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LEZIONE 2, 07/03/19

TECNICHE MAGGIORMENTE UTILIZZATE NELLE NEUROSCIENZE


Tra i sistemi modello utilizzati nelle neuroscienze abbiamo in particolar modo Aplysia, utilizzato
soprattutto negli studi di plasticità sinaptica sia a lungo che a breve termine effettuati da Kandel.
Questo organismo presenta un sistema nervoso particolarmente semplice ed evolutivamente
conservato; quest’ultimo rappresenta un prerequisito fondamentale che ha dato valore a tutti gli
studi effettuati. Presenta inoltre un numero limitato ma specializzato di neuroni (neuroni
sensoriali, neuroni motori, interneuroni che regolano circuiti complessi). Il modello sviluppato da
Kandel si basa su meccanismi di plasticità sinaptica sia a breve che a lungo termine, ovvero il
modello di retrazione della branchia e del sifone e sensibilizzazione di questo processo in seguito a
stimolazione tattile ed elettrica della coda. Si può vedere quindi una iniziale intensificazione del
processo anche a seguito di una sola stimolazione e man mano una risposta molto più intensa a
stimolazioni ripetute.
MODELLO SVILUPPATO DA KANDEL: Il sistema è molto semplice; infatti si ha che il sifone è
innervato da un neurone sensoriale che sinapta su un motoneurone il quale a sua volta va ad
innervare la branchia. Abbiamo poi anche un secondo circuito che parte dalla coda con un
neurone sensoriale, sinapta poi su un neurone serotoninergico il quale infine fa sinapsi sul
motoneurone. Quindi la stimolazione ripetuta della coda determina attivazione del neurone
serotoninergico che produce 5HT (5-idrossitriptamina o serotonina) e che stimola più
efficacemente il motoneurone determinando una maggiore retrazione della coda. La bellezza di
questo circuito è che comunque si conoscono gli effettori molecolari; si sa infatti che nel processo
a breve termine c’è un controllo da parte del sistema serotoninergico, mentre invece a lungo
termine intervengono neuroni dopaminergici.
Questo sistema permette di ricostruire
in vitro il circuito regolativo; infatti se si
isolano i motoneuroni (i quali sono
morfologicamente diversi: hanno un
corpo cellulare molto grande e un
assone sviluppato) e neuroni sensoriali
in opportune condizioni -ovvero una
esposizione a 5-HT- si può attivare un
motoneurone inducendo Short Term
Facilitation, se si espone in modo
reiterato a 5-HT (5 trattamenti) va
incontro ad un potenziamento a lungo
termine (LTF).
In particolare, questo
potenziamento si ha a livello
molecolare; infatti negli animali si
ha la retrazione della branchia e del
sifone, ma a livello cellulare
abbiamo delle modificazioni che
sappiamo essere associate proprio a
questi effetti fisiologici. L’effettore
molecolare in questo caso è il 5-HT
il quale si lega al recettore
determinando quindi una
trasduzione del segnale con
formazione di secondi messaggeri e,
in particolare, attivazione di PKA
che fosforila le subunità recettoriali,
attiva il traffico delle subunità alla membrana presinaptica; aumentano quindi i recettori, aumenta
il rilascio di neurotrasmettitori e, ovviamente aumenta la risposta. Inoltre, la PKA ha anche effetti
a lungo termine che si ottengono nel momento in cui si ha stimolazione ripetuta; si va infatti ad
agire su fattori di trascrizione come ad esempio CREB, i quali incrementano la espressione di geni
fondamentali per la attivazione e la plasticità sinaptica (quindi geni per canali, geni per la sintesi di
nt, proteine del citoscheletro per la crescita delle spine dendritiche). Una stimolazione a lungo
termine è legata piuttosto alla creazione di nuovi prodotti proteici con meccanismi basati sul
controllo della espressione genica, il quale non è solo nucleare (trascrizionale) ma anche post
trascrizionale, quindi al livello di traduzione e stabilità del messaggero e della proteina.
[QUESTI SONO DUE INDIRIZZI PER VIDEO DI NEUROSCIENZE, TRA CUI CONFERENZE E
RAPPRESENTAZIONI: https://www.hhmi.org/biointeractive/molecular-basis-early-ltp-short-term-
memory; http://www.hhmi.org/biointeractive/molecular-basis-early-ltp-long-term-memory ]
I lavori di Kandel hanno permesso di
evidenziare anche processi molecolari di
variazione della espressione genica e
meccanismi di controllo della stessa.
