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LEZIONE OTTO – 25 NOVEMBRE

1. Breve ripasso sul mandato con rappresentanza

La iscrizione è il principale presupposto ai fini dell’applicazione del contratto collettivo.


Dobbiamo distinguere due ipotesi: se il datore di lavoro è iscritto al sindacato allora sarà vincolato
in considerazione della sua iscrizione alla applicazione del contratto collettivo ma se il lavoratore
non è iscritto al sindacato o a uno diverso da quello che ha stipulato allora egli non è assoggettato
alla disciplina del contratto collettivo e quindi ha la possibilità di opporsi all’applicazione del contrat-
to collettivo in considerazione del fatto che non sono iscritto al sindacato.
Ma quando il lavoratore iscritto o non iscritto sottoscrive un contratto individuale che dice che quel
contratto sarà assoggettato alla disciplina del contratto collettivo allora automaticamente si assog-
getta alla disciplina del contratto collettivo stesso —> quindi con la sottoscrizione di un contratto in-
dividuale che contiene un rinvio alla regolamentazione contenuta nel contratto collettivo, il contratto
collettivo si applica comunque indipendentemente dal fatto che il lavoratore sia iscritto o meno.

Es. ad un certo punto un rinnovo del contratto collettivo metalmeccanici non è stato sottoscritto da
FIOM. C’erano dei lavoratori iscritti a FIOM che erano stati assunti prima del mancato rinnovo del
contratto collettivo e ai quali si era applicato fino ad allora il precedente contratto collettivo.
Subentra un rinnovo contrattuale dalla quale FIOM è esclusa e quindi dal quale sono esclusi gli
iscritti a FIOM. I lavoratori già assunti e iscritti a FIOM si oppongono al nuovo contratto collettivo
perché non è stato sottoscritto dall’associazione a cui aderiscono. Quindi per i lavoratori assunti
con il precedente contratto collettivo e non iscritti a FIOM il rinvio al contratto collettivo contenuto
nel contratto individuale è stato interpretato come attuale ossia riferito anche al nuovo contratto
collettivo mentre per i lavoratori assunti con il precedente contratto collettivo e iscritti alla FIOM
così non è stato in quanto appunto FIOM non aveva sottoscritto il nuovo contratto collettivo.
Quindi l’impresa applica il contratto vecchio per i lavoratori di FIOM e il contratto nuovo per gli altri
che aderiscono a sindacati che hanno aderito a quello nuovo.

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2. La applicazione del contratto collettivo nazionale

Il contratto collettivo di diritto comune è un contratto collettivo post corporativo con effica-
cia limitata a lavoratori e datori iscritti alle associazioni stipulanti in considerazione del fatto
che parliamo di un contratto a tutti gli effetti – un contratto atipico in quanto non esiste una discipli-
na specifica – e quindi si applica, come un qualunque contratto di diritto privato, limitatamente
alle parti stipulanti.
Come si giustifica il fatto che produca effetti anche nei confronti dei singoli ossia del contratto indi-
viduale? Attraverso la teoria del mandato con rappresentanza.

