mostr entusiasta. Oh! disse. Non pi molto fresca. Bertin che di solito nelle discussioni quotidiane su quelle due rivali non sosteneva la contessa, s'irrit per quella sfrontatezza da monella: Accidenti, disse, che ti piaccia o no, una donna affascinante, e ti auguro di diventare bella quanto lei. Evvia, dunque, riprese la duchessa, voi notate le donne soltanto quando hanno passato i trent'anni. Annette ha ragione, le decantate solo quando sono appassite. Egli esclam: Permettete, una donna diventa veramente bella con gli anni, quando tutta la sua espressione venuta fuori. Sviluppando l'idea, che la prima freschezza solamente la vernice della bellezza che matura, egli prov come gli uomini di mondo non si ingannano quando prestano poca attenzione alle donne giovani in tutto il loro splendore, e come avessero ragione di proclamarle belle solo nell'ultimo periodo della loro fioritura.

La contessa lusingata, mormorava: Ha ragione, giudica dal punto di vista di un artista. Un volto giovane grazioso, ma sempre un poco banale. Il pittore continu, indicando in quale momento un viso perde a poco a poco la grazia indecisa della giovent, e acquista la forma definitiva, il carattere, la fisionomia. E ad ogni parola la contessa faceva s, chinando lievemente la testa con aria convinta; e pi egli affermava con calore da avvocato che perora, con l'animazione di una persona sospettata che difende la propria causa, pi lei l'approvava con lo sguardo e con il gesto, come se si fossero alleati, per sostenersi contro un pericolo, per difendersi contro un'opinione minacciosa e falsa. Annette non li ascoltava affatto, tutta occupata a guardare. Il suo volto, che cos spesso rideva, era divenuto grave e non diceva pi nulla, stordita di gioia in quel traffico. Quel sole, quel fogliame, quelle carrozze, quella bella vita, ricca ed allegra, tutto questo era per lei! Tutti i giorni avrebbe potuto andare cos, conosciuta, a sua volta, salutata, invidiata; e gli uomini, indicandola, forse avrebbero detto che era bella. Ricercava tutti coloro che le sembravano pi eleganti, e domandava sempre i nomi, senza occuparsi d'altro che di quelle sillabe riunite che, qualche volta, svegliavano in lei un'eco di rispetto e di ammirazione, perch li aveva letti spesso nei giornali o nella storia. Non riusciva ad abituarsi a quella sfilata di celebrit e n poteva del tutto credere che fossero vere, come se avesse assistito ad una rappresentazione. I fiacre le ispiravano disprezzo e ripugnanza, la infastidivano e l'irritavano, e, ad un tratto, disse: Trovo che dovrebbero consentire l'accesso qui solo alle carrozze padronali. Bertin rispose: Ebbene, signorina, che ne facciamo dell'uguaglianza, della libert e della fraternit? Fece una smorfia che voleva dire riguarda gli altri e riprese: Dovrebbe esserci un bosco per i fiacre, quello di Vincennes per esempio. Sei in ritardo, piccola, e ancora non sai che navighiamo in piena democrazia. D'altronde, se vuoi vedere il Bois privo di qualsiasi promiscuit, vieni al mattino, non vi troverai che il fior fiore della societ. E fece un quadro, uno di quelli che dipingeva cos bene, del Bois di mattina, con i cavalieri e le amazzoni, appartenenti a quel gruppo fra i pi scelti, dove tutti si conoscono per nome, nomignolo, parentado, titoli, virt e vizi, come se tutti vivessero nello stesso quartiere o nello stesso villaggio. Ci venite spesso?... chiese Annette. Spessissimo; davvero non c' nulla di pi incantevole a Parigi. Andate a cavallo la mattina? S. E poi, il pomeriggio fate delle visite? S. Allora, quando lavorate? Ma lavoro... qualche volta, e poi ho scelto una professione che asseconda i miei gusti. Dal momento che dipingo le belle signore, dovr pur vederle e seguirle un po' dappertutto. Ella mormor sempre senza ridere: A piedi o a cavallo? Bertin gett verso di lei uno sguardo distorto e soddisfatto, quasi a dire: Guarda, guarda, gi dello spirito, starai benissimo tu! Pass un soffio d'aria, proveniente da molto lontano, dalla vasta campagna non ancora sopita; e l'intero Bois fu percorso da un fremito, quel Bois civettuolo, freddoloso e mondano. Per alcuni secondi, quel brivido fece tremare le esili foglie sugli alberi e le stoffe sulle spalle. Tutte le donne, con movimento quasi identico, riportarono sulle braccia e sul seno i soprabiti caduti indietro; e i cavalli si misero a trottare da un capo all'altro del viale, come se la brezza acuta, che si levava, li avesse frustati toccandoli. Rapidamente tornarono indietro in mezzo ad un rumore argentino di briglie scosse, sotto l'ondata obliqua e rossa del sole calante. Rientrate a casa? disse la contessa al pittore di cui conosceva tutte le

abitudini. No, vado al circolo. Allora, vi lasceremo passando. Benissimo, grazie. E quando ci inviterete a colazione con la duchessa? Dite voi il giorno. Quel pittore in titolo delle parigine ribattezzato dagli ammiratori un Watteau realista e dai denigratori fotografo di abiti e mantelli riceveva spesso a colazione o a pranzo le belle donne di cui aveva riprodotto le sembianze ed altre ancora, ma tutte famose, tutte conosciute, che ravvivavano molto quelle piccole feste in una abitazione di scapolo. Dopodomani? Va bene, per voi dopodomani, cara duchessa? domand la signora di Guilleroy. Ma s, siete incantevole. Bertin non pensa mai a me per le sue feste. Si vede che non sono pi giovane. La contessa, abituata a considerare la casa dell'artista in parte come sua, riprese: Solo noi quattro; i quattro del landau: la duchessa, Annette, io e voi, non vero, grande artista? Noi soli, egli rispose scendendo, e vi far fare i gamberi all'alsaziana. Oh! darete dei vizi alla piccola. Egli salut in piedi davanti allo sportello, poi entr velocemente nel vestibolo della grande porta del circolo, lanci soprabito e bastone allo stuolo di domestici che si erano alzati come soldati al passaggio di un ufficiale, poi sal l'ampia scala, pass davanti a un'altra brigata di domestici in calzoni corti, spinse una porta e subito si sent vispo come un giovanotto, nell'udire, dal fondo del corridoio, un rumore continuato di fioretti incrociati, di chiamate di piedi, di esclamazioni lanciate da voci vigorose: Toccato! - A me. - Toccato. - Avanti. - A voi. Nella sala d'armi, i tiratori, vestiti di tela grigia, giubbetto di pelle, calzoni stretti alla caviglia, una specie di grembiale ricadente sul ventre, un braccio in aria, una mano ripiegata e nell'altra, resa enorme dal guanto, il sottile e flessibile fioretto, si allungavano e si raddrizzavano con la brusca agilit dei fantocci meccanici. Altri si riposavano conversando, ancora trafelati, rossi, sudati, con un fazzoletto in mano per asciugarsi la fronte e il collo; altri, ancora seduti sul divano quadrato che circondava la grande sala, guardavano gli assalti. Liverdy contro Landa, e il padrone del circolo, Taillade contro il grande Rocdiane. Bertin sorrideva, sentendosi in casa propria, e stringeva le mani. Vi sfido, gli grid il barone di Baverie. Sono a vostra disposizione, mio caro. E pass nello spogliatoio per cambiarsi. Da parecchio tempo non si era sentito cos agile e vigoroso, e, comprendendo che stava per fare un eccellente assalto, si affrettava con l'impazienza dello scolaro che si prepara a giocare. Quando ebbe davanti il suo avversario, lo attacc con grande veemenza, e, in dieci minuti, avendolo toccato undici volte, lo fece affaticare talmente tanto che il barone domand grazia. Quindi, tir con Punisimont e con il collega Amaury Maldant. La doccia fredda, poi, raggelando la sua carne ansimante, gli ricord i bagni dei vent'anni, quando si tuffava di testa nella Senna, dall'alto dei ponti della periferia in pieno autunno, per fare colpo sulla gente. Pranzi qui? gli domand Maldant. S. Abbiamo un tavolo con Liverdy, Rocdiane e Landa; sbrigati, sono le sette e un quarto. La sala da pranzo, piena di uomini, era tutta un brusio. C'erano tutti i nottambuli di Parigi, gli sfaccendati e quelli impegnati, insomma tutti coloro che dalle sette di sera in poi non sanno che cosa fare, e pranzano al circolo per agganciarsi, grazie ad un incontro casuale, a qualcosa o a qualcuno. Quando i cinque amici si furono seduti, il banchiere Liverdy, un uomo di quarant'anni, vigoroso e tozzo, disse a Bertin: Eravate arrabbiato questa sera! Il pittore rispose:

S, oggi farei cose sorprendenti. Gli altri sorrisero, e il paesaggista Amaury Maldant, un magrolino, calvo, con barba grigia, disse con arguzia: Anch'io ho sempre un ritorno di linfa in aprile, che mi fa spuntare qualche foglia, una mezza dozzina al massimo, poi si fonde in sensibilit; non ci sono mai frutti. Il marchese di Rocdiane e il conte di Landa lo compiansero. Entrambi, pi anziani di lui, di et indefinibile anche per l'occhio pi esperto, uomini di circolo, di cavallo e di spada, ai quali gli esercizi continuati avevano formato un corpo di acciaio, essi si vantavano di essere pi giovani, in tutto, dei rammolliti sbarbatelli della nuova generazione. Rocdiane, di buona famiglia, frequentava tutti i salotti, ma era sospettato di imbrogli finanziari di ogni genere, sposato, separato dalla moglie, che gli passava una rendita, amministratore di banche belghe e portoghesi, portava alteramente, sul suo vigoroso aspetto di don Chisciotte, un onore leggermente appannato di gentiluomo pronto a tutto, che ogni tanto ripuliva con il sangue di una scalfittura in un duello. Il conte di Landa, un colosso buono, fiero della sua statura e delle sue spalle, bench sposato e padre di due figli, si decideva con grande fatica a pranzare in casa tre volte la settimana, e rimaneva al circolo gli altri giorni, con i suoi amici, dopo la seduta in sala d'armi. Il circolo una famiglia, diceva, la famiglia di coloro che ancora non ce l'hanno, di coloro che non l'avranno mai, e di coloro che si annoiano nella loro. La conversazione, iniziata sul capitolo donne, si svolse da aneddoti a ricordi, e da ricordi a millanterie, sino alle confidenze indiscrete. Il marchese di Rocdiane lasciava intuire quali fossero le sue amanti con indicazioni precise, donne della buona societ di cui non diceva il nome, per farlo meglio indovinare. Il banchiere Liverdy indicava le sue con i loro nomi propri. Raccontava: Ero, in quel momento, in grande intimit con la moglie di un diplomatico. Ora, una sera lasciandola, le disse: mia piccola Marguerite... e si fermava in mezzo ai sorrisi, per poi riprendere: Evvia, mi sono lasciato sfuggire qualche cosa. Si dovrebbe avere l'abitudine di chiamare Sophie tutte le donne. Olivier Bertin, molto riservato, era solito dichiarare, quando lo interrogavano: Io mi accontento delle modelle. Fingevano di credergli, e Landa, un semplice donnaiolo, si esaltava al pensiero di tutti i bellissimi pezzi di ragazze che girano per le strade, e di tutte le altre che si spogliavano davanti al pittore, per dieci franchi all'ora. Man mano che le bottiglie venivano vuotate, tutti quei grigioni, come li chiamavano i giovani del circolo, tutti quei grigioni, dal viso accaldato, si accendevano, scossi da desideri eccitati e da brame in fermento. Rocdiane, dopo il caff, si abbandonava a indiscrezioni pi sincere, e dimenticava le dame della societ per magnificare le semplici cocottes. Parigi, diceva, con un bicchiere di kummel in mano, la sola citt dove un uomo non invecchia, la sola dove, a cinquant'anni, purch sia forte e ben conservato, trover sempre una monella di diciotto anni, bella come un angelo, pronta ad amarlo. Landa, ritrovando, nei liquori, il lato di Rocdiane che pi amava, lo approvava con entusiasmo, enumerando le ragazzine che lo adoravano ancora tutti i giorni. Ma Liverdy, pi scettico, e che pretendeva di sapere l'esatto valore delle donne, mormorava: S, lo vengono a dire a voi che vi adorano. Landa replic: Me lo provano, mio caro. Quel tipo di prova non conta. Per me sufficiente. Rocdiane gridava: Ma lo pensano, perbacco! Credete che una bella straccioncella di vent'anni, che fa gi la vita da cinque o sei anni, la vita a Parigi, ove tutti i nostri baffi le hanno insegnato e sviato il gusto dei baci, sappia ancora distinguere un uomo di trent'anni da uno di sessanta? Via dunque! Che

sciocchezza! Ne hanno visti e conosciuti troppi! Guardate! Posso scommettere che amano di pi, in fondo al cuore, ma veramente di pi, un vecchio banchiere che un giovane impomatato. Credete che sappiano, che riflettano su queste cose? Forse che gli uomini hanno un'et qui? Eh! Mio caro noi altri ringiovaniamo, con l'aumentare dei capelli bianchi, e pi diventeranno bianchi, pi ci diranno che ci amano, pi ce lo dimostreranno, e pi lo crederemo. Si alzarono da tavola congestionati e accesi dall'alcool, pronti a partire per tutte le conquiste, e cominciarono a fare programmi su come occupare la loro serata, Bertin suggeriva il circo, Rocdiane l'ippodromo, Maldant l'Eden e Landa le Folies-Bergre, quando un suono di violini che si accordavano, leggero, lontano, giunse sino a loro. Senti! Si fa dunque musica oggi al circolo? disse Rocdiane. S, rispose Bertin, se ci fermassimo dieci minuti, prima di uscire? Andiamo. Attraversarono un salotto, la sala da biliardo, una sala da gioco, poi giunsero in una specie di loggia, che dominava la galleria dei musicisti. Quattro signori, sprofondati nelle poltrone, attendevano gi con aria raccolta, mentre in basso, in mezzo alle file di sedie vuote, altri dieci discorrevano, in piedi o seduti. Il direttore d'orchestra batteva sul leggio, con piccoli colpi, l'archetto: quindi cominci. Olivier Bertin adorava la musica, come si adora l'oppio. Lo faceva sognare. Dal momento in cui il fiotto sonoro degli strumenti lo aveva lambito, si sentiva trascinato come da una specie di esaltazione nervosa, che rendeva il suo corpo e la mente incredibilmente vibranti. La immaginazione si scatenava pazzamente, inebriata dalle melodie, attraverso dolci fantasticherie e gradevoli digressioni. Con gli occhi chiusi, le gambe incrociate, le braccia abbandonate, ascoltava i suoni e vedeva delle cose passargli davanti agli occhi e nella mente. L'orchestra suonava una sinfonia di Haydn, e il pittore, appena ebbe abbassato le palpebre, rivide il Bois, la folla di carrozze attorno a lui, e di fronte, nel landau, la contessa e sua figlia. Udiva le loro voci, seguiva le loro parole, sentiva il movimento delle vetture, respirava l'aria piena dell'odore delle foglie. Tre volte il suo vicino, parlandogli, interruppe quella visione, che per tre volte ricominci, come ricomincia, dopo una traversata per mare, il rullio del battello nella immobilit del letto. Poi la visione si distese, si prolung in un viaggio lontano, con le due donne sempre sedute davanti a lui, ora in treno, ora alla tavola di un albergo straniero. Per tutta la durata dell'esecuzione musicale, esse lo accompagnarono cos, come se avessero lasciato durante quella passeggiata nel gran sole, l'immagine dei loro due volti impressa nel fondo dei suoi occhi. Un silenzio, poi un rumore di sedie smosse e di voci, scacciarono quel sogno vaporoso, ed egli scorse, sonnecchianti attorno a lui, i quattro amici, in pose ingenue di attenzione trasformata in sonno. Quando li ebbe risvegliati: Ebbene? disse, che cosa facciamo ora? Io, rispose con franchezza Rocdiane, ho voglia di dormire qui ancora un poco. Ed io pure, rispose Landa. Bertin si alz. Ebbene, io vado a casa, sono un po' stanco. Si sentiva, al contrario, animatissimo, ma desiderava andarsene per timore di finire la serata nel modo che ben conosceva: attorno al tavolo di baccar del circolo. Torn a casa dunque, e l'indomani, dopo una notte agitata, una di quelle notti che mettono gli artisti in quello stato di attivit celebrale chiamato ispirazione, decise di non uscire e di lavorare sino alla sera. Fu una giornata eccellente, una di quelle giornate di facile produzione, in cui l'idea sembra scendere nelle mani e fissarsi da s sulla tela. Con le porte chiuse, separato dal mondo, nella tranquillit del suo palazzo chiuso per tutti, nella quiete amica dello studio, con l'occhio sereno, la mente lucida, sovreccitato, attivo, egli gust quella felicit, concessa ai

soli artisti, quando danno vita alle proprie opere con gioia. Non c'era niente altro per lui, durante quelle ore di lavoro, che il pezzo di tela su cui nasceva un'immagine sotto la carezza dei pennelli, e provava, in quelle crisi di produttivit, una sensazione strana e soave di ricchezza, che si eleva e si propaga. La sera, sfinito come dopo una sana fatica, si coric col pensiero gradevole della colazione del giorno successivo. La tavola fu coperta di fiori, il men molto curato in onore della signora di Guilleroy, raffinata golosa, e, malgrado una resistenza energica, ma breve, il pittore costrinse le sue invitate a bere champagne. La piccola si ubriacher, diceva la contessa. La duchessa, indulgente, rispondeva: Mio Dio, dovr pur esserci una prima volta. Tutti, ritornando nello studio, si sentivano un poco agitati da quella leggera allegria che solleva come se facesse spuntare le ali ai piedi. La duchessa e la contessa, poich avevano una riunione al comitato delle madri francesi, avrebbero dovuto ricondurre la fanciulla a casa prima di recarsi alla societ, ma Bertin si offr di fare un giro a piedi con lei, riportandola poi al boulevard Malesherbes; ed uscirono insieme. Prendiamo la strada pi lunga, ella disse. Vuoi passeggiare nel Parc Monceau? un luogo molto piacevole: guarderemo i bimbi e le nutrici. Ma s, senz'altro. Varcarono, dall'avenue Velasquez, il cancello dorato e monumentale che funge da insegna e da entrata a quel gioiello di parco elegante, che apre in piena Parigi la sua grazia artificiale e verdeggiante, in mezzo ad una cornice di palazzi principeschi. Lungo i larghi viali, che snodano attraverso le aiuole e le rocce la loro curva sapiente, una folla di donne e uomini, seduti su sedie di ferro, guardano sfilare i passanti, mentre nei piccoli sentieri immersi nell'ombra, e serpeggianti come ruscelli, una schiera di fanciulli scava nella sabbia, corre, salta alla corda sotto l'occhio indolente delle balie e sotto lo sguardo apprensivo delle madri. Gli alberi enormi, arrotondati a cupola, quasi monumenti di foglie, i giganteschi ippocastani, dalle spesse fronde punteggiate di grappoli rossi o bianchi, gli aristocratici sicomori, i platani decorativi, dal tronco sapientemente tormentato, adornano con incantevoli prospettive i prati ondulati. Fa caldo, le tortorelle tubano nel fogliame, e si avvicinano di cima in cima, mentre i passeri si bagnano nell'arcobaleno attraverso cui il sole illumina il pulviscolo acqueo degli zampilli che irrugiada l'erba tenera. Sui piedistalli, le bianche statue sembrano felici in quella verde frescura. Un ragazzo di marmo estrae dal piede una spina introvabile, come se si fosse appena punto, mentre rincorreva la Diana, che fugge laggi verso il piccolo lago, imprigionato tra i boschetti, dove si cela un tempio in rovina. Altre statue si abbracciano, innamorate e fredde, sull'orlo delle rocce oppure sognano, con un ginocchio in mano. Una cascata spumeggia e precipita su graziose rocce. Un albero, spezzato come una colonna, coperto di edera, una tomba porta una iscrizione. I fusti di pietra eretti sulle aiuole ricordano l'Acropoli tanto quanto questo elegante piccolo parco ricorda le foreste selvagge. il luogo artificiale e grazioso dove gli abitanti della citt vanno a contemplare i fiori coltivati nelle serre, e ad ammirare, come si ammira in teatro lo spettacolo della vita, quell'amabile rappresentazione offerta dalla bella natura in piena Parigi. Olivier Bertin, da vari anni, veniva quasi ogni giorno in quel suo luogo preferito, per guardare le parigine muoversi nella loro vera cornice. un parco fatto per i begli abiti, diceva, le persone malvestite vi destano orrore. E vi gironzolava per ore, conoscendo tutte le piante e tutti gli abituali frequentatori. Camminava accanto ad Annette, lungo i viali, con l'occhio distratto dalla vita colorita e rumorosa del giardino. Oh, che amore! esclam Annette. Stava osservando un bimbo dai riccioli biondi che la guardava con occhi azzurri e un'aria sorpresa e incantata. Poi, pass in rivista tutti i bambini, e

il piacere che provava nel vedere quelle bambole viventi, ornate di nastri, la rendeva loquace e comunicativa. Camminava a piccoli passi, diceva a Bertin le sue impressioni, le sue idee sui piccoli, sulle bambinaie, sulle madri. I bimbi sani le strappavano esclamazioni di gioia, quelli pallidi l'impietosivano. Egli l'ascoltava, divertito da lei pi che dai bimbi stessi, e, senza dimenticarsi di essere pittore, mormorava: delizioso! pensando che avrebbe dovuto fare un quadro squisito, con un angolo del parco e un mazzo di balie, madri e bambini. Come mai non ci aveva pensato? Ti piacciono i monelli? le chiese. Li adoro. Vedendo come li guardava, comprese che le sarebbe piaciuto prenderli, baciarli, toccarli, un desiderio materiale e tenero da madre futura; e si stupiva di quell'istinto segreto, nascosto in quella carne di donna. Dato che Annette era disposta a parlare, si inform sui suoi gusti. Essa confess le sue speranze di successo e di gloria mondana con garbata ingenuit, desiderava dei bei cavalli, che conosceva quasi come un'esperta, poich l'allevamento occupava una parte della fattoria di Roncires; e non era preoccupata di trovare un fidanzato molto pi dell'appartamento che si sarebbe sempre trovato, nella infinit di case da affittare. Si avvicinavano al lago, dove due cigni e sei anatre nuotavano dolcemente, puliti e calmi come uccelli di porcellana, e passarono davanti a una giovane donna, seduta su una seggiola con un libro aperto sulle ginocchia, gli occhi fissi nel vuoto, e l'anima evidentemente rapita in una fantasticheria. Non si muoveva pi di un ritratto di cera. Brutta, umile, vestita come una ragazza modesta, non interessata a piacere, era forse un'istitutrice, partita per il paese dei sogni, trasportata da una frase o da una parola, che le aveva stregato il cuore. Senza dubbio seguitava, secondo la spinta delle sue speranze, l'avventura incominciata nel libro. Bertin si ferm sorpreso: Che bella cosa, disse, andarsene via cos! Erano passati davanti a lei. Tornarono indietro e ripassarono ancora senza che lei se ne accorgesse, tanto intensamente seguiva il volo lontano del suo pensiero. Il pittore disse ad Annette: Dimmi dunque piccola, ti annoierebbe posare per un ritratto una volta o due? Ma no, al contrario! Guarda bene quella signorina che va passeggiando per l'ideale. L, su quella sedia? S. Ebbene siederai anche tu su una sedia, aprirai un libro sulle ginocchia, e cercherai di fare come lei. Hai sognato, qualche volta ad occhi aperti? Certo. Che cosa? Egli cerc di farle rivelare le sue passeggiate nell'azzurro, ma lei non voleva rispondere, si sottraeva alle domande, guardava le anatre nuotare verso il pane gettato da una signora e sembrava imbarazzata, come se egli avesse toccato un suo punto debole. Poi, per mutare argomento, raccont la sua vita a Roncires, parl della nonna, alla quale faceva lunghe letture ad alta voce tutti i giorni, e che doveva essere ora molto sola e triste. Il pittore, ascoltandola, si sentiva felice come un uccello, felice come non lo era mai stato. Tutto ci che gli diceva, tutti i pi piccoli, futili e mediocri particolari di quella semplice vita di bambina, lo divertivano e lo interessavano. Sediamoci, disse. Sedettero vicino all'acqua. E i due cigni vennero a nuotare davanti sperando in qualche cosa da mangiare. Bertin sentiva risvegliarsi in s dei ricordi, quei ricordi scomparsi, annegati nell'oblio, e che d'improvviso, non si sa perch, ritornano. Sorgevano rapidi, di ogni sorta, nello stesso tempo, cos numerosi che provava la sensazione di una mano che andasse smuovendo la sua memoria limacciosa.

Si domandava perch avvenisse quel ribollio della sua vita trascorsa, che gi parecchie altre volte, meno di oggi per, aveva sentito e notato. Esisteva sempre una causa per quelle improvvise rievocazioni, una causa materiale e semplice, un odore, spesso un profumo. Quante volte un abito femminile gli aveva trasmesso passando, con l'effluvio evanescente di una essenza, tutta una serie di episodi cancellati! Anche in fondo a vecchi flaconi di profumi spesso aveva ritrovato particelle della propria esistenza; e tutti gli odori vaganti, quelli delle strade, dei campi, delle case, dei mobili, quelli dolci e quelli cattivi, gli odori caldi delle sere d'estate, quelli freddi delle serate invernali, rianimavano sempre in lui lontane reminiscenze, quasi che le essenze conservassero in s le cose morte imbalsamate, nella stessa maniera degli aromi che conservano le mummie. Era l'erba umida o gli ippocastani in fiore, che ravvivavano in quel modo il tempo trascorso? No. Allora, cosa? Doveva forse agli occhi quel risveglio? Cosa aveva visto? Nulla. Fra le persone incontrate, una forse rassomigliava a una figura di un tempo, e, senza averla riconosciuta, scuoteva nel suo cuore tutte le campane del passato. Non era un suono piuttosto? Molto spesso un piano forte udito per caso, una voce sconosciuta, perfino un organetto di Barberia che suonava su una piazza una vecchia aria, lo avevano bruscamente ringiovanito di vent'anni, gonfiandogli il petto di tenerezze dimenticate. Ma quel richiamo continuava incessante, inafferrabile, quasi irritante. Che c'era intorno a lui, accanto a lui, per ravvivare in tal modo le sue emozioni assopite? Fa un po' fresco, disse, andiamocene. Si alzarono, e si rimisero a camminare. Guardavano i poveri seduti sulle panchine, quelli per cui la sedia costituiva una spesa troppo forte. Annette, ora, li osservava anche lei, e si preoccupava per la loro esistenza, per la loro attivit, si stupiva che con un aspetto talmente miserabile, venissero cos ad oziare in quel bel giardino pubblico. E, ancora pi di prima Olivier ripercorreva il cammino degli anni trascorsi. Gli sembrava che una mosca gli ronzasse nelle orecchie, e le riempisse del brusio confuso dei giorni trascorsi. La fanciulla, vedendolo meditabondo, gli domand: Cosa avete? Sembrate triste. Ed egli trasal sino al cuore. Chi aveva pronunciato quelle parole? Lei o sua madre? Non la madre con la voce di ora, ma con la voce di un tempo, talmente cambiata da averla appena riconosciuta. Rispose sorridendo: Non ho nulla, tu mi diverti molto, sei molto graziosa, mi ricordi la tua mamma. Come non aver considerato prima quella strana eco della parola un tempo cos familiare che usciva ora da quelle nuove labbra! Parla ancora, disse. Di che? Dimmi cosa ti hanno insegnato le tue istitutrici. Le volevi bene? Ella si rimise a chiacchierare. Ed egli ascoltava, colto da un turbamento crescente, spiava, attendeva, in mezzo alle frasi di quella ragazzina quasi estranea al suo cuore, una parola, un suono, un riso che sembrassero rimasti in gola fino dalla giovinezza di sua madre. Ogni tanto aveva delle intonazioni che lo facevano fremere di stupore. Certo c'erano fra le loro parole delle diversit tali che egli non ne aveva, subito, notato le relazioni, tali che spesso non le confondeva pi assolutamente, ma quella differenza poneva ancora pi in rilievo i bruschi richiami del parlare materno. Finora aveva notato la rassomiglianza dei loro volti con occhio amichevole e curioso, ma ecco che il mistero di quella voce ridestata le confondeva in tal modo che, voltando la testa per non vedere la ragazza, si domandava se a volte non era la contessa a parlargli cos dodici anni prima. Poi, quando allucinato da quella evocazione si voltava verso di lei, ritrovava ancora, incontrando il suo sguardo, una parte di quel languore in cui lo gettavano, nei primi tempi del loro amore, le occhiate della madre. Avevano gi fatto tre volte il giro del parco ripassando sempre davanti alle stesse persone, alle stesse balie, agli stessi bambini.

Annette ora esaminava i palazzi che circondavano quel giardino e domandava i nomi di chi li abitava. Voleva sapere tutto su quelle persone, interrogava con avida curiosit, sembrava riempire di notizie la sua memoria di donna, e col volto illuminato dall'interesse ascoltava pi con gli occhi che con le orecchie. Ma, di fronte al padiglione che separa le due porte sul viale esterno, Bertin s'accorse che stavano per suonare le quattro. Oh! disse, bisogna rientrare. E giunsero lentamente al boulevard Malesherbes. Dopo avere lasciato la fanciulla, il pittore scese verso la place de la Concorde per fare una visita sull'altra riva della Senna. Canticchiava, aveva voglia di correre, avrebbe volentieri saltato le panchine, tanto si sentiva agile. Parigi gli sembrava splendente, pi bella che mai. Decisamente, pensava, la primavera d una patina nuova a tutto. Si trovava in uno di quei momenti in cui l'ingegno svegliato intuisce tutto con maggior piacere, in cui l'occhio vede meglio, e sembra pi sensibile e pi limpido, in cui si gusta una gioia pi viva nel guardare e nel sentire, come se una mano onnipotente avesse ravvivato tutti i colori della terra, rianimato tutti i movimenti degli esseri umani, e ricaricato in noi, come un orologio che si ferma, l'attivit delle sensazioni. Pensava, cogliendo con lo sguardo mille cose gradevoli: E dire che ci sono momenti in cui non trovo soggetti da dipingere! E si sentiva l'ingegno talmente aperto e lungimirante, che tutta la sua attivit artistica gli sembr banale, e pens d'esprimere la vita in un modo nuovo, pi vero e pi originale. E ad un tratto venne preso da una voglia di rientrare a casa e di lavorare, ritorn sui suoi passi e si rinchiuse nello studio. Ma, appena fu solo davanti alla tela incominciata, quell'ardore che poco prima gli bruciava il sangue si plac ad un tratto. Si sent stanco, sedette sul divano, e si mise a fantasticare. Quella specie di felice indifferenza in cui viveva, quella noncuranza di uomo soddisfatto per cui quasi tutti i bisogni sono appagati, si allontanava dal suo cuore lentamente, come se qualche cosa gli venisse a mancare. Sentiva la sua casa vuota e il grande studio deserto. Allora, guardandosi intorno, gli sembr di intravedere l'ombra di una donna, la cui presenza gli era cara. Da lungo tempo aveva dimenticato le inquietudini dell'amante che attende il ritorno dell'amata, ed ecco che, improvvisamente, la sentiva lontana e la desiderava vicina col sentimento di un giovane. Provava tenerezza nel ripensare a quanto si erano amati, e ritrovava in tutto quel vasto appartamento, dove ella era cos spesso venuta, innumerevoli ricordi di lei, dei suoi gesti, delle sue parole, dei suoi baci. Ricordava certi giorni, certe ore, certi momenti, e sentiva intorno a s il contatto delle sue carezze. Si rialz, non potendo pi stare fermo, e si mise a camminare pensando di nuovo che, malgrado quella relazione gli avesse cos bene riempito l'esistenza, egli restava molto solo, sempre solo. Dopo le lunghe ore di lavoro, quando si guardava intorno, stordito da quel risveglio dell'uomo che rientra nella vita, non vedeva o non sentiva che i muri alla portata delle sue mani e della sua voce. Aveva dovuto, non avendo una donna in casa e potendo incontrare solo con precauzione da ladro colei che amava, occupare il suo tempo libero in tutti i luoghi pubblici, dove si trovano, si comperano dei mezzi qualunque per riempire le ore. Si era creato delle abitudini al circolo, delle abitudini al circo e all'ippodromo, a giorno fisso, delle abitudini all'Opra, delle abitudini quasi dappertutto, pur di non rientrare in casa, dove sarebbe rimasto certo con gioia, se avesse potuto vivere accanto a lei. Un tempo, in certi momenti, di voluttuosa ebbrezza, aveva sofferto in modo crudele di non poterla prendere e tenere con s; poi, il suo ardore si era placato, e aveva accettato, senza ribellarsi, la loro separazione e la sua libert; in quel momento ne sentiva di nuovo la mancanza, come se avesse ricominciato ad amarla. E questo ritorno di tenerezza lo investiva cos improvvisamente, quasi senza ragione, perch fuori era bel tempo, e forse perch aveva riconosciuto poco prima la voce ringiovanita di quella donna. Quanto basta poco per commuovere il cuore di un uomo che invecchia, nel

quale il ricordo si trasforma in rimpianto! Come un tempo, sentiva il bisogno di rivederla ed era come una febbre che gli entrava nello spirito e nella carne; e si mise a pensare a lei proprio come fanno i giovani innamorati, esaltandola nel suo intimo ed esaltandosi egli stesso al fine di desiderarla maggiormente; poi prese la decisione, nonostante l'avesse vista il mattino, di andare a chiedere una tazza di t, quella sera stessa. Le ore gli sembravano lunghe e uscendo per recarsi al boulevard Malesherbes fu colto dal forte timore di non trovarla e di essere costretto a trascorrere anche quella sera tutto solo, come d'altronde ne aveva passate tante altre. Alla sua domanda: La contessa in casa? il domestico rispondendogli: S, signore lo riemp di gioia. Con voce raggiante disse: Sono ancora io, comparendo sulla soglia del salottino dove le due donne stavano lavorando sotto i paralumi rosa di una lampada a doppia fiamma di metallo inglese dal gambo alto e sottile. La contessa esclam: Come! Siete voi, che fortuna! Ma s. Mi sono sentito molto solo, e sono venuto. Come siete gentile! Attendete qualcuno? No... forse... non so mai. Egli era seduto e guardava con aria sprezzante il lavoro a maglia grigia che stavano confezionando rapidamente con i lunghi ferri di legno. Domand: Che cos'? Delle coperte. Per i poveri? S, certo. Sono molto brutte! Sono molto calde ! possibile, ma sono bruttissime, specialmente in un appartamento Luigi XV, dove tutto incanta l'occhio. Se non per i vostri poveri, almeno per i vostri amici dovreste rendere la carit pi elegante. Mio Dio, gli uomini! disse alzando le spalle; ma se ne preparano dappertutto in questo momento di simili coperte. Lo so bene, purtroppo. Non si pu pi fare una visita la sera senza vedere trascinare questo orribile cencio grigio sugli abiti pi graziosi e sui mobili pi civettuoli. Questa primavera abbiamo una beneficenza di cattivo gusto. La contessa, per vedere se era vero, distese la maglia sulla sedia vuota tappezzata di seta che le stava vicino, poi convenne con indifferenza: S, in effetti, brutta. E si rimise al lavoro. Le due teste vicine, chinate sotto le due lampade, ricevevano sui capelli un fascio di luce rosea che si spandeva sull'incarnato dei volti, sulle vesti e sulle mani in movimento, ed esse guardavano il loro lavoro con quella attenzione disinvolta e continua delle donne abituate ai lavori delle dita che l'occhio accompagna mentre il pensiero altrove. Ai quattro angoli della stanza quattro lampade di porcellana cinese, sorrette da antiche colonne in legno dorato, spandevano sulle tappezzerie una luce gradevole e uniforme, affievolita dai trasparenti merletti posati sui globi. Bertin prese una sedia molto bassa, una poltrona nana, nella quale poteva appena sedersi, ma che aveva sempre preferito per conversare con la contessa rimanendo quasi ai suoi piedi. Ella gli disse: Avete fatto una lunga passeggiata con Nan, oggi, nel parco. S. Abbiamo chiacchierato come vecchi amici. Mi piace molto vostra figlia. Vi assomiglia in tutto. Quando pronuncia certe frasi, si direbbe che abbiate dimenticato la vostra voce nella sua bocca. Mio marito me l'ha gi detto parecchie volte. Egli le guardava lavorare, immerse nel chiarore delle lampade, e il pensiero per cui spesso soffriva, e per cui aveva sofferto anche quel giorno,