Ogni sinapsi ha una sua storia in termini
di controllo della espressione genica e
questo è dovuto al fatto che nei
terminali (componente presinaptica)
sono presenti tutti gli accessori per
l’espressione genica quindi RNA
messaggero, enzimi necessari per il
processamento, ribosomi, tRNA, canali, microRNA, chaperoni, no coding RNA. Gli studi di Kandel
hanno dato contribuito a queste conoscenze, in particolare in uno studio del ‘96 in cui studiò gli
elementi presenti nella regione 3’ UTR dell’RNA messaggero che ne controllano il trasporto e la
traduzione distale; in particolare in questa zona sono presenti sia segnali in cis sia segnali che
interagiscono con fattori in trans che legano i segnali in cis presenti sul messaggero, abbiamo
inoltre microRNA che si legano alla 3’UTR in sequenze specifiche che sappiamo essere
complementari in una regione definita. Abbiamo poi anche la 5’UTR la quale presenta segnali
molto interessanti ma non tanto studiati. Questa infatti presenta sequenze che possono essere
utilizzate per una trascrizione non CAP dipendente, sequenze a forma di nodo che sono
riconosciute da proteine speciali, più in particolare abbiamo segnali responsabili della regolazione
della traduzione.
Sono stati fatti diversi esperimenti, in particolar modo riguardanti la regione 3’ UTR, mediante
l’utilizzo di diversi costrutti. Si ha infatti un costrutto reporter in cui il gene lacZ (che codifica per la
beta-galattosidasi) è messo a valle di un promotore per la CaMKIIα. Vengono fatti in sostanza due
costrutti: un costrutto in cui il promotore è seguito dalla ORF di lacZ e un altro dove, oltre al
promotore, è anche presente la regione 3’UTR.

Si fa poi Northern Blot mediante il quale si vede la migrazione dei costrutti in base al peso
molecolare; quindi quello con 3’ UTR è rallentato (matrice costituita da poliacrilamide). Quello che
è stato visto poi mediante un esperimento di ibridazione in situ fatto su ippocampo è che la
espressione delle molecole di RNA è molto diversa nei due costrutti; infatti, l’espressione del
costrutto con 3’ UTR è molto più intensa nella regione dei corpi cellulari. Poiché questi due
costrutti differiscono solo per una variabile (la regione 3’UTR) possiamo capire che questa regione
3’UTR è fondamentale per il trasporto. Viene studiata anche l’espressione di questo gene, quindi il
prodotto proteico e si vede che anche l’espressione richiede la regione 3’ UTR e quindi è presente
solo nel costrutto contenente questa stessa regione.
Abbiamo poi un esperimento più recente che ha aperto la strada a studi successivi, in particolare è
stato analizzato il ruolo del microRNA-124 nel meccanismo di plasticità sinaptica. Infatti, nello
studio di un profilo di espressione genica di amigdala in seguito alla esposizione dell’animale in
una condizione di stress acuto, si aveva una riduzione della espressione di questo gene. Lo stress
psicologico è infatti legato a meccanismi di plasticità sinaptica.
Un lavoro di Kandel si basa proprio caratterizzazione della espressione dei microRNA sempre
effettuata in Aplysia, in particolare nei gangli nervosi. A quel tempo non era ancora stato messo a
punto il sequenziamento di nuova generazione quindi per fare un profilo di espressione dei
microRNA è stato preso un RNA nei gangli ed è stato poi clonato e quindi per ogni microRNA è
stato generato un clone e poi ogni clone è stato sequenziato. E’ stata quindi compilata una lista di
microRNA di cui sono riportati anche i livelli di espressione correlati al numero di cloni: infatti
maggiore è il numero di espressione di una specifica molecola di RNA, maggiore è il numero di
cloni che si ottiene; hanno quindi analizzato i livelli di espressione nei diversi tessuti. Quello che è
stato visto in questo studio è che, in seguito ad un solo trattamento con 5-HT, si riduce la quantità
di microRNA124 in tutto in nucleo tranne che nella regione periferica del corpo cellulare; questa
espressione è stata studiata mediante ibridazione in situ. Mediante il Northern Blot, invece, si
identifica la riduzione nel tempo.
Si ha poi la analisi dei livelli di microRNA sia nella forma matura che nella forma di precursore,
questo è stato fatto mediante RT-qPCR.
Si identifica quindi il target di microRNA scoprendo che effettivamente questo microRNA regola
l’espressione del messaggero per CREB1. Questo è stato fatto a monte bioinformaticamente e poi
è stato validato mediante tecniche di biologia molecolare, in particolar modo mediante la
formazione di un costrutto reporter in cui il gene reporter è rappresentato dalla luciferasi in cui
abbiamo la ORF, 3’UTR del messaggero di CREB (a valle), e delle sequenze che legano il miRNA124;
in particolare si ha una regione di appaiamento totale a livello della regione 5’.
