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nel 250° della ricostruzione

a cura
dell’ ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE
di Castrignano del Capo (Le)
Classi III A - III B – III C
Anno Scolastico 2000 / 2001
Foto testo:

ƒ Alunni classi III A, III B, III C

Copertina:

ƒ Disegno realizzato da Fernando Maggio

Si ringraziano per la disponibilità e la gentile


collaborazione don Benedetto Serino Parroco di
Castrignano del Capo e Antonio Ferraro appassionato
ricercatore.
INTRODUZIONE
I

CENNI STORICI

L’attuale chiesa parrocchiale di Castrignano del Capo, risale alla metà del ’700:
nell’Archivio Parrocchiale sono conservati documenti che testimoniano in una sequenza viva e
drammatica lo svolgersi degli eventi. Il 20 febbraio 1743, verso l’ora canonica 24a, una scossa di
terremoto colpì l’intera penisola salentina, danneggiando rovinosamente la Matrice di Castrignano.
In quel frangente era Sindaco del paese Alessandro Marzo, il parroco era don Giovanni Petese,
Sostituto e Vicario Foraneo era don Liborio Marzo; la Diocesi di Alessano, nel cui ambito ricadeva
la Terra di Castrignano, era vacante in quanto il vescovo Giovanni Giannelli era morto il 5 gennaio
1743 e fungeva da Vicario Capitolare il Canonico Orlandi.

Documento dell’archivio parrocchiale


Il giorno successivo fu travagliato da riunioni e
consultazioni tra popolo e Autorità civili e religiose, finché il
22 febbraio il Sindaco, facendosi interprete della volontà
generale del paese, scrisse la seguente comunicazione al
Vicario Generale di Alessano:
“Reverendissimo Signore,
Alessandro Marzo Sindaco di questa terra di
Castrignano del Capo umilissimo servo di V.S.
Reverendissima da parte di tutto questo publico (popolo) le
presenta come per causa del poco fa accaduto terremoto,
questa Parochial Chiesa è stata notabilmente offesa che
appena può mantenersi se non vi fosse l’aggiuto dei Santi
Protettori, poiché, oltre la medesima da molto tempo per più
parti aperta, al presente vi si osserva un notabile
danneggiamento nell’Arco Maggiore, avendolo diviso per
mezzo, oltre lo sconcertamento di molti pezzi nell’affacciata
d’avanti: e per che non intende questo publico di aspettare
nuovo aviso, che Dio lo tolghi, hà risoluto di dar principio
frà poche settimane alla fabrica della nuova chiesa,
considerandosi questa inutile a poter dare le funzioni divine,
tanto vero che pochi si arrischino di entrare; quindi non
potendosi dar principio all’assunto proposto, se prima non si
trasporteranno i Sacramenti con tutti gli addotti, che ivi s’attrovano in altra Cappella, e ciò non
potrà farsi senza beneplacito di V.S.R. ma che però la supplica in nome del suddetto publico restar
servita ordinare al Paroco di questa terra che facesse il sudetto trasporto nella cappella che il
reverendissimo conoscerà più commoda a tutto questo publico, che oltre l’esser doveroso le
riveverà a gratia ut Deus”.

La Platea custodita nell’Archivio Parrocchiale, che comincia con il documento sopra riportato,
contiene anche la richiesta di apposita relazione avanzata dal Vicario alessanese all’Arciprete e al
Vicario Foraneo di Catrignano. Poiché questo secondo documento è conservato, appunto, nella
medesima Platea e porta la medesima data del 22 febbraio, è evidente che lo stesso messo andava
su e giù da Castrignano ad Alessano con il compito di consegnare per le vie brevi le relative
comunicazioni.
Tale il testo dell’Autorità Vescovile: “Avendo visto l’esposto ordiniamo alli Reverendi Vicario
Foraneo ed Arciprete di Castrignano che subito faccino a noi relatione su l’esposto per dare un
sollecito provedimento. Dato in Alessano le 22 Febraro 1743. Ed avvisino quale chiesa sia più
capace. Se poi non vi sarà questo tempo di aspettare la relatione si rimetta alla prudenza e la
Condotta de sudetti Arciprete e Vicario Foraneo. Canonici Orlandi Vicario Capitolare” (Ibidem).
Effettivamente la risposta dei due sacerdoti fu immediata e registrata sulla stessa platea: “In
esecuzione del retroscritto ordinativo fatto da noi sottoscritti dal Reverendissimo Signor Vicario
Generale Capitolare d’Alessano semo per riferirli, come tutto, e quanto stà esposto nella
retroscritta supplica, è vero verissimo anzi il pericolo imminente. Rispetto poi al commodo del
publico, e capacità di Chiesa havemo considerato esser quella di S. Maria della Misericordia, ove
si fa la Congregazione, la quale stà situata quasi in mezzo di questa terra di Castrignano ed è
chiesa di questo publico; in quanto poi al resto ci rimetiamo al savio giudizio del predetto signor
Vicario Generale Capitolare. Castrignano le 22 febraro 1743. Don Giovanni Petese Arciprete. Don
Liborio Marzo Vicario Foraneo”.

Il giorno dopo, 23 febbraio, la Curia di Alessano emanava il Decreto di abbandono della


