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FISIOLOGIA GENERALE
Fisiologiaè lo studio delle funzioni degli organismi viventi a vari i livelli di organizzazione
(molecolare,cellulare,tissutale, di organo e di sistema). Riguarda sia organismi del regno animale che
organismi del regno vegetale. In un secondo momento si sono distinte la fisiologia animale e quella
vegetale:quella che studiamo noi in questo corso è fisiologia animale. Il termine fisiologia deriva dal greco
φύσις" (physis) e "-λόγος" (-logos) che significa “discorso della natura” ed è quindi lo studio della vita, in
particolare è uno studio dinamico di come le funzioni vengono svolte e di quali sono i meccanismi alla base
dei processi che sono indispensabili per il mantenimento in vita degli organismi.
Fisiologia generale si occupa di funzioni che sono comuni alla maggior parte degli organismi (ad esempio
la trasmissione dell’impulso nervoso).
A livello molecolare: proteina canale per il potassio (le proteine canale sono proteine integrali di
membrana che attraversano completamente lo spessore della membrana cellulare e formano
all’interno della membrana un poro acquoso che permette il passaggio degli ioni). I canali molto spesso
sono altamente specifici, come in questo esempio in cui parliamo di canali del potassio, ovvero questa
proteina canale è in grado di permettere il passaggio, attraverso il suo poro acquoso, degli ioni
potassio. Essere selettiva per il potassio non significa che attraverso il canale passa solo il potassio,
significa invece che il potassio ha una probabilità estremamente più alta di permeare questo canale
rispetto a qualsiasi altro ione.
Uno ione immerso in soluzione è solvatato ovvero circondato da dipoli acquosi (i dipoli si dispongono
attorno allo ione positivo) formando una struttura
tridimensionale particolare chiamata anello o alone di
solvatazione. La disposizione dei dipoli acquosi attorno allo
ione positivo dipende dalla densità di carica e dalle
dimensioni dello ione in esame. Se noi consideriamo gli ioni
sodio e gli ioni potassio, lo ione sodio ha diametro inferiore
rispetto allo ione potassio, entrambi hanno carica positiva,
però la densità di carica sulla superficie degli ioni sodio e
degli ioni potassio è diversa infatti la densità di carica dello
ione sodio è maggiore di quella dello ione potassio perché la superficie dello ione sodio è più piccola.
Inoltre, essendo lo ione sodio più piccolo, i dipoli acquosi si dispongono in maniera diversa rispetto al
potassio.
Gli ioni attraversano il canale privi della loro solvatazione quindi si crea il problema di eliminare le
molecole di acqua intorno allo ione per permettere allo ione di attraversare il polo acquoso. I dipoli
acquosi vengono eliminati perché la proteina canale presenta il polo acquoso rivestito da amminoacidi
e nella porzione rivolta verso la superficie esterna della membrana in cui lo ione entra all’interno del
canale, presentano una distribuzione degli amminoacidi che stericamente riproduce la distribuzione
dei dipoli acquosi intorno allo ione. Gli amminoacidi,carichi negativamente nel caso del potassio,
devono essere in grado di sostituire i dipoli acquosi intorno allo ione quindi praticamente gli
amminoacidi presenti sulla bocca di ingresso del canale spiazzano le molecole di acqua che sono
attorno al potassio e si sostituiscono ad esse,permettendo allo ione potassio di entrare nel canale. Se
ho un canale in cui gli amminoacidi sono disposti in modo tale da riprodurre come le molecole d’acqua
si dispongono attorno allo ione potassio, questa disposizione non è tale da riprodurre la distribuzione
delle molecole d’acqua attorno allo ione sodio per cui se io ho lo ione potassio che si avvicina è
possibile spiazzare i dipoli acquosi, permettendogli di entrare nel canale, mentre se si avvicina lo ione
sodio la distribuzione degli amminoacidi attorno al canale sarà in grado di spiazzare solo alcune
molecole d’acqua ma non tutte e quindi lo ione sodio rimarrà di una dimensione tale da non
permettergli di attraversare il canale perché il canale permette il passaggio di uno ione privo
dell’anello di solvatazione.
A livello cellulare: accorciamento del sarcomero (unità strutturale del muscolo). Durante la
contrazione, quando si ha produzione di forza, la lunghezza del sarcomero diminuisce. La lunghezza del
sarcomero cambia perché al suo interno i filamenti spessi e i filamenti sottili scorrono gli uni sugli altri.
Sarcomeri delimitati da due linee Z, contengono filamenti sottili costituiti da actina e filamenti spessi
costituiti da miosina. La produzione di forza e il conseguente accorciamento sono dovuti al fatto che le
molecole di miosina sono in grado di interagire con i monomeri di actina: le molecole di miosina tirano
i filamenti sottili verso il centro del sarcomero. Banda I contiene solo actina, banda A corrisponde alla
lunghezza dei filamenti spessi che sono
in parte sovrapposti con i filamenti
sottili, zona H che comprende solo
filamenti spessi (è la zona della banda A
in cui non esiste sovrapposizione tra
filamenti spessi e filamenti sottili),la
linea Z si trova nel centro della banda I
e delimita i due sarcomeri.
La teoria dello scorrimento dei
filamenti è stata proposta sulla base
dell’osservazione di cosa succede al
sarcomero quando si ha accorciamento:
la banda I, la banda A e la zona H hanno
una certa larghezza. Se si osserva al
microscopio un muscolo scheletrico
vedo che esso presenta delle striature
ovvero un’alternanza tra bande chiare e
bande scure che corrispondono alla
banda A e alla banda I. La striatura è data dal fatto che ci sono più sarcomeri impilati uno sull’altro. Al
microscopio si può quindi osservare cosa succede a queste bande quando il sarcomero si accorcia: la
lunghezza della banda A rimane costante mentre banda I e zona H riducono la propria larghezza.
Questa osservazione ha dimostrato che durante l’accorciamento del muscolo e del sarcomero non si
ha accorciamento dei filamenti spessi e dei filamenti sottili ma i filamenti sottili scorrono nei filamenti
spessi. Solo in questo modo si può avere variazione della larghezza della zona H e della banda I, senza
variazione della larghezza della banda A.
A livello di organo: quando il muscolo si contrae c’è produzione di forza. I muscoli hanno come
funzione quella di garantire il movimento dei segmenti ossei a livello delle varie articolazioni. Ad
esempio l’avambraccio si può flettere o estendere sul braccio e l’estensione o la flessione dipendono
dalla contrazione di muscoli (muscolo flessore è il bicipite e muscolo estensore è il tricipite). La
possibilità del movimento di un segmento osseo attorno alla propria articolazione è garantita dalla
particolare organizzazione strutturale dei muscoli:muscolo flessore e muscolo estensore si inseriscono
sull’articolazione in maniera antagonistica in modo tale che quando il bicipite si contrae, l’avambraccio
si flette mentre quando si contrae il tricipite l’avambraccio si estende.
Nel movimento dei segmenti ossei vengono favorite l’ampiezza e la velocità del movimento a scapito
della forza prodotta dal muscolo: questo si vede considerando come sono inseriti i tendini a livello
dell’articolazione. Braccio e avambraccio costituiscono una leva di secondo genere, una leva
svantaggiosa perché il fulcro è rappresentato dall’angolazione, il braccio della resistenza è la lunghezza
dell’avambraccio, la resistenza è posta sulla mano, all’estremità dei segmenti ossei (radio,ulna e tutte
le ossa della mano) e la potenza viene applicata tra fulcro e resistenza. Il prodotto tra braccio della
potenza e potenza deve essere uguale al prodotto tra braccio della resistenza e resistenza perciò la
potenza sarà data dal rapporto tra braccio della resistenza e braccio della potenza, il tutto moltiplicato
per la resistenza. Se voglio sollevare un carico devo applicare questa potenza. Essendo una leva
svantaggiosa devo applicare una potenza molto più grande della resistenza per poter sollevare un
peso. siccome il braccio della resistenza è più lungo, il movimento che viene compiuto a livello della
resistenza è più grande dell’accorciamento del muscolo. La velocità con cui il muscolo si accorcia è
inferiore a quella del segmento osseo.
La costanza dell’ambiente interno rappresenta uno stato detto stato stazionario: se io, ad esempio, vado a
osservare la temperatura corporea in tempi diversi durante la giornata, noto che questa temperatura è
sempre la stessa anche se fuori la temperatura varia enormemente (noi abbiamo una temperatura di circa
37°C sia in inverno che in estate). Per mantenere lo stato stazionario è necessario spendere continuamente
energia (con la morte infatti l’individuo diventa freddo).Anche in uno stato di equilibrio un parametro viene
mantenuto costante, però in questo caso la costanza viene mantenuta senza dispendio di energia.
Considerando gli organismi unicellulari, l’omeostasi consiste nel mantenere costante la composizione del
citosol. Questa costanza viene mantenuta grazie alla capacità della membrana di separare il citosol
dall’ambiente esterno e di mantenere costante la sua composizione.
Negli organismi pluricellulari si hanno organi immersi in un liquido extracellulare e la costanza si riferisce
alla costanza dei liquidi extracellulari (plasma e liquidi interstiziali) più che alla costanza del citosol.
L’omeostasi non riguarda solo la composizione dei liquidi, ma anche il loro pH, la loro pressione e la loro
temperatura. Il mantenimento dell’omeostasi richiede la presenza di meccanismi che permettano di
rilevare quando uno dei parametri controllati si sposta dal valore fisiologico di riferimento e che siano in
grado di mettere in moto dei meccanismi che riportino questo parametro al valore di stato stazionario.
Servono quindi meccanismi tali da annullare qualsiasi perturbazione dello stato stazionario. Questi
meccanismi sono essenzialmente due:
-meccanismo di feedforward: capacità di prevedere le modifiche che vengono introdotte da un evento che
non si è ancora verificato. Occorre che l’organismo abbia memoria quella particolare situazione. Ad
esempio, se devo sollevare un oggetto che so essere pesante, anticipo il peso e il mio sistema nervoso invia
ai muscoli una serie di segnali che determinano una contrazione muscolare sufficiente a determinare la
forza necessaria a sollevare l’oggetto.
