Capitolo 1: La reologia
1.1 Generalità
La reologia è la scienza che studia le relazioni sforzo-deformazione nei corpi,
permettendo così di prevedere, ai fini pratici, il comportamento di un materiale sotto
determinate condizioni di utilizzo.
Qualsiasi prodotto, compresi quelli dei quali facciamo quotidianamente uso, deve
presentare caratteristiche adeguate a tutte le fasi del processo produttivo attraverso il
quale giunge al consumatore e deve avere una durata nel tempo accettabile per l’uso
al quale è destinato.
Basta pensare ad un lubrificante per motori: deve essere abbastanza fluido da poter
essere aspirato dalla pompa, ma non tanto da lasciare scoperta la superficie dei
pistoni, mantenendo inoltre inalterate le sue caratteristiche per lungo tempo. Un
bitume per pavimentazione stradale deve poter essere facilmente miscelato al
materiale litoide per ottenere una mescola adatta alla stesa, ma allo stesso tempo
deve poter resistere alle sollecitazioni del traffico stradale senza deteriorarsi.
Nell’industria alimentare, cosmetica o farmaceutica, si presentano problemi reologici
non trascurabili: per esempio una crema o una pomata deve poter essere spalmata
facilmente ma non deve essere tanto liquida da colare.
Come si può capire da questi esempi il campo di applicazione degli studi reologici è
vastissimo, poiché ogni materiale, soggetto a sforzi di varia natura, risponde con un
comportamento diverso.
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τ = sforzo [Pa]
Legge di Hooke: τ = G ⋅γ G = modulo di elasticità [Pa] (1.1)
γ = deformazione [m/m]
Nei corpi elastici lo sforzo è direttamente proporzionale alla deformazione subita dal
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τ = sforzo [Pa]
Legge di Newton: τ = η ⋅ γ& η = vis cos ità [Pa ⋅ s] (1.2)
γ& = velocità di deformazione [m/m]
definisce la
resistenza di un fluido alla variazione irreversibile di posizione dei suoi elementi di
volume. Per un liquido Newtoniano ideale la curva di flusso è una retta di pendenza
η = τ γ& = tan α che passa per l’origine degli assi.
Al primo caso appartengono i liquidi non Newtoniani, nei quali la viscosità non è
costante, ma dipende dal gradiente della velocità di deformazione con una relazione
del tipo τ = η (γ& ) ⋅ γ& ; per questi liquidi la curva di flusso non è una retta ma una curva
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il cui andamento dipende dalla relazione che lega la viscosità al gradiente della
deformazione. Un esempio di questo comportamento sono i fluidi dilatanti, nei quali
la viscosità aumenta all’aumentare del gradiente, o i liquidi pseudoplastici, per i quali
accade il contrario. Nei solidi tali anomalie si presentano al superamento del limite
elastico (fenomeni di snervamento, strizione, ecc.)
Occorre sottolineare che l’entità dello scostamento dal comportamento Newtoniano o
puramente elastico non è una proprietà intrinseca di un materiale, ma dipende dallo
stato fisico-chimico in cui si trova; in particolare è fortemente dipendente dalla
temperatura.
τ = τ E + τ V = G ⋅ γ + η ⋅ γ& (1.3)
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e2 σ
0.
Si definisce in tal modo una grandezza J(t), detta “cedevolezza” o creep compliance,
funzione del tempo e somma di più contributi:
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ε (t )
= J (t ) = J1 + J 2 + J 3 (1.4)
σ
0 (steady-state
viscosity).
In questo caso non si presenta il valore limite Je, ma si parla di steady-state
0
compliance Je , ottenibile sottraendo il contributo viscoso al tempo t* (Figura 1-2)
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σ (t )
= G (t ) (1.5)
ε0
E’ importante rimarcare che quanto detto è valido esclusivamente nel campo delle
piccole deformazioni.
ε (t ) = J (t ) ⋅ σ 0 (1.6)
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ε (t ) = J (t ) ⋅ σ 0 + J (t − τ 1 ) ⋅ σ 1 (1.7)
dove s = t - τ
i.
∞
dG ( s )
σ (t ) = G (0)γ (t ) + ∫ γ (t − s) ⋅ ds (1.9)
0
ds
(1)
Si veda a tal proposito il capitolo 4: procedura sperimentale e risultati
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γ (t ) = γ 0 ⋅ sin (ω ⋅ t) (1.10)
dγ
γ& (t ) = = ω ⋅ γ 0 ⋅ cos( ⋅ t) (1.11)
dt
τ (t ) = τ 0 ⋅ sin (ω ⋅ t + δ ) (1.12)
τ (t ) = τ 0 ⋅ cos(δ ) ⋅ sin(ω ⋅ t) + τ 0 ⋅ sin(δ ) ⋅ cos(ω ⋅ t) (1.13)
τ (t ) = γ 0 ⋅ G' ⋅ sin(ω ⋅ t) + γ 0 ⋅ G' '⋅cos(ω ⋅ t) (1.14)
τ0 τ0
dove: G′ = cos(δ ) G ′′ = sin(δ ) (1.15)
γ0 γ0
(2)
γ e τ sono i termini generalmente utilizzati per indicare rispettivamente deformazione e sforzo di
taglio, in luogo di e ε σ che indicano le rispettive quantità elongazionali.
