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CLAUDIO MONTEVERDI.

STORIA DEL MELODRAMMA


ITALIANO
Prendi visione del video all’indirizzo http://www.raiscuola.rai.it/articoli/claudio-
monteverdi-storia-del-melodramma-italiano/3008/default.aspx, e realizza le
seguenti consegne.

1) Fai una ricerca sul significato del termine “melodramma”. Scrivi cosa vuol dire
questa parola e qual’è la sua origine etimologica (cioè da quali parole deriva).

MELODRAMMA (dal gr. μέλος "canto" e δρᾶμα "dramma"). - Nella terminologia musicale italiana
questa voce designa uno spettacolo teatrale d'argomento "serio", nel quale il testo letterario, quasi
sempre in versi (detto anche libretto) è interamente cantato, su accompagnamento strumentale.
Essa corrisponde dunque pienamente all'altra voce: opera (nel genere "serio"); v. opera.Nelle
terminologie germaniche melodramma designa il nostro melologo (v.), cioè un genere (teatrale o
no) misto di musica e di poesia (o, più raramente, prosa), nel quale il testo letterario è
semplicemente declamato e l'elemento musicale è interamente affidato agli strumenti che tale
declamazione sostengono e commentano in contemporanea parafrasi. Nella terminologia francese
il termine melodramma ha due accezioni: una, strettamente musicale, è identica alle germaniche
suesposte; l'altra, nel linguaggio teatrale comune, si riferisce a una sorta di spettacolo drammatico
nel quale l'elemento musicale può essere chiamato, di tanto in tanto, a rinforzo dell'effetto di
singole scene, beninteso in misura (e in funzione) assai ristretta. Tale genere di spettacolo ebbe
una certa voga nel teatro francese del 1800, trovando la sue manifestazioni meglio accolte nella
produzione del Pixé recourt.

2) Cos’è l’”Orfeo” di Claudio Monteverdi?

L’opera musicale di Claudio Monteverdi è tratta dalla Fabula di Orfeo di Poliziano. È composta da
un prolohgo, Prosopopea della musica e cinque atti. Il libretto segue fedelmente il testo di
Poliziano.
Presenta solo piccole varianti, la più importante delle quali è costituita dal lieto fine, con l’ascesa in
cielo di Orfeo, accompagnato da Apollo. La partitura d'orchestra include pezzi per cinque, sette o
otto parti, nelle quali gli strumenti sono a volte citati, e canti a una, due o tre voci con basso non
cifrato, e cori a cinque voci con basso non cifrato. Lo stile di canto utilizzato può essere distinto in
recitativo, arioso e, nel caso delle arie, strofico. Rappresenta il primo esempio di opera in musica
apparso a Mantova.
Da circa un decennio a Firenze, si andavano sperimentando esempi di teatro tutto cantato.
Nell’ottobre 1600 queste sperimentazioni furono ascoltate durante la festa nuziale per il
matrimonio residenza dei Gonzaga, allestita per l’occasione.
Alcuni interpreti della “prima” furono il castrato Giovan Gualberto Magli (nel prologo impersonò la
Musica, e poi Proserpina, e la messaggera oppure la Speranza), il tenore Francesco Rasi (Orfeo), un
giovane sacerdote, forse padre Girolamo Bacchini (Euridice).
La partitura monteverdiana prevede un’orchestra formata almeno da due clavicembali, due viole
contrabbasse, dieci viole da braccio, un’arpa doppia, due violini piccoli alla francese e due ordinari
da braccio, tre chitarroni, ceteroni, due organi di legno, tre viole da gamba basse, cinque tromboni,
alcuni regali, due cornetti, due flauti piccoli, quattro trombe di cui una chiarina e tre sordine.
In occasione della “prima” fu stampato solo il testo letterario di Striggio. La partitura di
Monteverdi fu pubblicata un paio d’anni più tardi per consentire a quest’opera di ottenere
notorietà anche presso chi non era stato presente alle rappresentazioni mantovane.
Probabilmente fu rappresentato a Torino nel 1610 e a Salisburgo nel 1614. Con certezza fu
rappresentata nel 1646 a Teatro del Falcone a Genova.di Maria de’ Medici con Enrico IV di Francia.
Gli invitati avevano potuto così ammirare quel nuovo modo di fare spettacolo. Tra loro si trovava
anche il duca di Mantova Vincenzo Gonzaga.
La realizzazione di quel progetto teatrale fu affidata all’Accademia degli Invaghiti. Ne faceva parte
il conte Striggio, che si occupò di stendere il testo letterario, da abbinare poi al maestro della
musica ducale, Monteverdi. La recita avvenne in una sala della

3) Fai una breve ricerca su Claudio Monteverdi e indica qual’è stata la sua
professione e quali sono i luoghi in cui è vissuto.

