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Giambellino
BELLINI, Giovanni, detto Giambellino. - Nacque a Venezia attorno al
1427, stando al Vasari, che lo dice morto novantenne nel 1516.
Poco rilevanti sono i documenti relativi alla biografia del Bellini. Compare
come testimonio per il notaro Giuseppe Moisis il 2 apr. 1459, ed abita a S.
Lio; nel 1460 la firma sulla pala Gattanielata conferma l'attività comune
col padre e col fratello; il 24 apr. 1470 assume l'impegno di dipingere il
Diluvio universale per la Scuola di S. Marco, ma non esegue l'opera; il 28
ag. 1479, partendo Gentile per Costantinopoli, gli subentra nel compito di
restaurare e rinnovare le pitture del salone del Maggior Consiglio in
Palazzo ducale: dipende probabilmente da tale sua attività la nomina a
pittore ufficiale della Signoria assunta il 26 febbr. 1483 col godimento
della "senseria" del Fondaco dei Tedeschi e esenzione da obblighi verso la
Fraglia dei pittori. Il 30 giugno 1483 Gaspare Trissino di Vicenza gli fa
pagare una Resurrezione per il duomo della città; nel 1484 è confratello
della Scuola Grande di S. Marco; il 30 luglio 1485 garantisce la dote della
moglie: abita a S. Marina; nel 1488 lavora con Gentile ai dipinti nella sala
del Maggior Consiglio; riprende quel lavoro nel 1492; dal 26 nov. 1496
fino al 1502 tiene un fitto carteggio con Isabella Gbnzaga, a proposito di
un quadro che doveva dipingere per lo "studiolo" di Mantova; dopo una
discussione sulla scelta del soggetto che Isabella vorrebbe fosse tratto
dalla mitologia, alla fine il pittore riesce a fare accettare la sua proposta
per una Madonna col Bambino, s. Giovanni e s. Gerolamo, consegnata soltanto
nel luglio 1504. Nel 1505 il Bembo tratta in nome di Isabella per ottenere
un secondo dipinto, mai consegnato; nel 1506 il Dürer scrive al
Pirckheimer che l'unico pittore di genio a Venezia è il B.; nel 1507 egli
torna a dipingere nel Maggior Consiglio, insieme con Vittore Belliniano e
con il Carpaccio e s'impegna a terminare la Predicazione di s. Marco ad
Alessandria (Milano, Brera), rimasta interrotta alla morte di Gentile, dal
quale eredita i libri di disegni di Iacopo. Il 4 luglio 1515 s'impegna a
dipingere il Martirio di s. Marco per la Scuola omonima, che fu interrotto
dalla morte. Il 29 nov. 1516 M. Sanuto annota nei suoi Diarii che il B. era
morto quella mattina, quando "cuxi vechio come l'era, dipenzeva per
excellentia".
Non è facile rintracciare i segni di tali inizi nelle primissime opere del B.,
di data incerta ma di unanime attribuzione. Il suo capitolo giovanile è anzi
tuttora un problema aperto nella sua storiografia critica, sempre ardua per
l'eccezionale vitalità poetica del personaggio. In ogni caso, poiché
indubbiamente si debbono porre gli inizi del B. in un'epoca attorno al
1445, cioè praticamente avanti lo stesso Mantegna (che già prima di
sposare nel 1453 la sorella del B., Nicolosia, ne era diventato compagno
d'arte), possiamo ritenere con fondamento che prime sue opere siano
quelle, di assai incerta fatiura, ma spesso firmate, in cui ancora non è
traccia evidente della vicinan za del Mantegna. Ci riferiamo alla Madonna
nel Museo Malaspina di Pavia, ancora ispirata aprototipi di Iacopo, e al S.
Gerolamo di Birmingham (Barber Institute of Art) di una schematica
castigatezza, che rammenta da vicino le predelle di Iacopo, del tipo di
"quelle di Padova e del Correr. Né si può negare alla Madonna Malaspina
quel tanto di soave disegno vivariniano, che può ben rintracciarsi anche in
opere come la S. Orsola e le compagne delle Gallerie di Venezia, che, se pur è
discutibile nella sua autografia, è forse derivata da un prototipo belliniano
anteriore all'anno 1450, aderente a quello spirito e a quel linguaggio.
Giunge certamente per questa via, il B., attorno al 1460, al capolavoro che
chiude il suo primo fondamentale decennio, la Pietà di Brera a Milano.
Verso la metà del decennio si, datano i Trittici della Carità (Venezia,
Gallerie) e il Polittico di s. Vincenzo Ferreri (Venezia, S. Zanipolo), opere
fondamentali per la storia artistica del Bellini. I quattro trittici con lunetta
decoravano gli altari di quattro cappelline della chiesa della Carità a
Venezia, assegnate a privati, secondo i documenti, fra il 1460 e il 1464; di
essi non tutto spetta certamente al Bellini. Oltre alla imposizione di
valersi del fondo oro tradizionale e della forma a polittico, toccò
certamente al B. di subire la collaborazione di aiuti, relativamente estranei
al suo linguaggio, ma piuttosto di formazione muranese. A lui spetta
probabilmente soltanto il trittico di S. Sebastiano, s. Giovanni Battista e S.
