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DIRITTO COMMERCIALE 27.02.

2019

DIRITTO DELL’IMPRESA E DIRITTO DELLE SOCIETA’ → forma peculiare dell’esercizio dell’impresa. Il


nucleo dell’esame riguarda esse, ovvero gli elementi fondamentali del diritto dell’impresa.

NO ALTRE FRAZIONI DELLA MATERIA → no disciplina concorrenza e mercato, no titoli di credito, no


procedure concorsuali, codice della crisi e dell’insolvenza.

Prima parte del corso: fattispecie → presupposti di fondo. Impresa commerciale non piccola.
Seconda parte: Disciplina → regole che si applicano nell’esercizio dell’impresa (disciplina esterna
dell’impresa → statuto dell’impresa commerciale ; disciplina interno → per esercitare in forma
collettiva -diritto delle società).

Parte esterna della disciplina si divide a sua volta in 4 gruppi di norme: la pubblicità commerciale (no
ad, ma pubblicità legale nell’iscrizione nei registri delle imprese), la rappresentanza commerciale, la
disciplina delle scritture contabili obbligatorie, disciplina della crisi e dell’insolvenza (affrontate però
dettagliatamente nel diritto fallimentare).

DIRITTO SOCIETARIO → fattispecie società e poi i vari tipi di società. Parte generale del diritto delle
società e poi la disciplina dei vari tipi di società. nell’ambito del diritto di società è quello di TIPICITÀ i
tipi sono un numero chiuso (diverso da quello dei contratti). I tipi di società società semplice, in nome
collettiva ed a accomandita semplice con almeno un socio responsabile. Nell’ambito della classe di
società per capitali (spa, srl, società in accomandita per azione). Poi ci sono tipi che hanno una
FUNZIONE diversa, ovvero non hanno uno scopo lucrativo ma mutualistico (cooperative e consortile).

Macrotemi trasverlamente ai vari tipi di organizzazione.

MACROTEMI:
• principi dell’organizzazione interna, ovvero organizzazione dei poteri
• partecipazione sociale
• organizzazione patrimoniale, regole con cui è disciplinato il patrimonio dei vari tipi di società e la
responsabilità dei vari soci.

1. Modelli per persone e per uffici.


Il modello per persone si ha quando il potere di decidere viene imputato al socio, tipico delle società di
persone.
L’altro si ha quando viene imputato ad un organo come il consiglio ecc,… Il potere è imputato ad un
soggetto impersonale → modello delle società di capitali.

2. Nelle società di persone c’è un principio che almeno UN socio sia illimitatamente responsabile per le
obbligazioni della società. I creditori si possono rifare ANCHE su tale socio. Non ci sono altre regole
specifiche per la conservazione del patrimonio.
Nelle società di capitali non ci sono soci responsabili illimitatamente e per compensare questa
mancanza, la legge impone una disciplina di vincolo → disciplina del capitale sociale.
Testi di esame e di consultazione:
Ai fini della preparazione dell'esame sono consigliati i seguenti libri di testo:
1) AA.VV., Diritto commerciale, I, Diritto dell'impresa, a cura di M. Cian, Giappichelli, ult. ed.
(limitatamente all'Introduzione e ai §§ 1-10 e 18), nonché AA.VV., Diritto commerciale, II, Diritto delle
società, a cura di M. Cian, Giappichelli, ult. ed. (limitatamente all'Introduzione e ai §§ 37-72)
oppure, in alternativa:
2) G.F. Campobasso, Diritto commerciale, I, Diritto dell'impresa, a cura di M. Campobasso, Utet, ult.
ed. (limitatamente all'Introduzione e ai capitoli I-V e IX, X e XII), nonché G.F. Campobasso, Diritto
commerciale, II, Diritto delle società, a cura di M. Campobasso, Utet, ult. ed. (per intero).
Ricevimento: mercoledì ore 9, integrato dal ricevimento dal dottor Luca Della Tommasina.