Monteverdi, Claudio
Un musicista dalla grande sensibilità drammatica
Compositore italiano vissuto tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento, Claudio
Monteverdi segnò il passaggio dal linguaggio rinascimentale a quello barocco. Autore di madrigali
e di opere teatrali, fu portato dalla sua sensibilità drammatica a un trattamento innovativo delle
voci e degli strumenti per meglio esprimere il significato del testo poetico
La formazione
Claudio Monteverdi nacque a Cremona nel 1567. Figlio di un medico, portò avanti gli studi musicali
di contrappunto e viola nella città natale sotto la guida di Marco Antonio Ingegneri, maestro di
cappella del Duomo.
All’età di soli 15 anni vide pubblicate le sue prime composizioni, le Sacrae cantiunculae a tre voci
(1582), alle quali seguirono i Madrigali spirituali a quattro voci (1583), le Canzonette a tre
voci (1584) e il I e il II libro di Madrigali a cinque voci (1587 e 1590). I madrigali rinascimentali
erano composizioni vocali profane a più voci, di solito cinque, su testi spesso di insigni poeti; erano
concepiti per intrattenere e divertire la nobiltà e venivano talvolta accompagnati da strumenti.
Alla corte dei Gonzaga
Nel 1590 Monteverdi trovò impiego come violista alla corte dei Gonzaga a Mantova. Le sue qualità
emersero ben presto, tanto che il duca Vincenzo gli affidò incarichi sempre più importanti, anche
se soltanto nel 1601 lo nominò maestro di cappella. Intanto la sua fama si consolidava, grazie ai
successivi tre libri di madrigali, il III (1592), il IV (1603) e il V (1605). In essi lo stile si distacca
progressivamente da quello corrente; la musica, sempre più incline al sentimento del patetico, è
tesa a esaltare i significati poetici, anche con l’uso di dissonanze ardite. Insieme al successo, giunse
anche una lunga polemica con Giovanni Maria Artusi, un accademico bolognese tradizionalista,
che gli rimproverava le innovazioni troppo spinte. Monteverdi rispose alle critiche rivendicando il
suo nuovo stile, definito seconda pratica, volto a interpretare gli «affetti», cioè i sentimenti, del
testo poetico e a suscitarli negli ascoltatori.
In tale orientamento si inserisce la favola pastorale Orfeo (1607) di argomento mitologico, su
libretto di Alessandro Striggio. Orfeo con il suo canto riesce a commuovere le divinità dell’Ade
ottenendo di poter riportare in vita l’amata sposa Euridice; non rispetta però il divieto di non
voltarsi indietro a guardare la donna fino al rientro sulla terra ed Euridice torna così nel regno dei
morti. Mosso a compassione dal dolore straziante di Orfeo, Apollo lo accoglie in cielo e lo rende
immortale
Dopo il licenziamento dalla corte di Mantova seguito alla morte del duca, Monteverdi ottenne nel
1613 l’incarico di maestro di cappella della Repubblica di Venezia, posto che tenne fino alla morte,
avvenuta nel 1643. Oltre a innumerevoli composizioni sacre, tra cui la Selva morale e
spirituale (1640), Monteverdi diede alle stampe altri libri di madrigali, il VI (1614) e il VII (1619), in
cui il linguaggio diventava sempre più moderno e originale. Nell’VIII libro (1638),
intitolato Madrigali guerrieri et amorosi, per voci e strumenti vari, è inserito anche Il ballo delle
ingrate (composto nel 1608) e Il combattimento di Tancredi e Clorinda (del 1624), composizione in
stile rappresentativo ispirata a personaggi di Torquato Tasso, con due personaggi principali e un
narratore. In essa l’adesione ai sentimenti e alle passioni espresse nel testo raggiunge vette
raffinate, grazie all’uso sapiente di tecniche nuove, come il genere concitato, che si avvale di note
di breve durata ribattute velocemente dagli archi per creare un effetto di trepidazione.
Negli ultimi anni di vita Monteverdi compose per i teatri pubblici veneziani due opere, Il ritorno di
Ulisse in patria (1640) e l’Incoronazione di Poppea (1643), mentre si moltiplicavano le committenze
straniere, di corti italiane (Parma e Modena) o europee (Varsavia e Vienna). Il IX libro di madrigali
fu pubblicato dopo la sua morte, nel 1651.