2.1. La applicazione del ccnl ai non iscritti

In mancanza di una applicazione generalizzata del contratto collettivo, che è un obiettivo che ci si
pone in ragione della funzione che esso svolge, la dottrina e giurisprudenza hanno elaborato
meccanismi che determinano l’applicazione del contratto collettivo anche nei confronti di
soggetti per i quali il contratto collettivo teoricamente non dovrebbe trovare applicazione
perché non iscritti alle associazioni stipulanti.
Il problema della applicazione del contratto collettivo in particolare si pone quando sono le imprese
a non essere iscritte alle associazioni stipulanti. Infatti se io sono una impresa iscritta ad una asso-
ciazione stipulante allora inserirò nel contratto individuale il rinvio al contratto collettivo stipulato
dalla mia associazione di categoria e quindi a quel punto anche il lavoratore non iscritto che sotto-
scrive il contratto automaticamente si assoggetta alla disciplina del contratto collettivo.
Viceversa il datore di lavoro non iscritto può avere interesse a non inserire il rinvio al contratto col-
lettivo nel contratto individuale.
Infatti non è un obbligo applicare il contratto collettivo: un contratto di lavoro può benissimo essere
disciplinato interamente dalle parti in modo autonomo e dalle norme di legge.
Non c’è un obbligo di applicare il contratto collettivo altrimenti saremmo in un sistema che
recepisce l’erga omnes e che oggi non c’è per la mancata attuazione dell’art 39.
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Nonostante appunto i contratti collettivi non abbiano efficacia erga omnes, sono state elaborate
delle teorie giustificano l'applicabilità del contatto collettivo anche a soggetti diversi da
quelli ai quali di regola dovrebbe essere applicato.
1. rinvio esplicito al contratto collettivo: io impresa non sono iscritta a nessuna associazio-
ne, se però nell’ambito del contatto individuale riporto come clausola finale un rinvio ad un
contratto collettivo (rinvio esplicito), questo è interpretato come una volontà anche da parte
dell'imprenditore non iscritto di applicare la disciplina del contratto collettivo al quale si rin-
via. Quindi il rinvio esplicito al contratto collettivo determina come effetto l’applica-
zione del contatto collettivo medesimo.
Es. Il datore, non iscritto ad alcuna associazione, assume un lavoratore e nel contratto indi-
viduale riporta un rinvio al ccnl metalmeccanici di FEDERMECCANICA. Il datore dice al la-
voratore, nel contratto individuale, “la tua retribuzione è di 2000 euro al mese”. Il lavoratore
controlla e si accorge che secondo il contratto collettivo metalmeccanici FEDERMECCANI-
CA lo stipendio dovrebbe essere di 2100. Il lavoratore lo fa presente al datore che risponde
che egli non essendo iscritto alla associazione di categoria che aveva stipulato il ccnl me-
talmeccanici con FEDERMECCANICA è libero di stabilire un importo diverso. ATTENZIO-
NE: il datore, però proprio per il fatto che nella lettera di assunzione ha esplicitamente rin-
viato al ccnl FEDERMECCANICA, si è vincolato alla applicazione del ccnl anche se non
iscritto alla associazione stipulante.
In una situazione di tal genere quando il datore di lavoro non è iscritto a nessuna asso-
ciazione di categoria, allora potrebbe rinviare anche ad un contratto collettivo di una
categoria diversa.
Es. io imprenditore metalmeccanico rimando al contratto collettivo dei tessili. In effetti è una
cosa poco funzionale perché i contratti collettivi sono creati in modo da disciplinare le esi-
genze specifiche di quel determinato settore, ma può capitare. È una questione che si pone
soprattutto tra attività al confine tra diversi possibili settori e dove non c’è un’individuazione
netta del settore di riferimento. Questo per dire che da questo punto di vista vi è un libertà
massima che è espressione della libertà sindacale che si manifesta nella possibilità di ap-
plicare un contratto collettivo diverso da quello della categoria di riferimento.
Concludendo: un rinvio al contratto collettivo contenuto nel contratto individuale è
vincolante per il datore di lavoro anche se non iscritto alla associazione di categoria
che lo ha stipulato.

2. rinvio di fatto, implicito: anche se nel contratto individuale non vi è espressamente la


clausola di rinvio al contratto collettivo ma c’è evidenza del fatto che, anche se non lo nomi-
na esplicitamente il datore applica quel contratto collettivo - perchè in effetti nella disciplina
del contratto individuale si rifà in tutto e per tutto ad un contratto collettivo - allora si deter-
mina l’obbligo del datore di lavoro di attenersi a quanto previsto nel contratto collettivo.