Esiste anche un feedback positivo in cui una perturbazione genera un’alterazione del sistema che viene
amplificata e porta ad una risposta che porta ad un’amplificazione della perturbazione. Un esempio di
meccanismo a feedback positivo è la nascita del potenziale d’azione dell’impulso nervoso in cui si ha una
modifica delle caratteristiche della membrana che alterano la permeabilità della membrana al sodio e
questa alterazione promuove un’amplificazione della permeabilità della membrana al sodio che genera poi
la nascita del potenziale d’azione.
3.Plasticitàin contraddizione con il concetto di omeostasi. La plasticità è la capacità delle funzioni
fisiologiche di modificarsi in maniera permanente quando si hanno modifiche nell’ambiente. Ad esempio,
quando si vive a lungo ad altitudine elevata, cambia la frequenza di respirazione, cambia il contenuto in
globuli rossi ecc. Questi cambiamenti non intervengono sul genoma, non è trasmissibile alla progenie. Un
altro esempio tipico di plasticità è la plasticità sinaptica: le connessioni che esistono tra neuroni cambiano.
Un altro esempio è la competenza immunitaria che si acquista con la vaccinazione.
[Lezione 2-2/03]
LA MEMBRANA CELLULARE
La membrana cellulare è una barriera selettiva che separa l’ambiente intracellulare da quello
extracellulare, garantendo il mantenimento di un ambiente interno costante e allo stesso tempo
permettendo gli scambi di nutrienti, gas, energia e informazioni necessarie alla vita cellulare.
Alla fine del XIX secolo Overton ipotizzò la presenza di una membrana cellulare di natura lipidica in base
all’osservazione che le sostanze apolari passavano all’interno delle cellule.
Nei primi anni del XX secolo Langmuir dimostrò che i fosfolipidi si dispongono sull’acqua formando un
monostrato in cui le teste polari sono a contatto con l’acqua e le code idrofobiche verso l’aria.
Nel 1925 Gorter e Grendel dimostrarono che i fosfolipidi si dispongono nelle membrane formando un
doppio strato con le teste polari disposte verso l’esterno e le code apolari verso l’interno.
Gorter e Grendel misurarono con una bilancia di Langmuir l’area occupata dal monostrato di fosfolipidi
estratti da globuli rossi sottoposti a lisi osmotica.
Origine delle Volume delle Numero di cellule Area della Area della
cellule cellule (ml) per mm3 superficie occupata superficie del
dal monostrato globulo rosso (µm2)
(m2)
Cane 0.4 8*106 0.62 98
Uomo 0.5 4.74*106 0.45 99.4
Nel 1935 Davson e Danielli proposero il cosiddetto modello a sandwich della membrana, in cui le teste
polari dei due foglietti esterni sono rivestite di proteine. Successivamente ipotizzarono anche la presenza di
pori proteici nella tela fosfolipidica per giustificare il passaggio di ioni attraverso le membrane.
L’evidenza sperimentale che le fosfolipasi sono in grado di demolire le membrane portò ad una revisione
del modello di Davson-Danielli
Nel 1960 Robertson propose il modello della membrana unitaria in base alle osservazioni al microscopio
elettronico in cui tutte le membrane apparivano costituite da due foglietti elettrondensi esterni separati da
una porzione chiara centrale.
Nel 1972 Singer e Nicolson proposero il modello a mosaico fluido: la membrana si presenta come un
mosaico di proteine inserite in maniera discontinua in un doppio strato lipidico fluido.
Negli anni successivi la struttura di alcune proteine di membrana è stata definita a livello atomico con la
tecnica del Freeze etching o criodecappaggio della membrana poiché la digestione enzimatica con un
enzima proteolitico provoca la perdita progressiva di particelle immerse nella membrana, messe in
evidenza con la tecnica del congelamento e frattura.
Lipidi di membrana
Glicerofosfolipidi
Costituiti da un alcol trivalente (glicerolo) che ha 3 ossidrili di cui 2 sono esterificati con una catena di acidi
grassi e l’altro è legato ad un gruppo fosfato che presenta un legame estere con un composto che può
essere un alcol (inositolo o glicerolo), un amminoacido (serina) o una base azotata (colina o
etanolammina).
Le catene degli acidi grassi sono catene alifatiche lunghe che possono avere sia tutti legami semplici e
quindi formare catene lineari, sia avere doppi legami che determinano nella catena alifatica una deviazione
della linearità che è importante ai fini di garantire la fluidità della membrana.
Sfingolipidi
Al posto del glicerolo hanno un aminoalcol insaturo a lunga catena alifatica, la sfingosina (o sfingolo) legata
ad un acido grasso e fosforilcolina nella sfingomielina (fosfosfingolipidi) o ad un acido grasso e residui
saccaridici nei cerebrosidi e nei gangliosidi (glicosfingolipidi).
Colesterolo
Lipide costituito da un nucleo steroideo e da una catena alifatica. Oltre a questa porzione apolare presenta
anche una parte polare (gruppo ossidrile) che permette al colesterolo di disporsi nella membrana con il
gruppo ossidrilico rivolto verso la porzione polare dei fosfolipidi e la porzione apolare immersa tra le catene
alifatiche degli acidi grassi.
I fosfolipidi nel loro insieme rappresentano una barriera impermeabile alle molecole polari, ma permeabile
alle sostanze polari.
Il colesterolo aumenta la viscosità interna della membrana e la stabilizza. Inoltre controlla la fluidità della
membrana, aumentandola quando la temperatura è bassa e diminuendola quando la temperatura è alta.
I fosfolipidi rappresentano una matrice fluida per la membrana e le molecole dei fosfolipidi non rimangono
localizzate sempre nello stesso punto, ma possono muoversi nella membrana (perché la membrana è
fluida). I movimenti che fanno sono di rotazione, di flessione e movimenti di diffusione laterale cioè un
fosfolipide che si trova nel foglietto esterno può diffondersi da un punto all’altro della membrana ma
sempre nel foglietto esterno e lo stesso vale per un lipide di un foglietto interno. Il movimento di
traslocazione di un fosfolipide dal foglietto interno ad un foglietto esterno è un movimento estremamente
raro e altamente improbabile perché significherebbe che la testa polare dovrebbe attraversare lo strato
lipidico idrofobico formato dalle code alifatiche. È possibile avere questo tipo di traslocazione grazie
all’azione di enzimi che permettono questo passaggio energeticamente sfavorito. Il fatto che
spontaneamente questa traslocazione non avviene, fa sì che la membrana presenti un’asimmetria nella
composizione di fosfolipidi foglietto esterno-foglietto interno. La distribuzione asimmetrica riguarda
soprattutto alcuni lipidi; ad esempio la fosfatidilcolina e la sfingosina sono collocate principalmente nel
foglietto esterno,mentre fosfatidilserina, fosfatidiletanolammina e fosfatidilinositolo sono collocati nel
foglietto interno. Questa asimmetria permette di identificare quali sono le cellule che sono morte e
permette di far riconoscere le cellule morte alle cellule spazzine (tipo i macrofagi): quando una cellula
muore, una traslocasi dei fosfolipidi permette la traslocazione della fosfatidilserina dal lato intracellulare al
lato extracellulare e in questo cellule che solitamente non presentano la fosfatidilserina come fosfolipide di
membrana, vengono riconosciute come cellule da distruggere.
La membrana, come abbiamo già detto, è fluida e la fluidità è dovuta al fatto che le catene alifatiche che
contengono gli acidi grassi sono sottoposte ad agitazione termica. I fosfolipidi riescono a costituire la
membrana perché tra le catene alifatiche esistono legami idrofobici (tipo forze di Van der Waals) che
compattano la membrana. La fluidità è garantita dal fatto che i legami sono legami deboli, le molecole si
agitano e mantengono lo stato fluido. Siccome la fluidità dipende dal grado di agitazione termica e il grado
di agitazione termica dipende dalla temperatura, il grado di fluidità della membrana dipende dalla
temperatura esterna: se la temperatura aumenta, l’agitazione termica aumenta e la membrana tende a
diventare più fluida; se la temperatura diminuisce, il grado di agitazione termica diminuisce e prevalgono le
forze idrofobiche che tendono a far passare la membrana dallo stato di sol allo stato di gel (stato solido).
A livello della membrana la fluidità è controllata in modi diversi. Ad esempio, la presenza di doppi legami
nelle catene alifatiche determina un aumento della fluidità della membrana perché mantiene le catene
alifatiche più distanti tra loro (deviazione dalla linearità). Gli studi hanno provato che nelle specie antartiche
la composizione della membrana è diversa rispetto agli animali che vivono in ambiente più caldo: nelle
specie antartiche le membrane presentano una percentuale di acidi grassi insaturi (con doppi legami) molto
maggiore rispetto alle specie che vivono in ambiente più caldo. C’è quindi un adattamento della membrana
all’ambiente per mantenere il grado di fluidità ottimale per svolgere le sue funzioni normalmente.
Il grado di fluidità è controllato anche dalla presenza di colesterolo: esso si inserisce tra le catene alifatiche,
stabilendo dei legami idrofobici e allo stesso tempo allontana le catene alifatiche le une dalle altre. In
pratica quindi la presenza del colesterolo stabilizza la membrana quando la temperatura è elevata (perché
contribuisce a formare legami idrofobici), ma la fluidifica quando la temperatura è più bassa (perché tiene
lontane le catene alifatiche).
