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Fisiologia

La fisiologia è la scienza che descrive il normale funzionamento fisico e chimico di un


organismo vivente e delle sue parti (sistemi, apparati, tessuti e cellule). La fisiologia è
l’insieme dei meccanismi che trasformano la variabilità dell’ambiente esterno in costanza
dell’ambiente interno.
L’uomo è un insieme di cellule separate dall’ambiente esterno da barriere (cute e mucose)
che lo difendono dagli agenti esterni. L’acqua rappresenta il 60% della massa corporea e il
90% delle molecole corporee.
Omeostasi:
● Claude Bernard: è il creatore della fisiologia moderna. Disse che le cellule di un
corpo sono abituate a vivere in equilibrio (omeostasi). Il nostro equilibrio interno può
essere minacciato.
● Walter Cannon: introdusse il concetto di omeostasi che è la tendenza naturale al
raggiungimento di una relativa stabilità interna chimico-fisica che accomuna tutti gli
organismi viventi, per i quali tale stato di equilibrio deve mantenersi nel tempo, anche
al variare delle condizioni esterne, attraverso dei precisi meccanismi autoregolatori.
In molti processi biologici, l'omeostasi mantiene la concentrazione chimica di ioni e
molecole, e permette alla cellula di sopravvivere.
L'omeostasi, sia a livello cellulare sia a livello dell'intero organismo, viene assicurata da un
complesso gioco di regolazioni atto a stabilire i vari parametri fisiologici (temperatura,
concentrazioni, ecc.) rispetto alle condizioni esterne, riportandoli ai valori abituali quando
vengono modificati.
La stabilità è data dal feedback che è un processo per cui l’effetto risultante dall’azione di un
sistema si riflette sul sistema stesso per variarne e correggerne opportunamente il
funzionamento. Può essere positivo o negativo,a seconda che si abbia, come risultato finale,
l’intensificazione oppure l’attenuazione dell’effetto. Negativo→ smorza la funzione, lo fa
oscillare attorno ad un punto di equilibrio (un valore di riferimento); positivo→ amplifica una
funzione e poi la sopprime al raggiungimento di essa.
Nell’ipotalamo vengono registrati tutti i valori di riferimento per il feedback negativo. I
meccanismi di feedback vengono attuati solo in risposta a uno stimolo, ossia DOPO che è
avvenuto un cambiamento, mentre non possono prevederlo intervenendo come meccanismi
anticipatori, ossia prima che la variazione si verifichi, per evitarla. Tali meccanismi
anticipatori esistono e sono detti di Feedforward, intervengono per indirizzare un processo
prima che la variazione si verifichi.
Feedforward: è l’opposto del feedback e lo si trova per esempio nelle ghiandole della
mucosa intestinale.

Allostasi:

È la capacità degli esseri viventi di mantenersi stabili e vitali attraverso il cambiamento,


adattando i propri sistemi interni alla mutate condizioni ambientali. Quindi a differenza
dell’omeostasi non si riferisce a qualcosa di statico.
Se il carico allostatico diventa eccessivo, avremo una perdita di equilibrio e quindi una
perdita di funzioni cellulari. Il carico allostatico è il prezzo che il nostro organismo è costretto
a pagare per adeguarsi a cambiamenti indesiderati o situazioni vissute, andando a
modificare alcuni parametri interni per mantenere inalterate le funzionalità di organi e
apparati. I meccanismi allostatici sono protettivi nel breve periodo, ma deleteri nel lungo.
Quando i cicli allostatici si susseguono nel tempo senza interrompere il loro carico si passa
al sovraccarico allostatico che logora tessuti, cellule e organi, finendo per comprometterne la
migliore funzionalità.

L’obiettivo degli organismi viventi è conservare se stesso e la specie e per fare ciò l’uomo
svolge tre funzioni:
● Regolare gli equilibri (omeostasi)
● Relazionarsi con l’ambiente esterno (per farlo richiede scheletro, muscoli e sistema
nervoso)
● Riprodursi
L’omeostasi è controllata da 4 sistemi:
- Sistema nervoso somato-sensitivo (vie nervosi afferenti, sensibilità tattile,
propriocettiva, termica e dolorifica).
- Sistema nervoso cognitivo/limbico (apprendimento, memoria ed emozioni)
- Sistema nervoso vegetativo (autonomo)
- Sistema nervoso enterico. Dovrebbe controllare solo l’aspetto somato-sensitivo
dell’intestino, ma fa più cose.

Sistema nervoso cognitivo:


Ha una sede anatomica ben precisa, detto sistema limbico; è una serie di strutture ad anello
intorno al corpo calloso e ai due talami (posizione centrale quindi). Questo è il nostro
cervello emotivo; è la sede della memoria (a breve termine nell’ippocampo e a lungo termine
nella neocorteccia). Oblio: meccanismo di cancellazione dei ricordi. Il passaggio dal breve
termine al lungo termine è dato da una “scelta” dell’ippocampo; per convincere l’ippocampo
ad “accettare” un determinato ricordo devo continuare a ripeterlo. Una piccola parte del
sistema limbico (l’amigdala) si interessa dell’aspetto emotivo: l’amigdala ci permettere di
rivivere i ricordi. L’amigdala è inoltre collegata al bulbo olfattivo.
Le funzioni del sistema limbico sono:
● Plasticità (forma nuovi collegamenti)
● Risposta allo stress
● Vigilanza/attenzione
● Apprendimento da stimoli sensoriali
● Apprendimento pavloviano (condizionamento)
● Controllo degli stati affettivi
Vi è sovrapposizione dei sistemi nervosi dal più antico al più moderno, ciò significa che non
si sostituisce nulla, ma che tutto viene aggiunto/sovrapposto. Ciò si vede dal tipo di fibre
(quelle moderne mielinizzate non hanno sostituito quelle vecchie). Abbiamo 3 cervelletti
diversi che sono quello arcaico, quello antico e quello moderno.
MacLean: coniò il termine del cervello trino: tre gusci diversi di sistema nervoso centrale dal
più arcaico al più moderno senza sostituzioni, ma sovrapposizioni e aggiunte.
● Parte arcaica detta “cervello rettiliano” chiamato così perché simile per anatomia e
funzioni al cervello dei rettili. E’ la parte più antica.
● Parte antica detta “cervello paleo-mammaliano” che lo si trova nei mammiferi poco
evoluti.
● Parte moderna detta “cervello neo-mammaliano” tipico dei mammiferi più evoluti

Sistema nervoso autonomo o vegetativo:


Agisce al di fuori della nostra volontà e consapevolezza e si divide in due parti:
● Parasimpatico o vagale (per il nervo vago): è un sistema nervoso che rallenta. Quindi
è particolarmente attivo durante il sonno e la digestione.
● Ortosimpatico: è un sistema nervoso che accelera. È quello che ci fa superare le
difficoltà.
Entrambi scaricano impulsi nervosi in maniera tonica, ovvero in maniera continua, ma non
sempre con la medesima intensità.

Sistema endocrino:
Alla base del sistema endocrino vi è la comunicazione resa possibile da neuro-trasmettitori,
ormoni e citochine. Formato da ghiandole che producono ormoni liberati nel sangue, è più
lento, ma ha un’azione prolungata rispetto al sistema nervoso (anche il grasso e i muscoli
vengono considerati endocrini). Per mantenere quindi l’equilibrio i vari sistemi producono dei
messaggeri che sono i neuro-trasmettitori (dal nervoso), gli ormoni (dall’endocrino) e le
citochine (dai restanti). Per trasmettere le informazioni il messaggero si lega al recettore
poiché la carica elettrochimica del primo si lega a quella del secondo. I recettori sono il
punto di partenza di una cascata di molecole che danno il via a catene metaboliche. Vi è
un'affinità tra il messaggero ed il recettore: quando il messaggero arriva porta con sé una
carica negativa che deforma il recettore (ciò è possibile perché sono proteine,
macromolecole capaci di deformarsi).

Sistema immunitario:
Il vago partecipa alla risposta immunitaria, infatti il sistema immunitario cala con la
depressione. Si è scoperto quindi che vi è collegamento tra il sistema immunitario e
cognitivo (limbico).

Apparato cardiovascolare
Cuore:

Organo muscolare formato da due atri e due ventricoli. I grossi vasi raccolti nella parte
superiore sono aorta, arteria polmonare, vena cava superiore e inferiore e vene polmonari.
L’arteria è un vaso sanguigno che porta il sangue dal cuore verso l’esterno, mentre la vena
dall’esterno verso il cuore; il sangue arterioso è ricco di ossigeno e povero di anidride
carbonica, quello venoso invece è povero di ossigeno e ricco di CO2. Il circolo umano si
divide in grande circolo (o sistemico che parte dal ventricolo sinistro, aorta, arterie grandi
medie piccole, capillari, viene raccolto dalle vene piccole medie grandi, vene cave e finisce
nell’atrio destro) e in piccolo circolo (dal ventricolo destro, arterie polmonari, polmoni e
finisce nell’atrio sinistro). Nel grande circolo le vene hanno sangue venoso e le arterie
arterioso, nel piccolo circolo le vene hanno sangue arterioso e le arterie sangue venoso.
Gli atri hanno parete sottile e i ventricoli invece hanno parete più spessa, soprattutto il
sinistro che deve pompare il sangue a tutto il corpo. Il cuore ha poi due valvole
atrioventricolari e due semilunari tutte sullo stesso piano: le prime si chiamano mitrale o
bicuspide (a sinistra) e tricuspide (a destra) e controllano il passaggio del dagli atri ai
ventricoli (per contenere la spinta dei ventricoli e quindi rischiare di rovesciare il sangue
negli atri le valvole si affidano ai muscoli papillari). Le semilunari si chiamano aortica (a
sinistra) e polmonare (a destra) e sono più piccole, dall’aorta partono infine le coronarie
(vascolarizzazione del miocardio).
Il cuore ha proprietà intrinseche che sono:
● Eccitabilità
● Ritmicità
● Conducibilità
● Contrattilità

Eccitabilità:
È la capacità di creare un potenziale d’azione. Il potenziale di membrana è dato dallo ione
Na (concentrato maggiormente fuori dalla cellula) e K (concentrato maggiormente all’interno
della cellula). La pompa sodio-potassio ATPasica porta fuori dalla cellule 3 ioni sodio e
dentro 2 ioni potassio. Ecco perché si alza il potenziale di membrana, perché ad ogni
apertura della pompa si ha la perdita di un catione.
Gli ioni sono spinti da due forze: il gradiente elettrico e il gradiente chimico (concentrazione).
Il potassio è in equilibrio: una certa quantità di potassio che esce è eguagliato dalla quantità
di potassio che entra. Mentre per il sodio non succede (entrambe le forze spingono il sodio
dentro, ma non passa perché la pompa sodio potassio non lo permette). Ciò avviene in
condizione di riposo. Mentre con il potenziale elettrico i canali per il sodio si aprono,
permettendo l’ingresso del sodio a cascata e facendo iniziare la depolarizzazione della
membrana.
Avviene in generale l’inversione del potenziale di membrana=-90 mVolt generando scariche
elettriche con la depolarizzazione-polarizzazione che nel cuore è molto più lenta del neurone
poiché il calcio rientra nella cellula e la rallenta (plateau) allungando il potenziale d’azione;
prima c’è l’attività elettrica, subito dopo quella meccanica (contrazione-rilassamento).
La ripolarizzazione avviene in 3 fasi:
● Ripolarizzazione rapida iniziale: in questa fase la cellula è diventata positiva e quindi
il potassio torna fuori dalla cellula
● Fase di plateau: il potassio continua ad uscire, ma all’inizio di questa fase inizia ad
entrare il calcio con le sue cariche positive. Quindi in questo punto il potenziale si
stabilizza in questa fase perché si ha un equilibrio.
● Quando i canali per il calcio si chiudono, delle pompe buttano fuori il calcio, mente il
potassio continua ad uscire. Nella fase 3 la cellula si è polarizzata nuovamente. La
pompa sodio-potassio sistema tutto.
La cellula miocardica dopo la depolarizzazione deve contrarsi. La fase di plateau allunga il
potenziale d’azione per farlo coincidere con la fase meccanica della contrazione che è più
lenta.
Il miocardio specifico non si contrae.

Ritmicità:
La capacità del cuore di generare una sequenza di scariche elettriche ritmica è la ritmicità.
Questa capacità è propria del nodo-senoatriale, gruppo di cellule speciali
, ed è situato nell’atrio destro tra la vena cava superiore e la vena cava inferiore (ritmo
sinusiale=ritmo nella norma). Le cellule pacemaker non hanno bisogno di un impulso, infatti
il potenziale d’azione nasce da solo. Le cellule contrattili hanno un potenziale di riposo alto (-
90mV) e stabile finché non arriva l’impulso delle cellule del nodo seno-atriale. Mentre per
quanto riguarda le cellule pacemaker si ha una situazione diversa: il potenziale di riposo è -
60 mV, non è stabile (infatti alcuni canali del sodio sono aperti permettendo l’ingresso di
sodio) e non vi è la fase di plateau. Sono cellule diverse, ma non del tutto, infatti se si sposta
il potenziale di riposo delle cellule contrattili a -60 mV, esse iniziano a comportarsi come
delle cellule pacemaker. La fase di depolarizzazione per le cellule pacemaker è resa
possibile dallo ione calcio, mentre per le cellule contrattili dallo ione sodio.
Il potenziale d’azione è trasmesso alle altre cellule, che sono messe una attaccata all’altra e
sono in comunicazione tra di loro grazie alle giunzione gap. Il pacemaker primario è il nodo
senoatriale e genera impulsi con una frequenza di 60-80 battiti al minuto. Vi è un pacemaker
secondario: il nodo atrioventricolare che scarica ad una frequenza di 40-50 battiti al minuto.

