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il bimestrale di storia della roma grandiosa N°1 DA COLLEZIONE

CIVILTA
civiltà romana

ROM A NA PLINIO IL GIOVANE


Magistrato e scrittore,
precursore dei moderni

plinio il giovane racconta


I LUPANARI
LA DISTRUZIONE DI
POMPEI
Sesso, piacere e perversione
DISTRIBUTORE: PRESS-DI DISTRIBUZIONE STAMPA E MULTIMEDIA S.R.L. - 20090 SEGRATE (MI) - TARIFFA R.O.C.-POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – MBPA/LO-NO/155/A.P./2017- ART.1 COMMA1- S /NA

nei postriboli di Roma antica

79 d.C.

DALL’ACQUEDOTTO
AL RUBINETTO DI CASA
Il sistema idraulico:
un capolavoro d’ingegneria
(e politica) che funziona ancora

CON ANCHE
I TESTI
ORIGINALI
LATINI

IL PANCRAZIO, ROMA E LA CINA:


L’ANTICO WRESTLING IMPERI GEMELLI
Una disciplina sportiva Come si conobbero e si
fra lotta e pugilato, frequentarono i due
in cui anche i colpi più grandi Stati
proibiti erano permessi del mondo antico
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EDITORIALE

R
oma antica, le sue gloriose
vicende, i suoi re, consoli e
imperatori. Un esercito che ha
saputo conquistare gran parte del
mondo conosciuto e una legge che
ha fondato il diritto giuridico come noi
ancora oggi lo concepiamo.
«Civiltà Romana» è la nuova rivista dedi-
cata esclusivamente al tempo dei Cesari.
Dell’antica Roma cercherà di sviscerare
tutti gli aspetti, non solo storici e milita-
ri, ma anche legati alla vita quotidiana e
alla cultura, alla tecnologia e all’arte, alla
religione e al mito. Senza tralasciare le
tracce che questo glorioso passato ha sa-
puto imprimere nel nostro presente.
Nel primo numero abbiamo voluto
affrontare temi molto diversi fra loro: la
catastrofica eruzione del Vesuvio che
cancellò Pompei ed Ercolano dalla faccia della
Terra, le sorprendenti similitudini fra Impero Romano
e Cinese, la tecnica dello spionaggio militare e la
straordinaria efficienza degli acquedotti dell’Urbe. Non
mancano le curiosità, come la vicenda dell’estinzione di
una pianta aromatica del deserto, o la passione per una
salsa che, probabilmente, a noi moderni farebbe ribrezzo.

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la tragica parabola antica e grande civiltà d’élite più preparate e avventura durata da idealisti, pazzi espansione degli
di un grande tiranno europea coraggiose al mondo tre secoli e criminali italiani nel mondo

La storia e i grandi La storia e la vita di La città santa di tre Un salto nel tempo Gli incontri di grandi Un pellegrinaggio
personaggi della uno dei corpi militari religioni attraverso per rivivere il mondo uomini con donne magico, da conoscere
frontiera americana italiani più famosi i millenni degli antichi romani speciali passo dopo passo

Un corpo militare La storia fatta da Una stagione dell’arte Il destino li ha messi Uomini e donne di Le terrorizzanti
che è prima di tutto uomini unici italiana fantastica su un trono: vite ogni epoca, segnati invasioni che hanno
una fede, un ideale e imprescindibili e irripetibile chiacchierate e invidiabili da un grande destino creato l’Europa

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SOMMARIO
6 Confronti
La Cina vicina a Roma

12 Sport
Pancrazio, il wrestling degli antichi

18 Cover Story
Plinio il giovane racconta la distruzione di Pompei, 79 d.C.

28 Miti e riti
Giano, il dio dai due volti

30 Eros
I lupanari, vizio e lussuria

36 Gli scudi dei legionari


Militaria

42 Curiosità
Il silfio che si estinse per colpa dei golosi

44 Storia segreta
Lo spionaggio nell’antica Roma

52 Meraviglie
La bizzarra piramide di Cestio

56 La cacciata di Tarquinio il Superbo


Protagonisti

60 Vita quotidiana
La caliga, scarpa usa e getta

62 Vita pubblica
Il cursus honorum, fare carriera politica a Roma

68 Tecnologia
Gli acquedotti: dalla fonte al rubinetto

74 Viaggi e mete
Vindolanda, un fortino legionario in Britannia

76 Cucina
Il garum, salsa universale
PROSSIMO
NUMERO
78 Eventi e rievocazioni IN EDICOLA
IL MBRE
81 Libri, mostre, film SETTE
QUESTA CARTA
RISPETTA
82 Simboli
La folgore di Giove e delle legioni L’AMBIENTE

CIVILTÀ ROMANA 5
LA CINA VICINA
A ROMA Nel corso dei secoli, il regno della Lupa e l’impero
del Dragone furono costantemente in contatto lungo una florida
e antichissima arteria commerciale: la Via della seta
di Enzo Folgore