pericolante chiesa parrocchiale e di trasferimento delle relative funzioni nella vicina Cappella di S.
Maria della Misericordia. Tale documento veniva riportato ancora una volta sullo stesso foglio sul
quale erano stati registrati i precedenti testi: “Attenta la suddetta relatione in conformità
dell’Ordinato da noi nel retroscritto memoriale concediamo la facoltà al Reverendo Arciprete di
Castrignano di levare i Sacramenti e Sacramentali dalla Chiesa Parochiale stante il pericolo
evidente di cascare cagionato dal Terremoto, e quelli trasportare processionalmente con tutta la
divozione nella Chiesa seu Cappella di S. Maria della Misericordia, ed ivi disponerli in luogo
decente per venerazione di detti Santi Sacramenti da accomodarsino giusta il decoro del santo
luoco, restando sospesa la sudetta chiesa parochiale nella quale si splogliano tutte l’altari, e si
tenghi sempre serrata affinchè s’evitasse qualche disordine che potesse accadere.
Dato ad Alessano dalla Curia Vescovile le 23 febraro 1743. Canonico Orlandi Vicario Gen.le
Cap.re”.
Come si può facilmente notare, furono ore febbrili quelle che seguirono al giorno in cui si
verificò la calamità naturale, segno di grande forza di volontà sia nella popolazione sia nelle autorità
preposte. Basti pensare che già il 1° aprile 1743 veniva celebrato nella chiesetta della Misericordia
il primo battesimo: “Anno Domini 1743 1° Aprilis Reverendus D. Liborius Marzo Proc.re pro me
D. Joanne Petese Ecclesiae Parochialis S. Michaelis Arcangeli Terrae Castrignani, in Cappella S.
Mariae electa a Rev.mo Domino Vicario Capitolari Cantoro Cat.lis Ecclesiae Alexanen, V.J.B.
Abbate D. Ignatio Orlandi pro administratione omnium Sacramentorum die 24 M. Febr. 1743 ora
18a et declamata fuit ab eodem D. suspensa Ecclesiae Parochialis Terremotus causa qui evenit die
20 eiusdem Mensi Febr. 1743, dum in predicta parochiali recitabatur ultima decade SS. Rosarii:
ora vero 24 baptizavit infantum previa nocte natum ex Joseph Fersurella et Antonia Branca
coniugibus meae Paroechie cui nomen impositum fuit Dominicus, Vitus. Patrini fuerunt Paschalis
Chiffi et Marianus Cosi dictae meae Paroechiae. Obstetrix Fran.ca Petracca” (Libro dei Battezzati
1705-1780).
Questo Atto di battesimo costituisce uno dei documenti più importanti fra quelli conservati
presso l’Archivio parrocchiale, perché da esso apprendiamo tutti i dati utili per una esatta
ricostruzione storica della vicenda legata al crollo dell’antica Matrice: nel contempo vengono
superate le inesattezze di storici legati più alle testimonianze indirette che allo studio delle fonti
dirette. È il caso dell’Arditi che nella celebre Corografia erroneamente annotava: “Nel 1739 un
violento terremoto sbranò gli antichi baloardi, con alquante case, e strusse eziandio la vecchia
Chiesa. Per cui nel 1743 surse la presente, fra le due Torri del 1557” (Giacomo Arditi La
Corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto, Ristampa anastatica, sala
Bolognese, 1979 p. 129).
Sempre dallo stesso Atto di battesimo sopra riportato apprendiamo che il trasporto dei Sacramenti
dalla chiesa distrutta a quella della Misericordia avvenne nell’ora 18a del 24 febbraio 1743.

Uguale ricchezza di dati abbiamo anche per la fase ricostruttiva del sacro tempio;
fondamentale in tal senso è l’iscrizione incisa sulla facciata interna del prospetto principale della
chiesa, in posizione alta e centrale:

Iscrizione incisa sulla facciata interna

D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)


AD FUTURAM REI MEMORIAM
DIVINA FAVENTE CLEMENTIA
POSTRIDIE KAL(ENDAS) APRILIS 1743
PRINCIPIUM TEMPLI FUISSE
OMNIBUS INNOTESCAT
LAPIDEM VERO HUNC
ADMONIMENTUM POSTERITATIS
POPULUS CASTRIGNANENSIS
XI KAL(ENDAS) SEXTILIS ANNO 1744
HIC COLLOCARI IUSSIT ET SICUT
OMNIU(M) ALACRITATE INITIU(M) SUSCEPIT
ITA FINEM BREVI CONSECUTURU(M) CONFIDIT

Traduzione:

A Dio Ottimo Massimo.


A futura memoria del fatto. Sia noto a tutti che la chiesa ha avuto inizio, col favore della
bontà divina, il 2 aprile 1743. La popolazione di Castrignano ha fatto poi collocare questa lapide,
a ricordo dei posteri, il 22 luglio 1744, sperando che con lo stesso entusiasmo di tutti col quale è
stata cominciata possa essere entro poco tempo portata a termine.
I lavori di costruzione della nuova chiesa, realizzati sulle rovine della precedente Matrice del
XVI secolo – anche questa dedicata a S. Michele Arcangelo – ebbero inizio, dunque,
immediatamente dopo il disbrigo delle formalità occorrenti: una eccezionale volontà comune fra
Clero, Popolo e Università (così allora venivano chiamati i Comuni) faceva da sostegno e da
pungolo. Non era, però, facile disporre di tutto il denaro necessario per un’impresa così rilevante,
per cui si costituì tempestivamente la “Fabrica della Chiesa” con il gravoso compito di gestire,
organizzare e sovrintendere a tutte le incombenze. A tal riguardo si conservano due Atti notarili
redatti dal notaio Francesco Trazza alla presenza del Regio Giudice Valentino Cordella (detto
Chizzi), don Giacinto Renzo, Leonardo Rosafio e don Giovanni Pirelli, tutti di Castrignano:

1) Il primo Atto notarile è del 5 maggio 1743: il Deputato Ludovico Camisa stipula con il Capitolo
della Chiesa di Montesardo un mutuo di 96 ducati, con l’obbligo di concedere a censo a detto
Capitolo il fondo denominato “Fraville” in territorio di Montesardo, e di pagare la somma di 17
ducati e 64 grane all’anno come quota interessi.

2) Il secondo Atto notarile è del 18 maggio 1743. In base ad esso i Deputati della “Fabrica della
Chiesa” suggellano il precedente accordo nel rispetto delle condizioni appresso specificate:

a) Una possessione seminativa in loco detto Rigno, dell’Arciprete Don Giovanni Petese;
b) Una possessione seminativa in loco detto Lauro, di Don Liborio Marzo;
c) Una quota parte di possessione olivata detta Surane, di Giovacchino Rosafio;
d) “Una possessione seminativa in loco detto Malluti, di Alessandro Marzo quali ducati 96
Ludovico, Don Liborio, Giovacchino e Alessandro, come Deputati l’anno maneggiati e
impegati, ed impiegano per detta Fabrica della Chiesa, e li medesimi ducati 96 dalla
vintesima de’ Frutti intendono in futurum retrovendere detto capitale, e durante detta
ricompra , pagarne anche dalla ddetta vintesima de’ frutti l’annualità allo detto Capitolo di
Montesardo… in discarico di detto Ludovico Camisa, quia sic!”.

