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a cura
dell’ ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE
di Castrignano del Capo (Le)
Classi III A - III B – III C
Anno Scolastico 2000 / 2001
Foto testo:
Copertina:
CENNI STORICI
L’attuale chiesa parrocchiale di Castrignano del Capo, risale alla metà del ’700:
nell’Archivio Parrocchiale sono conservati documenti che testimoniano in una sequenza viva e
drammatica lo svolgersi degli eventi. Il 20 febbraio 1743, verso l’ora canonica 24a, una scossa di
terremoto colpì l’intera penisola salentina, danneggiando rovinosamente la Matrice di Castrignano.
In quel frangente era Sindaco del paese Alessandro Marzo, il parroco era don Giovanni Petese,
Sostituto e Vicario Foraneo era don Liborio Marzo; la Diocesi di Alessano, nel cui ambito ricadeva
la Terra di Castrignano, era vacante in quanto il vescovo Giovanni Giannelli era morto il 5 gennaio
1743 e fungeva da Vicario Capitolare il Canonico Orlandi.
La Platea custodita nell’Archivio Parrocchiale, che comincia con il documento sopra riportato,
contiene anche la richiesta di apposita relazione avanzata dal Vicario alessanese all’Arciprete e al
Vicario Foraneo di Catrignano. Poiché questo secondo documento è conservato, appunto, nella
medesima Platea e porta la medesima data del 22 febbraio, è evidente che lo stesso messo andava
su e giù da Castrignano ad Alessano con il compito di consegnare per le vie brevi le relative
comunicazioni.
Tale il testo dell’Autorità Vescovile: “Avendo visto l’esposto ordiniamo alli Reverendi Vicario
Foraneo ed Arciprete di Castrignano che subito faccino a noi relatione su l’esposto per dare un
sollecito provedimento. Dato in Alessano le 22 Febraro 1743. Ed avvisino quale chiesa sia più
capace. Se poi non vi sarà questo tempo di aspettare la relatione si rimetta alla prudenza e la
Condotta de sudetti Arciprete e Vicario Foraneo. Canonici Orlandi Vicario Capitolare” (Ibidem).
Effettivamente la risposta dei due sacerdoti fu immediata e registrata sulla stessa platea: “In
esecuzione del retroscritto ordinativo fatto da noi sottoscritti dal Reverendissimo Signor Vicario
Generale Capitolare d’Alessano semo per riferirli, come tutto, e quanto stà esposto nella
retroscritta supplica, è vero verissimo anzi il pericolo imminente. Rispetto poi al commodo del
publico, e capacità di Chiesa havemo considerato esser quella di S. Maria della Misericordia, ove
si fa la Congregazione, la quale stà situata quasi in mezzo di questa terra di Castrignano ed è
chiesa di questo publico; in quanto poi al resto ci rimetiamo al savio giudizio del predetto signor
Vicario Generale Capitolare. Castrignano le 22 febraro 1743. Don Giovanni Petese Arciprete. Don
Liborio Marzo Vicario Foraneo”.
Uguale ricchezza di dati abbiamo anche per la fase ricostruttiva del sacro tempio;
fondamentale in tal senso è l’iscrizione incisa sulla facciata interna del prospetto principale della
chiesa, in posizione alta e centrale:
Traduzione:
1) Il primo Atto notarile è del 5 maggio 1743: il Deputato Ludovico Camisa stipula con il Capitolo
della Chiesa di Montesardo un mutuo di 96 ducati, con l’obbligo di concedere a censo a detto
Capitolo il fondo denominato “Fraville” in territorio di Montesardo, e di pagare la somma di 17
ducati e 64 grane all’anno come quota interessi.