l'angoscia della sua casa deserta, immobile, silenziosa, fredda, in qualsiasi periodo, nonostante il calore dei caminetti e dei caloriferi, lo rattrist come se, per la prima volta avesse compreso il suo isolamento. Oh! Come avrebbe voluto essere davvero il marito di quella donna, e non l'amante! Un tempo aveva desiderato rapirla, prenderla a quell'uomo, rubargliela completamente. Adesso era geloso di quel marito ingannato che sarebbe stato accanto a lei per sempre, nelle abitudini della sua casa e nella dolcezza del suo contatto. Guardandola, si sentiva il cuore colmo di cose passate che affioravano e che avrebbe voluto dirle. Veramente l'amava ancora, anche un poco di pi, oggi molto pi di un tempo, e il bisogno di esprimerle quel ringiovanimento di cui ella sarebbe stata cos contenta, gli faceva desiderare che la fanciulla venisse mandata a dormire il pi presto possibile. Posseduto dal desiderio di restare solo con lei, di avvicinarsi fino alle sue ginocchia sulle quali avrebbe posato la testa, di prenderle le mani dalle quali sarebbe scivolata la coperta dei poveri, i ferri di legno e il gomitolo di lana che sarebbe andato sotto una poltrona, a capo di un filo svolto, guardava l'ora, non parlava pi e trovava che davvero non era bene abituare le fanciulle a passare la serata con i grandi. Dei passi turbarono il silenzio del salotto vicino, e apparve la testa del domestico, che annunci: Il signor di Musadieu. Olivier Bertin prov un impercettibile impulso di rabbia, e quando strinse la mano dell'ispettore delle belle arti, prov il desiderio di prenderlo per le spalle e gettarlo fuori. Musadieu era pieno di notizie: il ministero stava per cadere, e si era sparsa la voce di uno scandalo sul marchese di Rocdiane. Soggiunse, guardando la fanciulla: Ve lo racconter pi tardi. La contessa alz gli occhi alla pendola e not che erano a momenti le dieci. tempo di andare a dormire, bimba mia, disse alla figlia. Annette, senza rispondere, pieg il lavoro a maglia, aggomitol la lana, baci la madre sulle guance, porse le mani ai due uomini e and via lesta quasi scivolando senza smuovere l'aria al suo passaggio. Appena fu uscita: Ebbene, il vostro scandalo? domand la contessa. Si raccontava che il marchese di Rocdiane, separato amichevolmente dalla moglie, che gli pagava una rendita da lui giudicata insufficiente, aveva trovato un modo sicuro e originale per farla raddoppiare. La marchesa, fatta spiare per suo ordine, s'era lasciata sorprendere in flagrante adulterio e aveva dovuto ricomprare con una nuova rendita il verbale steso dal commissario di polizia. La contessa ascoltava, con sguardo incuriosito, le mani immobili, tenendo sulle ginocchia il lavoro interrotto. Bertin, esasperato dalla presenza di Musadieu sin da quando la ragazza era uscita, si impazient, e con lo sdegno di chi a conoscenza e non ha voluto parlare ad alcuno di quella calunnia, afferm che si trattava di una odiosa menzogna, una vergognosa maldicenza che gli uomini di mondo non dovrebbero mai ascoltare n ripetere. Era adirato, in piedi davanti al caminetto, con l'aria nervosa di chi disposto a fare di quella storia una questione personale. Rocdiane era suo amico, e se si era potuto in certi casi rimproverargli la sua leggerezza, non si poteva accusarlo e nemmeno sospettarlo di alcuna azione veramente non chiara. Musadieu, sorpreso e imbarazzato, si difendeva, faceva marcia indietro, si scusava. Scusate, diceva, ma ho inteso questo racconto poco fa in casa della duchessa di Mortemain. Bertin domand: Chi lo ha raccontato? Una donna senza dubbio? No, niente affatto, il marchese di Farandal. E il pittore, incollerito rispose: Non mi stupisce affatto! Ci fu un momento di silenzio. La contessa si rimise a lavorare. Poi Olivier riprese con voce rabbonita: So per certo che falso. Non sapeva niente, dal momento che per la prima volta sentiva parlare di quell'avventura. Musadieu era in procinto di andarsene, avvertendo il pericolo della

situazione, e parlava gi di voler fare una visita ai Corbelle, quando il conte di Guilleroy apparve, di ritorno da un pranzo. Bertin sedette di nuovo, esausto, disperando questa volta di sbarazzarsi del marito. Sapete, disse il conte, del grande scandalo che circola stasera? Poich nessuno rispondeva, continu: Sembra che Rocdiane abbia sorpreso la moglie in conversazione colpevole e che le voglia far pagare assai cara questa indelicatezza. Allora Bertin, con aria afflitta, con un'amarezza che si rifletteva nella voce e nei gesti, posando una mano sul ginocchio di Guilleroy, ripet in termini amichevoli e pacati quanto aveva poco prima quasi gettato in faccia a Musadieu. E il conte, in parte convinto, seccato di avere ripetuto con sconsideratezza una cosa infondata e forse compromettente, scusava la propria ignoranza e la propria innocenza. Si raccontano infatti tante cose false e cattive! Subito tutti furono d'accordo sul fatto che la gente accusa, sospetta e calunnia con deplorevole facilit. E tutti e quattro sembrarono convinti, per cinque minuti, che tutti i pettegolezzi sono menzogne, che le donne non hanno mai gli amanti che le si attribuiscono, che gli uomini non commettono mai gli atti infamanti di cui vengono accusati, e che la superficie, insomma, molto peggio del fondo. Bertin, che non era pi seccato con Musadieu da quando era arrivato Guilleroy, gli disse parole adulatrici, port la conversazione sui soggetti da lui preferiti, apr la valvola della sua facondia. E il conte, soddisfatto, aveva la sensazione di essere un uomo che dovunque porta con s calma e cordialit. Due domestici, avvicinatisi con passo reso silenzioso dai tappeti, entrarono portando il tavolino del t sul quale l'acqua bollente fumava dentro un grazioso apparecchio lucidissimo, sulla fiamma azzurrognola di una lampada a spirito. La contessa si alz, prepar la bevanda calda con le precauzioni e le avvertenze insegnate dai russi, poi offr una tazza a Musadieu, un'altra a Bertin, e ritorn con dei piatti di sandwichs di foie gras, e piccoli pasticcini austriaci e inglesi. Il conte, avvicinatosi al tavolino portatile sul quale erano allineati anche sciroppi, liquori e bicchieri, si fece un grog, e poi discretamente, pass nella stanza vicina e scomparve. Bertin si trov nuovamente solo di fronte a Musadieu, e subito venne colto dal desiderio di cacciare fuori quel seccatore che, ormai in vena, perorava, seminava aneddoti, ripeteva battute, e egli stesso ne creava. E il pittore continuamente guardava la pendola, la cui lancetta lunga si avvicinava alla mezzanotte. La contessa vide il suo sguardo, comprese che voleva parlarle, e con quel tatto speciale delle donne di mondo, che sanno cambiare gradatamente il tono di una conversazione e l'atmosfera di un salotto, e far comprendere, senza dire nulla, quando si deve restare o quando meglio andar via, diffuse, con il suo atteggiamento, con l'espressione del viso e la stanchezza degli occhi, un senso di freddezza attorno a s, come se avesse aperto una finestra. Musadieu percep quella corrente di aria che raggelava le sue idee, e senza domandarsene il perch, sent la voglia di alzarsi e di andarsene. Bertin, per educazione, imit il suo gesto. I due uomini andarono via insieme, traversando i due salotti, seguiti dalla contessa che parlava sempre col pittore. Essa lo trattenne sulla soglia dell'anticamera per una qualsiasi spiegazione, mentre Musadieu, aiutato da un domestico, indossava il soprabito. Dato che la signora di Guilleroy seguitava a parlare sempre con Bertin, l'ispettore delle belle arti, dopo avere atteso qualche secondo davanti alla porta della scala tenuta aperta dall'altro domestico, si decise ad uscire unicamente per non restare in piedi dinanzi al cameriere. La porta venne chiusa dolcemente dietro a lui e la contessa disse all'artista con perfetta disinvoltura: Ma, in fondo, perch andate via cos presto? Non ancora mezzanotte. Restate dunque ancora un poco. E rientrarono insieme nel salottino. Appena si furono seduti: Dio! come mi ha irritato quell'animale, disse.

E perch? Mi prendeva un poco di voi. Oh! non molto. possibile, ma mi infastidiva. Siete geloso? Non necessario essere gelosi per trovare che un uomo di troppo. Aveva occupato di nuovo la sua poltroncina, e stavolta accanto a lei, maneggiava con le dita la stoffa del suo abito parlandole del soffio caldo che gli era passato nel cuore quel giorno. Essa l'ascoltava, sorpresa, rapita, e pos con dolcezza una mano nei suoi capelli bianchi che accarezzava lievemente, come per ringraziarlo. Vorrei tanto vivere accanto a voi! le disse. Pensava sempre a quel marito coricato, senza dubbio addormentato in una camera vicina, e soggiunse: Veramente non c' che il matrimonio per unire due esistenze. Essa mormor: Povero amico! Piena di compassione per lui e anche per se stessa. Egli aveva posato la guancia sulle ginocchia della contessa, e la guardava, con tenerezza un poco malinconica, un poco dolorosa, meno ardente di poc'anzi quando lo separavano da lei la figlia, il marito e Musadieu. Ella disse, con un sorriso, facendo scorrere le dita leggere sulla testa di Olivier: Dio, come siete bianco! I vostri ultimi capelli neri sono scomparsi. Ahim! lo so, se ne vanno rapidamente. Ella ebbe timore di averlo rattristato. Oh! d'altronde eravate grigio anche da giovane. Io vi ho sempre conosciuto sale e pepe. S, vero. Per cancellare del tutto la sfumatura di tristezza suscitata, ella si chin e sollevandogli la testa fra le due mani, copr la sua fronte di baci languidi e teneri, quei lunghi baci che sembrano non dover avere mai fine. Poi si guardarono, cercando di vedere nel fondo degli occhi il riflesso del loro affetto. Vorrei davvero, disse, passare un'intera giornata accanto a voi. Egli si sentiva afflitto in modo oscuro da un indefinibile bisogno di intimit. Aveva creduto, poco prima, che la partenza dei presenti sarebbe bastata per realizzare il desiderio destato sin dal mattino, ma ora che era solo con la sua amante, che aveva sulla fronte il tepore delle sue mani, e contro la guancia, attraverso il vestito, il tepore del corpo, ritrovava in s il medesimo turbamento, lo stesso desiderio d'amore sconosciuto e inafferrabile. E si immaginava che, fuori di quella casa, forse nei boschi dove sarebbero stati completamente soli, senza nessuno attorno, quell'inquietudine del cuore si sarebbe appagata e attutita. Ella rispose. Come siete infantile! Ma se ci vediamo quasi tutti i giorni. La supplic di trovare il modo di andare a colazione con lui, in qualche luogo nei dintorni di Parigi, come avevano gi fatto quattro o cinque volte. Ella si stup di quel capriccio, cos difficile da realizzare, ora che la figlia era tornata. Avrebbe provato, tuttavia, non appena il marito fosse andato ai Ronces, ma sarebbe stato possibile solo dopo l'inaugurazione del sabato seguente. E prima di allora, disse, quando vi vedr? Domani sera, dai Corbelle. Venite poi qui gioved, alle tre, se siete libero; poi credo che dovremo pranzare insieme venerd dalla duchessa. S, perfettamente. Egli si alz. Addio... Addio, amico mio. Egli restava in piedi senza decidersi ad andarsene, poich non aveva potuto esternarle quasi nulla di quanto era venuto a dirle, e la sua mente restava colma di cose inespresse gonfia di vaghe effusioni che non erano scaturite. Prendendole le mani ripet: Addio.

Addio, amico mio. Vi amo. Ella gli rivolse uno di quei sorrisi con cui una donna manifesta a un uomo, in un secondo, tutto ci che gli ha dato. Con animo appassionato, le ripet per la terza volta: Addio. E and via. IV Si sarebbe detto che, quel giorno tutte le carrozze di Parigi facessero un pellegrinaggio al palazzo dell'Industria. Sin dalle nove di mattina, arrivavano da tutte le vie, dai viali e dai ponti, verso quella sala delle belle arti dove il meglio della Parigi artistica invitava il meglio della Parigi mondana ad assistere all'inaugurazione di tremilaquattrocento quadri. La folla faceva la coda alle porte, e, ignorando la scultura, si dirigeva direttamente alle gallerie di pittura. Gi, mentre salivano i gradini, tutti alzavano gli occhi verso le tele esposte sui muri della scala, dove era situata la categoria speciale dei pittori da ingresso, in cui sono compresi coloro che avevano inviato sia opere di proporzioni insolite sia opere che non avevano avuto il coraggio di rifiutare. Il salone quadrato era tutto brulicante di gente eccitata e rumorosa. I pittori, presenti fino alla sera, erano riconoscibili dalla loro agitazione, dal timbro della voce, dall'autorit degli atteggiamenti. Iniziavano col trascinare gli amici per la manica verso i quadri che indicavano col braccio, con esclamazioni e una mimica sicura da conoscitore. Se ne vedevano di ogni specie, alcuni alti con i capelli lunghi, cappelli mosci, grigi o neri, dalle forme indefinibili, larghi e rotondi come un tetto, con le falde piegate che ombreggiavano la figura intera. Altri piccoli, attivi, smunti o tarchiati, con foulard, vestiti con casacche o infagottati in particolari costumi tipici degli artisti squattrinati. C'era il clan degli eleganti, degli impomatati, degli artisti del boulevard, il clan degli accademici, corretti e decorati con rosette rosse, enormi o microscopiche, a seconda del modo di concepire l'eleganza e le belle maniere, il clan dei pittori borghesi assistiti dalla famiglia stretta attorno al padre come un coro trionfale. Sui quattro pannelli giganteschi, le tele ammesse all'onore del salone quadrato abbagliavano sin dall'entrata, per la luminosit delle tinte e lo sfavillio delle cornici, per la crudezza dei colori nuovi resi pi vivi dalla vernice, accecanti sotto la luce violenta che cadeva dall'alto. Il ritratto del presidente della repubblica era di fronte alla porta, mentre su un altro muro, un generale con i galloni d'oro, un cappello con piume di struzzo e calzoni di panno rosso, si trovava vicino ad alcune ninfe completamente nude sotto i salici e ad una nave in difficolt, quasi inghiottita da un'onda. Un vescovo di altri tempi che scomunica un re barbaro, una strada orientale cosparsa di cadaveri di appestati, e l'ombra di Dante che si aggira per l'inferno, colpivano e trattenevano l'attenzione con una irresistibile violenza di espressione. Si vedeva ancora, nel locale immenso, una carica di cavalleria, dei tiratori in un bosco, vacche al pascolo, due gentiluomini del secolo scorso che si battono in duello all'angolo di una via, una pazza seduta su una pietra miliare, un prete che d i sacramenti a un moribondo, fiumi, un tramonto, mietitori, chiari di luna, un campionario insomma di tutto ci che hanno fatto, di tutto ci che fanno, di tutto ci che faranno i pittori sino alla fine del mondo. Olivier, in mezzo ad un gruppo di celebri colleghi, membri dell'Istituto e della giuria, scambiava pareri con essi. Era oppresso da un'ansia, da una inquietudine per l'opera che aveva esposto e della quale, nonostante le calorose felicitazioni, non capiva il successo. Si slanci. La duchessa di Mortemain era apparsa sulla porta d'ingresso. Essa gli domand: Non arrivata la contessa? Non l'ho vista. E il signor di Musadieu?

Neanche lui. Mi aveva promesso che si sarebbe trovato alle dieci in cima alla scala per guidarmi nelle sale. Duchessa, volete permettermi di sostituirlo? No, no. I vostri amici hanno bisogno di voi. Ci rivedremo tra poco, perch spero che faremo colazione insieme. Musadieu accorreva. Era stato trattenuto alcuni minuti nella galleria della scultura e si scusava, gi trafelato. E disse: Di qua, duchessa, di qua, cominciamo da destra. Erano appena spariti in un ondeggiare di teste, quando la contessa di Guilleroy, tenendo per il braccio la figlia, entr, cercando con lo sguardo Olivier Bertin. Questi le vide, le raggiunse, e salutandole: Dio, come siete belle! disse. Davvero, Nanette diventata molto pi bella. In otto giorni cambiata. Egli la guardava con occhio osservatore. E soggiunse: lineamenti si sono pi addolciti e affusolati, il colorito pi luminoso. gi molto meno bambina e molto pi parigina. Ma subito ritorn al grande avvenimento del giorno. Cominciamo da destra, cos raggiungeremo la duchessa. La contessa, perfettamente al corrente su quanto riguardava la pittura e preoccupata come un espositore, domand: Cosa si dice? Bel salone. Il Bonnat notevole, due eccellenti Carolus Duran, un Puvis de Chavannes ammirevole, uno sbalorditivo Roll nuovissimo, uno squisito Gervex, e molti altri, Braud, Cazin Duez, insomma un mucchio di belle cose. E voi? gli disse. Mi fanno dei complimenti, ma non sono contento. Voi non siete mai contento. S, qualche volta. Ma oggi, in verit, credo di aver ragione. Perch? Non so nulla. Andiamo a vedere. Quando arrivarono dinanzi al quadro - due contadinelle che si bagnavano in un ruscello - un gruppo era fermo ad ammirarlo. Essa ne fu felice, e a bassa voce: Ma delizioso, un gioiello, disse, non avete mai fatto nulla di meglio. Egli si stringeva a lei, amandola, riconoscente per ogni parola che affievoliva una sofferenza, che medicava una piaga. E nella mente gli corsero rapidi pensieri che lo convinsero come lei avesse ragione, come dovesse avere visto giusto con i suoi occhi intelligenti di parigina. Dimenticava, per rassicurare i propri timori, che da dodici anni egli appunto le rimproverava di ammirare troppo le leziosaggini, le raffinatezze eleganti, i sentimenti sfruttati, le sfumature bastarde della moda, e mai l'arte, l'arte sola, l'arte liberata dalle idee, dalle tendenze, dai pregiudizi mondani. Guidandole pi lontano: Continuiamo, disse. E le condusse per molto tempo di sala in sala, mostrando le tele, spiegando i soggetti, felice di essere tra loro, reso felice da loro. Ad un tratto la contessa domand: Che ora ? Mezzogiorno e mezzo. Oh! andiamo presto a colazione. La duchessa deve aspettarci da Ledoyen, dove mi ha incaricato di condurvi se non l'avessimo trovata nelle sale. Il ristorante, in mezzo a un isolotto di alberi e di arbusti, sembrava un alveare troppo pieno e vibrante. Un ronzio confuso di voci, di chiamate, di tintinnii di bicchieri e piatti, si spandeva intorno, usciva da tutte le finestre e da tutte le grandi porte aperte. Le tavole, una vicina all'altra, circondate da gente che stava mangiando, erano state distribuite in lunghe file a destra e a sinistra dello stretto passaggio dove i camerieri correvano storditi, agitati, tenendo, col braccio teso, vassoi colmi di carne, pesci o frutta. Sotto la galleria circolare c'era un tale numero di uomini e donne che parevano formare un impasto vivente. E tutti ridevano, chiamavano, bevevano e mangiavano, resi spensierati dal vino, inondati dalla felicit che scende su

Parigi, in certi giorni, insieme al sole. Un cameriere fece salire la contessa, Annette e Bertin nel salotto riservato dove li attendeva la duchessa. Entrando, il pittore scorse, accanto alla zia, il marchese di Farandal, premuroso e sorridente, che tendeva le braccia per ricevere gli ombrellini e i mantelli della contessa e di Annette. Ne prov un tale dispiacere, che ebbe voglia, improvvisamente, di dire cose sgradevoli e cattive. La duchessa spiegava come si era svolto l'incontro con il nipote e il commiato con Musadieu, portato via dal ministro delle belle arti, e Bertin, al pensiero che Annette avrebbe dovuto sposare quel bellimbusto di marchese il quale, era venuto per lei e la guardava come gi destinata al suo letto, si innervosiva e si ribellava come se i suoi diritti, diritti misteriosi e sacri, fossero stati misconosciuti. Appena furono a tavola, il marchese, seduto accanto alla fanciulla, si occup di lei con quell'aria premurosa degli uomini autorizzati a fare la corte. Aveva certi sguardi curiosi che al pittore sembravano audaci e indagatori, sorrisi quasi teneri e soddisfatti, una galanteria familiare e ufficiale. Nei modi e nelle parole appariva gi qualcosa di deciso, come l'annuncio di una prossima presa di possesso. La duchessa e la contessa sembravano proteggere e approvare quel comportamento da pretendente, e si scambiavano occhiate di complicit. Subito dopo colazione, tornarono all'esposizione. Nelle sale c'era una tale mischia di gente che pareva impossibile introdursi. Un calore umano, un odore dolciastro di pelli e di abiti invecchiati sui corpi, rendevano l'atmosfera nauseante e insopportabile. Non si guardavano pi i quadri, ma i volti e gli abiti; si cercavano le persone conosciute, e ogni tanto una pressione si produceva in mezzo a quella fitta moltitudine che, per un momento, si scostava per lasciar passare l'alta scala doppia dei verniciatori che gridavano: Attenzione signori; attenzione signore. Dopo cinque minuti, la contessa e Olivier si trovarono separati dagli altri. Egli voleva cercarli, ma lei disse, sostenendosi a lui: Non stiamo bene? Lasciamoli dunque, poich siamo d'accordo che, se ci perdiamo, ci troveremo alle quattro al buffet. vero, disse lui. Ma era preso dal pensiero che il marchese si trovasse in compagnia di Annette, e continuasse a intrattenerla con fatuit galante. La contessa mormor: Allora mi amate ancora? Egli rispose con aria preoccupata: Ma s, certamente. E cercava, al di sopra delle teste, di distinguere il cappello grigio di Farandal. Sentendolo distratto, e volendo riportare su di lei la sua attenzione, ricominci: Se sapeste come adoro il vostro quadro di quest'anno! E il vostro capolavoro. Egli sorrise, dimenticando subito i giovani, per non ricordarsi che della inquietudine del mattino. Davvero? Vi pare? S, lo preferisco a tutti. Mi ha dato molto da fare. Essa lo osann di nuovo, con parole carezzevoli, ben sapendo, da molto tempo, che per un artista niente pi importante dell'adulazione tenera e continua. Accattivato, risollevato, rallegrato da quelle parole dolci, ricominci a conversare, non vedendo che lei, non ascoltando che lei, in quella grande ressa ondeggiante. Per ringraziarla, le mormor in un orecchio: Ho una folle voglia di baciarvi. Essa venne invasa da un'eccitazione appassionata, e alzando su lui gli occhi scintillanti, ripet la domanda: Allora, mi amate ancora? Ed egli rispose, con l'intonazione che essa voleva e che non aveva affatto sentito prima:

S, vi amo, cara Any. Venite spesso a trovarmi la sera, ella disse. Adesso che ho mia figlia, non uscir molto. Da quando aveva inteso in lui quel risveglio inaspettato di tenerezza, era agitata da una grande felicit. Con i capelli bianchi di Olivier e l'acquietamento degli anni, ora temeva meno che venisse sedotto da un'altra donna, ma aveva una terribile paura che volesse sposarsi, per orrore della solitudine. Questa paura, gi vecchia, aumentava senza posa, faceva nascere nella mente di lei espedienti irrealizzabili per averlo il pi possibile vicino, ed evitare che trascorresse lunghe sere nel freddo silenzio della sua casa vuota. Non potendo sempre invitarlo e trattenerlo, gli suggeriva distrazioni, lo mandava a teatro, lo spingeva in societ, preferendo saperlo in mezzo alle donne, piuttosto che nella tristezza della sua casa. Ella soggiunse, rispondendo al suo segreto pensiero: Oh, se potessi tenervi sempre con me, come vi vizierei! Promettetemi di venire spessissimo, poich io non uscir mai pi. Ve lo prometto. Una voce le mormor, vicino all'orecchio: Mamma. La contessa trasal e si volt. Annette, la duchessa e il marchese li avevano raggiunti. Sono le quattro, disse la duchessa, mi sento molto affaticata e ho voglia di andarmene. La contessa soggiunse: Anch'io me ne vado, non ne posso pi. Raggiunsero la scala interna che parte dalle gallerie dei disegni e degli acquerelli, e domina l'immenso giardino dalle pareti di vetro dove erano esposte le sculture. Dalla piattaforma di questa scala, si scorgeva da un capo all'altro la gigantesca serra piena di statue situate nei passaggi, attorno ai gruppi di arbusti verdi, e al di sopra la folla che copriva il suolo dei viali come una marea ondeggiante e nera. I marmi spiccavano su quella coltre scura di cappelli e spalle, forandola in mille parti e sembravano luminosi, tanto erano bianchi. Mentre Bertin salutava le dame sulla porta di uscita, la signora di Guilleroy gli domand a bassa voce: Dunque, stasera venite? Ma s. E rientr nell'esposizione per parlare con gli artisti sulle impressioni della giornata. I pittori e gli scultori si erano raggruppati attorno alle statue, di fronte al buffet, e discutevano, come tutti gli anni, sostenendo o attaccando le stesse idee, con gli stessi argomenti, su opere quasi uguali. Olivier, che normalmente si animava in queste discussioni, avendo la prerogativa delle risposte e degli attacchi sconcertanti, e una reputazione di teorico arguto di cui andava fiero, fece di tutto per appassionarsi, ma ci che rispondeva per consuetudine non lo interessava pi di quello che ascoltava, e aveva voglia di andarsene, di non ascoltare pi, di non capire oltre poich sapeva gi cosa si sarebbe detto su quelle vecchie questioni artistiche delle quali conosceva tutti gli aspetti. Eppure, amava queste cose, o le aveva amate sino ad allora in maniera quasi esclusiva: ma quel giorno era distratto da una preoccupazione sottile ma tenace, una di quelle piccole inquietudini che sembrano non doverci riguardare, ma che sono l, malgrado tutto, per quanto si dica o si faccia, attaccate al pensiero come una spina invisibile conficcata nella carne. Aveva addirittura dimenticato la sua preoccupazione per le Bagnanti per ricordarsi solamente dell'importuno contegno del marchese nei confronti di Annette. Cosa gli importava dopo tutto? Aveva forse qualche diritto? Perch avrebbe dovuto impedire quel ragguardevole matrimonio, deciso in precedenza e conveniente sotto tutti i punti? Ma nessun ragionamento poteva cancellare quell'impressione di inquietudine e di insoddisfazione che l'aveva preso vedendo Farandal parlare e sor ridere come fidanzato, che accarezza con lo sguardo il viso della fanciulla.

La sera, quando entr dalla contessa e la trov sola con la figlia, che continuavano a lavorare, alla luce delle lampade, per i poveri, a fatica si trattenne dal fare osservazioni derisorie e cattive sul conto del marchese, e di svelare agli occhi di Annette tutta la sua banalit velata di eleganza. Da lungo tempo, in quelle visite dopopranzo, aveva spesso dei silenzi un po' sonnolenti e le pose rilassate del vecchio amico che non ha pi soggezione. Sprofondato nella poltrona, le gambe incrociate, la testa all'indietro, fantasticava parlando, e riposava, in quella tranquilla intimit, il corpo e la mente. Ma ecco che, d'improvviso, gli tornarono quel risveglio e quell'agitazione dell'uomo che si d da fare per piacere, che si preoccupa di ci che dice la gente e che davanti a certe persone ricerca parole pi brillanti o pi inconsuete per impreziosire i suoi concetti e renderli civettuoli. Non lasciava pi che la conversazione si trascinasse, ma la sosteneva e la ravvivava, incitandola con il suo spirito, e, quando faceva ridere di cuore la contessa e sua figlia, o quando interrompevano il lavoro per ascoltarlo, provava una sensazione di piacere, un piccolo brivido di successo che lo ricompensava della fatica. Ritornava adesso ogni volta che le sapeva sole e forse mai aveva trascorso serate cos gradevoli. La signora di Guilleroy, i cui timori costanti erano calmati da questa assiduit, faceva ogni sforzo per attirarlo e trattenerlo. Rifiutava pranzi, balli, rappresentazioni, pur di avere la gioia di gettare nella cassetta del telegrafo, uscendo alle tre, il piccolo dispaccio azzurro che diceva: A fra poco. I primi tempi, volendo con cedergli pi presto il colloquio intimo che egli desiderava, mandava la figlia a coricarsi appena cominciavano a suonare le dieci. Poi, un giorno, essendo lui rimasto sorpreso e avendo chiesto ridendo che Annette non fosse pi trattata come una bambina disobbediente, concesse un quarto d'ora di grazia, poi mezz'ora, poi un'ora. D'altronde egli non si tratteneva molto tempo dopo il commiato della ragazza come se la met del fascino, che lo teneva in quel salotto, andasse via con lei. Accostando allora ai piedi della contessa la poltroncina bassa da lui preferita, sedeva vicino a lei e posava, di quando in quando, con fare tenero, una guancia sulle sue ginocchia. Lei gli dava una mano che Olivier teneva tra le sue, e placatasi d'improvviso la frenesia, egli cessava di parlare e sembrava riposarsi in un tenero silenzio per lo sforzo che aveva fatto. A poco a poco comprese perfettamente, con il suo istinto femminile che Annette lo attirava quasi quanto lei stessa. Non ne fu affatto seccata, felice che lui potesse trovare fra loro quella parte di famiglia di cui l'aveva privato; e lo imprigionava il pi possibile tra loro due, interpretando il ruolo della mamma, perch lui potesse supporsi quasi il padre di quella bambina, e perch una nuova sfumatura di tenerezza si aggiungesse a tutto ci che lo legava a quella casa. La sua civetteria, sempre all'erta, ma impensierita da quando aveva avvertito da tutte le parti, come delle fitte quasi impercettibili, gli innumerevoli attacchi dell'et, era diventata pi operosa. Per essere snella come Annette, seguitava a non bere pi, e l'effettivo dimagramento le aveva restituito, infatti, una figura da ragazzina, tanto che, viste di dietro si distinguevano appena; ma il volto dimagrito risentiva di quella dieta. La pelle tirata si era raggrinzita e aveva assunto un colore giallognolo che rendeva pi fulgente la superba freschezza della fanciulla. Allora ebbe cura del suo viso con i sistemi usati dalle attrici, e mentre di giorno il suo biancore appariva in tale maniera un poco sospetto, alla luce artificiale otteneva quello splendore artefatto e affascinante che attribuisce alle donne ben truccate una carnagione incomparabile. La constatazione di quella decadenza e l'uso di quell'accorgimento modificarono le sue abitudini. Evit il pi possibile i confronti in pieno sole, ricercandoli invece alla luce delle lampade, che le conferivano un vantaggio. Quando si sentiva affaticata, pallida, pi invecchiata del solito, si faceva venire delle emicranie compiacenti che le impedivano di recarsi ai balli o agli spettacoli; ma i giorni in cui si sentiva bella, trionfava e giocava a fare la sorella maggiore con una modestia grave di giovane madre. Per indossare sempre abiti quasi uguali a quelli della figlia, le regalava toilettes adatte per una giovane donna, troppo serie per lei, ma Annette, che rivelava sempre pi un carattere giovanile e allegro, le portava con vivacit

brillante, che la rendeva ancora pi carina. Si prestava con esultanza ai maneggi della civetteria materna, recitava con lei, istintivamente, graziose scenette, sapeva abbracciarla a tempo giusto, cingerle la vita con tenerezza, dimostrarle con un gesto, una carezza, una ingegnosa trovata, quanto fossero belle tutte e due, e quanto si rassomigliassero. C'erano momenti in cui Olivier Bertin, a forza di vederle insieme e di confrontarle incessantemente, giungeva quasi a confonderle. Talvolta, se la ragazza gli parlava mentre lui guardava altrove, era costretto a domandare: Chi ha parlato? Spesso, anche, si divertiva con il gioco della confusione, quando erano soli tutti e tre nel salotto dalle tappezzerie Luigi XV. Chiudeva allora gli occhi, e le pregava di rivolgergli uno stesso quesito, prima una poi l'altra, quindi cambiavano la disposizione delle domande, per vedere se riconosceva le voci. Esse sapevano trovare cos bene le stesse intonazioni, e dire le stesse frasi con gli stessi accenti, che spesso non indovinava. Erano infatti arrivate a parlare in modo talmente identico, che i domestici rispondevano: S, signora alla figlia e S, signorina, alla madre. A forza di imitarsi per divertimento, e di copiare i rispettivi movimenti, avevano acquisito una tale somiglianza di modi e di gesti, che lo stesso signor di Guilleroy, quando vedeva passare una delle due sullo sfondo scuro del salotto, le confondeva continuamente, e domandava: Sei tu, Annette, o tua madre? Da questa rassomiglianza naturale e voluta, reale e meditata, era sorta nello spirito e nel cuore del pittore, la strana impressione di un essere duplice, vecchio e nuovo, conosciutissimo e quasi ignorato, di due corpi formati, uno dopo l'altro, con la stessa carne, della stessa donna che si perpetuava, ringiovaniva, ridiventava quella che era stata. E viveva accanto a loro, diviso tra le due, inquieto, turbato, provando un entusiasmo risvegliato per la madre, e coprendo la figlia di una oscura tenerezza. PARTE SECONDA

I Parigi, 20 luglio, ore 11 di sera. Caro amico, mia madre appena morta a Roncires. Partiamo a mezzanotte. Non venite perch non avvertiamo nessuno. Ma compiangetemi e pensate a me. Vostra Any 21 luglio, mezzogiorno. Mia povera amica, sarei partito contro la vostra volont, se non fossi abituato a considerare i vostri desideri come ordini. Da ieri penso a voi con dolore intenso. Penso al viaggio taciturno che avete fatto questa notte davanti a vostra figlia e a vostro marito, in quel vagone appena rischiarato che vi conduceva verso la vostra morta. Vi ho visti tutti e tre sotto la lampada ad olio, voi piangente, e Annette singhiozzante. Ho visto l'arrivo alla stazione, l'orribile tragitto in carrozza, l'ingresso nel castello in mezzo ai domestici, il vostro slanciarvi sulle scale verso quella camera, verso quel letto dove essa distesa, il vostro primo sguardo su di lei, il vostro bacio sul suo volto magro e immobile. E ho pensato al vostro cuore, al vostro povero cuore, a quel povero cuore che per met mi appartiene e che si spezza, che soffre tanto, che respira a fatica e che anche a me fa tanto male in questo istante. Bacio con profonda tenerezza i vostri occhi pieni di lacrime. Olivier Roncires, 24 luglio. La vostra lettera mi avrebbe fatto del bene, amico mio, se qualcosa potesse farmi del bene, in questa disgrazia orribile che si abbattuta su di me. L'abbiamo seppellita ieri, e da quando il suo povero corpo senza vita uscito da questa casa, mi sembra di essere sola sulla terra. Si ama la propria

madre quasi senza saperlo, senza comprenderlo, perch naturale come vivere; e avvertiamo la profondit delle radici di tale amore solo al momento della separazione finale. Nessun altro affetto paragonabile a questo, perch tutti gli altri sono incidentali, mentre questo innato; tutti gli altri ci vengono portati pi tardi dagli eventi della vita, questo invece vive sin dal primo nostro giorno nel nostro stesso sangue. E poi, e poi, non soltanto una madre che si perde, tutta la nostra infanzia che scompare per met, perch la nostra breve vita di bambini apparteneva tanto a lei quanto a noi. Essa soltanto la conosceva come noi, sapeva un'infinit di cose lontane, insignificanti e care, che sono, che erano le dolci prime emozioni del cuore. A lei sola potevo ancora dire: Ti ricordi, mamma del giorno in cui?... Ti ricordi, mamma, la bambola di porcellana regalatami dalla nonna? Potevamo sussurrare insieme un lungo e dolce rosario di piccoli e maliziosi ricordi, che nessun altro sulla terra pi conosce, tranne me. E dunque morta una parte di me stessa, la parte pi vecchia, la migliore. Ho perduto il povero cuore nel quale, la bambina che sono stata, viveva ancora tutta intera. Ora nessuno la conosce pi, nessuno si ricorda la piccola Anne, le sue sottane corte, le sue risa e le sue moine. E verr un giorno, forse non molto lontano, nel quale a mia volta me ne andr, lasciando sola al mondo la cara Annette, come oggi mia madre mi ha lasciata. Come tutto ci triste, duro, crudele! Eppure non ci pensiamo mai, non guardiamo attorno a noi la morte che prende con s qualcuno ad ogni istante, come presto prender anche noi. Se la considerassimo, se ci pensassimo, se non fossimo distratti, rallegrati e accecati da tutto ci che ci capita davanti, non potremmo pi vivere, perch la visione di questa strage senza fine ci farebbe impazzire. Sono cos affranta, cos disperata, che non ho pi la forza di far nulla. Penso giorno e notte alla povera mamma, rinchiusa in quella cassa, affondata sotto quella terra, in quel campo, sotto la pioggia, e il cui vecchio volto che baciavo con tanta felicit, non pi che un ripugnante marciume. Oh! che orrore, amico mio, che orrore! Quando persi mio padre, ero appena sposata, e non provai tutto quello che provo oggi. S, compiangetemi, pensate a me, scrivetemi. Ho tanto bisogno di voi adesso! Anne Parigi, 25 luglio. Mia povera amica, il vostro dolore mi fa una pena tremenda. Neppure io vedo la vita rosea. Dopo la vostra partenza mi sento perduto, abbandonato, senza appoggio e senza rifugio. Tutto mi affatica, mi annoia e mi irrita. Continuamente penso a voi e alla vostra Annette; vi sento lontane tutte e due mentre avrei tanto bisogno di avervi vicino. incredibile quanto vi senta lontane e quanto mi manchiate. Mai, neanche nei giorni della mia giovinezza, voi siete stata tutto per me come in questo momento. Da qualche tempo presagivo questa crisi, che deve essere un colpo di sole dell'estate di san Martino. Ci che provo addirittura cos strano che voglio raccontarvelo. Figuratevi che dalla vostra partenza non posso pi passeggiare. In altri tempi e anche durante gli ultimi mesi, mi piaceva molto andarmene tutto solo a vagabondare per le strade, distratto dalle persone e dalle cose, gustando la gioia di vedere e il piacere di andare in giro con passo allegro. Andavo senza sapere dove, per camminare, per respirare, per fantasticare. Adesso non posso pi. Appena scendo per strada, un'angoscia mi opprime, una paura di cieco che ha lasciato andare il suo cane. Divento inquieto proprio come un viaggiatore che ha perduto la traccia del sentiero nel bosco e devo rientrare. Parigi mi sembra vuota, spaventevole, angosciante. Mi domando: Dove andr? Rispondo: In nessun luogo dato che passeggio. Ebbene, non posso, non posso pi passeggiare senza meta. Il solo pensiero di camminare senza scopo mi schiaccia di fatica e mi opprime di noia. Vado allora a trascinare la mia malinconia al circolo. E sapete perch? Unicamente perch voi non siete pi qui. Ne sono certo. Quando so che siete a Parigi, non esistono pi passeggiate inutili, perch pu esserci la possibilit che vi incontri sul primo marciapiede che capita. Posso andare dovunque perch potete essere dovunque. Se non vedo voi, posso almeno trovare Annette, che una vostra emanazione. Entrambe rendete, la strada piena di speranza, la speranza di riconoscervi, sia che veniate verso di me da