Proteine di membrana
Possono essere proteine che non attraversano completamente la membrana e che perciò sono dette
proteine estrinseche o periferiche. Le proteine periferiche possono avere legami ionici e legami a idrogeno
con le teste polari dei fosfolipidi, ma anche con proteine integrali di membrana. Ci sono poi proteine che
sono esterne alla membrana, ma vengono considerate estrinseche perché stabiliscono legami covalenti con
i fosfolipidi di membrana. Infine abbiamo le proteine intrinseche o integrali che attraversano una o più
volte il doppio strato lipidico, stabilendo legami idrofobici con le catene alifatiche dei fosfolipidi della
matrice della membrana cellulare.
Quando le proteine attraversano la membrana si dispongono nello spazio, costituendo una struttura
tridimensionale. Ad esempio, le proteine canale sono formate da più segmenti transmembranali e gli
amminoacidi che si trovano sulle α-eliche e che sono rivolti verso il polo acquoso sono amminoacidi polari,
mente gli amminoacidi che si trovano sulla porzione della α-elica rivolta verso le catene di carbonio degli
acidi grassi sono apolari.
Anche le proteine, come i lipidi, si muovono all’interno della membrana. Si muovono nel doppio stato
fosfolipidico senza cambiare la propria polarità. Una proteina può quindi muoversi lateralmente, ma non
cambiare la propria polarità perché questo comporterebbe il passaggio di una porzione fortemente polare
attraverso il doppio strato fosfolipidico.
Il movimento delle proteine nel doppio strato lipidico è stato dimostrato costituendo delle chimere (cellule
metà umane e metà di topo). Se prima della fusione le proteine di membrana venivano marcate con
coloranti fluorescenti di due colori diversi (uno per proteine umane e uno per proteine di topo), quando le
due cellule venivano fuse, la membrana della chimera presentava entrambe le colorazioni, nettamente
distinte. Aspettando si osservava che la membrana non presentava più porzioni di due colori nette, ma le
due colorazioni si erano mischiate e quindi si era dimostrato che le proteine dovevano muoversi nel doppio
strato.
Un’ulteriore dimostrazione è l’esperimento chiamato FRAP (Fluorescence Recovery After Photobleaching)
che consiste nel trattare le proteine di membrana, in particolare le glicoproteine presenti sulla membrana
dei neoblasti, con coloranti fluorescenti. La fluorescenza all’inizio dell’esperimento è presente in maniera
uniforme sulla superficie della membrana, quindi tutte le glicoproteine sono marcate. Poi, con un fascio
laser, viene sbiancata una porzione limitata della membrana: in pratica il fascio laser annulla la
fluorescenza del marcatore. Viene identificata sulla superficie della membrana una zona bianca. Se si
aspetta del tempo si può valutare se le proteine sono mobili o meno: se non si muovessero nella
membrana,la porzione bianca rimarrebbe tale; se invece le proteine si muovono, le proteine bianche
verrebbero sostituite da quelle marcate. Se la mobilità fosse totale ci si aspetterebbe un recupero totale
della fluorescenza, se invece la mobilità fosse parziale anche il recupero sarebbe parziale. In base a quanto
rapidamente le proteine si dispongono nella membrana avremmo un recupero più o meno rapido.
TRASPORTI DI MEMBRANA
Nei trasporti in forma libera la sostanza attraversa la membrana nel suo stato libero, non legata a niente.
Nei trasporti tramite proteine transmembranarie il passaggio di sostanza avviene grazie all’interazione
con proteine integrali di membrana.
Tra i trasporti in forma libera troviamo la diffusione semplice in cui la sostanza attraversa la membrana
liberamente. Questo tipo di trasporto deve quindi interessare sostanze che hanno un certo grado di
lipofilia, sostanze apolari.
Migrazione nei canalidiffusione di ioni attraverso il poro acquoso presente a livello delle proteine
canali.
Trasporti mediatila proteina interagisce veramente con la sostanza da trasportare. La proteina non
forma mai un canale acquoso, non ci deve essere continuità tra ambiente intracellulare ed
extracellulare. La proteina interagisce con la sostanza da trasportare, subisce una modifica
conformazionale e libera la sostanza dal lato opposto.
Questi 5 tipi di trasporto vengono anche classificati a seconda della variazione di energia libera ( G)
implicata nel passaggio di sostanza attraverso la membrana. I trasporti passivi hanno G<0 e quindi il
passaggio di sostanza attraverso la membrana avviene liberamente, non necessita energia. I trasporti attivi hanno
G>0 perché bisogna fornire energia alla proteina affinché il trasporto avvenga. I trasporti passivi
avvengono secondo gradiente ovvero la sostanza si muove spontaneamente dal lato a maggior
concentrazione al lato a minor concentrazione. I trasporti attivi, invece, avvengono contro gradiente cioè
la sostanza viene trasportata verso una zona a concentrazione più elevata. In conclusione,mentre i trasporti
passivi vengono detti anche equilibranti perché tendono a far raggiungere una situazione di equilibrio, i
trasporti attivi sono non equilibranti in quanto portano all’allontanamento dall’equilibrio.
Il trasporto attivo, in base alla fonte di energia, si distingue in primario e secondario. Nel trasporto attivo
primario la fonte di energia è quella proveniente dall’idrolisi di una molecola di ATP, mentre nel trasporto
attivo secondario l’energia deriva dal cotrasporto di una sostanza secondo il proprio gradiente e di una
contro gradiente. Nel trasporto attivo secondario ci deve sempre essere un trasporto accoppiato.
In tutte le cellule, in condizioni di riposo, l’interno è negativo e l’esterno è positivo e perciò sarà presente
una differenza di potenziale tra interno ed esterno. Quando considero la differenza di energia libera di una
soluzione devo quindi considerare sia la differenza di energia potenziale chimica che la differenza di
energia potenziale elettrica.
In pratica se una sostanza venisse trasportata dall’esterno verso l’interno l’equazione diventerebbe:
T è la temperatura assoluta
Se ho a che fare con sostanze neutre (carica 0), il termine relativo alla ddp elettrica scompare e l’equazione
diventa semplicemente
Diffusione semplice
Riguarda sostanze apolari perché devono attraversare la membrana così come si trovano nell’ambiente
intra o extracellulare.
Per capire la diffusione semplice si considera un recipiente in cui è presente una membrana che lo divide in
due compartimenti. Nei due compartimenti si mette una sostanza a concentrazioni diverse: nel
compartimento I la concentrazione è maggiore rispetto alla concentrazione della stessa sostanza in II. La
membrana è una membrana permeabile al soluto. Si ha quindi una soluzione di un soluto apolare, non
carico, che è in grado di attraversare la membrana. Dopo un certo tempo la concentrazione nei due
compartimenti è uguale perché si ha avuto passaggio della sostanza da I a II e quindi la concentrazione di II
è aumentata e quella di I è diminuita. A cosa è dovuto questo passaggio di sostanza? Tutte le molecole in
soluzione sono dotate di agitazione termica o moto browniano, hanno una certa energia termica
( ). Se la temperatura aumenta, l’agitazione termica aumenta (solo allo 0 assoluto è tutto
perfettamente immobile). Le molecole che si muovono in soluzione determinano un continuo spostamento
delle molecole all’interno della soluzione stessa: se io ho una barriera rappresentata da una membrana
permeabile alle particelle in soluzione succederà che le particelle in I urteranno casualmente contro la
membrana e passeranno al lato II, generando un flusso unidirezionale di sostanza dal lato I al lato II. Lo
stesso succede per le particelle che si trovano nel compartimento II. Però quello che si osserva è un flusso
netto dal lato I al lato II perché, essendo più numerose le particelle in soluzione nel lato I, il numero di urti
e quindi il passaggio di molecole al lato II è più alto. Il flusso netto è quindi il risultato di due flussi
unidirezionali, di cui uno è maggiore dell’altro. Il flusso netto, che si esprime come moli di sostanza che
passano nell’unità di tempo attraverso la membrana, è espresso dalla legge di Fick:
Questa legge dice che il flusso netto attraverso la membrana è direttamente proporzionale all’area della
superficie attraverso cui questo flusso avviene e al gradiente di concentrazione della sostanza ( = come
varia la concentrazione in funzione della distanza fra due punti della membrana). D è il coefficiente di
diffusione, esprime la diffusività di una sostanza e dipende dalla dimensione della sostanza, dal raggio della
sostanza e dalla viscosità della soluzione in cui la sostanza è immersa (è inversamente proporzionale al
raggio e alla viscosità). Quindi le unità di misura di D sono . Il segno – è una convenzione per far sì
che il flusso abbia valore positivo quando si va da una zona a maggior concentrazione ad una zona a minor
concentrazione.
Analisi dimensionale:
La membrana rappresenta la zona a livello della quale si osserva la variazione di concentrazione perché è il
punto in cui si ha il cambiamento di concentrazione. Per questo di solito non si considera ma si
preferisce considerare la differenza di concentrazione C2 –C1 . In questo caso viene sostituito dallo
spessore della membrana attraverso cui avviene la diffusione.
La membrana cellulare ha una matrice fosfolipidica che separa due compartimenti acquosi. Le sostanze
che si trovano nei due compartimenti acquosi necessariamente sono sostanze idrofile e hanno quindi una
bassa solubilità nei lipidi. Questo comporta che quando la sostanza si trova in prossimità della membrana
deve sciogliersi nella membrana e la quantità di sostanza che si scioglie dipende da quanto questa è
liposolubile rispetto a quanto è idrosolubile. Siccome normalmente è poco liposolubile, la concentrazione
che si trova nell’acqua è molto più alta della concentrazione con cui la sostanza si trova disciolta nella
membrana (questo vale sia per il lato intracellulare che per quello extracellulare). Di quanto è concentrata
di meno si esprime col parametro β che è il coefficiente di ripartizione olio-acqua che rappresenta il
rapporto fra la concentrazione di una sostanza in un ambiente lipidico (per semplicità si scrive olio) e la
concentrazione della stessa sostanza in acqua. Questo parametro β,in sintesi, ci dice quanto una sostanza è
liposolubile.