Quello che si vede è che se si dà quindi il miRNA si ha una espressione inferiore della luciferasi
rispetto alla espressione che si ottiene con il costrutto in cui le sequenze di legame al miRNA sono
mutate; se infatti le sequenze non sono mutate il miRNA si lega e va ad inibire la espressione.
Quindi se io voglio una validazione molecolare precisa e abbastanza definitiva, devo fare una
mutazione.
Negli esperimenti di biologia molecolare si cerca di lavorare in condizioni di elevata specificità,
infatti generalmente si usano sonde di acidi nucleici che garantiscono proprio un livello di
specificità in quanto anche una sola variazione di un nt causa alterazione. Gli oligo probes sono
sequenze molto corte formate da circa 20 nt; esse non possono essere più corte in quanto
lavorando in condizioni fisiologiche (quindi ad una T di circa 37°C) si avrebbe denaturazione.
[DOMANDA: non si avrebbe anche il problema delle interazioni aspecifiche?
RISPOSTA: questo è un problema che si affronta nel momento in cui ci avviciniamo alla
temperatura di fusione del complesso, addirittura in real time si può lavorare ad una temperatura
uguale alla Tm, in questo modo basta un singolo nt di mismatch affinché non si leghi. Quindi si può
lavorare in condizioni di specificità giocando sulle variabili biochimiche quali la T.]
Queste sonde possono essere di varia natura e possono essere utilizzate in diverse tecniche che
garantiscono un livello di studio specifico proprio perché quella sonda lavora bene solo se va a
legarsi al target perfettamente identico alla sonda stessa. Al momento, esistono diversi
oligonucleotidi usati come sonde, in particolare abbiamo gli oligonucleotidi LNA i quali presentano
una struttura modificata che permette di legarsi alla sequenza con maggiore affinità (quindi la Tm
si alza); si ha infatti uno zucchero (ribosio) modificato in uno dei gruppi e questo, oltre a
permettere un legame a maggiore affinità, impedisce anche che queste molecole vengano
attaccate da DNasi. Queste molecole infatti, permettono di poter effettuare anche esperimenti in
vivo, possono infatti essere iniettate nel cervello. In questo caso si possono utilizzare oligo più
piccoli, circa 17 nt: quindi utilizzare un oligo a LNA è vantaggioso. Gli oligo probes possono essere
anche a RNA e sono quelli utilizzati soprattutto per l’ibridazione in situ. Questi probes a RNA si
ottengono mediante tecniche particolari; bisogna infatti prendere la sequenza, clonarla o metterla
sotto al promotore per trascriverla in vitro; stanno scomparendo però sempre più in quanto
richiedono una manualità abbastanza elevata.
Sonde a DNA vengono utilizzate, invece, soprattutto nella tecnica del Northern Blot.
Il Northern Blot viene utilizzato quando si vuol fare una analisi quantitativa di un certo RNA
cellulare il quale viene seguito in virtù del fatto che disegno una sonda che è antiparallela e
complementare ad una regione dell’RNA stesso che voglio studiare. Possiamo studiare sia l’RNA
totale o solo una parte, ad esempio si può voler studiare solo mRNA e questo potrebbe essere
fatto mediante isolamento effettuato con centrifugazione che permette di stratificare le molecole
in base al peso molecolare, tuttavia con questo metodo si rischia di portare via tutto il ribosomale;
infatti l’85% dell’RNA è ribosomale e va a competere fortemente con il messaggero. Altrimenti può
essere purificato mediante purificazione di molecole poliadenilate; la coda poliadenilata è infatti
tipica dei messaggeri. Si giustappone quindi la molecola su resine ricche di T, su cui andranno ad
attaccarsi le A, si va poi ad eluire mediante l’aumento della temperatura; gli ibridi infatti hanno
una certa Tm e andando a 90°C si denaturano gli appaiamenti A-T. Si fa poi elettroforesi per
separare le molecole di RNA in base al peso molecolare, si creano quindi bande che inizialmente
non posso vedere; si effettua successivamente il blotting ovvero si sposta l’RNA dal gel ad una
membrana di nitrocellulosa (membrana fortemente positiva) mediante giustapposizione e infine si
può ibridare la sonda per poter evidenziare la molecola di interesse. Questa sonda verrà poi
visualizzata mediante l’aggiunta di un gruppo radioattivo o mediante altre tecniche colorimetriche,
aggiungendo ad esempio dei tag per cui esistono anticorpi specifici.