4) Spiega la differenza tra “libretto” e “partitura” consultando anche pagina 228


del libro di testo di storia della musica.

Per libretto si intende il testo del melodramma ed è composto di solito in versi. L’autore del libretto
è un poeta o uno scrittore o un coreografo che viene chiamato librettista. Generalmente la vicenda
narrata nel melodramma non è originale, ma ricavata da testi preesistenti quali favole pastorali
(come in Orfeo di Monteverdi), drammi a carattere storico (quale Lucia di Lammermoor di
Donizetti), opere teatrali (come Otello e Macbeth di Verdi), novelle e commedie (come Cavalleria
rusticana di Mascagni). Anche in questo caso però il librettista deve rielaborare il testo in modo da
trovare le parole adatte ad essere collegate con la musica.
Una partitura (cosa diversa dallo spartito) è un brano musicale scritto in cui è riportato l’insieme
delle parti che ciascuno strumento che deve suonare. Ogni pagina, quindi, offre una vista
complessiva dell’insieme delle parti.
Le partiture vengono impiegate sia per lo studio della composizione che per le esecuzioni dal vivo,
in cui sono impegnati numerosi musicisti e strumenti diversi, come orchestre o bande. Sono
quei libroni che il direttore d’orchestra tiene d’occhio davanti a se quando dirige un concerto: in
pratica, ci si trova scritto tutto quello che deve essere suonato da ciascuno strumento.
Ad esempio, la partitura di una Sinfonia di Beethoven, in ogni pagina conterrà tutte le parti scritte
da Beethoven per tutti gli strumenti. Effettivamente, le pagine di certe partiture orchestrali
possono diventare piuttosto affollate e difficili da leggere, dovendo contenere a volte decine e
decine di righe sovrapposte.
5) Sempre consultando pagina 228 leggi e comprendi il significato di spazio
scenico. Quale fu lo spazio scenico della prima rappresentazione dell’Orfeo di
Claudio Monteverdi?

Lo spazio scenico è il luogo di allestimento dell’opera è un teatro con palcoscenico. Sono stati
progettati a partire dal diciassettesimo secolo spazi scenici specifici per melodramma. La prima
rappresentazione dell’ORFEO avvenne a Mantova, nel Palazzo Ducale. La recita non avvenne nel
teatro di corte, ma in una sala non molto grande della residenza gonzaghesca, allestita per
l’occasione.

6) Perché si dice che l’Orfeo di Monteverdi ha due finali?


Nella originaria del libretto di Alessandro Striggio, Orfeo viene ucciso dalle
Baccanti, seguaci di Dionisio. La prima rappresentazione avvenne al Palazzo
Ducale di Mantova il 24 febbraio del 1607. Nel 1609 però Monteverdi stampò la
partitura con un lieto fine: Orfeo viene portato in cielo da Apollo. Il finale
dionisiaco è il finale origina della leggenda di Orfe. Il finale apollineo è
probabilmente un compromesso a favore del gusto dei Gonzaga, signori di
Mantova.

7) Spiega quali sono le similitudini tra il genere musicale chiamato opera lirica e la
tragedia greca.
La similitudine sta nella struttura dell’opera stessa e cioè: prologo (discorso o
scena introduttiva),  parodo  (canto di ingresso del coro
nell'orchestra),  episodi (cioè atti, in numero variabile da tre a
cinque), stasimi  (canti corali che separano gli episodi), esodo  (scena finale).

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