2) Il secondo Atto notarile è del 18 maggio 1743. In base ad esso i Deputati della “Fabrica della
Chiesa” suggellano il precedente accordo nel rispetto delle condizioni appresso specificate:
a) Una possessione seminativa in loco detto Rigno, dell’Arciprete Don Giovanni Petese;
b) Una possessione seminativa in loco detto Lauro, di Don Liborio Marzo;
c) Una quota parte di possessione olivata detta Surane, di Giovacchino Rosafio;
d) “Una possessione seminativa in loco detto Malluti, di Alessandro Marzo quali ducati 96
Ludovico, Don Liborio, Giovacchino e Alessandro, come Deputati l’anno maneggiati e
impegati, ed impiegano per detta Fabrica della Chiesa, e li medesimi ducati 96 dalla
vintesima de’ Frutti intendono in futurum retrovendere detto capitale, e durante detta
ricompra , pagarne anche dalla ddetta vintesima de’ frutti l’annualità allo detto Capitolo di
Montesardo… in discarico di detto Ludovico Camisa, quia sic!”.
La restituzione della nuova chiesa parrocchiale al culto avvenne il 21 dicembre 1751 con
una solenne cerimonia religiosa celebrata dal Vescovo di Alessano Mons. Luigi D’Alessandris
coadiuvato dall’Arciprete don Giovanni Petese, dal sostituto Vicario Foraneo don Liborio Marzo e
da tutto il Capitolo ricettizio, alla presenza delle Autorità civili rappresentate dal Sindaco don
Bartolo Angelini e di tutto il popolo castrignanese che in quell’anno contava 1057 abitanti.
Questo importante evento, che coronava finalmente il sogno di un’intera comunità dopo quasi nove
anni di attesa e di sforzi di ogni genere, è registrato nei due seguenti documenti conservati
nell’Archivio Parrocchiale:
La nuova Matrice, dunque, risorgeva nello stesso preciso luogo in cui insisteva quella antica. È
da precisare, comunque, che la Parrocchiale precedente non doveva godere di ottima salute se
consideriamo per un attimo l’espressione usata dal Sindaco Alessandro Marzo nella sua
comunicazione del 22 febbraio 1743 al Vescovo di Alessano: la chiesa danneggiata dal terremoto in
effetti era già “ …da molto tempo per più parti aperta”. D’altra parte gli stessi rilievi evidenziati dal
Visitatore Apostolico Andrea Perbenedetti nel 1628 si indirizzavano contemporaneamente sia verso
ben precise prescrizioni sia verso la stessa struttura del sacro tempio; veniva rilevata la mancanza
della sacrestia: “ …andata distrutta con il crollo della torre campanaria nell’anno 1624, durante
un’incursione dei Turchi che devastarono, distrussero e saccheggiarono il luogo”. E veniva anche
registrato un veloce passaggio riferito alla presenza di “piccole fessure” nella stessa chiesa: segni
chiarissimi di una situazione di dissesto statico che prima o poi avrebbe portato a conseguenze
disastrose.
La vita di questa chiesa pare abbia avuto inizio nell’anno 1572 durante l’arcipretura di
Angelo Trazza, anzi fu proprio tale parroco a gestire il passaggio da un’ancora precedente chiesa
parrocchiale a quella cinquecentesca. A proposito della chiesa parrocchiale precedente a quella
cinquecentesca, occorre riconoscere che le notizie diventano ancora più esigue a causa della
mancanza di documenti. Nel passato è stata comune opinione che nei secoli precedenti all’avvento
dell’Umanesimo e Rinascimento fu attiva a Castrignano una antica chiesa parrocchiale dedicata,
però, a S. Nicola e non a S. Michele Arcangelo: “Castrignano dato in guardia a S. Michele
Arcangelo, ma la chiesa più antica era consacrata a S. Nicola, e pria di questa, un’altra alla Beata
Vergine” (G. Arditi, op. cit., p. 221). Tale Parrocchiale, dunque, dedicata a S, Nicola, si trovava
nella omonima contrada di fronte a Borgo Terra.