PRIMA PARTE
FATTISPECIE IMPRESA
DIRITTO DELL’IMPRESA
Ragioni e dimensione storica della materia per capire com’è impostato il sistema vigente. Cosa
significa diritto commerciale? Sintagma → discrasia evidente fra significato della cultura giuridica e
significato comune. Nell’ambito giuridico assume un significato più ampio rispetto a quello del
vocabolario. Nel senso comune diritto commerciale richiama il commercio, ovvero il diritto dei
commercianti, di una particolare attività produttiva, tipica della circolazione dei beni. In realtà esso è
storicamente e attualmente un nucleo di norme basati su principi comuni diversi rispetto al diritto
privato che hanno ad oggetto la disciplina di tutte le attività produttive dell’impresa, nonn solo
l’attività di intermediazione, ma anche le attività di produzione purché caratterizzate dalla particolare
forma dell’impresa.
Art. 2195: contiene oggi la definizione di impresa commerciale o meglio di imprenditore commerciale.
Questa norma qualifica come commericale tutta una serie di attività tra cui non c’è solo
l’intermediazione per la circolazione dei beni, attività industriale diretta alla produzione di beni e di
servizi. Diritto di tutte le attività produttive organizzate dall'impresa, siano esse attinenti al commercio
in quanto tale oppure attinenti alla produzione.

Questo fenomeno dell’attività organizzata di impresa è basata su criteri diversi dal diritto privato.
L’attività di impresa sollecita tutta una serie di interessi che obbliga il legislatore ad operarsi in tale
mode. Queste regole sono il diritto commerciale e il diritto delle società.

3 ARGOMENTI PRELIMINARI per capire come è strutturato l’impianto normativo:


• ragioni del diritto commerciale (quid che caratterizza l’impresa, manca dove l’impresa non c’è)
• dimensione storica della disciplinato
• caratteristiche del sistema attuale, come è impostato il sistema attuale. Nel corso dei secoli si sono
susseguiti vari sistemi

RAGIONI DEL DIRITTO COMMERCIALE


Ogni ordinamento evoluto dedica una disciplina speciale al diritto di impresa. Occorre vedere qual è la
peculiarità del fenomeno impresa. William cause e Williamson → contrappongono l’impresa al
mercato nel modo di organizzazione del comportamento. Cause ha intuito questa differenza negli anni
'30 in un articolo sulla natura dell'impresa (The nature of the firm) e Williamson l'ha poi sviluppto nel
corso degli anni 80/90. Quando si deve esercitare l'attività produttiva l'elemento organizzativo è
fondamentale.
Quando manca l’impresa nell’organizzare questi prodotti, il coordinamento dei vari fattori può
avvenire solo in base al modello del mercato. Il legame, il coordinamento dei vari fattori produttivi
(lavoro, capitale, credito) è affidato al mercato, ovvero affidato ad un principio di libertà di ciascun
titolare del fattore, principio fondato sullo scambio e regolato da un meccanismo tipico del mercato
dello scambio che è il prezzo nella contrattazione individuale.
In mancanza di organizzazione di impresa è necessario contrattare individualmente l’acquisizione volta
per volta di tutti i fattori produttivi, la libertà di ciascuno dopo un po’ diventa troppo costosa per
effetto dei costi di transazione. Quando il fattore produttivo è essenziale, la trattazione individuale
diventa troppo costosa e quindi nasce l’impresa che si fonda sul principio di gerarchia e autorità.
L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono tutti i collaboratori.
Quindi in tal senso l’impresa nasce quando finisce il mercato, attribuisce all’imprenditore un potere
unilaterale di svolgere un’attività incidendo su interessi che non sono più solo i suoi.
Adesso non è più un fenomeno di scambio interindividuale tra soggetti, ma diventa un fenomeno
rivolto alla generalità, il potere e l’azione dell’imprenditore è suscettibile di toccare interessi di terzi.
Questa caratterista ne fa un fenomeno speciale per cui è necessaria questa disciplina speciale.
DC è un insieme di regole che disciplina l’attività dell’impresa e il potere dell’imprenditore soprattutto
per tutelare gli interessi di terzi.

Esempio: chi vende l’oggetto non è il presidente della società ma il commesso. Contratto di
rappresentanza che il commesso ha per operare in nome e per conto del presidente. Il commesso
dovrebbe avere una procura, ma non è necessario perché esiste una disciplina della rappresentanza
del diritto commerciale, che attribuisce la rappresentanza per legge a certi soggetti interni alla società.

