Sempre più frequentemente si discute di Smart Working, ma spesso con
accezioni diverse e confuse: telelavoro, rivisitazione degli spazi fisici, lavoro collaborativo in community online. Secondo Botteri (2017) “lo Smart Working è l’approccio innovativo all’organizzazione del lavoro che si caratterizza per flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”. Tuttavia, riusciamo forse ad arrivare ad una ancora migliore comprensione del fenomeno se spostiamo l’attenzione dallo smart work inteso come modo di lavorare, allo smart worker, inteso come colui (o colei) che lavora in modo smart.
Viviamo in un tempo liquido, dominato dalla frammentazione e dalla durata
limitata degli istanti comuni e di incontro, segnato dall’incongruenza del convivere di istanti diversi nel continuum di un’unica interazione e dall’ambivalenza del poter essere nello stesso momento “qui ed ora” ma anche altrove grazie alle nuove tecnologie. Oggi più che mai all’interno dei team smart diventa una necessità ed una responsabilità del manager normare il proprio tempo e quello dei collaboratori e fornire un sapiente orientamento che dia a tutti le linee guida chiare ed univoche nelle quali non perdersi e non disperdere tempo. Per farlo è necessario:
stabilire deadline chiare e definite;
stabilire regole che definiscano come far sapere agli altri dove e quando si sta lavorando; assicurarsi che esistano, e tutti sappiano usare ed usino, calendari e sistemi di agenda condivisa; verificare che le scelte in termini di gestione del tempo non impattino in modo negativo su alcuni collaboratori in particolare (es. meeting in orari svantaggiosi per chi è fuori sede, o in sede, o per motivi di fuso orario, etc.). Infine sarà opportuno intervenire sul rafforzamento delle competenze legate al time management, sia proprie che dei propri collaboratori. Non dimentichiamoci infatti che uno dei rischi collaterali connessi con la natura stessa del lavoro smart è proprio la perdita del riferimento temporale che impatta come e forse anche di più di quella spaziale sul senso di smarrimento che si può venire a creare nel lavoratore agile. L’esempio, simile nei contorni ma distante anni luce dal contesto del lavoro smart, è quello dell’impiegato che giunto al suo primo giorno di pensione non sa cosa fare di tutto il tempo libero che gli si prospetta. Il paragone è volutamente paradossale – soprattutto visto il progressivo allontanarsi dell’orizzonte temporale ed anche concettuale della pensione per le generazioni odierne – ma la sensazione di smarrimento presenta delle similitudini chiare. Bisogna pertanto fornire alle persone strumenti per gestire il proprio tempo in autonomia con maggiore efficacia.