Conducibilità:
I tratti internodali sono fatti di cellule muscolari striate che permettono la distribuzione del
potenziale elettrico. Ciò permette la depolarizzazione e polarizzazione contemporanea degli
atri. Atri e ventricoli sono tra di loro separati dallo scheletro fibroso del cuore che non
permette il passaggio di impulsi elettrici tra atri e ventricoli, a parte nel nodo atrioventricolare
che è si il pacemaker secondario, ma in casi normali, rallenta il passaggio dell’onda elettrica,
permettendo la contrazione degli atri (fenomeni elettrici di depolarizzazione e polarizzazione
sono veloci, mentre i fenomeni meccanici di contrazione e rilassamento sono più lenti e
senza il nodo atrioventricolare la contrazione tra atri e ventricoli avverrebbe quasi
contemporaneamente). Il fascio di His parte dal nodo atrioventricolare e dopo un breve tratto
si divide in una branca destra ed una branca sinistra. Esse si espandono fino alla punta del
ventricolo e il tessuto di conduzione a questo punto torna verso l’alto dalle pareti libere
ventricolari. Ciò significa che il fascio di His porta velocemente l’impulso verso la punta del
ventricolo e poi verso la base; quindi i ventricoli si contraggono dalla punta alla base.
La velocità di conduzione dipende da quante giunzioni comunicanti si trovano tra le cellule.

Elettrocardiogramma:

L’elettrocardiogramma (che è la registrazione superficiale dell’attività elettrica cardiaca) è


stato inventato da Einthoven.
● Onda P: presistole, comparsa di onde elettriche sulla pelle prima della sistole. È
generata dalla depolarizzazione degli atri.
● Tratto isoelettrico PR: tratto piatto dell’ECG. In questo momento l’onda è dentro al
nodo atrioventricolare e fa fatica ad attraversarlo. Il potenziale sotto gli elettroni è
costante o varia molto lentamente
● Complesso ventricolare con le onde Q R ed S: queste onde sono date dal potenziale
d’azione presente nei ventricoli e corrispondono alla loro depolarizzazione. Le tre
onde corrispondono ai movimenti fatti dall’onda elettrica nei ventricoli (alto-basso,
basso-alto, esterno interno)
○ Onda R: positiva appuntita, l’ampiezza dipende dalla massa muscolare che
genera l’onda (ventricolo sinistro)
● Tratto isoelettrico ST: la maggioranza delle cellule ventricolari si trova nella fase di
plateau, cioè la fase in cui la ripolarizzazione si interrompe per l’entrata di ioni calcio
● Onda T: onda molto larga e corrisponde la ripolarizzazione dei ventricoli.
Il tratto QRS e l’onda T sono date dalla stessa massa molecolare e infatti le aree
sottese dalle onde sono uguali.
● Onda U: ripolarizzazione dei muscoli papillari, ciò i muscoli che tirano le corde
tendinee impedendo alle valvole di rovesciarsi all’indietro. È un’onda non sempre
visibile.
La ripolarizzazione degli atri non si vede nell’ECG perché è un fenomeno lento ed è
nascosta dall’onda P.
L’ECG si fa mettendo elettrodi in zone precise (polso sx, polso dx e caviglia sx formando il
triangolo di Einthoven) messi in senso antiorario partendo dal polso sx. Si hanno 6
derivazioni: 3 derivazioni bipolari (gli elettrodi funzionano entrambi e si fa la differenza dei
valori) e 3 derivazioni unipolari (dei due elettrodi del circuito uno è sensibile, mentre l’altro è
indifferente al potenziale elettrico cardiaco).
● Derivazioni bipolari: D1 entrambi i polsi, D2 un elettrodo sul polso dx e uno sulla
caviglia e D3 caviglia e polso sx.
● Derivazioni unipolari: aVR (con a si intende aumentato, V vuol dire registrazione
unipolare e R è right, inteso come destro), aVL e aVF (come fonte si usa il piede).

Attività meccanica del cuore:


Il ciclo cardiaco è l’alternanza tra contrazione e rilassamento del cuore. La contrazione è
detta sistole, mentre il rilassamento è la diastole.
1. Sistole atriale: i due atri si contraggono e spingono il sangue verso i due ventricoli
passando dalle valvole atrioventricolari. In quel momento i ventricoli sono pieni di
sangue.
2. Sistole ventricolare isovolumetrica o isometrica e sistole di riempimento: nella
sistole ventricolare la pressione si alza, il volume non cambia e il ventricolo inizia a
contrarsi. È un punto in cui le valvole sono tutte chiuse (non succede mai che siano
tutte aperte). Quando la pressione dentro il ventricolo supera la pressione aortica e
dei vasi si ha la fase di efflusso del sangue. Quando il ventricolo termina la sua
sistole inizia la diastole.
3. Fase di efflusso rapido (con accelerazione): quando la pressione intraventricolare
diventa maggiore della pressione presente nell’aorta (normalmente 80 mmHg), la
valvola aortica si apre, le pareti ventricolari si contraggono e il sangue comincia a
defluire nell’aorta. In questo momento, ventricolo e aorta formano una cavità unica e
la pressione ha un valore comune.
4. Fase di efflusso lento(con decelerazione): una volta raggiunto il picco massimo di
pressione (normalmente 120 mmHg), l’efflusso si riduce per l’esaurirsi della spinta
impressa dalla contrazione. A questo punto la contrazione del ventricolo termina e la
pressione diminuisce; quando tale pressione è minore di quella presente nell’arco
aortico, la valvola aortica si richiude e termina la sistole. Il ventricolo non si svuota
completamente , ma soltatnto per circa il 55% (circa 70 ml).
5. Diastole ventricolare isometrica e diastole ventricolare di riempimento: nella
diastole ventricolare le pressione scende. Ci sarà un momento in cui la pressione
ventricolare è a cavallo tra la pressione atriale e aortica. La valvola atrioventricolare
si apre quando la pressione ventricolare è minore di quella atriale e ciò porta
all’ingresso spontaneo del sangue nel ventricolo (il ventricolo aspira il sangue
dall’atrio)
Quando il ventricolo si è dilatato completamente e ha completato la sua diastole,
sembra che il cuore si fermi a prendere energia per iniziare un nuovo ciclo. Questo
periodo è detto diastasi momento di passaggio dalla diastole ventricolare alla sistole
atriale.
Sistole isometrica e diastole isometrica: momenti in cui le valvole sono tutte chiuse,
non avviene mai che le valvole siano tutte aperte.
Il ciclo cardiaco è descritto anche dal diagramma pressione/volume di un ciclo
cardiaco o loop. Il ventricolo non si svuota mai completamente, ma circa fino al 50%
(da 65 a 135 mL), mentre la pressione varia da circa 0 mmHg a circa 120 mmHg. Gli
angoli formati dal grafico sono i momenti in cui le valvole si aprono/chiudono:
● Angolo A, la valvola mitrale si apre→ diastole ventricolare
● Lato AB: diastole ventricolare con riempimento
● Angolo B, la valvola mitrale si chiude, infatti il ventricolo si è riempito
● Lato BC: sistole isometrica, aumento di pressione fino ad 80 mmHg. Le due valvole
(mitrale ed aortica) sono entrambe chiuse, motivo per cui il volume è costante. 80
mmHG è la pressione esistente in quel momento sull’aorta. Quando si supera questo
valore la valvola aortica si apre
● Angolo C e lato CD: la valvola aortica si apre, permettendo l’efflusso. La fuoriuscita
del sangue è maggiore inizialmente e tende a diminuire→ sistole ventricolare
● Angolo D: la valvola semilunare si chiude, sistole ventricolare completata con una
pressione di 120 mmHg.
● Lato DA: diastole isometrica, volume che non varia, ma la pressione cala quasi fino a
zero. Quando ciò avviene la valvola mitrale si riapre, permettendo l’inizio di un nuovo
ciclo cardiaco.
Frazione di eiezione è la percentuale di volume sanguigno che viene espulso dal ventricolo
e normalmente è circa al 50%.
Gittata sistolica: quantità di volume di sangue pompato ad ogni sistole da ciascun
ventricolo ed è pari a 70 mL. Se si moltiplica la gittata sistolica con la frequenza cardiaca
troviamo la gittata cardiaca, che è il volume di sangue pompato da ciascun ventricolo in un
minuto (70 mL * 70 bpm =4,9 l/min).

La legge del cuore (o di Maestrini-Frank-Starling):

È una legge che permette di adeguare al cuore la quantità di sangue che entra con la sistole
con la quantità di sangue che esce con la diastole (ovvero di regolare la gittata cardiaca).
Per lunghezze iniziali del muscolo, fino alla lunghezza massima, la forza sviluppata dalla
contrazione è proporzionale alla lunghezza iniziale. Questa legge vale per il muscolo
scheletrico in generale. Il muscolo se lo si distende molto riempiendolo di sangue, si contrae
molto. Invece di usare le lunghezze, si considera al giorno d’oggi il volume, mentre si usa la
pressione invece della forza. La lunghezza ottimale si ha quando i filamenti di actina
ricoprono completamente le teste dei filamenti di miosina.
Regolazione della gittata cardiaca:
Ci sono meccanismi intrinseci ed estrinseci al cuore:
Intrinseci
● Fattore eterometrici: meccanismo che dipende dalla variazione della lunghezza del
muscolo (legge di starving). Il fattore è il pre-carico, ovvero il periodo di riempimento
ventricolare.
Estrinseci
1. Fattori omeometrici: non dipendono dalle variazioni di lunghezza delle fibre
muscolari. Sono la frequenza cardiaca e il fattore post-carico (la resistenza che il
ventricolo sx deve vincere per far circolare il sangue).
2. Controllo nervoso:
o Ortosimpatico
o Parasimpatico
3. Controllo ormonale:
o Catecolamina (tipo l’adrenalina)
o O. Tiroidei
o Angiotensina
4. Controllo chimici:
o O2
o CO2
o H+
o Metaboliti

Toni cardiaci

Toni cardiaci: i rumori che il cuore fa battendo. 1° e 2° si possono ascoltare anche solo con
l’orecchio, mentre il 3° e il 4° si sentono solo con il fonocardiogramma.
● 1° tono generato dalla chiusura delle valvole atrioventricolari. Le valvole
atrioventricolari sono molto grandi e i loro lembi sbattono tra di loro violentemente
creando un rumore (il primo tono). Corrisponde all’inizio della sistole ventricolare.
● 2° tono generato dalla chiusura delle valvole semilunari all’inizio della diastole
ventricolare. È più acuto rispetto al primo tono.
● 3° tono: vibrazioni delle pareti ventricolari nella fase di riempimento rapido
● 4° tono: sistole atriale
La pausa tra il 1° e il 2° tono è breve, mentre la pausa tra il 2° e il 1° tono è lunga circa 3
volte di più.
Il fonendoscopio è dotato di membrana che isola meglio i suoni polmonari, mentre lo
stetoscopio ha forma di una campana ed isola meglio i suoni cardiali.
Il primo tono ha frequenza più bassa del secondo che però dura meno, il terzo e quarto
invece sono bassi perché creati da vortici di sangue.
Flusso coronario: il sangue del circolo coronario scorre solo durante le diastoli

Pressione arteriosa

La pressione arteriosa è la forza che il sangue esercita sulle pareti dei vasi. Dipende dal
flusso (espressioni delle sistoli ventricolari) e dalle resistenze periferiche (la resistenza dei
vasi sanguigni al passaggio di sangue). La parete delle grandi arterie è elastica e ciò
permette di smorzare il flusso intermittente del sangue che esce dal ventricolo sinistro.
Questa è la funzione di serbatoio elastico dell’arco aortico. Quando il ventricolo sx si contrae
consegna energia al sangue che viene spesa 1) per spingere la colonna di sangue che si
trova davanti alla valvola semilunare e 2) per dilatare la parete dell’aorta (che incamera
energia). Quando il ventricolo è in diastole la parete aortica ritorna a riposo e restituisce
l’energia immagazzinata al sangue che non potendo tornare nel ventricolo (valvole chiuse)
viene spinto nell’arco aortico, rendendo quindi il flusso continuo (sistema windkessel). La
dilatazione sull’arco aortico scorre sulla parete arteriosa e si chiama polso arterioso.
La pressione arteriosa si misura con lo sfigmomanometro. Il bracciale deve essere gonfiato
fino a che non viene occlusa completamente l’arteria. Sgonfiando lentamente e ascoltando
con il fonendoscopio si sente ad un certo punto il 1° suono di Korotkoff che corrisponde alla
pressione sistolica. Sgonfiando ulteriormente si avverte il 2° suono che corrisponde alla
pressione diastolica. Questi suoni sono dati da delle turbolenze date dal bracciale.
La pressione arteriosa dipende dal:
● diametro dei vasi (arteriole muscolari) ed è controllato dal sistema nervoso
ortosimpatico che genera con continuo flusso di impulsi detto tono motore.
L’ortosimpatico mantiene le arterie in uno stato di costante contrazione media,
dopodiché si decide se costringere o dilatare il vaso, aumentando o diminuendo
l’attività dell’ortosimpatico. L’ossido nitrico dilata il diametro delle arteriole (a livello
endoteliale);
● dalla viscosità del sangue, che dipende dal numero di globuli rossi
● dalla lunghezza totale dei vasi
● L’elasticità dei vasi influenza la pressione arteriosa
● Il volume del sangue: infatti aumentando il volume, aumenta la pressione;

La gittata cardiaca:

Quando il sangue arriva ai capillari ha pressione idrostatica è bassa (le arteriole hanno
abbassato la pressione e hanno reso il flusso continuo privo di oscillazioni) 32 mmHg.
Questa pressione idrostatica è la forza che fa uscire acqua e molecole al di fuori di capillari.
Questa uscita è contrastata da un’altra pressione che cerca di tenere l’acqua dentro i
capillari pressione oncotica (è la pressione osmotica delle proteine) ed è pari a 25 mmHg
(non cambia lungo il percorso del sangue, perché le proteine sono sempre le stesse). La
pressione di fuoriuscita dell’acqua dal capillare è data dalla differenza tra la pressione
idrostatica e la pressione oncotica (nei capillari arteriosi equivale a circa 10 mmHg).
Proseguendo nei capillari la pressione idrostatica scende, fino ad arrivare all’estremità
venosa con una pressione di 15 mmHg, perché proseguendo nel capillare si perde acqua.
Mentre la pressione oncotica rimane a 25 mmHg. A questo punto l’acqua rientra: tuttavia in
uscita era di circa 10 mmHg, mentre in entrata è di circa 7. Quindi non tutta l’acqua uscita
riesce a rientrare nel capillare. L’acqua rimasta nel liquido interstiziale viene drenata dal
circolo linfatico: la linfa arriva al dotto toracico che fluisce nella vena cava inferiore.