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Figura 1-4: relazione fra stress, strain e strain rate Figura 1-5: stress e strain
γ * (ω ) = γ 0 ⋅ e iωt (1.16)
τ * (ω ) = τ 0 ⋅ e i (ω ⋅t +δ ) (1.17)
τ * τ 0 iδ
= e = G* = G '+ i ⋅ G ' ' (1.18)
γ * γ0
τ (ω )
= G * (ω ) = G ' (ω ) + i ⋅ G ' ' (ω ) (1.19)
γ (ω )
γ (ω )
= J * (ω ) = J ' (ω ) − i ⋅ J ' ' (ω ) (1.20)
τ (ω )
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Il valore al quale G’( ) e G’’( ) si eguagliano, ossia quando tgδ è uguale a uno, è
ω ω
G' ' (ω )
τ (ω ) G *(ω ) η ' = ω
η *(ω ) = = = η '(ω ) − i ⋅η ''(ω ) (1.22)
γ& (ω ) iω η ' ' = G' (ω )
ω
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La parte reale ’, definita viscosità dinamica, è un termine atto a descrivere gli effetti
η
dissipativi; è infatti il rapporto fra lo stress in fase con la strain rate e lo strain
applicato.
Per ω → 0 , corrispondente a tempi di carico elevati, la viscosità dinamica tende a
coincidere con la steady flow viscosity η
0 fra i
punti A e B si ottiene una deformazione somma dei contributi
dei due elementi. A questo sistema è possibile applicare una
deformazione istantanea ε 0 , che permette di effettuare prove di
stress relaxation; non può invece modellizzare una risposta
elastica ritardata.
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Maxwell Voigt
a) J (t ) = J i + t / η g) J (t ) = J i ⋅ [1 − exp(−t / λi )]
b) G (t ) = Gi ⋅ exp(−t / λi ) h) G (t ) = Gi
Gi ⋅ ω 2 λ i 2
c) G ' (ω ) = i) G ' (ω ) = Gi
1 + ω 2 λi
2
Gi ⋅ ωλ i (1.23)
d) G ' ' (ω ) = l) G ' ' (ω ) = Gi ⋅ ωλ i = ωη i
1 + ω 2 λi 2
Ji
e) J ' (ω ) = J i m) J ' (ω ) =
1 + ω 2 λi
2
Ji 1 J iωλ i
f) J ' ' (ω ) = = n) J ' ' (ω ) =
ωλ i ωη i 1 + ω 2 λi 2
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Come già accennato, queste funzioni sono molto semplici e quasi mai corrispondono
all’effettiva risposta di un materiale ad una sollecitazione: infatti la creep compliance
nel modello di Voigt e lo stress relaxation modulus in quello di Maxwell sono
funzioni esponenziali del tempo, ma tale andamento non ha riscontri reali. Di
conseguenza nasce la necessità di creare modelli meccanici in grado di simulare
l’andamento reale delle relazioni sforzo/deformazione, basandosi sulla combinazione
di questi elementi base. Il passo successivo è la definizione di funzioni matematiche
in grado di descrivere il comportamento di sistemi eterogenei complessi dove
abbiamo distribuzioni praticamente continue dei tempi di ritardo e di rilassamento.
J = ∑ Ji 1 / η = ∑ (1 / ηi ) (1.24 a,b)
G = ∑ Gi η = ∑ ηi (1.25 a,b)
Entrambi questi modelli comunque non aggiungono niente alle caratteristiche del
singolo elemento, modificando solo il valore dei singoli parametri. Se invece si
pongono più elementi di Maxwell in parallelo e più elementi di Voigt in serie si
ottengono sistemi più complessi.
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n
G (t ) = Ge + ∑ Gi ⋅ exp(−t / λi ) (1.26)
i →1
n
J (t ) = ∑ J i ⋅ [1 − exp(−t / λi )] + t / η0 (1.27)
i →1
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+∞
(ωλ ) d λ
2
G′(ω ) = Ge + ∫ H ⋅ (1.29)
1 + (ωλ ) λ
2
0
+∞
ωλ dλ
G′′(ω ) = ∫ H ⋅ 1 + (ωλ ) (1.30)
0
2
λ
N
(ωλ i )2
G ' (ω ) = Ge + ∑ g i (1.31)
1 + (ωλ i )
2
i =1
N
ωλ i
G ' ' (ω ) = ∑ g i (1.32)
1 + (ωλ i )
2
i =1
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Tr ⋅ ρ r
G ' (Tr ) = bT G ' (T ) con bT = (1.33)
T ⋅ρ
ϖ (Tr ) = aT ⋅ ω (T ) (1.34)
sperimentali cadono tutti sulla stessa curva (master curve) ottenuta alla temperatura
di riferimento Tr. Sperimentalmente la quantità aT (shift factor) è ottenuta dalla
traslazione orizzontale necessaria per sovrapporre i dati ottenuti a qualunque T sulla
curva dei dati ottenuti a Tr, mentre bT è legato allo shift verticale.