6 CIVILTÀ ROMANA
CONFRONTI

R
oma e l’antica Cina sono due imperi contatti fra Oriente e Occidente furono più OLTRE IL MURO
che con la loro storia, la grandiosità del- intensi e antichi di quanto si creda. Alti funzionari cinesi
le opere, il fascino e le suggestioni che Sia l’Impero Romano che quello Cinese han- nei pressi della Gran-
si sprigionano dai loro miti ci hanno lasciato no attraversato, dopo la fondazione, un perio- de Muraglia. L’enor-
un’eredità eterna. Ma anche due realtà lon- do di espansione, di prosperità e me baluardo, eretto
tanissime nello spazio: migliaia di infine di decadenza. Il processo a partire dal 215
chilometri attraverso regioni ino- di formazione del Celeste Impe- a.C. (l’epoca delle
spitali, abitate da bellicose popola- ro fu più organico e continuativo Guerre Puniche) per
zioni nomadi. Eppure, tra queste rispetto a quello di Roma. L’e- difendersi dagli inva-
enormi entità statali, si colgono spansione imperiale cinese, infatti, sori del Nord, non
molte similitudini, come se i due fu una profonda opera di unificazio- impediva a emissa-
imperi avessero preso ispirazione ne, inaugurata nel 221 a.C. da Qin Shi ri e mercanti di rivol-
l’uno dall’altro. Sono rimaste varie Huang. Egli fondò la dinastia imperiale gersi a Occidente
tracce di questa parentela sotterra- Qin, da lui stesso definita «un’impresa alla ricerca di nuovi
nea, tanto da farci affermare che i sempiterna». Per Roma, invece, quel- › traffici commerciali.

CIVILTÀ ROMANA 7
LA CINA VICINA A ROMA

la era l’epoca delle Guerre puniche, un perio- sandro Magno tre secoli prima. Il “nuovo” siste-
do travagliato e turbolento (che mise a ri- ma imperiale scelto da Roma era antichissimo,
schio la sopravvivenza stessa della Repub- ideato secoli prima in Mesopotamia (a metà del
blica) ma dopo le quali l’Urbe, una volta percorso che portava in Cina), e in seguito per-
sconfitta la potenza navale di Cartagine, fezionato dai Persiani. È proprio in quell’area
si ritrovò padrona del Mediterraneo e di che si trova la chiave del contatto fra Oriente e
un territorio vastissimo, che comprende- Occidente. Qui, infatti, confluivano le piste ca-
va Italia, Spagna e Africa del Nord. rovaniere che portavano in India e in Estremo
Oriente, attraversando l’intera Eurasia.
L’IMPERO, INVENZIONE ORIENTALE Queste strade erano già frequentate nell’an-
A differenza della Cina, Roma conti- tichità e, attraverso di esse, l’Impero Romano
nuò a lungo a essere una Repubblica, importava dall’Estremo Oriente tessuti pre-
nel cui Senato le famiglie patrizie ziosi (soprattutto seta) e oggetti di artigiana-
lottavano per il potere, sen- to. Un traffico non eccezionale, ma continua-
za che vi fosse un capo tivo. I custodi di questi scambi erano i Parti,
assoluto. Solo nel gli eredi dell’Impero Persiano, che lucravano
27 a.C., dopo due sui traffici commerciali imponendo balzelli e
secoli di espansioni offrendo servizi a pagamento.
territoriali e feroci lot- Il nucleo della Via della seta si trovava all’in-
te intestine, fu conferi- terno del loro dominio ed era costituito dalla
to a Ottaviano il titolo di Via Reale di Persia. Si trattava di una strada
Augusto, che decretò il pas- ben più antica delle due civiltà che la percorre-
saggio definitivo dalla Repub- vano e copriva una distanza di ben 3.000 km,
blica all’Impero. Si trattò di una collegando la città di Ecbatana (oggi Hama-
trasformazione radicale, che prese dan) a Susa (anch’essa in Iran) e spingendo-
come modello l’impero creato da Ales- si fino a Smirne, sulla costa egea dell’attuale

IMPERI A CONFRONTO

Impero Romano Regno dei Parti Impero Cinese

Le relazioni fra le tre grandi entità statali erano floride e continue. I Parti, trovandosi
nel mezzo e controllando le strade e le piste che costituivano la cosiddetta “Via della
seta”, facevano da mediatori commerciali fra l’Impero della Lupa e quello del Dragone.