Ritorno venoso:

È un ritorno facilitato da delle forze che possono essere:


1) Prementi: pompa cardiaca e dalle pompe muscolari
2) Aspiranti: pompa respiratoria ed effetto aspirante della sistole ventricolare.

Effetto ventosa: lo scheletro fibroso del cuore, muovendosi dall’alto al basso (mosso dai
muscoli ventricolari) aspira il sangue dal basso verso l’alto così da farlo entrare nell’atrio
destro attraverso la vena cava inferiore.

Sangue

Il sangue è un tessuto liquido con funzione di trasporto, si sposta attraverso vene, arterie e
capillari raggiungendo quasi tutte le parti dell’organismo. Il sangue trasporta acqua, gas
(ossigeno e anidride carbonica, il primo utilizzato per produrre energia il secondo è lo scarto
derivante dal consumo di energia), molecole (nutrienti e di scarto), messaggeri (ormoni e
citochine), elementi del sistema immunitario e calore (fondamentale quindi per la
termoregolazione del corpo); inoltre il sangue ha una funzione chiamata emostasi per la
riparazione delle ferite.
Il sangue può essere suddiviso in due fasi:
● Una acquosa chiamata plasma. Il plasma è costituito da acqua, ioni, molecole
organiche (macromolecole e prodotti azotati), oligoelementi, vitamine e gas.
Sieroplasma senza fibrinogeno
● Una cellulare contenente globuli rossi (sul fondo) per la maggior parte e uno strato
intermedio chiamato “buffy coat” formato da globuli bianchi e piastrine. La parte
corpuscolata del sangue è formata da globuli rossi (o eritrociti), globuli bianchi o
leucociti (linfociti, monociti, granulociti neutrofili, granulociti eosinofili e granulociti
basofili) e piastrine derivanti dai megacariociti (spezzettati formano le piastrine)
presenti nel midollo osseo, in particolare nel midollo rosso dove vengono prodotte le
cellule del sangue.
Se in una provetta di sangue non inseriamo l’anticoagulante otteniamo la parte acquosa
chiamata siero che sarebbe il plasma senza fibrinogeno, cioè la proteina utile alla
coagulazione. Se in provetta mettiamo l’anticoagulante, vediamo che gli eritrociti si
sedimentano sul fondo (per rendere ciò più veloce centrifughiamo al provetta). VES velocità
di eritrosedimentazione L’ematocrito è la percentuale di cellule rispetto alla tonalità del
campione (a livello normale è 55% plasma e 45% cellule), diminuisce in caso di emorragia e
aumenta in mancanza di ossigeno. L’EPO (eritropoietina), prodotta anche dai reni, viene
utilizzata come doping per aumentare la percentuale di ematocrito. Il sangue è un liquido
newtoniano, ovvero varia la sua viscosità in base alla forze agenti. Se l’ematocrito è
superiore al 50%, la viscosità aumenta e quindi anche la pressione arteriosa.

Globuli rossi

Sono cellule anucleate, prive di nucleo che perdono durante la maturazione. Quando
vengono messi in circolo si chiamano reticolociti e non sono ancora maturi, ma sono
anch’essi privi di nucleo. I globuli rossi devono passare in vasi sottili e per fare ciò devono
deformarsi quindi sono molto elastici. Invecchiando il globulo rosso diventa rigido, quindi
quando passa per i sinusoidi della milza o del fegato, si rompe perché non si deforma.
Possiedono il citoplasma ma non il nucleo, hanno forma tondeggiante con un avvallamento
centrale più chiaro e trasportano l’ossigeno grazie all’emoglobina. L’uomo ne ha circa 5
milioni/mm3 mentre la donna circa 4,5 milioni/mm3 perché il maschio possiede più massa
muscolare mentre la donna più massa grassa (un millimetro cubo equivale ad un microlitro).
I vantaggi di non avere nucleo sono l’aver più spazio per l’emoglobina e l’elasticità, lo
svantaggio è che non potendo produrre proteine (no DNA) non possono riparare i danni
dell’invecchiamento cellulare (vivono in media 120 giorni).
Emoglobina: composta da 4 subunità e un gruppo eme, al cui centro vi è un atomo di ferro
ridotto (Fe2+). Qui deve esserci il ferro ridotto e non quello ossidato, perché quest’ultimo
lega in maniera troppo forte l’ossigeno. Il ferro del sangue può ossidarsi, formando la
metaemoglobina, dando un colore ruggine al sangue per riportare il ferro nella
conformazione ridotta si deve somministrare un antiossidante (per esempio la vitamina C).
L’emoglobina lega solo ferro bivalente per il trasporto ed è un tetramero (4 sub); nel fegato
viene smontata ed espulsa con la bile. Il ferro è difficile da eliminare, tuttavia è diffusa
l’anemia (carenza) soprattutto nelle donne (2 mg di fabbisogno, l’uomo 1 mg); le persone
che fanno trasfusioni ripetute hanno difficoltà nell’eliminare il ferro.
Il gruppo eme viene utilizzato per formare la bilirubina. Se la bilirubina viene prodotta in
quantità eccessiva, essa si accumula nel sangue, dando un tipico colore giallastro al sangue
(ittero).
Gruppi sanguigni
Un antigene è una qualsiasi molecola in grado di scatenare una risposta immunitaria.
Sui globuli rossi possono esserci due proteine, una sola o nessuna chiamate antigeni
(qualsiasi elemento che scatena una risposta immunitaria); i globuli possono avere:
● Antigene A (gruppo A)
● Antigene B (gruppo B)
● Entrambi gli antigeni (gruppo AB)
● Nessun antigene (gruppo 0)
Oltre agli antigeni sui globuli rossi, nel plasma ci sono degli anticorpi ovvero proteine con la
capacità di legarsi a particolari antigeni:
● Chi ha l’antigene A ha gli anticorpi anti-B
● Chi ha l’antigene B ha gli anticorpi anti-A
● Chi è di gruppo AB non ha nessun anticorpo
● Chi è di gruppo 0 ha entrambi gli anticorpi
La trasfusione sbagliata crea l’agglutinazione (grappoli di globuli rossi) che causerà l’emolisi
(rottura dei globuli rossi); il gruppo AB è il ricevente universale, il gruppo 0 il donatore
universale.
Agglutinazione degli anticorpi possono portare agglomerati di antigeni che precipitano.
Anni dopo è stato scoperto anche il fattore RH (antigene D): se il globulo rosso ha l’antigene
D il sangue è RH positivo quindi non ha anticorpi anti-D nel plasma; se non c’è l’antigene D il
sangue è RH negativo ed ha gli anticorpi anti D (si possono avere solo dopo un contatto con
il sangue RH-). Il fattore RH è la causa della malattia emolitica del neonato: alla prima
gravidanza anche se la madre è RH- non ci sono grossi problemi perché il suo sangue e
quello del neonato non entrano in contatto diretto, ma durante le successive gravidanze gli
anticorpi anti-D hanno memorizzato gli antigeni D e possono creare problemi al bambino
attaccando i globuli rossi.
Pressione osmotica
L’osmolarità del plasma è la concentrazione di soluzione salina uguale per tutti i liquidi ed è
pari a 300 mOsM/L quindi le sostanze devono avere stessa osmolarità per poter interagire.
Le soluzioni possono essere:
● Soluzione ipertonica: concentrazione salina esterna maggiore di quella presente nel
sanguei globuli rossi espellono l’acqua, si raggrinziscono e muoiono.
● Soluzione ipotonica: concentrazione salina esterna minore di quella presente nel
sanguei globuli rossi assorbono acqua gonfiandosi e rompendosi
● Soluzione isotonica: la concentrazione salina è uguale
Soluzione fisiologica: 9 g di sale in 1 L di acqua ed è la soluzione isotonica per eccellenza.

Globuli bianchi

Sono 6000-9000/mm3, ma è più importante la formula leucocitaria. Ci sono i granulociti


neutrofili (più della metà, 65%), i granulociti eosinofili (tra il 2 e il 5%), i granulociti basofili (tra
lo 0,5 e l’1%), i linfociti (20-25%) e i monociti (3-8%; serbatoi per altre cellule).

Ematochimica

È lo studio delle componenti del plasma. Un esame è l’elettroforesi delle proteine del
sangue. Con il plasma si può effettuare il tracciato elettroforetico delle proteine per
rappresentare la tipologia di proteine presente nel sangue e la loro quantità. Il tracciato
elettroforetico è possibile grazie al fatto che le proteine sono cariche elettricamente. Le
proteine si spostano verso il lato positivo con diverse velocità; successivamente si colora il
supporto e quindi le proteine, cosa che ci permette di capire la quantità di esse. Le bande
formate vengono lette da un lettore ottico, che ci dà un grafico come il seguente.
Le albumine servono da trasportatori generici e giocano un ruolo centrale nella pressione
oncotica (pressione colloido-osmotica) del sangue (la pressione osmotica delle proteine,
ovvero la proprietà di trattenere l’acqua dentro a sé). L’albumina garantisce che l’acqua
rimanga nei vasi sanguigni. Se manca albumina (a seguito di problemi al fegato, visto che
l’albumina è prodotta da esso) l’acqua esce dai capillari formando l’edema e se
l’insufficienza epatica è molto grave si crea l’ascite, cioè presenza di acqua nel peritoneo.
Le globuline sono proteine di trasporto specifico (ogni sostanza ha la sua globulina precisa).
Alcune globuline sono ormoni.

Infine vi sono le proteine che trasportano le lipoproteine. Nel sangue trasportiamo anche
sostanze liposolubili. Internamente vi sono i lipidi idrofobi ed esternamente le lipoproteine
sono costituite da fosfolipidi e le proteine idrosolubile. La proteine delle lipoproteine sono le
apolipoproteine.

Coagulazione

Per piccoli traumi e ferite (anche interne) si sviluppa la coagulazione divisa in 2 fasi:
● Emostasi: è compiuta dalle piastrine che quando sono in forma attivata (forma
spinosa) si aggregano in grappoli nel punto di lesione. Quando le piastrine vengono
a contatto con l’endotelio, cominciano a rotolare, attivandosi e appiccicandosi
formando un tappo piastrinico. Questa capacità può essere pericolosa in un vaso
sanguigno sano, perciò i vasi sono rivestiti internamente dalle cellule endoteliali
con carica positiva esterna che respinge la carica positiva delle piastrine
mantenendole sospese; inoltre l’endotelio produce la prostaciclina che evita
l’aggregazione (e anche la presenza di ossido nitrico impedisce l’attivazione e
aggregazione delle piastrine). Quando si lesiona l’endotelio, lo strato di collagene
sottoendoteliale viene a contatto con il sangue, questo strato di collagene è negativo.
Questa carica negativa del collagene attira le piastrine che sono positive; un
altro fattore che richiama le piastrine è lo ione potassio, rilasciato dalla cellule
endoteliali. Le prime piastrine che arrivano sul punto di lesione si attivano e si
aggregano, rilasciando dei fattori. A questo punto si forma il tappo piastrinico,
meccanismo di emostasi. Il tappo piastrinico, detto anche trombo bianco, serve solo
per dare il tempo alla coagulazione di attivarsi. (L’emostasi è un meccanismo veloce,
ma poco resistente; la coagulazione è un processo lento, ma molto resistente)
● Coagulazione: porta alla formazione di un coagulo (detto trombo rosso, perché
questo tappo intrappola i globuli rossi). Il processo di coagulazione porta alla
polimerizzazione del fibrinogeno (una delle proteine plasmatiche), formando lunghi
filamenti di fibrina. Il fibrinogeno si compatta formando la fibrina che solidifica il
tappo piastrinico, intrappola i globuli rossi e forma il coagulo. Per controllare la
polimerizzazione del fibrinogeno si ha una cascata di fattori, che ne impediscono la
polimerizzazione spontanea. I fattori della coagulazione sono 13. Per la
polimerizzazione del fibrinogeno in fibrina è necessaria la trombina. Nel sangue
questa è già presente in forma inattiva, la protrombina, che viene attivata dal fattore
X, V (enzimi presenti in forma inattiva) e diversi ioni (il principale è lo ione calcio,
contatore indispensabile in 5 punti diversi della coagulazione). Il fattore X e il fattore
V si trovano nel plasma allo stato inattivato e vengono attivati da enzimi attraverso 2
vie differenti:

1. Via estrinseca, più rapida. Viene attivata nel momento in cui il sangue viene a
contatto con il collagene, quindi con una lesione di una vaso. Parte da un
fattore tissutale (tromboplasmina tissutale) che insieme al fattore VII e al
calcio attivano il fattore X e V, che a loro volta attivano la protrombina.

TROMBOPLASMINA TISSUTALE→ FATTORE VII(7)+ CALCIO →


FATTORE V(5) e X(10)→ PROTROMBINA → TROMBINA →
FIBRINOGENO→ FIBRINA.

2. Via intrinseca, più lunga e quindi più lenta. È più lunga perché potrebbe
essere attivata anche dentro ai vasi, quindi serve maggior controllo e
sicurezza. Il meccanismo intrinseco è attivato da piccole lesioni dei capillari.
Cariche negative del collagene attivano il fattore XII, il quale a sua volta attiva
il fattore XI. Il fattore XI attivato, attiva il fattore IX e VIII, che attivano i fattori X
e V, riunendosi alla via estrinseca.

LESIONE CAPILLARE, CARICHE NEGATIVE COLLAGENE→FATTORE


XII(12) →FATTORE XI(11)→ FATTORE IX(9) e VIII(8)→ FATTORE V e X
attivati→ PROTROMBINA→ TROMBINA → FIBRINOGENO → FIBRINA.

Il fibrinogeno attivato, crea fibrina, formata da lunghi filamenti.