Le sonde vengono anche utilizzate nella FISH (ibridazione a fluorescenza) nella quale si utilizzano
sonde che presentano gruppi particolari riconosciuti poi da anticorpi, inoltre nella regione non
coinvolta con l’epitopo abbiamo coniugato un cromoforo. In particolare, ci sono cromofori di
nuova generazione con uno spettro molto ampio di colori, inoltre l’evoluzione della
sperimentazione ottica permette di ottenere immagini indicative.
NB In questa tecnica si lavora in condizioni di stringenza ovvero in condizioni in cui un legame è
permesso solo in caso di una totale complementarietà.
Altra tecnica che prevede l’utilizzo di sonde è il Microarray. Questa tecnica, così come il Northern
blot, prevede la preparazione di RNA da un determinato tessuto; la differenza però sta nel fatto
che nel microarray ho una piattaforma rigida, normalmente un vetrino, dove vengono spottate,
legate covalentemente, tante sonde per trascritti cellulari mentre nel northern blot si analizza una
sola molecola di RNA in modo quantitativo. Maggiore è il numero delle sonde che sono state
spottate, più ampio è il profilo di espressione che posso ottenere. Si hanno quindi due gruppi
sperimentali, uno indotto e l’altro non indotto, si estrae l’RNA totale (codificante e non) da
entrambi i gruppi sperimentali, si converte poi in cDNA mediante reverse-trascription (si può
anche non convertire, sebbene sia più stabile). Esso viene poi marcato con dei fluorofori e se ho
due gruppi sperimentali, una preparazione verrà marcata con un fluoroforo verde ed una seconda
preparazione con un fluoroforo rosso. Si mettono poi insieme le due molecole di DNA e li espongo
alla piattaforma in condizioni di stringenza. Se io elimino il più possibile le interazioni aspecifiche
mediante lavaggi, avrò che solo gli RNA complementari alla sonda presenti in queste due
popolazioni andranno a legarsi in specifiche posizioni. Espongo poi la piattaforma a dei laser che
eccitano le molecole fluorescenti e acquisisco i segnali spot per spot. In questo caso, se troviamo
spot gialli vuol dire che si ha coespressione. Questa tecnica è ancora utilizzata sebbene venga
soppiantata sempre più dall’RNAseq. Sia il Microarray che l’RNAseq permettono di creare dei
profili di espressione genica di uno o due sistemi biologici in parallelo, un po’ quello che si aveva
con il clonaggio. Prima, infatti, per valutare quanto fossero espresse determinate molecole di DNA
in un sistema, si doveva effettuare prima di tutto un clonaggio. Si poteva quindi studiare solo un
numero limitato di geni.
Questo schema riporta gli step
fondamentali per clonare un
certo gene all’interno di un
plasmide il quale permette il
suo isolamento e
amplificazione in cellule
batteriche. Quindi esistono
plasmidi specifici per
determinati batteri che hanno
caratteristiche varie come ad
esempio plasmidi che
permettono semplicemente
clonaggio e amplificazione o
plasmidi che possono servire
per produrre una proteina
ricombinante per cui si ha il
clonaggio ma questi plasmidi
vengono poi trascritti e
tradotti ad altissima efficienza
nei batteri.
NB L’RNA non si clona
pertanto studi di espressione
di RNA passano attraverso
conversione in cDNA.

Ci sono plasmidi che permettono l’espressione di un gene all’interno di un sistema eterologo come
ad esempio cellule di neuroblastoma i quali possono essere utilizzati anche in vivo. Questi plasmidi
hanno caratteristiche specifiche come ad esempio la resistenza agli antibiotici, il gene inoltre si
trova sotto il controllo di un promotore eucariotico (al contrario del promotore procariotico che si
utilizza per fare proteina ricombinante nei batteri).
Altra tecnica molto importante è il sequenziamento che viene generalmente effettuato dopo il
clonaggio. In particolare, viene fatto mediante il metodo Sanger in cui vengono inseriti nucleotidi
modificati (dideossinucleotidi) in modo tale da bloccare la polimerasi. Per cui si fanno quattro
reazioni in cui, per ogni reazione, viene utilizzato un dideossinucleotide diverso e poi dalla caduta
della polimerasi in diverse posizioni, che corrispondono ai diversi dideossi, viene ricostruita la
scaletta dei diversi nucleotidi, in base alla dimensione del frammento. Quindi se si sta facendo un
clonaggio si manda il DNA a sequenziare e la ditta non fa il gel come scritto precedentemente ma
utilizza macchine a capillare in cui la matrice è diversa rispetto al gel e la cosa importante è che,
nel sequenziamento automatizzato, i dideossinucleotidi sono fluorescenti quindi la sequenza è
fornita da segnali fluorescenti. Si ha, infatti, come output l’elettroferogramma in cui ogni picco
corrisponde ad uno specifico nucleotide. Se in una certa posizione ho due picchi sovrapposti,
questo implica che si è avuta una modificazione. Infatti, se ho 2 picchi sovrapposti, uno molto più
ampio dell’altro, ad esempio uno ampio 80% e l’altro 20%, posso dire che il DNA presenta il 20%
delle molecole con sostituzioni.