lontano, sia che mi camminiate davanti. E allora la citt diventa attraente e le donne, la cui figura simile alla vostra, agitano il mio cuore di tutto il movimento della strada, trattengono la mia attenzione, occupano i miei occhi, mi danno una specie di appetito di vedervi. Mi troverete molto egoista, mia povera amica, io vi parlo cos della mia solitudine di vecchio colombo sospiroso mentre voi versate lacrime tanto amare. Perdonatemi, sono talmente abituato ad essere viziato da voi, che grido aiuto quando non vi ho pi. Vi bacio i piedi, perch abbiate piet di me. Olivier Roncires, 30 luglio. Amico mio, grazie per la vostra lettera! Ho tanto bisogno di sapere che mi amate! Ho passato giorni tremendi. Ho creduto veramente che il dolore mi avrebbe ucciso. Lo avevo in me, come un blocco di sofferenze rinchiuso nel petto, e aumentava incessantemente, mi soffocava, mi strangolava. Il medico, chiamato perch provvedesse a calmare le crisi nervose che avevo quattro o cinque volte al giorno, mi ha fatto delle iniezioni di morfina, che mi hanno resa quasi pazza; e il grande caldo in cui ci troviamo ha aggravato il mio stato, gettandomi in una sovraeccitazione che sfiorava il delirio. Mi sono un poco calmata dopo il violento temporale di venerd. Devo dirvi che, dal giorno della sepoltura non potevo pi piangere, quando durante il temporale, l'avvicinarsi del quale mi aveva sconvolta, ho sentito ad un tratto le lacrime incominciare ad uscirmi dagli occhi, lente, rare, piccole, brucianti. Oh! quelle prime lacrime come fanno male! Mi laceravano come fossero artigli, e avevo la gola cos stretta, che quasi non potevo pi respirare. Poi sono diventate pi rapide, pi grosse, pi tiepide. Scendevano dagli occhi come una fonte, e ne venivano talmente tante che il mio fazzoletto ne fu inzuppato e ho dovuto prenderne un altro. E il grosso blocco di dolore sembrava rammollirsi, fondersi, scorrermi dagli occhi. Da quel momento, piango dal mattino alla sera, e questa la mia salvezza. Si finirebbe per diventare pazzi o per morire, se non si potesse piangere. Sono anche molto sola. Mio marito fa dei giri per il paese, e ho voluto che conducesse con s Annette, per distrarla e consolarla un poco. Vanno in carrozza o a cavallo, sino ad otto o dieci leghe da Roncires, e lei ritorna rosea di giovinezza, malgrado la tristezza, e con gli occhi brillanti di vita, animati dall'aria della campagna e dalla corsa fatta. Che bella cosa avere quell'et! Credo che resteremo qui ancora quindici giorni o tre settimane; poi, nonostante sia agosto, rientreremo a Parigi per la ragione che sapete. Vi mando tutto ci che resta del mio cuore. Any Parigi, 4 agosto. Non resisto pi, mia cara amica; dovete ritornare, perch certo mi accadr qualcosa. Mi domando se non sono malato, tale il disgusto per tutto ci che facevo un tempo con un certo piacere o con rassegnazione indifferente. Anzitutto fa un tale caldo a Parigi, che ogni notte corrisponde ad un bagno turco di otto o nove ore. Mi alzo, stravolto dalla stanchezza di questo sonno in una stufa, e passeggio per una ora o due davanti ad una tela bianca, con l'intenzione di disegnarvi qualcosa. Ma non ho pi nulla in mente. Nulla negli occhi, nulla nelle mani. Non sono pi un pittore!... Questo sforzo inutile per lavorare esasperante. Faccio venire le modelle, le sistemo, ma dato che mi danno pose, gesti, espressioni da me gi dipinte a saziet, le faccio rivestire e le sbatto fuori. Davvero, non mi possibile vedere pi nulla di nuovo, e ne soffro, come se divenissi cieco. Che cos'? Stanchezza degli occhi o del cervello, esaurimento dell'ispirazione artistica, o curvatura del nervo ottico? Chi lo sa! Mi sembra di aver finito di scoprire quella parte inesplorata che mi era stata concessa di visitare. Riesco a vedere solo quello che tutti conoscono; faccio quello che gi tutti i cattivi pittori hanno fatto, non ho che una visione e una ricerca pedante. Una volta, e neppure molto tempo fa, il numero dei motivi nuovi mi sembrava illimitato, e avevo per esprimerli una tale variet di mezzi, che

l'imbarazzo della scelta mi rendeva esitante. Ora ecco che, tutto ad un tratto, il mondo dei soggetti intravisti si spopolato, la mia ricerca diventata impotente e sterile. Le persone che passano non hanno pi senso per me; non trovo pi negli esseri umani quelle qualit e quel gusto che tanto amavo scoprire ed esprimere. Credo tuttavia di poter fare un grazioso ritratto di vostra figlia. Forse perch vi assomiglia talmente tanto, che non riesco a distinguervi nel mio pensiero? Forse, s. Dunque, dopo essermi sforzato a disegnare uomini o donne diversi da tutti i modelli conosciuti, mi decido ad andare a colazione in qualche luogo, poich non ho pi il coraggio di sedermi solo nella mia sala da pranzo. Il boulevard Malesherbes ha l'aria della strada di una foresta imprigionata in una citt morta. Tutte le case hanno un sapore di vuoto. Sulla carreggiata, gli innaffiatori lanciano pennacchi di pioggia bianca che spruzzano il pavimento di legno, da cui esala un vapore di catrame bagnato e di scuderia lavata; e da un capo all'altro della lunga discesa da Parc Monceau a Saint-Augustin, si scorgono cinque o sei sagome nere, passanti senza importanza, fornitori o domestici. L'ombra dei platani stende ai piedi degli alberi, sui marciapiedi infuocati, una strana macchia quasi liquida come acqua versata che vada asciugandosi. L'immobilit delle foglie sui rami, e della loro forma grigia sull'asfalto, esprime la stanchezza della citt arrostita, sonnecchiante e gocciolante di sudore come un operaio addormentato su una panchina, sotto il sole. S, la birbona suda e puzza orribilmente, attraverso le bocche delle fogne, attraverso gli sfiatatoi delle cantine e delle cucine, attraverso i rigagnoli dove scorre la sporcizia delle sue strade. Allora penso a quelle mattinate estive nel vostro frutteto pieno di fiorellini campestri, che danno all'aria un sapore di miele. Poi entro, gi disgustato, nel ristorante dove uomini calvi e panciuti mangiano con aria oppressa, col panciotto sbottonato e la fronte rilucente di sudore. Tutti i cibi soffrono il caldo; il melone si fonde sotto il ghiaccio, il pane rammollito, il filetto floscio, i legumi stracotti, il formaggio putrido, la frutta si matura in mostra. Esco nauseato e ritorno a casa per cercare di dormire un poco, fino all'ora di pranzo che prendo al circolo. L ritrovo sempre Adelmans, Maldant, Rocdiane, Landa e tanti altri che mi annoiano e mi stancano quanto gli organetti di Barberia. Ognuno ha uno o pi motivi, che sento da quindici anni, e li suonano tutti ogni sera in quel circolo, che , a quanto pare, un luogo dove si va per distrarsi. Sarebbe ora di cambiare la mia generazione della quale ho gli occhi, le orecchie, lo spirito sazi. Quelli l fanno sempre conquiste, se ne vantano e si congratulano scambievolmente. Dopo avere sbadigliato tante volte quanti sono i minuti tra le otto e mezzanotte, torno a casa per coricarmi e mi spoglio pensando che l'indomani bisogner ricominciare. S, cara amica, mi trovo nell'et in cui la vita dello scapolo diventa insopportabile, perch non c' nulla di nuovo per me sotto il sole. Uno scapolo deve essere giovane, curioso, avido. Quando non si pi cos, rimanere libero pericoloso. Dio, come ho amato un tempo la libert, prima di amare voi pi di lei! Quanto mi pesa oggi! La libert, per un vecchio scapolo come me, vuol dire il vuoto, il vuoto dappertutto, vuole dire la strada della morte, senza niente dentro che impedisce la vista della fine; vuole dire ripetersi sempre questa domanda: cosa devo fare? Chi posso andare a trovare per non stare solo? E passo da un amico all'altro, da una stretta di mano all'altra, mendicando un poco di amicizia. Raccolgo solo briciole che non fanno un boccone. Voi, ho voi, amica mia, ma non mi appartenete. Forse anche da voi deriva l'angoscia che mi fa soffrire, perch il desiderio del vostro contatto, della vostra presenza, dello stesso tetto sul nostro capo, delle stesse pareti che racchiudono la nostra esistenza, dello stesso interesse che stringa i nostri cuori, il bisogno di questa unione di speranze, dolori, piaceri, gioia, tristezza, e anche di cose materiali che genera in me tanto affanno. Voi siete mia, vuol dire cio che rubo ogni tanto un po' di voi. Ma io vorrei respirare per sempre la stessa aria che voi respirate, dividere tutto con voi, adoperare solo cose che appartenessero a noi due, sentire che tutto quello per cui vivo tanto vostro quanto mio, il bicchiere dove bevo, la sedia dove riposo, il pane che mangio, il fuoco che mi scalda. Addio, tornate presto. Soffro troppo lontano da voi. Olivier

Roncires, 8 agosto. Amico mio, sono malata e talmente stanca, che non mi riconoscereste pi. Credo di avere pianto troppo. Ho bisogno di riposarmi un poco prima di ritornare, perch non voglio mostrarmi a voi in questo stato. Mio marito parte dopodomani per Parigi e vi porter nostre notizie. Ha intenzione di condurvi a pranzo da qualche parte e m'incarica di pregarvi di attenderlo in casa vostra verso le sette. Quanto a me, appena mi sentir un po' meglio, appena non avr pi questo aspetto cadaverico che mi fa paura, ritorner da voi. Anch'io non ho al mondo che Annette e voi, e voglio offrire ad entrambi tutto ci che potr dare senza privarne l'altro. Vi porgo i miei occhi che hanno tanto pianto perch li baciate. Anne Nel ricevere questa lettera con la notizia del rinvio del ritorno, Olivier Bertin ebbe voglia, una voglia smodata, di prendere una carrozza per andare alla stazione e il treno per andare a Roncires; poi, pensando che Guilleroy doveva tornare l'indomani, si rassegn e si mise a desiderare l'arrivo del marito con la stessa impazienza che avrebbe provato se si fosse trattato dell'arrivo della moglie. Mai Guilleroy gli era parso cos caro come durante quelle ventiquattr'ore di attesa. Quando lo vide entrare, si slanci verso di lui, con le mani tese, esclamando: Ah! caro amico, come sono felice di vedervi! L'altro sembrava molto lieto, contento soprattutto di essere ritornato a Parigi, poich la vita non era divertente in Normandia, da tre settimane. I due uomini sedettero su un piccolo divano a due posti in un angolo dello studio, sotto un baldacchino di stoffe orientali, e prendendosi le mani con aria affettuosa se le strinsero di nuovo. E la contessa, domand Bertin, come sta? Oh! non molto bene. stata molto colpita, molto impressionata, e va rimettendosi assai lentamente. Confesso anzi che mi preoccupa alquanto. Ma perch non torna? Non lo so. Mi stato impossibile farla decidere a ritornare qui. Cosa fa tutto il giorno? Mio Dio, piange, pensa a sua madre. Il che non le fa bene. Vorrei molto che si decidesse a cambiare aria, a lasciare quel luogo, mi capite? E Annette? Oh, lei un fiore sbocciato! Olivier ebbe un sorriso di gioia. Domand ancora: Ha provato molto dolore? S, molto, molto, ma sapete, il dolore a diciotto anni, non dura molto. Dopo una pausa, Guilleroy soggiunse: Dove andiamo a pranzare mio caro? Ho un gran bisogno di sgranchirmi, di sentire rumore, vedere del movimento. Ma, in questa stagione, mi sembra che il Caf des Ambassadeurs sia il pi indicato. E se ne andarono, tenendosi a braccetto, verso gli Champs Elyses. Guilleroy, con il tipico entusiasmo dei parigini che ritornano, e per i quali la citt, dopo ogni assenza, sembra ringiovanita e piena di possibili sorprese, interrogava il pittore su mille particolari, su cosa era avvenuto, su cosa si raccontava; e Olivier, dopo alcune risposte indifferenti nelle quali si rifletteva tutta la noia della sua solitudine, parl di Roncires, cerc di afferrare in quell'uomo, di raccogliere attorno a lui quel qualcosa di quasi materiale lasciato in noi dalle persone che abbiamo appena visto, quell'impalpabile flusso che ci portiamo appresso appena ci allontaniamo da loro, e manteniamo in noi per qualche ora, per poi evaporare nell'aria nuova. Il cielo plumbeo di una sera d'estate pesava sulla citt e sul grande viale dove cominciavano a risuonare sotto il fogliame i vivaci ritornelli dei concerti all'aperto. I due uomini, seduti al balcone del Caf des Ambassadeurs, guardavano in basso le panchine e le sedie ancora vuote del recinto chiuso fino al piccolo teatro dove le cantanti, nella luce delle lampade elettriche che si fondevano con quella del giorno, ostentavano vestiti splendenti e il colore

rosato della loro carnagione. Nella impercettibile brezza emanata dagli ippocastani, aleggiavano gli odori delle fritture, delle salse e delle pietanze calde, e quando passava una donna, che cercava il suo posto riservato, seguita da un uomo in abito nero, diffondeva intorno a s il profumo penetrante e fresco dei vestiti e del suo corpo. Guilleroy, raggiante mormor: Oh! preferisco molto pi essere qui che non l. Ed io, rispose Bertin, preferirei essere l piuttosto che qui. Andiamo, via! Perbacco, Parigi mi sembra infetta quest'estate. Eh! Caro mio, sempre Parigi. Il deputato sembrava essere in un giorno di buonumore, in uno di quei rari giorni di esaltazione licenziosa durante i quali gli uomini seri commettono delle sciocchezze. Guardava due cocottes che pranzavano ad un tavolo vicino con tre giovani magri, superlativamente corretti, e interrogava con fare sornione Olivier su tutte le donne conosciute e quotate delle quali udiva citare i nomi ogni giorno. Poi mormor con tono di profondo rammarico: Fortunato voi che siete rimasto scapolo. Potete fare e vedere tante cose! Ma il pittore si lament, e come tutti coloro che sono torturati da un pensiero, prese Guilleroy per confidargli la sua tristezza e la sua solitudine. Quando ebbe detto tutto, recitato fino in fondo la litania delle malinconie, quando ebbe raccontato ingenuamente, spinto dal bisogno di alleggerire il proprio cuore, quanto avrebbe desiderato l'amore e la vicinanza di una donna accanto a lui, il conte a sua volta, convenne che il matrimonio aveva qualcosa di buono. Ritrov allora l'eloquenza parlamentare per esaltare la dolcezza della sua vita interiore e, fece un grande elogio della contessa, da Olivier gravemente approvato, con frequenti assensi della testa. Felice di sentir parlare di lei, ma geloso di quella felicit intima che Guilleroy si faceva un dovere di magnificare, il pittore fin col mormorare, con convinzione sincera: S, siete stato fortunato voi! Il deputato, lusingato, ammise, poi soggiunse: Mi piacerebbe molto vederla ritornare; davvero mi preoccupa in questo momento! Ma, dato che vi annoiate a Parigi, dovreste andare a Roncires e condurla qui. Essa vi ascolter poich siete il suo migliore amico; mentre un marito... sapete... Olivier, entusiasmato, soggiunse: Ma io non domando di meglio. Tuttavia... credete che non sar contrariata di vedermi arrivare cos? No, niente affatto; andate dunque mio caro. Allora, acconsento. Partir domani con il treno dell'una. Devo inviarle un telegramma? No, me ne incarico io. L'avvertir perch troviate una carrozza alla stazione. Poich avevano finito di pranzare, risalirono i boulevards; ma dopo appena mezz'ora il conte lasci improvvisamente il pittore, col pretesto di un affare urgente del quale si era del tutto dimenticato. II La contessa e sua figlia, vestite di crespo nero, si erano appena sedute una di fronte all'altra, per fare colazione, nella vasta sala di Roncires. I ritratti degli antenati dipinti in stile ingenuo, uno con corazza, un altro in giustacuore, questo incipriato e in divisa da ufficiale delle guardie francesi, quello da colonnello della Restaurazione, componevano, in fila sulle pareti, la collezione dei Guilleroy defunti, entro vecchie cornici la cui doratura si staccava. Due domestici, dai passi felpati, cominciarono a servire le due donne taciturne; e le mosche formavano attorno al lampadario di cristallo, sospeso in mezzo alla tavola, una piccola nuvola turbinosa e ronzante di punti neri. Aprite la finestra, disse la contessa, qui fa un po' fresco. Le tre alte finestre, che dal pavimento andavano al soffitto, vennero

spalancate. Attraverso quelle tre grandi aperture un soffio d'aria tiepida, trasportando odori d'erba calda e i lontani rumori campestri, entr all'istante mescolandosi all'aria umida del vasto ambiente, chiuso nelle spesse mura del castello. Ah! Che bello, disse Annette respirando a pieni polmoni. Gli occhi delle due donne erano rivolti verso l'esterno, e guardavano, sotto un cielo azzurro chiaro leggermente velato da quella foschia del mezzogiorno che riluce sui terreni impregnati di sole, il lungo tappeto verde del parco, con gli isolotti d'alberi qua e l, e le prospettive che si aprivano in lontananza sulla campagna gialla, illuminata fino all'orizzonte dalla coltre dorata delle messi mature. Dopo colazione faremo una lunga passeggiata, disse la contessa. Potremo andare a piedi fino a Berville, seguendo il fiume perch in pianura deve fare troppo caldo. S, mamma e prenderemo Julio per fare alzare le pernici. Sai che tuo padre non vuole. Oh, dato che pap a Parigi! cos divertente vedere Julio in punta. Guarda come stuzzica le vacche. Dio, come buffo! Spingendo indietro la sedia, si alz e corse a una finestra, dalla quale si mise a gridare: Dai, Julio, dai! Sul prato, tre pesanti vacche, sazie d'erba e affrante dal caldo, riposavano coricate sul fianco, con il ventre sporgente, spinto in fuori dalla pressione del terreno. Uno spaniel da caccia, agile, bianco e rossiccio, con le orecchie ricciute che sbattevano ad ogni salto, si ostinava a far alzare i tre grossi animali. Era senz'altro il gioco preferito dal cane che doveva ricominciarlo ogni volta che scorgeva le vacche distese. Queste, inquiete ma non spaventate, lo guardavano con i loro umidi occhioni, voltando la testa per seguirlo. Annette, dalla finestra, grid: Porta, Julio porta. E il cane, eccitato e imbaldanzito, abbaiava pi forte, si avvicinava fino alla groppa, fingendo di volerle mordere. Le vacche cominciavano ad agitarsi, e i fremiti nervosi della loro pelle per scacciare le mosche diventavano pi frequenti e pi lunghi. Ad un tratto il cane, trascinato da una corsa che non pot frenare in tempo, arriv in pieno slancio cos vicino a una vacca, che, per non esserle catapultato addosso, dovette scavalcarla con un salto. Sfiorato dal balzo, il pesante animale s'impaur, e alzando dapprima la testa, lentamente si rizz sulle quattro zampe, tirando rumorosamente su con le nari. Vedendola in piedi, anche le altre due vacche fecero lo stesso; e Julio si mise a ballare intorno a loro una danza trionfale, mentre Annette si congratulava: Bravo, Julio, bravo! Andiamo, disse la contessa, vieni dunque a fare colazione, bambina mia. Ma la ragazza, facendosi schermo agli occhi con la mano, annunci: Guarda! il fattorino del telegrafo. Nel sentiero indistinguibile, perduto in mezzo al grano e all'avena, una giacca azzurra sembrava scivolare sulla superficie delle spighe e avanzare verso il castello, con il passo cadenzato dell'uomo. Mio Dio, mormor la contessa, purch non sia una cattiva notizia. Tremava ancora per il terrore che lascia in noi cos a lungo la morte di un essere amato annunciata da un telegramma. Ed ora non poteva lacerare una striscia incollata per aprire il piccolo foglio azzurro, senza sentirsi tremare le dita e emozionarsi tutta, e credere che da quei plichi cos lunghi ad aprirsi sarebbe uscito un dolore che avrebbe fatto scorrere altre lacrime. Annette invece, piena di curiosit giovanile, amava il lato sconosciuto delle cose. Il suo cuore, appena toccato dal dolore per la prima volta nella vita, non poteva aspettarsi che gioie dalla terribile sacca nera appesa al fianco dei fattorini della posta che vanno spargendo tante emozioni per le strade della citt e per i sentieri di campagna. La contessa non mangiava pi, seguiva mentalmente quell'uomo che veniva verso lei, recando alcune parole scritte, di cui alcune l'avrebbero forse ferita come una coltellata alla gola. L'angoscia di sapere la rendeva ansante, e cercava di indovinare cosa fosse quella notizia cos urgente. A proposito di che cosa? Di chi? Il pensiero di Olivier le balen nella mente. Era forse ammalato?

Forse anche lui morto? I dieci minuti che dovette attendere le parvero interminabili; poi quando ebbe aperto il telegramma e riconosciuto il nome di suo marito, lesse: Ti annuncio che il nostro amico Bertin parte per Roncires col treno dell'una. Manda phaton stazione. Affettuosit. Dunque, mamma? diceva Annette. il signor Olivier Bertin che viene a trovarci Oh! Che bellezza! E quando? Tra poco. Alle quattro? S. Oh! Come gentile! Ma la contessa era impallidita, poich da qualche tempo una nuova preoccupazione andava aumentando in lei, l'inatteso arrivo del pittore le sembrava una minaccia tanto dolorosa quanto tutto quello che aveva potuto prevedere. Andrai a prenderlo con la carrozza, disse alla figlia. E tu, mamma, non verrai? No, vi aspetter qui. Perch? Non mi sento troppo bene. Poco fa volevi andare a piedi fino a Berville. S, ma la colazione mi ha fatto male. Fra poco starai meglio. No, anzi andr in camera. Fammi avvertire appena sarete arrivati. S, mamma. Dopo aver dato gli ordini perch si attaccasse il phaton all'ora stabilita e venisse preparato l'appartamento, la contessa rientr nella sua stanza e si chiuse dentro. La sua vita, sino ad allora, si era svolta quasi senza sofferenze, preoccupata soltanto per l'affetto di Olivier, angosciata dal timore di perderlo. Ed era riuscita sempre vittoriosa in questa lotta. Il suo cuore, cullato dal successo e dalle lodi, era divenuto un cuore esigente di bella donna mondana, cui sono dovute tutte le dolcezze della terra. Dopo aver acconsentito a un matrimonio brillante nel quale la disposizione non entrava affatto, dopo aver poi accettato l'amore come completamento di un'esistenza felice, dopo essersi decisa a quel legame colpevole, molto per trasporto, un poco per il culto del sentimento stesso, quale compenso alla volgare monotonia della vita, si era isolata, barricata in quella felicit datale dal caso, senz'altro desiderio che quello di difenderla contro le sorprese di ogni giorno. Aveva dunque accettato con benevolenza di bella donna gli avvenimenti gradevoli che si presentavano, e poco avventurosa, poco tormentata da esigenze nuove e dagli stimoli dell'ignoto, ma tenera, costante e previdente, contenta del presente, preoccupata, per natura, del domani, aveva saputo godere degli elementi fornitigli dal destino con prudenza economa e accorta. Ora, a poco a poco, senza osare neppure confessarlo a se stessa, si era infiltrato nell'animo l'oscuro affanno dei giorni che passano, dell'et che avanza. Avveniva nel suo pensiero qualcosa come un prurito leggero ma persistente. Ma ben sapendo che questo declino della vita era senza termine, e che una volta iniziato non si arresta pi, cedendo all'istinto del pericolo, chiuse gli occhi, lasciandosi scivolare per conservare il proprio sogno, per non provare la vertigine dell'abisso e la disperazione dell'impotenza. Visse dunque sorridendo con una specie di orgoglio fittizio di restare bella cos per molto tempo; e quando Annette apparve al suo fianco con la freschezza dei suoi diciott'anni, invece di soffrire per tale vicinanza, and al contrario fiera di poter essere preferita, nella grazia sapiente della sua maturit, a quella ragazzina sbocciata nel bagliore radioso della prima giovinezza. Pensava addirittura di trovarsi all'inizio di un periodo felice e tranquillo, quando la morte della madre era venuta a colpirla in pieno cuore. Durante i primi giorni, fu colta da una di quelle disperazioni profonde che non lasciano posto ad alcun altro pensiero. Restava dal mattino alla sera immersa nella desolazione, cercando di ricordarsi mille cose della defunta, le sue parole familiari, la figura di un tempo, i vestiti che aveva indossato, come se

nel fondo della propria memoria avesse accumulato delle reliquie e raccolto, nel passato scomparso, tutti i ricordi intimi e minuti, per alimentare le sue strazianti fantasticherie. Poi, quando fu in tal modo giunta ad una tale fase acuta di disperazione da avere continuamente crisi nervose e sincopi, tutto quel dolore accumulato si tramut in lacrime, e notte e giorno col dai suoi occhi. Una mattina, alla cameriera che, appena entrata per aprire gli scuri e le tende, le aveva chiesto: Come sta oggi, signora? ella aveva risposto, sentendosi esausta e dolorante a forza di piangere: Oh! niente bene. Davvero non ne posso pi. La domestica che portava il vassoio con il t, guard la padrona e impressionata nel vederla cos pallida nel biancore del letto, balbett con accento triste e sincero: Certo la signora ha un bruttissimo aspetto. La signora farebbe bene a curarsi. L'intonazione di tali parole provoc nel cuore della contessa una piccola fitta come la puntura di un ago, e appena la cameriera fu andata via, si alz per andare a vedere il proprio aspetto nel grande armadio a specchio. Rimase sbigottita davanti a se stessa, spaventata dalle guance incavate, dagli occhi arrossati, dalla devastazione prodotta in lei da quei pochi giorni di sofferenza. Il suo volto, che tanto bene conosceva, e che aveva cos spesso rimirato in tanti specchi diversi, e di cui conosceva tutte le espressioni, tutta la grazia, tutti i sorrisi, e del quale aveva gi molte volte corretto il pallore, riparato le piccole fatiche, distrutto le rughe leggere che apparivano di giorno agli angoli degli occhi, le sembr improvvisamente quello di un'altra donna, un volto nuovo in decomposizione, irreparabilmente malato. Per vedersi meglio, per meglio constatare questo male imprevisto, Si avvicin fino a toccare lo specchio con la fronte, tanto che l'alito, spandendo una nebbia sul vetro, lo oscur, quasi cancellando l'immagine pallida che contemplava. Dovette allora prendere un fazzoletto per asciugare l'appannatura del respiro, e, rabbrividendo d'una strana emozione, fece un lento e paziente esame delle alterazioni del suo volto. Distese la pelle delle guance con dito leggero, lisci quella della fronte, rialz i capelli, tir su le palpebre per guardare il bianco dell'occhio. Poi apr la bocca, ispezion i denti, un poco opachi, sui quali brillavano alcuni punti d'oro, si impensier per le gengive livide, per il colore giallastro della pelle sopra le guance e sulle tempie. Poneva tanta attenzione in quella rassegna della sua bellezza in sfacelo, che non ud aprire la porta, e trasal fino al cuore quando la cameriera, in piedi dietro a lei, le disse: La signora ha dimenticato di prendere il t. La contessa si volt, confusa, sorpresa, imbarazzata, e la domestica, indovinando il suo pensiero, soggiunse: La signora ha pianto troppo, non c' nulla peggio delle lacrime per svuotare la pelle. il sangue che diventa acqua. E poich la contessa aggiungeva tristemente: C' anche l'et. La cameriera replic: Oh! Oh! La signora non arrivata a questo punto! Dopo pochi giorni di riposo non apparir pi nulla. Ma la signora deve passeggiare e fare molta attenzione a non piangere. Appena vestita, la contessa scese nel parco, e per la prima volta dopo la morte della madre, si rec nel piccolo giardino dove una volta amava tanto coltivare e cogliere i fiori, poi arriv al fiume e cammin costeggiando l'acqua fino all'ora di colazione. Sedendo a tavola di fronte al marito, e accanto alla figlia, domand per sapere cosa pensassero: Oggi mi sento meglio. Devo essere meno pallida. Il conte rispose: Oh! Avete ancora un brutto aspetto. Il cuore le si strinse, e una voglia di piangere le bagn gli occhi, poich ormai si era abituata alle lacrime. Fino alla sera, e l'indomani, e i giorni seguenti, sia che pensasse alla madre, sia che pensasse a se stessa, sent ad ogni istante i singhiozzi gonfiarle la gola e le lacrime salirle alle palpebre, ma per impedire che, scendendo, le solcassero le guance, le tratteneva dentro di s, e, con sforzo sovrumano di volont, trascinando il pensiero verso cose estranee, dominandolo,

costringendolo, allontanandolo dalle sue pene, si sforzava di consolarsi, di distrarsi, di non pensare ai casi tristi, per poter ricuperare il suo colorito sano. Soprattutto non voleva tornare a Parigi e rivedere Olivier Bertin prima di essere ridiventata come era. Comprendendo di essere troppo dimagrita e che la carne delle donne della sua et deve essere piena per conservarsi fresca, cercava di farsi venire l'appetito camminando per le strade e nei boschi vicini, e quantunque rientrasse stanca e senza fame, si sforzava di mangiare molto. Il conte, che voleva ripartire, non comprendeva la sua ostinazione. Infine davanti a quella invincibile resistenza, dichiar che se ne sarebbe andato solo, lasciando la contessa libera di ritornare quando si fosse sentita disposta. Il giorno dopo ricevette il telegramma che annunciava l'arrivo di Olivier. Fu colta dal desiderio di fuggire, tanto aveva paura del suo primo sguardo. Avrebbe desiderato aspettare ancora una settimana o due. In una settimana, curandosi, possibile cambiare volto completamente, poich le donne, anche quelle che stanno bene e giovani, diventano irriconoscibili da un giorno all'altro sotto la minima influenza. Ma l'idea di apparire in pieno sole, in piena campagna davanti a Olivier, in quella luce d'agosto accanto ad Annette che era cos fresca, la preoccup talmente che decise subito di non andare alla stazione e di aspettarlo nella penombra del salotto. Era salita in camera e rifletteva. Soffi d'aria calda muovevano ogni tanto le tende. Il frinire dei grilli riempiva l'aria. Mai si era sentita cos triste. Non era pi il grande dolore lancinante che le aveva spezzato il cuore, che l'aveva dilaniata, annientata, davanti al corpo privo di vita della vecchia mamma tanto amata. Quel dolore da lei ritenuto inguaribile si era attenuato in pochi giorni fino ad essere solo una sofferenza del ricordo; ma ora si sentiva trasportata, annegata in un flusso profondo di malinconia, nel quale era entrata molto lentamente e dal quale non sarebbe pi uscita. Provava un desiderio di piangere, un desiderio irresistibile, ma non voleva. Ogni volta che sentiva le palpebre umide, subito le asciugava; si alzava, camminava, guardava il parco, e, sui maestosi alberi, i corvi che disegnavano nel cielo azzurro il loro volo lento e nero. Passava quindi davanti allo specchio, si giudicava con una occhiata, cancellava la traccia di una lacrima, sfiorando l'angolo dell'occhio con il piumino della cipria, e guardava l'ora cercando di indovinare in quale punto della strada egli potesse essere gi arrivato. Come tutte le donne in preda a una angoscia irrazionale o reale, si attaccava di nuovo a lui con tenerezza appassionata. Forse che Olivier non rappresentava tutto per lei, tutto, tutto, pi della vita, tutto quello che pu essere una persona quando si ama completamente proprio mentre si sente invecchiare! D'improvviso sent in lontananza lo schioccare di una frusta, corse alla finestra, e vide il phaton che faceva il giro del prato con i due cavalli al gran trotto. Seduto accanto ad Annette, nel fondo della carrozza, Olivier agit il fazzoletto scorgendo la contessa, ed ella rispose a quel segnale salutando con entrambe le mani. Poi scese, con il cuore in tumulto, ma finalmente felice, tutta fremente per la gioia di sentirlo cos vicino, di parlargli, di vederlo. Si incontrarono nell'anticamera, dinanzi alla porta del salotto. Egli apr le braccia con slancio irresistibile, e con nella voce il calore di una sincera emozione disse: Oh! povera contessa, permettete che vi abbracci! Ella chiuse gli occhi, si chin, si strinse a lui porgendogli le guance, e mentre egli vi appoggiava le labbra, gli mormor in un orecchio: Ti amo. Poi Olivier, senza lasciare le mani che stringeva, la guard, dicendo: Vediamo questo volto triste? Essa si sent mancare. Egli soggiunse: S, un poco pallido, ma non niente. Per ringraziarlo lei balbett: Ah! Caro amico, caro amico! Non trovando altro da dirgli. Ma egli si era voltato, cercando dietro di s Annette che era scomparsa, e bruscamente: Non strano, eh, vedere vostra figlia in lutto? Perch? domand la contessa.

Egli esclam con ardore inconsueto: Come, perch? Ma il vostro ritratto dipinto da me, il mio ritratto! Siete voi, proprio come vi ho incontrata quella volta dalla duchessa! Eh, ricordate quella porta che passaste sotto il mio sguardo, come una fregata passa sotto i cannoni. Perbacco! quando ho visto poco fa, alla stazione, la piccola in piedi sul marciapiede, tutta vestita di nero, con il sole dei suoi capelli attorno al viso, il sangue mi andato alla testa. Ho creduto di mettermi a piangere. Vi dico, signora, che c' da diventare pazzi, quando vi si conosciuta come vi ho conosciuta io che vi ho guardata meglio di chiunque altro, e riprodotta in pittura. Ah! davvero, ho pensato che l'avevate mandata da sola al treno per procurarmi questa sorpresa. Santo Dio, come sono rimasto stupito! Vi dico che c' da diventare pazzi! Chiam: Annette, Nan. La voce della fanciulla rispose dal di fuori, poich stava dando lo zucchero ai cavalli. Eccomi, eccomi! Suvvia, vieni qua. Ella accorse. Ecco! Mettiti vicino a tua madre. Annette si pose accanto, ed egli le confront; ma ripeteva macchinalmente, senza convinzione: S, straordinario, straordinario, poich una accanto all'altra si somigliavano meno che a Parigi; la giovane aveva acquistato con l'abito nero una nuova espressione di giovinezza luminosa, mentre la madre da molto tempo non aveva pi quei capelli fiammeggianti e quella carnagione che aveva una volta abbagliato e affascinato il pittore, durante il loro primo incontro. Poi la contessa entr con lui nel salotto. Egli appariva raggiante. Ah! che buona idea stata venire qui! diceva. Poi si corresse: No, vostro marito che l'ha avuta per me. Mi ha incaricato di condurvi. Ed io sapete che cosa vi propongo? No, vero? Ebbene, vi propongo invece di restare qui. Con questo caldo, Parigi insopportabile, mentre la campagna piacevole. Dio! Come si sta bene! Il calore della sera impregnava di frescura il parco, facendo fremere gli alberi ed esalare dalla terra vapori impercettibili che stendevano sull'orizzonte un leggero velo trasparente. Le tre vacche, in piedi e a testa bassa, brucavano avidamente, e quattro pavoni, con grande rumore d'ali, salivano ad appollaiarsi sopra un cedro dove erano soliti dormire, sotto le finestre del castello. Dei cani abbaiavano lontano attraverso la campagna, e nell'aria serena di quella giornata, che volgeva alla fine, passavano richiami di voci umane, frasi lanciate attraverso i campi, da un pezzo di terra all'altro, e le grida brevi e gutturali con le quali si guidano le bestie. Il pittore, a capo scoperto, con gli occhi brillanti, respirava a pieni polmoni; e poich la contessa lo guardava disse: Ecco la felicit. Essa si avvicin a lui. Non dura mai. Prendiamola quando viene. Essa allora, con un sorriso: Sinora la campagna non vi piaceva. Ora mi piace perch ci trovo voi. Non saprei pi vivere in un luogo dove non ci siete. Quando si giovani si pu amare da lontano, per lettera, con il pensiero, per sola esaltazione, forse perch si sente tutta la vita davanti, forse anche perch si hanno pi passioni che necessit sentimentali; alla mia et invece, l'amore divenuto un'abitudine da malato, un medicamento dell'anima, la quale disponendo oramai di una sola ala, ha pi difficolt a librarsi nell'ideale. Il cuore non ha pi estasi, ma esigenze egoistiche. E poi, ho la sensazione di non avere tempo da perdere per godere ci che mi resta. Oh! Vecchio! disse lei prendendogli la mano. Egli ripeteva: Ma s, ma s. Sono vecchio. Tutto lo dimostra, i capelli, il carattere che muta, la tristezza che avanza. Perbacco, ecco una cosa che non ho conosciuto prima di ora, la tristezza! Se mi avessero detto, quando avevo trent'anni, che un giorno sarei diventato triste senza ragione, preoccupato, scontento di tutto, non l'avrei creduto. Questo prova che anche il mio cuore invecchiato.

