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Ogni società definisce dei ruoli di età: ad esempio a raggiungimento dell’età scolare (sancito per
legge) ci si aspetta che i bambini iniziano ad andare a scuola e, completato il ciclo di istruzione, gli
adulti intraprendano un’attività lavorativa fino all’età del pensionamento.
• lo sviluppo delle capacità intellettive e motorie e l’indipendenza emotiva dei bambini richiedono
tempi lunghi;
• con l’avanzare dell’età l’organismo subisce un processo di declino, nel caso delle funzioni
cerebrali inizia addirittura prima ancora che nasciamo, quando abbiamo circa 20 miliardi di
cellule celebrali, che poi perdiamo progressivamente nel corso della vita, ma che compensiamo
con l’apprendimento e l’esperienza.
• Norme formali: per votare o guidare l’auto bisogna avere 18 anni. L’età di inizio della
scolarizzazione (cinque o sei anni) e l’età del pensionamento 60-65 anni vengono stabilite per
legge.
• Norme informali: non vengono fissati chiari limiti di età per smettere di andare a scuola,
sposarsi e avere figli o cominciare a lavorare, ma la società offre dei modelli (delle “tabelle di
marcia”) e se uno pensa di essere in ritardo, può diventare ansioso o cercare di cambiare la
propria esistenza pur di stare al passo: ad esempio ci si aspetta che non passi molto tempo tra
la fine della scuola e la ricerca di un lavoro o l’iscrizione all’università oppure se una donna ad
una certa età non è ancora sposata avvertirà delle pressioni che la spingono a non diventare
una vecchia zitella.
La nostra società è un sistema di status e ruoli collegati all’età, sancito da norme formali e
informali. Ad esso corrisponde un sistema differenziato di ricompense sociali, che produce così
una stratificazione sociale per età (abbiamo già visto che la stratificazione sociale può essere
anche per classe e per etnia).
Per noi è naturale suddividere il ciclo di vita in diverse fasi distinte: infanzia, adolescenza, prima
maturità, mezza età, vecchiaia. Queste suddivisioni sono però abbastanza recenti: nel medioevo
ad esempio i bambini venivano considerati adulti nel momento in cui erano in grado di vivere
senza costante assistenza; l’idea dell’infanzia come fase a sè stante era sconosciuto. In Francia
fino al XVII secolo la parola garçon non indicava quello che oggi consideriamo un ragazzo, bensì
un maschio in posizione indipendente che poteva avere cinque o cinquant’anni: ancora oggi i
camerieri sono a volte chiamati garçon a qualunque età.
In passato l’età adulta cominciava molto precocemente (senza la fase dell’adolescenza) e non era
divisa in fasi, ma durava fino a quando la persona non era più autosufficiente per malattia o
invalidità. Il concetto di mezza età, come fase del ciclo di vita con caratteristiche proprie è un
concetto moderno. E la vecchiaia, che in passato coincideva con l’impedimento fisico, in tempi
recenti ha finito per coincidere con l’età pensionabile, sebbene molti pensionati sono
perfettamente autonomi.
Non si sa esattamente quando le società siano arrivate a fissare le fasi del ciclo di vita, ma
l’invenzione dell’adolescenza, avvenuta tra la fine dell’ottocento e l’inizio del 900, mostra
l’importanza di grandi cambiamenti sociali: in questo caso la rivoluzione industriale. Nelle prime
fasi dell’industrializzazione erano numerosi i minori che lavoravano nelle fabbriche,
successivamente leggi e regolamenti misero fine a questa pratica o comunque ne limitarono
l’orario di lavoro. Si venne così a creare un intervallo tra l’infanzia e l’età d’ingresso a pieno titolo
nel mondo del lavoro, contemporaneamente si cominciò a temere che queste masse di giovani,
non controllate né dalla famiglia né sul posto di lavoro, diventassero fonte di disordine sociale. Si
iniziò così a occuparsi di questa fascia d’età istituendo anche l’istruzione superiore.
L’adolescenza è dunque una costruzione sociale che risale a un particolare periodo storico.
L’arte medievale, fino al XII secolo, non conosceva l’infanzia e non tentava di rappresentarla. Ad
esempio in una miniatura dell’XI secolo, nella quale si doveva rappresentare una scena del
Vangelo in cui Gesù chiede che si lasciano venire a lui i bambini piccoli, questi vengono riprodotti
come uomini veri e propri, solo in formato ridotto. Solo la statura li distingue dagli adulti senza
nessuna differenza nell’espressione e nei lineamenti. Anche nella Bibbia di San Luigi, in un
episodio della vita di Giacobbe, Isacco è seduto, circondato dalle sue due mogli e da una
quindicina di piccoli uomini, che arrivano come altezza fino al fianco degli adulti: i loro figli.
Anche nella letteratura non viene considerata l’infanzia, questo fa pensare che anche nell’ambito
della vita l’infanzia fosse un periodo di transizione che passava presto e di cui si perdeva presto
ricordo. Nella società medievale il sentimento dell’infanzia non esisteva, questo non vuol dire che i
bambini fossero trascurati o abbandonati, ma piuttosto che non esisteva una coscienza delle
caratteristiche infantili perciò, appena il bambino poteva vivere senza le cure costanti della madre,
apparteneva la società degli adulti e sono non si distingueva più dagli altri bambini. Il neonato
invece era ancora troppo fragile per mescolarsi alla vita degli adulti e non contava nulla, questa
indifferenza era anche causata dal fatto che c’era molta mortalità infantile, si mettevano al mondo
parecchi bambini per conservarne solo qualcuno e non si pensava che nel bambino ci fosse tutta
una persona umana come riteniamo noi al giorno d’oggi. Addirittura i neonati morti prima del
battesimo venivano sepolti in giardino come si fa oggi con un animale domestico come un gatto.
I riti di passaggio
La transizione dall’una all’altra fase della vita viene spesso segnato dei riti di passaggio, pubblici e
sottolineati da una cerimonia. Nella tradizione cristiana abbiamo ad esempio: battesimo, cresima,
matrimonio e funerale. Il passaggio all’età adulta può essere sottolineato da prove di resistenza
fisica, come la circoncisione degli adolescenti. I riti di passaggio facilitano la socializzazione degli
individui ai nuovi ruoli e forniscono una base all’identità personale. Quando le persone si
radunano per celebrare un rito riaffermano e rafforzano i propri legami di gruppo.
Nella maggior parte dei paesi industrializzati occidentali questi riti sono diventati sempre meno
importanti: il battesimo e la cresima vengono celebrati meno spesso di un tempo e anche il
matrimonio non è più la cerimonia solenne di una volta, molte persone convivono senza essere
sposate oppure si sposano con cerimonie più semplici di quelle tradizionali. Altri fondamentali
cambiamenti di status sono accompagnati da rituali trascurabili: il raggiungimento dell’età per
esercitare il diritto di voto o per guidare un veicolo sono sanciti solo da un rilascio impersonale di
documenti.
La scomparsa dei riti collegati all’età può avere sulla società effetti di vasta portata. I riti di
passaggio svolgono due funzioni: creano una certa solidarietà sociale ed danno significato ai
cambiamenti della vita. Se non celebriamo questi mutamenti possiamo provare un senso di ansia
e abbandono come se avessimo smarrito la nostra capacità di orientamento.