3. Vi è poi un altro sistema che determina la estensione del contratto collettivo che è limitato
all’aspetto retributivo.
Anzitutto, cosa è la retribuzione? Il corrispettivo che il datore di lavoro paga al lavoratore
come prestazione che è correlata allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il contratto di lavo-
ro autonomo è un contratto a prestazioni corrispettive mediante il quale il lavoratore si ob-
bliga a prestare l’attività lavorativa e il datore a pagare una retribuzione.
Nel nostro ordinamento, diversamente da altri, non esiste una legge che stabilisce la
retribuzione applicabile al lavoratore - ci sono proposte di introduzione di una legge sulla
retribuzione minima ma ad oggi si è concluso nulla in merito.
Tuttavia esiste un riferimento normativo per la retribuzione che è l’art 36 Cost: “il lavoratore
ha diritto ad una retribuzione proporzionata e sufficiente”.
Proporzionata: nel senso che deve esserci un rapporto di corrispettività rispetto a ciò che
fa il lavoratore, e questo va a premiare la professionalità del lavoratore per cui più il lavoro
è impegnativo e carico di responsabilità, più deve essere il guadagno.
Sufficiente: è la retribuzione che garantisce al lavoratore e al suo nucleo famigliare un’esi-
stenza libera e dignitosa. In effetti le parole “libera e dignitosa” richiamano una situazione
diversa dai minimi di sussistenza, una situazione nella quale il lavoratore possa vivere in
modo tale da potersi permettere degli agi.
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E' importante soffermarci sulla applicazione giurisprudenziale dell’art 36 Costituzio-
ne in quanto essa determina una applicazione del ccnl anche oltre il suo normale
ambito di applicazione.
L'articolo 36 è una norma che viene utilizzata dai giudici per le situazioni in cui un lavorato-
re sostenga di guadagnare meno di quanto dovrebbe guadagnare, però all’interno di un
contratto individuale nel quale non si rimanda all’applicazione del contatto collettivo.
Infatti se si applica il contratto collettivo la questione è relativamente semplice: es. sono un
lavoratore di un’azienda commerciale e sono al massimo livello della categoria impiegatizia
(i lavoratori si dividono in gerarchie operai/impiegati, quadri e dirigenti). Se si applica il con-
tatto collettivo, in questo caso il Ccnl commercio, allora io lavoratore che ritengo di svolgere
mansioni superiori - di un quadro - posso fare una causa davanti al giudice del lavoro chia-
mando in giudizio l’azienda e dimostrando che svolgo quel tipo di mansioni e che in base al
Ccnl commercio chi svolge quel tipo di mansioni rientra nella categoria “quadri” e dovrebbe
avere questo stipendio.
Vi sono però situazioni più problematiche:
A) Ci può essere una situazione in cui l’azienda non applica il contratto collettivo. Come
faccio a capire se la retribuzione è proporzionata?
È un caso quasi di scuola, di regola le aziende applicano il contratto collettivo in quanto è
molto più rapido rimandare ad un contratto collettivo già compilato piuttosto che contrattare
con ogni singolo lavoratore ogni parte del contratto.
B) Un caso non di scuola ma frequente è quello del lavoratore autonomo. [N.B. i lavoratori
si dividono in lavoratori subordinati (dipendenti) e lavoratori autonomi. Il lavoratore dipen-
dente è quello assoggettato al contratto collettivo ossia il contratto collettivo riguarda SOLO
il lavoratore dipendente]. All’interno dell’azienda possono anche lavorare dei lavoratori au-
tonomi (es. avvocato, architetto, chi si occupa di attività di consulenza, di marketing).
Capita poi spesso che ci siano lavoratoti autonomi che sono lavoratori falsamente autonomi
ma che nella realtà sono lavoratori subordinati – ad esempio segretarie assunte a 800 euro
al mese e assunte a partita IVA nonostante siano pacificamente delle lavoratrici subordina-
te. Infatti i datori di lavoro preferiscono assumere lavoratori autonomi piuttosto che lavorato-
ri subordinati in quanto il lavoratore subordinato ha tutta una serie di diritti che il lavoratore
autonomo non ha (maternità, ferie, indennità etc..). E' accaduto che una di queste segreta-
rie assunte a partita IVA abbia deciso di fare causa al suo datore di lavoro per due ragioni:
- il fatto che è assunta come lavoratrice autonoma ma in effetti svolge un ruolo che è pacifi-
camente proprio di un lavoratore subordinato
- il fatto di essere sottopagata.
Come fa l'avvocato che assiste la segretaria a giustificare sul piano giuridico che
quella lavoratrice che è partita IVA (e quindi alla quale non si applica alcun ccnl) ha
diritto ad una retribuzione maggiore a quella che le viene corrisposta?
La cosa più logica sarebbe anzitutto far riconoscere la lavoratrice quale lavoratrice subordi-
nata.

Infatti esiste l’art 2099 cc che parla della retribuzione nel caso del lavoratore subordinato:
“La retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempoo a cottimo e deve es-
sere corrisposta nella misura determinata, con le modalità e nei termini in uso nel luogo in
cui il lavoro viene eseguito .
In mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice.
Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli
utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura.”
Quindi stante il 2099, in mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione deve esser
determinata dal giudice.
In questo caso in effetti un accordo fra le parti vi era e quindi il datore può ben dire che in
effetti il giudice non può determinare il quantitativo della retribuzione in quanto esso è legit-
timato a farlo solo in assenza di un accordo fra le parti.
Noi qui abbiamo un accordo in cui si dice che la segretaria è lavoratrice autonoma e dovrà
emettere ogni mese una fattura dell’importo 800 euro.