Ella rispose con profonda sicurezza: Oh! Io ho il cuore giovanissimo. Non cambiato. Forse ringiovanito. Ha avuto vent'anni, ora non ne ha pi di sedici. Restarono a lungo a parlare cos davanti alla finestra aperta, mescolati all'anima della sera, vicinissimi uno all'altro, pi vicini di quanto fossero mai stati, in quell'ora di tenerezza, crepuscolare come l'ora del giorno. Un domestico entr, annunciando: La signorina contessa servita. Essa domand: Avete avvertito mia figlia? La signorina in sala da pranzo. Sedettero a tavola, tutti e tre. Le imposte erano chiuse, e due grandi candelabri a sei candele, illuminando il volto d'Annette, facevano apparire la sua testa impolverata d'oro. Bertin sorridendo, non cessava di guardarla. Dio! Come bella vestita di nero! disse. E si voltava verso la contessa ammirando la figlia, come per ringraziare la madre di avergli procurato quel piacere. Quando tornarono in salotto, la luna s'era alzata sopra gli alberi del parco. La loro massa scura aveva l'aspetto di una grande isola, e la campagna al di l sembrava un mare nascosto sotto la nebbiolina che fluttuava rasente la terra. Oh! Mamma, andiamo a passeggiare, disse Annette. La contessa acconsent. Prendo Julio. S, se vuoi. Uscirono. La fanciulla camminava avanti divertendosi con il cane. Quando costeggiarono il prato, udirono il soffio delle vacche le quali, svegliatesi per avere sentito il loro nemico, alzavano la testa per guardare. Pi lontano, sotto gli alberi, la luna faceva scivolare fra i rami una pioggia di raggi sottili, che arrivavano sino a terra bagnando le foglie e si spandevano sulla strada in piccole pozzanghere di luce gialla. Annette e Julio correvano, sembravano avere in quella notte serena lo stesso cuore allegro e libero, colmo di un'ebbrezza che faceva fare loro dei salti. Nelle radure, dove l'onda lunare penetrava come in tanti pozzi, la fanciulla passava come un'apparizione e il pittore la richiamava, meravigliato per quella visione nera, dal volto chiaro e lucente. Poi, quando lei era andata via, prendeva e stringeva la mano della contessa e spesso cercava le sue labbra, nell'attraversare le ombre pi folte, come se ogni volta la vista di Annette gli avesse ravvivato l'impazienza del cuore. Giunsero finalmente al limite del pianoro, dove s'indovinavano appena di lontano, qua e l, i gruppi d'alberi delle fattorie. Attraverso la nebbiolina lattea che bagnava i campi, l'orizzonte diventava sconfinato, e il silenzio leggero, il silenzio vivente di quel grande spazio luminoso e tiepido era pieno della speranza inesprimibile, dell'attesa indefinibile, che rendono cos dolci le notti d'estate. Molto in alto, nel cielo, alcune piccole nuvole lunghe e sottili sembravano formate da scaglie argentee. Restando immobili alcuni secondi, si percepiva nella quiete notturna un confuso e incessante mormorio di vita, mille tenui rumori la cui armonia di primo acchito rammentava il silenzio. Una quaglia in un prato vicino, lanciava il duplice grido, e Julio, con le orecchie ritte, avanz a passi furtivi verso le due note flautate dell'uccello. Annette lo segu, leggera come lui, trattenendo il respiro e abbassandosi. Ah! disse la contessa rimasta sola con il pittore, perch momenti come questi passano cos rapidamente? Non si pu trattenere nulla, conservare nulla. Non si ha nemmeno il tempo di gustare ci che buono. gi finito. Olivier le baci la mano e soggiunse sorridendo: Oh, stasera, non voglio fare filosofia. Sono tutto per il presente. Essa mormor: Voi non mi amate come vi amo io. Ah... per esempio... Essa lo interruppe: No, voi amate in me, come avete perfettamente detto prima di pranzo, una donna che vi soddisfa i bisogni del cuore, una donna che non vi ha mai procurato un fastidio e che ha portato un po' di felicit nella vostra vita. Questo, lo so, lo sento. S, sono convinta, avverto in me la gioia ardente di essere stata per voi buona, utile, e generosa. Voi avete amato, e continuate ad amare tutto ci che in me trovate di gradevole, le mie attenzioni per voi, la mia

ammirazione, l'affanno di piacervi, la mia passione, il dono completo che vi ho fatto del mio essere intimo. Ma non sono io quella che amate, capite! Oh, questo lo sento, come si sente una corrente d'aria fredda. Voi amate in me mille cose, la mia bellezza che se ne va, la dedizione, lo spirito che mi attribuiscono, l'opinione che la gente ha di me, e quella che io ho di voi nel mio cuore; ma non amate me, me, niente di me, capite! Egli sorrise amichevolmente. No, non capisco troppo bene. Mi fate una scenata di rimproveri davvero inaspettata. Ella esclam: Oh, Dio mio! Vorrei farvi capire quanto vi amo, io! Ecco, cerco, ma non riesco. Quando penso a voi, e ci penso sempre, sento al fondo di tutto il mio essere un'ebbrezza indescrivibile di appartenervi e un irresistibile bisogno di darvi ancora di pi. Vorrei sacrificarmi in maniera totale, perch quando si ama non c' nulla di pi bello che dare, dare sempre, tutto, tutto, la propria vita, il proprio pensiero, il proprio corpo, tutto quello che abbiamo, ed essere consapevoli di dare, ed essere pronti a rischiare tutto per dare ancora di pi. Io vi amo, fino ad amare di soffrire per voi, fino ad amare le mie inquietudini, i tormenti, le gelosie, la pena che provo quando non vi sento pi tenero verso di me. Amo in voi qualcuno che io sola ho scoperto, un voi che non quello mondano, quello che ammirato, che conosciuto, un voi che mio, che non pu pi cambiare, che non pu invecchiare, che io non posso pi fare a meno di amare, perch ho, per guardarlo, degli occhi che vedono solamente lui. Ma queste cose non si possono dire. Non ci sono parole per esprimerle. Egli ripet sottovoce, molte volte di seguito: Cara, cara, cara Any. Julio ritornava a balzi, senza aver trovato la quaglia, che al suo avvicinarsi aveva taciuto e Annette lo seguiva sempre, ansante per la corsa. Non ne posso pi, disse. Mi aggrappo a voi, signor pittore! Si avvicin al braccio libero di Olivier, e fecero ritorno, lui in mezzo, camminando cos sotto gli alberi neri. Non parlavano pi. Egli avanzava, posseduto da loro, penetrato da una specie di fluido femminile, che proveniva dal loro contatto. Non cercava di vederle, poich le aveva vicine, anzi, chiudeva gli occhi per sentirle meglio. Esse lo guidavano, lo conducevano, ed egli andava dritto, innamorato di loro, sia di quella a sinistra che di quella a destra, senza sapere chi fosse a sinistra e chi a destra, quale fosse la madre, quale la figlia. Si abbandonava volontariamente, con sensualit incosciente e raffinata al turbamento di quella sensazione. Cercava persino di mescolarle nel suo cuore, di non distinguerle pi nel suo pensiero, e cullava il desiderio nell'incanto di quella confusione. Quella madre e quella figlia cos uguali non erano forse una sola donna? La figlia non sembrava essere venuta sulla terra unicamente per ringiovanire il suo antico amore per la madre? Quando riapr gli occhi, entrando nel castello, gli sembr di avere passato i pi piacevoli attimi della sua vita, di avere sostenuto la pi strana, la meno analizzabile e la pi completa emozione che possa gustare un uomo inebriato da una identica tenerezza, per la seduzione emanata da due donne. Oh! Che stupenda serata! disse appena si ritrov fra loro alla luce delle lampade. Annette esclam: Non ho affatto bisogno di dormire, io; quando bel tempo, passeggerei tutta le notte. La contessa guard la pendola. Oh! Sono le undici e mezzo. Bisogner andare a letto, bimba mia. Si separarono, e ciascuno si rec verso il proprio appartamento. Solo la fanciulla, che non aveva voglia di mettersi a letto, si addorment subito. L'indomani, all'ora consueta, quando la cameriera, dopo avere aperto le tende e le imposte, port il t e guard la sua padrona ancora insonnolita, le disse: La signora oggi ha un aspetto migliore. Davvero? Oh! S. Il volto della signora pi riposato. La contessa, senza essersi ancora guardata, sapeva che era vero. Il suo cuore era leggero, non lo sentiva battere e si sentiva vivere. Il sangue che le scorreva nelle vene non era pi cos rapido come il giorno precedente, caldo,

affetto dalla febbre, che le procurava in tutto il corpo nervosismo e agitazione, ma spandeva un tiepido benessere, unitamente ad una felice fiducia. Appena la domestica fu uscita, and a guardarsi allo specchio. Rest un poco sorpresa, perch si sentiva talmente bene che aspettava di trovarsi ringiovanita di parecchi anni in una sola notte. Poi comprese la puerilit di tale speranza, e dopo essersi ancora guardata si rassegn a constatare che aveva solamente il colorito pi chiaro, gli occhi meno affaticati, le labbra pi accese del giorno precedente. Dato che si sentiva contenta, non riusciva a rattristarsi, e sorrise pensando: S, tra pochi giorni, star perfettamente bene. Ho sofferto troppo per potermi rimettere cos rapidamente Ma rimase a lungo, molto a lungo seduta davanti alla toeletta, dove erano allineati, in ordine grazioso, su una tovaglia di mussola, orlata di merletti, dinanzi a un bello specchio di cristallo molato, tutti i piccoli arnesi della sua civetteria dal manico di avorio e con le iniziali sormontate da una corona. Stavano l, innumerevoli, belli, diversi, destinati a compiti delicati e segreti, alcuni in acciaio, sottili e taglienti, dalla forma bizzarra, come strumenti chirurgici per operazioni di bambini, altri rotondi e lisci, in piuma, lanugine, in pelle di animali sconosciuti, fatti per distendere sulla morbida carne la carezza delle ciprie odorose, dei profumi densi o liquidi. Li maneggi a lungo con dita esperte, facendo passare dalle labbra alle tempie il loro tocco pi soffice di un bacio, correggendo le sfumature riuscite imperfettamente, sottolineando gli occhi, curando le ciglia. Quando finalmente scese, era quasi sicura che il primo sguardo di lui non sarebbe stato troppo sfavorevole. Dov' il signor Bertin? chiese al domestico incontrato nel vestibolo. L'uomo rispose: Il signor Bertin nel frutteto, sta facendo una partita di tennis con la signorina. Li ud da lontano gridare il punteggio. Una dopo l'altra, la voce risonante del pittore e quella sottile della fanciulla annunciavano: quindici, trenta, quaranta, vantaggio, parit, vantaggio, gioco. Il frutteto, dove era stato battuto un terreno per il tennis, era un gran quadrato erboso, piantato a pometo, circondato dal parco, dall'orto e dalle fattorie dipendenti dal castello. Lungo le siepi, che ne cintavano tre lati come le difese di un campo trincerato, erano stati piantati dei fiori, delle lunghe aiuole di fiori d'ogni specie, campestri o rari, rose in quantit, garofani, girasoli, fucsie, resede e molti altri ancora che davano all'aria, come diceva Bertin, un sapore di miele. D'altronde le api, i cui alveari allineavano le loro cupole di paglia lungo le siepi dell'orto, coprivano questo campo fiorito con voli biondi e ronzanti. Proprio in mezzo a questo frutteto erano stati abbattuti alcuni meli per ottenere lo spazio necessario per il tennis e una rete incatramata tesa attraverso questo spazio lo divideva in due campi. Annette, da una parte, con la gonna nera rialzata, a testa nuda, mostrando le caviglie e met del polpaccio quando si slanciava per prendere la palla al volo, andava, veniva, correva, con gli occhi brillanti e le guance rosse, affaticata, trafelata per il gioco corretto e sicuro del suo avversario. Lui con i calzoni di flanella bianca stretti ai fianchi sulla camicia di stoffa uguale, il capo coperto da un berretto a visiera, anch'esso bianco, e il ventre un poco sporgente, aspettava la palla con sangue freddo, giudicava con precisione dove sarebbe caduta, la riceveva, la rimandava, senza fretta, senza correre, con elegante disinvoltura, estrema attenzione, e l'abilit professionale che poneva in ogni esercizio. Fu Annette a scorgere per prima la madre. Essa grid: Buon giorno, mamma; aspetta un minuto che finiamo questo colpo. Questa breve distrazione la fece perdere. La palla le pass vicino, rapida e bassa, quasi rotolando, tocc terra e usc dal gioco. Mentre Bertin gridava: vinto e la fanciulla sorpresa, lo accusava di aver approfittato della sua disattenzione, Julio, ammaestrato a cercare e a trovare le palle fuorviate che si smarrivano, come le pernici cadute tra i cespugli, si slanci dietro a quella che correva davanti a lui nell'erba, l'afferr in bocca con delicatezza, e la riport dimenando la coda.

Il pittore ora salutava la contessa; ma desideroso di rimettersi a giocare, animato dalla lotta, contento di sentirsi agile, non gett su quel viso tanto curato proprio per lui che un'occhiata breve e distratta; poi domand: Permettete? Cara contessa, ho paura di raffreddarmi e di prendere una nevralgia. Oh! S, disse lei. Ella sedette su un mucchio di fieno, che era stato falciato quella stessa mattina, per lasciare campo libero ai giocatori, e col cuore improvvisamente rattristato, stette a guardarli. Sua figlia, infastidita di seguitare a perdere, si animava, si accalorava, lanciava grida di stizza o di trionfo, con scatti irruenti da una estremit all'altra del campo, e spesso in quei salti, le cadevano delle ciocche di capelli, che si scioglievano spandendosi sulle spalle. Essa le afferrava e con la racchetta tra le ginocchia, in pochi secondi le riannodava con movimenti impazienti, puntandole con spille, nella massa della capigliatura. E Bertin, di lontano, gridava alla contessa: Eh! Non bella e fresca come il giorno? S, era giovane, poteva correre, avere caldo, diventare rossa, scenderle la pettinatura, sfidare tutto, osare tutto, perch tutto l'abbelliva. Poi, quando si rimettevano a giocare con ardore, la contessa, sempre pi malinconica, pensava che Olivier preferiva quella partita a palla, quella agitazione infantile, quel piacere da gattini che saltano dietro alle palline di carta, alla dolcezza di stare seduto accanto a lei, in quella calda mattinata, e di sentirla, amante, contro di s. Quando la campana di lontano, suon il primo colpo della colazione, le parve di venire liberata e che le togliessero un peso dal cuore. Ma, mentre rientrava appoggiata al suo braccio, egli le disse: Mi sono divertito come un ragazzo. molto bello essere o credersi giovani. Ah s! Ah s! Non c' che questo! Quando non si ama pi correre, la fine! Alzandosi da tavola, la contessa, che, per la prima volta il giorno precedente, non era stata al cimitero, propose di andarvi insieme e partirono tutti e tre per il villaggio. Bisognava attraversare il bosco nel quale scorreva un ruscello chiamato la Rainette, senza dubbio per le piccole rane che lo popolavano, poi attraversare un lembo di pianura prima di arrivare alla chiesa costruita in mezzo ad un gruppo di case abitate dal droghiere, dal fornaio, dal macellaio, dal mercante di vini, e da alcuni altri modesti commercianti presso i quali i contadini venivano a fare le loro provviste. La gita fu silenziosa e raccolta, poich il pensiero della morta opprimeva gli animi. Sulla tomba, le due donne si inginocchiarono e pregarono lungamente. La contessa, inchinata, restava immobile, con un fazzoletto sugli occhi, poich aveva paura di piangere e temeva che le lacrime scorressero sulle guance. Pregava, non come aveva fatto fino a quel giorno, per una specie di evocazione di sua madre, per un appello disperato sotto il marmo della tomba, fino a credere di sentire attraverso la propria emozione divenuta straziante, che la morta la capisse, l'ascoltasse, ma semplicemente balbettando con ardore le parole consacrate del Pater Noster e dell'Ave Maria. Quel giorno non avrebbe avuto la forza e la tensione di spirito necessaria per quella specie di crudele colloquio senza risposta con ci che poteva rimanere dell'essere scomparso, sulla fossa che nascondeva i suoi resti mortali. Altre preoccupazioni si erano insinuate nel suo cuore di donna, l'avevano agitata, oppressa, distratta e la sua fervente preghiera s'innalzava verso il cielo piena di oscure suppliche. Implorava Dio, l'inesorabile Dio, che ha messo sulla terra tutte le povere creature, perch avesse piet di lei stessa, come di colei che aveva richiamato a S. Non avrebbe potuto dire cosa gli chiedeva, tanto le sue apprensioni erano ancora nascoste e confuse, ma sentiva di avere bisogno dell'aiuto divino, di un conforto soprannaturale, contro pericoli vicini e dolori inevitabili. Annette, con gli occhi chiusi, dopo avere anche lei balbettato delle preghiere, s'era messa a fantasticare, non volendo alzarsi prima della madre. Olivier Bertin le guardava, pensando che aveva davanti a s un quadro incantevole, ed era alquanto dispiaciuto di non poter fare uno schizzo. Al ritorno si misero a parlare dell'esistenza umana, esaminando blandamente quelle idee amare e poetiche di una filosofia intenerita e

malinconica che sono frequente argomento di conversazione tra gli uomini e le donne un poco tormentati dalla vita, i cui cuori si uniscono confondendo le loro pene. Annette, ancora impreparata per questi pensieri, si allontanava ad ogni istante per cogliere i fiori di campo sul bordo della strada. Ma Olivier, preso da un desiderio di averla accanto a s, irritato per quel continuo allontanarsi, seguitava a tenerla d'occhio. Gli dava fastidio che i colori delle piante la interessassero pi delle sue parole. Provava un indefinibile malumore per non poterla conquistare, dominare come sua madre, e un desiderio di stendere la mano, di afferrarla, di trattenerla, di impedirle di andarsene. La sentiva troppo vivace, troppo giovane, troppo indifferente, troppo libera, libera come un uccello, come un cucciolo che non obbedisce, che non ritorna, che ha l'indipendenza nelle vene, quel bell'istinto di libert che n la voce n la frusta hanno ancora vinto. Per attirarla, parl di cose pi allegre, e a volte la interrogava, cercava di risvegliare in lei il desiderio di ascoltare e la sua curiosit femminile; ma si sarebbe detto che il vento capriccioso dell'ampio cielo soffiasse quel giorno nella testa di Annette come sulle spighe ondeggianti, e che portasse via e disperdesse nello spazio la sua attenzione, perch, non appena aveva risposto la parola banale che Olivier si aspettava da lei, lanciata fra due fughe, con sguardo distratto, essa gi ritornava ai suoi fiorellini. Alla fine era esasperato, morso da una impazienza puerile, e quando lei venne a pregare la madre di portarle il primo mazzo per poterne cogliere un altro, egli la afferr per il gomito e le strinse il braccio perch non scappasse pi. Si dibatteva ridendo e tirava con tutta la sua forza per andarsene; allora lui, mosso da un istinto d'uomo, impieg il mezzo dei deboli, e non potendo attirarne l'attenzione la comper tentandone la civetteria. Dimmi, disse, quale fiore preferisci, te ne far fare una spilla. Ella esit, sorpresa. Una spilla, come? Di pietre dello stesso colore, rubini se il papavero, zaffiri se il fiordaliso, con una piccola foglia di smeraldi. Il viso di Annette si rischiar di quella gioia affettuosa che anima i lineamenti di una donna quando le si fanno promesse o regali. Il fiordaliso, disse, cos grazioso! Vada per un fiordaliso. Andremo a ordinarlo appena rientrati a Parigi. Essa non si allontanava pi, legata a lui dal pensiero del gioiello che le pareva gi di vedere, di immaginare. E domand: Ci vorr molto tempo per fare una cosa simile? Egli rideva sentendola vinta. Non lo so, dipende dalle difficolt. Faremo fretta al gioielliere. Ella fu improvvisamente colpita da una triste riflessione: Ma non potr portarla, perch sono in lutto stretto. Egli aveva passato il braccio sotto quello della fanciulla, e stringendola a s: Ebbene, conserverai la spilla per quando il lutto sar finito, ci non ti impedir di contemplarla. Come la sera precedente, si trovava fra loro, trattenuto, stretto, prigioniero delle loro spalle, e per vedere levarsi su di lui i loro occhi azzurri uguali, macchiettati di punti neri, parlava loro a turno, voltando la testa ora verso una ora verso l'altra. Il gran sole illuminandole, faceva ora confondere meno la contessa con Annette, ma egli confondeva sempre pi la figlia con il ricordo rinascente di quello che era stata la madre. Aveva voglia di baciarle tutte e due, l'una per ritrovare sulla sua guancia e sulla nuca un poco di quella freschezza rosea e bionda che aveva assaporato un tempo e che vedeva adesso miracolosamente riapparsa; l'altra perch l'amava sempre e sentiva venire da lei il possente richiamo di un'antica abitudine. Addirittura constatava, in quel momento, e capiva come il suo desiderio, da lungo tempo alquanto esaurito, e l'affetto per lei, si fossero ridestati alla vista della sua giovinezza risuscitata. Annette and nuovamente a cogliere i fiori. Olivier non la richiamava pi come se il contatto del suo braccio e la soddisfazione della gioia provata, l'avessero appagato, ma seguiva tutti i suoi movimenti, con il piacere che si prova a vedere esseri o cose che affascinano i nostri occhi o li inebriano.

Quando ritornava portando un fascio di fiori, respirava pi forte, cercando, senza pensarci, qualcosa di lei, un po' del suo respiro, o del calore della sua pelle, nell'aria mossa dalla sua corsa. La guardava rapito come si guarda un'aurora, come si ascolta la musica, con fremiti di piacere, quando si abbassava, si rialzava, levava contemporaneamente le due braccia per aggiustarsi la pettinatura. E poi, sempre pi, d'ora in ora, essa metteva in movimento in lui l'evocazione del passato. Aveva risate, moine, e mosse che gli riportavano sulla bocca il sapore dei baci dati e ricevuti un tempo; essa trasformava il passato lontano, del quale aveva perduto la sensazione precisa, in qualcosa di simile a un presente sognato; essa confondeva le epoche, le date, le et del suo cuore, e, riaccendendo emozioni raffreddate, senza accorgersene mescolava l'ieri col domani, il ricordo con la speranza. Si domandava, cercando nella memoria, se la contessa, nella pi completa fioritura avesse avuto quel fascino arrendevole di capretta, quel fascino ardito, capriccioso, irresistibile, come la grazia di un animale che corre e salta. No, era stata pi smagliante, ma meno selvaggia. Ragazza di citt, poi donna di citt, non avendo mai bevuto l'aria dei campi e vissuto nel verde, era divenuta bella all'ombra dei muri e non al sole del cielo. Appena rientrati al castello, la contessa si mise a scrivere delle lettere sul tavolino basso nel vano di una finestra; Annette sal in camera, e il pittore usc di nuovo per camminare a passi lenti, con un sigaro in bocca, le mani dietro la schiena, lungo i sentieri tortuosi del parco. Ma non si allontanava tanto da perdere di vista la facciata bianca e il tetto a punta della dimora. Appena scompariva dietro agli alberi o a gruppi di arbusti, provava un'ombra sul cuore come quando una nuvola copre il sole, e quando riappariva, attraverso le aperture del verde, si fermava alcuni secondi per contemplare le due file di alte finestre. Poi si rimetteva in cammino. Si sentiva agitato ma contento, contento di che? Di tutto. Gli sembrava che quel giorno l'aria fosse pura e la vita bella. Si sentiva di nuovo addosso la leggerezza di un ragazzo, il desiderio di correre e di prendere con le mani le farfalle gialle che piroettavano sul prato come se fossero sospese a fili elastici. Cantarellava arie d'opera. Ripet molte volte di seguito la celebre frase di Gounod: Lasciami contemplare il tuo viso scoprendovi una espressione profondamente tenera che mai aveva sentito in quel modo. Ad un tratto si domand come mai potesse essere diventato in poco tempo cos diverso da se stesso. Ieri, a Parigi, scontento di tutto, disgustato, irritato; oggi calmo, soddisfatto di tutto, si sarebbe detto che un dio compiacente gli avesse mutato l'anima. Quel buon dio, pens, avrebbe dovuto cambiarmi anche il corpo e ringiovanirmi un poco. Improvvisamente scorse Julio che cacciava in una macchia. Lo chiam, e quando il cane venne a mettere sotto la sua mano la testa ben pettinata dalle orecchie lunghe e ricciolute, sedette nell'erba per accarezzarlo meglio, gli disse parole affettuose, lo fece sdraiare sulle ginocchia, e accarezzandolo s'intener, lo baci come fanno le donne, il cuore delle quali si commuove ad ogni occasione. Dopo pranzo invece di uscire come la sera precedente, rimasero in salotto, familiarmente. La contessa disse ad un tratto: Eppure bisogner partire. Olivier esclam: Oh, non parlate ancora di questo! Quando io non c'ero non volevate lasciare Roncires. Arrivo, e non pensate che ad andarvene. Ma, mio caro amico, disse lei, non possiamo restare qui tutti e tre all'infinito. Non si tratta d'infinito, ma di pochi giorni. Quante volte sono rimasto da voi per intere settimane? S, ma in altre circostanze, quando la casa era aperta a tutti. Allora Annette, con voce carezzevole: Oh, mamma! ancora qualche giorno, due o tre. Mi insegna cos bene a giocare a tennis. Mi arrabbio quando perdo, ma poi sono cos contenta di aver fatto dei progressi. Quella stessa mattina la contessa aveva progettato di far durare fino a domenica quel soggiorno misterioso dell'amico, e adesso voleva partire senza

sapere perch. Quella giornata che lei aveva sperato cos bella, le lasciava nell'animo una tristezza inesprimibile e penetrante, un'apprensione senza motivo, tenace e confusa come un presentimento. Quando si trov sola nella sua stanza, cerc di capire da dove provenisse quella nuova crisi di malinconia. Aveva forse subito una di quelle impercettibili emozioni, che ci sfiorano in modo talmente fuggevole che la ragione non se ne ricorda pi, ma la cui vibrazione perdura nelle corde pi sensibili del cuore? Forse. Ma quale? Ricord benissimo alcune contrariet inconfessabili nelle mille sfumature di sentimento per le quali era passata, ogni minuto portava la sua! Ma erano davvero troppo impercettibili per lasciarle quello scoraggiamento. Sono esigente, pens, non ho il diritto di tormentarmi cos. Apr la finestra per respirare l'aria della notte e vi rest appoggiata sui gomiti, guardando alla luna. Un leggero rumore le fece abbassare la testa. Olivier passeggiava dinanzi al castello. Perch ha detto che si ritirava nella sua stanza? pens. Perch non mi ha avvertito che usciva di nuovo? E non mi ha chiesto di andare con lui? Sa bene che mi avrebbe resa felice. A che pensa dunque? L'idea di non averla voluta per quella passeggiata, di aver preferito andarsene solo in quella notte cos bella, solo, con un sigaro in bocca, perch vedeva il punto rosso del fuoco, solo, quando avrebbe potuto darle la gioia di portarla con s; quell'idea che lui non provasse il bisogno continuo di lei, il desiderio continuo di lei, le gett nell'animo un nuovo fermento di amarezza. Stava per chiudere la finestra, per non vederlo pi, per non essere pi tentata di chiamarlo, quando egli alz gli occhi e la scorse. Grid: Come, sognate con le stelle, contessa? Essa rispose: S, voi pure, a quanto vedo! Oh, io molto semplicemente fumo. Non pot resistere al desiderio di domandargli: Come mai non mi avete avvertita che uscivate? Volevo soltanto bruciare un sigaro. D'altronde rientro subito. Allora buona sera, amico mio. Buona sera, contessa. Essa indietreggi fino alla sua sedia bassa, sedette e pianse, e la cameriera, chiamata per metterla a letto, vedendole gli occhi rossi, disse con compassione: Ah! la signora avr di nuovo un brutto aspetto domani. La contessa dorm male, febbricitante, agitata da incubi. Appena svegliata, prima di suonare, apr da s la finestra e le tende per guardarsi nello specchio. Aveva i lineamenti tirati, le palpebre gonfie, il colorito giallo; e ne prov un dolore cos forte che ebbe voglia di fingersi malata, di stare a letto e di non farsi vedere fino alla sera. Poi, improvvisamente, sent il bisogno irresistibile di partire, di partire immediatamente, con il primo treno, di lasciare quel paese luminoso dove si vedevano troppo, nella gran luce dei campi, le incancellabili fatiche del dolore e della vita. A Parigi si vive nella penombra degli appartamenti, dove le tende spesse, anche in pieno mezzogiorno, non lasciano entrare che una luce blanda. Sarebbe ridiventata se stessa, bella, con il pallore necessario per quella luce spenta e discreta. Allora le pass davanti agli occhi il volto di Annette, arrossato, un poco spettinato, cos fresco, durante la partita di tennis. Comprese lo sconosciuto tormento per cui la sua anima aveva sofferto. Non era affatto gelosa della bellezza di sua figlia! No, certo, ma sentiva, si confessava, per la prima volta, che, non doveva mai pi mostrarsi accanto a lei in pieno sole. Suon, e, prima di bere il t, diede gli ordini per la partenza, scrisse telegrammi, ordin anche per telegrafo il pranzo della sera, chiuse i conti della campagna, impart le ultime istruzioni, regol tutto in meno di un'ora, in preda a una febbrile e crescente impazienza. Quando scese, Annette e Olivier, avvertiti di quella decisione, la interrogarono sorpresi. Poi, vedendo che non dava alcun motivo preciso per quella brusca partenza, brontolarono un poco e mostrarono la loro disapprovazione fino al momento di separarsi nell'atrio della stazione, a Parigi. La contessa, porgendo la mano al pittore, gli do mand:

Volete venire a pranzo domani? Egli rispose, un poco imbronciato: Certamente, verr. Tuttavia, non Stavamo cos bene, laggi, tutti e tre! III

gentile

quello

che

avete

fatto.

Appena la contessa si trov sola con la figlia nel coup che la riconduceva a casa, si sent ad un tratto tranquilla, calma, come se avesse passato una crisi terribile. Respirava meglio, sorrideva alle case, riconosceva con gioia tutta quella citt, della quale i veri parigini sembrano portare i dettagli familiari negli occhi e nel cuore. Ogni negozio che vedeva, le faceva intuire quelli seguenti allineati lungo il boulevard, e riconosceva la figura del negoziante tante volte intravisto dietro la vetrina. Si sentiva salva! Da cosa? Rassicurata? Perch? Fiduciosa! A che proposito! Quando la carrozza si ferm sotto la volta del portone, essa discese con leggerezza ed entr, quasi fuggendo, nell'ombra della scala, poi nell'ombra del salotto, poi nell'ombra della sua camera. Allora rest in piedi qualche istante, contenta di essere l, al sicuro, nella luce offuscata e vaga di Parigi, che rischiara appena, lascia indovinare pi che vedere, dove si pu mostrare quello che piace e nascondere ci che si vuole; e il delirante ricordo della luce smagliante che inondava la campagna durava ancora in lei come l'impressione di una sofferenza finita. Quando scese per il pranzo, suo marito, che era entrato allora, la baci affettuosamente, e sorridendo: Ah! ah! Sapevo bene io che l'amico Bertin vi avrebbe fatta ritornare. Non ho sbagliato a mandarvelo. Annette, con quella voce particolare che assumeva quando scherzava senza ridere, rispose gravemente: Oh! Ha avuto molto da fare. La mamma non poteva decidersi. E la contessa, un poco confusa non disse nulla. Essendo chiuso il portone, quella sera, nessuno venne. L'indomani, la signora di Guilleroy trascorse tutta la giornata in diversi negozi per scegliere e ordinare ci che le occorreva. Sin dalla sua giovinezza, anzi quasi dall'infanzia, le piacevano quelle lunghe prove davanti agli specchi delle grandi sarte. Dal momento dell'ingresso in una casa di moda, si sentiva rallegrata al pensiero di tutti i particolati di quella prova minuziosa, tra le quinte della vita parigina. Adorava il fruscio delle vesti delle signorine che accorrevano appena lei entrava, i loro sorrisi, le offerte, le domande; e la sarta, la modista o la bustaia erano per lei persone di valore, che trattava come artiste, quando esprimeva il suo parere per domandare un consiglio. Ancora pi adorava sentirsi toccare dalle mani abili delle ragazze che la vestivano, e la rivestivano facendola girare dolcemente dinanzi al suo riflesso grazioso. Il fremito che le loro dita leggere facevano scorrere sulla sua pelle, sul collo e tra i capelli, era una delle migliori e delle pi dolci ghiottonerie della sua vita di donna elegante. Quel giorno, tuttavia, era con una certa angoscia che sarebbe passata senza velo, a testa scoperta, davanti a tutti quegli specchi sinceri. La prima visita alla modista la rassicur. I tre cappelli che scelse le andavano a meraviglia, essa non poteva dubitarne, e quando la modista le disse con convinzione: Oh! signora contessa, le bionde non dovrebbero mai lasciare il lutto, se ne and tutta contenta, ed entr piena di fiducia dagli altri fornitori. Tornata a casa trov un biglietto della duchessa che era venuta a trovarla e le annunciava che sarebbe tornata la sera; quindi scrisse alcune lettere; poi fantastic per qualche tempo, sorpresa che quel semplice mutamento di luogo avesse cacciato indietro in un passato che pareva gi lontano, la grande disgrazia che l'aveva angosciata. Non riusciva neppure a convincersi che il ritorno da Roncires datasse soltanto dal giorno innanzi, tanto il suo stato d'animo era mutato dal rientro a Parigi, quasi che quel piccolo spostamento le avesse cicatrizzato le piaghe. Bertin, giunto all'ora di pranzo, esclam vedendola: Siete abbagliante,

stasera! E questa esclamazione produsse in lei un'ondata tiepida di felicit. Alzatisi da tavola, il conte, appassionato di biliardo, propose a Bertin di fare una partita insieme, e le due donne li accompagnarono nella sala del biliardo dove fu servito il caff. Gli uomini stavano ancora giocando, quando venne annunciata la duchessa, e tutti ritornarono in salotto. La signora di Corbelle e suo marito si presentarono nello stesso momento, con voce lacrimevole. Per alcuni minuti, dal tono dolente delle parole, sembr che tutti stessero per piangere; ma, a poco a poco, dopo gli intenerimenti e le domande, si pass ad un altro flusso di pensieri; i toni delle voci, d'un tratto, si schiarirono, e tutti incominciarono a parlare naturalmente, come se l'ombra della disgrazia che rendeva tristi, nello stesso istante, quelle persone, si fosse improvvisamente dileguata. Allora Bertin si alz, prese Annette per mano, la condusse sotto il ritratto della madre, nel getto di fuoco del riflettore, e domand: Non stupefacente? La duchessa fu talmente sorpresa che pareva fuori di s, e ripeteva: Dio! , possibile! Dio! possibile! risuscitata! E dire che, entrando, non me n'ero accorta! Oh! mia piccola Any, come vi ritrovo, io che vi ho conosciuta tanto bene allora, nel vostro primo lutto di donna, no, nel secondo, perch avevate gi perduto vostro padre! Oh! questa Annette, cos vestita in nero, ma sua madre tornata in terra. Che miracolo! Senza quel ritratto nessuno se ne sarebbe accorto! Vostra figlia in realt vi somiglia moltissimo, ma rassomiglia molto pi a quella tela! Apparve Musadieu, che aveva saputo del ritorno della signora di Guilleroy e ci teneva ad essere tra i primi a presentarle l'omaggio della sua addolorata simpatia. Interruppe i convenevoli scorgendo la fanciulla che, in piedi contro la cornice circondata dallo stesso splendore di luce, sembrava la sorella vivente della pittura. Esclam: Ah! ecco in verit, una delle cose pi straordinarie che abbia mai veduto! Anche i Corbelle, le cui convinzioni seguivano sempre le opinioni sancite, si meravigliarono a loro volta con enfasi pi discreta. Il cuore della contessa si stringeva. Si stringeva a poco a poco, come se le esclamazioni di stupore di tutta quella gente l'avessero soffocato, facendogli male. Senza dire niente, guardava la figlia accanto al ritratto, e si sentiva in preda al nervosismo. Aveva voglia di gridare: Ma tacete dunque! So bene che mi assomiglia! Sino al termine della serata rimase melanconica, perdendo nuovamente quella fiducia che aveva ritrovato il giorno precedente. Bertin parlava con lei, quando venne annunciato il marchese di Farandal. Il pittore, vedendolo entrare e avvicinarsi alla padrona di casa, si alz, scivol dietro alla poltrona, mormorando: Ma bene! Ecco ora quel bestione! poi avendo fatto un largo giro, raggiunse la porta e usc. La contessa, dopo avere ricevuto i convenevoli del nuovo venuto, cerc Olivier con gli occhi, per riprendere con lui una conversazione che la interessava. Non vedendolo pi, domand: Come! Il grand'uomo se ne andato? Il marito rispose: Credo di s, mia cara, l'ho visto uscire all'inglese. Essa fu sorpresa, riflett alcuni istanti, poi cominci a conversare con il marchese. Gli intimi, d'altronde, si ritirarono presto, per discrezione, perch la contessa aveva fatto aprire il portone solamente per loro subito dopo la disgrazia. Allora, quando si trov stesa sul letto, ricomparvero tutte le angosce che l'avevano assalita in campagna. Erano sempre pi esplicite; le aveva analizzate pi chiaramente: si sentiva vecchia. Per la prima volta, quella sera aveva capito che nel suo salotto, dove sino ad allora era stata lei la sola ammirata, complimentata, festeggiata, amata, un'altra, sua figlia, prendeva ora il suo posto. Aveva capito questo, tutto ad un tratto, sentendo che gli omaggi erano per Annette. In quel regno, che la casa di una bella donna, in quel regno dove non era tollerata alcuna ombra, da dove era allontanato con cura discreta e tenace ogni temibile confronto, dove le sue simili non erano lasciate entrare se non per tentare di

farne delle vassalle, essa realizzava che sua figlia stava per diventare la sovrana. Com'era stata strana quella stretta che aveva provato al cuore quando tutti gli occhi si erano voltati verso Annette, mentre Bertin la teneva per mano, in piedi accanto al quadro! Improvvisamente si era sentita messa da parte, spodestata, detronizzata. Tutti guardavano Annette, nessuno si era pi preoccupato di lei. Era cos abituata a udire complimenti e adulazioni, ogni volta che qualcuno ammirava il suo ritratto, era cos sicura degli elogi, che non teneva assolutamente in considerazione, pur sentendosi egualmente lusingata, che quell'abbandono, quella defezione inaspettata, quella totale ammirazione nei confronti della figlia, l'avevano impressionata e stupita molto pi che se si fosse trattato di qualsiasi altra rivalit in una qualsiasi occasione. Ma essendo la sua natura di quelle che, in ogni crisi, dopo il primo abbattimento, reagiscono, lottano e trovano argomenti di consolazione, pens che, appena la sua cara figlia si fosse sposata, e quindi non vivendo pi sotto lo stesso tetto, non avrebbe pi dovuto sopportare quel continuo confronto, che cominciava a diventarle troppo penoso sotto gli occhi del suo amico. Tuttavia la scossa era stata troppo forte. Ebbe la febbre e non dorm affatto. Il mattino si svegli stanca e indebolita, e allora sorse in lei un bisogno irresistibile di essere confortata, soccorsa, di domandare aiuto a qualcuno che potesse guarirla di tutte quelle sofferenze, di tutte quelle miserie morali e fisiche. Si sentiva veramente cos indisposta, cos debole, che le venne l'idea di consultare il suo medico. Stava forse per ammalarsi gravemente, perch non era naturale che attraversasse in poche ore quelle fasi susseguenti di sofferenza e tranquillit. Lo fece dunque chiamare con un telegramma e attese. Questi arriv verso le undici. Era uno di quei medici seri, alla moda, le cui decorazioni e titoli costituiscono una garanzia della capacit, i cui modi perlomeno coincidono con il semplice sapere, ma soprattutto, aveva per i mali delle donne, parole abili, pi sicure dei rimedi. Entr, salut, guard la sua cliente, e con un sorriso: Suvvia, non grave. Con occhi come i vostri, non si mai malati. Essa gli fu subito riconoscente per questo esordio e gli raccont le sue debolezze, i nervosismi, le malinconie, poi senza insistere, il brutto aspetto che la preoccupava. Dopo averla ascoltata con aria attenta, interrogandola, del resto solamente sull'appetito, come se conoscesse bene la natura segreta di quel male femminile, l'auscult; la esamin, tast con la punta del dito la carne delle spalle, tenne sospese le braccia avendo senza dubbio intuito il suo pensiero e compreso con la perspicacia del medico che solleva tutti i veli, che essa lo consultava per la propria bellezza molto pi che per la salute, poi disse: S, abbiamo dell'anemia, e dei disturbi nervosi. Non c' da meravigliarsi, perch avete da poco provato un grande dolore. Vi far una piccola ricetta che rimetter tutto in ordine. Ma, prima di tutto, bisogner mangiare cibi corroboranti, prendere sugo di carne, non bere acqua, ma birra. Ve ne indicher una marca eccellente. Non stancatevi facendo tardi, ma camminate pi che potete. Dormite molto e ingrassate un poco. tutto quel che posso consigliarvi, signora bella e cliente. Essa l'aveva ascoltato con acceso interesse, cercando di indovinare tutti i sottintesi. Afferr l'ultima parola: S, sono dimagrita. C' stato un momento in cui ero troppo grassa, e mi sono forse indebolita mettendomi a dieta. Senza dubbio. Non male rimanere magri quando lo si sempre stati; ma quando si dimagrisce per principio sempre a spese di qualcosa. Per fortuna, a ci si pu porre rimedio facilmente. Addio signora. Si sentiva gi meglio, pi vivace; e volle che per colazione si andasse a cercare la birra indicata, direttamente alla fabbrica, per averla pi fresca. Si era alzata da tavola, quando fu introdotto Bertin. Sono ancora io, egli disse, sempre io. Vengo a farvi una domanda. Avete qualche cosa da fare dopo? No, niente, perch? E Annette? Neppure.

