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Allostasi:
L’obiettivo degli organismi viventi è conservare se stesso e la specie e per fare ciò l’uomo
svolge tre funzioni:
● Regolare gli equilibri (omeostasi)
● Relazionarsi con l’ambiente esterno (per farlo richiede scheletro, muscoli e sistema
nervoso)
● Riprodursi
L’omeostasi è controllata da 4 sistemi:
- Sistema nervoso somato-sensitivo (vie nervosi afferenti, sensibilità tattile,
propriocettiva, termica e dolorifica).
- Sistema nervoso cognitivo/limbico (apprendimento, memoria ed emozioni)
- Sistema nervoso vegetativo (autonomo)
- Sistema nervoso enterico. Dovrebbe controllare solo l’aspetto somato-sensitivo
dell’intestino, ma fa più cose.
Sistema endocrino:
Alla base del sistema endocrino vi è la comunicazione resa possibile da neuro-trasmettitori,
ormoni e citochine. Formato da ghiandole che producono ormoni liberati nel sangue, è più
lento, ma ha un’azione prolungata rispetto al sistema nervoso (anche il grasso e i muscoli
vengono considerati endocrini). Per mantenere quindi l’equilibrio i vari sistemi producono dei
messaggeri che sono i neuro-trasmettitori (dal nervoso), gli ormoni (dall’endocrino) e le
citochine (dai restanti). Per trasmettere le informazioni il messaggero si lega al recettore
poiché la carica elettrochimica del primo si lega a quella del secondo. I recettori sono il
punto di partenza di una cascata di molecole che danno il via a catene metaboliche. Vi è
un'affinità tra il messaggero ed il recettore: quando il messaggero arriva porta con sé una
carica negativa che deforma il recettore (ciò è possibile perché sono proteine,
macromolecole capaci di deformarsi).
Sistema immunitario:
Il vago partecipa alla risposta immunitaria, infatti il sistema immunitario cala con la
depressione. Si è scoperto quindi che vi è collegamento tra il sistema immunitario e
cognitivo (limbico).
Apparato cardiovascolare
Cuore:
Organo muscolare formato da due atri e due ventricoli. I grossi vasi raccolti nella parte
superiore sono aorta, arteria polmonare, vena cava superiore e inferiore e vene polmonari.
L’arteria è un vaso sanguigno che porta il sangue dal cuore verso l’esterno, mentre la vena
dall’esterno verso il cuore; il sangue arterioso è ricco di ossigeno e povero di anidride
carbonica, quello venoso invece è povero di ossigeno e ricco di CO2. Il circolo umano si
divide in grande circolo (o sistemico che parte dal ventricolo sinistro, aorta, arterie grandi
medie piccole, capillari, viene raccolto dalle vene piccole medie grandi, vene cave e finisce
nell’atrio destro) e in piccolo circolo (dal ventricolo destro, arterie polmonari, polmoni e
finisce nell’atrio sinistro). Nel grande circolo le vene hanno sangue venoso e le arterie
arterioso, nel piccolo circolo le vene hanno sangue arterioso e le arterie sangue venoso.
Gli atri hanno parete sottile e i ventricoli invece hanno parete più spessa, soprattutto il
sinistro che deve pompare il sangue a tutto il corpo. Il cuore ha poi due valvole
atrioventricolari e due semilunari tutte sullo stesso piano: le prime si chiamano mitrale o
bicuspide (a sinistra) e tricuspide (a destra) e controllano il passaggio del dagli atri ai
ventricoli (per contenere la spinta dei ventricoli e quindi rischiare di rovesciare il sangue
negli atri le valvole si affidano ai muscoli papillari). Le semilunari si chiamano aortica (a
sinistra) e polmonare (a destra) e sono più piccole, dall’aorta partono infine le coronarie
(vascolarizzazione del miocardio).
Il cuore ha proprietà intrinseche che sono:
● Eccitabilità
● Ritmicità
● Conducibilità
● Contrattilità
Eccitabilità:
È la capacità di creare un potenziale d’azione. Il potenziale di membrana è dato dallo ione
Na (concentrato maggiormente fuori dalla cellula) e K (concentrato maggiormente all’interno
della cellula). La pompa sodio-potassio ATPasica porta fuori dalla cellule 3 ioni sodio e
dentro 2 ioni potassio. Ecco perché si alza il potenziale di membrana, perché ad ogni
apertura della pompa si ha la perdita di un catione.
Gli ioni sono spinti da due forze: il gradiente elettrico e il gradiente chimico (concentrazione).
Il potassio è in equilibrio: una certa quantità di potassio che esce è eguagliato dalla quantità
di potassio che entra. Mentre per il sodio non succede (entrambe le forze spingono il sodio
dentro, ma non passa perché la pompa sodio potassio non lo permette). Ciò avviene in
condizione di riposo. Mentre con il potenziale elettrico i canali per il sodio si aprono,
permettendo l’ingresso del sodio a cascata e facendo iniziare la depolarizzazione della
membrana.
Avviene in generale l’inversione del potenziale di membrana=-90 mVolt generando scariche
elettriche con la depolarizzazione-polarizzazione che nel cuore è molto più lenta del neurone
poiché il calcio rientra nella cellula e la rallenta (plateau) allungando il potenziale d’azione;
prima c’è l’attività elettrica, subito dopo quella meccanica (contrazione-rilassamento).
La ripolarizzazione avviene in 3 fasi:
● Ripolarizzazione rapida iniziale: in questa fase la cellula è diventata positiva e quindi
il potassio torna fuori dalla cellula
● Fase di plateau: il potassio continua ad uscire, ma all’inizio di questa fase inizia ad
entrare il calcio con le sue cariche positive. Quindi in questo punto il potenziale si
stabilizza in questa fase perché si ha un equilibrio.
● Quando i canali per il calcio si chiudono, delle pompe buttano fuori il calcio, mente il
potassio continua ad uscire. Nella fase 3 la cellula si è polarizzata nuovamente. La
pompa sodio-potassio sistema tutto.
La cellula miocardica dopo la depolarizzazione deve contrarsi. La fase di plateau allunga il
potenziale d’azione per farlo coincidere con la fase meccanica della contrazione che è più
lenta.
Il miocardio specifico non si contrae.
Ritmicità:
La capacità del cuore di generare una sequenza di scariche elettriche ritmica è la ritmicità.
Questa capacità è propria del nodo-senoatriale, gruppo di cellule speciali
, ed è situato nell’atrio destro tra la vena cava superiore e la vena cava inferiore (ritmo
sinusiale=ritmo nella norma). Le cellule pacemaker non hanno bisogno di un impulso, infatti
il potenziale d’azione nasce da solo. Le cellule contrattili hanno un potenziale di riposo alto (-
90mV) e stabile finché non arriva l’impulso delle cellule del nodo seno-atriale. Mentre per
quanto riguarda le cellule pacemaker si ha una situazione diversa: il potenziale di riposo è -
60 mV, non è stabile (infatti alcuni canali del sodio sono aperti permettendo l’ingresso di
sodio) e non vi è la fase di plateau. Sono cellule diverse, ma non del tutto, infatti se si sposta
il potenziale di riposo delle cellule contrattili a -60 mV, esse iniziano a comportarsi come
delle cellule pacemaker. La fase di depolarizzazione per le cellule pacemaker è resa
possibile dallo ione calcio, mentre per le cellule contrattili dallo ione sodio.
Il potenziale d’azione è trasmesso alle altre cellule, che sono messe una attaccata all’altra e
sono in comunicazione tra di loro grazie alle giunzione gap. Il pacemaker primario è il nodo
senoatriale e genera impulsi con una frequenza di 60-80 battiti al minuto. Vi è un pacemaker
secondario: il nodo atrioventricolare che scarica ad una frequenza di 40-50 battiti al minuto.
Conducibilità:
I tratti internodali sono fatti di cellule muscolari striate che permettono la distribuzione del
potenziale elettrico. Ciò permette la depolarizzazione e polarizzazione contemporanea degli
atri. Atri e ventricoli sono tra di loro separati dallo scheletro fibroso del cuore che non
permette il passaggio di impulsi elettrici tra atri e ventricoli, a parte nel nodo atrioventricolare
che è si il pacemaker secondario, ma in casi normali, rallenta il passaggio dell’onda elettrica,
permettendo la contrazione degli atri (fenomeni elettrici di depolarizzazione e polarizzazione
sono veloci, mentre i fenomeni meccanici di contrazione e rilassamento sono più lenti e
senza il nodo atrioventricolare la contrazione tra atri e ventricoli avverrebbe quasi
contemporaneamente). Il fascio di His parte dal nodo atrioventricolare e dopo un breve tratto
si divide in una branca destra ed una branca sinistra. Esse si espandono fino alla punta del
ventricolo e il tessuto di conduzione a questo punto torna verso l’alto dalle pareti libere
ventricolari. Ciò significa che il fascio di His porta velocemente l’impulso verso la punta del
ventricolo e poi verso la base; quindi i ventricoli si contraggono dalla punta alla base.