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Come fa il giudice investito della questione a pronunciarsi sul punto?
Usa l'art 36 Cost. Norma immediatamente precettiva, che produce immediatamente effet-
to tra le parti e non necessita di essere attuata come invece l’art 39 nella seconda parte.
Secondo l'orientamento giurisprudenziale prevalente la retribuzione adeguata ai sen-
si dell’art 36 è quella prevista dai contratti collettivi nazionali.
Quindi la giurisprudenza considera equa e proporzionata e sufficiente la retribuzione stabili-
ta dai ccnl e dunque a retribuzione non in linea con essa non corrisponde ai canoni di pro-
porzionalità e sufficienza e quindi è contraria alla legge.
L'Art 2099cc attribuisce al giudice il potere di determinare la retribuzione in assenza di ac-
cordo tra le parti, ricorrendo all’equità, diversamente se vi è accordo tra le parti il giudice
non può farlo.

Ragionamento dei giudici:


1) l'articolo 36 che stabilisce la retribuzione proporzionata e sufficiente è un principio impe-
rativo, irrinunciabile.
2) La retribuzione proporzionata e sufficiente è quella stabilita dal contratto collettivo di
lavoro per cui una retribuzione al di sotto di quella stabilita dai ccnl è contraria alla
legge perché sotto gli standard di proporzionalità e sufficienza e quindi la relativa
clausola è nulla.
3) Effetto della nullità è che è come se la clausola non ci fosse, tamquan non esset.
4) Quindi essendo nulla è come se non ci fosse l'accordo sulla retribuzione e qui rientra in
gioco l’art 2099cc tale per cui il giudice può determinare la retribuzione —> tornando
all'esempio: la clausola sulla retribuzione relativa alla segretaria, essendo al di sotto degli
standard dei ccnl è nulla e quindi ciò consente al giudice di pronunciarsi in via equitativa
sulla giusta retribuzione e consente al giudice di quantificare la retribuzione ai sensi
dell'articolo 36 della Costituzione. Quindi l'avvocato della segretaria chiederà che il giu-
dici si pronunci ai sensi dell'articolo 2099 del CC e 36 della Costituzione per fissare
una retribuzione adeguata al tipo di lavoro svolto.

DUNQUE: il giudice non fa altro che valutare in base al settore di attività in cui opera quella
azienda quale è il contratto collettivo che teoricamente potrebbe essere il più appropriato ri-
spetto all’azienda e al tipo di attività che essa svolge e quindi riconoscerà al lavoratore
l’importo previsto per quella qualifica, per quelle mansioni e funzioni previsto dal contratto
collettivo. Così il contatto collettivo produce effetti e viene applicato in via indiretta
sulla base di una pronuncia giurisdizionale nonostante i soggetti non siano iscritti e
neppure abbiano fatto un riferimento ne esplicito ne implicito.
Quali sono le conseguenze rispetto agli altri sistemi di applicazione del contratto collettivo?
In questo caso il contratto collettivo viene applicato solo ed esclusivamente per la
parte economica ossia solo per la retribuzione e non per la restante parte della disciplina
del rapporto di lavoro. Si tratta quindi di un meccanismo di estensione dell’efficacia del con-
tratto collettivo ma limitata solamente alla parte economica in quanto il giudice non ha un
generico potere di applicare in toto un contratto collettivo – stavo che non siamo in presen-
za di un rinvio implicito rispetto al quale il giudice può emettere una sentenza di mero ac-
certamento con la quale attesta che in effetti il datore ha inteso applicare un certo contratto
collettivo.