La descrizione più completa della chiesa parrocchiale del ’500 si deve ad Andrea
Perbenedetti, vescovo di Venosa (Basilicata), mandato dal papa Urbano VIII come visitatore
apostolico nella diocesi di Lecce e di Alessano nel febbraio del 1628. A quell’epoca era vescovo di
Alessano Mons. Nicola Antonio Spinelli. A tal proposito bisogna rammentare che Alessano fu sede
vescovile fino al 1818, anno in cui questa diocesi fu soppressa e accorpata a quella di Ugento:
Castrignano del Capo nel sec. XVII faceva parte, appunto, della diocesi alessanese. La visita di un
inviato speciale del pontefice in linea di massima aveva sempre un carattere ispettivo e nasceva da
situazioni anomale o difficili determinatesi in qualche contesto. Nella fattispecie, presso la curia di
Alessano e – conseguentemente – nella comunità cittadina si era creato un mercato talmente
scandaloso tra i canonici della Cattedrale da creare nel paese vere e proprie fazioni e farle
precipitare in faide di violenza e di sangue. A conclusione di ogni ispezione il Visitatore stendeva
una Relazione che veniva consegnata al pontefice e poi conservata nell’Archivio Segreto Vaticano.
Per quanto riguarda la situazione di Castrignano, il Perbenedetti non rilevò inadempienze,
ma si limitò a dare alcuni suggerimenti molto opportuni, come ad esempio far indorare la pisside
“…sul fondo affinché possono essere visti più facilmente i frammenti residui”, oppure far realizzare
un’apposita nicchia per la conservazione dell’olio degli infermi, del crisma e dei catecumeni,
disponendo “…che sia inciso su ciascun vaso il nome proprio dell’olio contenuto affinché nel caso
in cui i coperchi vengano scambiati uno con l’altro, non sia usato un olio al posto dell’altro e non
sia reso vano il ministero del sacramento”. Un’altra prescrizione riguardava l’urgente sistemazione
dell’ombrello sul tabernacolo dell’altare maggiore, onde evitare che “…durante le celebrazioni della
messa potesse cadere casualmente alcunché nel calice”.
Quanto agli altari laterali, il Perbenedetti ne descrive velocemente solo due, quello del SS.
Sacramento (sul quale era fondata un’omonima Confraternita che il giovedì di ogni settimana
faceva celebrare una messa per propria devozione, unitamente all’impegno assunto da D. Pietro De
Ruggeri che faceva celebrare una messa il venerdì di ogni settimana in base al lascito di un proprio
familiare) e quello del SS. Rosario (anche qui era fondata un’omonima Confraternita del SS.
Rosario che per propria devozione faceva celebrare una messa ogni giorno di sabato: sullo stesso
altare D. Diomede de Ruggeri e D. Matteo di Patù erano tenuti a celebrare rispettivamente una
messa la settimana e due al mese in base a lasciti ben precisi).
Dalle parole del Visitatore si deduce che detti altari erano di normale fattura, dotati della
suppellettile necessaria e arricchiti solo da una tela ciascuno. Non sfuggono all’occhio attento del
Perbenedetti ulteriori annotazioni: la fragilità delle tavole con cui erano costruiti il pulpito e il
confessionale, il pavimento ben livellato, le pareti pulite e imbiancate, il coro dietro l’altare
maggiore, nonché il fatto che la chiesa fosse ad una sola navata e ancora non risultasse consacrata.
La Relazione si chiude con una minuziosa elencazione della suppellettile della Parrocchiale, stesa
peraltro in volgare e non in latino, proprio per amore di precisione. “Prima di tutto sette panni
d’altare: uno di damasco bianco, uno di panno nero, due di panno verde, uno di panno rosso e uno
di oropelle e uno di ormesino bianco. Nove tovaglie. Tre pianete: una di damasco bianco, l’altra di
damasco turchino e l’altra nera. Una croce d’argento col suo panno di damasco bianco. Due calici
d’argento indorati con le altre cose necessarie. Due camici con i loro amitti e cinture e due messali.
Candelieri e croci negli altari. Due campane”.