La velocità di conduzione dipende da quante giunzioni comunicanti si trovano tra le cellule.
Elettrocardiogramma:
È una legge che permette di adeguare al cuore la quantità di sangue che entra con la sistole
con la quantità di sangue che esce con la diastole (ovvero di regolare la gittata cardiaca).
Per lunghezze iniziali del muscolo, fino alla lunghezza massima, la forza sviluppata dalla
contrazione è proporzionale alla lunghezza iniziale. Questa legge vale per il muscolo
scheletrico in generale. Il muscolo se lo si distende molto riempiendolo di sangue, si contrae
molto. Invece di usare le lunghezze, si considera al giorno d’oggi il volume, mentre si usa la
pressione invece della forza. La lunghezza ottimale si ha quando i filamenti di actina
ricoprono completamente le teste dei filamenti di miosina.
Regolazione della gittata cardiaca:
Ci sono meccanismi intrinseci ed estrinseci al cuore:
Intrinseci
● Fattore eterometrici: meccanismo che dipende dalla variazione della lunghezza del
muscolo (legge di starving). Il fattore è il pre-carico, ovvero il periodo di riempimento
ventricolare.
Estrinseci
1. Fattori omeometrici: non dipendono dalle variazioni di lunghezza delle fibre
muscolari. Sono la frequenza cardiaca e il fattore post-carico (la resistenza che il
ventricolo sx deve vincere per far circolare il sangue).
2. Controllo nervoso:
o Ortosimpatico
o Parasimpatico
3. Controllo ormonale:
o Catecolamina (tipo l’adrenalina)
o O. Tiroidei
o Angiotensina
4. Controllo chimici:
o O2
o CO2
o H+
o Metaboliti
Toni cardiaci
Toni cardiaci: i rumori che il cuore fa battendo. 1° e 2° si possono ascoltare anche solo con
l’orecchio, mentre il 3° e il 4° si sentono solo con il fonocardiogramma.
● 1° tono generato dalla chiusura delle valvole atrioventricolari. Le valvole
atrioventricolari sono molto grandi e i loro lembi sbattono tra di loro violentemente
creando un rumore (il primo tono). Corrisponde all’inizio della sistole ventricolare.
● 2° tono generato dalla chiusura delle valvole semilunari all’inizio della diastole
ventricolare. È più acuto rispetto al primo tono.
● 3° tono: vibrazioni delle pareti ventricolari nella fase di riempimento rapido
● 4° tono: sistole atriale
La pausa tra il 1° e il 2° tono è breve, mentre la pausa tra il 2° e il 1° tono è lunga circa 3
volte di più.
Il fonendoscopio è dotato di membrana che isola meglio i suoni polmonari, mentre lo
stetoscopio ha forma di una campana ed isola meglio i suoni cardiali.
Il primo tono ha frequenza più bassa del secondo che però dura meno, il terzo e quarto
invece sono bassi perché creati da vortici di sangue.
Flusso coronario: il sangue del circolo coronario scorre solo durante le diastoli
Pressione arteriosa
La pressione arteriosa è la forza che il sangue esercita sulle pareti dei vasi. Dipende dal
flusso (espressioni delle sistoli ventricolari) e dalle resistenze periferiche (la resistenza dei
vasi sanguigni al passaggio di sangue). La parete delle grandi arterie è elastica e ciò
permette di smorzare il flusso intermittente del sangue che esce dal ventricolo sinistro.
Questa è la funzione di serbatoio elastico dell’arco aortico. Quando il ventricolo sx si contrae
consegna energia al sangue che viene spesa 1) per spingere la colonna di sangue che si
trova davanti alla valvola semilunare e 2) per dilatare la parete dell’aorta (che incamera
energia). Quando il ventricolo è in diastole la parete aortica ritorna a riposo e restituisce
l’energia immagazzinata al sangue che non potendo tornare nel ventricolo (valvole chiuse)
viene spinto nell’arco aortico, rendendo quindi il flusso continuo (sistema windkessel). La
dilatazione sull’arco aortico scorre sulla parete arteriosa e si chiama polso arterioso.
La pressione arteriosa si misura con lo sfigmomanometro. Il bracciale deve essere gonfiato
fino a che non viene occlusa completamente l’arteria. Sgonfiando lentamente e ascoltando
con il fonendoscopio si sente ad un certo punto il 1° suono di Korotkoff che corrisponde alla
pressione sistolica. Sgonfiando ulteriormente si avverte il 2° suono che corrisponde alla
pressione diastolica. Questi suoni sono dati da delle turbolenze date dal bracciale.
La pressione arteriosa dipende dal:
● diametro dei vasi (arteriole muscolari) ed è controllato dal sistema nervoso
ortosimpatico che genera con continuo flusso di impulsi detto tono motore.
L’ortosimpatico mantiene le arterie in uno stato di costante contrazione media,
dopodiché si decide se costringere o dilatare il vaso, aumentando o diminuendo
l’attività dell’ortosimpatico. L’ossido nitrico dilata il diametro delle arteriole (a livello
endoteliale);
● dalla viscosità del sangue, che dipende dal numero di globuli rossi
● dalla lunghezza totale dei vasi
● L’elasticità dei vasi influenza la pressione arteriosa
● Il volume del sangue: infatti aumentando il volume, aumenta la pressione;
La gittata cardiaca:
Quando il sangue arriva ai capillari ha pressione idrostatica è bassa (le arteriole hanno
abbassato la pressione e hanno reso il flusso continuo privo di oscillazioni) 32 mmHg.
Questa pressione idrostatica è la forza che fa uscire acqua e molecole al di fuori di capillari.
Questa uscita è contrastata da un’altra pressione che cerca di tenere l’acqua dentro i
capillari pressione oncotica (è la pressione osmotica delle proteine) ed è pari a 25 mmHg
(non cambia lungo il percorso del sangue, perché le proteine sono sempre le stesse). La
pressione di fuoriuscita dell’acqua dal capillare è data dalla differenza tra la pressione
idrostatica e la pressione oncotica (nei capillari arteriosi equivale a circa 10 mmHg).
Proseguendo nei capillari la pressione idrostatica scende, fino ad arrivare all’estremità
venosa con una pressione di 15 mmHg, perché proseguendo nel capillare si perde acqua.
Mentre la pressione oncotica rimane a 25 mmHg. A questo punto l’acqua rientra: tuttavia in
uscita era di circa 10 mmHg, mentre in entrata è di circa 7. Quindi non tutta l’acqua uscita
riesce a rientrare nel capillare. L’acqua rimasta nel liquido interstiziale viene drenata dal
circolo linfatico: la linfa arriva al dotto toracico che fluisce nella vena cava inferiore.
Ritorno venoso:
Effetto ventosa: lo scheletro fibroso del cuore, muovendosi dall’alto al basso (mosso dai
muscoli ventricolari) aspira il sangue dal basso verso l’alto così da farlo entrare nell’atrio
destro attraverso la vena cava inferiore.
Sangue
Il sangue è un tessuto liquido con funzione di trasporto, si sposta attraverso vene, arterie e
capillari raggiungendo quasi tutte le parti dell’organismo. Il sangue trasporta acqua, gas
(ossigeno e anidride carbonica, il primo utilizzato per produrre energia il secondo è lo scarto
derivante dal consumo di energia), molecole (nutrienti e di scarto), messaggeri (ormoni e
citochine), elementi del sistema immunitario e calore (fondamentale quindi per la
termoregolazione del corpo); inoltre il sangue ha una funzione chiamata emostasi per la
riparazione delle ferite.
Il sangue può essere suddiviso in due fasi:
● Una acquosa chiamata plasma. Il plasma è costituito da acqua, ioni, molecole
organiche (macromolecole e prodotti azotati), oligoelementi, vitamine e gas.
Sieroplasma senza fibrinogeno
● Una cellulare contenente globuli rossi (sul fondo) per la maggior parte e uno strato
intermedio chiamato “buffy coat” formato da globuli bianchi e piastrine. La parte
corpuscolata del sangue è formata da globuli rossi (o eritrociti), globuli bianchi o
leucociti (linfociti, monociti, granulociti neutrofili, granulociti eosinofili e granulociti
basofili) e piastrine derivanti dai megacariociti (spezzettati formano le piastrine)
presenti nel midollo osseo, in particolare nel midollo rosso dove vengono prodotte le
cellule del sangue.