DOMANDA 1: a tutti i dipendenti di una azienda si applica il medesimo contratto collettivo, dalla
segretaria al impegato? Si, ma si tenga conto che i contratti collettivi sono fatti in modo tale da di-
sciplinare tutti i possibili profili professionali. Quindi il contratto collettivo è tale da prevedere una di-
sciplina idonea a tutte le possibili figure presenti in azienda. Nel nostro ordinamento il modello or-
ganizzativo prevalente e quindi anche contrattuale prevalente è per settori di attività e non per figu-
re contrattuali e quindi il contratto collettivo è fatto tenendo conto del tipo di attività che svolge una
determinata azienda sapendo che in quel tipo di azienda ci sono figure molto diverse - es. la se-
gretaria dell’azienda metalmeccanica è una metalmeccanica, la segretaria di una azienda tessile è
una tessile. L’applicazione del contratto collettiva segue il tipo di attività che svolge l’azienda e non
è distinto in base alle categorie professionali. Infatti da noi il sindacato è per ramo d’industria e
non il sindacato di mestiere.
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DOMANDA 2 Che collegamento vi è tra le due norme? Art 36 Costituzione e 2099cc sono in-
scindibilmente collegate nel senso che la legittimazione per il giudice per determinare la retri-
buzione è passare dall’articolo 2099cc, non è che arbitrariamente può attribuirsi questo potere.
Il problema che si sono posti gli interpreti e la giurisprudenza era come trovare la giusta
combinazione tra l’aspettativa dei lavoratori di avere una retribuzione proporzionata e suffi-
ciente in assenza di una disposizione di legge che dica cosa si intenda con retribuzione proporzio-
nata e sufficiente con una disposizione che dice che l’autonomia delle parti è tale per cui il
giudice può pronunciarsi sulla retribuzione solo quando manca l’accordo tra le parti.
Quindi l'Art 36 è uno strumento per rinviare al contatto collettivo perchè il rapporto di pro-
porzionalità e sufficienza lo si ritrova nel contratto collettivo nazionale ma è anche una di-
sposizione che consente di rendere nulla la pattuizione delle parti su una retribuzione che
non è proporzionata e sufficiente.
Essendo l'articolo 36 una norma imperativa nel momento in cui si dice che la retribuzione propor-
zionata e sufficiente è quella stabilita dal contratto collettivo, se la retribuzione non rispetta tale
retribuzione contenuta nel contratto collettivo allora la clausola relativa è nulla—>quindi ve-
nendo meno l'accordo delle parti si può ricorrere all’art 2099 cc.

3. Rapporto tra contratto collettivo e individuale e tra contratto collettivo e la legge.

Vi sono due questioni principali sul contratto collettivo


- Ambito di applicazione del contratto collettivo: a chi si applica il contratto colletivo. Per risponde-
re bisogna partire dalla natura del contratto collettivo ossia dal fatto che è un contratto di diritto
comune con un ambito di applicazione limitato ma anche con un ambito di applicazione anche
ulteriore rispetto a quello di un contratto qualunque nel caso di rinvio implicito, esplicito, e art 36.
- Il rapporto tra contratto collettivo e individuale e tra contratto collettivo e la legge.
La lettera di assunzione è un crocevia ove si incrocia l’autonomia individuale delle parti che sotto-
scrivono il contratto individuale con l'autonomia collettiva e con la legge. Essendo fonti di regola-
mentazione differenti esse possono entrare in contrasto. Se la legge prevede un certo tipo di tratta-
mento e il contratto collettivo e individuale uno meno o più favorevole cosa accade? Quale fonte
prevale in caso di contrasto?

Le legge prevede una soglia minima di tutela che, salvo che non sia attribuita una facoltà in tal
senso alle parti individuali o contrattazione collettiva, non può essere derogata in senso peggiorati-
vo dai contratti individuali e collettivi - ma può essere derogata in senso migliorativo.

Più complesso è il discorso su contratto individuale e collettivo. Mentre la legge è per definizio-
ne qualcosa che determina un limite di tutela minimo, una garanzia minima, il rapporto tra contratto
collettivo e individuale riguarda due manifestazioni dell’autonomia contrattuale - cioè entrambi i
contratti hanno pari dignità perché sono entrambi manifestazioni dell’autonomia contrattuale.
Come si fa a stabilire quale prevale? Mediante il principio della Inderogabilità.
Principio della inderogabilità: in linea teorica il lavoratore dovrebbe poter scegliere liberamente
la propria disciplina per cui ad esempio il lavoratore potrebbe decidere che sebbene nel contratto
collettivo sia stabilito che lui ha diritto a 30 gg di ferie, nel contratto individuale scrive che ne ha di-
ritto 20 e quindi deroga in senso peggiorativo rispetto ai giorni di ferie previsti dal contratto colletti-
vo. Partiamo però dal presupposto che il lavoratore è un soggetto più debole del datore di la-
voro e quindi se ragionassimo in termini astratti in materia contrattuale avremmo in mente una si-
tuazione nella quale le parti hanno eguale forza e quindi le parti possono stabilire quanto vogliono
nel contratto ma quando in effetti il lavoratore siede al tavolo per definire i termini di regolamenta-
zione del suo contratto è un soggetto che nella maggior parte dei casi si trova in posizione di debo-
lezza, disposto anche ad accettare condizioni deteriori rispetto a quelle del contratto collettivo pur
di ottenere il lavoro.