Antonio Abate - cuiil paesaggio di fondo continuo nelle tre tavole dà
un'inedita unità spaziale - oltre alle lunette della Trinità, della Pietà e della
Madonna.Nelle altre tavole il suo intervento dovette limitarsi ai disegni,
come prova anche la presenza di schizzi di sua mano nel retro del S.
Gerolamo e del S. Ludovico (Pallucchini, 1959). Quale che sia stato il suo
impegno in questa opera di bottega, forse terminata a contraggenio (entro
il 1471, data di consacrazione di tutti gli altari), nelle tavole migliori è
facile riscontrare un particolare e nuovo interesse per la plastica
monumentale delle figure. Sembra quasi che il B., in quel decennio, sia
venuto a contatto con le rinnovate forme della scultura veneto-padovana,
dopo il decisivo soggiorno di Pietro Lombardo a Padova (1464-67). Una
evidenza plastica a tutto tondo, un che di bronzeo nelle teste scorciate di
sott'insù e nella robusta anatomia dei personaggi, una glittica sottigliezza
nei profili angelici dalle chiome sfilate in trucioli d'oro, spesso cangianti su
sfondi più scuri che esaltano la luminosità intrinseca della materia,
caratterizzano anche l'altro capolavoro del settimo decennio, il polittico di
S. Zanipolo (S. Vincenzo Ferreri fra S. Cristoforo e s. Sebastiano; in alto, Angelo
annunciante, Cristo morto e Annunciata; in predella, tre Storie di s. Vincenzo
Ferreri).Anche in questo caso i documenti riguardano solo la costruzione
dell'altare e non l'esecuzione delle pitture, ma sono sufficientemente
indicativi per proporre una datazione intorno al 1464. A queste date
vanno avvicinate certamente due opere molto simili al polittico di S.
Zanipolo, e cioè la Testa del Battista di Pesaro (Museo Civico) e la plastica
Pietà di Berlino Dahlem (Staatliche Museen).
Rimane incerta a questo punto molta della circostante cronologia del B.,
per l'altezza eccezionale del raggiungimento poetico nella pala di Pesaro,
ed è discusso se appunto di poco la preceda o la segua un'altra pala,
purtroppo perduta, che l'artista compì in quel tempo nella chiesa di S.
Zanipolo a Venezia, con la Madonna in trono circondata da santi e da angioli
suonatori. In ogni caso, fu questa la composizione che ebbe maggior
successo a Venezia, per molti decenni ` e dette lo schema tipico della
grande pala d'altare fin oltre il principio del Cinquecento.
Si entra così nell'ottavo decennio, con poche date sicure: il 1474 del
ritratto di Joerg Fugger della coll. Contini Bonacossi di Firenze, e il 1479
come termine ultimo della Resurrezione di Berlino Dahlem (Staatliche
Museen). Entro queste date ci è possibile ricostruire uno dei decenni più
decisivi del B., perché nel 1475-76 sappiamo presente a Venezia Antonello
da Messina, tanto importante per il successivo sviluppo della cultura
figurativa veneziana.
L'Allegoria degli Uffizi propone, insieme con le simili Allegorie delle Gallerie
di Venezia, il problema della visione naturalistica dell'ultimo B., quando
già si annuncia l'evoluzione del gusto e della filosofia corrente, che
determinerà il nuovo clima in cui cresce Giorgione. Come già il Cima e il
Montagna in forme minori, la visione naturalistica dei B. raramente saprà
liberarsi del sostrato culturale umanistico che la determina fin dagli
esordi: sicché anche dove, nelle Allegorie diFirenze e di Venezia, giunge a
superarlo apparentemente per la freschezza dell'invenzione coloristica,
pure fra il mondo della natura e il mondo degli uomini (o degli dei),
manterrà un sottilissimo diaframma, che soltanto i cinquecentisti
sapranno infrangere.
Di certo, l'esigenza di ambientare sempre più integralmente i suoi
personaggi entro un paesaggio naturale, costituisce il vero problema del
B., sul principio del 1500. Ne abbiamo la prova nella maggior, parte delle,
opere che si susseguono lungo il primo decennio: dal grandioso Battesimo
di Cristo di S. Corona a Vicenza, databile fra l'anno 1500 e il 1502 (data di
costruzione dell'altare), alla Sacra Conversazione già Giovanelli delle Gallerie
di Venezia, a quella di S. Francesco della Vigna a Venezia (datata 1507),
alle Madonne di Londra (1508, Nat. Gall.), di Detroit (datata 1509,
Institute of Arts) e di Brera (dat. 1510), alla Pietà Donà delle Rose delle
Gallerie. È questa una serie di opere tra le più alte del maestro, ispirate
costantemente al motivo paesistico, che peraltro viene sempre a costituire
uno "sfondo" alla figurazione sentianentale del personaggio, siano essi la
dolce Madonna col bimbo dormiente di Londra, o quelle penetranti di Detroit
e di Brera, o la Madre, stroncata dal dolore, della Pietà.Certo, in queste
pitture il paesaggio viene ad assumere, nei suoi dettagli narrativi e di
colore, una verità così piena, una partecipazione così lirica, da tradire
ormai un interesse preponderante nell'artista. Breve sarà quindi il passo
per Giorgione, che a quella natura dovrà presto sottomettere i suoi
personaggi, m una. visione panica, che procede di pari passo colla
coscienza del tempo.