Per determinare β prendo un contenitore e ci metto per metà del suo volume olio e per l’altra metà acqua.
Aggiungo poi una quantità nota di una sostanza, agito il tutto in modo da ottenere un’emulsione e di far
scogliere la sostanza sia in olio che in acqua. La sostanza si distribuirà in proporzione tra la porzione
acquosa e quella lipidica in base alla sua solubilità nei due mezzi. A questo punto lascio il contenitore a
riposo di modo che la fase acquosa si separi da quella lipidica e poi determino quanta sostanza e presente
nell’acqua e quanta nell’olio. In questo modo sono in grado di ottenere β facendo il rapporto tra la
concentrazione in acqua e quella in olio. Se la sostanza è ugualmente solubile in olio e in acqua, β sarà 1, se
è più solubile in acqua β<1, se è più solubile nei lipidi β>1. Tutte le sostanze che si trovano nelle cellule
hanno ovviamente β<1.
Le concentrazioni delle sostanze in corrispondenza della membrana sono date da βC2 e da βC1 quindi
quando scrivo il gradiente di concentrazione questo è dato da
Posso inserire questa espressione nell’equazione di Fick che diventa:
Se pongo uguale ad una costante che è il coefficiente di permeabilità della membrana (P), l’equazione
di Fick diventa
P si misura in
Molto spesso si trova questa ultima versione dell’equazione di Fick senza il segno – perché si considera
=C1 – C2 e perciò negativa.
Altre caratteristiche della diffusione semplice sono che il flusso diventa tanto maggiore quanto maggiore è
il gradiente di concentrazione e che la diffusione è un processo che avviene senza competizione.
[Lezione 3-7/03]
Velocità di permeazione
La velocità di permeazione indica come varia la concentrazione intracellulare di una sostanza in funzione
del tempo ( , data una certa concentrazione extracellulare.
Dal grafico, che mostra 6 sostanze, si vede che la concentrazione intracellulare aumenta esponenzialmente
fino a raggiungere la concentrazione extracellulare. Questo perché la diffusione semplice è un trasporto
passivo che tende all’equilibrio.
L’andamento esponenziale di questa funzione si esprime con l’equazione:
Se t=0 allora
Se t= allora
Se t= allora
è una costante di tempo e indica il tempo necessario affinché il processo di diffusione sia completo al
63%. È un parametro che serve a definire come una sostanza permea la membrana: più grande è , minore
è la permeabilità e quindi minore è la sua velocità di permeazione.
Un’altra grandezza di cui si può tener conto è che è detta costante di velocità ed esprime la velocità
con cui avviene la permeazione. Questa grandezza di misura in .
Inoltre sappiamo che:
Se modifichiamo l’equazione in modo da avere al primo membro la variazione di concentrazione nel tempo
e quindi moltiplicando entrambi i membri per V, si ottiene
e quindi
Questo significa che se ho una cellula sferica con raggio 1µm e la confronto con una cellula sferica che ha
raggio di 100µm, il rapporto volume-superficie è 100 volte più grande nella sfera più grande e, siccome la
costante di tempo è direttamente proporzionale a questo rapporto, avremo una costante di tempo 100
volte più grande nella cellula con raggio più grande. Di conseguenza la velocità di permeazione sarà più
lenta nella cellula più grande.
Osmosi
È il processo di diffusione semplice dell’acqua attraverso una membrana permeabile. L’acqua si muove
seguendo il proprio gradiente, da una soluzione più diluita ad una soluzione più concentrata (opposto al
movimento dei soluti).
Una differenza sostanziale tra il movimento di soluti e il movimento di acqua è che, quando si muove una
certa quantità di soluto il volume della cellula o della soluzione in cui il soluto si trova non cambia in
maniera significativa, mentre quando si ha un movimento di acqua il volume del compartimento varia e, se
non può aumentare, il passaggio di acqua determina un aumento di pressione idrostatica. Si definisce
quindi una nuova grandezza che è la pressione osmotica. Essa si definisce come la pressione esercitata
dalle particelle presenti nella soluzione che richiamano acqua da una soluzione di acqua pura. È definibile
anche come la pressione idrostatica che sarebbe necessario esercitare sulle pareti di un recipiente affinché
non si abbia movimento di particelle quando la soluzione contenuta nel recipiente è messa a contatto con
una soluzione di acqua pura. La pressione osmotica è una proprietà colligativa di una soluzione ovvero
dipende esclusivamente dal numero di particelle nella soluzione e non dalla natura di queste ultime.
Per descrivere l’equazione della pressione osmotica si parte dalla legge del gas perfetto nei liquidi
la pressione osmotica è
Per misurare la pressione osmotica si usa un cilindro, al cui interno è presente un pistone mobile che è
costituito da una membrana semipermeabile: se metto da un lato una soluzione con una certa
concentrazione e dall’altro lato acqua pura, per impedire che il volume cambi, devo esercitare una
pressione sul pistone in modo da impedire il passaggio di acqua (perché la pressione si oppone al richiamo
di acqua pura della soluzione). Se si lasciasse il pistone libero di muoversi, l’acqua passerebbe dal lato
destro al lato sinistro diluendo la soluzione, senza mai raggiungere l’equilibrio.
Esempio. Ho un pistone mobile che separa 2 compartimenti, uno contenente una soluzione di glucosio 2M
e l’altro contenente una soluzione di glucosio 1M. La membrana del pistone è permeabile solo all’acqua
quindi questa si muove dalla soluzione 1M alla soluzione 2M. Avrò passaggio di acqua fino a che la
soluzione 2M non è diluita rispetto all’inizio e la soluzione 1M è più densa e si ha quindi una situazione di
equilibrio.
Nel compartimento di destra:
L’esempio appena fatto vale per un recipiente che ha le pareti rigide. Nelle cellule animali la membrana
cellulare è distendibile, per cui tutte le volte che ho passaggio di acqua all’interno della cellula questa si
gonfia mentre se ho passaggio di acqua verso l’esterno la cellula diminuisce il proprio volume. È importante
quindi, quando si lavora con cellule animali, bagnarle con una soluzione che impedisca variazioni di volume
poiché queste variazioni possono essere dannose.
Esempio. Ho un globulo rosso immerso in una soluzione di NaCl 0,9% che corrisponde a 0,155M ovvero la
soluzione fisiologica di NaCl usata nelle perfusioni. L’NaCl si dissocia in Na+ e Cl- per cui ho NaCl 0,155M che
dà origine a Na+ 0,155M e Cl- 0,155M. il numero di particelle in soluzione è doppio rispetto alla molarità del
sale e infatti l’osmolarità è 0,310 Osm.
Se la concentrazione del sale fosse più bassa, tipo 0,6% (0,103M), la cellula si gonfierebbe. Se invece la
concentrazione del sale fosse più alta, tipo 1,4% (0,241M), la cellula si sgonfierebbe.
Nelle cellule vegetali non si ha il rigonfiamento e lo sgonfiamento poiché queste cellule presentano una
parete rigida. Se però mettessi una cellula vegetale in un ambiente fortemente ipertonico si avrebbe il
distacco della membrana dalla parete e la cellula potrebbe comunque morire.
Osmolarità e tonicità
Il concetto chimico di osmolarità non tiene conto degli effetti che una soluzione di una data osmolarità
possa avere su una cellula. In fisiologia accanto al concetto di osmolarità si pone quindi quello di tonicità. La
tonicità tiene conto se la membrana cellulare è permeabile o meno alle sostanze presenti in soluzione e
considera se una soluzione che contiene una determinata sostanza ad una determinata concentrazione sia
in grado o meno di mantenere inalterato il volume cellulare. La tonicità è la concentrazione dei soluti
presenti in una soluzione che però non permeano la membrana.
La tonicità può o no equivalere all’osmolarità.
Una soluzione è:
Iso-osmotica se si mantiene la stessa osmolarità
Isotonica se il volume cellulare si mantiene inalterato
Ipo-osmotica se l’osmolarità è inferiore di quella
Ipotonica se determina aumento del volume cellulare
dei soluti intracellulari
Ipertonica se provoca diminuzione del volume cellulare
Iper-osmotica se l’osmolarità è maggiore di quella
dei soluti intracellulari
Esempio
Abbiamo una cellula che è la cellula uovo di riccio di mare, immersa in una soluzione. La cellula ha
concentrazione di sali intracellulare 0,5M (per convenzione si usa KCl) che si dissociano completamente e
danno quindi 1Osm. L’ambiente fisiologico in cui la cellula è immersa è l’acqua di mare che ha molarità
0,5M e, siccome si considera composta essenzialmente da NaCl, ha osmolarità 1 Osm. Quindi si ha
equilibrio osmotico tra ambiente intracellulare e ambiente extracellulare. I sali non permeano la
membrana.
Prendo la cellula uovo e la immergo in una soluzione in cui i sali extracellulari invece di essere 0,5M sono
0,25M (in pratica ho diluito 1l di acqua di mare con 1l di acqua distillata, dimezzando quindi la
concentrazione di sali) e perciò 0,5 Osm. Poiché all’esterno ho concentrazione osmolare più bassa che
all’interno, l’acqua entra nella cellula fino a che all’interno della cellula 1 Osm non diventa 0,5 Osm, in
equilibrio con l’ambiente extracellulare. Per fare questo raddoppio semplicemente il volume della cellula
così come avevo fatto con il volume dell’acqua di mare.
Questa soluzione di sali è una soluzione ipotonica.
Tutte le volte che si considera una cellula immersa in un ambiente extracellulare controllato dallo
sperimentatore, gli unici cambiamenti che avvengono riguardano la cellula e non l’ambiente extracellulare.
Esempio
Questo esempio ci dimostra come una soluzione, pur essendo iso-osmolare, può essere anche ipotonica
se parte dei soluti che la compongono permeano la membrana.