Se in una provetta di sangue non inseriamo l’anticoagulante otteniamo la parte acquosa
chiamata siero che sarebbe il plasma senza fibrinogeno, cioè la proteina utile alla
coagulazione. Se in provetta mettiamo l’anticoagulante, vediamo che gli eritrociti si
sedimentano sul fondo (per rendere ciò più veloce centrifughiamo al provetta). VES velocità
di eritrosedimentazione L’ematocrito è la percentuale di cellule rispetto alla tonalità del
campione (a livello normale è 55% plasma e 45% cellule), diminuisce in caso di emorragia e
aumenta in mancanza di ossigeno. L’EPO (eritropoietina), prodotta anche dai reni, viene
utilizzata come doping per aumentare la percentuale di ematocrito. Il sangue è un liquido
newtoniano, ovvero varia la sua viscosità in base alla forze agenti. Se l’ematocrito è
superiore al 50%, la viscosità aumenta e quindi anche la pressione arteriosa.
Globuli rossi
Sono cellule anucleate, prive di nucleo che perdono durante la maturazione. Quando
vengono messi in circolo si chiamano reticolociti e non sono ancora maturi, ma sono
anch’essi privi di nucleo. I globuli rossi devono passare in vasi sottili e per fare ciò devono
deformarsi quindi sono molto elastici. Invecchiando il globulo rosso diventa rigido, quindi
quando passa per i sinusoidi della milza o del fegato, si rompe perché non si deforma.
Possiedono il citoplasma ma non il nucleo, hanno forma tondeggiante con un avvallamento
centrale più chiaro e trasportano l’ossigeno grazie all’emoglobina. L’uomo ne ha circa 5
milioni/mm3 mentre la donna circa 4,5 milioni/mm3 perché il maschio possiede più massa
muscolare mentre la donna più massa grassa (un millimetro cubo equivale ad un microlitro).
I vantaggi di non avere nucleo sono l’aver più spazio per l’emoglobina e l’elasticità, lo
svantaggio è che non potendo produrre proteine (no DNA) non possono riparare i danni
dell’invecchiamento cellulare (vivono in media 120 giorni).
Emoglobina: composta da 4 subunità e un gruppo eme, al cui centro vi è un atomo di ferro
ridotto (Fe2+). Qui deve esserci il ferro ridotto e non quello ossidato, perché quest’ultimo
lega in maniera troppo forte l’ossigeno. Il ferro del sangue può ossidarsi, formando la
metaemoglobina, dando un colore ruggine al sangue per riportare il ferro nella
conformazione ridotta si deve somministrare un antiossidante (per esempio la vitamina C).
L’emoglobina lega solo ferro bivalente per il trasporto ed è un tetramero (4 sub); nel fegato
viene smontata ed espulsa con la bile. Il ferro è difficile da eliminare, tuttavia è diffusa
l’anemia (carenza) soprattutto nelle donne (2 mg di fabbisogno, l’uomo 1 mg); le persone
che fanno trasfusioni ripetute hanno difficoltà nell’eliminare il ferro.
Il gruppo eme viene utilizzato per formare la bilirubina. Se la bilirubina viene prodotta in
quantità eccessiva, essa si accumula nel sangue, dando un tipico colore giallastro al sangue
(ittero).
Gruppi sanguigni
Un antigene è una qualsiasi molecola in grado di scatenare una risposta immunitaria.
Sui globuli rossi possono esserci due proteine, una sola o nessuna chiamate antigeni
(qualsiasi elemento che scatena una risposta immunitaria); i globuli possono avere:
● Antigene A (gruppo A)
● Antigene B (gruppo B)
● Entrambi gli antigeni (gruppo AB)
● Nessun antigene (gruppo 0)
Oltre agli antigeni sui globuli rossi, nel plasma ci sono degli anticorpi ovvero proteine con la
capacità di legarsi a particolari antigeni:
● Chi ha l’antigene A ha gli anticorpi anti-B
● Chi ha l’antigene B ha gli anticorpi anti-A
● Chi è di gruppo AB non ha nessun anticorpo
● Chi è di gruppo 0 ha entrambi gli anticorpi
La trasfusione sbagliata crea l’agglutinazione (grappoli di globuli rossi) che causerà l’emolisi
(rottura dei globuli rossi); il gruppo AB è il ricevente universale, il gruppo 0 il donatore
universale.
Agglutinazione degli anticorpi possono portare agglomerati di antigeni che precipitano.
Anni dopo è stato scoperto anche il fattore RH (antigene D): se il globulo rosso ha l’antigene
D il sangue è RH positivo quindi non ha anticorpi anti-D nel plasma; se non c’è l’antigene D il
sangue è RH negativo ed ha gli anticorpi anti D (si possono avere solo dopo un contatto con
il sangue RH-). Il fattore RH è la causa della malattia emolitica del neonato: alla prima
gravidanza anche se la madre è RH- non ci sono grossi problemi perché il suo sangue e
quello del neonato non entrano in contatto diretto, ma durante le successive gravidanze gli
anticorpi anti-D hanno memorizzato gli antigeni D e possono creare problemi al bambino
attaccando i globuli rossi.
Pressione osmotica
L’osmolarità del plasma è la concentrazione di soluzione salina uguale per tutti i liquidi ed è
pari a 300 mOsM/L quindi le sostanze devono avere stessa osmolarità per poter interagire.
Le soluzioni possono essere:
● Soluzione ipertonica: concentrazione salina esterna maggiore di quella presente nel
sanguei globuli rossi espellono l’acqua, si raggrinziscono e muoiono.
● Soluzione ipotonica: concentrazione salina esterna minore di quella presente nel
sanguei globuli rossi assorbono acqua gonfiandosi e rompendosi
● Soluzione isotonica: la concentrazione salina è uguale
Soluzione fisiologica: 9 g di sale in 1 L di acqua ed è la soluzione isotonica per eccellenza.
Globuli bianchi
Ematochimica
È lo studio delle componenti del plasma. Un esame è l’elettroforesi delle proteine del
sangue. Con il plasma si può effettuare il tracciato elettroforetico delle proteine per
rappresentare la tipologia di proteine presente nel sangue e la loro quantità. Il tracciato
elettroforetico è possibile grazie al fatto che le proteine sono cariche elettricamente. Le
proteine si spostano verso il lato positivo con diverse velocità; successivamente si colora il
supporto e quindi le proteine, cosa che ci permette di capire la quantità di esse. Le bande
formate vengono lette da un lettore ottico, che ci dà un grafico come il seguente.
Le albumine servono da trasportatori generici e giocano un ruolo centrale nella pressione
oncotica (pressione colloido-osmotica) del sangue (la pressione osmotica delle proteine,
ovvero la proprietà di trattenere l’acqua dentro a sé). L’albumina garantisce che l’acqua
rimanga nei vasi sanguigni. Se manca albumina (a seguito di problemi al fegato, visto che
l’albumina è prodotta da esso) l’acqua esce dai capillari formando l’edema e se
l’insufficienza epatica è molto grave si crea l’ascite, cioè presenza di acqua nel peritoneo.
Le globuline sono proteine di trasporto specifico (ogni sostanza ha la sua globulina precisa).
Alcune globuline sono ormoni.
Infine vi sono le proteine che trasportano le lipoproteine. Nel sangue trasportiamo anche
sostanze liposolubili. Internamente vi sono i lipidi idrofobi ed esternamente le lipoproteine
sono costituite da fosfolipidi e le proteine idrosolubile. La proteine delle lipoproteine sono le
apolipoproteine.
Coagulazione
Per piccoli traumi e ferite (anche interne) si sviluppa la coagulazione divisa in 2 fasi:
● Emostasi: è compiuta dalle piastrine che quando sono in forma attivata (forma
spinosa) si aggregano in grappoli nel punto di lesione. Quando le piastrine vengono
a contatto con l’endotelio, cominciano a rotolare, attivandosi e appiccicandosi
formando un tappo piastrinico. Questa capacità può essere pericolosa in un vaso
sanguigno sano, perciò i vasi sono rivestiti internamente dalle cellule endoteliali
con carica positiva esterna che respinge la carica positiva delle piastrine
mantenendole sospese; inoltre l’endotelio produce la prostaciclina che evita
l’aggregazione (e anche la presenza di ossido nitrico impedisce l’attivazione e
aggregazione delle piastrine). Quando si lesiona l’endotelio, lo strato di collagene
sottoendoteliale viene a contatto con il sangue, questo strato di collagene è negativo.