8 CIVILTÀ ROMANA
CONFRONTI

Turchia. Era intervallata da stazioni di posta dei Parti, sottomettendola. Anche i Cine- SIMILI, DIVERSI
e alloggiamenti situati a distanze regolari, se- si, nel frattempo, si erano spinti verso quel Qui accanto una
condo un sistema che avrebbe carat- regno, e con un po’ di fortuna aquila e moneta romana e
terizzato anche le strade romane: dragone si sarebbero potuti incontrare. una cinese (buca-
benché fosse l’orgoglio dei Ce- I contatti ufficiali tra i due imperi, ta). Nella pagina
sari, infatti, la rete viaria non fu invece, furono difficili e sporadici. a fronte, l’imperato-
un’invenzione originale romana, Nel 97 d.C., quando a Roma regnava re Caracalla, assas-
come siamo soliti pensare. Nerva, un certo Gan Ying giunse ai sinato nel 217: forse
Per percorrere in carovana la confini della Partia per conto dell’im- fu lui a inviare l’ul-
Via Reale di Persia ci volevano al- peratore cinese: aveva l’ordine tima ambasceria
meno tre mesi, ma i corrieri, forniti di di portare un’ambasceria a romana in Cina.
cavalli freschi, potevano andare da un capo Roma, ma i Parti riusciro-
all’altro del percorso in soli nove giorni. no a dissuaderlo, arrivan-
Per mantenere il sistema stradale in con- do a mentire circa la lun-
dizioni di costante efficienza occorreva ghezza e la pericolosità del
una capace rete amministrativa di addetti viaggio alla volta dell’Italia.
e funzionari, la cui prima costituzione risa- Una trentina d’anni più tardi,
le ai tempi di Sumeri e Babilonesi, ma che fu Zhang Qian riuscì nell’intento e
perfezionata dai Persiani nel VI-V secolo a.C. riportò in patria notizie di prima mano circa i
Romani e il loro vastissimo impero.
GLI INTERMEDIARI PARTI Testimonianze romane affermano che am-
Per non perdere il loro ruolo di mediatori, bascerie dall’Estremo Oriente erano arrivate
i Parti ostacolarono sempre i contatti diretti già prima. Dopo la vittoria di Azio, nel 31
fra Cina e Roma. L’occasione per far incon- a.C., Ottaviano ricevette messaggi di amici-
trare i due imperi si presentò nel 116 d.C., zia da parte di molti popoli, fra cui gli In-
quando Traiano giunse a Ctesifonte, capitale diani e gli abitanti della Serica: era que- ›

QUEI CINESI CHE


SI CREDONO ROMANI

I Romani sono mai arrivati in Cina? Homer Dubs, contro-


verso studioso britannico, crede che abbiano fondato una
città ai limiti del deserto di Gobi: Liqian, che potrebbe
essere la trascrizione cinese della parola latina legio, “le-
gione”. I fondatori della cittadina sarebbero alcuni dei 10
mila legionari fatti prigionieri dai Parti nel 53 a.C. durante
la battaglia di Carre (oggi Harran, in Turchia) e deportati
al confine con l’Impero Cinese. Gli stessi sarebbero stati
poi arruolati come mercenari dalla dinastia Hun, in lotta
contro gli Han, che resse la Cina fino al 220 d.C. L’ipotesi
di Dubs si basa su un testo in cui viene citata la formazione
di battaglia di alcuni guerrieri Hun: “a scaglia di pesce”,
cioè simile alla testudo (“testuggine”) romana.
Ancora oggi molti abitanti di Liqian, dall’aspetto caucasi-
co, sono convinti di discendere dai legionari e hanno eret-
to un tempietto dorico con un cippo commemorativo, dove
si vestono da centurioni per la gioia dei turisti (nella foto).

CIVILTÀ ROMANA 9
LA CINA VICINA A ROMA

sto il nome latino con cui era conosciuta la


Cina, e significava “terra della seta”. Dopo
quattro anni di viaggio, i rappresentanti ci-
nesi recarono in dono al primo imperatore
romano perle, pietre preziose ed elefanti. Lo
scrittore Floro, che riporta queste notizie,
accenna al colorito inconsueto degli amba-
sciatori orientali, evidentemente «cresciuti
sotto un sole diverso dal nostro». La seta era
il desiderio di ogni ricca matrona romana e
le “vesti trasparenti”, come le chiamava Pli-
nio il Vecchio, erano tanto ricercate da essere
menzionate perfino nelle leggi che cercavano
di limitare l’ostentazione del lusso fra i cit-
tadini dell’Urbe. Curiosamente, si pensava
che quel tessuto impalpabile crescesse sugli
alberi, e i Romani erano convinti che le loro
chiome dovessero essere immerse nell’acqua
per estrarne la sostanza preziosa.
Anche negli antichi documenti cinesi tro-
viamo prove dei contatti con Roma, che vie-
ne chiamata Da Qin, “Grande Cina” ed è
descritta come un luogo ordinato, dedito ai

ROMA E CINA
A CONFRONTO

Centralizzata, con funziona- Centralizzata e burocratica,


ri nominati in base al censo AMMINISTRAZIONE con funzionari nominati
o in maniera clientelare. per merito e preparazione.