Abbiamo una cellula uovo di riccio di mare con una concentrazione interna di sali 0,5M (1Osm) e all’esterno
0,25M di sali e 0,5M di glicerolo (sostanza permeante). I sali extracellulari si dissociano e danno 0,5 Osm,
mentre il glicerolo non si dissocia e quindi la sua molarità corrisponde all’osmolarità. Quindi all’esterno
della cellula abbiamo una concentrazione 1Osm perciò la soluzione interna e quella esterna sono iso-
osmolari (non ho passaggio di acqua).
Siamo in equilibrio osmotico, ma non in equilibrio chimico perché la cellula è permeabile al glicerolo. Il
glicerolo infatti passa dentro la cellula e diffonde in modo da raggiungere l’equilibrio con la concentrazione
extracellulare. Per cui adesso abbiamo all’interno 1 Osm di sali dissociati e 0,5 Osm di glicerolo e all’esterno
0,5 Osm di sali dissociati e 0,5 Osm di glicerolo.
Adesso c’è equilibrio chimico, ma non equilibrio osmotico. La cellula allora richiama acqua all’interno:
entra la quantità di acqua necessaria affinché l’osmolarità interna passi da 1,5 Osm a 1 Osm. Il volume della
cellula quindi deve diventare 1,5 volte quello iniziale.
L’acqua che è entrata all’interno della cellula diluisce la soluzione e questa diluizione fa sì che i sali che sono
1 Osm sono in un volume 1,5 volte più grande.
0,67 Osm è la concentrazione dei sali intracellulari disciolti nel nuovo volume.
Per il glicerolo invece:
0,67+0,33= 1 Osm. È ritornato l’equilibrio osmotico, ma si è perso nuovamente l’equilibrio chimico perché
la concentrazione di glicerolo all’interno della cellula è 0,33M e la concentrazione del glicerolo all’esterno
della cellula è 0,5 M.
Entra nuovo glicerolo, in particolare entrano gli 0,17 M di glicerolo mancanti. 0,17 M vanno in un volume di
1,5l quindi in realtà la quantità assoluta di glicerolo che entra è più di 0,17 M ed è 0,17M*1,5l.
Questi sono tutti i passaggi del
conto (che non chiede all’esame)
per arrivare, alla fine con :
Esterno
0,25 M sali 1 Osm
0,5 M glicerolo
Interno
0,25 M sali 1 Osm
0,5 M glicerolo
Volume 2l
Esempio
All’acqua di mare esterna aggiungo glicerolo 1M e quindi raddoppio l’osmolarità esterna con un soluto
permeante. Ora ho osmolarità interna 1 Osm e osmolarità esterna 2 Osm: è una soluzione iper-osmolare.
La soluzione iper-osmolare però non è ipertonica perché i soluti non permeanti hanno la stessa
concentrazione dell’osmolarità interna. È perciò una soluzione isotonica. Quando ho raggiunto una
condizione di stato stazionario il volume della cellula è uguale a quello iniziale. Si ha una variazione
transitoria del volume cellulare perché quando ho aggiunto glicerolo all’ambiente extracellulare, ho
raddoppiato l’osmolarità e quindi la cellula risente della variazione dell’osmolarità esterna. Il glicerolo entra
nella cellula e l’acqua esce perché la permeabilità dell’acqua è maggiore del glicerolo. Il volume della cellula
si dimezza per raddoppiare la concentrazione osmolare interna. A questo punto si ha equilibrio osmotico
ma non chimico. Il glicerolo entra nella cellula e succede la stessa cosa dell’esempio precedente. perciò il
volume da 0,5l ritorna ad 1l.
[Lezione 4-8/03]
Se vengono riportate le variazioni di volume in una cellula in soluzione ipotonica in funzione del reciproco
della tonicità (reciproco perché se la tonicità diminuisce il volume aumenta), si ottiene una relazione
lineare che però non passa attraverso lo 0. Il valore da cui parte la retta si indica con b, perciò si ha
dove Wf è il volume misurato ad una
certa tonicità e Wi è il volume della
soluzione isotonica. b rappresenta un
volume di acqua che è osmoticamente
inerte ovvero che non partecipa agli
scambi osmotici perché è legato
permanentemente a molecole presenti
nel citosol.
Quando cambio la tonicità del mezzo
esterno, ad esempio raddoppiandola,
non trovo un volume che è la metà di
quello iniziale, ma trovo un valore più
alto che è dato dalla metà più il fattore
b.
Si vede che cosa accade quando si utilizzano, per cambiare l’osmolarità del mezzo extracellulare, soluti
permeanti e soluti non permeanti.
Esperimento. Si prende una fibra muscolare isolata di rana. Si è scelta una fibra isolata perché nelle cellule
singole gli scambi avvengono più rapidamente. In questo esperimento si misurano le variazioni del volume
della fibra muscolare e si riportano sulle ordinate di un grafico come il rapporto tra il volume misurato a
vari tempi e il volume iniziale (volume della fibra muscolare misurato nella sua soluzione fisiologica
standard che è la soluzione di ringer). La soluzione di ringer ha un’osmolarità di circa 250 mOsm. Il volume
nella soluzione di ringer è 100% e quindi vuol dire che non si hanno variazioni di volume.
A vari tempi (indicati dalle frecce) viene cambiata la soluzione di perfusione della fibra. In corrispondenza
della freccia 2 viene raddoppiata l’osmolarità del ringer,cambiando la concentrazione di NaCl. Se si
raddoppia l’osmolarità esterna usando soluti che non sono permeabili si ottiene una soluzione ipertonica e
si osserva una diminuzione del volume. Il volume non diventa 50% perché c’è sempre del volume
osmoticamente inerte perciò si va ad un volume del 70%. Si mantiene la cellula per un certo periodo in
questa soluzione ipertonica e perciò si mantiene il volume ridotto. Al tempo 3 si riporta la cellula nella
soluzione di ringer: il volume ritorna quello iniziale.
Questa prima parte dell’esperimento serve a verificare che, se faccio una modifica sul volume, questa
modifica è reversibile.
A questo punto si testa l’azione di diverse sostanze: etanolo, xilosio e glicerolo. Alla soluzione di ringer
vengono aggiunti 250 mOsm delle sostanze (non tutte insieme!) in modo da raddoppiare l’osmolarità della
soluzione extracellulare. Al tempo 4 metto la cellula in una soluzione che ha osmolarità doppia rispetto a
quella del ringer però, a differenza del tempo 2, questa osmolarità è stata ottenuta aggiungendo una delle
tre sostanze e non aggiungendo NaCl. Si vedono delle risposte ben diverse:
- se si aggiunge etanolo non si ha alcuna modifica del volume e,quando si rimuove al tempo 5, non si ha
comunque modifica del volume.
- se si aggiunge xilosio si ha una riduzione permanente del volume e, quando si rimuove, il volume ritorna al
valore di partenza.
- se si aggiunge glicerolo si ha una riduzione del volume che però viene recuperata nel tempo successivo (in
20 min il volume ritorna quello iniziale). Quando si rimuove si ha un aumento di volume e poi il ripristino
del volume iniziale.
Queste diverse risposte forniscono informazioni sulle sostanze: lo xilosio è una sostanza non permeante
perché ci da la stessa risposta che si è avuta con l’aggiunta di NaCl; il glicerolo è una sostanza permeante ed
entrando trascina acqua nella cellula, permettendo il cambiamento transitorio del volume; l’etanolo è così
permeante da non determinare effetti transitori (la velocità con cui l’acqua esce dalla cellula è minore della
velocità con cui l’etanolo entra).
Tutte le volte che si ha a che fare con una sostanza che ha effetti transitori o nessun effetto sul volume, si
sa di aver a che fare con una sostanza permeante. Se invece la sostanza causa variazione permanente di
volume, significa che è una sostanza non permeante.
Perché aumenta il volume al tempo 5? Perché, essendoci glicerolo solo all’interno della cellula, l’acqua
entra. Il glicerolo, essendo permeabile, fuoriesce.
Quando si ha un passaggio di sostanza all’interno o all’esterno di una cellula, quello che cambia è solo la
concentrazione del citosol e non quella del mezzo extracellulare perché il volume occupato dalle cellule è
estremamente più piccolo del volume della soluzione in cui le cellule sono immerse.
Questi esperimenti della misura della variazione di volume con sostanze permeanti, hanno un vantaggio
perché permettono di misurare la permeabilità delle sostanze senza ricorrere a traccianti radioattivi. Il
cambiamento di volume riflette l’ingresso di glicerolo nella cellula, seguendo l’equazione
si misura andando a vedere quando il processo è completo al 63%. Nel caso del glicerolo si ha variazione
di volume del 30%
30*0,63=19 quando il volume ha recuperato il 19%, siamo al 63% del processo.
A questo punto, conoscendo , posso ricavarmi la permeabilità
È un trasporto che utilizza proteine transmembranarie, dette proteine canali. Riguarda il passaggio
attraverso la membrana di specie ioniche: i canali ionici formano un poro acquoso nella membrana
attraverso cui gli ioni passano.
Il processo teoricamente si può saturare anche se, fisiologicamente, non si satura mai. In condizioni di
saturazione la concentrazione extracellulare sarebbe così elevata che il numero di ioni che passa attraverso
i canali, che sono in numero finito, satura i canali disponibili. In realtà fisiologicamente non si hanno mai
concentrazioni ioniche così elevate da permettere la saturazione dei canali.
La presenza dei canali fa sì che la membrana abbia una certa permeabilità agli ioni. La permeabilità
dipende dalla densità di canali per un determinato ione.
Le proteine canali sono delle proteine che generalmente esistono in 2 stati: stato aperto e stato chiuso.
Nello stato aperto il poro del canale è pervio e gli ioni possono attraversarlo; nello stato chiuso il poro è
chiuso e gli ioni non possono attraversare la membrana. Il passaggio chiuso-aperto/aperto-chiuso avviene
su basi probabilistiche: esiste una certa probabilità di trovare il poro aperto/chiuso in base allo stato della
membrana e alla presenza di particolari molecole. Il passaggio dallo stato chiuso allo stato aperto si chiama
attivazione del canale. La transizione può essere controllata attraverso diversi meccanismi che prendono il
nome di meccanismi di attivazione/deattivazione o gating.