Questa carica negativa del collagene attira le piastrine che sono positive; un
altro fattore che richiama le piastrine è lo ione potassio, rilasciato dalla cellule
endoteliali. Le prime piastrine che arrivano sul punto di lesione si attivano e si
aggregano, rilasciando dei fattori. A questo punto si forma il tappo piastrinico,
meccanismo di emostasi. Il tappo piastrinico, detto anche trombo bianco, serve solo
per dare il tempo alla coagulazione di attivarsi. (L’emostasi è un meccanismo veloce,
ma poco resistente; la coagulazione è un processo lento, ma molto resistente)
● Coagulazione: porta alla formazione di un coagulo (detto trombo rosso, perché
questo tappo intrappola i globuli rossi). Il processo di coagulazione porta alla
polimerizzazione del fibrinogeno (una delle proteine plasmatiche), formando lunghi
filamenti di fibrina. Il fibrinogeno si compatta formando la fibrina che solidifica il
tappo piastrinico, intrappola i globuli rossi e forma il coagulo. Per controllare la
polimerizzazione del fibrinogeno si ha una cascata di fattori, che ne impediscono la
polimerizzazione spontanea. I fattori della coagulazione sono 13. Per la
polimerizzazione del fibrinogeno in fibrina è necessaria la trombina. Nel sangue
questa è già presente in forma inattiva, la protrombina, che viene attivata dal fattore
X, V (enzimi presenti in forma inattiva) e diversi ioni (il principale è lo ione calcio,
contatore indispensabile in 5 punti diversi della coagulazione). Il fattore X e il fattore
V si trovano nel plasma allo stato inattivato e vengono attivati da enzimi attraverso 2
vie differenti:
1. Via estrinseca, più rapida. Viene attivata nel momento in cui il sangue viene a
contatto con il collagene, quindi con una lesione di una vaso. Parte da un
fattore tissutale (tromboplasmina tissutale) che insieme al fattore VII e al
calcio attivano il fattore X e V, che a loro volta attivano la protrombina.
2. Via intrinseca, più lunga e quindi più lenta. È più lunga perché potrebbe
essere attivata anche dentro ai vasi, quindi serve maggior controllo e
sicurezza. Il meccanismo intrinseco è attivato da piccole lesioni dei capillari.
Cariche negative del collagene attivano il fattore XII, il quale a sua volta attiva
il fattore XI. Il fattore XI attivato, attiva il fattore IX e VIII, che attivano i fattori X
e V, riunendosi alla via estrinseca.
Apparato respiratorio
Diviso in 2 parti: le vie aeree (o zona di conduzione) e zona di scambio (di gas). Le vie aeree
di conduzione servono solamente per trasportare l’aria fino alla zona di scambio,
scaldandola ed umidificandola.
I polmoni sono avvolti dalla pleura: pleura viscerale che è a contatto con il polmone e la
pleura parietale che aderisce alla cavità toracica. Dentro il sacco pleurico, c’è la cavità
pleurica, riempita di liquido che permette lo scivolamento dei due foglietti pleurici.
Le vie aeree:
Le vie aeree iniziano a livello della trachea (livello 0) che si divide nei due bronchi principali: i
bronchi si distribuiscono in 23 generazioni, 20 sono solo vie di conduzione (zone di
conduzione o spazio morto), mentre le ultime 3 sono i bronchioli respiratori che formano la
zona respiratoria che terminano in un grappolo di strutture acinose, i sacchi alveolari ( gruppi
di alveoli, zona di scambio del polmone).
Alveoli:
Gli alveoli hanno una parete sottile costituita da pneumociti di I tipo. Ciascun alveolo è
percorso in superficie da una rete di capillari alveolari. La parete alveolare, l’interstizio e la
parete dei capillari forma la membrana respiratoria, ovvero la barriera che i gas devono
superare, per passare dall’aria atmosferica al sangue o viceversa.
Per oltrepassarla i gas hanno bisogno di energia fornita dal gradiente di pressione, se la
membrana è più spessa (polmonite) i gas necessitano di più energia (gradiente maggiore).
Dentro l’alveolo ci sono tre tipi di cellule: gli pneumociti tipo I (permettono lo scambio dei
gas), i macrofagi alveolari (eliminano i microbi) e gli pneumociti tipo II che producono il
surfactant (riveste la parete interna dell’alveolo). Il surfactant è un tensio attivo, ovvero
riduce la tensione superficiale, quella forza che trattiene le molecole d’acqua vicine tra loro.
L’alveolo è bagnato da un velo d’acqua che si deposita, quindi il surfactant permette alle
pareti alveolari di distaccarsi l’una dall’altra durante l’inspirazione così da potersi riempire
correttamente di gas. Il surfactant impedisce anche lo svuotamento degli alveoli piccoli negli
alveoli grandi durante l’espirazione. Il tensio attivo polmonare è una delle ultime cose che si
formano durante l’embriogenesi.
Nei capillari alveolari il sangue entra come venoso ed esce arterioso (il contrario).
Legge di Boyle
Relazione tra pressione e volume: la pressione è l’urto delle molecole di un gas contro le
pareti del contenitore ed è in relazione con il volume perché se riduco il volume del
contenitore aumentano gli urti (pressione aumenta) e viceversa.
Legge di Dalton (o delle pressioni totali)
In una miscela di gas la pressione totale equivale alla somma delle pressioni parziali; ogni
gas ha una sua pressione ed è proporzionale alla quantità di gas presente. La CO2 ha
pressione parziale 0,3 mmHg, mentre l’O2 ha pressione parziale 159 mmHg.
Legge di Henry
La quantità di un gas che si scioglie in un liquido è proporzionale alla pressione parziale del
gas e della sua solubilità. La solubilità di un gas dipende dalla pressione parziale e dalla
solubilità intrinseca della molecola (l’anidride carbonica è molto più solubile dell’ossigeno).
Pressione intrapolmonare
L’aria viene spostata grazie ad un gradiente di pressione (delta pressorio di 1 mmHg), quindi
la pressione varia da -1 a +1 mmHg rispetto alla pressione atmosferica (760 mmHg).
Il torace ed i polmoni sono appiccicati tra di loro; le forze di retroazione del polmone e di
espansione di torace si bilanciano.
Ciò che mantiene uniti polmone e torace è la pressione negativa intrapleurica. La pressione
della cavità pleurica è inferiore alla pressione atmosferica. Questa pressione oscilla durante
gli atti respiratori (da -4 a -7 mmHg) rimanendo comunque sempre negativa. Ciò permette
al polmone di seguire i movimenti del torace, senza impedimenti (cosa che si verificherebbe
se ci fossero dei legamenti) attraverso uno scivolamento permesso anche dal liquido
intrapleurico.
Se il sacco pleurico viene perforato, questa pressione viene a mancare pneumotorace (che
può essere traumatico o spontaneo), che porta al collasso del polmone.
Per compiere gli atti respiratori utilizziamo muscoli che si trovano nel torace. Il polmone non
possedendo cellule muscolari striate non può contrarsi, quindi i suoi movimenti sono passivi
e seguono i movimenti della gabbia toracica e del diaframma.
I muscoli respiratori sono striati, anche se tuttavia sono parzialmente involontari possiamo
modificarne il comportamento con la volontà (la componente involontaria è predominante).
● Muscoli principali che sono solo inspiratori: sono il diaframma e gli intercostali
esterni. Essi sono gli unici che lavorano durante la respirazione superficiale quando
si contraggono inspiriamo, mentre quando si rilassano espiriamo
- Diaframma: muscolo piatto che presenta il centro frenico (zona non
contrattile) e ventre che costituisce la cupola diaframmatica. Quando si
contrae si abbassa aumentando il volume della cavità toracica. Il diaframma
si sposta di 1 cm/1,5 cm, che corrisponde ad un aumento di volume della
gabbia toracica di 0,5L
- Muscoli intercostali esterni: sollevano le coste aumentando il diametro
trasverso del torace e il suo volume.
● Muscoli accessori che possono essere sia inspiratori che espiratori e che
vengono utilizzati durante la respirazione profonda. Questi muscoli aumentano la
variazione di volume, diminuendo la pressione polmonare permettendo inspirazione;
viceversa se fanno diminuire il volume, permettendo l’espirazione.
- Muscoli inspiratori accessori: quelli che sollevano le coste e sono m.
sternocleidomastoideo e gli m. scaleni
- Muscoli espiratori accessori: quelli che abbassano le coste e sono m.
intercostali interni, m. obliquo esterno, m. obliquo interno, m. retto addominale
e il m. trasverso che aumenta la pressione intraddominale.