Sincretismo e tolleranza reli- Il confucianesimo è la reli-


giosa caratterizzano l’Impe- gione ufficiale, ma si tratta di
ro, nonostante il politeismo RELIGIONE un fondamento etico e non
ufficiale. Dopo la morte, teologico. L’imperatore è
l’imperatore viene deificato. considerato un dio in Terra.

Agricola e commerciale, Agricola e commerciale,


fortemente basata ECONOMIA basata su contadini
sullo schiavismo. liberi e autonomi.

Espansionistica, con Di assimilazione e unifica-


tendenza all’assimilazione POLITICA zione delle popolazioni
dei popoli sottomessi. etnicamente simili.

10 CIVILTÀ ROMANA
CONFRONTI

lavori agricoli, dove si producono mercanzie Entrambe le dottrine esaltavano la virtù, VISITE LONTANE
pregiate come ambra, corallo, spezie, tessuti, l’integrità morale e la capacità intellettuale Roma e la Cina non
monete d’oro e d’argento, e abitato da per- dell’uomo saggio, che rispetta l’ordine costi- si incontrarono mai
sone di bell’aspetto, con i capelli rasati e le tuito e fa dell’etica una bussola di vita. Que- direttamente, ma si
vesti ricamate. L’Urbe si raggiunge attraverso ste due filosofie si contrapponevano a corren- conobbero tramite
una rete di ottime strade ed è ricca di palazzi ti più individualistiche, rappresentate dal ta- ambasciatori inviati
con grandi colonnati, ricolmi di opere d’arte oismo in Cina e dall’epicureismo a Roma. Del nell’Urbe da gene-
e vasi di vetro. Si cita anche un’usanza piut- resto, le scuole filosofiche romane proveniva- rali come Guan Yu
tosto curiosa, di cui non abbiamo conferma no dal mondo ellenistico, ossia dall’Oriente. (sotto). Nella pagi-
nella letteratura latina: chi vuole essere ricevu- Roma conquistò politicamente la Grecia, ma na a fronte, il Trion-
to dall’imperatore romano deve scrivere una la Grecia conquistò culturalmente Roma, an- fo di Lucio Emilio
richiesta e infilarla in un sacco, dal quale poi che se gli stessi Greci, probabilmente, erano Paolo di Carl
il sovrano estrarrà alcune petizioni, decidendo stati colonizzati da idee le cui radici andava- Vernet, che mostra
se dare udienza o meno ai loro autori. no ricercate nell’Oriente più remoto. il momento in cui
Un’altra ambasciata risale al 166 d.C.: sta- Anche in campo militare le due civiltà ebbe- Roma si volse
volta furono i Romani di Marco Aurelio a ro scambi cospicui. I Cinesi inventarono una a Oriente.
recarsi in Serica per recare omaggi al sovra- sorta di balestra a ripetizione che, in forma
no cinese, fra cui un trattato di astronomia. molto simile, era conosciuta anche dai
Sempre da Roma partì l’ultimo viaggio uf- Romani, e lo stesso vale per altri mezzi
ficiale di cui si abbia notizia, che raggiunse di assedio, identici a Est come a Ovest.
il palazzo imperiale cinese con un carico di Il questi scambi e influenze cultu-
vetri colorati all’inizio del III secolo d.C. Era rali, sembra che i movimenti vadano
un’epoca già decadente e turbolenta per l’Oc- con maggiore frequenza da Orien-
cidente, in cui i sovrani si succedevano sul te a Occidente che non vicever-
trono dopo un breve regno, spesso vittime di sa. Una spiegazione di ciò è di
assassinii o guerre intestine. carattere geopolitico: la Cina si
confrontò sempre con popola-
LA CIRCOLAZIONE DELLE IDEE zioni circostanti che avevano
Le ambascerie ufficiali non furono mol- un’eredità storica e cultura-
te, ma centinaia di mercanti percorrevano le decisamente inferiore.
in continuazione le strade che portavano Esattamente il contrario
da un impero all’altro. Insieme agli uomini di quanto avvenne per
viaggiavano anche le loro usanze, opinioni Roma, che dovette fare
e invenzioni. Inevitabilmente, i viandanti si i conti con popoli
confrontavano con le popolazioni visitate, in- più antichi, evoluti e
fluenzandole e assorbendo nuove conoscenze, colti: Etruschi, Greci,
che avrebbero riportato in patria. La Via della Cartaginesi. Monte-
seta è sempre stata una sorta di telegrafo tra squieu, nel Settecen-
Est e Ovest, lungo il quale le carovane sci- to, rintracciò nelle
volavano lente ma senza sosta, facendo viag- continue guerre che
giare notizie e idee da un capo all’altro del la videro prota-
mondo. Non erano in molti a percorrere il gonista il segre-
tragitto che portava da Roma alle ricche città to della potenza
del Celeste Impero, e viceversa, ma all’inter- di Roma, mentre
no dei caravanserragli che punteggiavano il altri affermaro-
percorso, i viandanti parlavano tra loro, si no che le con-
scambiavano informazioni e racconti dei luo- quiste militari
ghi visitati, oppure riportavano notizie udite dell’Urbe furo-
da altri viaggiatori. Più le nuove idee serviva- no, al contem-
no a consolidare il tessuto sociale, più erano po, importanti
ben accette. Mentre in Cina si affermava il acquisizioni
confucianesimo, a Roma fiorì lo stoicismo. culturali.