Qual è la ragione del diritto commerciale? L’organizzazione ad impresa implica un potere gerarchico
dell’imprenditore di dirigere un'attività che va ad incidere sugli interessi dei terzi.
Il fenomeno impresa non è più un fatto inter partes come nel diritto privato, ma è destinato a produrre
effetti ultra partes.

DIMENSIONE STORICA
La storicità del DC è un aspetto centrale perché dà l’idea di come la materia si è evoluta nel tempo.
L’evoluzione del diritto commerciale è connotata tra l’alternativa di 2 sistemi, soggettivo e oggettivo.
Per sistema oggettivo o soggetivo si intende evidenziare una differenza nell’impostazione della
fattispecie.
SOGGETTIVO: regole che si applica sono a determinati soggetti.
OGGETTI: regole che si applicano a prescindere dai soggetti a chiunque svolga un certo
comportamento.
Il DC è nato come un sistema tipicamente soggettivo (dodicesimo secolo), quando ancora non era un
diritto statale. Era un sistema diretto ai mercanti. Questo insieme di regole è nato come insieme di
regole che andavano a derogare il diritto generale, dettate e create dalle corporazioni dei mercanti a
cui erano associati i mercanti e che avevano creato per far fronte all'esigenze del commercio una
magistratura speciale e un diritto speciale fondato sugli usi sulla prassi nelle relazioni mercantili e poi
recepito negli statuti delle corporazioni dei mercanti.
Il DC nasce come diritto speciale dedicato ai mercanti, speciale per giurisdizione, giudice speciale, per
fonti, perché la fonte non era il diritto comune ma gli usi e gli statuti delle arti e dei mestieri.
Sistema di regole a base soggettiva, si applicava solo a relazioni soggettive tra soggetti qualificati come
mercanti → iscritti alle corporazioni delle arti e dei mestieri.
Sistema che è controllato da fine 700, inizio 800 → passati a sistema a basi oggettive. Il diritto è
diventato un diritto statatle con gli stati nazioni e sono state abrogate le corporazioni (il nsistema
corporativo). Le prime codificazioni del diritto commerciale/civile francese nasce con Napoleone →
regole speciale a chi TIENE UN CERTO COMPORTAMENTO.
Sul modello delle codificazioni napoleoniche anche il sistema dell’italia appena unificato diventa
oggettivo.
Inizialmente le fonti della materia commerciale erano diverse da quelle private.
Codice civile e codice di commercio (1865, 1882).
Il codice di commercio del 1882 è stato il codice che ha regolato la materia commerciale fino al 1942,
ovvero fino al sistema attuale. Esso prevedeva un insieme di regole con riguardo a 2 aspetti principali,
il diritto delle obbligazioni e dei contratti e lo statuto professionale dell’attività commerciale. Il primo
profilo si fondava sul fatto che era previsto un insieme di regole dedicato ai contratti commerciali,
sotto il secondo profilo il codice definiva le regole dello statuto (scritture contabili, pubblicità,
procedure concorsuali ecc).
Queste regole venivano applicata alla fattispecie definita dall’articolo 8 in termini soggettivi → i
commercianti e alle società commerciali, apparentemente era impostato in termini soggettivi. Tuttavia
chi sono i commercianti? Tale articolo 8 definiva oltre alle società commerciale coloro che compiono
abitualmente atti di commercio come professione abituale. Quindi è un articolo con base oggettiva.
Atti di commercio articolo 7.
Nel codice di commercio del 1882 abbiamo il definitivo passaggio ad un sistema oggettivo il cui fulcro
è dato un elemento specifico, ovvero l’atto di commercio.
Come siamo passati dal codice di commercio al codice civile del 1942? Siamo giunti all’unificazione dei
codici da due codici separati.
Percorso che era già iniziato nel 1882.
TAPPE ESSENZIALI PER COMPRENDERE IL SISTEMA ATTUALE:
1. Cesare Vivante nel 1892 tiene all’università di Bologna una famosa prolusione: è stato il primo a
parlare l’unificazione dei codici. Con la motivazione che gli istituti del diritto commerciale avevano
invaso il diritto civile. Opinione rimasta per tanti anni isolata. Tant’è che dopo la GM sostiene di nuovo
di mantenere distinte le due discipline 49’.
Sulla base di queste idee nel 1922 la commissione di Vivante elabora una possibile soluzione.
1925 commissione con Damelio.
Anni ‘30 → Lorenzo Mossa (Unipi) in una sua prolusione che poi è stata recepita nel 1927 nel suo
saggio critico sul progetto del nuovo codice del commercio. Sosteneva l'idea di mantenere separati i
codici. Ma la sua innovatività stava nel fatto che sosteneva che la diversità della materia
commerciale andasse fondata non su un elemento di per se insignificante ovvero l'atto di
commercio, ma su quello che rappresenta l'essenza della materia commerciale ovvero
l'organizzazione di impresa. Per la prima volta con Mossa l'organizzazione di impresa entra come
mera proposta come nucleo centrale della nostra materia. Un diritto costruito intorno all'impresa e
non all'atto.