In conclusione, vengono documentate ben quattro chiese parrocchiali nella storia di Castrignano del
Capo, delle quali solo le ultime due
sono state costruite nel luogo in cui
ancora oggi si officia, ossia quella che
ebbe vita negli anni 1572-1743 e
quella attuale. Per quanto concerne le
due chiese precedenti, è da pensare
che abbiano seguito la stessa sorte
delle ultime due nel senso che la
Parrocchiale consacrata a S, Nicola
nell’omonima contrada sia stata
costruita sulle rovine di quella
precedente consacrata alla Beata
Vergine. In merito alle epoche di
appartenenza, in assenza di
documentazione e cercando di
contestualizzare il discorso anche
mediante collegamenti con la storia
del Basso Salento nei secc. XII-XVI,
Santuario Mariano di Leuca
- Intorno al sec. XIV a seguito della rocambolesca traslazione a Bari delle reliquie di S.
Nicola di Mira in Licia, nella attuale Turchia, nel 1087, la venerazione per il Vescovo di
Mira travolse l’intero territorio pugliese, al punto che S. Nicola nell’immaginario collettivo
diventò il Santo per eccellenza. È facile rendersi conto di ciò osservando i numerosi e
stupendi affreschi che impreziosiscono le cripte bizantine del Salento e che, appunto,
vennero realizzati prevalentemente nei secoli XIII-XIV: La figura di S. Nicola giganteggia
nel panorama delle decorazioni parietali, affrescata com’è sempre in dimensioni più grandi
rispetto a quelle degli altri Santi, comprese le immagini della Madonna col Bambino.
La Chiesa di San Michele Arcangelo, ubicata nel centro storico del Capoluogo del Comune
di Castrignano del Capo in Piazza Sant’Angelo, è riportata nel N.C.E.U. della provincia di Lecce al
foglio 8 part. D.(la Chiesa) e part. 379 (Sagrestia e cortile).
L’edificio è riconosciuto di importante interesse storico e architettonico e pertanto vincolato
ai sensi della Legge Statale 1.6.39, n.1089 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali,
Architettonici e Storici della Puglia.
Dall’esame dei Registri Parrocchiali conservati nell’Archivio della chiesa Madre, è possibile fornire
un elenco completo dei parroci che hanno retto le sorti della comunità religiosa di Castrignano del
capo per lunghi secoli, a cominciare dalla conclusione dei lavori del Concilio di Trento: fu in quella
famosa circostanza che finalmente venne ordinato a tutte le parrocchie di introdurre e conservare
gelosamente dei registri sui quali scrivere gli atti dei battezzati e dei morti relativi alle comunità
affidate. Ecco perché questa mole di manoscritti costituisce la più importante documentazione
inedita cui può riferirsi oggi lo storico.
Il barocco si intravede anche lungo la cornice della piccola entrata laterale di sinistra.
Notevole, come si è detto, il portale con le sue configurazioni fantastiche a figure e fregi
floreali, scolpite sulla superficie delle finte colonne laterali, sormontate dal frontone, che agli
estremi riproducono in rilievo la più antica rappresentazione del blasone civico comunemente
interpretato come “la Chiesa fra le due torri quadrangolari”, le quali erano del 1557, ma sono state
abbattute nel corso di questo secolo.
La Chiesa di San Michele Arcangelo, ubicata nel centro storico del capoluogo del Comune
di Castrignano del Capo in Piazza Sant’Angelo, è riportato nel N.C.E.U. della provincia di Lecce al
foglio 8 part. D (la Chiesa) e part. 379 (Sagrestia e cortile)
L’edificio è riconosciuto di importante interesse storico e architettonico, pertanto vincolato
ai sensi della Legge 1.6.39, n.1089.
L’INTERNO
Traduzione:
A Dio Ottimo Massimo.