CIVILTÀ ROMANA 11
PANCRAZIO
IL WRESTLING DEGLI ANTICHI
Un combattimento totale, nato dalla mescolanza di lotta
e pugilato e diffuso anche sui campi di battaglia. Un confronto
senza esclusione di colpi, ma con regole ben precise
di Elisa Filomena Croce

12 CIVILTÀ ROMANA
SPORT

N
el 1894, quando Pierre de Coubertin delle altre due discipline marziali olimpiche: il LOTTA MITICA
codificò le Olimpiadi moderne, la più pugilato (pygmachia) e la lotta (pale). Sotto, un altorilievo
antica arte di “combattimento Il pancrazio viene ammesso fra le di- greco del 500 a.C.
totale” fu ritenuta troppo violenta scipline dei Giochi olimpici anti- con due lottatori
per lo spirito dei nuovi giochi; chi nel 648 a.C., ma per trovar- impegnati in un
fu così che una delle discipline ne l’origine bisogna andare confronto: a destra,
più antiche e complesse della molto più indietro nel tem- il giudice di gara
storia delle arti marziali finì po, fino ai campi di batta- con la verga per
lentamente in una nicchia glia micenei dell’Età del sanzionare le infra-
riservata a pochi appassio- Bronzo. All’epoca, infatti, zioni. Nel tondo,
nati. Si tratta del pancrazio, non esisteva un sistema che Teseo, leggendario
dal greco pan (tutto, tutti permettesse ai combattenti creatore della lotta,
insieme) unito a kratos (forza, rimasti senza la propria arma con cui sconfisse
potere). Un combattimento to- di rientrare nelle retrovie, pren- il Minotauro.
tale, assoluto, in cui si deve utilizza- derne una nuova e tornare al fronte
re tutta la forza di cui si dispone secondo per continuare a battersi (come sarà pos-
tecniche codificate, che partono dall’unione sibile, invece, ai legionari romani), perciò ›

CIVILTÀ ROMANA 13
PANCRAZIO, IL WRESTLING DEGLI ANTICHI

poteva capitare che i soldati si ritrovassero di-


sarmati ancora faccia a faccia con il nemico.
Durante uno scontro, perdere l’arma equiva-
leva a perdere la vita, a meno che non si riuscisse
a sopravvivere quel tanto che bastava per racco-
gliere quella di un morto, rubarla all’avversario
o farsene passare una di scorta dai compagni.

LOTTARE PER VIVERE


A questo scopo, si cominciano a sviluppare
tecniche di sopravvivenza per uomini che vi-
vono il combattimento armato come pane
quotidiano. La più antica testimonianza
iconografica di una scena di pancrazio
si trova su una coppa ritrovata a Creta e
risalente al 1700-1600 a.C., molto prima
della nascita delle Olimpiadi greche. Nel
corso dei secoli sono molte le raffigurazioni
che consentono di scorgere nella tecnica del
pancrazio i segni della sua origine militare. L’u-
tilizzo del pugno a martello, ad esempio, ricorda
il colpo che veniva scagliato dall’improvvisato
pancraziasta sul paragnatide (la parte dell’elmo
che proteggeva le guance) dell’avversario, suf-
ficiente a distrarre quest’ultimo o a intontirlo,
senza però provocarsi ferite alla mano (come
accadrebbe colpendo con le nocche).
Con il passare dei secoli, la tecnica andò affi-
nandosi e la disciplina iniziò a essere in tutto e
per tutto un’arte marziale olimpica, pur mante-
nendo la sua connotazione di combattimento
totale. Calci, pugni, prese micidiali, proiezioni,

L’ORIGINE DELLA “PALESTRA”

I n Grecia, e poi a Roma, i bambini venivano istruiti fin da


piccoli all’arte del combattimento. Nei ginnasi (gymnasion,
cioè “luogo in cui ci si allena nudi”) si insegnavano svariate
discipline, tra cui, appunto, lotta, pugilato e pancrazio.
L’importanza della lotta nell’istruzione dei giovani si ritrova
nell’etimologia stessa del termine che, oggi, indica il locale
adibito allo sport in generale: la palestra.
Nell’antichità, palaistra indicava la parte del gymnasion
dedicata alla lotta, e in generale all’atletica pesante. Questo
luogo, come scrive Vitruvio (80-15 a.C.), consisteva in un
cortile rettangolare circondato da colonnati. Nelle stanze che
vi si affacciavano si potevano trovare tutti gli strumenti necessari
all’allenamento, ad esempio sacchi e colpitori.