Un critico Alberto Asquini accusava Mossa di voler tornare al sistema soggettivo medievale, ma in
realtà lo stesso Asquini è stato chiamato a redigere un nuovo progetto di riforma del codice del
commercio (che poi presenta nel 1941 al ministro Grandi). Asquini segue la linea principale del
pensiero di Mossa, nonostante le sue critiche verso di lui: imposta il progetto di riforma non più sul
concetto di atto di commercio ma sul concetto di impresa e di imprenditori, di fatto recependo la linea
principale del pensiero di Mossa.
L’unificazione dei codici avviene per linea politica, per la ragioni della specialità della materia, venne
imposta dal Ministro di grazia e giustizia Grandi PER RAGIONI IDEOLOGICHE, non è stata un’esigenza
culturale, ma una volontà del regime fascista. Da qui nasce il codice civile del 1942 che è l’unificazione
del profgetto di asquini e del contemporaneo progetto di riforma.

LEZIONE 28.02.2019
Asquini decide che occerre superare la separazione dei codici (redutium ad unum), diritto esteso a
chiunque atti di commercio come professione abituale.

Il codice di commercio prevedeva 2 gruppi di norme speciali per la materia commerciale. Il primo era il
diritto speciale delle obbligazioni e dei contratti commerciali, il secondo era lo statuto professionale
dell'attività del commerciante (scritture contabili, fallimento, ecc...).
Nel nuovo codice del 1942 redatto dalla commisione Asquini la scelta di unificare ha portato delle
conseguenze: la disciplina dei contratti commerciali è venuta meno come parte separata rispetto alle
obbligazioni e i contratti del codice civile, infatti oggi c'è una disciplina unitaria delle obbligazioni e dei
contratti (libro quarto). In tale ambito non c'è più una formale distinzione dei contratti commerciali,
tuttavia molte delle regole dettate per i contratti comemrciali sono state estese anche a quelli civili,
sono diventate regole generali.

La seconda parte del codice del commercio dedicata allo statuto professionale dell'attività del
commerciante è stata inserita nel nuovo codice del libro quinto "DEL LAVORO". La disciplina
dell'impresa e delle società è stata inserita qui perchè il regime fascista voleva unificare tutte le forme
del lavoro.
TITOLO PRIMO: Della disciplina delle attività professionali
TITOLO SECONDO: accanto alle disposizioni del lavoro subordinato ci sono indicazioni dedicate al
lavoro dell'impresa.
All'interno di questa disciplina che il libro quinto dedica all'impresa il codice individua alcune
fattispecie centrali per l'applicazioni di queste regole, delinea una nozione all'articolo 2082 di
imprenditore in generale. All'interno di questa nozione di imprenditore, troviamo delle ulteriori specie
di imprenditori, ripartite in base a 2 criteri (qualitative, tipo di attività svolta, e quantitativo,
dimensione dell'impresa).
Sotto il primo profilo il codice distingnue fra imprenditori agricoli (2035) e imprenditori commerciali
che viene persunta da soggetti sicritti nei registri dell'impresa (2095).
Sotto il secondo profilo il genus imprenditori si distingue fra piccolo e non piccolo/medio-grande.
Quello piccolo -> art. 2083, quelli non piccoli sono tutti quelli che non rientrano fra questa definizione.
All'interno del sistema abbiamo una declinazione di categorie in termini soggettivi.