La validità del principio implica che gli shift factor siano gli stessi per tutte le
proprietà viscoelastiche, quindi è sufficiente costruire la master curve con una delle
funzioni per ottenere la curva di tutte le altre. Contemporaneamente alla costruzione
della master curve, spesso si riporta in grafico l’andamento degli aT in scala
logaritmica, in funzione della temperatura.
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a(T ) − C1 ⋅ (T − Tr )
log = (1.35)
a(Tr ) C 2 + T − Tr
Ea 1 1
log a (T ) = ⋅ − (1.36)
R T Tr
Il fattore bT dovrebbe essere correlato alla variazione di densità del materiale con la
temperatura; in realtà il termine ha scarsa validità teorica e in letteratura non sono
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1.9 Viscometria
La valutazione delle proprietà viscoelastiche è uno dei due principali campi di studio
della reologia; l’altro argomento di notevole interesse è la determinazione della
viscosità del campione in esame, in condizioni di moto di scorrimento. In questa
condizione il fluido si può immaginare come un sistema omogeneo costituito da
strati di spessore infinitesimo, paralleli e sovrapposti (flusso laminare): la viscosità
può essere misurata in funzione della forza necessaria per mantenere una differenza
di velocità tra due strati adiacenti. Il fluido è contenuto tra due piani paralleli a
distanza h, di cui uno fisso e l'altro che scorre a velocità v. La misura della viscosità
deve essere sempre effettuata a flusso laminare, con velocità tanto più limitata,
quanto minore è la viscosità da determinare. Nel moto turbolento, oltre una certa
velocità critica, si possono generare vortici che provocano uno sbalzo improvviso
nella resistenza allo scorrimento.
La viscosità, definita analiticamente nel paragrafo 1.2, è una funzione dipendente da
cinque parametri:
• Struttura chimica
• Temperatura
• Pressione
• Storia reologica
• Gradiente della velocità di scorrimento
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Capitolo 1: La reologia
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cioè la shear rate sia costante lungo la traiettoria della particella di fluido.
Nel caso di flusso non viscometrico non uniforme, la γ& varia in tutto il campo di
moto. I reometri con un flusso di questo tipo sono utilizzabili solo per fluidi
Newtoniani.
Nel primo caso si hanno traiettorie aperte e quindi il flusso non è mai a regime; la
mancanza degli effetti centrifughi permette di raggiungere elevate shear rate; questi
tipi di reometri (a capillare, magnetici, a caduta di sfera…) sono adatti, per esempio,
a determinare la viscosità di fluidi che devono essere vaporizzati e quindi sottoposti
ad elevatissimi gradienti di velocità.
Nel secondo caso si hanno invece traiettorie chiuse e quindi in teoria si possono
sempre raggiungere condizioni stazionarie; per contro occorre fare attenzione agli
effetti inerziali della rotazione, cioè le forze centrifughe, e agli effetti di bordo, che
limitano necessariamente la valutazione della viscosità a basse shear rate (<100 1/s).
Sul reometro possono essere equipaggiati con geometrie diverse: per fluidi che
presentano una certa consistenza anche a temperature medio alte, quali i bitumi, le
più utilizzate sono il piatto-cono ed il piatto-piatto, dei quali è fornita nel seguito una
breve descrizione della cinematica di flusso.
Una descrizione dettagliata delle procedure sperimentali per la misura delle proprietà
viscose e viscoelastiche, delle geometrie utilizzate e delle problematiche connesse a
ciascuna di esse sono riportate nel quarto capitolo.
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Per ogni valore del raggio r la velocità di scorrimento è data dal rapporto fra la
velocità del cono in movimento e la distanza fra i due piatti; la conicità estremamente
bassa permette l’approssimazione:
v Ω⋅r Ω⋅r Ω
γ& = = ≅ = (1.38)
h r ⋅ tgθ θ ⋅ r θ
2π R3
M = ∫ r ⋅τ ⋅ (2π rdr ) = ⋅τ (1.39)
3
Sostituendo a l’espressione:
τ
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Ω
τ = η ⋅ γ& = η ⋅ (1.40)
θ
2πR 3
M= ⋅ ηΩ (1.41)
3θ
Occorre notare che per un dato valore della coppia di torsione lo stress aumenta con
1/r3; questo costituisce un vantaggio nelle prove con materiali di bassa viscosità: per
tali materiali occorre applicare stress bassi per mantenere basse shear rate e la
sensibilità dello strumento può essere determinante; in tal caso un raddoppio del
raggio del cono porta ad aumentare di ben otto volte il valore dello stress misurabile.
All’aumentare della shear rate il flusso di scorrimento diventa irregolare,
specialmente per materiali che presentano un’elevata componente elastica. L’uso di
questa geometria è limitato quindi sempre a basse velocità di scorrimento, alle quali
gli effetti della forza centrifuga sono trascurabili. Di conseguenza nell’equazione del
moto il termine inerziale può essere trascurato.
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Capitolo 1: La reologia
considerata accettabile.
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