La restituzione della nuova chiesa parrocchiale al culto avvenne il 21 dicembre 1751 con
una solenne cerimonia religiosa celebrata dal Vescovo di Alessano Mons. Luigi D’Alessandris
coadiuvato dall’Arciprete don Giovanni Petese, dal sostituto Vicario Foraneo don Liborio Marzo e
da tutto il Capitolo ricettizio, alla presenza delle Autorità civili rappresentate dal Sindaco don
Bartolo Angelini e di tutto il popolo castrignanese che in quell’anno contava 1057 abitanti.
Questo importante evento, che coronava finalmente il sogno di un’intera comunità dopo quasi nove
anni di attesa e di sforzi di ogni genere, è registrato nei due seguenti documenti conservati
nell’Archivio Parrocchiale:

Documento di archivio parrocchiale


1) Uno si riferisce al primo Atto di battesimo celebrato nella nuova chiesa. Il bambino era
Ferraro Tommaso Nicola Vito, figlio di Oronzo e di Cecilia Calzolaro, padrini erano don
Domenico Nicola Fersini e Romana De Nuccio, ostetrica Antonia De Paola, sacerdote
celebrante il sostituto del Parroco don Liborio Marzo: “Anno Domini millesimo
settingentesimo quinquagesimo primo, die vero vigesima quarta Mensi Decembris Ego D.
Liborius Marzo substitutus baptizavi primum infantem natum ex Orontio Ferraro et Cecilia
Calzolaro coniugibus in nova ecclesia benedicta ab Ill.mo D.no D’Alojsio D’Alesandris
episcopo huyus Diocesis die vigesima prima praedicti Mensis a quo post benedictionem
sollemniter fuit celebrata Missa: cui nomen impositum fuit Thoma Nicolaus Vitus. Patrini
fuerunt D. D.cus Nicolaus Fersini et Romana De Nuccio. Obstetrix Ant.a De Paola”. (Libro
dei Battezzati 1705-1780, ff. 320-321).

2) Il secondo documento è un Atto di cresima datato 8 dicembre 1750: la cerimonia, celebrata


dal Vescovo di Alessano Mons. Luigi D’Alessandris, si svolse ovviamente nella chiesa di S.
Maria della Misericordia, elevata temporaneamente sin dal 23 febbraio 1743 alla dignità di
Chiesa parrocchiale, in quanto la nuova Matrice non era stata ancora completata. A pie’ dei
ff. 28-29 del relativo Registro dei Cresimati si trova una nota aggiunta dal parroco don
Giovanni Petese che conferma i dati già conosciuti: “Questo Sacramento fu amministrato
nella parrocchiale, allora S. Maria, perché nella Chiesa nuova furono portati i Sacramenti
nel 1751 nel giorno di S. Tommaso Apostolo a dì 21 dicembre e fu benedetta la predetta
Chiesa dal detto Vescovo D’Alessandro ove anche celebrerò pontificale era allora sindico
M.o Bartolo Angelino”.

La nuova Matrice, dunque, risorgeva nello stesso preciso luogo in cui insisteva quella antica. È
da precisare, comunque, che la Parrocchiale precedente non doveva godere di ottima salute se
consideriamo per un attimo l’espressione usata dal Sindaco Alessandro Marzo nella sua
comunicazione del 22 febbraio 1743 al Vescovo di Alessano: la chiesa danneggiata dal terremoto in
effetti era già “ …da molto tempo per più parti aperta”. D’altra parte gli stessi rilievi evidenziati dal
Visitatore Apostolico Andrea Perbenedetti nel 1628 si indirizzavano contemporaneamente sia verso
ben precise prescrizioni sia verso la stessa struttura del sacro tempio; veniva rilevata la mancanza
della sacrestia: “ …andata distrutta con il crollo della torre campanaria nell’anno 1624, durante
un’incursione dei Turchi che devastarono, distrussero e saccheggiarono il luogo”. E veniva anche
registrato un veloce passaggio riferito alla presenza di “piccole fessure” nella stessa chiesa: segni
chiarissimi di una situazione di dissesto statico che prima o poi avrebbe portato a conseguenze
disastrose.

I vari elementi documentari concorrono a stabilire le seguenti risultanze: la chiesa parrocchiale


danneggiata dal noto terremoto risaliva alla metà del ’500 ed era anch’essa dedicata a S. Michele
Arcangelo. Di tale struttura, anche se non si dispone di specifiche testimonianze in merito, si sono
salvati l’attuale portale e i suoi sostegni laterali in bassorilievo, ivi compresa la minuscola statua del
patrono in pietra leccese, posta al centro del frontone: evidente l’ispirazione ai canoni propri del
tardo classicismo rinascimentale, soprattutto nelle figurazioni fantastiche a fregi floreali scolpite
sulla superficie delle finte colonne laterali del portale, sormontate dal frontone che all’estremità
riproduce in rilievo la più antica rappresentazione del blasone civico comunemente interpretato
come “la chiesa fra le due torri quadrangolari”. Purtroppo anche queste due torri sono state
abbattute per motivi di sicurezza nel corso del XX secolo.
Statue di San Michele Arcangelo: in legno a sinistra e in pietra leccese a destra.

La vita di questa chiesa pare abbia avuto inizio nell’anno 1572 durante l’arcipretura di
Angelo Trazza, anzi fu proprio tale parroco a gestire il passaggio da un’ancora precedente chiesa
parrocchiale a quella cinquecentesca. A proposito della chiesa parrocchiale precedente a quella
cinquecentesca, occorre riconoscere che le notizie diventano ancora più esigue a causa della
mancanza di documenti. Nel passato è stata comune opinione che nei secoli precedenti all’avvento
dell’Umanesimo e Rinascimento fu attiva a Castrignano una antica chiesa parrocchiale dedicata,
però, a S. Nicola e non a S. Michele Arcangelo: “Castrignano dato in guardia a S. Michele
Arcangelo, ma la chiesa più antica era consacrata a S. Nicola, e pria di questa, un’altra alla Beata
Vergine” (G. Arditi, op. cit., p. 221). Tale Parrocchiale, dunque, dedicata a S, Nicola, si trovava
nella omonima contrada di fronte a Borgo Terra.