Allora, potete venire da me verso le quattro? S; ma per quale motivo? Sto abbozzando la figura del Sogno, di cui vi ho parlato quando vi chiesi se vostra figlia poteva concedermi qualche istante per posare. Mi farebbe un grande favore se potessi averla per un'ora oggi. Volete? La contessa esitava, contrariata senza sapere perch. Tuttavia rispose: Siamo intesi, amico mio, ci troveremo da voi alle quattro. Grazie. Siete la compiacenza in persona. E se ne and a preparare la tela e a studiare il soggetto per non stancare troppo la modella. Allora la contessa usc sola, a piedi, per terminare i suoi acquisti. Scese nelle grandi vie del centro, poi risal il boulevard Malesherbes a passi lenti, perch si sentiva le gambe spezzate. Passando davanti a Saint Augustin, ebbe voglia di entrare in quella chiesa e di riposarsi. Spinse la portiera imbottita, sospir di piacere gustando l'aria fresca della vasta navata, prese una sedia e sedette. Era religiosa come molte parigine. Credeva in Dio senza alcun dubbio, non potendo ammettere l'esistenza dell'universo senza l'esistenza di un creatore. Ma associando, come fanno tutti, gli attributi della divinit con natura della materia creata alla portata dei suoi occhi, essa si rappresentava press'a poco l'Eterno attraverso le sue conoscenze dell'opera di Lui, senza avere perci idee ben precise su ci che tale misterioso Creatore potesse essere in realt. Vi credeva fermamente, in teoria lo adorava, e lo temeva assai vagamente, perch ne ignorava, in tutta coscienza, le intenzioni e i voleri, avendo nei preti, che considerava tutti come figli di contadini renitenti alla leva, una confidenza molto limitata. Suo padre, un borghese parigino, non le aveva imposto alcun principio di devozione, ed essa, fino al matrimonio, aveva trascurato di frequentare la chiesa. Allora, dato che la nuova posizione prescriveva degli obblighi apparenti verso la chiesa, essa si era uniformata con precisione a questa leggera servit. Era patronessa di numerosi asili molto in vista, non mancava mai, la domenica, alla messa dell'una, faceva l'elemosina per s, direttamente, e per la gente, a mezzo di un abate, vicario della sua parrocchia. Aveva spesso pregato per dovere, come il soldato monta la guardia alla porta del generale. Qualche volta aveva pregato perch il suo cuore era triste, soprattutto quando temeva che Olivier l'abbandonasse. Allora, senza confidare al cielo il motivo della supplica, trattando Dio come un marito, con la stessa ingenua ipocrisia Gli domandava soccorso. Una volta, quando era morto suo padre, poi molto recentemente alla morte della madre, aveva avuto crisi violente di fervore, implorazioni appassionate, slanci verso Colui che veglia su di noi e che consola. Ed ecco che oggi, in quella chiesa dove era entrata per caso, sentiva d'improvviso un bisogno profondo di pregare, di pregare non per qualcuno o per qualche cosa, ma per s, per s sola, come gi aveva fatto pochi giorni prima, sulla tomba di sua madre. Aveva bisogno di un aiuto da qualche parte, e ora invocava Dio, come quella stessa mattina aveva chiamato il medico. Rest a lungo inginocchiata, nel silenzio della chiesa, interrotto di quando in quando dal rumore dei passi. Poi, ad un tratto, come se una pendola le avesse suonato dentro il cuore, si ricord di qualcosa, estrasse l'orologio, trasal vedendo che erano quasi le quattro, e scapp a prendere sua figlia che Olivier certamente stava attendendo. Trovarono l'artista nel suo studio, che esaminava sulla tela la posa del Sogno. Voleva riprodurre esattamente quello che aveva visto al Parc Monceau, passeggiando con Annette: una fanciulla povera che sogna con un libro aperto sulle ginocchia. Era stato molto incerto se farla brutta o bella. Brutta, avrebbe avuto pi carattere, avrebbe risvegliato pi pensieri, emozioni, avrebbe contenuto, pi filosofia. Bella avrebbe sedotto di pi, sparso pi fascino, sarebbe piaciuta maggiormente. Il desiderio di fare uno studio sulla piccola amica, lo fece decidere. La sognatrice sarebbe stata bella e avrebbe potuto, in seguito, realizzare un giorno o l'altro il suo sogno poetico, mentre se fosse stata brutta sarebbe stata condannata a sognare senza fine e senza speranza. Appena le due donne furono entrate, Olivier stropicciandosi le mani, disse:

Ebbene, signorina Nan, ora lavoreremo insieme. La contessa pareva preoccupata. Sedette su una poltrona e guard Olivier che collocava nella luce adatta una sedia da giardino in giunco di ferro. Apr quindi la biblioteca per cercarvi un libro, e dopo avere esitato un attimo: Cosa legge, vostra figlia? Dio mio, ci che volete. Datele un libro di Victor Hugo. La Lgende des sicles? Va bene. Egli allora soggiunse. Piccola, siediti l e prendi questa raccolta di versi. Cerca la pagina... la pagina 336, dove troverai una poesia intitolata: I poveri. Assimilala come se dovessi bere il migliore dei vini, molto lentamente, parola per parola, e lasciati inebriare, lasciati commuovere. Ascolta ci che ti dir il cuore. Poi chiudi il libro, alza gli occhi, pensa e sogna... Io preparer i miei strumenti di lavoro. Se ne and in un angolo a preparare la tavolozza; ma anche vuotando sulla sottile assicella i tubetti di piombo dai quali uscivano, torcendosi, serpentelli di colore, si voltava ogni tanto per guardare la fanciulla assorta nella lettura. Il suo cuore si stringeva, le dita gli tremavano, non sapeva pi cosa fare e confondeva i toni mescolando i mucchietti di pasta, tanto ritrovava all'improvviso davanti a quell'apparizione, davanti a quella resurrezione, in quell'identico luogo dopo dodici anni, un moto irresistibile di emozione. Nel frattempo lei aveva finito di leggere e guardava di fronte a s. Essendosi avvicinato, scorse nei suoi occhi due gocce chiare che, staccandosi, le scorrevano sulle guance. Allora trasal con una di quelle scosse che gettano un uomo fuori di s e mormor, voltandosi alla contessa: Dio, come bella! Ma rest stupefatto dinanzi al volto livido e convulso della signora di Guilleroy. Essa li contemplava, sua figlia e lui, con grandi occhi pieni di una specie di terrore. Egli si avvicin, preso da inquietudine domandando: Cosa avete? Voglio parlarvi. Essendosi alzata, disse rapidamente ad Annett: Aspetta un minuto, bambina mia. Devo dire una cosa al signor Bertin. Poi pass rapidamente nel salottino accanto dove egli faceva spesso attendere i visitatori. Egli la segu con la mente confusa, non riuscendo a capire. Quando furono soli, ella gli prese le due mani e balbett: Olivier, Olivier, ve ne prego, non fatela pi posare. Egli mormor imbarazzato: Ma perch? Essa rispose con voce precipitata: Perch? Perch? Lo chiedete pure? Non lo sentite dunque, voi perch? Oh! Avrei dovuto indovinarlo prima, io, ma l'ho scoperto soltanto ora... Non posso dirvi nulla adesso, nulla... Andate a prendere mia figlia. Ditele che mi sento male, fate chiamare un fiacre, e venite a prendere mie notizie tra un'ora. Vi ricever da sola. Ma cosa avete dunque? Ella parve in procinto di cadere in una crisi nervosa. Lasciatemi. Non posso parlare qui. Andate a prendere mia figlia e fate venire un fiacre. Egli dovette obbedire e rientr nello studio. Annette, senza sospettare nulla, si era rimessa a leggere, con il cuore inondato di tristezza per la storia poetica e lacrimevole. Olivier le disse: Tua madre indisposta. Ha rischiato di sentirsi male entrando nel salottino. Va a raggiungerla. lo porter dell'etere. Usc, corse a prendere un flacone in camera, poi ritorn. Le trov una fra le braccia dell'altra che piangevano. Annette, commossa da I poveri, lasciava sfogare la sua emozione, e la contessa si confortava un poco, confondendo la propria angoscia con quel dolce dolore, mescolando le proprie lacrime con quelle della figlia. Attese qualche istante, non osando parlare, mentre le guardava, anche lui oppresso da una incomprensibile malinconia.

Alla fine disse: Ebbene, vi sentite meglio? La contessa rispose: S, un poco. Non sar nulla. Avete chiesto una vettura? S, verrr subito. Grazie, amico mio. Non niente. Ho avuto troppi dolori in questi ultimi tempi. La vettura pronta! annunci poco dopo un domestico. E Bertin, pieno di angosce segrete, sorresse fino allo sportello l'amica pallida e semisvenuta, sentendole battere il cuore sotto il corsetto. Quando fu solo, si domand: Ma dunque che ha? Perch questa crisi? E si mise a cercare, girando attorno alla verit, senza decidersi a scoprirla. Alla fine si avvicin ad essa: Vediamo, si disse, crede forse che io faccia la corte alla figlia? No, sarebbe troppo! E, combattendo quella sospettata convinzione con argomenti ingegnosi e leali, s'indign che lei avesse potuto attribuire la minima parvenza di galanteria a quell'affetto puro, quasi paterno. A poco a poco si incoller con la contessa, non sopportando che lei osasse sospettarlo di una simile bassezza, di un'infamia cos inqualificabile, e si riprometteva vedendola tra poco, di non tenerle celata la propria indignazione. Usc presto per recarsi da lei, impaziente di spiegarsi. Lungo tutta la strada prepar, con crescente irritazione i ragionamenti e le frasi che dovevano giustificarlo e vendicarlo di un sospetto simile. La trov sulla poltrona a sdraio, con un viso alterato dalle sofferenze. Ebbene le disse con tono secco, spiegatemi dunque, cara amica, la strana scena di poco fa. Ella rispose con voce spezzata: Come, non avete ancora capito? No, lo confesso. Andiamo, Olivier, cercate bene nel vostro cuore. Nel mio cuore? S, nel fondo del vostro cuore. Non capisco, spiegatevi meglio. Cercate bene in fondo al vostro cuore se non trovate nulla di pericoloso per voi e per me. Vi ripeto che non comprendo. Indovino che c' qualcosa nella vostra immaginazione, ma nella mia coscienza, non vedo nulla. Non parlo della vostra coscienza, parlo del vostro cuore. Non so risolvere gli enigmi. Vi prego di essere chiara. Allora, alzando lentamente le due mani, prese quelle del pittore, e le trattenne, poi, come se ogni parola la lacerasse: Fate attenzione, amico mio, disse, voi state per innamorarvi di mia figlia. Egli ritir bruscamente le mani, e, con una vivacit da innocente che si dibatte contro un sospetto vergognoso, con gesti violenti, con animazione crescente, si difese, accusando a sua volta lei di averlo potuto credere cos. Lei lo lasci parlare a lungo, ostinatamente incredula, sicura di ci che aveva detto, poi riprese: Ma io non sospetto voi, amico mio. Voi ignorate quello che avviene dentro di voi, come io stessa l'ignoravo questa mattina. Mi trattate come se vi accusassi di aver voluto sedurre Annette. Oh! no, no! So quanto siete leale, degno di ogni stima e di ogni fiducia. Vi prego solamente, vi supplico di guardare in fondo al vostro cuore, se l'affetto che cominciate ad avere, vostro malgrado, per mia figlia, non abbia un carattere un poco diverso da quello di una semplice amicizia. Egli si incoller, e agitandosi sempre pi, si mise a difendere nuovamente la propria lealt, come aveva fatto tutto solo per strada, mentre si recava da lei. Ella attese che avesse terminato il suo discorso; poi, senza collera, e senza essere scossa nelle sue opinioni, ma terribilmente pallida, mormor: Olivier, so bene tutto ci che mi dite, e lo penso come voi. Ma sono sicura di non ingannarmi. Ascoltate, riflettete, vedete di capire. Mia figlia mi somiglia troppo, essa troppo tutto quello che io ero una volta, quando avete incominciato ad amarmi, perch non vi mettiate ad amare anche lei. Allora, esclam, voi osate gettarmi in faccia una cosa simile in base a questa semplice ipotesi e a questo ridicolo ragionamento: egli mi ama, mia

figlia mi somiglia, dunque l'amer. Ma, vedendo il volto della contessa alterarsi sempre pi, continu con tono pi pacato: Andiamo, cara Any, ma proprio perch vi ritrovo in lei, che quella bimba mi piace molto. Siete voi, voi sola, che io amo quando la guardo. S, proprio per questo che comincio a soffrire tanto, e sono cos spaventata. Voi non distinguete ancora quello che sentite. Ma non vi ingannerete pi fra qualche tempo. Any, vi assicuro che state impazzendo. Volete delle prove? S. Non eravate mai venuto a Roncires da tre anni, malgrado le mie richieste. Ma vi siete precipitato, quando vi hanno proposto di venirci a prendere. Ah! Perbacco! Mi rimproverate di non avervi lasciata sola laggi, sapendovi malata, dopo la morte di vostra madre. Sia, non insisto. Ma ecco: il bisogno di rivedere Annette per voi cos imperioso, che non avete potuto lasciar passare la giornata di oggi, senza chiedermi di condurla da voi, con il pretesto della posa. E non potete pensare che eravate voi quella che cercavo di rivedere? In questo momento state ragionando contro voi stesso, cercate di convincervi, non mi ingannate. Ascoltate ancora. Perch siete uscito cos improvvisamente l'altro ieri sera, quando entrato il marchese di Farandal? Lo sapete? Egli esit, molto sorpreso, molto inquieto, disarmato da quella osservazione. Poi, lentamente: Ma... non so bene... ero stanco... e poi, per esser sincero, quell'imbecille mi irrita. Da quando? Da sempre. Scusate, vi ho udito fare i suoi elogi. Una volta, vi piaceva. Siate del tutto sincero Olivier. Egli riflett alcuni istanti, poi, cercando le parole: S, possibile che il grande affetto che ho per voi, mi faccia amare tutti i vostri abbastanza per modificare la mia opinione su quel grullo, che mi riesce indifferente incontrare ogni tanto, ma che mi dispiacerebbe vedere in casa vostra quasi ogni giorno. La casa di mia figlia non sar la mia. Ma adesso basta. Conosco la schiettezza del vostro cuore. So che rifletterete molto su quanto vi ho detto. Quando avrete riflettuto, comprenderete che vi ho fatto vedere un grave pericolo, mentre siete ancora in tempo per sfuggirlo. E ve ne guarderete. Ora, parliamo d'altro, volete? Egli non continu, sentendosi ora a disagio, non sapeva pi davvero a cosa dover pensare, e aveva, in effetti, bisogno di riflettere. E se ne and, dopo un quarto d'ora di conversazione banale. IV Lentamente, Olivier se ne tornava a casa, turbato come se fosse appena venuto a conoscenza di un vergognoso segreto di famiglia. Tentava di sondare il suo cuore, di vedere chiaro dentro di s, di leggere quelle pagine intime del libro interiore che sembrano incollate una all'altra, e che talvolta soltanto il dito di un estraneo pu separare voltandole. Certo, non credeva di essere innamorato di Annette. La contessa, la cui ombrosa gelosia non cessava di stare in guardia, aveva avvistato da lontano il pericolo, e lo aveva segnalato prima che sussistesse. Ma quel pericolo poteva sussistere domani, dopodomani, fra un mese? A quella domanda sincera tentava di rispondere sinceramente. Certo, la piccola smuoveva i suoi istinti di tenerezza, ma quegli istinti sono cos numerosi nell'uomo, che non bisognava confondere i temibili con gli innocui. A quel modo, egli adorava gli animali, i gatti, soprattutto, e non poteva vedere quella pelliccia morbida come la seta senza essere colto da una voglia irresistibile, sensuale, di accarezzare la loro schiena sinuosa e dolce, di baciare il loro pelo elettrico. L'attrazione che lo spingeva verso la fanciulla

rassomigliava un poco a quei desideri oscuri e innocenti che fanno parte di tutte le vibrazioni incessanti e implacabili dei nervi umani. I suoi occhi di artista e i suoi occhi di uomo erano sedotti dalla freschezza, da quell'ondata di bella vita serena, da quel vigore di giovinezza che esplodeva in lei; e il cuore, pieno dei ricordi del lungo legame con la contessa, trovando nella straordinaria somiglianza di Annette con la madre un richiamo ad emozioni antiche, emozioni addormentate dall'inizio del suo amore, si era forse un poco scosso sotto la sensazione di un risveglio. Un risveglio? S! Era proprio questo? Questa idea lo illumin. Si sentiva risvegliato dopo anni di sonno. Se avesse amato la piccola senza rendersene conto, avrebbe provato accanto a lei quel ringiovanimento dell'intero essere, che crea un uomo diverso quando si accende in lui la fiamma di un desiderio nuovo. No, quella fanciulla non aveva fatto che soffiare sul vecchio fuoco. Era sempre la madre che amava, certamente, un poco pi di prima, a causa della figlia, che era un'emanazione di lei stessa. E formul tale constatazione con questo sofisma rassicurante: si ama una sola volta. Il cuore pu commuoversi spesso incontrando un altro essere, poich ciascuno suscita negli altri attrazioni e repulsioni. Tutte queste influenze fanno nascere l'amicizia, i capricci, la concupiscenza, passioni intense e passeggere, ma non il vero amore. Perch un tale amore esista, necessario che due esseri siano talmente fatti l'uno per l'altro, che si trovino uniti uno all'altro da tanti motivi, da tanti gusti simili, da tante affinit della carne, dello spirito, del carattere, che si sentano avvinti da tante cose di ogni genere, da formare un unico insieme di legami. Quel che si ama, insomma, non tanto la signora X... o il signor Z..., una donna o un uomo, una creatura senza nome, uscita dalla natura, quella grande femmina, con organi, forma, un cuore, uno spirito, un modo di essere generale, che attirino come una calamita i nostri organi, i nostri occhi, le nostre labbra, il nostro cuore, il nostro pensiero, tutti i nostri appetiti sessuali e intellettuali. Si ama un tipo, cio l'insieme, in una sola persona, di tutte le qualit umane che possono sedurci isolatamente nelle altre. Per lui, la contessa di Guilleroy era stata quel tipo, e la stabilit della loro relazione, di cui egli non era stanco, glielo provava in modo certo. Ora, Annette rassomigliava fisicamente a come era stata sua madre, al punto di ingannare la vista. Non vi era dunque nulla di sorprendente che il suo cuore di uomo si lasciasse un poco sorprendere, senza per questo lasciarsi trasportare. Aveva adorato una donna! Un'altra donna era nata da lei, quasi simile. Non poteva impedirsi di riportare sulla seconda un leggero affettuoso residuo dell'attaccamento appassionato che aveva avuto per la prima. Non vi era in ci nulla di male. Non vi era alcun pericolo. Solo lo sguardo e il ricordo si lasciavano illudere da quell'apparente resurrezione, ma il suo istinto non si perdeva, poich non aveva mai provato per la fanciulla il minimo desiderio. Tuttavia, la contessa gli rimproverava di essere geloso del marchese. Era vero? Fece di nuovo un esame di coscienza severo, e constat che in realt ne era un poco geloso. Che c'era di sorprendente dopo tutto? Forse che non si prova sempre della gelosia per gli uomini che fanno la corte a una donna qualunque? Forse che non si avverte per strada, al ristorante, a teatro, una leggera inimicizia per il signore che passa o che entra con una bella ragazza al braccio? Chiunque possieda una donna un rivale. un maschio soddisfatto, un vincitore invidiato dagli altri maschi. E poi, senza entrare in queste considerazioni fisiologiche, se era normale che avesse per Annette una simpatia un po' pi calorosa, dovuta al suo affetto per la madre, non diventava naturale che sentisse risvegliare in s stesso un leggero odio animalesco contro il futuro marito? Avrebbe domato senza fatica quel pericoloso sentimento. Nel suo intimo, tuttavia, rimaneva un amaro sapore di scontentezza verso se stesso e verso la contessa. I loro rapporti quotidiani non sarebbero stati turbati dal sospetto che aveva sentito in lei? Avrebbe dovuto vigilare con attenzione scrupolosa e stancante tutte le parole, tutte le azioni, gli sguardi, i minimi atteggiamenti davanti alla fanciulla, poich tutto ci che avrebbe fatto e detto, sarebbe diventato sospetto per la madre. Rientr a casa di pessimo umore, e si mise a fumare, con la foga dell'uomo irritato che adopera dieci fiammiferi per accendersi il tabacco. Cerc invano di lavorare. La mano, l'occhio, lo spirito sembravano disabituati alla pittura, come se l'avessero dimenticata, come se non l'avessero mai conosciuta e messa in pratica. Aveva preso, per finirla, una piccola tela incominciata - un angolo di strada con un

cieco che cantava - e la guardava con ineluttabile indifferenza, con una tale impossibilit di continuarla che si sedette davanti, con la tavolozza in mano, e la dimentic, seguitando a contemplarla con fissit attenta e distratta ad un tempo. Poi improvvisamente, l'insofferenza per il tempo che non passava, per i minuti interminabili, cominci a roderlo con la sua febbre intollerabile. Che cosa fare fino all'ora di pranzo, che avrebbe consumato al circolo, dal momento che non poteva lavorare? L'idea della strada lo stancava in anticipo, marciapiedi, passanti, carrozze, negozi lo disgustavano; e il pensiero di fare delle visite, anche una sola, quel giorno, faceva sorgere istantaneamente in lui l'odio per tutte le persone che conosceva. Dunque, cosa fare? Avrebbe camminato per lo studio in lungo e in largo, guardando ogni volta sulla pendola la lancetta che si spostava di pochi secondi? Ah! li conosceva quei tragitti dalla porta allo stipo ricoperto di ninnoli! Nelle ore di ispirazione, di slancio, di realizzazione fertile e felice, era una piacevole ricreazione quell'andirivieni attraverso la grande stanza rallegrata, animata, riscaldata dal lavoro; ma nelle ore di impotenza e di nausea, nelle ore miserabili nelle quali niente gli pareva valere la fatica di uno sforzo e di un movimento, costituiva l'abominevole passeggiata del prigioniero nella cella. Se soltanto fosse riuscito a dormire, anche solo per un'ora, sul divano! Ma no, non avrebbe dormito, si sarebbe agitato sino a tremare di esasperazione. Da dove veniva dunque quell'improvviso attacco di cattivo umore? Pens: Sto diventando proprio nervoso, se mi riduco in un simile stato, per un motivo cos insignificante. Allora, pens di prendere un libro. Il volume della Lgende des sicles era rimasto sulla sedia di ferro dove Annette lo aveva lasciato. Lo apr, lesse due pagine di versi, e non li comprese. Non li comprese come se fossero stati scritti in una lingua straniera. Si ostin e ricominci, per constatare di nuovo che veramente non riusciva ad afferrarne il senso. Andiamo, si disse, pare che non abbia pi la testa a posto! Un'ispirazione improvvisa lo rassicur sulle due ore che avrebbe dovuto passare prima del pranzo. Si fece scaldare l'acqua del bagno e vi rimase disteso, a mollo, rilassato dall'acqua tiepida, sino al momento in cui il cameriere, portando la biancheria, lo scosse del torpore. Si rec allora al circolo, dove erano riuniti i soliti compagni. Fu accolto a braccia aperte, con esclamazioni, poich non l'avevano visto da qualche giorno. Torno dalla campagna, egli disse. Tutti quegli uomini ad eccezione del paesaggista Maldant, professavano per la campagna un profondo disprezzo. Rocdiane e Landa vi andavano per cacciare, vero, ma non gustavano nelle pianure e nei boschi il piacere di veder cadere sotto il loro piombo, simili a mucchi di piume, fagiani, quaglie e pernici, o di osservare i piccoli conigli fulminati, capitombolare come pagliacci, cinque o sei volte di seguito sulla testa, mostrando ad ogni capriola il ciuffo di peli bianchi della coda. Ad eccezione di questi piaceri in autunno e in inverno, giudicavano la campagna opprimente. Rocdiane diceva: Preferisco le donnine ai piselli. Il pranzo fu, come sempre, rumoroso e gioviale, reso vivace da discussioni dalle quali non scatur nulla di imprevisto. Bertin, per scuotersi, parl molto. Lo trovarono divertente, ma appena bevuto il caff e giocato sessanta punti al biliardo con il banchiere Liverdy, usc, passeggi un poco dalla Madeleine a rue Taibout, pass tre volte davanti al Vaudeville domandandosi se doveva entrarvi, fu sul punto di prendere un fiacre per recarsi all'ippodromo, cambi parere e si diresse verso il Nouveau Cirque, poi fece bruscamente un mezzo giro, senza motivo, senza progetto, senza pretesto, risal il boulevard Malesherbes, e rallent il passo, avvicinandosi alla casa della contessa di Guilleroy. Trover forse strano vedermi ritornare questa sera? pensava. Ma si rassicur, dicendosi che non c'era nulla di sorprendente nell'andare a prendere per la seconda volta sue notizie. Era sola con Annette nel salottino in fondo all'appartamento, e lavorava sempre alla coperta per i poveri. Vedendolo entrare, disse semplicemente: Guarda, siete voi amico mio? S, ero preoccupato, ho voluto vedervi. Come state? Grazie, abbastanza bene... Attese alcuni istanti, poi aggiunse con marcata attenzione:

E voi? Egli si mise a ridere con aria disinvolta, rispondendo: Oh! io, benissimo, benissimo! I vostri timori non avevano la minima ragione d'essere. Essa alz gli occhi smettendo di lavorare e pos su di lui, lentamente, uno sguardo ardente di preghiera e di dubbio. Davvero! egli disse. Tanto meglio, rispose con un sorriso un poco forzato. Egli sedette, e, per la prima volta in quella casa, un malessere irresistibile l'invase, una specie di paralisi delle idee, ancora pi completa di quella che l'aveva colpito, durante il giorno, davanti alla tela. La contessa disse alla figlia: Puoi continuare, bambina mia; non lo disturba. Egli domand: Cosa stava facendo dunque?, Studiavo una fantasia. Annette si alz per andare al piano. Egli la seguiva con lo sguardo, come faceva sempre, trovandola bella. Allora sent su di s lo sguardo della madre e bruscamente volt la testa, come se stesse cercando qualche cosa nell'angolo scuro del salone. La contessa prese sul tavolo da lavoro un piccolo astuccio d'oro che aveva ricevuto da lui, l'apr, e porgendogli delle sigarette: Fumate, amico mio, disse, sapete che mi piace, quando siamo soli qui. Egli obbed, il piano cominci a suonare. Era una musica di sapore antico, graziosa e lieve; una di quelle musiche che sembrano essere state ispirate all'artista da una sera dolcissima di chiaro di luna, in primavera. Olivier domand: Di chi ? La contessa rispose: Di Schumann. poco conosciuta, ma affascinante. Aumentava in lui il desiderio di guardare Annette, ma non osava. Gli sarebbe bastato fare un piccolo movimento, un piccolo movimento del collo, poich intravedeva di lato le due fiammelle delle candele che illuminavano lo spartito, ma indovinava cos bene, avvertiva cos chiaramente l'attenzione inquieta della contessa che rimase immobile con gli occhi alzati davanti a s, occupati, cos pareva, a seguire il filo di fumo grigio del tabacco. La signora di Guilleroy mormor: , tutto quello che avete da dirmi? Egli sorrise. Non dovete volermene. Sapete che la musica mi ipnotizza, beve i miei pensieri. Parler fra poco. A proposito, ella disse, avevo studiato qualcosa per voi, prima della morte della mamma. Non ve l'ho mai fatto ascoltare, ve lo suoner ora, appena la piccola avr finito; sentirete come strano! Essa possedeva un autentico talento musicale, e una raffinata comprensione della sensibilit che si propaga nei suoni. Era anzi quella una delle principali ragioni della sua influenza sul pittore. Quando Annette ebbe terminato la sinfonia campestre di Mhul, la contessa si alz, prese il suo posto, ed una melodia strana si propag sotto le sue dita, una melodia nella quale tutte le frasi sembravano lamenti, lamenti diversi, mutevoli, numerosi, interrotti da una sola nota che tornava continuamente, cadendo in mezzo ai canti, scandendoli, spezzandoli come un grido monotono, incessante, insistente, l'appello implacabile di un'ossessione. Ma Olivier guardava Annette, seduta di fronte a lui, e non udiva nulla, non comprendeva nulla. La guardava senza pensare, saziandosi della sua vista come di una cosa abituale e buona, di cui fosse stato privato, bevendola in maniera sana come si beve l'acqua, quando si ha sete. Ebbene, disse la contessa, non bella? Egli, risvegliato, esclam: Superba, ammirevole! Di chi ? Non lo sapete? No. Come? Non lo sapete, voi? Ma no. Di Schubert. Egli disse con aria di profonda convinzione:

Non mi sorprende. superba! E voi sareste cortese se la ripeteste. Ella ricominci, ed egli, voltando la testa, si rimise a contemplare Annette, ascoltando contemporaneamente la musica, per gustare i due piaceri insieme. Poi, quando la signora di Guilleroy torn a prendere il suo posto, egli obbed semplicemente alla duplice natura dell'uomo, e non lasci pi che i suoi occhi si fissassero sul biondo profilo della fanciulla, che lavorava a maglia di fronte alla madre, dall'altro lato della lampada. Ma, pur non vedendola, gustava la dolcezza della sua presenza come si sente la vicinanza di un caldo focolare; e la voglia di lasciar scivolare su di lei delle rapide occhiate, subito ricondotte sulla contessa, lo tormentava, una voglia da collegiale che si arrampica sulla finestra della strada, appena il maestro volta le spalle. Se ne and presto, poich aveva la parola paralizzata come lo spirito, e il suo silenzio persistente poteva dar luogo ad interpretazioni. Appena si trov per strada, fu colto da un bisogno di andarsene in giro, poich ogni musica che udiva permaneva a lungo in lui, lo gettava in fantasticherie che sembravano il seguito sognato e pi preciso delle melodie. Le note melodiose ritornavano a tratti, fugaci, apportando misure isolate, indebolite, lontane come un'eco, poi tacevano, sembravano lasciare che il pensiero desse un senso ai motivi, e viaggiasse alla ricerca di una specie di ideale armonioso e tenero. Volt a sinistra sul boulevard esterno, scorgendo l'illuminazione fatata del Parc Monceau, ed entr nel viale centrale reso magico dalle lune elettriche. Un guardiano si aggirava a passi lenti; ogni tanto passava un fiacre, un uomo leggeva un giornale, seduto su una panchina, in un bagno azzurrastro di luce viva, ai piedi del palo di bronzo che portava un globo luminoso. Altri lumi sul prato, in mezzo agli alberi, spargevano nel fogliame e sull'erba la loro luce fredda e possente, animavano di una pallida vita quel gran giardino pubblico. Bertin, con le mani dietro alla schiena, andava lungo il marciapiede, e si ricordava della passeggiata con Annette in quello stesso parco, quando aveva riconosciuto sulla bocca di lei la voce materna. Si lasci cadere su una panchina, e aspirando il sudore fresco dei prati annaffiati, si sent assalito da tutte le attese appassionate che fanno dell'anima degli adolescenti l'incoerente intreccio di un infinito romanzo d'amore. Una volta aveva conosciuto quelle serate, serate di fantasia sbrigliata, in cui lasciava errare il proprio capriccio in avventure immaginarie, e fu sorpreso di provare in s quel ritorno a sensazioni che non erano pi della sua et. Ma, nello stesso modo della nota ossessiva della melodia di Schubert, il pensiero di Annette, la visione del suo viso chino sotto la lampada, e lo strano sospetto della contessa, lo riafferravano ad ogni istante. Continuava, suo malgrado, ad occupare il proprio cuore con quel problema, a sondare le profondit impenetrabili dove si sviluppano, prima di nascere, i sentimenti umani. Questa ricerca ostinata lo agitava, questa preoccupazione continua della fanciulla sembrava schiudere alla sua anima una strada di tenere fantasie: non poteva pi scacciarla dalla memoria; portava in s una specie di evocazione di lei, come un tempo conservava, quando la contessa lo aveva lasciato, la strana sensazione della sua presenza fra le pareti dello studio. Ad un tratto, spazientito da quel ricordo che lo dominava, mormor alzandosi: Any stupida ad avermi detto questo. Mi far pensare alla piccola, ora. Rientr in casa irritato con se stesso. Quando fu a letto, sent che il sonno non sarebbe venuto, poich una febbre gli scorreva nelle vene, un sogno fermentava nel cuore. Temendo l'insonnia, quell'insonnia snervante provocata dall'agitazione dell'animo, volle cercare di prendere un libro. Quante volte una breve lettura gli era servita da narcotico. Si alz dunque, e pass nella biblioteca, per scegliere un'opera adatta e soporifera; ma il suo spirito, sveglio suo malgrado, avido di una qualsiasi emozione, cercava negli scaffali il nome di uno scrittore che rispondesse al suo stato di esaltazione e di attesa. Balzac, da lui adorato, non gli disse nulla: disdegn Hugo, disprezz Lamartine, che pure lo lasciava sempre intenerito, e si ferm avidamente su Musset, il poeta della giovent. Ne prese un volume, e lo port con s per leggere a caso, alcune pagine.

Quando si fu di nuovo coricato, si mise a bere come un ubriaco quei versi facili di un poeta ispirato, che cant, come un uccello, l'aurora della vita, e non avendo afflato che per il mattino, ha taciuto davanti al giorno brutale, quei versi di un poeta che fu anzitutto un uomo inebriato della vita, che diffondeva la propria ebbrezza in fanfare d'amore, splendenti e ingenue, eco di tutti i giovani cuori sconvolti dai desideri. Mai Bertin aveva tanto compreso il fascino fisico di quelle poesie che commuovono i sensi e sfiorano appena l'intelligenza. Con gli occhi su quei versi frementi, si sentiva un'anima di ventenne, sollevata dalle speranze, e lesse il volume, quasi per intero, in una ebbrezza giovanile. Suonarono le tre, e egli si stup di non avere ancora sonno. Si alz per chiudere la finestra, rimasta aperta, e per portare il libro sul tavolo in mezzo alla camera, ma, al contatto della fresca aria notturna, un dolore non calmato dalle cure di Aix, gli percorse le reni come un richiamo, come un avviso, ed egli rinneg il poeta con gesto impaziente, mormorando: Via, vecchio pazzo! Poi si ricoric e soffi sul lume. Il giorno seguente non and dalla contessa, e prese anzi l'energica risoluzione di non tornarvi prima di due giorni, ma per quanto facesse, sia che cercasse di dipingere, sia che volesse passeggiare, sia che trascinasse di casa in casa la propria malinconia, era dappertutto tormentato dal pensiero incessante di quelle due donne. Essendosi proibito di andarle a trovare, cercava un sollievo nel pensare a loro, e lasciava la propria mente e il proprio cuore saziarsi del loro ricordo. Allora gli accadeva spesso che, in quella specie di allucinazione in cui cullava il suo isolamento, le due figure si avvicinassero, differenti, proprio come le conosceva, poi passassero una davanti all'altra, si confondessero, fuse insieme, formando un unico viso, un poco confuso, che non, era pi quello della madre, e non completamente quello della figlia, ma quello di una donna perdutamente amata un tempo, ancora, sempre. Allora aveva rimorso di lasciarsi andare cos sulla china di quelle commozioni, che sentiva possenti e pericolose. Per sfuggir loro, respingerle, liberarsi da quel sogno avvincente e dolce, dirigeva la propria mente verso tutte le idee immaginabili, verso tutti i possibili soggetti di riflessione e di meditazione. Sforzo vano! Tutte le strade che prendeva per distrarsi lo riconducevano allo stesso punto, nel quale incontrava una giovane figura bionda, che sembrava essere l imboscata ad attenderlo. Era una vaga e inevitabile ossessione che fluttuava su di lui, che gli girava attorno e lo fermava, qualunque fosse la deviazione che avesse preso per sfuggirla. La confusione di quei due esseri, che l'aveva turbato la sera della passeggiata nel parco di Roncires, gli ricominciava nella mente, appena cessato di riflettere e di ragionare; le evocava e si sforzava di comprendere quale strana emozione turbasse la sua carne. Si chiedeva: Vediamo, nutro per Annette pi tenerezza del consentito? Allora, scavando nel proprio cuore, lo sentiva ardere di affetto per una donna giovanissima, che aveva tutti i tratti di Annette, ma non era lei. E si rassicurava vilmente pensando: No, io non amo la piccola, sono la vittima della sua rassomiglianza. Tuttavia, i due giorni trascorsi a Roncires, rimanevano nel suo animo come una fonte di calore, di felicit, di ebbrezza; e i minimi particolari gli tornavano alla mente uno ad uno, precisi, pi saporiti che nell'ora stessa. Ad un tratto, seguendo il corso dei ricordi, rivide il sentiero che avevano seguito uscendo dal cimitero, la fanciulla che coglieva i fiori, e si ricord improvvisamente di averle promesso un fiordaliso di zaffiri appena fossero ritornati a Parigi. Tutti i suoi propositi presero il volo, e senza pi lottare, afferr il cappello e usc, intenerito dal pensiero del piacere che le avrebbe procurato. Il cameriere dei Guilleroy gli rispose, quando si present: La signora uscita, ma la signorina in casa. Prov una viva gioia. Avvertitela, che vorrei parlarle. Poi scivol nel salotto, a passi leggeri, come se avesse temuto di essere udito. Annette comparve quasi subito. Buon giorno, caro maestro, disse con gravit. Egli si mise a ridere, le strinse la mano, e sedendo vicino a lei: Indovina perch sono venuto? Essa cerc per alcuni secondi: Non so.