N.B
Il termine recettore in fisiologia si usa per indicare due cose diverse: recettore come proteina integrale di
membrana (ad es. recettore ionotropico nei canali ligando-dipendenti) e recettore come cellula nervosa (ad
es. meccanorecettore). Bisogna prestare molta attenzione alla differenza: nel primo caso si parla di
proteine, nel secondo caso di cellule.
La figura rappresenta una delle subunità proteiche che forma il canale del K. Questa subunità è formata da
6 segmenti transmembranali: tra il segmento 5 e 6 è presente un’ansa rivolta all’interno della membrana.
Questa ansa è detta ansa P e si ritiene che sia responsabile della selettività ionica.
Il canale del K è fatto da 4 subunità di questo tipo che si dispongono a delimitare un poro acquoso con le
anse P rivolte verso l’interno del canale. Sull’ansa P sono presenti cariche negative (amminoacidi carichi
negativamente) che rappresentano la bocca del poro e si dispongono in maniera tale da dissolvere l’alone
di solvatazione attorno allo ione K. Sono disposte tridimensionalmente in modo da sostituirsi ai dipoli
acquosi che circondano lo ione, permettendogli di attraversare il canale secondo gradiente.
La selettività nasce dal fatto che la distribuzione dei dipoli acquosi attorno al Na è diversa dalla
distribuzione attorno allo ione K: nel caso del K le anse P riescono a sostituire tutti i dipoli acquosi, mentre
nel caso del Na non si ha una sostituzione completa.
Trasporti mediati
Prevedono la presenza di proteine carriers. Il trasporto mediato da proteine è paragonabile alla migrazione
nei canali, ma ci sono delle differenze. Una differenza sostanziale sta nel fatto che, nel caso dei canali,
esiste una vera e propria comunicazione tra il liquido extracellulare e quello intercellulare mentre nel caso
delle proteine carriers non c’è più continuità tra interno ed esterno della cellula. La proteina carrier si lega
alla sostanza da trasportare da un lato della membrana, subisce una modifica conformazionale e libera la
sostanza dall’altro lato. Il trasporto mediato da carriers inoltre è più lento rispetto alla migrazione nei
canali.
Si ha a che fare con proteine che permettono il passaggio attraverso la membrana di sostanze che
altrimenti non potrebbero attraversarla (sostanze polari o che possiedono una carica).
Specificità le proteine carriers possiedono sulla superficie extracellulare dei siti che gli permettono
di riconoscere in maniera specifica le sostanze da trasportare.
Saturazioneil numero di proteine carriers a livello della membrana è limitato perciò, quando tutte le
proteine sono impegnate nel trasporto, si raggiunge la velocità massima alla quale il trasporto può
avvenire (trasporto massimo). Questo fenomeno è osservabile fisiologicamente.
Competizione le proteine carriers sono specifiche per determinate sostanze però, sostanze che
hanno caratteristiche simili, possono essere trasportate da una stessa proteina trasportatrice. Così si
genera la competizione: sostanze affini competono per lo stesso trasportatore. È un fenomeno che
riduce la velocità di trasporto.
Come avviene il trasporto tramite proteina carrier? Il modello comunemente accettato è il modello del flip-
flop.
La proteina trasportatrice, ancorata alla membrana, ha un carattere bistabile, esiste cioè in due stati in cui i
siti di legame per la molecola da trasportare sono esposti alternativamente sui due versanti opposti della
membrana. Legandosi ad un lato della membrana e liberandosi dall’altro, le sostanze superano la
membrana rimanendo all’interno della proteina carrier senza che questa presenti un canale permanente
attraverso cui le molecole possano transitare liberamente. La sequenza di eventi che dà luogo al trasporto
dal lato extracellulare a quello intracellulare è contrassegnata da un pallino azzurro.
Nei trasporti passivi la sostanza viene trasportata secondo gradiente perché l’affinità per la sostanza da
trasportare è la stessa sia nella configurazione flip che in quella flop: se la concentrazione della sostanza da
trasportare è più elevata nel lato extracellulare, la probabilità di formare il legame con la proteina è elevata
e perciò si formerà un flusso unidirezionale esterno-interno. Se la concentrazione intracellulare è più bassa,
minori saranno le probabilità che si formi il legame e perciò minore sarà il flusso. La differenza dei due flussi
genera quindi un flusso secondo gradiente di concentrazione.
Nei trasporti attivi l’affinità della proteina per le sostanze da trasportare è diversa ai due lati della
membrana. Questa differenza è dovuta a modifiche strutturali che avvengono all’interno della proteina e
che richiedono energia. In questo trasporto è quindi possibile trasportare una sostanza contro gradiente
perché è possibile che si verifichi il caso in cui l’affinità per la sostanza da trasportare sia molto maggiore sul
lato della membrana extracellulare dove la concentrazione della sostanza è bassa; l’affinità per la stessa
sostanza è molto bassa dal lato intracellulare per cui la modifica strutturale che la proteina subisce in
seguito alla formazione del legame fa sì che la sostanza venga liberata nel lato intracellulare anche se la
concentrazione della sostanza in quel lato è più elevata rispetto all’altro lato.
[Lezione 5- 9/03]
S è il substrato, la sostanza da trasportare che si lega alla proteina carrier (X). X e XI rappresentano i due
stati, aperto verso l’interno e aperto verso l’esterno, che la proteina può assumere.
Il modello del flip-flop fa vedere che la sostanza da trasportare si lega al trasportatore, il trasportatore
subisce una modifica conformazionale e libera la sostanza dal lato opposto. Durante i cambiamenti
conformazionali la proteina mantiene la sua struttura per cui la cinetica di trasporto è stata assimilata ad
una cinetica enzimatica e perciò si usa l’equazione di Michaelis-Menten per descriverla.
Vengono definite le costanti di velocità: la velocità per la formazione del complesso (K1), la velocità per la
dissociazione del complesso (K2) e la velocità di dissociazione del substrato dal trasportatore (K3). La
velocità cui il trasporto avviene e quindi il flusso con cui la sostanza attraversa la membrana è
K3 è il rate limiting (è la costante che determina il rilascio da un lato o dall’altro della membrana).
Si può definire anche una velocità massima che si osserva quando tutte le molecole trasportatrici sono
legate ad un substrato (in condizioni di saturazione quindi)
Si può stabilire come varia [SX] nel tempo, conoscendo le costanti di velocità.
Se allora
. Si sa che quindi
Equazione di Michaelis-Menten
Diffusione facilitata
Per capire cosa significa l’equazione di Michaelis-Menten in termini di trasporto massimo si prende come
esempio il trasporto passivo di glucosio, che prende il nome di diffusione facilitata.
Questo grafico mostra la velocità con cui il
glucosio viene trasportato nei globuli rossi, in
funzione della concentrazione extracellulare di
glucosio presente nel plasma. Se si fanno misure
a varie concentrazioni esterne si ottiene
un’iperbole che è rappresentata dall’equazione
di Michaelis-Menten. Il trasporto massimo è
che viene raggiunto in maniera asintotica
all’aumentare della concentrazione extracellulare
di glucosio. Dal grafico si può anche individuare
una concentrazione alla quale il trasporto è
semimassimale ( ): in corrispondenza di
questo valore si ha KM.
KM esprime quindi l’affinità della proteina trasportatrice per la sostanza da trasportare: tanto più è
grande,tanto minore è l’efficienza con cui la sostanza viene trasportata.
Nel grafico c’è anche il confronto tra il trasporto del glucosio di cui abbiamo parlato fin ora e il trasporto del
glucosio mediante diffusione passiva: in questo secondo caso il glucosio praticamente non riuscirebbe ad
attraversare la membrana perché i suoi gruppi ossidrilici lo rendono incapace di attraversare la membrana
cellulare.
Così come nella cinetica enzimatica,anche nella cinetica dei trasporti può essere utile linearizzare
l’equazione di Michaelis-Menten tramite il doppio plot degli inversi.
Si ottiene l’equazione di una retta, rappresentata nel grafico.
In questa retta (y=mx+q) abbiamo coefficiente angolare
e intercetta
Le permeasi del glucosio sono 13 isoforme che sono da GLUT1 a GLUT12 e GLUT14. Quelle più conosciute
ed identificate sono però quelle dalla GLUT1 alla GLUT5.
GLUT1 è una permeasi del glucosio ubiquitaria (si trova in quasi tutte le cellule) ed è stata individuata per la
prima volta a livello dei globuli rossi.
GLUT2 è presente a livello delle cellule β del pancreas.
GLUT3 è rappresentativa delle cellule nervose.
GLUT4 è tipica delle cellule epatiche ed adipose. È sensibile all'insulina: gli adipociti e gli epatociti
presentano un numero di permeasi diverse sulla membrana e questo numero dipende dalla concentrazione
di insulina nel sangue. L’aumento dei livelli di insulina nel sangue determina un inserimento delle permeasi
nella membrana e quindi un aumento del trasporto di glucosio nelle cellule.
GLUT5 ha,in realtà, molta più affinità per il fruttosio che per il glucosio.
Le varie permeasi del glucosio sono adattate alla funzione della cellula in cui si trovano: ad esempio le
cellule nervose possiedono la GLUT3 che è caratterizzata dall’avere una KM molto bassa (circa 1,8 mM) e
questo significa che, quando la concentrazione di glucosio nel sangue è 1,8 mM, il trasporto a livello delle
cellule nervose è semimassimale. La concentrazione fisiologica di glucosio nel sangue è compresa tra 6mM
e 14mM quindi,a questa concentrazione, il trasporto da parte di GLUT3 è praticamente massimale e questo
garantisce che le cellule nervose abbiano sempre un apporto di glucosio sufficiente a garantire il
metabolismo cellulare.