La descrizione più completa della chiesa parrocchiale del ’500 si deve ad Andrea
Perbenedetti, vescovo di Venosa (Basilicata), mandato dal papa Urbano VIII come visitatore
apostolico nella diocesi di Lecce e di Alessano nel febbraio del 1628. A quell’epoca era vescovo di
Alessano Mons. Nicola Antonio Spinelli. A tal proposito bisogna rammentare che Alessano fu sede
vescovile fino al 1818, anno in cui questa diocesi fu soppressa e accorpata a quella di Ugento:
Castrignano del Capo nel sec. XVII faceva parte, appunto, della diocesi alessanese. La visita di un
inviato speciale del pontefice in linea di massima aveva sempre un carattere ispettivo e nasceva da
situazioni anomale o difficili determinatesi in qualche contesto. Nella fattispecie, presso la curia di
Alessano e – conseguentemente – nella comunità cittadina si era creato un mercato talmente
scandaloso tra i canonici della Cattedrale da creare nel paese vere e proprie fazioni e farle
precipitare in faide di violenza e di sangue. A conclusione di ogni ispezione il Visitatore stendeva
una Relazione che veniva consegnata al pontefice e poi conservata nell’Archivio Segreto Vaticano.
Per quanto riguarda la situazione di Castrignano, il Perbenedetti non rilevò inadempienze,
ma si limitò a dare alcuni suggerimenti molto opportuni, come ad esempio far indorare la pisside
“…sul fondo affinché possono essere visti più facilmente i frammenti residui”, oppure far realizzare
un’apposita nicchia per la conservazione dell’olio degli infermi, del crisma e dei catecumeni,
disponendo “…che sia inciso su ciascun vaso il nome proprio dell’olio contenuto affinché nel caso
in cui i coperchi vengano scambiati uno con l’altro, non sia usato un olio al posto dell’altro e non
sia reso vano il ministero del sacramento”. Un’altra prescrizione riguardava l’urgente sistemazione
dell’ombrello sul tabernacolo dell’altare maggiore, onde evitare che “…durante le celebrazioni della
messa potesse cadere casualmente alcunché nel calice”.
Quanto agli altari laterali, il Perbenedetti ne descrive velocemente solo due, quello del SS.
Sacramento (sul quale era fondata un’omonima Confraternita che il giovedì di ogni settimana
faceva celebrare una messa per propria devozione, unitamente all’impegno assunto da D. Pietro De
Ruggeri che faceva celebrare una messa il venerdì di ogni settimana in base al lascito di un proprio
familiare) e quello del SS. Rosario (anche qui era fondata un’omonima Confraternita del SS.
Rosario che per propria devozione faceva celebrare una messa ogni giorno di sabato: sullo stesso
altare D. Diomede de Ruggeri e D. Matteo di Patù erano tenuti a celebrare rispettivamente una
messa la settimana e due al mese in base a lasciti ben precisi).
Dalle parole del Visitatore si deduce che detti altari erano di normale fattura, dotati della
suppellettile necessaria e arricchiti solo da una tela ciascuno. Non sfuggono all’occhio attento del
Perbenedetti ulteriori annotazioni: la fragilità delle tavole con cui erano costruiti il pulpito e il
confessionale, il pavimento ben livellato, le pareti pulite e imbiancate, il coro dietro l’altare
maggiore, nonché il fatto che la chiesa fosse ad una sola navata e ancora non risultasse consacrata.
La Relazione si chiude con una minuziosa elencazione della suppellettile della Parrocchiale, stesa
peraltro in volgare e non in latino, proprio per amore di precisione. “Prima di tutto sette panni
d’altare: uno di damasco bianco, uno di panno nero, due di panno verde, uno di panno rosso e uno
di oropelle e uno di ormesino bianco. Nove tovaglie. Tre pianete: una di damasco bianco, l’altra di
damasco turchino e l’altra nera. Una croce d’argento col suo panno di damasco bianco. Due calici
d’argento indorati con le altre cose necessarie. Due camici con i loro amitti e cinture e due messali.
Candelieri e croci negli altari. Due campane”.
In conclusione, vengono documentate ben quattro chiese parrocchiali nella storia di Castrignano del
Capo, delle quali solo le ultime due
sono state costruite nel luogo in cui
ancora oggi si officia, ossia quella che
ebbe vita negli anni 1572-1743 e
quella attuale. Per quanto concerne le
due chiese precedenti, è da pensare
che abbiano seguito la stessa sorte
delle ultime due nel senso che la
Parrocchiale consacrata a S, Nicola
nell’omonima contrada sia stata
costruita sulle rovine di quella
precedente consacrata alla Beata
Vergine. In merito alle epoche di
appartenenza, in assenza di
documentazione e cercando di
contestualizzare il discorso anche
mediante collegamenti con la storia
del Basso Salento nei secc. XII-XVI,
Santuario Mariano di Leuca

si potrebbe procedere alla seguente ipotesi:


- All’alba del 2° Millennio dell’era cristiana, quando la fama del Santuario mariano di Leuca
era diffusa nel resto della penisola italica e nei paesi d’Oltralpe, la consacrazione della
Parrocchiale dell’attiguo casale di Castrignano alla madonna “De finibus terrae” era di certo
come un fatto dovuto e tale la situazione dovette conservarsi fino al sec. XIV”.

- Intorno al sec. XIV a seguito della rocambolesca traslazione a Bari delle reliquie di S.
Nicola di Mira in Licia, nella attuale Turchia, nel 1087, la venerazione per il Vescovo di
Mira travolse l’intero territorio pugliese, al punto che S. Nicola nell’immaginario collettivo
diventò il Santo per eccellenza. È facile rendersi conto di ciò osservando i numerosi e
stupendi affreschi che impreziosiscono le cripte bizantine del Salento e che, appunto,
vennero realizzati prevalentemente nei secoli XIII-XIV: La figura di S. Nicola giganteggia
nel panorama delle decorazioni parietali, affrescata com’è sempre in dimensioni più grandi
rispetto a quelle degli altri Santi, comprese le immagini della Madonna col Bambino.

La Chiesa di San Michele Arcangelo, ubicata nel centro storico del Capoluogo del Comune
di Castrignano del Capo in Piazza Sant’Angelo, è riportata nel N.C.E.U. della provincia di Lecce al
foglio 8 part. D.(la Chiesa) e part. 379 (Sagrestia e cortile).
L’edificio è riconosciuto di importante interesse storico e architettonico e pertanto vincolato
ai sensi della Legge Statale 1.6.39, n.1089 dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali,
Architettonici e Storici della Puglia.

Dall’esame dei Registri Parrocchiali conservati nell’Archivio della chiesa Madre, è possibile fornire
un elenco completo dei parroci che hanno retto le sorti della comunità religiosa di Castrignano del
capo per lunghi secoli, a cominciare dalla conclusione dei lavori del Concilio di Trento: fu in quella
famosa circostanza che finalmente venne ordinato a tutte le parrocchie di introdurre e conservare
gelosamente dei registri sui quali scrivere gli atti dei battezzati e dei morti relativi alle comunità
affidate. Ecco perché questa mole di manoscritti costituisce la più importante documentazione
inedita cui può riferirsi oggi lo storico.