Successivamente questi filamenti di fibrina vengono stabilizzati, irrobustiti e
resi insolubili dal fattore XIII (il medesimo fattore che polimerizza il
fibrinogeno). Il fattore XIII attivato, causa l’accorciamento dei filamenti di
fibrina, fenomeno detto retroazione del coagulo: ciò facilita la riparazione del
tessuto lesionato (avvicina i lembi della ferita), intrappola i globuli rossi e
rende stabile e robusto il coagulo. La fibrina stabilizzata è insolubile.
La plasmina, che deriva dal plasminogeno, è quell’ enzima che fa staccare il coagulo.
La coagulazione viene costantemente inibita da degli anticoagulanti che sono:
● EDTA: elimina il calcio, viene utilizzato nelle provette;
● Eparina: prodotta dai mastociti si combina con l’antitrombina (impedisce che si formi
trombina se non necessario), aumenta l’inibizione della trombina e si usa solo per via
sottocutanea;
● Antagonisti della vitamina K: riduce la sintesi di protrombina, si assume per via orale
(dicumarolo e warfarin)

Apparato respiratorio

Diviso in 2 parti: le vie aeree (o zona di conduzione) e zona di scambio (di gas). Le vie aeree
di conduzione servono solamente per trasportare l’aria fino alla zona di scambio,
scaldandola ed umidificandola.
I polmoni sono avvolti dalla pleura: pleura viscerale che è a contatto con il polmone e la
pleura parietale che aderisce alla cavità toracica. Dentro il sacco pleurico, c’è la cavità
pleurica, riempita di liquido che permette lo scivolamento dei due foglietti pleurici.

Le vie aeree:
Le vie aeree iniziano a livello della trachea (livello 0) che si divide nei due bronchi principali: i
bronchi si distribuiscono in 23 generazioni, 20 sono solo vie di conduzione (zone di
conduzione o spazio morto), mentre le ultime 3 sono i bronchioli respiratori che formano la
zona respiratoria che terminano in un grappolo di strutture acinose, i sacchi alveolari ( gruppi
di alveoli, zona di scambio del polmone).
Alveoli:
Gli alveoli hanno una parete sottile costituita da pneumociti di I tipo. Ciascun alveolo è
percorso in superficie da una rete di capillari alveolari. La parete alveolare, l’interstizio e la
parete dei capillari forma la membrana respiratoria, ovvero la barriera che i gas devono
superare, per passare dall’aria atmosferica al sangue o viceversa.
Per oltrepassarla i gas hanno bisogno di energia fornita dal gradiente di pressione, se la
membrana è più spessa (polmonite) i gas necessitano di più energia (gradiente maggiore).
Dentro l’alveolo ci sono tre tipi di cellule: gli pneumociti tipo I (permettono lo scambio dei
gas), i macrofagi alveolari (eliminano i microbi) e gli pneumociti tipo II che producono il
surfactant (riveste la parete interna dell’alveolo). Il surfactant è un tensio attivo, ovvero
riduce la tensione superficiale, quella forza che trattiene le molecole d’acqua vicine tra loro.
L’alveolo è bagnato da un velo d’acqua che si deposita, quindi il surfactant permette alle
pareti alveolari di distaccarsi l’una dall’altra durante l’inspirazione così da potersi riempire
correttamente di gas. Il surfactant impedisce anche lo svuotamento degli alveoli piccoli negli
alveoli grandi durante l’espirazione. Il tensio attivo polmonare è una delle ultime cose che si
formano durante l’embriogenesi.
Nei capillari alveolari il sangue entra come venoso ed esce arterioso (il contrario).
Legge di Boyle
Relazione tra pressione e volume: la pressione è l’urto delle molecole di un gas contro le
pareti del contenitore ed è in relazione con il volume perché se riduco il volume del
contenitore aumentano gli urti (pressione aumenta) e viceversa.
Legge di Dalton (o delle pressioni totali)
In una miscela di gas la pressione totale equivale alla somma delle pressioni parziali; ogni
gas ha una sua pressione ed è proporzionale alla quantità di gas presente. La CO2 ha
pressione parziale 0,3 mmHg, mentre l’O2 ha pressione parziale 159 mmHg.
Legge di Henry
La quantità di un gas che si scioglie in un liquido è proporzionale alla pressione parziale del
gas e della sua solubilità. La solubilità di un gas dipende dalla pressione parziale e dalla
solubilità intrinseca della molecola (l’anidride carbonica è molto più solubile dell’ossigeno).

Lo spirometro misura i volumi di aria che entrano ed escono dall’apparato respiratorio. Il


primo spirometro era lo spirometro a campana, formato da due cilindri (uno superiore ed uno
inferiore). Grazie a questo strumento si scoprirono i due metodi di respirazione:
● Superficiale: ad ogni atto respiratorio entra ed esce mezzo litro di aria (volume
corrente), di cui però 150 ml non arrivano però agli alveoli e non partecipano allo
scambio (si fermano nelle vie di conduzione);
● Forzata: si utilizza il volume di riserva inspiratorio cioè la quantità di aria che si può
inspirare al termine dell’inspirazione superficiale.
Dopo aver misurato i volumi, si possono sommare per ottenere capacità che sono somme di
volumi.
Volumi:
● Volume corrente: 0,5 L che non arriva solo negli alveoli (350 ml, arrivano agli alveoli
per gli scambi), ma una parte rimane nello spazio morto anatomico (150 ml rimane
nella zona di conduzione). Lo spazio morto funzionale è quella parte respiratoria
degli alveoli non utilizzato.
● Se alla fine di una inspirazione superficiale continuo ad inspirare fino al massimo
delle possibilità, si possono introdurre nei polmoni ulteriori 3 L, detto volume di
riserva inspiratorio.
● Se alla fine dell’espirazione superficiale continuo ad espirare fino al massimo delle
mie possibilità, riesco ad espirare ulteriori 1 L, detto volume di riserva espiratorio.
● Il polmone non sia vuota mai del tutto, rimane sempre il volume residuo (1,5L), che
non può essere misurato con uno spirometro normale.
Capacità:
● La capacità vitale è la più importante, data dalla somma del volume di riserva
inspiratorio, volume corrente e volume di riserva espiratorio ed equivale alla quantità
massima di aria che il polmone può muovere (4,5L).
● La capacità polmonare totale è la somma tra la capacità vitale e il volume residuo (6
L).
● La capacità inspiratoria è data dalla somma tra il volume di riserva inspiratorio e il
volume corrente (3,5 L)
● La capacità funzionale residua è data dalla somma tra il volume di riserva espiratorio
e il volume residuo (2,5L).
FEV 1: è il volume di aria espirata nel corso del primo secondo di una espirazione massima
forzata e indica il grado di pervietà delle grandi vie aeree.

Pressione intrapolmonare
L’aria viene spostata grazie ad un gradiente di pressione (delta pressorio di 1 mmHg), quindi
la pressione varia da -1 a +1 mmHg rispetto alla pressione atmosferica (760 mmHg).
Il torace ed i polmoni sono appiccicati tra di loro; le forze di retroazione del polmone e di
espansione di torace si bilanciano.
Ciò che mantiene uniti polmone e torace è la pressione negativa intrapleurica. La pressione
della cavità pleurica è inferiore alla pressione atmosferica. Questa pressione oscilla durante
gli atti respiratori (da -4 a -7 mmHg) rimanendo comunque sempre negativa. Ciò permette
al polmone di seguire i movimenti del torace, senza impedimenti (cosa che si verificherebbe
se ci fossero dei legamenti) attraverso uno scivolamento permesso anche dal liquido
intrapleurico.
Se il sacco pleurico viene perforato, questa pressione viene a mancare pneumotorace (che
può essere traumatico o spontaneo), che porta al collasso del polmone.

Per compiere gli atti respiratori utilizziamo muscoli che si trovano nel torace. Il polmone non
possedendo cellule muscolari striate non può contrarsi, quindi i suoi movimenti sono passivi
e seguono i movimenti della gabbia toracica e del diaframma.
I muscoli respiratori sono striati, anche se tuttavia sono parzialmente involontari possiamo
modificarne il comportamento con la volontà (la componente involontaria è predominante).
● Muscoli principali che sono solo inspiratori: sono il diaframma e gli intercostali
esterni. Essi sono gli unici che lavorano durante la respirazione superficiale quando
si contraggono inspiriamo, mentre quando si rilassano espiriamo
- Diaframma: muscolo piatto che presenta il centro frenico (zona non
contrattile) e ventre che costituisce la cupola diaframmatica. Quando si
contrae si abbassa aumentando il volume della cavità toracica. Il diaframma
si sposta di 1 cm/1,5 cm, che corrisponde ad un aumento di volume della
gabbia toracica di 0,5L
- Muscoli intercostali esterni: sollevano le coste aumentando il diametro
trasverso del torace e il suo volume.
● Muscoli accessori che possono essere sia inspiratori che espiratori e che
vengono utilizzati durante la respirazione profonda. Questi muscoli aumentano la
variazione di volume, diminuendo la pressione polmonare permettendo inspirazione;
viceversa se fanno diminuire il volume, permettendo l’espirazione.
- Muscoli inspiratori accessori: quelli che sollevano le coste e sono m.
sternocleidomastoideo e gli m. scaleni
- Muscoli espiratori accessori: quelli che abbassano le coste e sono m.
intercostali interni, m. obliquo esterno, m. obliquo interno, m. retto addominale
e il m. trasverso che aumenta la pressione intraddominale.
Durante l’inspirazione il diaframma e i muscoli intercostali esterni si contraggono, il volume
della cavità toracica aumenta, la pressione intrapleurica diventa negativa, i polmoni si
espandono, la pressione intrapolmonare diventa negati e quindi l’aria entra nei polmoni. Il
contrario avviene per l’espirazione e tutto ciò avviene per 14/15 volte al minuto.

Trasporto dei gas

Trasporto dell’ossigeno:
● Viene trasportato dal plasma, ma solo 1,5%
● Il 98,5% viene trasportato dall’emoglobina
L’emoglobina è una proteina legata al globulo rosso. Presenta il gruppo eme, al cui centro vi
è un atomo di ferro ridotto (deve essere ridotto, perché quello ossidato si lega in maniera
troppo forte con l’ossigeno). È un tetramero, quindi ogni subunità presenta un gruppo eme.
Quando lega con l’ossigeno si chiama ossiemoglobina (emoglobina ossigenata), senza
ossigeno invece deossiemoglobina (metaemoglobina con ferro in forma ossidata).
La cinetica di dissociazione dell’emoglobina essendo un tetramero è particolare, presenta
una forma sigmoidea l’emoglobina lega l’ossigeno in maniera graduale, se l’emoglobina è
scarica ha affinità bassa ma aumenta quando lega la prima molecola di ossigeno e così via
formando su un grafico una curva ad s(sigmoide) di saturazione dell’emoglobina; viceversa
nel processo contrario una volta rilasciata una molecola di ossigeno ai tessuti anche le altre
verranno liberate più facilmente.

Valori significativi:
● 100 mmHg di pO2 e lo troviamo nel sangue alveolare e arterioso
● 40 mmHg di pO2 e lo troviamo nel sangue periferico venoso (100 e 40 mmHg sono i
valori di oscillazione della pressione parziale dell’ossigeno)
La curva non arriva mai al 100% di emoglobina ossidata, perché il sangue che esce dagli
alveoli saturato al 100% si mischia con il sangue che arriva dai bronchi, che è sangue
venoso; ciò provoca un abbassamento della saturazione dell’emoglobina al 98%. Ad un
valore di 100 mmHg (pressione presente negli alveoli) l’emoglobina è quasi completamente
satura. A livello dei capillari periferici, l’ossigeno viene estratto dalle cellule, facendo
scendere bruscamente la pressione parziale dell’ossigeno fino a 40 mmHg. A questo livello
si ha il 75% di emoglobina saturata, quindi a livello dei capillari periferici il sangue cede solo
il 25% di emoglobina ossigenata. Ciò avviene a riposo.
Le cose cambiando quando si consuma maggiormente ossigeno, quindi in uno stato di
attività. Se si consuma molto velocemente l’ossigeno, la pressione parziale dell’ossigeno
scende bruscamente fino a 20 mmHg a 20 mmHg abbiamo il 35% di emoglobina saturata.
Quindi consumando maggior ossigeno, si convince l’emoglobina a rilasciare ancora più
ossigeno.
Un altro modo per rilasciare più ossigeno è spostare (shift) la curva di dissociazione verso
destra; sempre a 20 mmHg (pressione parziale di ossigeno a livello tissutale) si ha il 25% di
emoglobina ossigenata, quindi si ha una cessione del 75% di ossigeno.
A condizionare questo processo di shift intervengono 3 fattori: temperatura, PH e pressione
parziale. Con l’aumento della temperatura, l’aumento della pressione di anidride
carbonica e la diminuzione del PH la curva sigmoide si sposta verso destra(shift) e
l’emoglobina cede più facilmente l’ossigeno. Vi è un quarto fattore che fa shiftare la
curva verso destra l’aumento del 2,3-difosfoglicerato che fa diminuire l’affinità. Questo
fenomeno è locale cioè indirizzato alla parte del corpo che necessita di più ossigeno.
L’emoglobina fetale ha un’affinità all’ossigeno maggiore rispetto a quella materna, infatti
l’emoglobina fetale (detta HbF) presenta 2 subunità alpha e due subunità gamma; queste
ultime impediscono l’interazione dell’emoglobina fetale con il 2,3-difosfoglicerato, forzando
l’HbF ad assumere una forma ad alta affinità per l’ossigeno.

Trasporto dell’anidride carbonica:


Avviene in 3 modi diversi:
● Trasporto nel plasma: la quota di anidride carbonica nell’acqua è del 7%, infatti è
molto più solubile nel plasma risposto all’ossigeno
● Il restante 93% entra nei globuli rossi. Può a questo punto seguire 2 strade:
- Nel 23% dei casi l’anidride carbonica si lega all’emoglobina (la CO2 si lega
alla globina, la parte proteica dell’emoglobina e diventa
carbaminoemoglobina)
- Nel 70% dei casi l’anidride carbonica viene convertita in bicarbonato.
L’enzima che converte l’anidride carbonica in bicarbonato è l’anidrasi
carbonica.
CO2+ acqua <->acido carbonico (H2CO3)<->ioni bicarbonato e ione H+
Lo ioni bicarbonato si accumula nel sangue fino a che non esce dal globulo
rosso. Per ogni bicarbonato che esce dal globulo rosso, entra uno ione
cloruro.
Lo ione idrogeno deve essere neutralizzato: viene assorbito dalla globina, che
maschera lo ione idrogeno. Ciò non fa variare il pH. Quando siamo agli
alveoli polmonari lo ioni idrogeno si riunisce allo ione bicarbonato.
La direzione della reazione precedente è data dall’abbondanza dei substrati:
nel sangue dei capillari tissutale vi è abbondanza di CO2 e quindi la direzione
è da sinistra verso destra; invece nel sangue dei capillari alveolari vi è
abbondanza di HCO-3 facendo andare la reazione da destra a sinistra.
Il trasposto della CO2 avviene quindi prevalentemente sotto forma di
bicarbonato.