A livello delle cellule β del pancreas c’è la permeasi GLUT2 che ha una KM di circa 7mM. Se si osserva come
varia il trasporto di glucosio in queste cellule, si nota che l’intervallo di variazione è molto più grande di
quello della GLUT3. La GLUT2 funziona come un sensore del glucosio presente in circolo e fa sì che le cellule
β secernano insulina in quantità maggiori o minori a seconda delle necessità dell’organismo.
La diffusione facilitata è un trasporto passivo, avviene secondo gradiente, e quindi libera energia. Avremo
una . Si può calcolare
Ad esempio se T=310K
[glucosio]intracell=0,5mM
[glucosio]extracell=5mM
Si definiscono trasporti attivi primari quelli che utilizzano direttamente l’energia dell’ATP per trasportare gli
ioni contro il loro gradiente elettrochimico.
Le molecole trasportatrici vengono dette pompe o ATPasi. Noi vediamo le P-ATPasi ovvero quelle che
utilizzano ATP per fosforilare i “bersagli” e garantire il trasporto contro gradiente.
La funzione del trasporto attivo primario è quella di mantenere costante nella cellula una situazione
lontana dall’equilibrio.
Esempi di questi tipi di trasporto sono:pompa Na+/K+, la pompa del Ca2+ (esiste in due forme: una forma,
PMCA, presente a livello della membrana e un’altra forma, SERCA, presente sul REL) e la Na/H ATPasi
(interviene nei processi di acidificazione dei liquidi. Ad esempio nelle
cellule ossintiche dello stomaco provvede all’acidificazione dei succhi
gastrici).
Pompa Na+/K+
Pompa ubiquitaria. È un’ ATPasi che è in grado di trasportare 3Na+ e 2K+. Inizialmente si pensava che il
rapporto di trasporto fosse 1:1 però poi ci sono state numerose evidenze sperimentali secondo le quali
3Na+ vengono espulsi dalla cellula e 2K+ vengono portati all’interno, entrambi gli ioni sono quindi
trasportati contro il loro gradiente elettrochimico.
Il ruolo della pompa è quello di mantenere lo squilibrio nella distribuzione di Na e K tra l’interno e l’esterno
della cellula (dentro la cellula viene mantenuto basso il Na ed elevato il K). Con i suoi flussi attivi la pompa
neutralizza tutti gli eventuali flussi passivi che tenderebbero a far tornare la cellula alla situazione di
equilibrio. La pompa può essere bloccata abbassando la temperatura (temperatura espressa in °C).
Esperimento: uno degli esperimenti che ha mostrato che il rapporto è 3:2 è stato eseguito su globuli rossi
umani. Gli scienziati presero un’aliquota di globuli rossi e la misero in una soluzione fisiologica a
temperatura 2°C per un certo numero di giorni. La pompa durante questo periodo non funziona e quindi
nei globuli rossi si ha una riduzione della concentrazione del K e un accumulo di Na: in pratica si raggiunge
l’equilibrio con la soluzione fisiologica esterna.
A questo punto i globuli rossi vengono riportati alla temperatura di 37°C, ma in una soluzione che non
contiene K: si osserva che la concentrazione di Na intracellulare rimane elevata e la concentrazione di K
intracellulare rimane bassa. Questo significa che la temperatura non è l’unica responsabile del blocco della
pompa.
Se nell’ambiente extracellulare si riporta il K (aggiungendo KCl), si osserva che la concentrazione
intracellulare di Na inizia a diminuire e quella di K inizia ad aumentare. La pompa si è riattivata.
Questa prima parte dell’esperimento suggerisce che la pompa faccia un trasporto accoppiato attivo.
Per valutare che il rapporto di trasporto è 3:2 si vede che ci sono 2 rette, una che descrive la diminuzione
del Na e l’altra che descrive l’aumento del K. Queste 2 pendenze rappresentano la velocità con la quale il
Na esce dalla cellula e la velocità con la quale il K entra: se si misurano le pendenze e si fa il valore assoluto
(perché sennò, avendo verso opposto, una avrebbe segno -), si vede che la velocità con cui il Na viene
espulso è 1,5 volte più grande della velocità con cui il K entra. Questo significa che il rapporto di scambio è
1,5 perciò, in termine di ioni, si hanno 3 ioni Na in uscita e 2K in ingresso.
Siccome 3 cariche positive vengono espulse e solo 2 positive vengono portate dentro, si genera una piccola
differenza di potenziale. Per questo motivo la pompa Na+/K+ è una pompa elettrogenica.
Come avviene il ciclo della pompa? Il modello più comunemente accettato è quello di Post-Alberts secondo
cui la pompa esiste in 2 stati, E1 e E2, nei quali l’affinità per Na e K è diversa.
Nello stato E1 la pompa si presenta con i siti di legame per gli ioni rivolti verso il citosol e presenta affinità
per gli ioni Na. Il legame con gli ioni Na determina la
fosforilazione della pompa e quindi il passaggio allo
stato E1-P. In questo stato fosforilato gli ioni Na sono
occlusi nella proteina e lo stato E1-P passa
spontaneamente allo stato E2-P, dove i siti di legame
per gli ioni sono rivolti verso il lato extracellulare.
Nello stato E2-P l’affinità dei siti di legame per gli ioni
Na cade bruscamente e perciò si ha il rilascio degli ioni Na nel liquido extracellulare. I siti di legame hanno
invece alta affinità per gli ioni K per cui i 2 ioni K si legano alla proteina: con il legame si ha defosforilazione
della proteina e quindi passaggio alla
forma E2. Dalla forma E2 si ha il ripristino
della forma E1 con i siti di legame verso il
citosol e il rilascio degli ioni K. Il ciclo può
ora ricominciare.
In pratica si voleva dimostrare l’esistenza di una pompa nella membrana in grado di trasportare Na fuori
dalla cellula. Si doveva quindi misurare l’efflusso di Na dalla cellula. Si utilizzava Na radioattivo e, per
misurare se il Na viene effettivamente trasportato fuori dalla cellula, veniva utilizzata l’apparecchiatura in
figura.
L’assone veniva prima tenuto per un certo periodo di tempo dentro una soluzione cotenente Na radioattivo
e, attraverso stimolazioni ripetute, veniva fatto caricare con questo Na. In questo modo, se poi si poneva
l’assone in una soluzione che non conteneva Na radioattivo, si poteva misurare se questo uscisse dalla
cellula. Le dimensioni dell’assone, rispetto al volume della soluzione che lo conteneva, erano piccole per cui
sarebbe stato misurare un’eventuale fuoriuscita di Na.
Per ovviare il problema si metteva l’assone tra 2 pinzette e si faceva passare attraverso un tubo capillare (e
quindi volume piccolo) che aveva forma a “T”. La forma del tubo era funzionale perché dal “gambo” della T
si potevano raccogliere in tempi diversi quantità piccole della soluzione che bagna l’assone (la soluzione è la
soluzione fisiologica dell’assone ovvero l’acqua di mare). In queste quantità ridotte era quindi possibile
rilevare la presenza di Na radioattivo. Dalle misure si vedeva che effettivamente si ha efflusso di Na
radioattivo.
La fuoriuscita del Na radioattivo diminuisce in maniera esponenziale perché ovviamente se ne era inserita
una certa quantità nell’assone. Via via che esce, viene rimpiazzato da Na non radioattivo perciò, quando si
andrà a misurare la seconda volta, la fuoriuscita è stata metà di Na normale e metà di Na radioattivo.
Questo spiega la diminuzione esponenziale.
Si sa che c’è fuoriuscita di Na contro gradiente elettrochimico e perciò con consumo di energia. È vero? Per
capirlo si blocca la fosforiazione ossidativa, e quindi la produzione di ATP, con dinitrofenolo: si osserva che
l’efflusso di Na diminuisce drasticamente e si arresta. Questo conferma che il meccanismo di fuoriuscita del
Na richiede energia.
Se si rimuove il dinitrofenolo l’efflusso di Na ricominicia.
Si può verificare che l’energia deriva effettivamente dall’ATP usando il cianuro che inibisce il ciclo di Krebs e
quindi la produzione di ATP. Quando l’estrusione di Na è vicina allo 0, inietto ATP: si ha un ripristino
temporaneo dell’efflusso di Na.
Il trasporto di Na è un trasporto accoppiato e dipende quindi anche dal K. Se si abbassa la concentrazione
extracellulare di K, la fuoriuscita di Na diminuisce immediatamente. (Col dinitrofenolo la diminuzione è
graduale perché comunque finché non finisce l’ATP la fuoriuscita continua).
Come tutti i processi attivi, anche il trasporto di Na è sensibile alla temperatura: se la temperatura si
abbassa l’efflusso rallenta o addirittura si ferma. Il suo Q10 è maggiore di 3. Il Q10 è il rapporto tra una
funzione ad una data temperatura e la stessa funzione a 10°C in meno.
Ad esempio
Se è un processo fisico, passivo, varia secondo la temperatura assoluta (K). Una variazione di 10°C in
temperatura assoluta è poco influente, perciò
Se invece si considera un processo attivo, in cui le variazioni di temperatura sono in °C, una variazione di
10°C influisce molto. Si ha quindi .
Il trasporto di Na è inibito dall’ouabaina che è estratta dallo strofanto. Essa è un inibitore perché si
sostituisce al K e blocca la sua possibilità di legarsi ai siti di legame, bloccando quindi il trasporto di Na.
Si considera
T=37°C
[Na+]I=10mM Ee=0mV
[Na+]e=140mM EI=-70mV
Si deve considerare il gradiente elettrico perché il Na è uno ione e quindi risente delle variazioni di
potenziale ai lati della membrana.
Il valore ottenuto vale per 1mole di ioni Na. Se volessi ottenerlo per uno ione dovrei moltiplicare per il
numero di Avogadro.