Particolari dell’archivio parrocchiale


ELENCO DEI PARROCI CHE SI SONO SUCCEDUTI
IN CASTRIGNANO DEL CAPO

1. Donnicola Pompilio Arciprete ottobre 1576 –14 luglio 1602


Capraro Giovanni Sostituto
2. Fersini Innocenzo Arciprete gennaio 1603 – 28 maggio 1622
3. Chiffi Giovanni Arciprete settembre 1622 – 30 agosto 1649

4. Marzo Francesco Vice Parroco 31 agosto 1649 – agosto 1651

5. Marzo Francesco Arciprete 6 agosto 1651 – febbraio 1652

6. Chiffi Tommaso Arciprete luglio 1652 – maggio 1659

7. Mastrella Silvio Sostituto giugno 1659 gennaio 1662


Marzo Alessandro Sostituto
8. Marzo Francesco Arciprete giugno 1662 – 15 novembre 1687
Calzolaro Lorenzo Economo novembre 1687 – 1689

9. Pretese Francesco Arciprete 1689 – 1° ottobre 1705


Marzo Andrea Economo

10. Fersini Nicola Arciprete novembre 1705 - 18 agosto 1707

11. Marzo Andrea Economo agosto 1707 – 14 agosto 1708

12. Fersini Andrea Arciprete 13 novembre 1708 – 27 giugno 1709

13. Marzo Andrea Sostituto 27 giugno 1709 – agosto 1709


14. Marzo Andrea Arciprete settembre 1709 – 12 agosto 1719

15. Marzo Ippazio Economo 13 agosto 1719 – 4 settembre 1719

16. Pretese Giovanni Arciprete 5 settembre 1719 – 13 agosto 1763


Marzo Liborio Sostituto
17. Marzo Liborio Arciprete 19 febbraio 1764 – 18 maggio 1778

18. Rosafio Donato Economo 19 maggio 1778 – 1779


D’Alessandro Nicola Economo
D’Alessandro Nicola Sostituto
19. Pretese Michele Arciprete 28 dicembre 1779 – 11 aprile 1809

20. Cordella Pasquale Economo 11 aprile 1809 – 9 dicembre 1809

21. Chiffi Cosimo Economo 10 dicembre 1809 – 30 novembre 1817

22. Trazza Clemente Economo 30 novembre 1817 – 7 ottobre 1820

23. Chiffi Arcangelo Arciprete 8 ottobre 1820 – 27 giugno 1865


24. Fersurella Vito Delegato 27 giugno 1865 – dicembre 1865

25. Ciullo Francesco Economo 1 gennaio 1866 – 1 giugno 1896

26. Margarito Luigi Arciprete 13 agosto 1899 – 28 febbraio 1928

27. Padre Arcangelo 1828 – 30 gennaio 1932


Padre Baldassarre
Padre Beniamino De Toma
Padre Silvio
28. Trevisi Decio Arciprete 30 gennaio 1932 - 1939

29. Ponzetta Giuseppe Arciprete 1939 – 16 novembre 1949

30. Zocco Giuseppe Arciprete 16 novembre 1949 – 1956

31. Fersurella Nicola Arciprete 1956 – 24 settembre 1974

32. Serino Bnedetto Arciprete dal 25 settembre 1974


II

TRA PASSATO E PRESENTE

La Chiesa Madre di Castrignano del Capo, ex


Collegiata recettizia numerata, riveste particolare interesse
nel contesto storico e sociale del paese, non solo perché da
secoli è il centro di comunione spirituale dei parrocchiani,
ma anche perché sul piano civile rientra quale parte
integrante dello stemma del comune.
La sua erezione è scaturita da un’esemplare volontà
comune fra il Clero ed il Popolo castrignanese in
conseguenza di un’infausta calamità naturale. In effetti,
l’attuale matrice sorge sulle rovine di un’altra precedente
del XVI secolo anch’ essa dedicata al Patrono S. Michele
Arcangelo, danneggiata dal terremoto che il 20 Febbraio
1743 colpì tutta la penisola Salentina. Da documentazione
archivistica della Parrocchia si desumono in dettaglio gli
estremi di tale accidente. Il sindaco del tempo, Alessandro
Marzo, in accordo con il Parroco don Giovanni Pretese,
fece relazione al Vescovo di Alessano sullo stato di
precaria stabilità della vecchia chiesa, annotando fra
Facciata della Chiesa Parrocchiale l’altro che mostrandosi del tutto “rotta nell’ arco di
mezzo”, era doveroso abbatterla per farne altra più sicura.
I lavori condotti dalle maestranze locali e con il concorso in denaro di tutta la popolazione,
ebbero inizio il 2 Aprile 1743, e nel 1744 si dava già mano al completamento della seconda e più
ardita parte architettonica, consistente nella vasta volta a unica campata.

Statua del patrono in pietra leccese Frontone centrale


Benché non si abbiano specifiche testimonianze in merito, lo stile e la fattura del portale e
suoi laterali sostegni in basso rilievo, ivi compresa la minuscola statua del Patrono in pietra leccese,
posta al centro del frontone, lasciano pensare ad un periodo anteriore del sec. XVIII, e riferibile
perciò alla struttura della vecchia chiesa, abbattuta in seguito al summenzionato sisma.
La matrice nella sua struttura muraria, fu completata nel 1747; seguirono quindi, svariati
lavori di assestamento, rifiniture, collocazione di sei altari e di quello maggiore, e di disposizione di
altre strutture ornamentali, fino ad essere ufficialmente aperta al culto nel 1751 con solenne
cerimonia religiosa celebrata dal Vescovo della Diocesi, coadiuvato dall’Arciprete e da tutto il
capitolo ricettizio alla presenza delle Autorità civili e di tutto il popolo castrignanese che in quel
tempo contava 1057 anime.

Il materiale impiegato nella


costruzione, proveniente, secondo la
tradizione, dal fonte “Sterne”(cisterne)in
territorio di Castrignano del Capo, è il
calcare sabbioso concrezionale duro,
volgarmente detto “càrparo” di
particolare resistenza alle intemperie
climatiche, di colore giallo tendente al
rossastro che col tempo, per via di
formazioni crittogamiche, ha assunto la
caratteristica patina scura.