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Se ipotizziamo che l’autonomia individuale delle parti possa sempre e comunque derogare
al contratto collettivo, il contratto collettivo rischierebbe di perdere efficacia sul piano della
tutela. Infatti se l’obbiettivo di tale contratto collettivo è principalmente stabilire minimi di tutela per i
lavoratori di quella categoria, se questa è la premessa ma poi sistematicamente le parti possono
derogare in senso peggiorativo allora il contratto collettivo rimarrebbe solo come tutela puramente
formale con poco riscontro sul piano sostanziale.
Questo problema si è posto sin dalle origini del diritto del lavoro: il problema dell’inderogabilità del
contatto collettivo rispetto al contratto individuale, inderogabilità che è funzionale a far si che il
contratto collettivo possa avere effettivamente la sua funzione di tutela.

ART 2077cc,si trova nella parte del Codice Civile, Libro V, Titolo I, Capo III, che regolamenta il
contratto collettivo corporativo quindi è una disposizione che regolamenta il contatto corporativo.
Efficacia del contratto collettivo.

“1.I contratti individuali di lavoro tra gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce il
contratto collettivo devono uniformarsi alle disposizioni di questo.
2.Le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti o successivi al contratto collettivo,
sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che contengano speciali condizio-
ni più favorevoli ai prestatori di lavoro.”

Siamo in un ambito differente (corporativo) in cui c’è l’efficacia erga omnes, efficacia erga omnes
che non porta con se automaticamente l’inderogabilità. Tale norma dice che quando stipuli un con-
tratto individuale esso non può derogare ciò che stabilisce il contratto collettivo.
Quindi: stante i commi 1 e 2 dell'articolo 2077cc, Il contratto individuale poteva derogare al
contratto collettivo solo in senso MIGLIORATIVO e non in senso PEGGIORATIVO.
Es. se nel contratto collettivo vi è scritto che ho diritto ha 30 giorni di ferie e quello individuale dice
che ne ho diritto a 20 allora ciò è illegittimo, mentre se quello individuale ne prevede 40 allora è le-
gittimo.
La clausola difforme peggiorativa viene SOSTITUITA AUTOMATICAMENTE dalla clausola
del contratto collettivo che regolamenta tale aspetto - quindi la clausola di 30 giorni del con-
tratto collettivo si sostituisce automaticamente a quella del contratto individuale che stabiliva i 20
giorni. Quindi l'obbligo di conformarsi al contratto collettivo si traduce nel fatto che la clau-
sola del contratto collettivo si sostituisce a quella del contratto individuale difforme.
Si tratta di un meccanismo molto efficace che garantisce efficacia al contratto collettivo.
Quindi l’autonomia individuale soccombe nel momento in cui il contratto individuale prevede un
trattamento peggiorativo rispetto al contratto collettivo – in tal senso si parla di efficacia reale del
contratto collettivo perché proprio si determina una sostituzione automatica delle clausole difformi.

MA questa disposizione è pensata per un contratto corporativo. le norme dell’ordinamento


corporativo, successivamente alla caduta di esso, hanno continuato a produrre effetti perché an-
che i contratti collettivi corporativi hanno continuato a produrre effetti. Poi i contratti corporativi
sono invecchiati e sono stati sostituiti e quindi il problema è venuto meno però appunto per un cer-
to periodo è stato per questo necessario prolungare l’applicazione di tali disposizioni perché i con-
tratti corporativi restavano in vigore.
C’è chi ha messo in discussione in l’applicazione dell’art 2077cc al contratto collettivo post
corporativo – infatti sebbene lo scopo della norma sia condivisibile e positivo, sul piano sistemati-
co vi è un incongruenza: si diceva che da una parte le norme sull’ordinamento corporativo non si
applicano al contratto collettivo post corporativo ma ad esso si applica invece l’art 2077c.c che è
una norma relativa ai contratti corporativi.
In effetti la giurisprudenza, proprio perché la norma si era dimostrata una norma funzionante, ha
continuato sistematicamente ad applicare l'articolo 2077 cc anche ai contratti post corpora-
tivi.