14 CIVILTÀ ROMANA
SPORT

gomitate, ginocchiate: tutto era concesso, tran- MANI GUANTATE


ne morsi e accecamenti. Filostrato (172-247 Nella pagina a fron-
d.C.) scrittore greco, autore anche di un’opera te, un mosaico con
intitolata Gimnastico, parla di «tutte le mosse due pugilatori. Qui
corrette del pancrazio» che gli atleti avrebbero accanto, il celebre
dovuto eseguire; molte, infatti, sono le pecu- bronzo greco del
liarità che lo differenziano da qualunque altra “pugile a riposo”
forma di combattimento antica o moderna, (IV secolo a.C.),
come ad esempio la guardia dell’arciere (sagit- ritrovato a Roma alla
taria), i colpi a martello, le leve alle braccia fine dell’Ottocento,
portate in posizione eretta o la mancanza di in un versante del
schiene a terra nella lotta al suolo. Quirinale.
La tecnica era perfezionata e studiata in
modo da sfruttare le caratteristiche di ogni
struttura fisica, dato che in quasi 1.000 anni
di storia olimpica non ci furono mai catego-
rie di peso. Inoltre, si combatteva a oltranza, a
mani nude, in una ripresa unica, senza round
né punteggi: l’incontro terminava con la sot-
tomissione di uno dei due contendenti, che
poteva essere per ko, oppure per resa.

UNO SPORT PER SOLDATI


Il pancrazio non rimase relegato al solo am-
biente olimpico, e la sua forte connotazione
militare lo portò sui campi di addestramento di
opliti, falangisti e legionari. Filostrato racconta
di come, nell’epica resistenza dei 300 alle Ter-
mopili, quando lance e spade erano ormai per-
se o spezzate, pur di non arrendersi al nemico,
gli Spartani continuarono a combattere a mani
nude, usando proprio le tecniche del pancrazio.
La fama di quest’arte marziale, che portava
gloria e onore nei Giochi olimpici (e negli altri
giochi panellenici), e al contempo migliorava le
prestazioni dei soldati, finì per superare i confi-
ni della Grecia. Filippo di Macedonia (382-336
a.C.) ne rimase affascinato e suo figlio Alessan-
dro (356-323 a.C.) decise di utilizzarla come
addestramento per la sua falange, che marciò vit-
toriosa alla conquista del mondo antico. Voleva
usare il pancrazio per avere soldati più resistenti
in battaglia, che sapessero affrontare qualunque
tipo di sfida e che, all’occorrenza, potessero, ap-
punto, combattere a mani nude. Con l’espansio-
ne verso oriente e la sua politica di integrazione
dei popoli assoggettati al dominio macedone,
Alessandro esportò il pancrazio fino
alla valle dell’Indo, insegnan-
dolo all’ingente numero di
soldati locali reclutati nel suo
esercito, che dovevano es- ›
PANCRAZIO, IL WRESTLING DEGLI ANTICHI

PRESE E PUGNI sere addestrati secondo le tecniche della falange. al pancrazio troviamo un paio di altre arti del
Sotto, la presa di Curzio Rufo, storico romano di età im- combattimento: pygmachia e pale, due
due pancraziasti in periale, racconta di come Dioxippo, discipline a sé stanti, ognuna con
un marmo greco. pancraziasta vincitore dei Giochi una storia alle spalle.
Nel tondo, scena olimpici del 336 a.C., abbia sfi-
di lotta su un vaso. dato e sconfitto Coragus, uno IL PUGILATO E LA LOTTA
A fronte, pugilatore dei migliori soldati di Ales- Il pugilato (pygmachia) era
da un affresco sandro (armato di tutto pun- presente ai Giochi olimpici
pompeiano. to), usando solamente un ba- fin dal 688 a.C. ed era l’uni-
stone e le sue doti atletiche, ca disciplina a prevedere l’uso
guadagnandosi il rispetto e la di protezioni, che variarono
stima dello stesso Alessandro. nel corso dei secoli. Fino al VI
Il pancrazio (con il nome di secolo a.C. si parla di himantes,
pancratium) giunse infine a Roma, fasce di cuoio avvolte attorno alle
dove fu incorporato nei ludi e molto ap- nocche che lasciavano però libere le dita,
prezzato dai legionari, che lo utilizzarono come per permettere la massima mobilità; dal V secolo
parte integrante del loro addestramento. Tutto troviamo invece gli sphirai, fasce più spesse e più
questo ebbe termine nel 393 d.C. con l’editto dure sul lato che sarebbe entrato in contatto con
dell’imperatore Teodosio, che scrisse la parola l’avversario, grazie a uno speciale trattamento
“fine” sulla gloriosa storia dell’atletica che prevedeva l’affumicatura. Dal IV secolo, infi-
antica, almeno finché quest’ulti- ne, furono introdotti i caesti, veri e propri “guan-
ma non venne riscoperta, stu- toni” muniti di fasce e borchie, ben visibili nella
diata e riproposta. statua in bronzo del “pugile a riposo”, conservata
Tra le discipline al Museo nazionale romano. Queste protezioni
olimpiche, accanto non vennero mai utilizzate per la parte pugilisti-
ca del pancrazio, in primo luogo per mantenere
quell’identità di arte militare che non scom-
parve nel momento in cui entrò a far parte
del mondo olimpico, ma anche perché le
protezioni, di qualunque genere, erano
incompatibili con la fase lottatoria, in
cui era necessario avere le mani libere
per le prese e le proiezioni. Per questo
motivo, nei ginnasi e nelle competizioni
dei novizi si sviluppò l’akrocherismos, ov-
vero il pugilato praticato a mano aperta, dove a
colpire era la base del palmo. Questo permetteva
di trasformare agilmente un colpo in una presa,
per passare poi alla fase di lotta. Anche per il pugi-
lato non esisteva il concetto moderno di punti né
di riprese: il combattimento proseguiva a oltran-
za, fino alla resa dell’avversario o alla sua totale
sconfitta, contrariamente a quanto accadeva nel-
la lotta, dove la vittoria si otteneva
dopo aver ottenuto tre punti.
Nelle competizioni olimpi-
che di pale (lotta) veniva as-
segnato un punto all’avver-
sario ogniqualvolta un atleta
poggiava a terra la schiena, o
anche solo l’anca e la spalla.
La lotta fu il più antico sport da
SPORT