TERZO PROFILO PRELIMINARE


Impostazione del testo attuale
Prima domanda da farsi: il codice del 1942 ha determinato un ritorno del sistema del DC ad un
modello SOGGETTIVO (appartenenza di un soggetto ad una determinata categoria), è tornato ad
essere il diritto dei mercanti?

Art. 2082 è apparentemente declinato in termini soggettivi, il titolo di questa disposizione è


IMPRENDITORE. Tuttavia non è un codice soggettivo, poichè la delimitazione della fattispecie non lo è
affatto.
"E' imprenditore chi esercita un'attività economica..."
Questa norma benchè intitolata imprenditore non individua la fattispecie in termini soggettivi.
L'essere imprenditore in questa norma non è la conseguenza di una qualifica soggettiva, ma è una
conseguenza dell'esercizio dell'attività.
Quindi si potrebbe dire che il carattere di impresa deriva e si fonda sull'attività con certe
caratteristiche e il profilo soggettivo è il mero riflesso dell'esercizio di quell'attività da parte di
chiunque.

cum grano salis


Quindi questa fattispecie è in realtà modulata ponendo al centro l'attività svolta. La fattispecie NON è
l'imprenditore, il profilo soggettivo è un elelemtno neutro, quello che condiziona la fattispecie è
l'esercizio dell'attività.
essere imprenditore è una mera conseguenza dell'esercizio dell'attività.
CHI = CHIUNQUE
Quindi la fattispecie è l'esercizio dell'attività di impresa, su un insieme di fatti e non sul soggetto.

SECONDA DOMANDA PER LA COMPRENSIONE DELLA SISTEMATICA DEL DIRITTO DELL'IMPRESA: il DC è


un diritto unitario di tutte le imprese, ovvero a tutte quelle fattispecie di impresa delinate dal codice?
Sia essa commerciale agricola piccola e non piccola?

Guardando la disposione delle norme dovremmo dare una risposta affermativa. E' solo un'apparenza
creata dal disegno ideologico unitario voluto dal regime fascista impresso sul codice del 1942.

E' apparenza se guardiamo a queste nozioni di imprenditore e delle varie species nella prospettiva
della disciplina ad essi applicabili, cioè il giurista alla fine e anche il legislatore non delinea le nozioni e
la fattispecie a scopi descrittivi, ma delinea le fattispecie che assumuno rilevanza nella misura in cui
condizionano l'applicazione di una disciplina.
Quindi per verificare se è diritto di tutte le imprese dobbiamo chiederci se esiste una disciplina
applicabile a tutte le imprese? NO. L'unica è lo STATUTO DELL'IMPRESA COMMERCIALE. se cerco la
disciplina del piccolo imprenditore p dell'impresa agrigola nnon la trovo.
Allora non è il diritto di tutte le imprese, ma è lo statuto di quell'impresa che il codice ha determinato
avere effetti su più soggetti.
Le altre imprese non hanno discipline ad hoc.

Quindi le fattispecie devono essere divise in 2 categorie di nozioni:


1. FATTISPECIE CON RILEVANZA POSITIVA -> fattispecie impresa commerciale che deriva da un'attività
con le caratteristiche dell'imprese in generale (2082) + esercita un'attività dell'art. 2195. E' l'unica ad
avere una disciplina ad hoc.
2. FATTISPECIE CON RILEVANZA NEGATIVA -> piccolo imprenditore e impresa agricola, sono le nozioni
del 2083 salvo la nozione peculiare della crisi e l'articolo 2135. Sono con rilevanza negativa perchè la
loro rilevanza giuridica non sta nell'applicare una disciplina propria ma è quella di sottrarre attività
dallo statuto dell'impresa commerciale.
Quindi hanno rilevanza in negativo, non tesa a delineare il fenomeno a cui si applica la disciplina ma
attesa a sottrare da questo fenomeno delle attività non ritenute dallo Stato ancora meritevoli di
analogo trattamento, poichè non coinvolgono un nucleo di interessi sufficientemente rilevanti.
Quando si parla dello statuto dell'impresa in generale si parla del nulla, poichè l'unica disciplina in
positivo è dettata per l'impresa commerciale.
L'art. 2135 comprende tutta una serie di attività agricole anche se non collegate al fondo. All'impresa
agricola si applica il principio della pubblicità legale.