Particolare della Chiesa in carparo

Alta 17 metri, per una lunghezza di 36 metri


e una larghezza di metri 11, essa si mostra divisa da
una struttura perimetrale aggettante (cornicione) in
due ordini architettonici, con lesene lungo le
fiancate inframezzate da mascheroni per lo scolo
delle acque
piovane
intervallati da
14 enormi
finestroni per il
passaggio
dall’esterno
della luce
solare.

Particolare del cornicione e capitello


Prospetto angolare
Particolari dei finestroni esterni

Il barocco si intravede anche lungo la cornice della piccola entrata laterale di sinistra.

Entrata laterale sinistra


Rettangolare il suo sviluppo planimetrico, terminante nel fondo absidale in forma semiesagonale. La
facciata anteriore presenta quattro nicchie, di cui soltanto le due inferiori contengono rispettivamente
le statue in pietra leccese dei Santi Pietro e Paolo.

Santi Pietro e Paolo in pietra leccese

Notevole, come si è detto, il portale con le sue configurazioni fantastiche a figure e fregi
floreali, scolpite sulla superficie delle finte colonne laterali, sormontate dal frontone, che agli
estremi riproducono in rilievo la più antica rappresentazione del blasone civico comunemente
interpretato come “la Chiesa fra le due torri quadrangolari”, le quali erano del 1557, ma sono state
abbattute nel corso di questo secolo.
La Chiesa di San Michele Arcangelo, ubicata nel centro storico del capoluogo del Comune
di Castrignano del Capo in Piazza Sant’Angelo, è riportato nel N.C.E.U. della provincia di Lecce al
foglio 8 part. D (la Chiesa) e part. 379 (Sagrestia e cortile)
L’edificio è riconosciuto di importante interesse storico e architettonico, pertanto vincolato
ai sensi della Legge 1.6.39, n.1089.

Un’interpretazione errata della nuova liturgia ha portato a delle operazioni di scempio


quali la distruzione dell’antico altare centrale e delle mense dei vari altari laterali distruggendo
quelle che sono le testimonianze storiche della precedente liturgia.
III

L’INTERNO

Lo spazio interno, ad un'unica navata, si sviluppa in senso longitudinale.

Entrando dall’ingresso principale, a sinistra, troviamo la seguente iscrizione:

D(EO) O(PTIMO) M(AXIMO)


PIUS P(A)P(A) VI
AD PERPETUAM REI MEMORIAM
AD AUGENDAM FIDELIUM RELIGIONEM ET ANIMA-
RUM SALUTEM CELESTIBUS ECCLESIAE THESAURIS
PIA CHARITATE INTENTI <OMNIBUS>, ET SINGULIS UTRIUSQUE
SEXUS CHRISTI-FIDELIBUS VERE PAENITENTIBUS, ET
CONFESSIS AC CO<M>MUNIONE REFECTIS QUI EC-
CLESIAM PAROCHIALEM S(ANCTI) MICHAELIS DE CASTRI-
NIANO ALEXANEN(SIS) DIOECESIS IN QUOCUMQUE ANNI
DIE DEVOTE VISITAVERINT, ET IBI PRO CHRISTIANORU(M)
PRINCIPUM CONCORDIA, HAERESUM EXSTIRPATIONE.
AC S(ANCTAE) MATRIS ECLESIAE EXALTATIONE, PIAS AD DEU(M)
PRECES EFFUDERI<N>T, PLENARIAM OMNIUM PECCATO-
RUM SUORUM INDULGENTIAM ET REMISSIONEM
QUAM ETIAM ANIMABUS CRISTI-FIDELIUM QUAE DEO
IN CHARITATE CONIUNCTAE AB HAC LUCE MIGRAVE-
RINT PER MODUM SUFFRAGII APPLICARE POSSINT, MISE-
RICORDITER IN DOMINO CONCEDIMUS IN CONTRARIUM
NON ABSTANTIBUS QUIBUSQUMQUE PRAESENTIBUS
PERPETUIS FUTURIS TEMPORIBUS VALITURIS. DATUM
ROMAE APUD S(ANCTAM) MARIAM MAJOREM SUB A <<N>>NULO PISCA-
TORIS DIE XXIII AUGUSTI MDCCLZZZII PONTIFICATUS
NOSTRI ANNO OCTAVO J(NNOCENTIUS) CARD(INALIS) DE COMITIBUS

ELISEO STASI INCIDIT A(NNO) 1866

Traduzione:
A Dio Ottimo Massimo.
A perpetua memoria del fato. Al fine di accrescere la devozione dei fedeli e per la
salvezza delle anime, rivolta la mente con cristiana Pietà ai celesti tesori della Chiesa, a
tutti ed a ciascuno dei fedeli di ambo i sessi che, sinceramente pentiti, confessati e
ristorati dalla comunione visiteranno con devozione, in qualsiasi giorno dell’anno, la
chiesa parrocchiale di San Michele di Castrignano, della diocesi di Alessano, ed ivi
innalzeranno preghiere a Dio per la concordia dei principi cristiani, per l’estirpazione
delle eresie e per la gloria della Santa Madre Chiesa, Noi Papa Pio VI
misericordiosamente concediamo, rimosso ogni impedimento in contrario al presente e
in perpetuo per i tempi futuri, l’indulgenza plenaria e la remissione nel Signore di tutti i
loro peccati, che possono anche applicare a titolo di suffragio alle anime dei fedeli che,
unite nell’amore con Dio, siano migrate da questo mondo. Dato a Roma presso Santa
Maria Maggiore sotto l’anello del Pescatore il giorno 23 agosto 1782, ottavo anno del
Nostro pontificato.
Innocenzo Cardinale Conti
Eliseo Stasi incise nell’anno 1866.

Al di sopra dell’iscrizione c’è una tela di S. Oronzo insieme a due angeli; ai piedi del Santo è
raffigurato un corpo umano mutilo.
L’autore è un ignoto copista di G. Coppola del sec. XIX.
La tela (250x150) è stata restaurata dal prof. De Mitri nel 1967.

1° Altare a sinistra

L’Altare è dedicato a S. Giuseppe.