Durante l’inspirazione il diaframma e i muscoli intercostali esterni si contraggono, il volume
della cavità toracica aumenta, la pressione intrapleurica diventa negativa, i polmoni si
espandono, la pressione intrapolmonare diventa negati e quindi l’aria entra nei polmoni. Il
contrario avviene per l’espirazione e tutto ciò avviene per 14/15 volte al minuto.
Trasporto dell’ossigeno:
● Viene trasportato dal plasma, ma solo 1,5%
● Il 98,5% viene trasportato dall’emoglobina
L’emoglobina è una proteina legata al globulo rosso. Presenta il gruppo eme, al cui centro vi
è un atomo di ferro ridotto (deve essere ridotto, perché quello ossidato si lega in maniera
troppo forte con l’ossigeno). È un tetramero, quindi ogni subunità presenta un gruppo eme.
Quando lega con l’ossigeno si chiama ossiemoglobina (emoglobina ossigenata), senza
ossigeno invece deossiemoglobina (metaemoglobina con ferro in forma ossidata).
La cinetica di dissociazione dell’emoglobina essendo un tetramero è particolare, presenta
una forma sigmoidea l’emoglobina lega l’ossigeno in maniera graduale, se l’emoglobina è
scarica ha affinità bassa ma aumenta quando lega la prima molecola di ossigeno e così via
formando su un grafico una curva ad s(sigmoide) di saturazione dell’emoglobina; viceversa
nel processo contrario una volta rilasciata una molecola di ossigeno ai tessuti anche le altre
verranno liberate più facilmente.
Valori significativi:
● 100 mmHg di pO2 e lo troviamo nel sangue alveolare e arterioso
● 40 mmHg di pO2 e lo troviamo nel sangue periferico venoso (100 e 40 mmHg sono i
valori di oscillazione della pressione parziale dell’ossigeno)
La curva non arriva mai al 100% di emoglobina ossidata, perché il sangue che esce dagli
alveoli saturato al 100% si mischia con il sangue che arriva dai bronchi, che è sangue
venoso; ciò provoca un abbassamento della saturazione dell’emoglobina al 98%. Ad un
valore di 100 mmHg (pressione presente negli alveoli) l’emoglobina è quasi completamente
satura. A livello dei capillari periferici, l’ossigeno viene estratto dalle cellule, facendo
scendere bruscamente la pressione parziale dell’ossigeno fino a 40 mmHg. A questo livello
si ha il 75% di emoglobina saturata, quindi a livello dei capillari periferici il sangue cede solo
il 25% di emoglobina ossigenata. Ciò avviene a riposo.
Le cose cambiando quando si consuma maggiormente ossigeno, quindi in uno stato di
attività. Se si consuma molto velocemente l’ossigeno, la pressione parziale dell’ossigeno
scende bruscamente fino a 20 mmHg a 20 mmHg abbiamo il 35% di emoglobina saturata.
Quindi consumando maggior ossigeno, si convince l’emoglobina a rilasciare ancora più
ossigeno.
Un altro modo per rilasciare più ossigeno è spostare (shift) la curva di dissociazione verso
destra; sempre a 20 mmHg (pressione parziale di ossigeno a livello tissutale) si ha il 25% di
emoglobina ossigenata, quindi si ha una cessione del 75% di ossigeno.
A condizionare questo processo di shift intervengono 3 fattori: temperatura, PH e pressione
parziale. Con l’aumento della temperatura, l’aumento della pressione di anidride
carbonica e la diminuzione del PH la curva sigmoide si sposta verso destra(shift) e
l’emoglobina cede più facilmente l’ossigeno. Vi è un quarto fattore che fa shiftare la
curva verso destra l’aumento del 2,3-difosfoglicerato che fa diminuire l’affinità. Questo
fenomeno è locale cioè indirizzato alla parte del corpo che necessita di più ossigeno.
L’emoglobina fetale ha un’affinità all’ossigeno maggiore rispetto a quella materna, infatti
l’emoglobina fetale (detta HbF) presenta 2 subunità alpha e due subunità gamma; queste
ultime impediscono l’interazione dell’emoglobina fetale con il 2,3-difosfoglicerato, forzando
l’HbF ad assumere una forma ad alta affinità per l’ossigeno.
I gas devono attraversare delle barriere. La spinta che permette ai gas di attraversarle è il
loro gradiente di pressioni parziali. Le pressioni parziali sono:
● Per l’ossigeno 100 mmHg (presente nell’area alveolare e nel sangue arterioso) e 40
mmHg (presente nelle cellule periferiche dei tessuti e nel sangue venoso). Quindi il
gradiente di pressione è pari a 60 mmHgla forza che spinge l’ossigeno dall’alveolo al
sangue e dal sangue alla cellule.
● Per l’anidride carbonica 40 mmHg (presente nell’area alveolare e nel sangue
arterioso) e 46 mmHg (presente nelle cellule periferiche dei tessuti e nel sangue
venoso). Quindi il gradiente di pressione è pari a 6 mmHg, quindi un decimo rispetto
al gradiente di ossigeno (questo perché la CO2 essendo più solubile, la forza
necessaria per attraversare le barriere è bassa).
Ipossia: indica una diminuzione del contenuto di ossigeno in qualsiasi parte del corpo
Ipossimia: diminuzione di ossigeno a livello del sangue arterioso.
Centri respiratori
I muscoli inspiratori necessitano di motoneuroni che partono dal tronco dell’encefalo (bulbo,
ponte e mesencefalo), precisamente bulbo. Abbiamo due gruppi di motoneuroni: un gruppo
dorsale (neuroni inspiratori) e un gruppo ventrale (neuroni espiratori). Questi neuroni
scaricano in maniera involontaria. I neuroni espiratori funzionano solo durante la
respirazione forzata, quando i neuroni ispiratori sono inibiti.
Altri centri sono il centro pneumotassico ed il centro apneustico, la cui funzione è ancora
ignota; forse servono a garantire il passaggio dalla fase inspiratoria ed espiratoria. Altro
dubbio scientifico è la collocazione del pacemaker respiratorio, che scandisce il ritmo
respiratorio.
Anche l’apparato respiratorio come tutti gli apparati viscerali necessita di un controllo
riflesso, controllo in cui uno o più recettori registrano l’attività dell’apparato respiratorio,
informando l’encefalo. Questo controllo è permesso dai chemocettori, situati nello stesso
punto dei barocettori, nell’arco dell’aorta e nel seno carotideo. Questi chemocettori
sono raggruppati in glomi: glomi aortici e glomi carotidei. Questi chemocettori sono sensibili
alla pressione parziale dell’ossigeno (parametro poco sensibile, i chemocettori sono attivati
dalla pO2 solo in casi di emergenza), alla pCO2 e al pH. I chemocettori avvertono queste
variazioni, le comunicano ai centri respiratori che adattano la respirazione di conseguenza.
Questi sono i chemocettori periferici, ma ne esistono anche di centrali che si trovano nel
bulbo, situati molto vicino ai neuroni respiratori. Essi sono sensibili soltanto alla pCO2 e al
pH.
Tosse e starnuto sono due atti riflessi, che sono dati da un ispirazione profonda e da un
espirazione violenta (l’espirazione inizia a glottide chiusa). La tosse serve per liberare le vie
profonde da agenti estranei, mentre lo starnuto libera le vie aeree alte.
Apparato urinario
Permette il bilancio idrico: al giorno viene espulsa una quantità di acqua di circa 2 litri quindi
devono entrare nel corpo almeno 2 litri di acqua al giorno. L’acqua metabolica può arrivare
anche a 300-400 ml. L’espulsione può avvenire tramite la cute e i polmoni per diffusione con
la perspiratio insensibilis (traspirazione), la perdita di vapore acqueo durante la respirazione
(invisibile), ma soprattutto tramite urina e feci. La traspirazione è stata osservata da Sartorio
Sartorio poiché ha notato che verificando la quantità di ml a fine giornata ne risultava
mancare sempre una parte, inoltre scoprì che il cibo viene convertito in calore e dissipato.
La diffusione espelle circa 700-850 ml in 24 ore e dissipa 0,9 calorie per ogni grammo di
acqua persa.
Rene
Presenta una zona corticale ed una midollare. La parte midollare è organizzata in settori di
forma conica (piramidi renali o dei Malpighi ) con la base verso la superficie esterna e l’apice
verso l’ilo renale. Dall’ilo renale esce l’uretere che porta l’urina fino alla vescica. All’interno
del rene si trova la pelvi renale che raccoglie l’urina convogliandola verso l’uretere.