[K+]I=140 mM
[K+]e=2,5 mM Ee=0mV
EI=-70mV
È un trasporto mediato che avviene contro gradiente. Si chiama secondario perché l’energia necessaria a
trasportare una sostanza contro gradiente non deriva direttamente dall’idrolisi dell’ATP, ma è fornita dal
trasporto accoppiato, secondo gradiente, di un’altra sostanza. Possono essere simporti oppure antiporti.
Nella maggior parte dei casi lo ione K+ si muove secondo gradiente: viene trasportato dalla proteina carrier
verso l’interno e libera energia . Quest’ultima viene utilizzata per trasportare Na+ contro gradiente.
Quindi un trasporto attivo secondario è per forza un trasporto accoppiato.
Esempio: trasporto di un amminoacido accoppiato col trasporto del Na+. Gli amminoacidi possono essere
trasportati anche per diffusione facilitata (trasporto passivo),
che prevede sempre l’utilizzo di una proteina carrier però
avviene secondo gradiente di concentrazione.
Se all’esterno della cellula non è presente Na+ e si mette una
certa concentrazione x di alanina, si osserva un trasporto di
alanina all’interno della cellula. Questo significa che esiste una
proteina in grado di trasportare alanina ma, in assenza di Na+
extracellulare, è semplicemente un trasporto passivo.
Se all’esterno della cellula è presente Na+ alla concentrazione
fisiologica (140mM), si osserva che con la stessa concentrazione
extracellulare di alanina, la concentrazione all’interno della
cellula diventa molto più grande di quella esterna. Si ha quindi
un trasporto attivo che permette di accumulare alanina all’esterno.
È quindi un meccanismo di trasporto non equilibrante, che crea uno squilibrio tra esterno e interno della
cellula, permettendo di accumulare l’alanina.
Se si fa il doppio plot degli inversi si può osservare come varia
il trasporto dell’alanina in funzione della sua concentrazione
extracellulare. Quando la concentrazione extracellulare è più
elevata, per ogni concentrazione extracellulare il reciproco
della velocità di trasporto è più grande di quello che si osserva
in assenza di Na+. Valori più alti sull’asse delle ordinate
significano velocità di ingresso più piccole: per ogni
concentrazione di alanina, avere valori sulle ordinate più alti
significa avere velocità di flusso bassa.
La concentrazione di alanina è più alta vicino allo 0.
In conclusione, quando la concentrazione di alanina è molto
elevata il flusso non dipende più dall’Na+ extracellulare (perché
si raggiunge l’equilibrio con un trasporto passivo).
Assunzioni:
[glucosio]i = 0,5mM
[glucosio]e = 0,005mM
T = 310K
L’energia necessaria per trasportare contro gradiente il glucosio (dall’esterno all’interno) è:
A questo punto si considera l’energia liberata dal trasporto secondo gradiente elettrochimico del Na+
[Na+]i=10mM
[Na+]e = 140mM
La variazione di potenziale che si considera è -70mV. Si ha che il potenziale interno è negativo rispetto
all’esterno e quindi si ha che il potenziale esterno è 0.
Si ha quindi liberazione di -13, 5 kJ/mol. Per trasportare una mole di glucosio contro gradiente servono 11,8
kJ/mol. Il trasporto di uno ione Na secondo gradiente libera una quantità di energia sufficiente a
trasportare una mole di glucosio contro gradiente (con i dati usati nell’esempio).
Se la differenza di potenziale o le concentrazioni di Na cambiassero, probabilmente non avrei più l’energia
sufficiente a trasportare il glucosio.
Trasporto accoppiato Na/Ca. È molto importante che la concentrazione di Ca2+ sia bassa nel citosol
(dell’ordine di 100nM) perciò oltre alle due pompe, quella sulla membrana (BMCA) e quella sul reticolo
sarcoplasmatico (SERCA), serve anche un trasporto attivo secondario che permette la rimozione del Ca2+.
Quest’ultimo è uno scambiatore Na-Ca, indicato con la sigla NCX (Sodium Calcium exchanger), che è in
grado di espellere uno ione Ca scambiandolo con 3 ioni Na. I 3 ioni Na entrano nella cellula secondo
gradiente elettochimico e permettono l’estrusione di uno ione Ca contro gradiente elettochimico.
Lo scambiatore funziona costantemente, permettendo di mantenere il Ca intracellulare intorno a 100nM,
anche se nel lato extracellulare la concentrazione di quest’ultimo è dell’ordine di 2mM.
Siccome si trasportano 3 ioni Na contro 1 ione Ca, ogni volta che il trasportatore agisce, trasporta 3 cariche
positive all’interno e 2 cariche positive all’esterno: c’è uno sbilanciamento di carica. Questo significa che
questo scambiatore è elettrogenico. Proprio questa elettogenicità, la direzione del trasporto dipende dalla
differenza di potenziale ai lati della membrana e si può invertire.
Al normale potenziale di riposo presente nelle cellule il trasporto funziona espellendo Ca. Se la membrana
si iperpolarizza (il potenziale di riposo diventa più negativo e quindi si ha differenza di potenziale più alta),
l’attività dell’NCX viene accelerata e aumenta l’espulsione del Ca. Se invece si ha depolarizzarione della
membrana, il trasporto di Ca si riduce e addirittura, se la depolarizzazione è pronunciata e quindi il
potenziale arriva a valori vicini allo 0, si può avere inversione del flusso: l’energia associata al trasporto
passivo di Na non è più necessaria a far espellere il Ca e quindi è il Na ad essere trasportato contro
gradiente. Questa situazione si può verificare per periodi molto brevi.
Esiste un altro scambiatore chiamato NCKX, presente nei fotorecettori, che scambia 4Na/1Ca/1K. Questo
scambiatore funziona esclusivamente espellendo Ca dalla cellula. Quindi Ca e K si muovono verso l’esterno
della cellula e Na verso l’interno.
Bisogna tener conto che nel trasporto sono implicati 3 ioni Na perciò bisogna moltiplicare il risultato
ottenuto per 3 per ottenere la reale energia messa in gioco.
L’energia liberata dal Na è maggiore dell’energia richiesta per il trasporto del Ca perciò il trasporto è
verificato anche energeticamente.
Se la membrana fosse iperpolarizzata, ad esempio Vm = -87mV, facendo i calcoli si noterebbe un trasporto
più efficiente. Se invece si avesse una depolarizzazione della membrana, si otterrebbe un trasporto meno
efficiente. Se la depolarizzazione fosse molto alta, si avrebbe un’inversione del trasporto.
Si ha poi un altro tipo di trasporto che è il trasporto accoppiato K/Cl. In questo caso
il KCl viene espulso dalla cellula. La funzione principale di questo meccanismo di
trasporto è quella di influire nei processi che permettono il controllo del volume
cellulare: l’espulsione di un sale come KCl determina una riduzione dell’osmolarità
della cellula e può eventualmente provocare fuoriuscita di acqua.
Infine si può avere un meccanismo di controtrasporto
che prevede lo scambio di uno ione bicarbonato con uno
ione cloruro. Questo meccanismo può intervenire nel
controllo del pH delle cellule e può avvenire in entrambe
le direzioni:lo ione bicarbonato può essere espulso dalla
cellula e il cloruro entrare e viceversa. Questa diversa
direzionalità del trasporto è particolarmente evidente a
livello dei globuli rossi, in particolare nel trasporto
dell’anidride carbonica nel sangue.
A)A livello dei tessuti si ha metabolismo elevato e perciò
elevata produzione di anidride carbonica. Essendoci in
grande quantità, la CO2 entra nel globulo rosso dove
viene idratata e si forma acido carbonico che si dissocia,
grazie all’azione di un’anidrasi carbonica, in ione
bicarbonato e idrogeno.
forma neutra (Hb). In realtà non si ha mai la completa neutralizzazione della carica. Nella cellula si ha quindi
aumento della concentrazione di che viene scambiato con gli ioni cloruro. Il bicarbonato può quindi
essere trasportato attraverso il flusso sanguigno.
L’emoglobina è un poli-ione, ha molte cariche negative che vengono neutralizzate dagli idrogeni. Le cariche
negative rappresentate dall’emoglobina, dopo lo scambio sono rappresentate dal Cl. Se si avevano 10
cariche negative dell’emoglobina che vengono sostituite da 10 cariche negative del cloruro, esse vengono
neutralizzate, ma il numero di particelle diventa molto più grande perché una molecola di emoglobina ha
da sola 10 cariche negative, ma per avere 10 cariche negative col Cl, devo avere 10 ioni Cl. Perciò a livello
dei tessuti, nei globuli rossi, si ha un aumento del numero di cellule osmoticamente attive che richiamano
acqua all’interno dell’eritrocita e perciò i globuli rossi sono rigonfi.
B)A livello dei polmoni accade esattamente l’opposto: si ha un’elevata concentrazione di ossigeno perciò
l’emoglobina passa da forma più ossigenata a forma ossigenata. Inoltre a livello dei polmoni la
concentrazione di anidride carbonica è bassa perciò si ha che l’emoglobina è un acido più forte della CO2 e
perciò passa dalla forma in dissociata alla forma dissociata, liberando ioni H+. Gli ioni fanno parte di
+
un sistema meno acido dell’emoglobina e quindi si legano agli ioni H e l’anidrasi carbonica catalizza la
formazione di CO2 e H2O. L’anidride carbonica viene mandata agli alveoli e da essi viene espulsa attraverso
l’espirazione. La cellula quindi si impoverisce di bicarbonato e quindi il trasportatore funziona all’opposto
che nei tessuti e fa entrare bicarbonato all’interno del globulo rosso.
La dissociazione dell’emoglobina determina una riduzione del volume dell’eritrocita a livello polmonare
perché aumenta il numero di cariche negative trasportate dall’emoglobina e quindi c’è un numero minore
di particelle negative rappresentate da ioni monovalenti e quindi si ha fuoriuscita di acqua.