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CAMERA PENALE DI MILANO

GIAN DOMENICO PISAPIA

LA CATENA DELLA REPRESSIONE

Non stupiscono certo le critiche degli esponenti del Governo o del sindaco di Roma ai provvedimenti
con i quali i giudici romani hanno definito le udienze di convalida nei confronti degli arrestati per i gravi
episodi di violenza seguiti alla manifestazione pacifica del 14 dicembre scorso, critiche che auspicavano una
decisione tendente all'applicazione generalizzata della custodia cautelare in carcere.

I provvedimenti giudiziari, anche quelli giurisdizionali, devono essere oggetto di critica.

L'esercizio del diritto di critica, infatti, costituisce uno dei meccanismi fondamentali del
funzionamento della democrazia e come tale è irrinunciabile e non tollera affievolimenti né compressioni.

Per cui è fisiologico che il sindaco di una città che è stata teatro di scontri violenti riponga molte
aspettative ( anche se molte delle quali sono qualitativamente mal riposte) sull'esito di un giudizio di
responsabilità a carico di coloro che le forze di polizia additano come i responsabili di quegli scontri.

Meno fisiologico, forse, è che lo faccia il Ministro dell'Interno allorché il controllo giurisdizionale, il cui
risultato è oggetto di critica, si risolve dal suo punto di vista nella conferma o nella smentita dell'operato delle
forze di polizia che da lui dipendono.

Una corretta grammatica istituzionale avrebbe dovuto evitare al Ministro la confusione tra i criteri di
giudizio dell'operato delle forze di polizia con quelli deputati a scrutinare la responsabilità di un cittadino
rispetto alla commissione di condotte che costituiscono ipotesi di reato.

Se tutto ciò, come detto, non desta stupore la contestuale iniziativa del Ministro della Giustizia, al
contrario, desta preoccupazione e merita una severa critica.

Il responsabile del ministero di via Arenula ha, infatti, deciso di inviare i propri ispettori presso il
Tribunale di Roma con le finalità espresse in una nota del ministero pubblicata dalla stampa e che merita
essere ricordata: A seguito della scarcerazione dei responsabili, appena poche ore prima, di gravi atti di
guerriglia urbana e di violenta contestazione il ministro ha incaricato l'ispettorato generale di effettuare
l'accertamento urgente sulla conformità formale e sostanziale delle norme, del provvedimento disposto
dall'autorità giudiziaria.

Si tratta di una iniziativa grave che minaccia apertamente la libertà della giurisdizione
sovrapponendo un improbabile controllo formale con finalità disciplinari al controllo sostanziale dei
provvedimenti che spetta unicamente alla stessa giurisdizione.

Stupisce che proprio il Ministro della Giustizia si riferisca alle persone arrestate indicandole come
responsabili di gravi episodi di guerriglia urbana così confondendo pericolosamente il piano della
repressione con quello della giustizia ed oggettivamente anticipando un giudizio di colpevolezza,
maggiormente inopportuno se solo si pensi che viene espresso senza alcuna conoscenza degli atti
processuali.

La giurisdizione non è l'ultimo anello della catena della repressione né tanto meno ne è il lucchetto.

Via Freguglia n. 1 – 20122 Milano - Tel. 02 5513561 - Fax 02/ 02 55185749


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GIAN DOMENICO PISAPIA

Essa, esercitata in piena libertà e senza indebiti condizionamenti, costituisce l'irrinunciabile e unico
presupposto per l'accertamento della responsabilità penale dei cittadini e, quindi, per un giustizia condivisa
ed accettata dalla intera collettività.

Iniziative come quella del Ministro della Giustizia tendono a minare tale presupposto e reagendo in
modo scomposto alla delusione nei confronti di un provvedimento non gradito, rischiano di far perdere
serenità ed equilibrio a chi è chiamato ad esercitare la funzione giurisdizionale.

Condivisibile è pertanto il fermo richiamo alla libertà ed all'indipendenza della giurisdizione con il
quale l'ANM ha censurato l'iniziativa del Ministro.

Meno comprensibile, però, è lo strumentale riferimento che il Segretario della stessa associazione
ha inteso effettuare, nel corso di un'intervista al Corriere, tra l'iniziativa del Ministro e progetti di riforma della
giustizia di cui, evidentemente, ha il privilegio di conoscere in splendida solitudine il contenuto.

Ancora una volta queste ortopedie concettuali sembrano il frutto del riflesso pavloviano ispirato da
una difesa corporativistica che rifiuta, anche prescindendo dai contenuti, ogni riforma liberal-democratica
della giustizia.

Resta, infine, da scongiurare il pericolo che si legiferi – ancora una volta magari con il consenso di
tutti i gruppi parlamentari – nel senso indicato da un sottosegretario del ministero dell'Interno.

L'estensione del Daspo alle manifestazioni di piazza costituirebbe una sicura violazione delle libertà
costituzionali, del diritto di manifestare le proprie idee, di riunirsi in luogo pubblico e violerebbe la riserva di
giurisdizione prevista dall'art. 13 Cost.

Si affievolirebbe in modo significativo e costituzionalmente illegittimo quel diritto di critica del cui
esercizio, come abbiamo visto, ha goduto anche il sindaco di Roma e che dobbiamo considerare
irrinunciabile.

Milano 20 dicembre 2010

Il Consiglio Direttivo.

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