La nuova disciplina della crisi dell'impresa è stata pensata per tutte le imprese comprese quelle
agricole. Il codice della crisi di quest'anno invece conferma che le procedure concorsuali si applicano
esclusivamente all'imprese commerciali, escluse le imprese minore; alle altre si applicano procedure
diverse, note come procedure da sovraindebitamento.
Se esercito un'impresa agricola ha senso chiedermi se sono piccolo o non piccolo? NO perchè è già
una fattispecie con rilevanza negativa. Ha senso chiedersi se l'imprenditore commerciale è piccolo o
non piccolo.

FATTISPECIE CON RILEVANZA POSITIVA


Deriva dalla somma di due norme.
La somma dei requisiti previsti dal 1882 e quelli del 1942 integrano questa fattispecie.
Ha senso qualificare la fattispecie imprese solo se è commerciale, perchè è solo questa che ha una sua
disciplina.
Art. 2082 FATTISPECIE GENERALE: definisce imprenditore in termini di ATTIVITA' e non di soggetto.
Chi esercita un'attività è l'imprenditore, questa attività deve avere certe caratteristiche, quali
"economica" e "professionale" (requisito di economicità, professionale e organizzazione) "organizzata"
e "diretta alla produzione" (requisito della produttività).
Gli altri requisiti sono lo scopo di lucro e il requisito della liceità (l'attività di impresa deve essere lecita
ovvero non contraria a norme imperative, uso e buon costume).

CHI= CHIUNQUE, elemento neutro privo di portata soggettiva. Lo è qualunque forma soggettiva che
può esercitare l'attività. Persone fisica -> impresa individuale. Ente collettivo -> impresa collettiva
(assume la forma di uno dei tipi di società).

Accanto all'impresa collettiva societaria, abbiamo l'impresa collettiva NON societaria. Ad esempio gli
enti del terzo settore, fondazioni o associazioni riconosciute e non, e tutte le altre forme di attività
collettiva diverse dalle società.
Fondazioni e associazioni possono esercitare attività di impresa.

Abbiamo la disciplina sulle imprese sociale che attiene all'esercizio dell'impresa per finalità sociali da
parti di enti collettivi.
Abbiamo anche il codice del terzo settore che è stato adottato con il decreto legislativo 117/2017, che
regola la possibilità per gli enti diversi dalle società quindi enti del terzo settore di svolgere attività di
interesse generale che può assumere le forme dell'impresa sia come oggetto principale ed esclusivo
dell'attività, sia come attività accessoria rispetto a quella principale. Se tali enti esercitano tale attività
sono assoggettati alla disciplina dell'impresa.
Inoltre quel chi può essere riempito anche da un ente pubblico, dotato di personalità giuridica di
diritto pubblico. All'impresa di titolarità di enti pubblici, statali o territoriali, è dedicata una norma del
codice civile art. 2093 che si intitola IMPRESE ESERCITATE DA ENTI PUBBLICI. Eni, Enel erano enti
pubblici. Si è sviluppata dagli anni 90 in poi la privatizzazione degli enti pubblici, quindi gran parte
dell'attività di imprese sono state affidate a società di capitali sia pur partecipate in maniera totalitaria
da un ente pubblico.
Fenomeno di attività di impresa esercitata da società a partecipazione pubblica (non è un caso di un'impresa
formalmente pubblica) che rientra nella forma dell'impresa collettiva società e non nell'art. 2093.
Il fenomeno dell'impresa relativa all'ente pubblico è quasi scomparso, per effetto di privatizzazione
formale e sostanziale.
L'articolo 2093 continua a disciplinare gli enti pubblici. Tale articolo prevede 2 fattispecie, una al primo
comma e una al secondo comma:
1. enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali -> sono enti pubblici economici come Eni,
Enel, ovvero che hanno come oggetto principale o esclusivo l'esercizio di attività di impresa; a tale
ente allora si applicano lo statuto dell'impresa commerciale, salvo la parte sulla crisi.
2. ente pubblico che esercita l'impresa in via accessoria -> esso ha uno scopo non imprenditoriale ma
esercita anche un'attività di impresa, come una volta avveniva per i servizi pubblici. In questo caso a
questi enti NON inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro limitatamente a quell'attività.