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La dottrina invece ha cercato un’altra spiegazione e ha trovato una soluzione quando è sta-
to approvato il nuovo testo dell’articolo 2113c.c. che parla di rinunce e transazioni, modificato
con la legge n.533 del 1973, che ha introdotto il rito del lavoro.

“Le rinunzie e le transazioni , che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da
disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui
all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide. L'impugnazione deve essere propo-
sta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della ri-
nunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.
Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto
scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà. Le disposizioni del
presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta ai sensi degli articoli 185, 410 e
411, 412-ter e 412-quater del codice di procedura civile.”

La Rinuncia = atto di autonomia attraverso il quale il singolo rinuncia ad una pretesa, ad un suo
diritto. Es. penso di avere diritto ad un determinato trattamento economico ma vi rinuncio.
Transazione = contratto tramite il quale le parti per porre fine ad una controversia trovano un ac-
cordo.
Questa è una norma con frequente applicazione in materia di lavoro in quanto è una norma
sulla quale si fondano gli accordi tra datore e lavoratore che vengono sottoscritti prima o
durante una controversia per definire la controversia stessa.

Quello che ha noi interessa è “ “Le rinunzie e le transazioni , che hanno per oggetto diritti del pre-
statore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi
concernenti i rapporti di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.” - i rap-
porti di cui l’art 409 c.p.c. sono i rapporti assoggettati alla disciplina processuale tipica del rapporto
di lavoro.
Es. lavoratore che ha diritto a 30 gg di ferie sulla base del contratto collettivo e accetta di averne
solo 28. Attraverso questa accettazione rinuncia a 2 gg di ferie, ossia a qualcosa che gli spetta sul-
la base del contratto collettivo. Siamo nell’ambito dell'articolo 2113.
Nell’art 2113 l’inderogabilità è qualcosa che può accomunare la legge e i contratti collettivi e quindi
le rinuncie che il lavoratore fa su principi inderogabili della legge e dei contratti collettivi hanno le
medesime conseguenze. Le ferie del nostro esempio sono una parte sulla quale c’è una disciplina
inderogabile perché servono al lavoratore per una ripresa psico-fisica.
Questo inciso ripropone l’idea dell’inderogabilità del contratto collettivo rispetto alla auto-
nomia individuale. Es. Il lavoratore che compie una rinuncia di 2 giorni è un lavoratore che accet-
ta una deroga rispetto al contratto collettivo.

Il problema che ci si è posti dopo la caduta del regime corporativo è questo: posto che autonomia
collettiva e individuale hanno teoricamente pari dignità, attribuire però nei fatti ad entrambi
pari dignità significa esporre il contratto collettivo a problemi di ineffettività infatti se la con-
trattazione individuale può derogare senza limiti il contratto collettivo allora il contratto collettivo sir
riduce a mero paravento. Da qui nasce l’esigenza di affermare inderogabilità del contratto col-
lettivo rispetto a quello individuale.
Nel momento in cui si discuteva circa la scorretta applicazione dell’art 2077c.c. che è dell’ordina-
mento corporativo, mancava una norma che facesse si che il contatto collettivo non fosse deroga-
bile dall’autonomia individuale dato che non esiste un principio immanente nel nostro ordinamento
di inderogabilità.

L’art 2113c.c invece pone sullo stesso piano la legge e il contratto collettivo affermando la sussi-
stenza anche nell’ordinamento post corporativo dell’inderogabilità del contratto collettivo. Questo
con l’effetto di legittimare, riesumare, l’applicazione del 2077 cc: se anche il 2077 non sia applica-
bile di per sé in quanto riferito ai contratti corporativi, nel momento in cui l'articolo 2113 prevede
pari dignità tra legge e contratto collettivo allora ne deriva la inderogabilità del contratto collettivo .
Quindi tale articolo crea il presupposto per poter ricorrere all’art 2077 cc., tanto è veoche che nor-
malmente le disposizioni 2077 e 2113 vengono richiamate insieme nelle sentenze.