Per condurti con tua madre dal gioielliere, a scegliere il fiordaliso di zaffiri che ti avevo promesso a Roncires. Il volto della fanciulla si illumin di felicit. Oh! disse, e la mamma uscita! Ma sta per rientrare. L'attenderete, non vero? S, se non sar troppo lungo. Oh! che insolente! Troppo lungo, con me. Mi tratta come una monella. No, non quanto credi. Sentiva nel cuore un desiderio di piacerle, di essere galante e spiritoso, come nei giorni pi scalpitanti della sua giovinezza, uno di quei desideri istintivi che sovreccitano tutte le facolt di seduzione, che fanno fare la ruota ai pavoni e i versi ai poeti. Le frasi gli venivano alle labbra, affrettate, briose, e parl come sapeva parlare nei suoi momenti migliori. La piccola, animata da quel brio, gli rispose con tutta la malizia, con tutta la finezza birichina che germogliava in lei. Ad un tratto, mentre discuteva un concetto, egli esclam: Ma me l'avete detto spesso, ed io vi ho risposto... Annette l'interruppe, scoppiando a ridere: Guarda! Non mi date pi del tu! Mi prendete per la mamma. Olivier arross, tacque, poi balbett: perch tua madre ha gi sostenuto cento volte questa idea. La sua eloquenza si spense; non sapeva pi che dire, e ora aveva paura, una paura incomprensibile di quella bambina. Ecco la mamma, disse Annette. Aveva udito aprirsi la porta del primo salotto, e Olivier turbato, quasi lo si fosse colto in fallo, spieg come si era ricordato ad un tratto della promessa fatta, e come fosse venuto a prendere tutte e due per andare dal gioielliere. Ho un coup, disse, io mi metter sullo strapuntino. Uscirono, e dopo alcuni minuti entravano da Montara. Avendo trascorso tutta la vita nell'intimit, nell'osservazione, nello studio e nell'affetto delle donne, essendosene sempre occupato, avendo dovuto sondare e scoprire i loro gusti, conoscere come loro gli abiti, i problemi della moda, tutti i minuti particolari della loro esistenza privata, era spesso giunto a condividere alcune delle loro sensazioni, e provava sempre, entrando in quei negozi dove si vendono gli accessori attraenti e delicati della loro bellezza, una emozione di piacere quasi uguale a quella che esse stesse provavano. Si interessava come loro a tutte le piccole cose civettuole, senza importanza, di cui si adornano: le stoffe piacevano ai suoi occhi; i merletti attiravano le sue mani; i pi insignificanti gingilli eleganti seducevano la sua attenzione. Nelle gioiellerie, provava per le vetrine una sfumatura di rispetto religioso, come davanti ai santuari della seduzione opulenta; e il banco coperto di panno scuro, su cui le agili dita del gioielliere fanno rotolare le pietre dai preziosi riflessi, gli imponeva una certa stima. Quando Olivier ebbe fatto sedere la contessa e sua figlia davanti a quel mobile severo, sul quale tutte e due posarono una mano con gesto naturale, egli indic cosa desiderava. Gli furono mostrati i modelli dei fiorellini. Poi, vennero sparsi davanti a loro alcuni zaffiri, di cui se ne dovettero scegliere quattro. L'operazione fu lunga. Le due donne, con la punta delle unghie, li rivoltavano sul panno, poi li prendevano con precauzione, guardando la luce attraverso le pietre, studiandole con attenzione esperta e appassionata. Quando furono messi da parte quelli scelti, fu la volta dei tre smeraldi per le foglie, poi di un piccolissimo brillante che avrebbe tremolato nel centro, come una goccia di rugiada. Allora Olivier, inebriato dalla gioia di donare, disse alla contessa: Volete farmi il favore di scegliere due anelli? Io? S, uno per voi, uno per Annette! Lasciate che vi faccia questi piccoli regali, in ricordo dei due giorni passati a Roncires. La contessa rifiut, Olivier insist; segu una lunga discussione, una lotta di parole e d'argomenti, in cui egli fin, non senza fatica, per trionfare. Furono portati gli anelli, alcuni, i pi preziosi, da soli in speciali

astucci, altri, irreggimentati, secondo il genere, in grandi scatole quadrate, dove allineavano sul velluto tutte le fantasie delle loro montature. Il pittore, seduto fra le due donne, si mise come loro con lo stesso curioso ardore, a togliere uno per volta gli anelli d'oro dalle sottili fessure che li trattenevano. Li disponeva poi davanti a s, sul piano del banco dove erano accumulati in due gruppi, quelli che scartava a prima vista, e quelli che avrebbe scelto. Il tempo passava, indolente e dolce, in quel piacevole lavoro di selezione, pi attraente di tutti i piaceri del mondo, avvincente e variato come uno spettacolo, anche commovente, quasi sensuale, godimento squisito per un cuore femminile. Poi si fecero i confronti, si animarono, e la scelta dei tre giudici, dopo qualche esitazione, cadde su un piccolo serpente d'oro che teneva un bel rubino fra la bocca sottile e la coda ritorta. Oliver, raggiante, si alz. Vi lascio la carrozza, disse. Ho delle commissioni da fare, me ne vado. Ma Annette preg la madre di rientrare a piedi dato il bel tempo. La contessa acconsent, e dopo avere ringraziato Bertin, se ne and per le strade con la figlia. Camminarono per un po' in silenzio, assaporando la gioia dei regali ricevuti; poi si misero a parlare di tutti i gioielli che avevano veduto e toccato. Era rimasto nel loro spirito una specie di riflesso, una specie di tintinnio, una specie di allegria. Camminavano velocemente, attraverso la folla delle cinque, che cammina sui marciapiedi nelle sere estive. Alcuni uomini si voltavano per guardare Annette, e mormoravano passando indistinte parole di ammirazione. Era la prima volta, da quando era in lutto, da quando il nero aveva dato a sua figlia quel vivo splendore di bellezza, che la contessa usciva con lei a Parigi; e la sensazione di quel successo per strada, di quell'attenzione, di quei complimenti bisbigliati, di quel piccolo moto di emozione lusinghiera che lascia in una folla di uomini il passaggio di una bella donna, le serrava il cuore a poco a poco, lo comprimeva sotto la stessa impressione penosa dell'altra sera, nel suo salotto, quando veniva confrontata la figlia con il suo ritratto. Suo malgrado, ella spiava quegli sguardi attirati da Annette, li sentiva venire da lontano, sfiorare il suo viso senza fermarvici, poi attaccarsi subito alla figura bionda che camminava vicino a lei. Indovinava, vedeva negli occhi il rapido muto omaggio a quella giovinezza che sbocciava, al fascino attraente di quella freschezza, e pens: Anch'io ero bella come lei, se non di pi. Subito il ricordo di Olivier l'attravers, e fu colta come a Roncires, da un imperiosa voglia di fuggire. Non voleva pi sentirsi in quella luce, in quel flusso di gente, vista da tutti quegli uomini che non la guardavano. Come erano lontani, eppure vicini, quei giorni, in cui essa cercava, provocava un parallelo con la figlia. Chi dunque oggi, fra quei passanti, pensava di confrontarle? Uno solo vi aveva pensato, forse, poco prima nella gioielleria! Lui! Oh! che sofferenza! Era mai possibile che lui avesse incessantemente nell'anima l'ossessione di quel confronto? Certo, non poteva vederle insieme senza pensarvi, e senza ricordarsi del tempo in cui, cos fresca, cos bella, essa entrava nella casa di lui, sicura di essere amata. Mi sento male, disse, prendiamo un fiacre, figlia mia. Annette preoccupata, domand: Che hai, mamma? Non nulla, sai che dopo la morte della nonna, spesso mi sento mancare le forze. V Le idee fisse hanno la tenacia corrosiva delle malattie incurabili. Una volta entrate in un'anima, la divorano, non le lasciano pi la libert di pensare a nulla, di prendere gusto a qualsiasi altra cosa. La contessa, per quanto facesse, in casa o fuori, sola o circondata da gente, non poteva pi respingere quel pensiero che l'aveva afferrata tornando a casa accanto alla figlia: Possibile che Olivier, rivedendole insieme quasi ogni giorno, avesse

incessantemente nell'animo l'ossessione di confrontarle? Certo doveva farlo, suo malgrado, continuamente ossessionato da quella rassomiglianza, mai dimenticata, anzi ancor pi accentuata dalla imitazione, un tempo voluta, dei gesti e della parola. Ogni volta che egli entrava, la contessa pensava subito a quel confronto, glielo leggeva nello sguardo, lo indovinava e lo commentava nel suo cuore e nella mente. Allora, era torturata dal bisogno di nascondersi, di scomparire, di non mostrarsi pi a lui accanto alla figlia. Soffriva d'altronde in ogni modo, non sentendosi pi padrona in casa sua. Quell'ingiuriosa detronizzazione che aveva avuto la sera, in cui tutti guardavano Annette sotto il suo ritratto, perdurava, si rafforzava, qualche volta la esasperava. Essa si rimproverava incessantemente quel bisogno intimo di liberazione, quel desiderio inconfessabile di far uscire la figlia dalla sua casa, come un'ospite incomoda e irremovibile e vi lavorava con una abilit incosciente, rafforzata dalla necessit di lottare per conservare ancora, malgrado tutto, l'uomo che amava. Non potendo affrettare il matrimonio di Annette, ancora rinviato per via del lutto recente, provava timore, un timore confuso e profondo, che un avvenimento qualsiasi facesse cadere quel progetto, e cercava, quasi suo malgrado, di far nascere nel cuore della figlia una simpatia per il marchese. Tutta l'astuta diplomazia, da lei adoperata da molto tempo per tenere Olivier, assumeva ora una forma nuova, pi raffinata, pi segreta, e si dava da fare perch i due giovani si piacessero, cercando di evitare l'incontro fra i due uomini. Siccome il pittore, legato alle abitudini di lavoro, non faceva mai colazione fuori, e destinava di solito le serate ai suoi amici, la contessa invit spesso il marchese a colazione. Questi arrivava, spargendo intorno a s l'animazione di una passeggiata a cavallo, una specie di soffio d'aria mattutina. Parlava con allegria di tutte le cose mondane che sembrano aleggiare ogni giorno sul risveglio autunnale della Parigi ippica e brillante nei viali del Bois. Annette si divertiva ad ascoltarlo, prendeva gusto alle sue preoccupazioni giornaliere, che egli le recava cos, freschissime e quasi verniciate di eleganza. Un'intimit giovanile si era stabilita tra loro, un affettuoso cameratismo, reso ancora pi stretto dal gusto naturale e appassionato di entrambi per i cavalli. Quando questi era andato via, la contessa e il conte facevano abilmente i suoi elogi, dicevano di lui quello che bisognava dire, perch la fanciulla comprendesse che dipendeva unicamente da lei sposarlo, se le fosse piaciuto. Annette, del resto, lo aveva compreso molto rapidamente, e, ragionando con candore giudicava semplicissimo prendere per marito quel bel giovane che le avrebbe dato, tra le altre soddisfazioni, quella che lei di gran lunga preferiva: galoppare ogni mattina un purosangue accanto a lui. Un giorno, molto naturalmente, si trovarono fidanzati, dopo una stretta di mano e un sorriso, e si parl di quel matrimonio come di una cosa da molto tempo stabilita. Allora il marchese cominci a portare dei regali. La duchessa trattava Annette come fosse sua figlia. Dunque tutta la faccenda era stata scaldata da un accordo comune basato su un piccolo fuoco di intimit, durante le calme ore del giorno, e il marchese, occupato in molte altre cose, relazioni, servit e doveri, veniva raramente la sera. Allora era la volta di Olivier. Questi pranzava regolarmente ogni settimana dai suoi amici, e seguitava anche ad apparire all'improvviso, per domandare loro una tazza di t, fra le dieci e mezzanotte. Appena entrato, la contessa lo spiava, consumata dal desiderio di sapere ci che avveniva nel cuore di lui. Non c'erano sguardi, o gesti che non venissero subito interpretati dalla contessa, torturata da questo pensiero: impossibile che non ami Annette, vedendoci una accanto all'altra. Anche lui portava regali. Non passava settimana senza che comparisse recando in mano due pacchettini, che offriva uno alla madre, l'altro alla figlia; e la contessa, aprendo le scatole, che contenevano spesso oggetti preziosi, si sentiva stringere il cuore. Conosceva bene quel desiderio di donare che, come donna, non aveva mai potuto soddisfare, quel desiderio di portare qualcosa, di fare piacere, di comperare per qualcuno, di trovare nei negozi il ninnolo che sarebbe piaciuto. Gi una volta il pittore aveva attraversato quella crisi, e lei lo aveva visto molte volte entrare, con l'identico sorriso, l'identico gesto, un

pacchettino in mano. Poi, la cosa era finita, e ora ricominciava. Per chi? Non aveva dubbi, non per lei! Olivier sembrava stanco, dimagrito. Ne concluse che soffriva. Confrontava il suo modo di entrare, l'aspetto, il portamento, con l'atteggiamento del marchese, che incominciava anche ad essere colpito dalla grazia di Annette. Non era la stessa cosa: il signor di Farandal era innamorato, Olivier Bertin amava. Perlomeno lei lo credeva durante le sue ore di tortura, poi durante i minuti di calma sperava ancora di essersi ingannata. Oh! spesso fu sul punto di interrogarlo, quando si trovava sola con lui, pregarlo, supplicarlo di parlare, di confessarle tutto, di non nasconderle nulla. Preferiva sapere e piangere nella certezza, piuttosto che soffrire cos nel dubbio, e non poter leggere in quel cuore chiuso, nel quale sentiva crescere un altro amore. Quel cuore, cui teneva pi della sua vita, che aveva sorvegliato, riscaldato, animato con la sua tenerezza da dodici anni, di cui si credeva sicura, che aveva sperato definitivamente acquisito, conquistato, sottomesso, appassionatamente devoto sino alla fine dei loro giorni, ecco che le sfuggiva per un'inconcepibile, orribile e mostruosa fatalit. S, si era rinchiuso ad un tratto, con dentro un segreto. Non poteva pi penetrarvi con una parola familiare, raggomitolarvi il suo affetto come in un ritiro fedele, a lei sola aperto. A cosa serve amare, darsi senza riserva, se, improvvisamente, colui al quale si offerto tutto il proprio essere, tutta la propria vita, tutto, tutto ci che si ha al mondo, vi sfugge cos, perch un altro viso gli piaciuto, divenendo, allora, in pochi giorni quasi un estraneo! Un estraneo! Lui! Olivier! Le parlava come prima, con le stesse parole, la stessa voce, la stessa intonazione. Eppure, c'era qualcosa fra loro, qualcosa d'inesplicabile, d'inafferrabile, d'invincibile, quasi un nulla, quel quasi nulla che fa allontanare una vela quando il vento gira. In effetti Olivier si allontanava, si allontanava da lei, ogni giorno di pi, a misura degli sguardi che rivolgeva ad Annette. Egli stesso non cercava di vedere chiaro nel proprio cuore. Sentiva bene quel fermento di amore, quell'attrazione irresistibile, ma non voleva capire, confidava negli eventi, nei casi imprevisti della vita. Non aveva altro pensiero che quello dei pranzi e delle serate fra le due donne, separate, per via del lutto, da ogni avvenimento mondano. Poich incontrava in casa loro solo persone indifferenti, come i Corbelle e Musadieu, egli pi spesso si credeva quasi solo con loro nel mondo, e dato che non vedeva quasi pi la duchessa e il marchese, cui erano riservate le mattinate e i pomeriggi, li voleva dimenticare, supponendo il matrimonio rinviato ad epoca indeterminata. Annette, d'altronde, non parlava mai davanti a lui di Farandal. Era per una specie di pudore istintivo, o forse per una di quelle segrete intuizioni del cuore femminile che fa loro presagire ci che ignorano? Le settimane seguivano le settimane, senza che nulla cambiasse in quell'esistenza, e l'autunno era venuto, portando con s la riapertura anticipata della Camera, a causa delle complicazioni della politica. Il giorno della riapertura, il conte di Guilleroy doveva condurre alla seduta del Parlamento la signora di Mortemain, il marchese e Annette, dopo una colazione in casa sua. Solamente la contessa, isolata nel proprio dolore sempre crescente, aveva dichiarato che sarebbe rimasta a casa. Si erano alzati da tavola, e bevevano il caff nel salone. Erano allegri. Il conte, felice per la ripresa dei lavori parlamentari che erano il suo solo piacere, parlava quasi con spirito della situazione presente e degli imbrogli della Repubblica; il marchese, decisamente innamorato, gli rispondeva con animazione, guardando Annette; e la duchessa era contenta quasi in egual misura sia dell'emozione di suo nipote sia del pericolo del governo. L'aria del salone aveva quel primo calore concentrato dei caloriferi riaccesi, calore di stoffe, tappeti, pareti, in cui evapora rapidamente il profumo dei fiori asfissiati. C'era in quella stanza chiusa, dove anche il caff spandeva il suo aroma, qualcosa di intimo, di familiare e soddisfatto, quando la porta venne aperta davanti ad Olivier Bertin. Egli si ferm sulla soglia talmente sorpreso che esitava ad entrare, sorpreso come un marito ingannato, che scopre il reato della moglie. Fu soffocato da una collera confusa e da una tale emozione, che riconobbe il

proprio cuore tarlato d'amore. Tutto ci che gli era stato nascosto, tutto ci che aveva nascosto a se stesso, gli apparve, scorgendo il marchese in quella casa come un fidanzato! Intu, in un sussulto di esasperazione, tutto ci che non voleva sapere, e tutto ci che non osavano dirgli. Non si domand perch gli erano stati celati tutti i preparativi del matrimonio. Lo indovin, e i suoi occhi, divenuti di ghiaccio, incontrarono quelli della contessa che arrossiva. Si compresero. Quando fu seduto, tutti tacquero, per alcuni istanti, perch la sua presenza inattesa aveva paralizzato la foga dei discorsi, poi la duchessa si mise a parlare con lui, ed egli rispose brevemente, con un timbro strano, improvvisamente mutato. Olivier guardava intorno a s quelle persone che si erano rimesse a discorrere, e si diceva: Sono stato giocato. Me la pagheranno. Era seccato soprattutto con la contessa e con Annette, delle quali capiva improvvisamente l'innocente dissimulazione. Il conte, guardando la pendola, esclam: Oh! Oh! tempo d'andare. Poi voltandosi verso il pittore: Noi andiamo, gli disse, all'apertura della sessione parlamentare. Solo mia moglie rimane qui. Volete accompagnarci? Mi farete un gran piacere. Olivier rispose seccamente: No, grazie, la vostra Camera non mi tenta. Annette allora si avvicin a lui; e assumendo la sua aria allegra: Oh! venite dunque, caro maestro! Sono sicura che voi ci divertirete molto pi dei deputati. No davvero, vi divertirete anche senza di me. Sentendolo scontento e triste, Annette insistette, per mostrarsi gentile: S, venite, signor pittore. Vi assicuro che io non posso fare a meno di voi. Alcune parole gli sfuggirono cos rapidamente, che non riusc a trattenerle in bocca, n a modificarne l'accento. Bah! Voi fate a meno di me, come tutti! Ella esclam, alquanto sorpresa per l'intonazione: Sentite! Ecco che ricomincia a non darmi del tu. Egli ebbe sulle labbra uno di quei sorrisi contrari che mostrano tutto il dolore di un'anima, e con un breve saluto: Bisogner bene che mi abitui, un giorno o l'altro. E perch? Perch vi sposerete, e vostro marito, chiunque sia, avrebbe il diritto di trovare fuori posto questo mio darvi del tu. La contessa si affrett a dire: Ci sar tempo allora per pensarci. Ma spero che Annette non sposer un uomo cos suscettibile da formalizzarsi per questa familiarit di vecchio amico. Il conte gridava: Andiamo, andiamo! Saremo in ritardo. E quelli che dovevano accompagnarlo, essendosi alzati, uscirono con lui dopo le consuete strette di mano e i baci che la duchessa, la contessa e la figlia si scambiavano ogni volta che si vedevano, e ogni volta che si lasciavano. Rimasero soli, lei e lui, in piedi dietro i tendaggi della porta rinchiusa. Sedete, amico mio, ella disse con dolcezza. Ma lui, quasi con violenza: No, grazie, me ne vado anch'io. La contessa mormor supplicando: Oh! Perch? Perch non la mia ora, a quanto pare. Vi domando scusa per essere venuto senza preavviso. Olivier, cosa avete? Nulla: mi dispiace solamente di avere disturbato una gita organizzata. La contessa gli afferr la mano. Cosa volete dire? Stavano per uscire, poich assistono all'apertura della sessione. Io, restavo. Siete stato invece proprio ispirato nel venire oggi che sono sola.

Egli sghignazz: Ispirato, s, sono stato ispirato! La contessa gli prese i polsi, e, guardandolo nel fondo degli occhi, mormor a voce bassissima: Confessatemi che l'amate! Egli liber le sue mani, non potendo pi controllare la propria impazienza. Ma siete pazza con questa idea! Lei lo riafferr per le braccia, e con le dita aggrappate alle maniche, lo supplicava: Olivier! Confessate, confessate! Preferisco sapere! Lo preferisco!... Oh! Voi non comprendete cosa diventata la mia vita! Egli alz le spalle. Cosa volete che ci faccia? colpa mia se perdete la testa? Lo tratteneva, portandolo verso l'altro salotto, quello in fondo, dove nessuno li avrebbe uditi. Lo trascinava per la stoffa della giacca, avvinta a lui, ansimante. Quando l'ebbe condotto sino al piccolo divano rotondo, lo costrinse a lasciarvisi cadere, e poi gli si sedette vicina. Olivier, amico mio, mio unico amico, ve ne prego, ditemi che l'amate. Lo so, lo sento in tutto ci che fate, non posso dubitarne, ne muoio, ma voglio saperlo dalla vostra bocca! E siccome egli si difendeva ancora, essa cadde in ginocchio ai suoi piedi. La sua voce rantolava. Oh! amico mio, amico mio, mio unico amico, vero che l'amate? Egli esclam, cercando di rialzarla: Ma no, ma no! Vi giuro di no! Ella stese la mano sulla sua bocca, e la pose sopra per chiuderla, balbettando: Oh! non mentite, soffro troppo! Poi, lasciando cadere la testa sulle ginocchia di quell'uomo, scoppi in singhiozzi. Egli le vedeva solamente la nuca, un grosso mucchio di capelli biondi, mescolati a molti capelli bianchi, e fu attraversato da una immensa piet, da un immenso dolore. Afferrando a piene mani quella folta capigliatura, rialz su violentemente lei che levava verso di lui due occhi, disperati, grondanti lacrime. Poi su quegli occhi pieni di pianto, gett ripetutamente le sue labbra, ripetendo: Any! Any! Mia cara, mia cara Any! Allora, lei, cercando di sorridere e parlando con quella voce esitante dei fanciulli soffocati dal dolore: Oh! amico mio, ditemi solamente che mi amate ancora un poco! Egli si rimise a baciarla. S, vi amo, mia cara Any! Ella si rialz, sedette vicino a lui, gli riprese le mani, lo guard, e disse con tenerezza: tanto tempo che ci amiamo! Il nostro amore non dovrebbe finire cos. Egli chiese stringendola a s: Perch finire? Perch sono vecchia, e Annette somiglia troppo a come ero io quando mi avete conosciuta. Allora fu lui a chiudere con il palmo delle mani quella bocca addolorata, dicendo: Ancora! Vi prego, non parlatene pi. Vi giuro che v'ingannate. Ella ripet: Purch amiate solamente un poco anche me. S, vi amo! Poi rimasero a lungo senza parlare, le mani nelle mani, molto commossi e molto tristi. Infine, ella interruppe quel silenzio mormorando: Oh! le ore che restano da vivere non saranno liete. Mi sforzer di rendervele dolci. L'ombra di quei cieli nuvolosi, che precedono di due ore il crepuscolo, si diffondeva nel salotto, immergendolo a poco a poco nella nebbia grigiastra delle

sere autunnali. La pendola suon. da molto tempo che siamo qui, disse lei. Dovreste andarvene, poich potrebbe venire qualcuno e non siamo sereni. Egli si alz, la strinse, baciando come un tempo la sua bocca dischiusa, poi riattraversarono i due salotti, tenendosi per braccio, come due sposi. Addio, amico mio. Addio, amica mia. E la porta si richiuse dietro di lui. Scese la scala, volt verso la Madeleine, si mise a camminare senza sapere cosa fare, stordito come dopo un colpo, con le gambe deboli, il cuore caldo e palpitante come una torcia ardente scossa nel suo petto. Per due, tre, o forse quattro ore, cammin dritto davanti a s in una specie di stordimento mortale e di annientamento fisico, che gli lasciavano appena la forza di mettere un piede davanti all'altro. Poi, rientr in casa per riflettere. Dunque, amava quella bambina! Ora comprendeva tutto ci che aveva provato vicino a lei, dopo la passeggiata al Parc Monceau, quando aveva ritrovato sulla sua bocca il richiamo di una voce appena riconosciuta, della voce che un tempo aveva destato il suo cuore, poi tutto quel ricominciare lento, irresistibile di un amore inutilmente soffocato non ancora raffreddato, che si ostinava a non riconoscere. Cosa doveva fare? Ma cosa poteva fare? Una volta sposata, avrebbe evitato di vederla spesso, ecco tutto. Intanto, sarebbe continuato a tornare in quella casa, perch non si dubitasse di nulla, e avrebbe nascosto a tutti il suo segreto. Pranz in casa, cosa che non gli accadeva mai. Poi fece accendere la grande stufa dello studio, poich la notte si annunciava glaciale. Ordin pure di accendere il lampadario, come se avesse temuto gli angoli bui, e si chiuse dentro. Era angustiato da un'emozione strana, profonda, fisica, spaventosamente triste. La provava in gola, nel petto, in tutti i muscoli infiacchiti, e anche nell'anima, che veniva meno. Le pareti della stanza l'opprimevano, eppure tutta la sua vita stava l dentro: la sua vita di artista e di uomo. Ogni dipinto, appeso al muro, gli ricordava un successo, ogni mobile gli parlava di un ricordo. Ma successi e ricordi erano cose passate. La sua vita? Come gli sembr breve, vuota, ma intensa! Aveva fatto quadri, ancora quadri, sempre quadri, e amato una donna. Ricordava quelle sere deliranti, dopo i convegni, in quello stesso studio. Aveva camminato per notti intere, febbricitante. La gioia dell'amore felice, la gioia del successo mondano, l'ebbrezza unica della gloria, gli avevano fatto assaporare ore indimenticabili di trionfo interiore. Aveva amato una donna, e quella donna lo aveva amato. Da lei aveva ricevuto quel battesimo che rivela all'uomo il mondo misterioso delle emozioni e delle tenerezze. Essa aveva aperto il suo cuore quasi a forza, e ora non poteva pi chiuderlo. Un altro amore entrava, suo malgrado, attraverso quella breccia! Un altro, o piuttosto lo stesso amore, riacceso da un nuovo volto, lo stesso, accresciuto da tutta la forza che prende, invecchiando, il bisogno di adorare. Dunque, amava quella bambina! Era inutile lottare, resistere, negare, egli l'amava con la disperata consapevolezza che non avrebbe avuto da lei neppure un poco di piet, che essa avrebbe ignorato sempre il suo atroce tormento, e che si sarebbe sposata con un altro. Per colpa di questo pensiero, che tornava incessantemente, impossibile da cacciare, era preso da una voglia animale di urlare come i cani legati, poich si sentiva impotente, sottomesso, incatenato come loro. Sempre pi si innervosiva continuando a pensare; camminava a grandi passi attraverso la vasta camera, illuminata come per una festa. Infine non potendo sopportare oltre il dolore di quella piaga riaccesa, volle cercare di placarlo con il ricordo dell'antico affetto, annegarlo nell'evocazione della prima grande passione. Nell'armadio dove era custodita, and a prendere la copia che aveva fatto un tempo per s del ritratto della contessa, la pos sul cavalletto, e sedutosi di fronte la contempl. Tentava di rivederla, di ritrovarla viva, come al tempo del suo amore. Ma era sempre Annette che appariva sulla tela. La madre era scomparsa, svanita, lasciando al suo posto quell'altra figura che le assomigliava stranamente. Era la piccola, con i capelli un poco pi chiari, il sorriso un poco pi malizioso, un'aria un poco pi irridente, ed egli aveva la esatta sensazione di appartenere anima e corpo a quella giovane

creatura, come mai aveva appartenuto all'altra, proprio come una barca che affonda appartiene alle onde! Allora si rialz e, per non vedere pi quell'apparizione, volt la tela; poi, siccome si sentiva immerso nella tristezza, and a prendere in camera, per portarlo nello studio, il cassetto della scrivania dove riposavano tutte le lettere dell'amante. Erano l come in un letto, le une sulle altre, formanti un fitto strato di piccole carte sottili. Affond le mani in tutta quella prosa che parlava di loro due, in quel bagno della loro lunga relazione. Guard lo stretto feretro di assi dove giaceva quel mucchio di buste raccolte, su cui il suo nome, solo il suo nome era sempre scritto. Pens che un amore, il tenero attaccamento di due esseri, la storia di due cuori era raccontato l dentro, in quel mare ingiallito di carte macchiate dai sigilli rossi, e aspir, chinandosi sopra, una folata di cose vecchie, l'effluvio malinconico delle lettere che sono state conservate al chiuso. Volle rileggerle, e, cercando in fondo al cassetto, prese un gruppo delle pi antiche. Man mano che le apriva, ne uscivano ricordi precisi, che gli intenerivano l'animo. Ne riconobbe molte che aveva portato addosso per settimane intere, e ritrov, seguendo la fine scrittura che diceva frasi cos dolci, le emozioni dimenticate di un tempo. Ad un tratto, incontr sotto le dita un raffinato fazzoletto ricamato. Cos'era? Cerc per qualche istante, poi si ricord! Un giorno, proprio in casa sua, lei era scoppiata in singhiozzi per gelosia, e le aveva rubato, per conservarlo, il fazzoletto bagnato di lacrime. Ah! che cose tristi! Che cose tristi! Povera donna! Dal fondo del cassetto, dal fondo del passato, tutte quelle memorie lontane si innalzavano come un vapore: costituivano ormai il vapore impalpabile della realt svanita. Per lui ne soffriva, e piangeva su quelle lettere, come si piange sui morti perch non ci sono pi. Ma tutto quell'antico amore rievocato mise in fermento in lui un desiderio nuovo e giovanile, una tenerezza irresistibile, che gli richiamava attraverso i ricordi il viso raggiante di Annette. Aveva amato la madre, in uno slancio appassionato di soggezione volontaria, incominciava ad amare la figlia come uno schiavo, come un vecchio tremante, cui si mettano delle catene che non spezzer pi. Lo sentiva nel fondo del suo essere e ne era atterrito. Cercava di capire come e perch lei lo dominasse cos. La conosceva cos poco! Era appena una donna, il cui cuore, la cui anima dormivano ancora il sonno della giovinezza. Lui, ora si trovava quasi alla fine della vita! Dunque, come era riuscita quella fanciulla a conquistarlo, solo con dei sorrisi e le ciocche dei capelli! Ah! i sorrisi, i capelli di quella bambina bionda gli davano la voglia di cadere in ginocchio e battere la fronte per terra. Si mai saputo perch un volto femminile ha, improvvisamente, su di noi la forza di un veleno? Sembra di averlo bevuto con gli occhi, sembra che sia divenuto il nostro pensiero e la nostra carne! Ne rimaniamo ubriachi, pazzi, si vive per quell'immagine assorbita, e si vorrebbe morirne! Come si soffre, a volte, per quel potere feroce e incomprensibile della forma di un volto sul cuore di un uomo! Olivier Bertin aveva ripreso a camminare; la notte avanzava; la stufa si era spenta. Attraverso i vetri, entrava il freddo esterno. Allora raggiunse il letto, dove continu, fino al mattino, a pensare e a soffrire. Si alz di buon'ora, senza sapere perch n ci che avrebbe fatto, con i nervi scossi, indeciso come una banderuola che gira. A forza di cercare un diversivo per lo spirito e una occupazione per il corpo, si ricord che in quel giorno alcuni membri del circolo si ritrovavano, come ogni settimana, al Bagno turco, dove facevano colazione dopo il massaggio. Si vest dunque rapidamente, con la speranza che il bagno caldo e la doccia lo calmassero, e usc. Appena si trov per strada, fu colto da un freddo pungente, quel primo freddo rigido della prima gelata che distrugge, in una sola notte, gli ultimi residui dell'estate. Lungo i boulevard, c'era una fitta pioggia di larghe foglie ingiallite, che cadevano con rumore secco e tenue. Cadevano a perdita d'occhio, da un capo all'altro dei larghi viali, tra le facciate delle case, come se tutti i piccioli fossero stati separati dai rami dal taglio di una sottile lama di ghiaccio. Le strade e i marciapiedi ne erano gi coperti, e apparivano, per qualche ora, come

le strade delle foreste, all'inizio dell'inverno. Tutto quel fogliame morto, crepitava sotto i passi, e si ammassava qua e l, in leggere ondate, sotto la spinta del vento. Era uno di quei giorni di transizione che costituiscono la fine di una stagione e il principio di un'altra, che hanno un sapore o una tristezza speciale, tristezza d'agonia o sapore di linfa che risorge. Varcando la soglia del Bagno turco, il pensiero del caldo che stava per attraversare la sua carne dopo quel passaggio nell'aria gelata della strada scosse il cuore rattristato di Olivier, con un brivido di soddisfazione. Si svest rapidamente, si arrotol intorno alla vita la leggera sciarpa datagli da un inserviente, e scomparve dietro la porta imbottita, apertasi davanti a lui. Un soffio caldo, opprimente, che sembrava venire da un focolare lontano, lo fece respirare come se gli mancasse l'aria, mentre attraversava una galleria moresca, rischiarata da due lanterne orientali. Poi un negro dai capelli crespi, vestito solamente con una cintura, il torso lucente, le membra muscolose, gli si par davanti per sollevare un'altra porta, all'altra estremit, e Bertin penetr nella grande stanza, rotonda, alta, silenziosa, quasi mistica come un tempio. La luce cadeva dall'alto, dalla cupola e da trifogli di vetro colorato, nell'immensa sala circolare e pavimentata, dalle pareti coperte di maioliche di stile arabo. Uomini di tutte le et camminavano lentamente, con passo affaticato, senza parlare; altri erano seduti su panchine di marmo, con le braccia incrociate; altri discorrevano a bassa voce. L'aria arroventata rendeva la respirazione faticosa, appena si entrava. In quel circo soffocante e decorativo, dove la carne umana veniva riscaldata, e nel quale si aggiravano massaggiatori negri e mulatti dalle gambe bronzee, c'era qualcosa d'antico e di misterioso. La prima faccia che il pittore vide fu il conte di Landa. Questi andava in giro come un lottatore romano, fiero dell'ampio petto, e delle robuste braccia, incrociate sopra. Frequentatore assiduo del Bagno turco, credeva di essere sul palcoscenico, come un attore applaudito, e giudicava da conoscitore la muscolatura discussa di tutti gli uomini forti di Parigi. Buongiorno, Bertin, disse. Si strinsero la mano, poi Landa riprese: Eh! tempo ottimo per una sudata? S, magnifico. Avete visto Rocdiane? laggi. Sono stato a prenderlo quando si alzava. Oh! oh! guardate quello scheletro. Passava un piccolo signore dalle gambe storte, le braccia gracili, fianchi magri, che fece sorridere di disprezzo quei due vecchi modelli di possanza umana. Rocdiane, avendo scorto il pittore, avanzava verso di loro. Sedettero su un lungo tavolo di marmo, e si misero a discorrere come in un salotto. Degli inservienti giravano, offrendo da bere. Si udivano risuonare i colpi del massaggio sulla carne nuda, e il getto improvviso delle docce. Uno sciacquio d'acqua continuo, proveniente da tutti gli angoli del grande anfiteatro, lo riempiva anche di un leggero rumore di pioggia. Continuamente, un nuovo venuto salutava i tre amici, o si avvicinava per stringere loro la mano. Fra questi il duca d'Harisson, il piccolo principe Epilati, il barone Flach ed altri. Rocdiane disse ad un tratto: Oh! Ecco Farandal! Il marchese entrava, con le mani sui fianchi, camminando con la scioltezza degli uomini ben fatti, privi del minimo imbarazzo. Landa mormor: un gladiatore, quel giovanotto! Rocdiane riprese, voltandosi verso Bertin: vero che sposa la figlia dei vostri amici? Credo, disse il pittore. Ma quella domanda, di fronte a quell'uomo, in quel momento, in quel posto, provoc nel cuore di Olivier una spaventevole scossa di disperazione e di rivolta. L'orrore di tutte le realt intraviste gli apparve in un secondo con una tale intensit, che dovette lottare per alcuni istanti contro la voglia

animalesca di gettarsi sul marchese. Poi si alz. Sono stanco, disse, vado subito al massaggio. Passava un arabo. Ahmed, sei libero? S, signor Bertin. E se ne and precipitosamente per evitare la stretta di mano di Farandal, che avanzava lentamente, facendo il giro dell'hammam. Rimase appena un quarto d'ora nella grande sala di riposo, cos calma nella sua cintura di celle dove sono i letti, intorno a una aiuola di piante africane e a un getto di acqua che zampilla nel mezzo. Aveva l'impressione di essere seguito, minacciato, che il marchese stesse per raggiungerlo per cui avrebbe dovuto, con la mano tesa, trattarlo da amico pur avendo il desiderio di ucciderlo. Presto si ritrov sul boulevard coperto di foglie morte. Queste non cadevano pi, dato che le ultime erano state staccate da una raffica prolungata. Il tappeto rosso e giallo da loro formato, fremeva, si muoveva, ondeggiava da un marciapiede all'altro, sotto le spinte pi forti del vento che aumentava. Improvvisamente, una specie di mugghio percorse i tetti, il grido animalesco della tempesta che passa, e, nello stesso tempo, una folata impetuosa di vento, che sembrava venire dalla Madeleine, si ingolf nel boulevard. Le foglie, tutte le foglie cadute, che sembravano aspettarlo, si sollevarono al suo avvicinarsi. Correvano davanti a lui, ammassandosi, roteando, alzandosi in spirali fino ai comignoli delle case. Il vento le cacciava come un gregge impazzito che volava, fuggiva verso le porte di Parigi, verso il cielo libero della periferia. E quando la grossa nuvola di foglie e polvere fu scomparsa sulle alture del quartiere Malesherbes, le strade, i marciapiedi rimasero nudi, stranamente puliti e spazzati. Bertin pensava: Che ne sar di me? Cosa far? Dove andr?. E ritornava a casa, non potendo immaginare nulla. Un'edicola di giornali attir il suo sguardo. Ne comper sette o otto sperando di trovarvi da leggere forse per un'ora o due. Faccio colazione qui, disse rientrando. E sal nello studio. Ma sent, sedendosi, che non avrebbe potuto restarvi, poich aveva in corpo un'agitazione da animale rabbioso. I giornali che sfogliava non riuscirono a distrarre un minuto la sua mente, e i fatti che leggeva gli rimanevano negli occhi, senza giungere al pensiero. In un articolo che non cercava neppure di comprendere, la parola Guilleroy lo fece sobbalzare. Si trattava della seduta alla Camera, in cui il conte aveva pronunciato qualche parola. La sua attenzione, svegliata da quel richiamo, incontr poi il nome del celebre tenore Montros, che doveva dare verso la fine di dicembre una rappresentazione unica al gran teatro dell'Opra. Sarebbe stato, diceva il giornale, uno splendido avvenimento musicale, poich il tenore Montros, che aveva lasciato Parigi da sei anni, aveva riportato in tutta Europa e in America successi senza precedenti e sarebbe stato inoltre accompagnato dalla celebre cantante svedese Helsson, che non si era pi sentita a Parigi da cinque anni. A un tratto Olivier ebbe l'idea che sembr nascere dal fondo del cuore, di offrire ad Annette il piacere di quello spettacolo. Poi pens che il lutto della contessa sarebbe stato d'ostacolo a quel progetto e cerc combinazioni per realizzarlo ugualmente. Se ne present una sola. Bisognava prendere un palco di proscenio, dove si era quasi invisibili, e se, nonostante ci, la contessa non fosse voluta venire, fare accompagnare Annette dal padre e dalla duchessa. In tal caso, avrebbe dovuto offrire il palco alla duchessa. Ma allora avrebbe dovuto invitare il marchese! Esit e riflett a lungo. Certo il matrimonio era stato stabilito, e, senza dubbio, anche la data fissata. Indovinava la fretta dell'amica di concludere, comprendeva che, nel tempo pi breve, avrebbe dato sua figlia a Farandal. E lui non poteva farci nulla. Non poteva impedire, n modificare, n ritardare quella cosa orribile! Dato che bisognava subirla, non era meglio cercare di dominare la sua anima, di nascondere la sua sofferenza, di sembrare contento, di non lasciarsi pi trascinare, come poco prima, dal suo trasporto? S, avrebbe invitato il marchese, tranquillizzando cos i sospetti della contessa, e tenendosi una porta aperta nella casa della giovane coppia.

