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Gelsomino Notturno

Fa parte dell’ampia raccolta “i Canti di Castelvecchio”, viene


dedicata all’amico Gabriele Briganti, in occasione delle sue nozze.
In questa poesia ritroviamo la caratteristica del simbolismo
pascoliano, che trova nel mondo naturale il termine di confronto
per la sensibilità e per l’inquietudine esistenziale che attraversa
la sua poesia. Il titolo stesso si presenta come una metafora
erotica: la dedica si appresta alla prima notte di nozze quindi
introduce la tematica sessuale, da cui il poeta si sente escluso.
Pascoli si serve di una serie di immagini del mondo naturale per
sviluppare questa tematica particolare. La prima quartina,
nonché l’inizio della poesia si apre con l’immagine dei “fiori
notturni” , ovvero quei gelsomini che hanno la caratteristica di
aprirsi con il calare della notte per richiudersi all’alba, e si chiude
con le “farfalle crepuscolari”, che anticipano il momento della
sera in cui è ambientata la poesia.

Nella seconda e terza quartina prevale l’atmosfera di pace della fine del giorno, attraversata dall’attesa
di qualcosa che sta per giungere, “l’odore delle fragole rosse” allude all’esperienza sessuale. Egli si
trasfigura “nell’ape tardiva” che trova il suo alveare occupato da chi è arrivata prima di lei. Anche lo
sguardo del poeta, che sembra osservare la scena dall’esterno della casa, è un indizio della sua
sofferenza silenziosa; egli vede il lume in mano allo sposo salire “su per la scala”, dove poi il lume si
spegne. L’ultima quartina del testo descrive l’alba successiva: la “felicità nuova” che allude alla futura
gravidanza della moglie dell’amico, ed è la causa per cui i petali del gelsomino sono “un poco gualciti”.
La conclusione raggiunge così il vertice dell’allusione erotica e il punto più alto della metafora
dell’esclusione che caratterizza il testo: il poeta è estraneo al ciclo della vita simboleggiato da “l’urna
molle e segreta” del gelsomino.

E s’aprono i fiori notturni,


nell’ora che penso a’ miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.

Da un pezzo si tacquero i gridi:


là sola una casa bisbiglia.
Sotto l’ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.

Dai calici aperti si esala


l’odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l’erba sopra le fosse.

Un’ape tardiva sussurra


trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.

Per tutta la notte s’esala


l’odore che passa col vento.
Passa il lume su per la scala;
brilla al primo piano: s’è spento . . .

È l’alba: si chiudono i petali


un poco gualciti; si cova,
dentro l’urna molle e segreta, 8
non so che felicità nuova.

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