PROFILO OGGETTIVO: attività. Il fulcro della fattispecie impresa è un'attività, insieme di atti, affarri
coordinati per uno scopo, un singolo atto senza scopo non è attività.
Questa attività deve avere i requisiti detti prima.

REQUISITI, che hanno una portata di selezione del fenomeno.

REQUISITO DI PRODUTTIVITA': l'attività deve essere diretta alla produzione o allo scambio di beni e di
servizi. Questo elemento della fattispecie implica che per aversi impresa l'attività deve avere uno
scopo produttivo, ovvero diretta a creare nuove utilità. Non è impresa (portata selettiva) l'attività non
produttiva, ovvero l'attività di mero godimento dei beni direttamente o indirettamente.
Ad esempio un soggetto è titolare di una serie di appartamenti: non è attività perchè manca il
requisito della produttività, mero godimento di beni che può essere anche indiretto quando concedo
la disposizione dei beni a terzi (contratto di locazione).
Se il soggetto titolare di più appartamenti non si limita a locarli ma fornisce una serie di servizi (es.
B&B), quindi viene fatta un'attività e quindi è attività di godimento indiretto ma con profilo di
produttività e quindi attività di impresa. Non è detto che sia impresa commerciale se tale impresa è
piccola.

Altro esempio: il godimento delle partecipazioni sociali, di un pacchetto azionario di maggioranza. Se il


titolare della partecipazione di controllo si limita a godere dei diritti inerenti alla partecipazione (diritto
di voto e di distribuzione di utili), essa NON è un'attività di impresa. Diventa attività di impresa quando
l'attività del socio di controllo svolge la direzione unitaria delle società partecipate, dettare le strategie
nei confronti del gruppo. L'attività della holding in tal caso è un'attività di impresa.
In queste situazioni si distingue il rapporto nel rapporto tra bene e attività. Se c'è mero godimento del
bene no attività, se invece il godimento del bene è strumento per produrre un'altra attività allora è
attività di impresa.

Attività diretta al fine della produzione O dello scambio di beni e di servizi.


Ci si è chiesti se l'impresa per conto proprio è impresa commerciale? Essa svolge un'attività di
produzione ma non di scambio, non destina niente al mercato, di conseguenza la produzione è
destinata all'imprenditore. Esempio di impresa per conto proprio è la società cooperativa pura.
Le società cooperativa con mutualità pura sono quelle società che operano esclusivamente in favore
dei propri soci.
Le società cooperativa prevalente opera prevalentemente con i propri soci.
Poi ci sono le società cooperative non prevalenti che operano prevalentemente con i terzi.
Se la mutualità è esclusiva quindi pura, svolge attività solo per i soci e non per terzi, allora è un caso di
impresa per conto proprio. C'è però un particolare tipo di scambio, mercato interno ai propri soci.

L'UNICO VERO CASO DI IMPRESA PER CONTO PROPRIO è l'attività di costruzione in economia, attività
edilizia non per vendere a terzi ma per beneficiare lui stesso del bene finale. Il bene è destinato all'uso
dell'imprenditori.
In tal caso abbiamo un'impresa commerciale?
L'impresa per conto proprio è meritevole di essere assoggettata a questa disciplina speciale? Il fatto
che la produzione sia solitamente destinata al mercato altera qualcosa? Alberto Asquini ha detto che
NO, non lo è perchè non devono essere tutelati i soggetti terzi.
Asquini disse che il legislatore "minus dixit quam volit" -> "ha detto meno di quanto avrebbe voluto
dire", quindi attività di produzione per lo scambio o lo scambio di beni e servizi. Secondo Asquini la
destinazione al mercato è un requisito implicito.

Oggi invece si giunge alla conclusione che nell'impresa per conto proprio non è vero che manca di
toccare la tutela dei terzi per il solo fatta che manca la destinazione al mercato, poichè il soggetto
può aver assunto lavorati, comprato oggetti e quindi ha creato quel nucleo di interessi coinvolti di
terzi.
Quindi ad oggi si sostiene che la destinazione al mercato non sia un requisito fondamentale per
l'impresa commerciale.
QUINDI L'IMPRESA PER CONTO PROPRIO E' IMPRESA COMMERCIALE, solo se ha tutti gli altri requisiti.

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