Pressioni parziali dei gas

I gas devono attraversare delle barriere. La spinta che permette ai gas di attraversarle è il
loro gradiente di pressioni parziali. Le pressioni parziali sono:
● Per l’ossigeno 100 mmHg (presente nell’area alveolare e nel sangue arterioso) e 40
mmHg (presente nelle cellule periferiche dei tessuti e nel sangue venoso). Quindi il
gradiente di pressione è pari a 60 mmHgla forza che spinge l’ossigeno dall’alveolo al
sangue e dal sangue alla cellule.
● Per l’anidride carbonica 40 mmHg (presente nell’area alveolare e nel sangue
arterioso) e 46 mmHg (presente nelle cellule periferiche dei tessuti e nel sangue
venoso). Quindi il gradiente di pressione è pari a 6 mmHg, quindi un decimo rispetto
al gradiente di ossigeno (questo perché la CO2 essendo più solubile, la forza
necessaria per attraversare le barriere è bassa).
Ipossia: indica una diminuzione del contenuto di ossigeno in qualsiasi parte del corpo
Ipossimia: diminuzione di ossigeno a livello del sangue arterioso.

Centri respiratori

I muscoli inspiratori necessitano di motoneuroni che partono dal tronco dell’encefalo (bulbo,
ponte e mesencefalo), precisamente bulbo. Abbiamo due gruppi di motoneuroni: un gruppo
dorsale (neuroni inspiratori) e un gruppo ventrale (neuroni espiratori). Questi neuroni
scaricano in maniera involontaria. I neuroni espiratori funzionano solo durante la
respirazione forzata, quando i neuroni ispiratori sono inibiti.
Altri centri sono il centro pneumotassico ed il centro apneustico, la cui funzione è ancora
ignota; forse servono a garantire il passaggio dalla fase inspiratoria ed espiratoria. Altro
dubbio scientifico è la collocazione del pacemaker respiratorio, che scandisce il ritmo
respiratorio.
Anche l’apparato respiratorio come tutti gli apparati viscerali necessita di un controllo
riflesso, controllo in cui uno o più recettori registrano l’attività dell’apparato respiratorio,
informando l’encefalo. Questo controllo è permesso dai chemocettori, situati nello stesso
punto dei barocettori, nell’arco dell’aorta e nel seno carotideo. Questi chemocettori
sono raggruppati in glomi: glomi aortici e glomi carotidei. Questi chemocettori sono sensibili
alla pressione parziale dell’ossigeno (parametro poco sensibile, i chemocettori sono attivati
dalla pO2 solo in casi di emergenza), alla pCO2 e al pH. I chemocettori avvertono queste
variazioni, le comunicano ai centri respiratori che adattano la respirazione di conseguenza.
Questi sono i chemocettori periferici, ma ne esistono anche di centrali che si trovano nel
bulbo, situati molto vicino ai neuroni respiratori. Essi sono sensibili soltanto alla pCO2 e al
pH.

Altri fattori che influenzano la ventilazione sono:


● Dolore ed emozione (a livello cognitivo)
● Controllo volontario
● Agenti irritanti, che provocano atti respiratori speciali (tosse e starnuto)
● Ipertensione dei polmoni, i polmoni sono cosparsi di meccanocettori.

Tosse e starnuto sono due atti riflessi, che sono dati da un ispirazione profonda e da un
espirazione violenta (l’espirazione inizia a glottide chiusa). La tosse serve per liberare le vie
profonde da agenti estranei, mentre lo starnuto libera le vie aeree alte.

Apparato urinario

Permette il bilancio idrico: al giorno viene espulsa una quantità di acqua di circa 2 litri quindi
devono entrare nel corpo almeno 2 litri di acqua al giorno. L’acqua metabolica può arrivare
anche a 300-400 ml. L’espulsione può avvenire tramite la cute e i polmoni per diffusione con
la perspiratio insensibilis (traspirazione), la perdita di vapore acqueo durante la respirazione
(invisibile), ma soprattutto tramite urina e feci. La traspirazione è stata osservata da Sartorio
Sartorio poiché ha notato che verificando la quantità di ml a fine giornata ne risultava
mancare sempre una parte, inoltre scoprì che il cibo viene convertito in calore e dissipato.
La diffusione espelle circa 700-850 ml in 24 ore e dissipa 0,9 calorie per ogni grammo di
acqua persa.

L’acqua è al 50-60% presente nel nostro corpo. Il plasma è principalmente costituito da


acqua, le molecole sono disposte a grappoli, non imprigionate in un reticolo senza
comunque possibilità di movimento (hanno proprietà magnetiche molto potenti). L’acqua è
distribuita in compartimenti:
● Extracellulari come il plasma (l’acqua che attraversa i vasi sanguigni-3 L) e il liquido
interstiziale (idrata le cellule esternamente-11 L);
● Intracellulari (28 L)
L’acqua è abbastanza libera di muoversi nei compartimenti, ma è sempre accompagnata da
altri elementi o molecole come il sodio e l’albumina. (Fluido extracellulare 14 L in totale di
acqua di cui 3 nel plasma e 11 nel fluido interstiziale).
L’acqua EZ è il quarto stato dell’acqua e pur essendo liquida espelle i soluti, proprio come
farebbe se fosse ghiaccio: questa si forma quando l’acqua entra in contatto con una
superficie organica. Non se ne conosce ancora il significato e l’utilità, ma si è visto che se
viene irradiata, l’acqua EZ comincia a muoversi.

Rene

Presenta una zona corticale ed una midollare. La parte midollare è organizzata in settori di
forma conica (piramidi renali o dei Malpighi ) con la base verso la superficie esterna e l’apice
verso l’ilo renale. Dall’ilo renale esce l’uretere che porta l’urina fino alla vescica. All’interno
del rene si trova la pelvi renale che raccoglie l’urina convogliandola verso l’uretere.
Ha molteplici funzioni:
● Regolazione pressione osmotica (e quindi l’equilibrio idrico concentrazione degli
elettroliti sodio, potassio, calcio e cloro: quella del sangue deve essere 300
mOsm/L), il solvente è sempre l’acqua mentre i soluti sono principalmente sodio,
potassio e cloro poiché il rene si occupa essenzialmente di questi;
● Regolazione concentrazione plasmatica;
● Regolazione acido-base (il PH deve assolutamente essere tra 7,3-7,4, i valori ottimali
per la sopravvivenza delle proteine);
● Regolazione volume dei liquidi corporei (eliminando l’acqua la pressione sanguigna
diminuisce)
● Regolazione pressione arteriosa (il rene mantiene la pressione arteriosa alta, perché
per funzionare, essa deve essere alta)
● Eliminazione dei prodotti di scarto dei processi metabolici (soprattutto prodotti
azotati);
● Eliminazione di farmaci e di composti tonici;
● Produzione o attivazione di ormoni (EPO, vitamina D è un ormone con un recettore
potente e controlla l’espressione di 200 geni; viene prodotta in prima fase sulla pelle,
passa al fegato dove avviene la prima idrossilazione e infine al rene dove avviene la
seconda idrossilazione);
● Degradazione di ormoni;
● Sintesi di ione ammonio (NH4+) e glucosio (in quantità minore rispetto al fegato).

Il rene può eliminare solo sostanze di scarto idrosolubili: le sostanze di scarto liposolubili
vengono rese idrosolubili nel fegato, così da essere eliminate dal rene.
L’uretere è un condotto che trasporta l’urina dal rene alla vescica, mentre l’uretra la porta
dalla vescica verso l’esterno. La corteccia renale ha una parte interna chiamata midollare
scura dove risiedono le piramidi renali che raccolgono l’urina nelle pelvi renali.

Nefrone

L’unità funzionale del rene, ovvero la più piccola parte di un organo in grado di svolgere la
sua funzione, è il nefrone. Il nefrone è un insieme di vasi e tubuli renali:
● Vasi: le arteriole arcuate sono situate alla base della piramide renale e diventano le
arterie interlobulari quando si diramno nella corticale; da queste nascono per
ramificazioni le arteriole afferenti. Le arteriole afferenti portano il sangue verso il
glomerulo del Malpighi (che è un gomitolo di capillari sottilissimi esclusivamente
arterioso dotato di finestre molto ampie dette filtri renali); da qui emerge l’arteriola
efferente (diametro ridotto poiché nel glomerulo si hanno grosse perdite di acqua,
che fanno diminuire il volume del sangue). Nel glomerulo avviene il primo processo
per la formazione dell’urina (filtrazione glomerulare che avviene solo grazie alla
pressione idrostatica elevata, possibile quindi solo se vi è sangue arterioso). Esce
solo acqua. L'arteriola efferente forma i capillari che circondano i tubuli diventando
capillari normali quindi oltre a permettere il filtraggio e lo scambio di sostanze con il
tubulo, permette lo scambio dei gas (entra sangue arterioso ed esce quello venoso);
il 20% circa della gittata cardiaca viene data ai reni.
● Tubuli renali: il glomerulo è avvolto dalla capsula di Bowmann che raccoglie i
liquidi usciti da esso. Questi liquidi scorrono lungo il tubulo del nefrone che si divide
in 3 parti: il tubulo contorto prossimale (percorso tortuoso e si trova vicino alla
capsula di Bowmann) oltrepassa i vasi arcuati entrando nella midollare diventa
rettilineo (non più contorto), scende verso l’apice della midollare, si piega ad U
formando l’Ansa Henle (che presenta un tratto discendente con una parete sottile e
permeabile all’acqua, mentre il tratto ascendente presenta una parete più spessa ed
impermeabile all’acqua: lo spessore della parete ha un significato fisiologico); dopo
essere rientrata nella corticale, il tubulo torna contorno (tubulo contorto distale).
Quest’ultimo termina la sua corsa nel dotto collettore (che passa dalle colonne
renali o del Bertin), tubulo rettilineo, dove si raccoglie il prodotto di molti nefroni. Il
dotto collettore nasce nella corticale, entra nella midollare e arriva fino alla pelvi
renale. Man mano che scende verso la pelvi, aumenta il suo diametro.
Il tubulo contorto distale si unisce alle due arteriole e forma un piccolo spazio triangolare che
contiene delle cellule (le cellule della macula densa): l’apparato iuxtaglomerulare che è un
sensore che avverte la pressione del sangue.

Nel nefrone avvengono 3 meccanismi che portano alla produzione dell’urina:


● Filtrazione che avviene nel glomerulo renale: uscita di acqua e piccole molecole dal
glomerulo alla capsula di Bowmann. Produce una preurina molto immatura che
matura scorrendo lungo i tubuli.
● Riassorbimento di acqua e piccole molecole dal tubulo al sangue
● Secrezione: passaggio di altre molecole dal sangue al tubulo fino al dotto collettore.
Quando l’urina cade nella pelvi renale, l’urina è matura e può essere escreta.

Filtrazione

Vi sono 4 forze che gestiscono la filtrazione:


● 2 forze prementi che favoriscono l’uscita dell’acqua dal glomerulo:
- La pressione idrostatica glomerulare (PIG)
- La pressione osmotica capsulare (POC)
● 2 forze che ostacolano l’uscita dell’acqua:
- Pressione oncotica glomerulare (POG) proteine che rimangono all’interno del
glomerulo
- La pressione idrostatica capsulare (PIC)

Ogni minuto si formano 125 ml di filtrato glomerulare (VFG è la velocità di filtrazione


glomerulare che è il volume di plasma filtrato in un minuto dai due reni).

Riassorbimento

● Prima fase: RIASSORBIMENTO OBBLIGATORIO semplice grossolana, ed è fissa,


sempre uguale. Si verifica prevalentemente nel tubulo contorto prossimale, dove
viene riassorbito il 65% dell’acqua. Il riassorbimento dell’acqua è reso possibile dal
riassorbimento attivo degli ioni sodio e cloro che si portano l’acqua dietro per motivi
osmotici (questo riassorbimento viene detto riassorbimento iso-osmotico, ovvero
l’osmolarità non varia). Un altro 15% di acqua viene riassorbito nel tratto
discendente (con parete sottile ed è permeabile all’acqua) dell’ansa di Henle.
Quindi l’80% di acqua viene riassorbita dal riassorbimento obbligatorio.
● Seconda fase: RIASSORBIMENTO FACOLTATIVO, un processo regolato
finemente ed è variabile. Questa parte avviene nel tubulo contorto distale e nel
dotto collettore. Qui viene riassorbito il 19% dell’acqua filtrata. Quindi solo l’1% di
acqua rimane come urina. L’urina deve essere preparata prima del riassorbimento
facoltativo. Questa preparazione avviene nell’ansa di Henle; serve a ridurre la
concentrazione della preurina che entra a 300 mOsm/L ed esce a 100 mOsm/L. Per
poter fare questo bisogna o aumentare il solvente (acqua) o diminuire il soluto
(sodio), ma avviene per lo più il secondo procedimento.
Alla base della piramide abbiamo l’osmolarità di 300 mOsm/L, mentre all’apice
abbiamo una osmolarità di 1200 mOsm/L con un passaggio graduale. Ciò è reso
possibile da un continuo scambio di soluti tra l’ansa di Henle e i capillari peritubulari.
L’Ansa di Henle nel tratto discendente è permeabile e permette all’acqua di uscire,
mentre nel tratto ascendente la parete si inspessisce e diventa impermeabile.
L’urina, quindi, entra a 300 mOsm/L e visto che l’acqua che bagna l’ansa
esternamente ha concentrazioni variabili fino a raggiungere i 1200 mOsm/L all’apice,
scendendo lungo il tratto permeabile l’urina si equilibra con l’acqua esterna fino a
raggiungere concentrazioni elevate (acqua in uscita e ingresso di soluti tra cui
l’urea). Successivamente risale e si diluisce poiché tenta di riequilibrarsi con l’acqua
esterna, ma siccome il tratto è impermeabile permette solo l’uscita dei soluti grazie a
delle pompe (la preurina mantiene il volume, ma perde sodio e cloro). All’uscita la
concentrazione diventa quindi di 100 mOsm/L. Uscita dall’ansa di Henle la preurina
per equilibrarsi espelle acqua fino ad arrivare a 300 mOsm/L (riassorbimento
facoltativo), l’acqua passa attraverso delle acquaporine che si aprono solo in
presenza di ADH (riduce il volume di urina) prodotto dall’ipotalamo (diabete insipido
dovuto da una mancanza completa di ADH comporterebbe 36 litri di urina prodotta al
giorno); (l’ADH viene prodotto dall’ipotalamo e viene rilasciato dalla neuroiposifi). Se
le acquaporine sono aperte, l’urina si bilancia con l’ambiente esterno a 300 mOsm/L.
Il dotto collettore attraversa la midollare, quindi attraversa tutti gli strati a
concentrazione superiore. Quindi si comporta come il tubulo contorto distale (se le
acquaporine sono aperte) e viene influenzato dall’ADH, attraversa le zone a
concentrazione crescente della piramide e perde acqua. Quando l’urina è maturata
giunge al bacinetto renale con una concentrazione di 1200 mOsm/L e se non ci fosse
l’ADH rimarrebbe a 100 mOsm/L.
L’Aldosterone è un ormone steroideo che agisce sulla diuresi infatti aumenta il
riassorbimento di sodio, tuttavia assieme al sodio viene riassorbita l’acqua e per
questo va a contrastare l’azione dell’ADH.