Ha molteplici funzioni:
● Regolazione pressione osmotica (e quindi l’equilibrio idrico concentrazione degli
elettroliti sodio, potassio, calcio e cloro: quella del sangue deve essere 300
mOsm/L), il solvente è sempre l’acqua mentre i soluti sono principalmente sodio,
potassio e cloro poiché il rene si occupa essenzialmente di questi;
● Regolazione concentrazione plasmatica;
● Regolazione acido-base (il PH deve assolutamente essere tra 7,3-7,4, i valori ottimali
per la sopravvivenza delle proteine);
● Regolazione volume dei liquidi corporei (eliminando l’acqua la pressione sanguigna
diminuisce)
● Regolazione pressione arteriosa (il rene mantiene la pressione arteriosa alta, perché
per funzionare, essa deve essere alta)
● Eliminazione dei prodotti di scarto dei processi metabolici (soprattutto prodotti
azotati);
● Eliminazione di farmaci e di composti tonici;
● Produzione o attivazione di ormoni (EPO, vitamina D è un ormone con un recettore
potente e controlla l’espressione di 200 geni; viene prodotta in prima fase sulla pelle,
passa al fegato dove avviene la prima idrossilazione e infine al rene dove avviene la
seconda idrossilazione);
● Degradazione di ormoni;
● Sintesi di ione ammonio (NH4+) e glucosio (in quantità minore rispetto al fegato).
Il rene può eliminare solo sostanze di scarto idrosolubili: le sostanze di scarto liposolubili
vengono rese idrosolubili nel fegato, così da essere eliminate dal rene.
L’uretere è un condotto che trasporta l’urina dal rene alla vescica, mentre l’uretra la porta
dalla vescica verso l’esterno. La corteccia renale ha una parte interna chiamata midollare
scura dove risiedono le piramidi renali che raccolgono l’urina nelle pelvi renali.
Nefrone
L’unità funzionale del rene, ovvero la più piccola parte di un organo in grado di svolgere la
sua funzione, è il nefrone. Il nefrone è un insieme di vasi e tubuli renali:
● Vasi: le arteriole arcuate sono situate alla base della piramide renale e diventano le
arterie interlobulari quando si diramno nella corticale; da queste nascono per
ramificazioni le arteriole afferenti. Le arteriole afferenti portano il sangue verso il
glomerulo del Malpighi (che è un gomitolo di capillari sottilissimi esclusivamente
arterioso dotato di finestre molto ampie dette filtri renali); da qui emerge l’arteriola
efferente (diametro ridotto poiché nel glomerulo si hanno grosse perdite di acqua,
che fanno diminuire il volume del sangue). Nel glomerulo avviene il primo processo
per la formazione dell’urina (filtrazione glomerulare che avviene solo grazie alla
pressione idrostatica elevata, possibile quindi solo se vi è sangue arterioso). Esce
solo acqua. L'arteriola efferente forma i capillari che circondano i tubuli diventando
capillari normali quindi oltre a permettere il filtraggio e lo scambio di sostanze con il
tubulo, permette lo scambio dei gas (entra sangue arterioso ed esce quello venoso);
il 20% circa della gittata cardiaca viene data ai reni.
● Tubuli renali: il glomerulo è avvolto dalla capsula di Bowmann che raccoglie i
liquidi usciti da esso. Questi liquidi scorrono lungo il tubulo del nefrone che si divide
in 3 parti: il tubulo contorto prossimale (percorso tortuoso e si trova vicino alla
capsula di Bowmann) oltrepassa i vasi arcuati entrando nella midollare diventa
rettilineo (non più contorto), scende verso l’apice della midollare, si piega ad U
formando l’Ansa Henle (che presenta un tratto discendente con una parete sottile e
permeabile all’acqua, mentre il tratto ascendente presenta una parete più spessa ed
impermeabile all’acqua: lo spessore della parete ha un significato fisiologico); dopo
essere rientrata nella corticale, il tubulo torna contorno (tubulo contorto distale).
Quest’ultimo termina la sua corsa nel dotto collettore (che passa dalle colonne
renali o del Bertin), tubulo rettilineo, dove si raccoglie il prodotto di molti nefroni. Il
dotto collettore nasce nella corticale, entra nella midollare e arriva fino alla pelvi
renale. Man mano che scende verso la pelvi, aumenta il suo diametro.
Il tubulo contorto distale si unisce alle due arteriole e forma un piccolo spazio triangolare che
contiene delle cellule (le cellule della macula densa): l’apparato iuxtaglomerulare che è un
sensore che avverte la pressione del sangue.
Filtrazione
Riassorbimento
Clearance
È volume di plasma che viene depurato in un minuto da una certa sostanza nel suo
passaggio attraverso il rene (non è una caratteristica del rene, ma è una caratteristica della
sostanza).
Se una sostanza filtrata a livello del glomerulo viene integralmente secreta con l’urina, allora
la clearance corrisponde alla VFG.
Se una sostanza viene anche secreta dai tubuli la sua clearance sarà superiore alla VFG.
Se una sostanza viene riassorbito dai tubuli, la sua clearance sarà inferiore alla VFG.
Dialisi
Equilibrio acido-base
Ogni sostanza ha un certo valore di PH, sia il liquido intracellulare sia quello extra. Il PH del
sangue è 7,4 e deve essere mantenuto costante (unico valore biologico che non può
oscillare se non per pochissimo) perché altrimenti le proteine plasmatiche si denaturano (se
ciò dovesse accadere verrebbe alterata la funzione delle proteine). Gli acidi entrano nel
corpo tramite le proteine e i grassi e in più li autoproduce l’organismo convertendo l’anidride
carbonica nelle cellule; le basi invece vengono introdotte tramite i canali vegetali (sali del
calcio e del magnesio).
Ogni giorno il nostro corpo deve fare un bilancio acido (questo perché normalmente viene
aumentata l’acidità, perché il nostro corpo tende a sviluppare acido dalle proteine e dalla
CO2
.La quantità di acidità prodotta che bisogna compensare si divide in:
● Volatile (gas): come l’acido carbonico trasformato in CO2 ed eliminato con la
respirazione;
● Non volatile (fisso): come l’acido lattico, l’acido fosforico e i corpi chetonici (prodotti
dal catabolismo degli acidi grassi è particolarmente abbondanti quando si ha un
problema al metabolismo degli zuccheri).
L’acetone (liquido volatile) viene eliminato attraverso l’aria espirata, mentre l’acido
acetacetico e l’acido β-idrossibutirrico attraverso le urine. Siccome l’acetone ha la
capacità di attraversare la membrana ematoencefalica va a stimolare l’area postrema
cioè il centro di controllo del vomito.
Ci sono 4 sistemi per correggere il PH:
● Tamponamenti (temporanei):
○ Tamponamento extracellulare (dura per alcuni secondi): è un meccanismo
puramente chimico. è un meccanismo reversibile il cui prodotto dipende dalle
concentrazioni tra reagenti e prodotti. Il tampone extracellulare è dato da 3
tamponi chimici: tampone bicarbonato (acido carbonico e il bicarbonato; in
realtà l’acido carbonico non è presente nel nostro corpo e si utilizza la CO2),
tampone fosfato (i suoi elementi sono il fosfato acido HPO42-ed il fosfato
basico H2PO4-) e tampone proteico (i suoi elementi sono una proteina e la
proteine deidrogenata). Queste soluzioni tampone cedono o assorbono ioni
H+. Tampona il 50% degli acidi non volatili e il 60% delle basi.
○ Tamponamento intracellulare (dura alcuni minuti): è lo stesso meccanismo
visto per il trasporto della CO2, del suo ingresso nei globuli rossi, della sua
scissione grazie all’anidrasi carbonica che lo converte in acido carbonico che
viene dissociato in ione H+(assorbito dall’emoglobina) e bicarbonato. È in
grado di tamponare il 100% degli acidi volatili (CO2) e il 50% degli acidi non
volatili, mentre il 20%-40% delle basi.
● Compensi:
○ Compenso respiratorio (il più veloce): avviene solo se lo scompenso ha
origine metabolica (lo scompenso è un'alterazione che può essere alcalosa o
acidosa e può avere origine metabolica o respiratoria). Il compenso avviene
tramite l’aumento o la diminuzione dell’attività respiratoria. Se il PH scende,
l’attività respiratoria aumenta e quindi iperventilo (elimina CO2 diminuisce la
Pco2=10 mmHg), mentre se il PH sale, l’attività respiratoria rallenta e quindi
ipoventilo (trattiene CO2 aumenta la Pco2=60 mmHg); è coordinato dai
chemocettori.