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Il 2113 cc., l’inciso che pone il contratto collettivo e la legge sullo stesso piano, costituisce il pre-
supposto per l’applicazione dell’art 2077c.c anche al contratto collettivo post corporativo.
Di fronte a due manifestazioni dell’autonomia contrattuale si giustifica l’inderogabilità sulla base
dell’art 2077 cc. che a sua volta è riesumato dall’inciso dell’art 2113 cc.

Come opera il contratto collettivo rispetto al contratto individuale in questo senso?


Es. io stipulo un contratto individuale nel quale si rinvia ad un contratto collettivo. Interviene un rin-
novo contrattuale che peggiora il contratto collettivo precedente – il discorso di inderogabilità in pe-
jus o in meglio interessa i rapporti tra contratto individuale e contratto collettivo ma non tra contratti
collettivi. Il lavoratore può dire di non accettare quella deroga in senso peggiorativo perché
all’interno del suo contratto di lavoro individuale si è cristallizzato quanto previsto dal pre-
cedente contratto collettivo più favorevole? Quindi il contratto collettivo precedente più favore-
vole deve continuare ad applicarsi perché si è cristallizzato nel mio contratto individuale e la legge
ammette che il contratto collettivo individuale possa derogare in meglio al contratto collettivo?
Esempio: il precedente contratto collettivo prevedeva dei premi di anzianità legati alla durata del
servizio in azienda. Il nuovo contratto non li prevede più. Quindi quando sono stato assunto era
previsto che ogni tre anni di servizio io avrei fruito di uno scatto di anzianità.
MA interviene un contratto collettivo peggiorativo che fa venire meno il discorso degli scatti di an-
zianità. Il lavoratore contesta la mancata applicazione degli scatti di anzianità. Ha diritto o meno ad
invocare questo tipo di trattamento, di contestare l’applicazione della nuova disciplina peggiorativa
e a vedersi applicare al contratto individuale solo le deroghe migliorative al contratto collettivo?
Se così fosse il contratto collettivo perderebbe la sua ragion d’essere che è quella di adatta-
re la regolamentazione dei rapporti di lavoro alla realtà circostante. Se ogni volta devo fare il
conto che la regolamentazione precedente si è cristallizzata nei rapporti individuali di lavoro allora
diventa complesso.

In considerazione di questo si ritiene ormai pacificamente che il contratto collettivo operi


sempre come una fonte esterna, una fonte suscettibile di modifiche sia in meglio che in
peggio, e quindi possa andare a modificare anche in senso peggiorativo la precedente re-
golamentazione e questo per evitare che la cristallizzazione del contratto collettivo in quello indivi-
duale possa determinare una situazione di paralisi rispetto alle eventuali novità.
Quindi il contratto individuale per la parte regolamentata dal contratto collettivo non è un
qualcosa di immodificabile in senso peggiorativo ma anzi può essere modificato in senso
peggiorativo in quanto il contratto collettivo opera come fonte esterna, come un qualcosa
che è soggetto a modifiche sia in senso migliorativo che peggiorativo.
Unica situazione in cui non si può derogare in senso peggiorativo è il caos dei DIRITTI QUE-
SITI/ACQUISITI. Sono i diritti che sono ormai entrati a far parte del patrimonio del lavoratore.
Es. trascorsi i 3 anni il lavoratore beneficia degli scatti di anzianità previsti. Trascorsi 3 anni il lavo-
ratore beneficia dello scatto e quindi il contratto collettivo successivo peggiorativo non può andare
a derogare al contratto individuale su quello scatto di anzianità perché ormai quel diritto è stato ac-
quisito. Se il rinnovo invece avviene prima che scatti l’anzianità, cioè prima del 3 anni, non c’è sta-
ta la maturazione dei presupposti per cui quel diritto possa entrare a far parte dei diritti acquisiti dal
lavoratore.
Ovviamente se dopo 4 anni interviene un contratto collettivo che elimina scatti di anzianità: il primo
scatto lo ho ed è un diritto acquisito però poi non ho maturato un diritto per i successivi scatti di an-
zianità. Quindi gli scatti successivi non si applicheranno dato che non ho maturato i successivi
scatti di anzianità e il contratto collettivo successivo li ha eliminati.

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