Clearance

È volume di plasma che viene depurato in un minuto da una certa sostanza nel suo
passaggio attraverso il rene (non è una caratteristica del rene, ma è una caratteristica della
sostanza).
Se una sostanza filtrata a livello del glomerulo viene integralmente secreta con l’urina, allora
la clearance corrisponde alla VFG.
Se una sostanza viene anche secreta dai tubuli la sua clearance sarà superiore alla VFG.
Se una sostanza viene riassorbito dai tubuli, la sua clearance sarà inferiore alla VFG.

La clearance plasmatica renale può essere valutata utilizzando le seguenti sostanze:


● Inulina (clearance 125 mL/min): zucchero complesso iniettato endovena che non
viene né riassorbito né secreto dai tubuli del glomerulo e viene quindi eliminato
completamente con le urine (per questo è l’indicatore della filtrazione glomerulare e
della funzionalità renale);
● PAI (acido paramminoippurico; clearance 650 mL/min): viene filtrato dal glomerulo e
la parte che rimane nel sangue viene secreta quasi completamente, permette quindi
di sapere quanto plasma passa nei reni in 1 minuto poiché è uguale all’intero
quantitativo del plasma che passa in 1 minuto nel flusso plasmatico renale;
● Creatinina (clearance 125 mL/min): meno affidabile dell’inulina perché viene
parzialmente filtrata ma più comoda, è proporzionale alla filtrazione glomerulare. La
creatinina plasmatica (creatininemia=concentrazione plasmatica della creatinina) è
correlata alla funzionalità renale ed è inversamente proporzionale alla filtrazione
glomerulare (per valori normali la creatinina deve essere attorno ad un 1 mg/ml).
● Glucosio: la sua clearance è 0, infatti è una molecola utilissima che viene riassorbita
totalmente. Quindi il rene non è in grado di depurare il sangue dal glucosio.
Il flusso ematico renale è la quantità di sangue presente nei reni e costituisce il 21% della
gittata cardiaca (flusso plasmatico+ematocrito=flusso ematico renale).

Dialisi

Permette di mettere a contatto il sangue al bagno di dialisi, separati da una membrana


semipermeabili. Il liquido di dialisi è composto da gradienti che attirano sostanze di scarto
dal sangue e impediscono il passaggio di sostanze nutritizie (come nel caso del glucosio).
Viene utilizzata l’arteria radiale. Per effettuare l’emodialisi è necessario creare una
circolazione extracorporea, dal momento che il sangue ed una soluzione dializzante (bagno
dializzante) devono passare attraverso il filtro di dialisi collocato al di fuori dell’organismo.
Per questo motivo è necessario disporre di un accesso vascolare (fistola) per prelevare il
sangue e poi reinserirlo. Ogni applicazione di emodialisi deve essere ripetuta generalmente
tre volte la settimana e dura circa quattro ore.
Una tipo di dialisi temporaneo è la dialisi peritoneale: per effettuare questo tipo di dialisi è
necessario effettuare un ingresso attraverso il peritoneo, che riveste tutti gli organi
dell’addome (cavità peritoneale). All’interno di questa cavità viene inserito il liquido di dialisi,
che sostituito periodicamente è in grado di realizzare una efficace depurazione del sangue e
allontanare l’acqua in eccesso dall’organismo.

Equilibrio acido-base

Ogni sostanza ha un certo valore di PH, sia il liquido intracellulare sia quello extra. Il PH del
sangue è 7,4 e deve essere mantenuto costante (unico valore biologico che non può
oscillare se non per pochissimo) perché altrimenti le proteine plasmatiche si denaturano (se
ciò dovesse accadere verrebbe alterata la funzione delle proteine). Gli acidi entrano nel
corpo tramite le proteine e i grassi e in più li autoproduce l’organismo convertendo l’anidride
carbonica nelle cellule; le basi invece vengono introdotte tramite i canali vegetali (sali del
calcio e del magnesio).
Ogni giorno il nostro corpo deve fare un bilancio acido (questo perché normalmente viene
aumentata l’acidità, perché il nostro corpo tende a sviluppare acido dalle proteine e dalla
CO2
.La quantità di acidità prodotta che bisogna compensare si divide in:
● Volatile (gas): come l’acido carbonico trasformato in CO2 ed eliminato con la
respirazione;
● Non volatile (fisso): come l’acido lattico, l’acido fosforico e i corpi chetonici (prodotti
dal catabolismo degli acidi grassi è particolarmente abbondanti quando si ha un
problema al metabolismo degli zuccheri).
L’acetone (liquido volatile) viene eliminato attraverso l’aria espirata, mentre l’acido
acetacetico e l’acido β-idrossibutirrico attraverso le urine. Siccome l’acetone ha la
capacità di attraversare la membrana ematoencefalica va a stimolare l’area postrema
cioè il centro di controllo del vomito.
Ci sono 4 sistemi per correggere il PH:
● Tamponamenti (temporanei):
○ Tamponamento extracellulare (dura per alcuni secondi): è un meccanismo
puramente chimico. è un meccanismo reversibile il cui prodotto dipende dalle
concentrazioni tra reagenti e prodotti. Il tampone extracellulare è dato da 3
tamponi chimici: tampone bicarbonato (acido carbonico e il bicarbonato; in
realtà l’acido carbonico non è presente nel nostro corpo e si utilizza la CO2),
tampone fosfato (i suoi elementi sono il fosfato acido HPO42-ed il fosfato
basico H2PO4-) e tampone proteico (i suoi elementi sono una proteina e la
proteine deidrogenata). Queste soluzioni tampone cedono o assorbono ioni
H+. Tampona il 50% degli acidi non volatili e il 60% delle basi.
○ Tamponamento intracellulare (dura alcuni minuti): è lo stesso meccanismo
visto per il trasporto della CO2, del suo ingresso nei globuli rossi, della sua
scissione grazie all’anidrasi carbonica che lo converte in acido carbonico che
viene dissociato in ione H+(assorbito dall’emoglobina) e bicarbonato. È in
grado di tamponare il 100% degli acidi volatili (CO2) e il 50% degli acidi non
volatili, mentre il 20%-40% delle basi.
● Compensi:
○ Compenso respiratorio (il più veloce): avviene solo se lo scompenso ha
origine metabolica (lo scompenso è un'alterazione che può essere alcalosa o
acidosa e può avere origine metabolica o respiratoria). Il compenso avviene
tramite l’aumento o la diminuzione dell’attività respiratoria. Se il PH scende,
l’attività respiratoria aumenta e quindi iperventilo (elimina CO2 diminuisce la
Pco2=10 mmHg), mentre se il PH sale, l’attività respiratoria rallenta e quindi
ipoventilo (trattiene CO2 aumenta la Pco2=60 mmHg); è coordinato dai
chemocettori.
○ Compenso renale (lento, infatti dura diverse ore, ma più potente): il
compenso renale è l’unico che è in grado di eliminare completamente
l’idrogeno (gli altri 3 sistemi lo nascondono). Il primo meccanismo possibile è
il riassorbimento di bicarbonato: se ho acidosi aumento il riassorbimento, se
invece ho alcalosi riduco il riassorbimento del bicarbonato. Il secondo
meccanismo è la secrezione di ioni idrogeno: nel tubulo contorto prossimale
si trova l’anidrasi carbonica che produce acido carbonico e lo ione idrogeno
viene rilasciato nell’urina (nell’urina ci sono tamponi fosfato). Il terzo
meccanismo permette produzione di ioni ammonio(NH4+), cioè lo ione
idrogeno legato all’ammoniaca, che viene eliminato con l’urina. In generale in
tutti e 3 i meccanismi se c’è acidosi accelera il meccanismo, se c’è alcalosi
rallenta il meccanismo.
La misurazione del pH del sangue si fa tramite l’EGA (EmoGasAnalisi) :si effettua sull’arteria
radiale e permette di verificare diversi parametri tra cui i più importanti del PH (7,4), della
Pco2 (40 mmHg) e del bicarbonato (24 mEq/L) che forniscono la fotografia del momento. Se
PH<7,4 si ha acidosi, per sapere se è metabolica o respiratoria si guardano gli altri
parametri (se HCO3-<24 e Pco2 normale è metabolica, se Pco2>40 e HCO3- normale è
respiratoria); lo stesso metodo è valido per le alcalosi, ma l'inverso.
Sistema endocrino

È uno dei 4 sistemi che mantiene l’omeostasi. Inoltre inizia, media e regola i processi di
crescita, sviluppo, maturazione, riproduzione e invecchiamento.
È visto come l’antagonista del sistema nervoso, infatti entrambi utilizzano messaggeri
chimici, molecole che danno il via a processi cellulari. Tuttavia è più lento del sistema
nervoso, perché per consegnare le sue molecole chimiche, gli ormoni , utilizza il sangue. Gli
ormoni prodotti dalle ghiandole agiscono solo su alcune cellule, dette cellule bersaglio
dell’ormone, quelle che presentano il recettore. I recettori legano con l’ormone e iniziano la
via metabolica correlata. Gli ormoni regolano anche la sintesi cellulare (detti ormoni
genomici).
L’ipotalamo, struttura appartenente al sistema nervoso, controlla le funzioni di base
dell’organismo ed è strettamente collegato all’ipofisi a formare l’asse ipotalamo-ipofisario.

Ghiandole endocrine

Le ghiandole endocrine possono essere suddivise in maggiori e cellule specializzate in


produzione di ormoni. Le ghiandole endocrine maggiori sono:
● Ipofisi lavora con l’ipotalamo e si trova sotto di esso: l’ipotalamo contiene le strutture
nervose che tuttavia si comportano come gli ormoni infatti i suoi neurotrasmettitori
vengono trasportati nel sangue. Ipofisi e ipotalamo sono il punto di collegamento tra
sistema nervoso ed endocrino
● Pineale (epifisi): produce la melatonina
● Tiroide e paratiroide (4 situate sulla parete posteriore della tiroide)
● Timo: il timo produce ormoni che rimangono al suo interno, infatti servono per la
maturazione dei linfociti
● Surrenali
● Pancreas endocrino (oltre all’esocrino)
● Gonadi (ovaie e testicoli) e placenta
Gli ormoni si dividono in due famiglie:
● Steroidei: gli ormoni steroidei sono tutti prodotti a partire dal colesterolo; sono
liposolubili perciò attraversano la membrana cellulare e nucleare dove incontrano i
recettori (possono agire anche direttamente sul DNA). Tutti gli ormoni sessuali sono
steroidei.
● Non steroidei: gli ormoni non steroidei si dividono a loro volta in
○ proteici: contengono proteine esempio l’insulina
○ peptidici: formati da qualche aminoacido e sono gli ormoni dell’ipofisi e
dell’ipotalamo
○ derivanti da singoli aminoacidi come catecolamine o i tiroidei.
○ glicoproteine: ormoni sessuali per esempio e sono composti da glucosio
○ derivanti da acidi grassi (acido arachidonico) legati ai processi
antinfiammatori come prostaglandine, lipposine e leucotrieni. L’acido
arachidonico è un acido grasso da assumere con la dieta considerato come
una vitamina.
Gli antinfiammatori eliminano i produttori dell’infiammazione, ma non la
guariscono, anzi ne rallentano la guarigione. Le infiammazioni possono
essere acute (non pericolose) o croniche (pericolose) molto difficili da
eliminare e per cui è stata creata una dieta antinfiammatoria.
La ghiandola oltre ad avere un’attività endocrina (sintesi di un ormone, la sua immissione
nel sangue e raggiungimento della cellula bersaglio attraverso il sangue) può avere
un’attività paracrina quando l’ormone percorre il liquido interstiziale per raggiungere una
cellula bersaglio vicina (senza passare nel sangue) oppure autocrina quando l’ormone
controlla la cellula che lo ha prodotto (autocontrollo), che possiede i recettori appositi.

Il sistema endocrino agisce tramite il meccanismo di feedback negativo che può essere
inibente (tanti ormoni, si interrompe la produzione) o stimolante (pochi ormoni, si attiva la
produzione); altrimenti può agire tramite feedback positivo quando il prodotto dell’azione di
un ormone stimola l’ulteriore liberazione di quel ormone.

Azione degli ormoni


● Le cellule possono produrre l’ormone in continuazione e depositarlo all’interno di
granuli per poterlo rilasciare quando serve.
● Altri ormoni invece vengono prodotti solo quando si necessitano.
● Gli ormoni tiroidei vengono sintetizzati in continuità, ma vengono conservati in follicoli
tiroidei (cavità rivestita la cui parete è coperta da cellule ghiandolari che producono il
colloide).
Gli ormoni iniziano la loro azione quando avviene il riconoscimento da parte del recettore.
Se il recettore si trova sulla membrana, si forma il secondo messaggero all’interno della
membrana (il più famoso è l’AMP-ciclico). Questo secondo messaggero da il via al processo
metabolico intracellulare, formando le cascate di attivazione di fosforilazione che portano
all’attivazione dell’effetto caratteristico della cellula. Se invece il recettore si trova sul nucleo,
il complesso ormone/recettore agisce direttamente sul DNA.