A perpetua memoria del fato. Al fine di accrescere la devozione dei fedeli e per la
salvezza delle anime, rivolta la mente con cristiana Pietà ai celesti tesori della Chiesa, a
tutti ed a ciascuno dei fedeli di ambo i sessi che, sinceramente pentiti, confessati e
ristorati dalla comunione visiteranno con devozione, in qualsiasi giorno dell’anno, la
chiesa parrocchiale di San Michele di Castrignano, della diocesi di Alessano, ed ivi
innalzeranno preghiere a Dio per la concordia dei principi cristiani, per l’estirpazione
delle eresie e per la gloria della Santa Madre Chiesa, Noi Papa Pio VI
misericordiosamente concediamo, rimosso ogni impedimento in contrario al presente e
in perpetuo per i tempi futuri, l’indulgenza plenaria e la remissione nel Signore di tutti i
loro peccati, che possono anche applicare a titolo di suffragio alle anime dei fedeli che,
unite nell’amore con Dio, siano migrate da questo mondo. Dato a Roma presso Santa
Maria Maggiore sotto l’anello del Pescatore il giorno 23 agosto 1782, ottavo anno del
Nostro pontificato.
Innocenzo Cardinale Conti
Eliseo Stasi incise nell’anno 1866.
Al di sopra dell’iscrizione c’è una tela di S. Oronzo insieme a due angeli; ai piedi del Santo è
raffigurato un corpo umano mutilo.
L’autore è un ignoto copista di G. Coppola del sec. XIX.
La tela (250x150) è stata restaurata dal prof. De Mitri nel 1967.
1° Altare a sinistra
2° Altare a sinistra
L’Altare è dedicato a S. Michele Arcangelo, così come risulta da una nicchia centrale contenete la
scultura del Santo.
La statua in legno del 1707, dello scultore Nicola Fumo, è in legno. Apparteneva alla distrutta
chiesa della Solitaria e fu in seguito recuperata nel Coro della chiesa di S. Caterina da Siena a
Napoli. Raffigura S. Michele Arcangelo che con la mano destra impugna una spada e schiaccia sul
ventre Lucifero.
L’Altare si presenta nella struttura generale più lineare e semplificato rispetto a quello precedente.
La nicchia, avente la cornice in legno, è sormontata da un bassorilievo rappresentante tre volti di
angeli.
L’Altare è completamente rivestito in stucco policromo: i colori predominanti sono il verde, l’ocra,
il bianco e il dorato. Presenta una superficie di fondo piuttosto lineare con delle sene laterali
sormontate da un capitello con volute e foglie, il tutto appare come finto marmo. Il senso del
volume è determinato da due robuste colonne a fusto liscio che poggiano su solide basi, anche
queste rivestite in stucco e decorate con bassorilievi. Il capitello è finemente decorato da
bassorilievi che presentano piccole volute dorate che si alternano a volti d’angelo e motivi floreali
(foglie). La cornice, bicolore, delimita la parte superiore dell’Altare e su questa, sempre in
corrispondenza delle due colonne, due statue tuttotondo rappresentanti angeli seduti. La parte
terminale dell’Altare si conclude con un medaglione olio su tela di forma irregolare, un ovale
mistilineo datato 1951, raffigurante San Francesco da Paola; l’autore è A. Muzio. Il medaglione è
incorniciato da elementi decorativi finemente intagliati in cui sono riportati la stessa tecnica dello
stucco e lo stesso cromatismo.
La tela è a committenza dei coniugi Maruccia Chiffi.
Dinanzi all’Altare vi è un confessionale realizzato in legno. La parte inferiore si presenta più
semplice sia nella struttura sia nella parte decorativa, mentre la parte superiore risulta più articolata
e complessa, soprattutto per ciò che riguarda gli elementi decorativi.
3° Altare a sinistra
L’Altare presenta una grande tela centrale (230x320) raffigurante La Pietà, firmata e datata 1899.
L’autore è Paolo Emilio Stasi (1840-1922); committente fu la famiglia Trazza
In alto, in corrispondenza della tela centrale, vi è l’iscrizione:
CHRISTO CRUCIFIXO
SUÆQUE MATRI
VALDE MŒRORE CONFECTÆ
DICATUM
In questa splendida tela l’autore “…dimostra maestria e sicurezza, inserendo la scena patetica e
suggestiva in una cupa penombra. Un ruolo determinante gioca la luce, che emanata dalla fiaccola,
fa emergere le figure centrali dal fondo tenebroso e delinea i contorni delle altre due” (Francesco
Fersini, Pittori e dipinti nel Salento meridionale (secc. XVI-XX), Martano Editore, Lecce 1999,
p.153).