La tela (280x165) raffigura il Santo, moribondo, che contempla la Trinità, assistito dalla Vergine, S.
Michele e Cristo. In alto su di una nuvola Dio e la colomba dello Spirito Santo. La stessa tela
centrale è definita da motivi decorativi lineari a mo’ di volute e in alto, in corrispondenza di questa,
un’iscrizione: “ECCE SIC MORITUR JUSTUS”, cioè “ECCO, COSÌ MUORE IL GIUSTO”.
L’autore è un ignoto copista di Francesco Solimena (1657-1747), celebre pittore napoletano del
‘700.
L’altare presenta una struttura generale di forma rettangolare con volta semicircolare. Due finte
colonne in stucco poggiano su robuste basi e presentano nella parte inferiore motivi decorativi
floreali mentre il capitello, bicolore, presenta una struttura decorativa più semplificata data dalle
volute e dai motivi floreali in parte abbozzati.
Particolarmente aggettante la cornice, anch’essa bicolore, che delinea la parte inferiore dell’Altare.
Sulla cornice, in corrispondenza delle finte colonne (le sene), grosse volute fortemente articolate. La
parte terminale dell’Altare presenta un medaglione di forma ovale olio su tela incorniciata da
elementi decorativi bicolore (foglie e volute). Questa raffigura Sant’Agata e Sant’Apollonia con una
palma in mano e in alto lo Spirito Santo.
L’autore è un ignoto pittore locale.

2° Altare a sinistra

L’Altare è dedicato a S. Michele Arcangelo, così come risulta da una nicchia centrale contenete la
scultura del Santo.
La statua in legno del 1707, dello scultore Nicola Fumo, è in legno. Apparteneva alla distrutta
chiesa della Solitaria e fu in seguito recuperata nel Coro della chiesa di S. Caterina da Siena a
Napoli. Raffigura S. Michele Arcangelo che con la mano destra impugna una spada e schiaccia sul
ventre Lucifero.
L’Altare si presenta nella struttura generale più lineare e semplificato rispetto a quello precedente.
La nicchia, avente la cornice in legno, è sormontata da un bassorilievo rappresentante tre volti di
angeli.
L’Altare è completamente rivestito in stucco policromo: i colori predominanti sono il verde, l’ocra,
il bianco e il dorato. Presenta una superficie di fondo piuttosto lineare con delle sene laterali
sormontate da un capitello con volute e foglie, il tutto appare come finto marmo. Il senso del
volume è determinato da due robuste colonne a fusto liscio che poggiano su solide basi, anche
queste rivestite in stucco e decorate con bassorilievi. Il capitello è finemente decorato da
bassorilievi che presentano piccole volute dorate che si alternano a volti d’angelo e motivi floreali
(foglie). La cornice, bicolore, delimita la parte superiore dell’Altare e su questa, sempre in
corrispondenza delle due colonne, due statue tuttotondo rappresentanti angeli seduti. La parte
terminale dell’Altare si conclude con un medaglione olio su tela di forma irregolare, un ovale
mistilineo datato 1951, raffigurante San Francesco da Paola; l’autore è A. Muzio. Il medaglione è
incorniciato da elementi decorativi finemente intagliati in cui sono riportati la stessa tecnica dello
stucco e lo stesso cromatismo.
La tela è a committenza dei coniugi Maruccia Chiffi.
Dinanzi all’Altare vi è un confessionale realizzato in legno. La parte inferiore si presenta più
semplice sia nella struttura sia nella parte decorativa, mentre la parte superiore risulta più articolata
e complessa, soprattutto per ciò che riguarda gli elementi decorativi.

3° Altare a sinistra

L’Altare presenta una grande tela centrale (230x320) raffigurante La Pietà, firmata e datata 1899.
L’autore è Paolo Emilio Stasi (1840-1922); committente fu la famiglia Trazza
In alto, in corrispondenza della tela centrale, vi è l’iscrizione:

CHRISTO CRUCIFIXO
SUÆQUE MATRI
VALDE MŒRORE CONFECTÆ
DICATUM

In questa splendida tela l’autore “…dimostra maestria e sicurezza, inserendo la scena patetica e
suggestiva in una cupa penombra. Un ruolo determinante gioca la luce, che emanata dalla fiaccola,
fa emergere le figure centrali dal fondo tenebroso e delinea i contorni delle altre due” (Francesco
Fersini, Pittori e dipinti nel Salento meridionale (secc. XVI-XX), Martano Editore, Lecce 1999,
p.153).
È doveroso ricordare che lo Stasi (Spongano 1840-1922) è stato uno dei più importanti pittori
salentini a cavallo tra ’800 e ’900. Compiuti gli studi a Galatina e a Lecce, si laureò in medicina a
Napoli. La sua passione, però, era la pittura: conseguita l’abilitazione all’insegnamento del disegno,
insegnò fino al 1911 presso il Liceo Classico di Maglie.
Trascorse gli ultimo anni della vita in una villa a Castro.
L’altare presenta una struttura generale di forma rettangolare con volta semicircolare, al centro della
quale è evidenziato un elemento decorativo in carparo con volute. È completamente rivestito in
stucco policromo ed evidenzia caratteristiche cromatiche che vanno dall’ocra al giallo, al verde
screziato, al bianco, al dorato.
Robuste colonne laterali dal fusto liscio poggiano su solide basi la cui parte superiore presenta in
bassorilievo due volti d’angelo a motivi floreali (foglie); nella parte inferiore anche in bassorilievo,
elementi decorativi dalla struttura semplificata.
Il capitello delle colonne è finemente decorato da bassorilievi che presentano piccole volute dorate,
che si alternano a volti d’angelo e motivi floreali (foglie).
La cornice, bicolore, delimita la parte superiore dell’Altare e su questa, sempre in corrispondenza
delle colonne, elementi architettonici policromi fortemente articolati.
La parte terminale dell’Altare si conclude con un medaglione olio su tela raffigurante S. Alfonso e S.
Biagio, il cui autore è un ignoto pittore locale del XIX secolo. Questo è incorniciato da elementi
decorativi che presentano al centro la forma di una conchiglia e con delle diverse volute laterali.

Al di sopra della porta laterale sinistra d’ingresso giganteggia una grande tela (400x250) che
raffigura S. Michele Arcangelo mentre colpisce con la spada una schiera di diavoli.
L’autore è sconosciuto.
L’epoca di composizione è da riferire al sec. XVIII.
Nella zona absidale, a sinistra, recentemente è stata sistemata una tela (313x216) raffigurante S.
Giovanni Battista.
L’autore è ignoto
È una delle tre tele, risalenti alla chiesa parrocchiale distrutta nel 1740 dal terremoto, colpite dagli
archibugi dei Saraceni nel celebre assalto del 1624.
In basso, a destra, il quadro contiene la seguente iscrizione:

EX DEVOTIONE A DOMINO BONIFACIO CAMISA


DICATUS ECCLAE PRLI CASTRIO.NI: CAP.IS
RESTAURATUS VERO A R.DO CLERO EYUSDEM
EXPOSITUS VIII
KAL. JUL. MDCCCXXIII

Trad.:
Questo quadro è stato offerto per devozione dal signor Bonifacio Camisa alla chiesa
parrocchiale di Castrignano del Capo. Venne, poi, restaurato dal reverendo clero della stessa chiesa.
Esposto il 24 giugno 1823.