Complesso ipotalamo-ipofisi

L’ipofisi è collegata all’ipotalamo attraverso il peduncolo ipofisario dove passano le vene


portali ipofisari. L’ipofisi si divide in anteriore (adenoipofisi) e posteriore (neuroipofisi).
L’adenoipofisi è la vera e propria ghiandola e contiene cellule che producono ormoni, mentre
la neuroipofisi contiene delle terminazioni nervose (assoni) dei corpi cellulari presenti
nell’ipotalamo e permettendo la liberazione di ormoni; è quindi il punto in cui gli ormoni
ipotalamici vengono rilasciati nel sangue. Le cellule ghiandolari dell’adenoipofisi sono
strettamente controllate da ormoni locali prodotti dall’ipotalamo, detti fattori di rilascio.

Gli ormoni prodotti dall’ipofisi si dividono in:


● Glandotropi (che controllano altre ghiandole)
● Non glandotropi (ovvero che agiscono direttamente su una funzione fisiologica)

Gli ormoni liberati dalla neuroipofisi e prodotti dall’ipotalamo sono:


● L’ossitocina che è una molecola che favorisce la contrazione della muscolatura liscia
delle ghiandole mammarie (per il rilascio di latte materno) e dell’utero (durante il
parto).
● L’ormone antidiuretico (ADH) che promuove il riassorbimento di acqua riducendo la
produzione di urina. Agisce sul tubulo contorto distale e sul dotto collettore.

Gli ormoni dell’adenoipofisi sono:


● L’ormone della crescita o somatotropina (GH). Ha effetti sia non glandotropi (nei
confronti metabolici) che glandotropi (nei confronti del fegato).
○ Non glandotropi: il GH aumenta sia la massa del muscolo scheletrico che del
muscolo cardiaco (cosa che può essere un problema perché il circolo
coronarico non aumenta e quindi il miocardio non riesce ad essere
ossigenato al punto giusto); altro problema: non permette l’aumento del
tendine contemporaneamente all’aumento di massa muscolare. A livello del
fegato permette la produzione di glucosio (attraverso gluconeogenesi o
riduzione del glicogeno): quindi l’ormone della crescita è iperglicemizzante.
A livello del tessuto adiposo permette la lipolisi, quindi catabolismo degli acidi
grassi.
○ Glandotropi: il fegato produce due ormoni le somatomedine (IGF: fattore di
crescita simile all’insulina) molecole simili all’insulina che hanno effetto sulla
crescita delle ossa. Questi due ormoni del fegato sono indotti dall’ormone
GH.
Quando manca l’ormone GH si ha il nanismo armonico (persone di piccole
dimensioni); la crescita è dovuta sia dall’ormone GH che dagli ormoni tiroidei.
Se quest’ultimi mancano si avrà un nanismo disarmonico.
L’eccesso dell’ormone della crescita può portare a due conseguenze: se
avviene prima della pubertà si ha gigantismo armonico, mentre se avviene
dopo la pubertà (quando gli elementi ossei non crescono più) si parla di
acromegalia.
● ACTH (ormone adrenocorticotropo): è un ormone che controlla l’attività della
corteccia della ghiandola surrenale, quindi è un ormone glandotropo. Con il suo
ormone ipotalamico (CRF, corticotropin releasing factor) è l’elemento più importante
per la risposta allo stress.
● TSH (ormone tireotropo): è l’ormone che controlla la ghiandola tiroide, quindi è un
ormone glandotropo. L’ormone TSH è stimolato a sua volta dall’ormone TRF
(prodotto dall’ipotalamo).
In assenza di iodio la tiroide non produce ormoni. Per feedback l’ipotalamo produce
TRF che stimola la produzione di TSH; a sua volta porta all’ipertiroidismo, perché la
tiroide si ingrandisce senza però riuscire a produrre ormoni perché manca lo iodio (il
gozzo ne è la manifestazione).
Gli ormoni tiroidei controlla la crescita, il metabolismo basale (alimentano i circuiti
futili del metabolismo, es. gli ipertiroidei sono magri, con un metabolismo accelerato,
un calore corporeo elevato), influenzano la frequenza cardiaca e controllano l’allibito
e la funzione sessuale.
Particolarità degli ormoni tiroidei: le cellule della tiroide producono il colloide
(proteina) che riversa nel follicolo tiroideo. Quando la ghiandola è attiva i follicoli sono
molto grandi. Gli ormoni tiroidei fanno parte del colloide e quando si necessita
dell’ormone, viene staccato e messo in circolo.
Gli ormoni tiroidei sono 2: T3 e T4 che differiscono in base al numero di ioni iodio. La
T3 è la forma attiva, invece la T4 viene attivata mentre si trova in circolo.
● Gonadotropine che sono l’FSH (ormone follicolo stimolante) e LH (ormone
luteinizzante): sono ormoni gonadici presenti in entrambi i sessi. Nella donna FSH
promuove la formazione del follicolo e la sua fuoriuscita, mentre LH promuove la
formazione del corpo luteo. Nel maschio questi ormoni promuovono la
spermatogenesi.
● MSH (ormone melanocito stimolante): è prodotto dallo distretto singolo di cellule che
separa l’adenoipofisi dalla neuroipofisi. Questo ormone stimola la proliferazione dei
melanociti, quelle cellule che sviluppando melanina rendono scura la pelle se
stimolata dai raggi UV.
● PRL (ormone prolattina): promuove la sintesi del latte quindi le cellule bersaglio sono
quelle presenti nella ghiandola mammaria. Per l’allattamento quindi si necessitano di
due ormoni: la prolattina e l’ossitocina.

Pancreas endocrino

All’interno del pancreas ci sono gruppi di cellule endocrine che costituiscono le isole di
Langherans. Le cellule endocrine del pancreas sono le cellule alpha (che producono
glucagone), le cellule beta (che producono insulina) e cellule D (che producono
somatostatina, ormone paracrino che rimane nel fluido interstiziale e controlla i livelli degli
altri due ormoni).
L’insulina è l’unico ormone ipoglicemizzante, invece di ormoni iperglicemizzanti ce ne sono
diversi tra cui il glucagone (altri ormoni iperglicemizzano con effetto secondario per esempio
il cortisone, l’adrenalina, il GH e gli ormoni tiroidei). Nasce come precursore (catena C), che
viene tagliando per attivare l’insulina.
Il valore normale di glicemia dette essere tra 70-110 mg/dl circa ed equivale al glucosio
presente nel nostro sangue. Quando mangiamo, la glicemia sale e ciò stimola la produzione
di insulina, riducendo il livello di glicemia. L’insulina per fare ciò, fa entrare il glucosio dentro
alle cellule, soprattutto a livello del tessuto muscolare (NB i neuroni non necessitano di
insulina per l’ingresso del glucosio), ed entra attraverso trasportatori proteici (GLUT-4).
Questi trasportatori non sono sempre esposti all’esterno della cellula, infatti a digiuno si
trovano internalizzati in vescicole. Quando l’insulina si lega al suo recettore, le vescicole si
fondono con la membrana permettendo al trasportatore di entrare in contatto con il glucosio.
Il fegato non ha bisogno di insulina per far entrare il glucosio, ma per permettere la
sintesi di glicogeno, ovvero la formazione della riserva energetica di glucosio nelle forme
animali (l’essere umano adulto a circa 0,5 kg di glicogeno per lo più situato nel fegato, il
restante nel muscolo).
Nell’ipotalamo ci sono i centri della fame che hanno bisogno dell’ingresso dell’insulina, per
far interrompere “la fame” mentre ci alimentiamo (entrando l’insulina, l’ipotalamo percepisce
che la glicemia si è alzata).
L’insulina è un ormone anabolizzante e ha effetti su tutti e 3 i metabolismi principali
(glucidico, proteico e lipidico).
● Nel fegato favorisce la sintesi proteica, lipidica, aumenta la sintesi di glicogeno e
riduce la gluconeogenesi
● Nel muscolo aumenta l’ingresso di glucosio, l’ingresso di amminoacidi, la sintesi di
proteine, la sintesi di glicogeno e l’ingresso di potassio e diminuisce il catabolismo
proteico
● Nel tessuto adiposo aumenta l’ingresso di glucosio, la sintesi di acidi grassi e il
deposito di trigliceridi
Il glucagone agisce bilanciandosi con l’insulina. Quindi l’insulina è l’ormone post
alimentazione, mentre il glucagone è l’ormone del digiuno. Ha effetti opposti all’insulina.

Ghiandole surrenali

Sono ghiandole concentriche costituite dalla corticale e dalla midollare.


La zona midollare contiene cellule che producono ormoni liberi del sangue, zona però
considerata come parte del sistema vegetativo (neuroni postgangliari ortosimpatico). La
midollare del surrene quindi è l’equivalente dell’ortosimpatico, infatti produce l‘equivalente
della noradrenalina: l’adrenalina. La zona midollare è innervata dai neuroni pregangliari
dell’ortosimpatico, mentre i neuroni postgangliari corrispondono proprio alla midollare.
La corticale produce ormoni steroidei (che vengono sintetizzati al bisogno) ed è composta
da 3 strati cellulari:
● Zona glomerulosa: produce i mineralcorticoidi e gestisce il bilancio elettrolitico (quindi
il bilancio dei minerali). Il più importante è l’aldosterone che agisce sui tubuli renali e
la sua azione aumenta il riassorbimento del sodio a livello tubulare (interviene anche
sulla produzione/concentrazione dell’urina e sulla pressione arteriosa, perché il
riassorbimento del sodio porta all’assorbimento dell’acqua). L’ACTH è stimolato
dall’angiotensina che si forma a partire dal rene: infatti le cellule dell’apparato
iuxtaglomerulare producono renina che si unisce all’angiotestinogeno (trasformato in
angiotensina 1). Questa arriva ai polmoni e al livello degli alveoli, viene tagliata e
trasformata in angiotensina 2 (ormone a tutti gli effetti perché scorre nel sangue e
presenta recettori). Angiotensina 2 ha due effetti: sintesi di aldosterone e causa la
costrizione delle arteriole efferenti.
● Zona fascicolata: produce i glucocorticoidi ed il più importante è il cortisone. Ha
diversi effetti:
○ Iperglicemizzante
○ Aumenta il tono dell’umore e dello stato di veglia
○ Fa diminuire la massa muscolare
○ Riduce la formazione delle ossa e promuova il loro riassorbimento (ossa che
diventano osteoporotiche e fragili)
○ Fa diminuire il tessuto connettivo
○ Inibisce la risposta immunitaria
○ Aumenta il tono arteriolare e ne diminuisce la permeabilità (per fare ciò
trattiene acqua nel corpo per aumentare la pressione arteriosa)
I valori di cortisone aumentano durante la notte e diminuiscono durate la giornata.
● Zona reticolare: produce androgeni tra cui testosterone e DHEA e si occupano della
maturazione dei caratteri secondari. Il testosterone provoca anche l’aggressività.

Ormoni del ciclo mestruale e della gravidanza

Gli ormoni femminili sono gestiti dalle gonadotropine ipofisarie (FSH e LH) e sono gli
estrogeni ed il progesterone. Hanno un andamento periodico e ciclico. Il loro ciclo permette
la maturazione del follicolo e l’ovulazione. Quest’ultima è preceduta da un picco di estrogeni;
dopo l’ovulazione gli estrogeni diminuiscono. Ciò che ne rimane del follicolo viene
trasformato in corpo luteo, ghiandola che produce progesterone. Se l’ovulo viene fecondato
il corpo luteo si mantiene e il progesterone continua ad essere prodotto (perché un ormone
prodotto dalla placenta, la gonadotropina corionica umana, mantiene vivo il corpo luteo). Il
progesterone inibisce le contrazioni dell’utero. Se l’ovulo non viene fecondato, il corpo luteo
va incontro a deiescenza e la secrezione di progesterone cala, provocando lo sfaldamento
dell’endometrio.

Fisiologia della nutrizione

Lo scopo della nutrizione è ricavare molecole energetiche, strutturali e di regolazione. Gran


parte dell’energia prelevata dagli alimenti la usiamo come fonte di calore.
I nutrienti principali sono i carboidrati (4 cal al grammo), proteine (4 cal al grammo) e lipidi (9
cal al grammo).
I carboidrati hanno prevalentemente funzione energetica e in minor misura funziona
strutturale; le proteine hanno funzione prevalentemente regolatoria e in minor misura
strutturale; i lipidi hanno tutte e 3 le funzioni (energetica, strutturale e regolatoria).
Il quoziente respiratorio è il rapporto di anidride carbonica prodotta e l’O2, consumato nei
processi ossidativi. Esso è diverso per ciascuno dei nutrienti e dipende essenzialmente dalla
loro costituzione chimica.

Il metabolismo basale è il consumo obbligatorio di energia essenziale per lo svolgimento


delle minime attività funzionali, quali il mantenimento della temperatura corporea e del tono
muscolare e delle incessanti attività cardiovascolare, respiratoria, epatica, nervosa, renale e
ghiandolare. Il metabolismo basale si calcola in base all’ossigeno consumato, alla superficie
corporea e all’età.
BIA: impedenziometria: si fa circolare una corrente debole e si misura l’attenuazione del
collante basandosi sul fatto che le masse magre sono ricche d’acqua e conduco bene la
corrente, mentre la massa grassa è quasi isolante. Serve a capire se la perdita di peso
viaggia nel verso giusto, ovvero se si sta perdendo massa grassa e non massa magra.

Esistono 3 tipi metabolici:


● Ipo-ossidatore (MB lento): brucia male i grassi, non bene le proteine e bene gli
zuccheri.
● Iper-ossidatore (MB veloce): brucia male gli zuccheri. bene le proteine e molto bene
i grassi.
● Normo-ossidatore (MB neutro): processi biochimici equilibrati.

Il digiuno:

È lo stato di mancata assunzione di alimenti tale da non soddisfare il fabbisogno energetico.