○ Compenso renale (lento, infatti dura diverse ore, ma più potente): il
compenso renale è l’unico che è in grado di eliminare completamente
l’idrogeno (gli altri 3 sistemi lo nascondono). Il primo meccanismo possibile è
il riassorbimento di bicarbonato: se ho acidosi aumento il riassorbimento, se
invece ho alcalosi riduco il riassorbimento del bicarbonato. Il secondo
meccanismo è la secrezione di ioni idrogeno: nel tubulo contorto prossimale
si trova l’anidrasi carbonica che produce acido carbonico e lo ione idrogeno
viene rilasciato nell’urina (nell’urina ci sono tamponi fosfato). Il terzo
meccanismo permette produzione di ioni ammonio(NH4+), cioè lo ione
idrogeno legato all’ammoniaca, che viene eliminato con l’urina. In generale in
tutti e 3 i meccanismi se c’è acidosi accelera il meccanismo, se c’è alcalosi
rallenta il meccanismo.
La misurazione del pH del sangue si fa tramite l’EGA (EmoGasAnalisi) :si effettua sull’arteria
radiale e permette di verificare diversi parametri tra cui i più importanti del PH (7,4), della
Pco2 (40 mmHg) e del bicarbonato (24 mEq/L) che forniscono la fotografia del momento. Se
PH<7,4 si ha acidosi, per sapere se è metabolica o respiratoria si guardano gli altri
parametri (se HCO3-<24 e Pco2 normale è metabolica, se Pco2>40 e HCO3- normale è
respiratoria); lo stesso metodo è valido per le alcalosi, ma l'inverso.
Sistema endocrino
È uno dei 4 sistemi che mantiene l’omeostasi. Inoltre inizia, media e regola i processi di
crescita, sviluppo, maturazione, riproduzione e invecchiamento.
È visto come l’antagonista del sistema nervoso, infatti entrambi utilizzano messaggeri
chimici, molecole che danno il via a processi cellulari. Tuttavia è più lento del sistema
nervoso, perché per consegnare le sue molecole chimiche, gli ormoni , utilizza il sangue. Gli
ormoni prodotti dalle ghiandole agiscono solo su alcune cellule, dette cellule bersaglio
dell’ormone, quelle che presentano il recettore. I recettori legano con l’ormone e iniziano la
via metabolica correlata. Gli ormoni regolano anche la sintesi cellulare (detti ormoni
genomici).
L’ipotalamo, struttura appartenente al sistema nervoso, controlla le funzioni di base
dell’organismo ed è strettamente collegato all’ipofisi a formare l’asse ipotalamo-ipofisario.
Ghiandole endocrine
Il sistema endocrino agisce tramite il meccanismo di feedback negativo che può essere
inibente (tanti ormoni, si interrompe la produzione) o stimolante (pochi ormoni, si attiva la
produzione); altrimenti può agire tramite feedback positivo quando il prodotto dell’azione di
un ormone stimola l’ulteriore liberazione di quel ormone.
Complesso ipotalamo-ipofisi
Pancreas endocrino
All’interno del pancreas ci sono gruppi di cellule endocrine che costituiscono le isole di
Langherans. Le cellule endocrine del pancreas sono le cellule alpha (che producono
glucagone), le cellule beta (che producono insulina) e cellule D (che producono
somatostatina, ormone paracrino che rimane nel fluido interstiziale e controlla i livelli degli
altri due ormoni).
L’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante, invece di ormoni iperglicemizzanti ce ne sono
diversi tra cui il glucagone (altri ormoni iperglicemizzano con effetto secondario per esempio
il cortisone, l’adrenalina, il GH e gli ormoni tiroidei). Nasce come precursore (catena C), che
viene tagliando per attivare l’insulina.
Il valore normale di glicemia dette essere tra 70-110 mg/dl circa ed equivale al glucosio
presente nel nostro sangue. Quando mangiamo, la glicemia sale e ciò stimola la produzione
di insulina, riducendo il livello di glicemia. L’insulina per fare ciò, fa entrare il glucosio dentro
alle cellule, soprattutto a livello del tessuto muscolare (NB i neuroni non necessitano di
insulina per l’ingresso del glucosio), ed entra attraverso trasportatori proteici (GLUT-4).
Questi trasportatori non sono sempre esposti all’esterno della cellula, infatti a digiuno si
trovano internalizzati in vescicole. Quando l’insulina si lega al suo recettore, le vescicole si
fondono con la membrana permettendo al trasportatore di entrare in contatto con il glucosio.
Il fegato non ha bisogno di insulina per far entrare il glucosio, ma per permettere la
sintesi di glicogeno, ovvero la formazione della riserva energetica di glucosio nelle forme
animali (l’essere umano adulto a circa 0,5 kg di glicogeno per lo più situato nel fegato, il
restante nel muscolo).
Nell’ipotalamo ci sono i centri della fame che hanno bisogno dell’ingresso dell’insulina, per
far interrompere “la fame” mentre ci alimentiamo (entrando l’insulina, l’ipotalamo percepisce
che la glicemia si è alzata).
L’insulina è un ormone anabolizzante e ha effetti su tutti e 3 i metabolismi principali
(glucidico, proteico e lipidico).
● Nel fegato favorisce la sintesi proteica, lipidica, aumenta la sintesi di glicogeno e
riduce la gluconeogenesi
● Nel muscolo aumenta l’ingresso di glucosio, l’ingresso di amminoacidi, la sintesi di
proteine, la sintesi di glicogeno e l’ingresso di potassio e diminuisce il catabolismo
proteico
● Nel tessuto adiposo aumenta l’ingresso di glucosio, la sintesi di acidi grassi e il
deposito di trigliceridi
Il glucagone agisce bilanciandosi con l’insulina. Quindi l’insulina è l’ormone post
alimentazione, mentre il glucagone è l’ormone del digiuno. Ha effetti opposti all’insulina.
Ghiandole surrenali
Gli ormoni femminili sono gestiti dalle gonadotropine ipofisarie (FSH e LH) e sono gli
estrogeni ed il progesterone. Hanno un andamento periodico e ciclico. Il loro ciclo permette
la maturazione del follicolo e l’ovulazione. Quest’ultima è preceduta da un picco di estrogeni;
dopo l’ovulazione gli estrogeni diminuiscono. Ciò che ne rimane del follicolo viene
trasformato in corpo luteo, ghiandola che produce progesterone. Se l’ovulo viene fecondato
il corpo luteo si mantiene e il progesterone continua ad essere prodotto (perché un ormone
prodotto dalla placenta, la gonadotropina corionica umana, mantiene vivo il corpo luteo). Il
progesterone inibisce le contrazioni dell’utero. Se l’ovulo non viene fecondato, il corpo luteo
va incontro a deiescenza e la secrezione di progesterone cala, provocando lo sfaldamento
dell’endometrio.
Il digiuno:
La vitamina D
In realtà per l’uomo non è una vitamina, perché siamo in grado di sintetizzarla e perché
presenta su determinate cellule un recettore intranucleare. La vitamina D è uno steroide,
quindi attraversa le membrane e trova i suoi recettori direttamente sul DNA.
L’energia solare è un potente motore di importanti processi naturali. La vitamina D è dato dal
suo precursore, che arrivando ai capillari dell’occhio entra a contatto con i raggi UV→ i raggi
UV possono essere UVC, UVB (producono molta energia quindi sono i responsabili delle
scottature), e UVA (sono i più penetranti, ma hanno meno energia). I raggi UVA hanno
irradiazione costante durante la giornata, mentre i raggi UVB hanno un picco intorno a
mezzogiorno e sono questi i raggi utilizzati maggiormente per la sintesi di vitamina D.
Il legame tra l’anello intermedio viene rotto dalla fotolisi ed il prodotto è proprio la vitamina D
quindi il precursore 7-deidrocolesterolo+raggi UV→ vitamina D3. Questa circola arriva nel
fegato, dove viene aggiunto un gruppo -OH. Nel sangue incontra un secondo enzima che
aggiunge un ulteriore gruppo -OH diventando 1,25-diidrossicolecalciferolo la forma attiva
della vitamina D. Per l’attivazione della vitamina D servono dei cofattori: il paratormone e
Klotho. Quest’ultima proteina è utile per la difesa contro la produzione di radicali
dell’ossigeno (quindi favorisce la formazione di perossidanti) e serve per gestire alcune vie
metaboliche.
La vitamina D è correlata con la perdita di memoria durante l’invecchiamento. La vitamina
Klotho è importante per la produzione di enzimi, per la sopravvivenza cellulare, e favorisce
la formazione di perossidanti.