ARRACHION: STRANA
STORIA DI UNA VITTORIA

N elle competizioni agonistiche, si sa, vincere è la cosa più


importante: ogni atleta è spinto dal desiderio di prevalere
e conquistare gloria e onore. Così era anche per Arrachion,
pancraziasta vincitore della 52a Olimpiade, svoltasi nel 572 a.C.
Non ancora soddisfatto, quattro anni dopo l’atleta si presentò
nuovamente a Olimpia per difendere il suo titolo.
Pausania e Filostrato ci narrano il suo combattimento, poi
passato alla Storia. Bloccato in una morsa che gli avvolgeva il
collo, pur di non arrendersi Arrachion riuscì a stortare il dito del
piede dell’avversario, costringendolo ad arretrare per il dolore
e ad arrendersi. Quando però i giudici alzarono il braccio
dell’atleta per decretarlo nuovamente vincitore, si accorsero che
era morto soffocato. Ciò, tuttavia, non lo privò del titolo: il suo
corpo fu incoronato d’alloro e venne eretta una statua in suo
onore nella città di Phigalia, sua patria d’origine.

combattimento a essere inserito nei Giochi


olimpici, nel 708 a.C., ben prima dei suoi due
“colleghi”. L’origine di questa disciplina affon-
da le radici nel mito. Si narra infatti che il ce-
lebre eroe ateniese Teseo abbia sconfitto il Mi-
notauro, essere mostruoso metà uomo e metà
toro, proprio con un combattimento di pale,
dopo aver raggiunto il centro del labirinto gra-
zie all’aiuto di Arianna e del suo celebre filo.
Il corrispondente mitico della lotta è neces-
sariamente Eracle (Ercole), simbolo per eccel-
lenza della forza dell’uomo e della sua volontà
di diventare un eroe. Non a caso, lo stesso Era-
cle sarà in seguito l’eroe venerato dai gladia-
tori. Nella prima delle sue 12 fatiche, il figlio
di Zeus affronta il terribile leone di Nemea,
invulnerabile a ogni arma ma sconfitto con le
sole mani e le tecniche della lotta, che portano
Federpancrazio, branca sportiva dell’associazione di archeolo-
Eracle a sottometterlo e strangolarlo. Anche gli
gia sperimentale Ars Dimicandi, propone corsi di pancrazio clas-
eroi omerici ben conoscevano e utilizzavano
sico (ricostruito grazie ad anni di ricerca e archeologia sperimen-
queste arti marziali. Quando, nel XXIII canto
tale) presso il Cus di Dalmine (Bg) e in altre palestre lombarde.
dell’Iliade, vengono descritti i giochi in onore
Per info: arsdimicandi.net
di Patroclo, subito dopo la corsa con i carri
(considerata la gara più spettacolare in assolu-
to) vengono citati, nell’ordine, combattimenti
di pugilato e lotta, in cui gli Achei si sfidano
per onorare la memoria dell’eroe defunto.

CIVILTÀ ROMANA 17
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA
LA DISTRUZIONE DI

L’INIZIO DELLA FINE


Morte e disperazione
sullo sfondo di un cielo
infuocato: così Karl
Brjullov immagina
L’ultimo giorno di
Pompei (1827-1830).