Dopo colazione, scese all'Opra per prenotare uno dei palchi nascosti dietro il sipario; gli fu garantito. Allora corse dai Guilleroy. La contessa comparve quasi subito, e, ancora tutta commossa per l'intenerimento del giorno precedente: Come siete gentile a tornare oggi! disse. Egli balbett: vi porto una cosa. Che cosa? Un palco di proscenio all'Opra, per la rappresentazione unica della Helsson e di Montros! Oh! Amico mio, che peccato! E il mio lutto? Il vostro lutto quasi di quattro mesi. Vi assicuro che non posso. E Annette? Pensate, un'occasione simile non si presenter forse mai pi. E con chi potrebbe andarci? Con suo padre e con la duchessa, che inviter. Ho intenzione di offrire un posto anche al marchese. Lei lo guard in fondo agli occhi, mentre un folle desiderio di baciarlo le saliva alle labbra. Ripet, non potendo credere alle proprie orecchie: Al marchese? Ma s. E subito acconsent a quella combinazione. Egli riprese con aria indifferente: Avete stabilito la data del matrimonio? Mio Dio, s, all'incirca. Abbiamo dei motivi per affrettarlo molto, tanto pi che era gi stato deciso prima della morte della mamma. Ve ne ricordate? S, perfettamente. E per quando? Ma, all'inizio di gennaio. Vi domando scusa per non avervelo annunciato prima. Entr Annette. Egli sent il cuore saltargli in petto con la forza di una molla, e tutta la tenerezza che lo spingeva verso di lei s'inaspr improvvisamente e fece nascere in lui quella specie di strana animosit appassionata, che diviene l'amore quando fustigato dalla gelosia. Vi porto una cosa, disse. Ella rispose: Dunque siamo decisamente al voi ! E lui con aria paterna: Ascoltate, bambina mia. Ho saputo dell'avvenimento che si sta avvicinando: vi assicuro che sar indispensabile fra qualche tempo. Meglio subito che pi tardi. Essa alz le spalle con aria scontenta, mentre la contessa taceva, con lo sguardo lontano ma il pensiero teso. Poi Annette domand: Cosa avete portato? Egli annunci lo spettacolo e gli inviti che aveva intenzione di fare. Lei ne fu felicissima, e saltandogli al collo con slancio di bimba, lo baci sulle due guance. Egli si sent venire meno, e comprese, in seguito a quel duplice leggero sfioramento della piccola bocca dal respiro fresco, che non sarebbe guarito mai. La contessa irritata, disse alla figlia: Sai che tuo padre ti attende. S, mamma, vado subito. E se ne and mandando ancora baci sulla punta delle dita. Quando fu uscita, Olivier chiese: Faranno un viaggio? S, di tre mesi. Suo malgrado mormor: Tanto meglio. Riprenderemo la nostra solita vita, disse la contessa. Egli balbett: Lo spero bene! Intanto, non mi trascurate. No, amica mia. Lo slancio che aveva avuto il giorno precedente vedendola piangere, e l'idea d'invitare il marchese alla rappresentazione dell'Opra, ridavano alla contessa un poco di speranza.

Quella speranza non dur a lungo. Non era neppure passata una settimana che lei di nuovo seguiva sul volto di quell'uomo, con attenzione straziante e gelosa, tutte le tappe del suo supplizio. Non poteva ignorarne alcuna, dato che anch'essa provava tutti i dolori che indovinava in lui, e la costante presenza di Annette ricordava in ogni istante del giorno l'impotenza dei propri sforzi. Ogni cosa la opprimeva, gli anni e il lutto. La sua civetteria attiva, esperta, agguerrita, che, per tutta la vita, l'aveva fatta trionfare per lui, si trovava paralizzata da quel nero uniforme, che metteva in evidenza il pallore e i suoi tratti alterati, mentre rendeva abbagliante l'adolescenza della figlia. Come era lontano, eppure cos vicino, il tempo del ritorno di Annette a Parigi, quando aveva ricercato con orgoglio le somiglianze del loro modo di vestire in quel momento a lei favorevole! Ora, aveva una voglia pazza di strapparsi di dosso quelle vesti di morte che la rendevano brutta e la tormentavano. Se avesse avuto a disposizione tutte le risorse dell'eleganza, se avesse potuto scegliere e adoperare stoffe dalle tinte delicate, in armonia con la carnagione, che avrebbero dato al suo fascino agonizzante un dominio voluto, ma attraente quanto la grazia spontanea della figlia, avrebbe saputo, senza dubbio, rimanere ancora la pi seducente. Conosceva bene l'effetto dei vertiginosi abiti da sera, e delle soffici toilette sensuali da mattino, delle provocanti vesti da camera adoperate per le colazioni con gli amici intimi, che lasciano alla donna, fino a met della giornata, una specie di sapore del loro risveglio, l'impressione materiale e calda del letto appena lasciato e della camera profumata! Ma chi poteva attrarre con quell'abito sepolcrale, con quell'uniforme da forzato, che l'avrebbe ricoperta per un intero anno! Un anno! Sarebbe rimasta per un anno imprigionata in quel nero, inattiva e vinta! Per un anno si sarebbe sentita invecchiare, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto, sotto quella guaina di crespo! Che sarebbe successo fra un anno della sua povera carne malata, se avesse continuato a sciuparsi cos sotto l'angoscia della sua anima? Queste idee non l'abbandonavano pi, distruggevano tutto ci che avrebbe gustato, trasformavano in dolore tutto ci che sarebbe stato una gioia, non le lasciavano pi una dolcezza per intero, godimento, allegria. Era afflitta da un continuo e esasperato bisogno di scuotere quella opprimente infelicit che la schiacciava, poich, senza quella ossessione che la tormentava, sarebbe stata ancora cos felice, attiva e di bell'aspetto! Sentiva dentro di s uno spirito vivace e fresco, un cuore sempre giovane, l'ardore di un essere che comincia a vivere, un insaziabile appetito di felicit, anche pi vorace di un tempo, e un divorante bisogno di amare. Ed ecco che tutte le cose buone, tutte le cose dolci deliziose, poetiche, che abbelliscono e fanno amare la vita, si ritiravano da lei, perch era invecchiata! Era la fine! Eppure ritrovava ancora in s le emozioni di fanciulla e gli slanci appassionati di giovane donna! Nulla era in lei invecchiato ad eccezione della sua carne, la sua miserabile pelle, quella stoffa delle ossa, a poco a poco sfiorita, corrosa, come la stoffa sul legno di un mobile. L'incubo di quella decadenza era fisso in lei, sino a divenire quasi una sofferenza fisica. L'idea persistente le aveva fatto nascere una sensazione epidermica, la sensazione, continua e percepibile, simile a quella del freddo o del caldo, di diventare vecchia. Essa credeva, infatti, di sentire, quasi come un vago prurito, il lento cammino delle rughe sulla fronte, il rilassamento del tessuto delle guance e del collo, e il moltiplicarsi di quegli innumerevoli piccoli segni che sciupano la pelle affaticata. Come per un individuo colpito da un morbo divorante che lo costringe a grattarsi a causa di un prurito continuato, cos per lei la spaventosa sensazione del travaglio abominevole e minuzioso compiuto dal tempo che scorre veloce, le mise nell'anima l'irresistibile bisogno di appurarlo attraverso gli specchi. Questi la chiamavano, l'attiravano, la costringevano ad avvicinarsi, con gli occhi fissi, per vedere, rivedere, riconoscere incessantemente, toccare con dito, come per meglio assicurarsene, l'usura incancellabile degli anni. All'inizio fu un pensiero discontinuo, che appariva ogni qualvolta scorgeva, in casa o altrove, la liscia superficie del temibile cristallo. Si fermava sui marciapiedi per guardarsi nelle vetrine dei negozi, attirata come da una mano davanti a tutte le lastre di vetro con cui i negozianti adornano le loro facciate. Poi, divenne una malattia, una fissazione. Portava in tasca un grazioso portacipria di avorio, grande come una noce; nella parte interna del coperchio era racchiuso un minuscolo specchio, e spesso,

mentre camminava, lo teneva aperto in mano, e lo alzava verso gli occhi. Quando sedeva per leggere o per scrivere, nel salotto delle tappezzerie, il suo pensiero era per un istante distratto dal nuovo impegno, per poi ritornare immediatamente alla sua ossessione. Lottava, cercava di distrarsi, di avere altri pensieri, di continuare il lavoro. Ma invano, era tormentata dal desiderio pungente, e subito la mano, abbandonando il libro o la penna, si allungava con mossa irreprimibile, verso il piccolo specchio dal manico di argento antico che giaceva sulla scrivania. Nella cornice ovale e cesellata, il suo viso per intero era racchiuso come un volto di altri tempi, come un ritratto del secolo passato, come un pastello dai colori una volta vivaci, ma ora sbiaditi dal sole. Poi, dopo essersi contemplata a lungo, riponeva, con mossa stanca, il piccolo oggetto sul mobile, e si sforzava di rimettersi al lavoro, ma non aveva letto due pagine, o scritto venti righe, che rinasceva in lei, l'invincibile e torturante bisogno di guardarsi; e tendeva nuovamente il braccio, per riprendere lo specchio. Lo maneggiava ora come un gingillo irritante e familiare che la mano non pu abbandonare; se ne serviva in ogni momento quando riceveva i suoi amici, e si innervosiva fino al punto di gridare, lo odiava quasi fosse una creatura umana, mentre lo girava fra le dita. Un giorno, esasperata dalla lotta con quel pezzo di vetro, lo scagli contro il muro, dove si spezz sbriciolandosi. Ma, dopo qualche tempo, il marito, che l'aveva fatto riparare, glielo riconsegn pi lucente che mai. Dovette prenderlo e ringraziare, rassegnata a tenerlo. Ogni sera e ogni mattina, chiusa in camera, ricominciava, suo malgrado, quell'esame minuzioso e paziente dell'odiosa e imperturbabile devastazione. A letto, non poteva dormire, accendeva una candela, e rimaneva con gli occhi aperti, a pensare che insonnia e dolore affrettavano irrimediabilmente l'orribile lavorio del tempo che scorre. Ascoltava, nel silenzio della notte, il bilancere della pendola che sembrava mormorare, con il tic-tac monotono e regolare, se ne va, se ne va, se ne va, e il suo cuore era attanagliato da una tale sofferenza, che, con le lenzuola fra i denti, essa gemeva di disperazione. Un tempo, come tutti, aveva avuto la sensazione degli anni che passano e dei cambiamenti che apportano. Come tutti, aveva detto, anzi si era detta ogni inverno, ogni primavera ogni estate: Sono molto cambiata dall'anno scorso. Ma sempre bella, di una bellezza un poco differente, non se ne preoccupava. Oggi, improvvisamente, invece di constatare ancora con calma il lento cammino delle stagioni, aveva scoperto e compreso la spaventosa fuga dei minuti. Aveva avuto la rivelazione improvvisa di quello scorrere delle ore, di quella corsa impercettibile, che rende pazzi quando ci si pensa, di quella serie infinita di piccoli secondi convulsi, che corrodono il corpo e la vita degli uomini. Dopo quelle notti disperate, ritrovava lunghi sonni pi tranquilli, nel tepore delle lenzuola, quando la cameriera aveva aperto le tende e fatto fiammeggiare il fuoco del mattino. Rimaneva stanca, assopita, n sveglia n addormentata, in un torpore del pensiero che lasciava rinascere in lei la speranza istintiva e provvidenziale, di cui si illuminano e vivono, sino agli ultimi giorni, il cuore e il sorriso degli uomini. Ogni mattina, ora, appena aveva lasciato il letto, si sentiva dominata da un impellente desiderio di pregare Dio, di ottenere da Lui un poco di sollievo e di consolazione. S'inginocchiava allora davanti ad un grande Cristo di quercia, regalo di Olivier, opera rara da lui scoperta, e con le labbra chiuse, implorando con quella voce dell'anima con cui si parla a se stessi, rivolgeva al martire divino una supplica dolorosa. Resa pazza dal bisogno di essere ascoltata e soccorsa, sincera nel suo dolore come tutti i fedeli che s'inginocchiano, non poteva dubitare che Egli non l'ascoltasse, non fosse attento alla sua domanda, e forse toccato dalla sua sofferenza. Non domandava di fare per lei ci che non aveva mai fatto per nessuno: lasciare, fino alla morte, la bellezza, la freschezza e la grazia; lei chiedeva soltanto un poco di riposo e una tregua. Doveva pure invecchiare, come doveva morire! Ma perch cos presto! Alcune donne restavano belle cos a lungo! Non poteva accordarle di essere come loro? Come sarebbe stato buono, Lui che aveva pure tanto sofferto, se le avesse lasciato per due o tre anni solamente quel tanto di seduzione che le occorreva per piacere ! Non diceva queste cose, ma le gemeva verso di Lui, nel lamento confuso della sua anima.

Poi, alzatasi, si sedeva davanti alla toilette, e con la stessa tensione che poneva nella preghiera, maneggiava ciprie, creme, matite, piumini e spazzole, che le rinnovavano una belt di gesso, quotidiana e fragile. VI Sul boulevard, due nomi risuonavano su tutte le bocche: Emma Helsson e Montros. Pi ci si avvicinava all'Opra e pi si sentivano ripetere. D'altronde, immensi manifesti, incollati sulle colonne Morris, li diffondevano tra i passanti, e c'era nell'aria della sera l'emozione di un avvenimento. Il pesante monumento chiamato Accademia nazionale di Musica accovacciato sotto il cielo nero, mostrava al pubblico raccolto davanti, la facciata pomposa e biancastra e il colonnato marmoreo della galleria, che invisibili lumi elettrici illuminavano come uno scenario. Sulla piazza, le guardie repubblicane a cavallo dirigevano la circolazione, e innumerevoli vetture giungevano da tutti gli angoli di Parigi, lasciando scorgere dietro i vetri abbassati, una spuma di stoffe chiare e di volti pallidi. I coup ed i landau procedevano in fila sotto le arcate riservate, e fermandosi per pochi istanti, lasciavano scendere, nei loro mantelli da sera guarniti di pelliccia, piume o pizzi inestimabili, le donne dell'alta societ e le altre, carne preziosa, divinamente adornate. Lungo tutto il celebre scalone si svolgeva un'ascesa fantastica, un salire ininterrotto di dame vestite come regine, con al collo e alle orecchie sfavillii di diamanti e lunghi abiti che sfioravano i gradini. La sala di buon'ora era piena, poich nessuno voleva perdere neppure una nota dei due celebri artisti; e, in tutto il vasto anfiteatro, sotto l'abbagliante luce elettrica irradiata dal lampadario, c'era una marea di gente che prendeva posto, e un gran brusio di voci. Dal palco di proscenio che la duchessa, Annette, il conte, il marchese, Bertin e Musadieu, gi avevano occupato, non si vedeva altro che le quinte, dove alcuni uomini parlavano, correvano, gridavano: macchinisti in camice, signori in abito da sera, attori in costume. Ma, dietro l'immenso sipario abbassato, si udiva il rumore profondo della folla, si sentiva la presenza di una massa di spettatori sovreccitati che si muovevano, la cui agitazione sembrava traversare il telone, per propagarsi fino alle scene. Doveva essere rappresentato Faust. Musadieu raccontava aneddoti sulle prime rappresentazioni di quest'opera al Thatre Lyrique, sul mezzo insuccesso di allora, seguito da un grande trionfo, sugli interpreti della prima volta, sulla loro maniera di cantare ogni pezzo. Annette, semivoltata verso di lui, l'ascoltava con quella curiosit avida e giovane, che poneva in tutto ci che la circondava, e ogni tanto lanciava sul fidanzato, fra pochi giorni suo marito, uno sguardo pieno di tenerezza. L'amava, ora, come amano i cuori ingenui, ossia amava in lui tutte le sue speranze del futuro. L'ebbrezza delle prime feste della vita, e l'ardente bisogno di essere felice, la facevano fremere di esultanza e di attesa. E Olivier, che vedeva tutto, che sapeva tutto, che aveva percorso tutti i gradi dell'amore segreto, impotente e geloso, sino al focolare della sofferenza umana, dove il cuore sembra crepitare come carne sui carboni, rimaneva in piedi, in fondo al palco, guardando sia l'uno che l'altro con aria torturata. Furono battuti tre colpi, e subito il piccolo rumore secco di un archetto sul leggio del direttore d'orchestra, fece cessare di colpo movimenti, tossi e mormorii; poi, dopo un breve e profondo silenzio, le prime battute dell'introduzione si levarono, riempirono la sala dell'invisibile e irresistibile mistero della musica che si spande attraverso i corpi, turba i nervi e l'anima con una febbre poetica e materiale, mescolando all'aria limpida che si respira, un'onda sonora che si ascolta. Olivier sedette in fondo al palco, dolorosamente commosso, come se le piaghe del suo cuore fossero state toccate da quegli accenti. Ma, essendosi levato il sipario, si alz di nuovo, e vide sulla scena, che rappresentava il gabinetto di un alchimista, il dottor Faust in meditazione. Gi venti volte aveva udito quell'opera, che conosceva quasi a memoria, e la sua attenzione, spostandosi dalla rappresentazione, si port sulla sala.

Riusciva a vederne solo un piccolo angolo, dietro l'incorniciatura del palcoscenico, che nascondeva il suo palco, ma quell'angolo, estendendosi dall'orchestra al loggione, gli mostrava tutta una parte del pubblico, in cui riconosceva molti visi. In platea, gli uomini in cravatta bianca, allineati fianco a fianco, sembravano un museo di facce conosciute: uomini di mondo, artisti, giornalisti, tutte le categorie di coloro che non mancano mai nei luoghi dove tutti vanno. Egli ripeteva tra s, si segnava mentalmente i nomi delle donne che scorgeva nei palchi e nella galleria. La contessa di Lochrist, in un palco di proscenio? Era veramente splendida, mentre poco lontano una novella sposa, la marchesa d'Ebelin, gi attirava su di s i binocoli. Bell'inizio! disse Bertin. Tutti ascoltavano con grande attenzione, con simpatia evidente, il tenore Montros, che si lamentava a proposito dell'esistenza. Olivier pensava: Che stupidaggine! Ecco Faust, il misterioso e sublime Faust, che canta l'orribile disgusto e la vacuit di tutto; e questa folla si domanda con apprensione se la voce di Montros non sia cambiata! Allora ascolt come gli altri, e, dietro le banali parole del libretto, attraverso la musica che risveglia in fondo all'animo percezioni profonde, ebbe una specie di rivelazione del modo con cui Goethe immagin il cuore di Faust. Aveva letto una volta il poema, che considerava bellissimo, senza esserne rimasto molto colpito, ma ecco che, improvvisamente ne avvertiva l'insondabile profondit, poich gli sembrava, quella sera, di essere diventato lui stesso un Faust. Leggermente inclinata sul davanti del palco, Annette ascoltava attentamente; mentre mormorii di soddisfazione si svolgevano tra il pubblico, poich la voce di Montros era ancor pi impostata e preparata di una volta. Bertin aveva chiuso gli occhi. Da un mese qualsiasi cosa vedesse, provasse, qualsiasi cosa incontrasse nella vita, diveniva immediatamente una specie di accessorio della sua passione. Gettava il mondo e se stesso in pasto a quell'idea fissa. Tutto ci che vedeva di bello, di raro, tutto ci che immaginava di attraente, l'offriva subito mentalmente alla sua piccola amica, e non aveva pi un'idea che non richiamasse il proprio amore. Ora, ascoltava in fondo a se stesso l'eco dei lamenti di Faust; e il desiderio della morte sorgeva in lui, il desiderio di finirla con i dolori, con tutta la miseria della sua tenerezza senza uscita. Guardava il delicato profilo di Annette, e vedeva il marchese di Farandal, seduto dietro a lei, contemplarla. Si sentiva vecchio, finito, perduto! Ah! non avere pi nulla da attendere, nulla da sperare, non avere nemmeno pi il diritto di desiderare, sentirsi declassato, tagliato fuori dalla vita, come un funzionario non pi in et, dalla carriera terminata! Che tortura intollerabile! Scoppiarono gli applausi, Montros trionfava gi. E Mefistofele-Laberrire spunt dal suolo. Olivier, che non l'aveva mai sentito in quella parte, si rimise ad ascoltare con attenzione. Il ricordo di Aubin, cos drammatico con la voce di basso, poi di Faure, cos seducente con la voce da baritono, lo distrassero per qualche minuto. Ma improvvisamente una frase cantata da Montros, con potenza irresistibile, lo commosse fino al cuore. Faust diceva a Satana: Voglio un tesor che assai pi vale, Voglio la giovent. E il tenore apparve in giustacuore di seta, con la spada al fianco, un berretto piumato in testa, elegante, giovane e bello della bellezza manierata da cantante. Si lev un mormorio. Era molto bello e piaceva alle donne. Olivier, al contrario, ebbe un fremito di delusione, poich l'evocazione intensa del poema drammatico di Goethe, era scomparsa in quella metamorfosi. Non aveva ormai davanti a s che uno spettacolo teatrale di grande effetto, pieno di bei pezzi cantati e artisti di talento, di cui ascoltava solo la voce. Quell'uomo in giustacuore, quel bel giovane gorgheggiante, che mostrava le cosce insieme alle note, non gli piaceva. Non aveva nulla del vero, irresistibile e sinistro cavalier Faust, colui che doveva sedurre Margherita.

Torn a sedersi, e la frase appena udita gli torn in mente: Voglio un tesor che assai pi vale, Voglio la giovent. La mormorava fra i denti, la cantava con dolore in fondo all'animo, e, con gli occhi sempre fissi sulla bionda nuca di Annette, che si stagliava nell'apertura quadrata del palco, sentiva in s tutta l'amarezza di quell'irrealizzabile desiderio. Ma Montros aveva terminato il primo atto con una perfezione tale da far esplodere l'entusiasmo. Per vari minuti, il fragore degli applausi, lo scalpiccio dei piedi e le grida bravo rimbombarono nella sala come un uragano. In tutti i palchi si vedevano le donne battere i guanti uno contro l'altro, mentre gli uomini, in piedi dietro a loro, gridavano applaudendo. Il sipario cal e si rialz due volte di seguito, senza che l'entusiasmo diminuisse. Poi, quando fu abbassato per la terza volta, separando dal pubblico il palcoscenico e i palchi interni, la duchessa e Annette continuarono ancora ad applaudire per alcuni istanti, e furono ringraziate in modo particolare con un piccolo saluto discreto rivolto a loro dal tenore. Oh! Ci ha visto! disse Annette. Che artista meraviglioso! esclam la duchessa. E Bertin, sportosi in avanti, guardava con un senso confuso d'irritazione e di sdegno l'artista acclamato scomparire fra due quinte, ondeggiando un poco, la gamba tesa, la mano sul fianco, nella posa voluta di eroe da teatro. Si misero a parlare di lui. I suoi successi femminili facevano scalpore come il suo talento. Era passato per tutte le capitali fra l'ammirazione generale delle donne, che, sapendolo anticipatamente irresistibile, avevano dei palpiti al cuore, vedendolo entrare in scena. D'altronde, a quanto si diceva, sembrava che si curasse poco di quel delirio sentimentale, e si contentasse dei trionfi musicali. Musadieu raccontava con parole molto velate, a causa di Annette, la vita di quel bel cantate, e la duchessa, eccitata, comprendeva e approvava tutte le follie che aveva potuto accendere, tanto lo trovava attraente, elegante, distinto e musicista eccezionale. Concluse ridendo: D'altronde, come resistere a quella voce! Olivier s'indispett, e rispose con amarezza. Davvero non capiva come potesse provare piacere per un guitto, per quella perpetua rappresentazione di tipi umani inesistenti, per quella illusoria personificazione di uomini sognati, per quel manichino notturno e imbellettato, che interpreta tutti i ruoli a un tanto per sera. Siete geloso di loro, disse la duchessa. Voi altri, uomini di mondo e artisti, ce l'avete con gli attori, perch hanno pi successo di voi. Poi, volgendosi ad Annette: Vediamo, piccola, tu che entri nella vita e che guardi con occhi sani, come trovi questo tenore? Annette rispose con aria convinta: Io lo trovo bellissimo. Vennero battuti i tre colpi del secondo atto, e il sipario si alz sulla scena della festa. Il brano della Helsson fu superbo. Anche lei sembrava avere pi voce di una volta, e adoperarla con pi completa sicurezza. Era veramente divenuta la grande, l'eccellente, la squisita cantante, la cui fama nel mondo uguagliava quella di Bismarck e di Lsseps. Quando Faust si slanci verso di lei, quando le disse con voce ammaliatrice, quella frase cos piena d'incanto: Permettereste a me, bella damigella, offrire il braccio mio, onde camminare insieme. E quando la bionda e cos bella e cos commovente Margherita gli rispose: No, signor, non sono damigella, n bella, E d'uopo non ho del braccio di alcuno. l'intera sala fu sollevata da un immenso brivido di piacere.

Le acclamazioni, quando cal il sipario, furono formidabili, e Annette applaud tanto a lungo, che Bertin ebbe voglia di afferrarle le mani, per farla cessare. Il suo cuore era contratto da un nuovo tormento. Non parl affatto durante l'intervallo, perch seguiva nelle quinte, con il pensiero fisso, divenuto pieno di astio, seguiva fino nel camerino dove lo vedeva rimettersi il bianco sulle gote, l'odioso cantante, che eccitava tanto la fanciulla. Poi il sipario si alz sull'atto del giardino. Una specie di febbre d'amore si sparse subito per la sala, perch mai quella musica, che sembra essere solo un soffio di baci, aveva avuto interpreti simili. Montros e la Helsson non erano pi due famosi attori, erano due esseri del mondo ideale, a fatica due esseri, erano due voci: la voce eterna dell'uomo che ama, la voce eterna della donna che cede, e insieme sospiravano tutta la poesia della tenerezza umana. Quanto Faust cant: Lascia ancor, lascia ancor ch'io contempli il tuo viso nelle note che uscivano dalla sua bocca c'era un tale accento d'adorazione, di trasporto e di preghiera, che veramente il desiderio di amare esalt per un momento tutti i cuori. Olivier si ricord che anche lui l'aveva mormorata quella frase, nel parco di Roncires, sotto le finestre del castello. Sino allora l'aveva giudicata un poco banale, ma ora gli veniva sulle labbra come l'ultimo grido di passione, l'ultima preghiera, l'ultima speranza e l'ultimo favore che potesse attendersi in questa vita. Poi, non ascolt pi nulla, non ud pi nulla. Fu colpito da un'acutissima crisi di gelosia, perch aveva visto Annette portare il fazzoletto agli occhi. Lei piangeva! Dunque il suo cuore si destava, si animava, si agitava, il suo piccolo cuore di donna che non sapeva ancora nulla! L, vicinissima a lui, senza per pensare a lui, essa aveva la rivelazione del modo in cui l'amore pu travolgere l'essere umano, e quella rivelazione, quella iniziazione, le erano venute da quel miserabile guitto cantante. Ah! Non provava pi rancore per il marchese di Farandal, per quello sciocco che non vedeva nulla, che non sapeva, che non comprendeva! Come detestava invece quell'uomo con la maglia aderente, che illuminava l'animo della fanciulla! Aveva voglia di gettarsi su di lei, come ci si getta su qualcuno che sta per essere schiacciato da un cavallo imbizzarrito, di afferrarla per il braccio, di portarla via, di trascinarla, di dirle: Andiamocene, andiamocene, ve ne supplico! Come ascoltava, come palpitava! E come soffriva lui! Aveva gi sofferto cos, ma meno crudelmente! Se lo ricord, poich tutti i dolori provati per gelosia rinascono come ferite che si riaprano. Anzitutto, a Roncires, tornando dal cimitero, quando sent per la prima volta che lei gli sfuggiva, che non aveva alcun potere su quella ragazzina indipendente come un giovane animale. Ma laggi, quando lo faceva inquietare, lasciandolo per cogliere i fiori, aveva soprattutto provato la voglia brutale di fermarne gli slanci, di trattenere il suo corpo vicino a s; oggi, era l'anima stessa di lei che fuggiva, inafferrabile. Ah! Quella irritazione corrosiva, che aveva appena riconosciuto, l'aveva provata molto spesso anche attraverso tutte le contusioni inconfessabili, che sembrano lasciare dei lividi interni ai cuori innamorati. Si ricordava tutte le angosciose impressioni di sottile gelosia, che si erano abbattute su di lui, a piccoli colpi, nel corso dei giorni. Ogni volta che lei aveva notato, ammirato, amato, desiderato qualche cosa, ne era stato geloso, geloso in modo impenetrabile e continuo, di tutto ci che assorbiva il tempo, gli sguardi, l'attenzione, l'allegria, lo stupore, l'affetto di Annette, poich tutto ci gli prendeva un poco di lei. Era stato geloso di tutto ci che faceva senza di lui, di tutto ci che non sapeva, delle passeggiate, delle letture, di quanto sembrava piacerle, geloso di un ufficiale eroicamente ferito in Africa, e di cui Parigi si occup per otto giorni, dell'autore di un romanzo molto apprezzato, di un giovane poeta sconosciuto e mai visto da lui, ma del quale Musadieu le recitava i versi, di tutti gli uomini insomma che venivano magnificati davanti a lei, anche banalmente, poich, quando si ama una donna,

non si pu tollerare senza angoscia che essa pensi a qualcuno, con apparente interesse. Si prova in cuore l'imperioso bisogno di essere il solo al mondo davanti ai suoi occhi. Si vorrebbe che lei non vedesse, non conoscesse, non apprezzasse nessun altro. Appena essa ha l'aria di voltarsi per considerare o riconoscere qualcuno, ci si slancia davanti al suo sguardo, e, se non si pu distoglierlo o assorbirlo lentamente, si soffre sino nel fondo dell'anima. Olivier soffriva in tal modo per quel cantante che sembrava spargere e cogliere amore in quella sala d'opera, e ce l'aveva con tutti per il trionfo del tenore, con le donne che vedeva esaltarsi nei palchi, con gli uomini, quei sempliciotti, che facevano l'apoteosi di quel vanesio. Un artista! Lo chiamavano un artista, un grande artista! Eppure, quel pagliaccio, interprete di un pensiero altrui, aveva successo come mai un autore aveva conosciuto! Ah!, era proprio questa la giustizia e l'intelligenza della gente di societ, di quei dilettanti ignoranti e pretenziosi, per i quali lavorano sino alla morte i maestri dell'arte umana! Li guardava applaudire, gridare, estasiarsi; e l'ostilit antica che aveva sempre fermentato in fondo al suo cuore orgoglioso e fiero di parvenu, si esasperava, diveniva una rabbia furiosa contro quegli imbecilli onnipotenti per il solo diritto della nascita e del denaro. Sino alla fine della rappresentazione, rimase silenzioso, divorato dalle sue idee, poi quando l'uragano dell'entusiasmo finale si calm, offr il braccio alla duchessa, mentre il marchese prendeva quello di Annette. Ridiscesero il grande scalone in mezzo ad un fiume di donne e uomini, in una specie di cascata magnifica e lenta di spalle nude, di vesti sontuose e abiti neri. Poi la duchessa, la fanciulla, suo padre e il marchese salirono nello stesso landau, e Olivier Bertin rimase solo con Musadieu, sulla piazza dell'Opra. Ad un tratto, gli sorse nel cuore una specie di affetto per quell'uomo, o piuttosto l'attrazione naturale che si prova per un connazionale incontrato in un paese lontano, poich si sentiva ora perduto in quella folla estranea, indifferente, mentre con Musadieu poteva ancora parlare di lei. Lo prese dunque per il braccio. Non tornate subito a casa, gli disse. Il tempo bello, facciamo un giro. Volentieri. Si diressero cos verso la Madeleine, mescolati alla folla dei nottambuli, in mezzo all'agitazione breve ma intensa di mezzanotte che scuote i boulevard all'uscita dei teatri. Musadieu disponeva di mille argomenti, tutti i soggetti di conversazione del momento, chiamati da Bertin il menu del giorno, e rivers la sua facondia su due o tre motivi che l'interessavano di pi. Il pittore lo lasciava dire senza ascoltarlo, tenendolo per il braccio, sicuro di portarlo in breve tempo a parlare di lei, e camminava senza vedere nulla attorno a s, imprigionato nel suo amore. Camminava, esaurito da quella crisi di gelosia che l'aveva distrutto come una caduta, convinto di non avere pi nulla da fare al mondo. Avrebbe sofferto cos, sempre di pi, senza attendere nulla. Avrebbe trascorso giorni vuoti, uno dopo l'altro, guardandola vivere da lontano, essere felice, essere amata, anche amare, senza dubbio. Un amante! Forse avrebbe avuto un amante, come sua madre ne aveva avuto uno! Provava in s fonti di sofferenza cos numerose, diverse e complicate, un tale afflusso di sventure, tanti stravolgimenti inevitabili, si sentiva talmente perduto, talmente sprofondato, sin d'ora, in un'agonia inimmaginabile, che non poteva supporre esistesse un altro che avesse sofferto come lui. E pens allora alla puerilit dei poeti che hanno inventato l'inutile fatica di Sisifo, la sete materiale di Tantalo, il cuore divorato di Prometeo! Oh! Se essi avessero previsto, se avessero analizzato l'amore senza speranza di un vecchio per una fanciulla, come avrebbero espresso lo sforzo abominevole e segreto di un essere che nessuno pu pi amare, le torture del desiderio insterilito, e, pi terribile del becco di un avvoltoio, una piccola figura bionda che fa a pezzi un vecchio cuore! Musadieu seguitava a parlare, e Bertin l'interruppe, mormorando quasi suo malgrado, dominato dall'idea fissa: Annette, era graziosa questa sera... S deliziosa... Il pittore aggiunse, per impedire a Musadieu di riprendere il filo interrotto delle sue idee:

E pi bella di quanto non fosse stata sua madre. L'altro approv in modo distratto, ripetendo parecchie volte di seguito: si... s... s... senza che il suo spirito si fissasse ancora su quel nuovo pensiero. Olivier compiva degli sforzi per farlo rimanere su questo argomento, e, ingegnandosi di interessarlo con la preoccupazione favorita di Musadieu, riprese: Avr uno dei primi salotti di Parigi, dopo il matrimonio. Fu sufficiente, e quel mondano convinto che era l'ispettore delle belle arti si mise a fare dotti apprezzamenti sulla posizione che avrebbe occupato, nella societ francese, la marchesa di Farandal. Bertin ascoltava e s'immaginava Annette in un gran salotto pieno di luci, circondata da donne e da uomini. Anche quella visione lo rese geloso. Risalivano ora il boulevard Malesherbes. Quando passarono davanti alla casa dei Guilleroy, il pittore alz gli occhi. Delle luci sembravano brillare alle finestre, dietro le aperture delle tende. Gli venne il sospetto che la duchessa e suo nipote erano forse stati invitati a bere una tazza di t. Fu afferrato da una collera, che lo fece soffrire atrocemente. Stringeva sempre il braccio di Musadieu, e ravvivava la conversazione, di quando in quando, contraddicendo le opinioni di lui sulla giovane futura marchesa. Quella voce banale che parlava di lei, faceva aleggiare la sua immagine nella notte intorno a loro. Quando giunsero all'avenue de Villiers, davanti alla porta del pittore: Entrate? domand Bertin. No, grazie, tardi, me ne vado a letto. Via, salite per mezz'ora, chiacchiereremo ancora un poco. No. Davvero. troppo tardi. Il pensiero di rimanere solo, dopo le scosse che aveva appena sopportato, riemp d'orrore l'animo di Olivier. Aveva con s qualcuno, e se lo sarebbe tenuto. Salite dunque, vi far scegliere un mio lavoro che voglio offrirvi da lungo tempo. L'altro, sapendo come i pittori non sono sempre disposti a fare regali, e come il ricordo delle promesse sia breve, si gett su quell'occasione. Nella sua qualit di ispettore delle belle arti, possedeva una raccolta messa insieme con abilit. Vi seguo, disse. Entrarono. Il cameriere, svegliato, port dei grogs, e la conversazione si trascin per qualche tempo sulla pittura. Bertin mostrava alcuni lavori, pregando Musadieu di prendere quello che gli piaceva di pi; e Musadieu esitava, importunato dalla luce a gas, che lo ingannava sulle tonalit. Alla fine, scelse un gruppo di bambine che saltavano a corda, su un marciapiede, e quasi subito volle andarsene, portandosi via il dono. Ve lo far portare a casa, diceva il pittore. No, preferisco averlo questa sera stessa, per ammirarlo prima di mettermi a letto. Niente riusc a trattenerlo, e Olivier Bertin si ritrov ancora una volta solo nella sua casa, in quella prigione dei suoi ricordi e della sua dolorosa inquietudine. L'indomani mattina, quando entr il domestico, con il t e i giornali, trov il padrone seduto sul letto talmente pallido da provare paura. Il signore indisposto? disse. Non nulla, un po' di emicrania. Il signore non vuole che vada a prendere qualche cosa? No. Che tempo fa? Piove, signore. Bene. Basta cos. L'uomo, dopo avere deposto sul solito tavolino il servizio da t e i giornali, usc. Olivier prese il Figaro, e l'apr. L'articolo di fondo era intitolato: Pittura moderna. Era un elogio ditirambico di quattro o cinque giovani pittori, che, dotati di un autentico senso del colore, ma accentuandolo per ottenere effetto, avevano la pretesa di considerarsi rivoluzionari e innovatori

geniali. Come tutti gli uomini affermati, Bertin era stizzito con quei nuovi arrivati, era seccato per il loro ostracismo, contestava le loro teorie. Si mise dunque a leggere l'articolo con quell'inizio di collera che fa rapidamente risvegliare un cuore innervosito, poi abbassando gli occhi scorse il suo nome; e queste poche parole, alla fine di una frase, lo colpirono, come un pugno in pieno petto: L'arte fuori moda di Olivier Bertin... Era stato sempre sensibile alla critica e agli elogi, ma nel fondo della coscienza, nonostante la sua legittima vanit, soffriva pi di essere criticato di quanto non godesse ad essere lodato, a causa dell'inquietudine nei propri confronti che le sue esitazioni avevano sempre nutrito. Un tempo, tuttavia, al momento dei trionfi, i plausi erano stati cos numerosi, da fargli dimenticare le frecciate. Oggi, davanti alla pressione continua dei nuovi artisti e dei nuovi ammiratori, le felicitazioni erano diventate pi rare e la denigrazione pi accentuata. Si sentiva irreggimentato nel battaglione dei vecchi pittori di talento, completamente ignorati dai giovani, e siccome era intelligente quanto perspicace, adesso soffriva sia per le minime insinuazioni sia per gli attacchi diretti. Tuttavia, mai nessuna ferita al suo orgoglio di artista l'aveva fatto tanto sanguinare. Era rimasto senza fiato, e rileggeva l'articolo per cercare di capirlo nelle minime sfumature. Bertin e alcuni suoi colleghi erano messi da parte con oltraggiosa disinvoltura; si alz mormorando quelle parole che gli erano rimaste sulle labbra: L'arte fuori moda di Olivier Bertin! Mai una simile tristezza, un simile scoraggiamento, una simile sensazione della fine di ogni cosa, della fine della sua persona fisica e del suo essere pensante, l'avevano gettato in uno stato d'animo cos disperato. Rimase sino alle due in una poltrona, davanti al camino, con le gambe allungate verso il fuoco, senza avere la forza di muoversi, di fare qualsiasi cosa. Poi, il bisogno di essere consolato sorse in lui, il bisogno di stringere mani amiche, di vedere occhi fidati, di essere compianto, soccorso, accarezzato da parole solidali. And dunque, come sempre, dalla contessa. Quando entr, Annette era sola nel salotto, in piedi, con la schiena voltata e scriveva rapidamente l'indirizzo su una lettera. Sul tavolo, vicino a lei, era spiegato il Figaro. Bertin vide il giornale contemporaneamente alla fanciulla, e rimase atterrito non osando avanzare. Oh! se lei lo avesse letto. Lei si volt e preoccupata, premurosa, con lo spirito preso da assilli femminili, gli disse: Ah! Buon giorno, signor pittore. Mi scuserete se vi lascio. Ho la sarta di sopra che mi reclama. Capirete, la sarta, al momento di un matrimonio, importante! Vi prester la mamma, che discute e ragiona con la mia artista. Se avr bisogno di lei, ve la far chiedere per qualche minuto. E usc, correndo, per ben mostrare la sua fretta. Quella brusca uscita, senza una parola affettuosa, senza uno sguardo tenero per lui, che l'amava tanto... tanto... lo lasci sconvolto. Lo sguardo si pos di nuovo sul Figaro, e pens: Lo ha letto, mi si canzona! Mi si sfugge! Non crede pi in me. Non conto pi nulla per lei!... Fece due passi verso il giornale, come si cammina verso un uomo per schiaffeggiarlo. Poi si disse: Forse non lo ha letto per niente. E cos preoccupata oggi! Ma ne parleranno certamente questa sera, davanti a lei, a pranzo, e le faranno venire voglia di leggerlo! Con mossa spontanea, quasi senza pensarci, prese la copia del giornale, lo chiuse, lo pieg e lo fece scivolare in tasca con l'agilit di un ladro. Entr la contessa. Appena vide il volto livido e convulso di Olivier, indovin che aveva toccato il limite della sofferenza. Ebbe uno slancio verso di lui, uno slancio di tutta la sua povera anima, anch'essa cos lacerata, di tutto il suo povero corpo, anch'esso cos tormentato. Gettandogli le mani sulla spalle e lo sguardo nel fondo degli occhi, gli disse: Oh! quanto siete infelice! Questa volta, egli non neg pi e, con la gola soffocata dagli affanni, balbett: S... s... s...!

Lei sent che egli stava per piangere, e lo trascin nell'angolo pi scuro del salotto, verso due poltrone nascoste da un piccolo paravento di seta antica. Sedettero entrambi dietro quella sottile parete ricamata, velati anche dall'ombra grigia di un giorno di pioggia. Lei riprese, compiangendolo, commossa da quel dolore: Povero Olivier, come soffrite! Egli appoggi la testa bianca sulla spalla dell'amica. Pi di quanto possiate credere, disse. Oh! Lo sapevo, mormor tristemente, ho sentito tutto. L'ho visto nascere e svilupparsi. Olivier rispose, come se fosse stato accusato. Non colpa mia, Any. Lo so bene... Non vi rimprovero nulla... E dolcemente, voltandosi un poco, mise la bocca su un occhio di Olivier, su cui trov una lacrima amara. Trasal, come se avesse bevuto una goccia di disperazione, e ripet parecchie volte: Ah! Povero amico mio... povero amico... povero amico! Poi dopo un momento di silenzio, aggiunse: colpa dei nostri cuori che non sono invecchiati. Io sento il mio cos vivo. Egli cerc di parlare, ma non pot, poich ora i singhiozzi lo soffocavano. Lei ascoltava, e sul suo petto risuonavano i singhiozzi di lui. Allora, riafferrata dall'angoscia egoistica dell'amore che la corrodeva da tanto tempo, disse con l'accento straziante con cui si constata un'orribile disgrazia: Dio! Come l'amate! Ancora una volta confess: Ah! S, l'amo! Ella pens per alcuni istanti, e riprese: Non avete mai amato me, cos! Egli non neg, poich attraversava un momento in cui si dice tutta la verit, e mormor: No, ero troppo giovane allora! Lei fu sorpresa. Troppo giovane? Perch? Perch la vita era troppo dolce. E solo alla nostra et che si ama disperatamente. Ella domand: Ci che sentite accanto a lei somiglia a ci che sentivate accanto a me? S e no... eppure, quasi la stessa cosa. Vi ho amato quanto si pu amare una donna. Io amo lei quanto voi, poich siete voi; ma questo amore divenuto irresistibile, distruttore, pi forte della morte. Sono suo, come una casa che brucia del fuoco! Ella sent la sua piet inaridirsi sotto un soffio di gelosia, e assumendo una voce consolante: Povero amico! Fra qualche giorno, sar sposata e partir. Non vedendola pi, guarirete, senz'altro. Egli scosse la testa. Oh! Io sono perduto, perduto! Ma no, ma no! Starete tre mesi senza vederla. Basteranno. Vi sono ben bastati tre mesi per amarla pi di me, che conoscete da dodici anni! Allora egli la supplic, nel suo strazio infinito: Any, non abbandonatemi! Che cosa posso fare, amico mio? Non lasciatemi solo. Verr a vedervi quando vorrete. No. Tenetemi qui il pi possibile. Sareste vicino a lei. E vicino a voi. Bisogna che non la vediate prima del matrimonio. Oh! Any! O almeno pochissimo. Posso restare qui questa sera? No, non nello stato in cui siete. Dovete distrarvi, andate al circolo, al

teatro, non importa dove, ma non dovete restare qui. Ve ne prego. No, Olivier, impossibile. E poi ho a pranzo delle persone, la cui presenza vi agiterebbe maggiormente. La duchessa... e lui? S. Ma ho passato la serata con loro, ieri. E infatti, vi sentite bene oggi! Vi prometto di essere calmo. No, impossibile. Allora, me ne vado. Perch questa premura?. Ho bisogno di camminare. Bene, camminate molto, camminate sino a notte, ammazzatevi di stanchezza e poi coricatevi. Egli si era alzato. Addio, Any, disse. Addio, caro amico. Verr a vedervi domani mattina. Volete che commetta una grossa imprudenza, come altre volte, che finga cio di fare colazione qui, a mezzogiorno, e che invece faccia colazione con voi, all'una e un quarto? S, certo. Voi siete buona! che vi amo! Io pure vi amo. Oh! Non parlatene pi. Addio Any. Addio, caro amico, a domani. Addio. Le baci le mani pi volte, poi le baci le tempie, poi l'angolo delle labbra. Aveva gli occhi asciutti, l'aria risoluta. Nel momento di uscire, la prese, la strinse tutta tra le braccia, e appoggiando la bocca sulla fronte sembrava bere, aspirare in lei, tutto l'amore che essa aveva per lui. E se ne and, in fretta senza voltarsi. Quando lei fu sola, si lasci cadere su una sedia, e si mise a singhiozzare. Sarebbe rimasta cos sino alla notte, se Annette improvvisamente non fosse venuta a cercarla. La contessa, per avere il tempo di asciugarsi gli occhi rossi, le rispose: Devo scrivere una riga, figlia mia. Risali, e sar da te fra un minuto. Fino alla sera dovette occuparsi del grande problema del corredo. La duchessa e il nipote pranzavano familiarmente dai Guilleroy. Si erano appena messi a tavola, e parlavano ancora dello spettacolo del giorno precedente, quando il maggiordomo entr portando tre enormi mazzi di fiori. La signora di Mortemain si stup Mio Dio, disse, che cos'? Oh! Come sono belli, Annette esclam, chi pu averli mandati? Olivier Bertin, senza dubbio, rispose sua madre. Dal momento in cui era uscito, aveva pensato a lui. Le era parso cos cupo, cos tragico, vedeva cos chiaramente la sua infelicit senza uscita, risentiva cos atrocemente il contraccolpo di quel dolore, l'amava tanto, cos teneramente, cos completamente, che aveva il cuore schiacciato da presentimenti lugubri. Nei tre mazzi, infatti, c'erano tre biglietti del pittore. Aveva scritto su ognuno, a matita, i nomi della contessa, della duchessa e di Annette. La signora di Mortemain domand: forse malato il vostro amico Bertin? Ho trovato che ieri non aveva un gran bell'aspetto. E la signora di Guilleroy riprese: S, mi preoccupa alquanto, bench non si lamenti. Suo marito aggiunse: Oh! Fa come noi, invecchia. Invecchia anche molto, in questo momento. D'altronde, credo che i celibi crollino tutto d'un tratto. Hanno delle cadute pi brusche degli altri. Infatti, lui molto cambiato.

La contessa sospir: Oh s! Farandal smise subito di bisbigliare con Annette, per dire: C'era un articolo molto sgradevole per lui sul Figaro di questa mattina. Qualsiasi attacco, critica o allusione sfavorevole al talento dell'amico, gettava la contessa fuori di s. Oh! disse, gli uomini del valore di Bertin non devono occuparsi di simili volgarit. Guilleroy si stupiva: Cosa? Un articolo sgradevole per Olivier, ma io non l'ho letto. In che pagina? Il marchese lo inform. In testa alla prima pagina, con il titolo: Pittura moderna. E il deputato cess di stupirsi. Certo. Non l'ho letto, perch si trattava di pittura. Tutti sorrisero, perch sapevano che, all'infuori della politica e dell'agricoltura, il signor di Guilleroy non si interessava ad altro. Poi la conversazione si spost su altri argomenti, finch entrarono in salotto per prendere il caff. La contessa non ascoltava, rispondeva appena, perseguitata dall'affanno per quel che poteva avere fatto Olivier. Dove stava? Dove aveva pranzato? Dove trascinava in quel momento il suo cuore inguaribile? Provava ora un rammarico cocente per averlo lasciato andare via, per non averlo trattenuto, e lo pensava errante per le strade, cos triste, vagabondo, solitario, cercando di evitare il suo dolore! Fino al momento in cui la duchessa e il nipote se ne andarono, la contessa non parl, tormentata da timori vaghi e superstiziosi, poi si mise a letto, e vi rimase, con gli occhi spalancati nel buio pensando a lui! Era trascorso un tempo lunghissimo, quando credette di sentir suonare il campanello di casa. Sussult, si sedette, ascolt. Per la seconda volta il suono vibrante squill nella notte. Salt gi dal letto, e con tutta la sua forza premette il bottone elettrico che doveva svegliare la cameriera. Poi con una candela in mano, corse nell'anticamera. Attraverso la porta domand: Chi ? Una voce sconosciuta, rispose: una lettera. Una lettera, di chi? Di un medico. Quale medico? Non so, per un incidente. Senza pi esitare, apr e si trov davanti un cocchiere di fiacre, dal capello incerato. Teneva in mano un biglietto che le present. Lei lesse: Urgentissimo. Per il signor conte di Guilleroy. La calligrafia era sconosciuta. Entrate, amico, disse, sedete e attendete. Davanti alla camera del marito, il suo cuore si mise a battere cos forte, da non riuscire a chiamarlo. Urt il legno con il metallo del candeliere. Il conte dormiva, e non sentiva. Allora, spazientita, innervosita, prese a calci la porta, e intese una voce piena di sonno che domandava: Chi ? Che ora ? Ella rispose: Sono io. Devo consegnarvi una lettera urgente portata da un cocchiere. Si tratta di una disgrazia. Egli balbett dal fondo delle sue tende: Aspettate, mi alzo. Sto arrivando. Un minuto dopo, si mostr in veste da camera. Nello stesso tempo, due domestici accorrevano svegliati dai campanelli. Erano attoniti, confusi, avendo scorto nella sala da pranzo un estraneo seduto su una sedia. Il conte aveva preso la lettera, e la rigirava fra le dita mormorando: Che cosa succede? Non immagino. Lei febbrilmente: Ma leggete, dunque!

Egli lacer la busta, spieg il foglio, lanci un'esclamazione di stupore, poi guard la moglie con occhi spaventati. Mio Dio! Che c'? ella chiese. Egli balbett, potendo appena parlare, tanto era viva la sua emozione: Oh! Una grande disgrazia... una grande disgrazia!... Bertin caduto sotto una carrozza. Ella grid: Morto! No, no, disse lui, guardate voi stessa. Signore, accaduta una grave disgrazia. Il nostro amico, l'eminente artista Olivier Bertin, stato buttato a terra da un omnibus, una ruota del quale gli passata sul corpo. Non posso ancora pronunciarmi sulle conseguenze probabili di questo incidente, che pu non essere grave, come pu avere un esito fatale, immediato. Il signor Bertin vi prega vivamente, e supplica la signora contessa di Guilleroy di venire a vederlo immediatamente. Spero, signore, che la signora contessa e voi possiate accondiscendere al desiderio del nostro comune amico, che potrebbe cessare di vivere prima dell'alba Dott. de Rivil La contessa guardava il marito con due occhi spalancati, fissi, pieni di terrore. Poi, improvvisamente, ricevette, come una scossa elettrica, un guizzo di quel coraggio che talvolta, nelle ore terribili, fa diventare le donne le pi valorose degli esseri umani. Voltandosi verso la cameriera: Presto, disse, mi devo vestire! La cameriera domand: Cosa vuole indossare la signora? Non importa. Quello che vorrete. Jacques, riprese poi, siate pronto fra cinque minuti. Tornando verso la sua camera, con l'animo stravolto, scorse il cocchiere, che seguitava ad attendere, e gli disse: Avete la vostra carrozza? S, signora. Bene, la prenderemo. Poi, corse verso la sua camera. Freneticamente, con movimenti frettolosi, si gettava addosso, abbottonava, chiudeva, annodava a caso le vesti, poi, davanti alla specchiera, rialz e attorcigli i capelli alla meglio, guardando, questa volta senza pensarci, nello specchio il suo viso pallido e gli occhi incupiti. Con il mantello sulle spalle, si precipit verso la camera del marito, che non era ancora pronto. Essa lo trascin: Andiamo, diceva, pensate che pu morire. Il conte, stravolto, la segu inciampando, tastando con i piedi la scala oscura, cercando di distinguere i gradini per non cadere. Il percorso fu breve e silenzioso. La contessa tremava talmente tanto che le battevano i denti, e vedeva attraverso lo sportello fuggire i lumi a gas velati di pioggia. I marciapiedi luccicavano, il boulevard era deserto, la notte sinistra. Quando arrivarono, trovarono aperta la porta del pittore, la guardiola del portiere illuminata e vuota. In cima alla scala, il medico, il dottor de Rivil, un ometto dai capelli brizzolati, basso, tondeggiante, accuratissimo, gentilissimo, and loro incontro. Fece alla contessa un gran saluto, poi tese la mano al conte. Essa gli domand, respirando affannosamente, come se il salire le scale le avesse esaurito tutto il fiato: Ebbene, dottore? Ebbene, signora, spero che sia meno grave di quanto avevo creduto al primo momento. Ella esclam: Non morir? No, almeno non credo. Ne rispondete?

No. Dico soltanto che spero di trovarmi di fronte a una semplice contusione addominale, senza lesioni interne. Cosa volete dire con lesioni? Delle lacerazioni. Come sapete che non ne ha? Lo suppongo. E se ne avesse? Oh! allora sarebbe grave! Potrebbe morirne? S In poco tempo? In poco tempo. In pochi minuti, o anche in pochi secondi. Ma rassicuratevi, signora, sono convinto che tra quindici giorni sar guarito. Ella aveva ascoltato con profonda attenzione per sapere tutto, per capire tutto. E riprese: Quale lacerazione potrebbe avere? Una lacerazione al fegato, per esempio. Sarebbe molto pericolosa? S... Ma sarei sorpreso se ora intervenisse una complicazione. Entriamo da lui. Gli far bene, poich vi attende con grande impazienza. Ci che lei per prima vide, entrando nella camera, fu un volto pallido, su un cuscino bianco. Alcune candele e il fuoco del camino l'illuminavano, disegnavano il profilo, accentuavano le ombre; e, su quella faccia terrea, la contessa scorse due occhi che la guardavano avanzare. Tutto il suo coraggio, tutta la sua energia, tutta la sua risolutezza caddero, alla vista di quel volto scavato e decomposto che pareva quello di un moribondo. Lui che aveva visto poco prima, era diventato quella cosa, quello spettro! Mormor fra le labbra: Oh mio Dio! e si diresse verso di lui, palpitante di orrore. Egli cercava di sorridere, per rassicurarla, ma la smorfia di quel tentativo era orribile. Quando fu vicinissima al letto, pos le due mani, dolcemente, su quella di Olivier, allungata vicino al corpo, e balbett: Oh! Povero amico! Non nulla, disse a bassa voce, senza muovere la testa. Straziata da quel cambiamento, lo osservava. Era cos pallido, che sembrava non avere pi una goccia di sangue sotto la pelle. Le guance scavate sembravano aspirate dall'interno del volto, e anche gli occhi erano rientrati come se un filo li tirasse in dentro. Egli realizz il terrore dell'amica, e sospir: Sono in un bello stato! Lei, guardandolo sempre fissamente, disse: Com' avvenuto? Egli faceva dei grandi sforzi per parlare, e ogni tanto tutto il suo volto era percorso da scosse nervose. Non mi sono guardato intorno... pensavo ad altro... ad altro... oh! S... e un omnibus mi ha investito e mi passato sul ventre. Ascoltandolo, essa vedeva l'incidente, e disse, scossa dallo spavento: Avete perso del sangue? No, sono solamente un poco pesto... un poco schiacciato. Lei domand Dove successo? Egli rispose a bassissima voce: Non lo so. Era molto lontano. Il medico avvicin una poltrona, su cui la contessa si lasci cadere. Il conte rimase in piedi, sul fondo del letto, ripetendo fra i denti: Oh! Povero amico!... Povero amico... che orribile disgrazia! E davvero provava un gran dolore poich era molto legato a Olivier. La contessa riprese: Ma dove successo? Il medico rispose: Non lo so neppure io, o piuttosto non capisco nulla. Ai Gobelins quasi fuori Parigi! Almeno il cocchiere del fiacre che lo ha riportato ha affermato di

averlo raccolto in una farmacia di quel quartiere dove era stato portato alle nove di sera. Poi, chinandosi verso Olivier: vero che l'incidente avvenuto vicino ai Gobelins? Bertin chiuse gli occhi, come per ricordarsi, poi mormor: Non lo so. Ma dove andavate? Non ricordo pi. Andavo dritto davanti a me. Un gemito non trattenuto, usc dalle labbra della contessa; poi, dopo un soffocamento che la lasci per qualche secondo senza fiato, estrasse un fazzoletto dalla tasca, si copr gli occhi, e si mise a piangere disperatamente. Sapeva, indovinava. Qualcosa di intollerabile, di opprimente, le era caduto sul suo cuore: il rimorso di non avere trattenuto Olivier, di averlo scacciato, gettato per strada, dove era caduto, stordito dal dolore, sotto quella carrozza. Egli le disse con quella voce senza tono che ora aveva: Non piangete. Ci mi strazia. Con formidabile sforzo di volont, cess di singhiozzare, scopr gli occhi e li tenne spalancati su di lui, senza che un fremito le scuotesse il viso, su cui le lacrime continuavano a scorrere lentamente. Si guardavano entrambi immobili con le mani unite sulla coperta del letto. Si guardavano ignorando che c'erano altre persone, e il loro sguardo portava da un cuore all'altro una emozione sovrumana. Avveniva fra loro, rapida, muta e terribile, l'evocazione di tutti i loro ricordi, di tutta la loro tenerezza, anche essa schiacciata, di tutto ci che avevano sentito insieme, di tutto ci che avevano unito e confuso nella loro vita, in quel trasporto che li aveva gettati l'uno nell'altra. Si guardavano, e il bisogno di parlarsi, di sentire quelle mille cose intime, cos tristi che dovevano ancora dirsi, saliva loro alle labbra, irresistibile. Ella sent che doveva, ad ogni costo, allontanare quei due uomini che aveva dietro di s, che doveva trovare un pretesto, un'astuzia, una ispirazione, lei, la donna feconda di risorse. E si mise a pensarci, con gli occhi fissi su Olivier. Suo marito e il dottore parlavano a bassa voce delle cure necessarie. Voltando la testa, disse al medico: Avete portato un infermiere? No, preferisco mandare un assistente, che potr sorvegliare meglio la situazione. Mandate l'uno e l'altro. Le cure non sono mai troppe. Potreste averli per questa stessa notte, perch non penso che rimarrete qui fino al mattino? Infatti devo andarmene. Sono qui gi da quattro ore. Ma, andandovene, ci manderete l'infermiere e l'assistente? abbastanza difficile in mezzo alla notte. Tuttavia prover. necessario. Pu darsi che promettano di venire, ma poi, verranno? Mio marito vi accompagner, e li condurr per amore o per forza. Non potete rimanere qui sola, signora. Io!... fece lei, quasi gridando, con accento di sfida, di protesta indignata contro ogni resistenza alla sua volont. Poi, espose con parole autoritarie che non ammettevano replica, le necessit della situazione. Bisognava avere, entro un'ora, l'infermiere e l'assistente, onde prevenire tutte le eventualit. Per averli, bisognava che qualcuno li andasse a prendere nei loro letti e li conducesse. Soltanto suo marito poteva farlo. Intanto, sarebbe rimasta accanto al malato, lei che ne aveva il dovere e il diritto. Adempiva semplicemente al suo ruolo di amica, al suo ruolo di donna. D'altronde, voleva cos e nessuno avrebbe potuto dissuaderla. Il ragionamento era sensato. Bisognava riconoscerlo, pertanto si decisero a metterlo in atto. Si era alzata, tutta rivolta al pensiero della loro partenza, avendo fretta di sentirli lontani e di restare sola. Adesso, per non commettere errori durante la loro assenza, ascoltava, cercando di capire bene, di ricordare tutto, di non dimenticare nulla, gli avvertimenti del medico. Anche il cameriere del pittore, in piedi accanto a lei, ascoltava attentamente, dietro a lui, la moglie, la cuoca, che aveva aiutato il medico nelle prime medicazioni, indicava con cenni del capo di avere capito. Quando la contessa ebbe recitato come una

lezione, tutte quelle disposizioni, sollecit i due uomini ad andarsene, ripetendo al marito: Soprattutto, tornate presto, presto. Andremo con il mio coup, diceva il dottore al conte vi riporter pi rapidamente. Sarete qui fra un'ora. Prima di uscire, il medico esamin nuovamente a lungo il ferito, per assicurarsi che il suo stato fosse soddisfacente. Guilleroy esitava ancora. Diceva: Non trovate imprudente quello che facciamo? No. Non c' pericolo. Non ha bisogno che di riposo e di calma. La signora di Guilleroy far in modo di non farlo parlare e di parlargli il meno possibile. La contessa rimase atterrita e riprese: Non bisogna parlargli? Oh! No, signora. Prendete una poltrona, e rimanete vicino a lui. Non si sentir solo, e gli far bene; ma non deve stancarsi, n con la parola, n col pensiero. Io sar qui domattina verso le nove. Addio, signora, i miei rispetti. Usc, salutando profondamente, seguito dal conte che ripeteva: Non tormentatevi mia cara. Fra un'ora sar di ritorno, e potrete tornare a casa. Quando furono usciti, lei ascolt il rumore del portone che si richiudeva, poi quello delle ruote del coup che si allontanava nella strada. Il cameriere e la cuoca erano rimasti nella camera, attendendo ordini. La contessa li conged. Ritiratevi, disse loro, suoner, se avr bisogno di qualche cosa. Cos anche loro uscirono, ed ella rimase sola accanto a lui. Era ritornata vicino al letto, e posando le mani sui due orli del cuscino, ai due lati di quella testa amata, si chin per contemplarla. Poi, domand, cos vicina al viso che sembrava soffiargli le parole sulla pelle: Siete stato voi a gettarvi sotto quella carrozza? Egli rispose, cercando sempre di sorridere: No, lei che si gettata su di me. Non vero, siete stato voi. No, vi garantisco che stata lei. Dopo alcuni momenti di silenzio, quei momenti nei quali le anime sembrano congiungersi negli sguardi, mormor: Oh! Caro, caro Olivier! E dire che vi ho lasciato andare, che non vi ho tenuto con me! Egli rispose con convinzione: Sarebbe accaduto ugualmente un giorno o l'altro. Si guardarono ancora, cercando di vedere i loro pi segreti pensieri. Egli riprese: Non credo di guarire. Soffro troppo. Lei balbett: Soffrite molto? Oh! S. Chinandosi un poco di pi, essa gli sfior la fronte, poi gli occhi, poi le guance, con baci lenti, lievi, delicati come cure. Lo toccava appena con le labbra, con quel piccolo rumore di soffio che fanno i bambini quando baciano. E cos per molto tempo, per moltissimo tempo. Egli lasciava cadere su di s quella pioggia di dolci e leggere carezze, che sembravano calmarlo, rinfrescarlo, poich il suo volto contratto trasaliva meno di prima. Poi disse: Any? Essa smise di baciarlo, per ascoltare. Che cosa, amico mio? Bisogna che mi facciate una promessa. Vi prometto tutto ci che vorrete. Se non sar morto prima dell'alba, giuratemi che mi condurrete Annette una volta, solo una volta! Vorrei tanto non morire senza averla riveduta... Pensate che... domani... a quest'ora... avr forse... avr certo chiuso gli occhi per sempre... e non vi rivedr mai pi... io... n voi... n lei... Essa lo fece tacere con il cuore lacerato. Oh! Tacete... tacete, s, vi prometto di portarla. Lo giurate?

Lo giuro, amico mio... ma tacete non parlate pi. Mi fate un male tremendo... tacete. Un rapido spasmo percorse i suoi lineamenti; poi, quando fu passato, disse: Se abbiamo solo pochi momenti per restare insieme, non perdiamoli, approfittiamone per dirci addio. Vi ho tanto amata... Ella emise un sospiro: E io!... quanto vi amo ancora. Egli disse poi: Non ho avuto felicit che da voi. Soltanto gli ultimi giorni sono stati duri... Non per colpa vostra... Ah! povera Any..., come triste talvolta la vita... e come difficile morire!... Tacete, Olivier, ve ne supplico... Egli continuava senza ascoltarla: Sarei stato un uomo cos felice se non ci fosse stata vostra figlia!... Tacete, mio Dio!... tacete. Egli sembrava sognare piuttosto che parlarle. Ah! Colui che ha inventato questa esistenza, e fatto gli uomini, stato molto cieco o molto cattivo... Olivier, ve ne supplico, se mai mi avete amato, tacete, non parlate pi cos. Egli la contempl piegata su di lui, cos pallida da avere anch'essa l'aria di una moribonda, e tacque. Allora lei si sedette sulla poltrona, vicino al letto, e riprese la mano di lui distesa sul lenzuolo. Ora vi proibisco di parlare, disse Non muovetevi pi, e pensate a me, come io penso a voi. Ricominciarono a guardarsi immobili, uniti uno all'altro dal contatto bruciante delle loro carni. Lei stringeva, con leggeri scatti, quella mano febbricitante che teneva fra le sue, ed egli rispondeva a quei richiami chiudendo un poco le dita. Ognuna di quelle pressioni diceva qualcosa, evocava una particella del passato finito, smuoveva nella memoria i ricordi stagnanti del loro amore. Ognuna di esse era una domanda segreta, ognuna di esse era una risposta misteriosa, tristi domande e tristi risposte, quei vi ricordate? di un vecchio amore! I loro spiriti, in quell'appuntamento di agonia, che forse sarebbe stato l'ultimo, risalivano attraverso gli anni tutta la storia della loro passione; e nella camera l'unico rumore era il crepitare del fuoco. Ad un tratto, egli disse, come uscendo da un sogno, con un sobbalzo di terrore: Le vostre lettere! Lei chiese: Come? Le mie lettere? Avrei potuto morire senza averle distrutte. Ella esclam: Eh! Che m'importa! Si tratta proprio di questo! Che le trovino e le leggano, non m'importa. Egli rispose: Io non voglio, alzatevi, Any. Aprite il cassetto in basso dello scrittoio, quello grande, ci sono tutte, tutte. Prendetele e gettatele sul fuoco. Lei non si muoveva, e rimaneva turbata, come se le avesse consigliato un gesto vile. Egli riprese: Any, ve ne supplico. Se non lo fate, mi procurerete un tormento. Pensate che potrebbero cadere nelle mani di chiunque, di un notaio, di un domestico... o anche di vostro marito... Non voglio... Ella si alz, ancora esitante, e ripetendo: No! troppo duro, troppo crudele! Mi sembra che mi facciate bruciare i nostri due cuori. Egli supplicava, con il volto decomposto dall'angoscia. Vedendolo soffrire cos, si rassegn e si diresse verso il mobile. Aprendo il cassetto, lo scorse pieno fino all'orlo di un fitto strato di lettere ammassate le une sulle altre; e riconobbe sopra tutte le buste le due righe dell'indirizzo che aveva cos spesso scritto. Conosceva quelle due righe - il

nome di un uomo, il nome di una strada - come il proprio nome, come solo si possono conoscere le poche parole che hanno rappresentato nella nostra vita tutta la Speranza e tutta la felicit. Guardava quelle piccole cose quadrate che contenevano tutto ci che aveva potuto strappare da se stessa per darlo a lui, con un poco d'inchiostro, sopra un foglio bianco. Egli aveva cercato di voltare la testa sul cuscino, per guardarla, e ancora una volta disse: Presto bruciatele. Allora, lei ne prese due manciate e per un momento le tenne in mano. Le sembravano, pesanti, dolorose, vive e morte, tanto contenevano cose differenti, in quel momento cose finite, cose dolci, sentite, sognate. Era l'anima della sua anima, il cuore del suo cuore, l'essenza del proprio essere amante, che teneva in mano; e si ricordava con quale delirio ne aveva scritte alcune, con quale esaltazione, con quale ebbrezza di vivere, di adorare qualcuno, e di dirlo. Olivier ripet: Bruciatele, bruciatele, Any! Con il medesimo gesto delle due mani, ella lanci nel focolare i due pacchetti di lettere, che si sparpagliarono cadendo sulla legna. Poi, ne afferr altre nel cassetto, e le gett sopra, poi altre ancora, con gesto rapido, abbassandosi e rialzandosi in fretta, per porre termine presto a quell'orribile compito. Quando il camino fu pieno e il cassetto vuoto, rimase in piedi, attendendo, guardando la fiamma, quasi soffocata, salire ai lati di quella montagna di buste. Le attaccava agli orli, ne rodeva gli angoli, correva sul contorno della carta, si spegneva, si rianimava, ingrandiva. Ben presto intorno alla piramide bianca, si form una viva striscia di fuoco chiaro, che riemp la camera di luce; e la luce che illuminava quella donna in piedi e quell'uomo sdraiato era il loro amore ardente, il loro amore che si tramutava in cenere. La contessa si volt, e nel chiarore abbagliante di quella fiammata, scorse il suo amico, chino, sconvolto, sull'orlo del letto. Egli domandava: Sono tutte? S, tutte. Ma prima di tornare da lui, gett su quella distruzione un ultimo sguardo, e sull'ammasso di carte gi per met consumate che si torcevano e annerivano, vide scorrere qualcosa di rosso. Sembravano gocce di sangue. Sembravano uscire dal cuore stesso delle lettere, da ogni lettera, come da una ferita, e scivolavano dolcemente verso la fiamma lasciando una scia purpurea. La contessa ricevette nell'animo la scossa di un terrore soprannaturale, e indietreggi, come se avesse visto assassinare qualcuno, poi comprese, comprese ad un tratto di avere visto semplicemente la cera dei sigilli che si fondeva. Allora ritorn verso il ferito, e sollevandone dolcemente la testa, la rimise con cautela in mezzo al cuscino. Ma egli si era mosso, e i dolori crebbero. Ora egli ansimava, con il viso contratto da sofferenze atroci, e non sembrava pi rendersi conto che lei era l. Ella attese che si calmasse un poco, che alzasse gli occhi ostinatamente chiusi, che potesse dirle ancora una parola. Infine domand: Soffrite molto? Egli non rispose. Ella si chin verso di lui, e gli pos un dito sulla fronte per obbligarlo a guardarla. Infatti, egli apr gli occhi, occhi senza speranza, occhi da pazzo. Ripet atterrita: Soffrite?... Olivier! rispondetemi! Volete che chiami... fate uno sforzo, ditemi qualcosa! Credette di sentirlo balbettare: Portatemela... me lo avete giurato. Poi, si agit sotto le lenzuola, torcendo il corpo, con il viso convulso e contratto. Lei ripeteva: Olivier, mio Dio! Olivier, che avete? Volete che chiami... Questa volta, l'aveva intesa, poich rispose: No... non nulla. Parve infatti calmarsi, soffrire meno, ricadere improvvisamente in una specie di inebetimento sonnolento. Sperando che si fosse addormentato, si rimise a sedere vicino al letto, gli riprese la mano, e attese. Egli non si muoveva

pi, il mento sul petto, la bocca semiaperta per la scarsa respirazione, che sembrava, passando, raschiargli la gola. Soltanto le dita talvolta si agitavano, inconsciamente, avevano scosse leggere, che la contessa avvertiva sino alla radice dei capelli, per cui tremava fino a gridare. Non erano pi le piccole pressioni volontarie, che raccontavano, invece delle labbra affaticate, tutte le tristezze dei loro cuori, erano spasimi insopportabili che dicevano solamente le torture del corpo. Ora, essa aveva paura, una paura tremenda e un desiderio di andarsene via, di suonare, di chiamare, ma non osava pi muoversi, per non turbare il suo riposo. Il rumore lontano delle carrozze nelle strade attraversava le mura, ed essa ascoltava se il rumore delle ruote non si fermasse davanti alla porta, se suo marito non tornasse a liberarla, a strapparla finalmente da quel sinistro colloquio. Mentre tentava di levare la sua mano da quella di Olivier, egli la strinse con un gran sospiro. Allora, si rassegn ad attendere, per non agitarlo. Il fuoco agonizzava nel camino, sotto la cenere nera delle lettere; due candele si spensero; un mobile scricchiol. Nel palazzo, tutto taceva, tutto sembrava morto, ad eccezione del grande orologio fiammingo della scala, che, con regolarit segnava con il carillon l'ora, la mezz'ora e i quarti, cantava nella notte la marcia del tempo, modulandosi sui suoi vari timbri. La contessa immobile, sentiva aumentare nell'anima un'intollerabile paura. Era assalita da incubi; idee spaventose turbavano la mente; le sembr che le dita di Olivier si stessero raffreddando tra le sue. Era vero? No, certamente! Eppure da dove le era venuta quella sensazione di un contatto inesprimibile e gelido? Si sollev, vinta dallo spavento, per guardare il viso di lui. Era disteso, impassibile, inanimato, indifferente ad ogni miseria, reso quieto improvvisamente dall'Eterno Oblio.

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