Dopo circa 24 h di digiuno si innesca il fenomeno della gluconeogenesi. La massa magra
viene intaccata per convertire le proteine in energia (fino a 100 g al giorno), e allo stesso
scopo verrebbero utilizzati anche i grassi (effetto dimagrante), con conseguente accumulo di
scorie. Se prolungato, il digiuno determina una progressiva preferenza per i grassi, come
carburanti corporei; cosicché l'utilizzo degli aminoacidi per la gluconeogenesi termina
abbastanza rapidamente. L’elevato utilizzo di acidi grassi causa l’accumulo di corpi chetonici
o chetoacidi. Dopo la prima settimana il livello di corpi chetonici nel sangue diviene elevato
(chetosi) e il cervello comincia ad utilizzare preferenzialmente questi come carburante, al
posto del glucosio. La chetosi, in definitiva, è il principale meccanismo chiamato in causa per
la sopravvivenza dell'uomo a digiuno. Il digiuno prolungato causa una riduzione del
metabolismo basale fino al 25%.
La tiroide produce anche la T3 inversa dove gli atomi di iodio sono posizionati in un altro
modo e ferma il metabolismo basale in caso di digiuno prolungato, impedendo il dispendio
energetico.
L’ipotalamo è fatto da diversi nuclei, tra cui vi è l’area laterale e l’area centro mediale: una
loro lesione può provocare rispettivamente anoressia e iperfagia. Nella zona dorsale
abbiamo il centro della fame, mentre nella zona mediale abbiamo il centro della sazietà.
Sono stati trovati 2 ormoni: la grelina (che è l’ormone della fame) e la leptina (che è l’ormone
della sazietà); ovviamente ne esistono degli altri, ma questi sono stati scoperti da poco.

La vitamina D

In realtà per l’uomo non è una vitamina, perché siamo in grado di sintetizzarla e perché
presenta su determinate cellule un recettore intranucleare. La vitamina D è uno steroide,
quindi attraversa le membrane e trova i suoi recettori direttamente sul DNA.
L’energia solare è un potente motore di importanti processi naturali. La vitamina D è dato dal
suo precursore, che arrivando ai capillari dell’occhio entra a contatto con i raggi UV→ i raggi
UV possono essere UVC, UVB (producono molta energia quindi sono i responsabili delle
scottature), e UVA (sono i più penetranti, ma hanno meno energia). I raggi UVA hanno
irradiazione costante durante la giornata, mentre i raggi UVB hanno un picco intorno a
mezzogiorno e sono questi i raggi utilizzati maggiormente per la sintesi di vitamina D.
Il legame tra l’anello intermedio viene rotto dalla fotolisi ed il prodotto è proprio la vitamina D
quindi il precursore 7-deidrocolesterolo+raggi UV→ vitamina D3. Questa circola arriva nel
fegato, dove viene aggiunto un gruppo -OH. Nel sangue incontra un secondo enzima che
aggiunge un ulteriore gruppo -OH diventando 1,25-diidrossicolecalciferolo la forma attiva
della vitamina D. Per l’attivazione della vitamina D servono dei cofattori: il paratormone e
Klotho. Quest’ultima proteina è utile per la difesa contro la produzione di radicali
dell’ossigeno (quindi favorisce la formazione di perossidanti) e serve per gestire alcune vie
metaboliche.
La vitamina D è correlata con la perdita di memoria durante l’invecchiamento. La vitamina
Klotho è importante per la produzione di enzimi, per la sopravvivenza cellulare, e favorisce
la formazione di perossidanti.
La vitamina D attivata deve legarsi nel citoplasma ad una molecola di trasporto, così da
poterla trasportare ad altri recettori presenti nel nucleo. Il recettore della vitamina D si
deforma al suo arrivo. Il recettore della vitamina D è stato trovato in 30 tipi di cellule diverse
e si ritiene che la vitamina D possa regolare 200 geni diversi: tra le reazioni importanti della
vitamina D abbiamo la produzione di calcio, permette l’inibizione della proliferazione
cellulare, dell’angiogenesi, stimola la produzione di insulina, inibisce la produzione di renina,
stimola la produzione di composti antibatterici e stimola la sua autodistruzione.
Tra 30-60 mg/ml (75-150 nmol/L) è il valore normale di vitamina D nel nostro sangue.
Essendo una sostanza lipofila (come tutte quelle lipofili che sono le vitamine A, D, E, K), si
accumula nel tessuto adiposo, provocando tossicità quando arriva ad un valore di 150
mg/ml.
● Vitamina D e macrofagi: la vitamina D influenza i macrofagi ed i globuli bianchi in
generale: li aiuta a svolgere la loro funzione immunitaria. La vitamina D ha anche una
funzione antinfiammatoria, quindi un livello basso di vitamina D aumenta il rischio di
ostruzione coronarica.
● Vitamina D e diabete: statisticamente si è visto che un bambino con carenza di
vitamina D, ha un rischio aumentato del 200% di avere il diabete di tipo 1.
● Vitamina D e la sclerosi multipla: l’apporto di vitamina D è associato ad una più
lenta progressione della sclerosi multipla.
● Vitamina D e cancro: più sono alti i livelli di vitamina D, minore è il rischio di cancro
(soprattutto cancro all’esofago). La vitamina D previene angiogenesi dei tumori.
● Vitamina D e denti: la vitamina D promuove la sintesi di molecole (cadeicidina e
difensiva) e riducono la placca batterica dei denti ed è importante per lo sviluppo dei
denti

Apporto di vitamina D

La dose raccomandata varia leggermente con l’età. Da 0-12 mesi circa 400 unità, dalla
pubertà ai 70 anni 600 unità, successivamente 800 unità.
La fonte di vitamina D è prevalentemente animale: salmone, pesce azzurro, olio di fegato di
merluzzo, fegato di bovino, formaggi, uova, latte.
Rispetto a 40 anni fa si è osservato una minor assunzione della vitamina D.

La forma attiva di vitamina D è più efficace. La vitamina D è una sostanza adattogena, cioè
riesce a regolarizzare la risposta allo stress, promuove la proliferazione in cellule sane
(compattezza ossea, angiogenesi e riparazione delle ferite) e blocca la proliferazione delle
cellule malate portando all’apoptosi.
Forse la vitamina D forma un sistema di controllo binario insieme al cortisone, quindi
sistema bilanciato tra di loro. Entrambi devono coesistere per mantenere un
equilibrio.

Fisiologia dell’osso
È la più grande sede di deposito del calcio. Il calcio è indispensabile nella contrazione
muscolare, per la coagulazione del sangue, stimola la liberazione di acetilcolina nella
trasmissione nervosa, funge da ponte tra actina e miosina nell fibre muscolari e interviene
nel potenziale di membrana sull’eccitabilità del muscolo.

La calcemia è un valore estremamente regolato e deve essere compreso tra 9-10 mg/dl.
L’omeostasi del calcio avviene nell’intestino (assorbimento del calcio alimentare), rene
(attivazione vitamina D, riassorbimento/escrezione del calcio), tiroide (sintesi ed secrezione
di calcitonina dalle cellule parafollicolari) e paratiroidi (sintesi e secrezione di paratormone).
Il metabolismo del calcio è influenzato dalla dieta, dalla sua mobilizzazione dall'osso, dal
riassorbimento renale e dalle perdite intestinali.
L’omeostasi del calcio dipende da:
● PTH (paratormone): ipercalcemizzante
○ Vit.D dipendente
○ Le paratiroidi rispondono rapidamente al decremento del calcio con
incremento della sintesi di PTH
● Vitamina D: ipercalcemizzante
● Calcitonina: ipocalcemizzante
● L’effetto ipercalcemizzante facilita l'assorbimento intestinale di Ca2+, quindi ci sarà
più Ca2+ in sangue
● L’effetto ipocalcemizzante facilita l’entrata di Ca2+ in osso, quindi ci sarà meno Ca2+
in sangue
Ogni giorno assumiamo 1g di calcio con la dieta e con H20 minerale :350 mg li
assorbiamo, 200 mg li eliminiamo attraverso i reni e le feci
Nel nostro scheletro c’è 1Kg di calcio puro
Cellule dell’osso:
● Osteoclasti demoliscono il tessuto osseo, sciogliendo chimicamente l’osso.
● Osteoblasti rigenerano il tessuto osseo. Dopo aver costruito gli osteoni, vanno in
riposo e diventano osteociti
● Osteociti: cellule costituite da prolungamenti che formano una rete continua. La
matrice ossea ha un effetto pizoelettrico (si generano piccole correnti elettriche che
vengono raccolte dagli osteociti).
● Cellule di linea sono i precursori degli osteoblasti
Gli osteoni sono lamelle concentriche al cui centro troviamo una venula ed un arteriola.
Queste lamelle concentriche sono costellate di lacune occupate dagli osteociti; tra una
lacuna e l’altra vi sono canalicoli occupati dai prolungamenti degli osteociti.
L’osso è molto vascolarizzato ed è una struttura attiva. La parte centrale dell’osso è
costituito da trabecole, mentre gli osteoni si trovano in periferia; le trabecole sono date da
tessuto osseo attraversato da lacune, riempite da midollo osseo.
Gli osteoclasti degradano il tessuto osseo, producendo calcio ionizzato che viene riportato
nel sangue.

Il rimodellamento dell’osso:

Il rimodellamento osseo è il processo continuo di adattamento strutturale dell'osso alle


sollecitazioni provenienti dall'esterno, in modo da avere sempre una struttura adatta alle
reali necessità biomeccaniche di quello specifico soggetto. Osteociti ed osteoblasti fanno
così parte di una complessa catena di rilevazione del carico ed attuazione di modifiche ove
necessario, per cui un osso sottoposto ad un carico che eccede i parametri biomeccanici
sopportabili dalla sua struttura attuale, indurrà in quell'osso un processo di rimodellamento
delle trabecole funzionale ad una maggiore sopportabilità del carico e quindi
osteoaddensamento. Al contrario un osso sottoposto a pochi sforzi percepirà una minor
tensione sulle "strutture-sensori" (osteociti, collagene peri-osteone) ed avvierà così un
rimodellamento volto ad un maggior "riassorbimento osseo", dato che l'attuale struttura è
percepita come uno "spreco" di matrice ossea, visti i lievi carichi cui è sottoposto.

Il rimodellamento non va confuso col rimaneggiamento osseo, termine con cui si intende
l'aspetto dinamico delle modificazioni continue a cui è sottoposto l'osso fisiologicamente e
per motivi di semplice omeostasi del calcio. È un fenomeno che accompagna l'individuo
durante la vita e si manifesta nella continua attività di apposizione e demolizione dell'osso. Il
fenomeno è prevalente nelle ossa lunghe nella porzione diafisaria nella quale il periostio
appone materiale nella parte esterna mentre nella parte interna gli osteoclasti lo
demoliscono a seconda delle necessità organiche di sali di calcio e fosforo. La fase
appositiva prevale in età giovanile determinando l'accrescimento dell'individuo, in età adulta
si ha una fase di mantenimento, mentre in età senile si ha una prevalenza della fase
demolitiva che determina l'indebolimento della struttura fino all'eventuale rottura.

Wolff’s law:

Questa legge è stata sviluppata da Julius Wolff (1836-1902) nel XIX secolo, afferma che
l'osso di una persona o di un animale sano si adatta ai carichi sotto i quali è collocato. Se il
carico su un particolare osso aumenta, l'osso si rimodellerà nel tempo per diventare più forte
per resistere a quel tipo di carico. L'architettura interna delle trabecole subisce cambiamenti
adattativi, seguiti da cambiamenti secondari alla porzione corticale esterna dell'osso,
diventando più spesso di conseguenza. Anche l'inverso è vero: se il carico su un osso
diminuisce, l'osso diventerà meno denso e più debole a causa della mancanza dello stimolo
richiesto per il continuo rimodellamento. Questa riduzione della densità ossea (osteopenia) è
nota come protezione da stress e può verificarsi a seguito di una sostituzione dell'anca (o di
un'altra protesi).
Il rimodellamento dell'osso in risposta al carico viene ottenuto mediante
meccanotrasduzione, un processo attraverso il quale le forze o altri segnali meccanici
vengono convertiti in segnali biochimici nella segnalazione cellulare. La meccanotrasduzione
che porta al rimodellamento osseo coinvolge le fasi del meccanocoppiamento,
dell'accoppiamento biochimico, della trasmissione del segnale e della risposta cellulare. Gli
effetti specifici sulla struttura ossea dipendono dalla durata, dall'ampiezza e dalla velocità di
carico e si è riscontrato che solo il carico ciclico può indurre la formazione dell'osso. Una
volta caricato, il fluido scorre lontano dalle aree ad alto carico di compressione nella matrice
ossea. Gli osteociti sono le cellule più abbondanti nell'osso e sono anche i più sensibili a tale
flusso di liquidi causato dal caricamento meccanico. Dopo aver rilevato un carico, gli
osteociti regolano il rimodellamento osseo segnalando ad altre cellule molecole di
segnalazione o contatto diretto. Inoltre, le cellule osteoprogenitrici, che possono
differenziarsi in osteoblasti o osteoclasti, sono anch’esse meccanosensori e possono
differenziarsi in un modo o nell'altro a seconda delle condizioni di carico.

Bone muscle fat network:


Si è scoperto che tutti e tre (muscolo, osso e tessuto adiposo) liberano messaggeri chimici
che influenzano l’attività degli altri 2.
● Rapporto muscolo e osso: il muscolo scheletrico produce delle miochine, che
possono influenzare i fattori di crescita e i fattori infiammatori. I muscoli producono
anche interleuchine o le miostatine (sostanze che bloccano la demolizione dell’osso)
● Rapporto osso e grasso: il grasso bianco produce dei messaggeri chimici (quindi lo
possiamo considerare un organo endocrino) e per esempio produce leptina e
angiotensina. Il grasso disfunzionale produce un eccesso di adipochine
proinfiammatorie che sono in grado di interagire con cellule ossee, cellule sinoviali e
condrociti inducendo mediatori proinfiammatori (citochine, ROS, NO) e fattori di
degradazione della cartilagine (metalloproteasi e ADAMTS).
● Rapporto muscolo e grasso: vi è una regolazione opposta (quindi se aumenta il
tessuto muscolare, per forza il tessuto adiposo diminuisce) e ciò è reso possibile da
diversi messaggeri. Tra questi vi è la miostatina che favorisce la crescita di tessuto
adiposo e la adiponectina che aumenta la massa grassa.
Quando si ha una disfunzione si va incontro ad osteoporosi e sarcopenia
aumentando la massa grassa.

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