La tela è stata restaurata nel 1996 dalla Ditta Alessandra Muci di Leverano (LE) su incarico della
Soprintendenza ai Beni Ambientali Architettonici Artistici Storici di Bari. “Il Santo è raffigurato in
primo piano al centro in basso, mentre si inginocchia e rivolge lo sguardo verso l’alto. Ha il busto
parzialmente coperto da una pelle, che lascia scoperta la spalla sinistra, ed è avvolto da un ampio
mantello rosso. Con la mano sinistra regge un lungo bastone, di canna sottile, che termina in cima
con una piccola croce dalla quale pende, avvolgendosi al bastone, un nastro bianco con su scritto:
“Ecce Agnus Dei”. Ai lati del Santo sono raffigurate due piccole scene della sua vita, poste su di un
piano prospetticamente più lontano, e rispettivamente raffigurano: a sinistra il Battesimo di Gesù, a
destra il Santo che predica al popolo. La figura del Santo e le due scenette sono immerse in un
paesaggio fitto di alberi frondosi e verdi, dove in lontananza fra il verde della vegetazione
lussureggiante, si intravedono dei monti azzurrini ai piedi dei quali, in alto a destra, vi sono delle
costruzioni architettoniche, rese quasi diafane per effetto della lontananza e della luce riflessa dalle
acque loro prospicienti”. (Alessandra Muci, La tela di San Giovanni Battista nella Chiesa
Parrocchiale di Castrignano del Capo, 1996 - Archivio Parrocchiale Castrignano del Capo).
Per quanto riguarda il lato destro della Chiesa, entrando dall’ingresso principale, sulla parete di
fondo, simmetricamente alla tela di S. Oronzo, troviamo una tela raffigurante la Madonna delle
Grazie (250x150): l’autore è ignoto e non si dispone di altri elementi connotativi: la Madonna è
rappresentata sospesa su di una nuvola, mentre cinque figure di Santi intercedono presso di Lei.
Al di sotto della tela nel 2000 è stata sistemata una iscrizione giubilare.

1° Altare a destra
È dedicato alle Anime Sante del Purgatorio, come si evince dalla tela (330x220) di ignoto pittore
locale.
La composizione del quadro si dispone orizzontalmente in tre scene: nella prima, in alto, Dio con
degli Angeli è sospeso in una nuvola; nella scena centrale Cristo – con ai lati alcuni Santi e la
Vergine – è in piedi su di una sfera che rappresenta il mondo; nella scena inferiore S. Michele
domina sulle Anime Sante, tende la mano sinistra ad un’anima per trasportarla in Paradiso, mentre
con la destra sorregge una bilancia.
Nella parte alta di questo altare un tondo conserva una tela raffigurante S. Lucia con un Vescovo, di
ignoto pittore locale (sec. XVIII ?)

2° Altare a destra

È dedicato a S. Vito Martire.


Una tela, di autore ignoto, raffigura il Santo che reca nella mano sinistra una croce, un libro, una
palma. Al suo fianco vi è un Vescovo. Nella parte alta cinque angeli reggono un quadro tondo della
Madonna con Bambino.
Sulla parte alta dell’altare una tela di forma esagonale raffigura una Santa in abito principesco (S.
Elena? S. Apollonia?), di ignoto autore del sec. XIX.

3° Altare a destra

È dedicato alla Madonna del Rosario.


Conserva una tela raffigurante la madonna di Pompei (325x220), di ignoto pittore del sec. XIX: ai
lati sono S. Caterina e S. Domenico. Una iscrizione fa da didascalia: REGINA SS. ROSARI AC
DIVINO CORDI JESU DICATUM (trad. Dedicato alla Regina del Santissimo Rosario e al Divino
Cuore di Gesù).
Nella parte alta dell’altare un ovale conserva una tela raffigurante il Sacro Cuore di Gesù, di ignoto
pittore locale del sec. XX.

Subito dopo il 3° Altare è conservato un organo su cui è apposta la seguente targa: A.D.
PSALLISTE SAPIENTER 1751 (Trad. Suonate con giudizio Anno del Signore 1751).

L’altare maggiore e quelli laterali hanno subito vere e proprie operazioni di scempio all’indomani
del Concilio Vaticano II: purtroppo la stessa sorte è toccata alla stragrande maggioranza delle chiese
salentine – e non solo salentine – a causa dell’ignoranza e di una errata interpretazione della nuova
liturgia.
L’altare centrale è stato completamente demolito, mentre per gli altari laterali sono state demolite
solo le mense.
La nuova prescrizione, indirizzata ai sacerdoti, di celebrare la messa nelle rispettive lingue nazionali
rivolgendosi frontalmente e non con le spalle ai fedeli, non doveva ovviamente comportare la
distruzione degli antichi contesti storici, sacri e architettonici.

Nella sacrestia sono conservate le seguenti tele:

1) Visita di Maria ad Elisabetta (250x155) di Serafino Trani (pittore di Salve), del 1938
2) Madonna del Rosario: Questa tela risale agli inizi del sec. XVII, quindi appartiene alla chiesa
distrutta dal terremoto. Impallinata dagli schioppi dei Saraceni nell’assalto del 1624, dopo la
ricostruzione della chiesa venne evidentemente depositata nella sacrestia e fatta sostituire
nell’omonimo altare da una nuova tela, anche questa di autore ignoto. Importante il riferimento
del Perbenedetti: “Sull’altare del Santissimo Rosario, del quale si vede dipinta su di una tela
l’immagine con i misteri, è fondata una omonima Confraternita, la quale vi fa celebrare per sua
devozione una messa tutti i giorni di sabato, e D. Diomede De Ruggeri in base al lascito di un
proprio familiare e D. Matteo di Patù sono tenuti a celebrare rispettivamente una messa la
settimana e due al mese”. (Nota Andrea Perbenedetti, Visitatio…, cit. A.S.V. Roma).
3) Cristo con Santi
Raffigura Cristo che lancia fulmini; nella parte inferiore del quadro S. Francesco e S. Domenico
intercedono per parare i fulmini.
Anche questa tela risale alla chiesa distrutta dal terremoto.

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