È doveroso ricordare che lo Stasi (Spongano 1840-1922) è stato uno dei più importanti pittori
salentini a cavallo tra ’800 e ’900. Compiuti gli studi a Galatina e a Lecce, si laureò in medicina a
Napoli. La sua passione, però, era la pittura: conseguita l’abilitazione all’insegnamento del disegno,
insegnò fino al 1911 presso il Liceo Classico di Maglie.
Trascorse gli ultimo anni della vita in una villa a Castro.
L’altare presenta una struttura generale di forma rettangolare con volta semicircolare, al centro della
quale è evidenziato un elemento decorativo in carparo con volute. È completamente rivestito in
stucco policromo ed evidenzia caratteristiche cromatiche che vanno dall’ocra al giallo, al verde
screziato, al bianco, al dorato.
Robuste colonne laterali dal fusto liscio poggiano su solide basi la cui parte superiore presenta in
bassorilievo due volti d’angelo a motivi floreali (foglie); nella parte inferiore anche in bassorilievo,
elementi decorativi dalla struttura semplificata.
Il capitello delle colonne è finemente decorato da bassorilievi che presentano piccole volute dorate,
che si alternano a volti d’angelo e motivi floreali (foglie).
La cornice, bicolore, delimita la parte superiore dell’Altare e su questa, sempre in corrispondenza
delle colonne, elementi architettonici policromi fortemente articolati.
La parte terminale dell’Altare si conclude con un medaglione olio su tela raffigurante S. Alfonso e S.
Biagio, il cui autore è un ignoto pittore locale del XIX secolo. Questo è incorniciato da elementi
decorativi che presentano al centro la forma di una conchiglia e con delle diverse volute laterali.
Al di sopra della porta laterale sinistra d’ingresso giganteggia una grande tela (400x250) che
raffigura S. Michele Arcangelo mentre colpisce con la spada una schiera di diavoli.
L’autore è sconosciuto.
L’epoca di composizione è da riferire al sec. XVIII.
Nella zona absidale, a sinistra, recentemente è stata sistemata una tela (313x216) raffigurante S.
Giovanni Battista.
L’autore è ignoto
È una delle tre tele, risalenti alla chiesa parrocchiale distrutta nel 1740 dal terremoto, colpite dagli
archibugi dei Saraceni nel celebre assalto del 1624.
In basso, a destra, il quadro contiene la seguente iscrizione:
Trad.:
Questo quadro è stato offerto per devozione dal signor Bonifacio Camisa alla chiesa
parrocchiale di Castrignano del Capo. Venne, poi, restaurato dal reverendo clero della stessa chiesa.
Esposto il 24 giugno 1823.
La tela è stata restaurata nel 1996 dalla Ditta Alessandra Muci di Leverano (LE) su incarico della
Soprintendenza ai Beni Ambientali Architettonici Artistici Storici di Bari. “Il Santo è raffigurato in
primo piano al centro in basso, mentre si inginocchia e rivolge lo sguardo verso l’alto. Ha il busto
parzialmente coperto da una pelle, che lascia scoperta la spalla sinistra, ed è avvolto da un ampio
mantello rosso. Con la mano sinistra regge un lungo bastone, di canna sottile, che termina in cima
con una piccola croce dalla quale pende, avvolgendosi al bastone, un nastro bianco con su scritto:
“Ecce Agnus Dei”. Ai lati del Santo sono raffigurate due piccole scene della sua vita, poste su di un
piano prospetticamente più lontano, e rispettivamente raffigurano: a sinistra il Battesimo di Gesù, a
destra il Santo che predica al popolo. La figura del Santo e le due scenette sono immerse in un
paesaggio fitto di alberi frondosi e verdi, dove in lontananza fra il verde della vegetazione
lussureggiante, si intravedono dei monti azzurrini ai piedi dei quali, in alto a destra, vi sono delle
costruzioni architettoniche, rese quasi diafane per effetto della lontananza e della luce riflessa dalle
acque loro prospicienti”. (Alessandra Muci, La tela di San Giovanni Battista nella Chiesa
Parrocchiale di Castrignano del Capo, 1996 - Archivio Parrocchiale Castrignano del Capo).