La vitamina D attivata deve legarsi nel citoplasma ad una molecola di trasporto, così da
poterla trasportare ad altri recettori presenti nel nucleo. Il recettore della vitamina D si
deforma al suo arrivo. Il recettore della vitamina D è stato trovato in 30 tipi di cellule diverse
e si ritiene che la vitamina D possa regolare 200 geni diversi: tra le reazioni importanti della
vitamina D abbiamo la produzione di calcio, permette l’inibizione della proliferazione
cellulare, dell’angiogenesi, stimola la produzione di insulina, inibisce la produzione di renina,
stimola la produzione di composti antibatterici e stimola la sua autodistruzione.
Tra 30-60 mg/ml (75-150 nmol/L) è il valore normale di vitamina D nel nostro sangue.
Essendo una sostanza lipofila (come tutte quelle lipofili che sono le vitamine A, D, E, K), si
accumula nel tessuto adiposo, provocando tossicità quando arriva ad un valore di 150
mg/ml.
● Vitamina D e macrofagi: la vitamina D influenza i macrofagi ed i globuli bianchi in
generale: li aiuta a svolgere la loro funzione immunitaria. La vitamina D ha anche una
funzione antinfiammatoria, quindi un livello basso di vitamina D aumenta il rischio di
ostruzione coronarica.
● Vitamina D e diabete: statisticamente si è visto che un bambino con carenza di
vitamina D, ha un rischio aumentato del 200% di avere il diabete di tipo 1.
● Vitamina D e la sclerosi multipla: l’apporto di vitamina D è associato ad una più
lenta progressione della sclerosi multipla.
● Vitamina D e cancro: più sono alti i livelli di vitamina D, minore è il rischio di cancro
(soprattutto cancro all’esofago). La vitamina D previene angiogenesi dei tumori.
● Vitamina D e denti: la vitamina D promuove la sintesi di molecole (cadeicidina e
difensiva) e riducono la placca batterica dei denti ed è importante per lo sviluppo dei
denti
Apporto di vitamina D
La dose raccomandata varia leggermente con l’età. Da 0-12 mesi circa 400 unità, dalla
pubertà ai 70 anni 600 unità, successivamente 800 unità.
La fonte di vitamina D è prevalentemente animale: salmone, pesce azzurro, olio di fegato di
merluzzo, fegato di bovino, formaggi, uova, latte.
Rispetto a 40 anni fa si è osservato una minor assunzione della vitamina D.
La forma attiva di vitamina D è più efficace. La vitamina D è una sostanza adattogena, cioè
riesce a regolarizzare la risposta allo stress, promuove la proliferazione in cellule sane
(compattezza ossea, angiogenesi e riparazione delle ferite) e blocca la proliferazione delle
cellule malate portando all’apoptosi.
Forse la vitamina D forma un sistema di controllo binario insieme al cortisone, quindi
sistema bilanciato tra di loro. Entrambi devono coesistere per mantenere un
equilibrio.
Fisiologia dell’osso
È la più grande sede di deposito del calcio. Il calcio è indispensabile nella contrazione
muscolare, per la coagulazione del sangue, stimola la liberazione di acetilcolina nella
trasmissione nervosa, funge da ponte tra actina e miosina nell fibre muscolari e interviene
nel potenziale di membrana sull’eccitabilità del muscolo.
La calcemia è un valore estremamente regolato e deve essere compreso tra 9-10 mg/dl.
L’omeostasi del calcio avviene nell’intestino (assorbimento del calcio alimentare), rene
(attivazione vitamina D, riassorbimento/escrezione del calcio), tiroide (sintesi ed secrezione
di calcitonina dalle cellule parafollicolari) e paratiroidi (sintesi e secrezione di paratormone).
Il metabolismo del calcio è influenzato dalla dieta, dalla sua mobilizzazione dall'osso, dal
riassorbimento renale e dalle perdite intestinali.
L’omeostasi del calcio dipende da:
● PTH (paratormone): ipercalcemizzante
○ Vit.D dipendente
○ Le paratiroidi rispondono rapidamente al decremento del calcio con
incremento della sintesi di PTH
● Vitamina D: ipercalcemizzante
● Calcitonina: ipocalcemizzante
● L’effetto ipercalcemizzante facilita l'assorbimento intestinale di Ca2+, quindi ci sarà
più Ca2+ in sangue
● L’effetto ipocalcemizzante facilita l’entrata di Ca2+ in osso, quindi ci sarà meno Ca2+
in sangue
Ogni giorno assumiamo 1g di calcio con la dieta e con H20 minerale :350 mg li
assorbiamo, 200 mg li eliminiamo attraverso i reni e le feci
Nel nostro scheletro c’è 1Kg di calcio puro
Cellule dell’osso:
● Osteoclasti demoliscono il tessuto osseo, sciogliendo chimicamente l’osso.
● Osteoblasti rigenerano il tessuto osseo. Dopo aver costruito gli osteoni, vanno in
riposo e diventano osteociti
● Osteociti: cellule costituite da prolungamenti che formano una rete continua. La
matrice ossea ha un effetto pizoelettrico (si generano piccole correnti elettriche che
vengono raccolte dagli osteociti).
● Cellule di linea sono i precursori degli osteoblasti
Gli osteoni sono lamelle concentriche al cui centro troviamo una venula ed un arteriola.
Queste lamelle concentriche sono costellate di lacune occupate dagli osteociti; tra una
lacuna e l’altra vi sono canalicoli occupati dai prolungamenti degli osteociti.
L’osso è molto vascolarizzato ed è una struttura attiva. La parte centrale dell’osso è
costituito da trabecole, mentre gli osteoni si trovano in periferia; le trabecole sono date da
tessuto osseo attraversato da lacune, riempite da midollo osseo.
Gli osteoclasti degradano il tessuto osseo, producendo calcio ionizzato che viene riportato
nel sangue.
Il rimodellamento dell’osso:
Il rimodellamento non va confuso col rimaneggiamento osseo, termine con cui si intende
l'aspetto dinamico delle modificazioni continue a cui è sottoposto l'osso fisiologicamente e
per motivi di semplice omeostasi del calcio. È un fenomeno che accompagna l'individuo
durante la vita e si manifesta nella continua attività di apposizione e demolizione dell'osso. Il
fenomeno è prevalente nelle ossa lunghe nella porzione diafisaria nella quale il periostio
appone materiale nella parte esterna mentre nella parte interna gli osteoclasti lo
demoliscono a seconda delle necessità organiche di sali di calcio e fosforo. La fase
appositiva prevale in età giovanile determinando l'accrescimento dell'individuo, in età adulta
si ha una fase di mantenimento, mentre in età senile si ha una prevalenza della fase
demolitiva che determina l'indebolimento della struttura fino all'eventuale rottura.
Wolff’s law:
Questa legge è stata sviluppata da Julius Wolff (1836-1902) nel XIX secolo, afferma che
l'osso di una persona o di un animale sano si adatta ai carichi sotto i quali è collocato. Se il
carico su un particolare osso aumenta, l'osso si rimodellerà nel tempo per diventare più forte
per resistere a quel tipo di carico. L'architettura interna delle trabecole subisce cambiamenti
adattativi, seguiti da cambiamenti secondari alla porzione corticale esterna dell'osso,
diventando più spesso di conseguenza. Anche l'inverso è vero: se il carico su un osso
diminuisce, l'osso diventerà meno denso e più debole a causa della mancanza dello stimolo
richiesto per il continuo rimodellamento. Questa riduzione della densità ossea (osteopenia) è
nota come protezione da stress e può verificarsi a seguito di una sostituzione dell'anca (o di
un'altra protesi).
Il rimodellamento dell'osso in risposta al carico viene ottenuto mediante
meccanotrasduzione, un processo attraverso il quale le forze o altri segnali meccanici
vengono convertiti in segnali biochimici nella segnalazione cellulare. La meccanotrasduzione
che porta al rimodellamento osseo coinvolge le fasi del meccanocoppiamento,
dell'accoppiamento biochimico, della trasmissione del segnale e della risposta cellulare. Gli
effetti specifici sulla struttura ossea dipendono dalla durata, dall'ampiezza e dalla velocità di
carico e si è riscontrato che solo il carico ciclico può indurre la formazione dell'osso. Una
volta caricato, il fluido scorre lontano dalle aree ad alto carico di compressione nella matrice
ossea. Gli osteociti sono le cellule più abbondanti nell'osso e sono anche i più sensibili a tale
flusso di liquidi causato dal caricamento meccanico. Dopo aver rilevato un carico, gli
osteociti regolano il rimodellamento osseo segnalando ad altre cellule molecole di
segnalazione o contatto diretto. Inoltre, le cellule osteoprogenitrici, che possono
differenziarsi in osteoblasti o osteoclasti, sono anch’esse meccanosensori e possono
differenziarsi in un modo o nell'altro a seconda delle condizioni di carico.