Per studiare il profilo dell’espressione genica, tra le tecniche classiche abbiamo Western Blot. Il
principio è sempre lo stesso; si fa infatti un lisato totale del materiale biologico preparato con
soluzioni e tecniche diverse rispetto a quelle utilizzate per il northern blot, quindi libero le proteine
di membrana e solubilizzo tutto. Questo lisato viene poi posto sul gel di acrilammide in modo tale
da separare le molecole in base al peso molecolare facendo correre le proteine verso il polo
positivo; infatti le proteine sono state precedentemente caricate negativamente trattandole con
SDS ovvero un detergente che aumenta il potenziale elettrico delle proteine stesse. Nel lisato
cellulare non c’è una distribuzione così varia come in un preparato di RNA se infatti vado a
colorare il gel che ho fatto per il l’RNA vedo solo l’RNA ribosomale in quanto è l’unico presente in
tante copie, così tante da poter essere visto. Mentre invece l’mRNA è sì presente in tante copie ma
non sufficienti per essere evidenziate mediante la semplice colorazione; ho quindi bisogno della
sonda; lo spettro delle proteine possibili è infatti ridotto rispetto allo spettro dei trascritti possibili.
La tecnica di immunofluorescenza mi permette di differenziare il prodotto proteico mediante
l’utilizzo di anticorpi specifici per una certa proteina che può essere anche una proteina in una
forma fosforilata.
L’analisi della espressione genica può essere inoltre effettuata mediante l’utilizzo di geni reporter.
I reporter sono di diverso tipo, sono però sempre dei geni che possono dare come prodotto un
enzima che messo in presenza di un determinato substrato lo modifica rendendolo luminoso
(come ad esempio la luciferasi, molto utilizzata perché permette di analizzare la variazione di
espressione di un gene in un range molto ampio sia che questo gene sia espresso poco o molto; ha
quindi un range di linearità tra il segnale luminoso e la concentrazione della proteina luciferasi da
cui poi estrapoliamo i livelli di messaggero), può essere una proteina fluorescente (GFP) o LacZ.
NB Questi reporter si possono utilizzare anche in vivo.
Mediante transgenesi si può integrare un gene reporter in maniera preferenziale; per cui se io
utilizzo due reporter sotto un promotore specifico, uno per la GFP e l’altro per una proteina rossa
che si trova invece sotto il controllo di un altro promotore, in qualche modo il reporter GFP va in
un determinato tipo cellulare mentre l’altro reporter va in un altro tipo cellulare. Questo perché si
ha una diversa accessibilità della cromatina che deve in questo caso integrarsi. L’effetto finale è
che solo alcune cellule sono verdi e solo altre sono rosse. Questa tecnica permette di studiare le
sinapsi distinguendo il comparto pre sinaptico da quello post sinaptico.
Utilizzando reporter per le diverse variarti spettrali delle GFP (abbiamo infatti varianti che danno
sul rosso altre sul giallo e così via) si possono colorare di colori diversi neuroni appartenenti a classi
diverse.
REAL-TIME
PCR: Dopo aver
fatto l’analisi si
hanno queste
curve con
andamento
semi
logaritmico.
Dopo un po’ fi
cicli comincia
ad amplificarsi
il segnale e
ogni curva
corrisponde
alla
amplificazione di un gene diverso quindi la curva gialla è il prodotto genico per l’mRNA1, in blu
abbiamo il controllo e in rosso abbiamo l’mRNA2. Inizialmente, quindi, tanto messaggero è
presente nel campione tanto prodotto verrà accumulato. Questa relazione viene però meno man
mano che aumentano i cicli fin quando la fluorescenza rimane costante ovvero si raggiunge il
plateau. Questo è dovuto al fatto che va a saturazione il sistema perché ad esempio finiscono i
precursori. Se quindi si vuole estrapolare la quantità di RNA presente nel sistema, devo analizzare
la curva che presenta una relazione lineare. In questo verrà quindi utilizzato l’mRNA giallo il quale
è più espresso rispetto all’mRNA rosso.

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