Per quanto riguarda il lato destro della Chiesa, entrando dall’ingresso principale, sulla parete di
fondo, simmetricamente alla tela di S. Oronzo, troviamo una tela raffigurante la Madonna delle
Grazie (250x150): l’autore è ignoto e non si dispone di altri elementi connotativi: la Madonna è
rappresentata sospesa su di una nuvola, mentre cinque figure di Santi intercedono presso di Lei.
Al di sotto della tela nel 2000 è stata sistemata una iscrizione giubilare.
1° Altare a destra
È dedicato alle Anime Sante del Purgatorio, come si evince dalla tela (330x220) di ignoto pittore
locale.
La composizione del quadro si dispone orizzontalmente in tre scene: nella prima, in alto, Dio con
degli Angeli è sospeso in una nuvola; nella scena centrale Cristo – con ai lati alcuni Santi e la
Vergine – è in piedi su di una sfera che rappresenta il mondo; nella scena inferiore S. Michele
domina sulle Anime Sante, tende la mano sinistra ad un’anima per trasportarla in Paradiso, mentre
con la destra sorregge una bilancia.
Nella parte alta di questo altare un tondo conserva una tela raffigurante S. Lucia con un Vescovo, di
ignoto pittore locale (sec. XVIII ?)
2° Altare a destra
3° Altare a destra
Subito dopo il 3° Altare è conservato un organo su cui è apposta la seguente targa: A.D.
PSALLISTE SAPIENTER 1751 (Trad. Suonate con giudizio Anno del Signore 1751).
L’altare maggiore e quelli laterali hanno subito vere e proprie operazioni di scempio all’indomani
del Concilio Vaticano II: purtroppo la stessa sorte è toccata alla stragrande maggioranza delle chiese
salentine – e non solo salentine – a causa dell’ignoranza e di una errata interpretazione della nuova
liturgia.
L’altare centrale è stato completamente demolito, mentre per gli altari laterali sono state demolite
solo le mense.
La nuova prescrizione, indirizzata ai sacerdoti, di celebrare la messa nelle rispettive lingue nazionali
rivolgendosi frontalmente e non con le spalle ai fedeli, non doveva ovviamente comportare la
distruzione degli antichi contesti storici, sacri e architettonici.
1) Visita di Maria ad Elisabetta (250x155) di Serafino Trani (pittore di Salve), del 1938
2) Madonna del Rosario: Questa tela risale agli inizi del sec. XVII, quindi appartiene alla chiesa
distrutta dal terremoto. Impallinata dagli schioppi dei Saraceni nell’assalto del 1624, dopo la
ricostruzione della chiesa venne evidentemente depositata nella sacrestia e fatta sostituire
nell’omonimo altare da una nuova tela, anche questa di autore ignoto. Importante il riferimento
del Perbenedetti: “Sull’altare del Santissimo Rosario, del quale si vede dipinta su di una tela
l’immagine con i misteri, è fondata una omonima Confraternita, la quale vi fa celebrare per sua
devozione una messa tutti i giorni di sabato, e D. Diomede De Ruggeri in base al lascito di un
proprio familiare e D. Matteo di Patù sono tenuti a celebrare rispettivamente una messa la
settimana e due al mese”. (Nota Andrea Perbenedetti, Visitatio…, cit. A.S.V. Roma).
3) Cristo con Santi
Raffigura Cristo che lancia fulmini; nella parte inferiore del quadro S. Francesco e S. Domenico
intercedono per parare i fulmini.
Anche questa tela risale alla chiesa distrutta dal terremoto.