18 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

POMPEI 79 d.C.
Mentre il Vesuvio scatenava il suo inferno di polveri incandescenti, fumi
e fiamme , Plinio il Vecchio, naturalista e ammiraglio, si spingeva
verso il disastro per studiarne la natura. Suo nipote, Plinio
il Giovane, ne raccontò la morte in due lettere scritte a Tacito

di Elena Percivaldi

CIVILTÀ ROMANA 19
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

L’
MORTE VIVA estate, per gli antichi Romani, entrava to da Cerere, dea delle messi e della fecondità,
Sotto, i colonnati nel vivo alla fine di agosto. In quel pe- presso il cui santuario, il giorno successivo, ve-
e gli edifici di riodo si celebravano alcune importanti niva aperto il mundus, la fossa circolare che si
Pompei si stagliano festività agresti che riconducevano al mon- credeva mettesse in contatto il mondo dei vivi
contro il profilo del do contadino arcaico e alle poten- con quello dei morti, che rivelavano
Vesuvio, a circa 10 ze sotterranee che si riteneva agli uomini i loro segreti. Così
km dalla città. Nel governassero il mondo. Il 23 “mundus patet”, il mondo si
tondo, affresco con agosto toccava ai Volcana- spalancava, e i riti di purifi-
l’immagine di una lia: uomini e donne si ra- cazione che si celebravano
donna che scrive, dunavano intorno al Vol- introducevano all’Opalia,
catalogato come ri- canal, l’altare di Vulcano la festa che metteva al ri-
tratto della poetessa situato fuori dal recinto paro i raccolti e garantiva
Saffo. Nella pagina sacro del pomerio (il pe- prosperità alla comunità
a fronte, l’eruzione rimetro di Roma tracciato e all’impero, preservandoli
in un quadro sette- da Romolo), per onorare il da fame e carestie.
centesco di Joseph dio del fuoco distruttivo, che Nell’agosto del 79 d.C.,
Wright of Derby. a differenza del fuoco domestico però, le divinità telluriche par-
(incarnato dalla rassicurante dea Ve- vero più presenti del solito. Nell’area
sta), se non viene governato arde e divora ogni campana intorno al Vesuvio la terra tremava
cosa senza controllo. Nelle campagne, il rito sempre più spesso e un flebile rumore, simile a
continuava con i contadini che accendevano un muggito, echeggiava a tratti in lontananza.
falò per celebrare l’inizio del raccolto, propizia- Pochi anni prima, nel 62, alle pendici del mon-

20 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

te un grosso terremoto aveva distrutto diverse


case, ma i contadini non si erano persi d’ani-
mo e avevano prontamente rimesso in sesto i
loro tuguri, volendo continuare a sfruttare il
clima assolato e la fertilità dei campi. I ricchi IL “MISTERO” DELLA DATA:
patrizi, dal canto loro, avevano ricostruito ville
più lussuose di quelle distrutte: Stabia, Pom- 24 AGOSTO O 24 OTTOBRE?
pei, Ercolano erano località esclusive e ambite,
e non si poteva certo rinunciare con leggerezza
agli ozi campani o al panorama mozzafiato che
si godeva dalla costa, sul cui sfondo si stagliava
L a data dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è attestata da
una delle due lettere scritte da Plinio il Giovane a Tacito. Nella
variante del manoscritto ritenuta più attendibile si legge “nonum
il cono del vulcano ormai silente da secoli. kal. Septembres”, cioè nove giorni prima delle Calende di set-
tembre, giorno che corrisponde al 24 agosto.
UN POMERIGGIO TRAGICO Tuttavia alcuni dati archeologici hanno fatto sollevare dei dub-
Il 24 agosto (ma sulla data c’è incertezza), in- bi: la frutta secca carbonizzata e il mosto in fase di invecchia-
torno all’una del pomeriggio, con un terribile bo- mento, trovato sigillato nei contenitori, suggerirebbero che l’e-
ato il Vesuvio si svegliò all’improvviso. Il magma vento sia avvenuto in autunno, così come la presenza di bracieri,
in risalita incontrò le falde acquifere innescando usati di solito per il riscaldamento. Inoltre, una moneta emersa a
una serie di esplosioni a catena, e la pressione Pompei è datata alla quindicesima acclamazione di Tito a impe-
generata liberò nell’aria una gigantesca colonna ratore, avvenuta dopo l’8 settembre del 79. È quindi probabile
di gas, ceneri, pomici e frammenti litici che, in che il giorno dell’eruzione sia stato il 24 ottobre, e che l’indica-
poche ore, si alzò maestosa sul monte per oltre › zione contenuta nel manoscritto sia frutto di un errore del copista.

CIVILTÀ ROMANA 21
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

rasse immediatamente una liburnica (una nave


da guerra veloce, munita di sperone e con due
ordini di remi) e mi offrì la possibilità di andare
con lui se solo lo avessi desiderato». Ma il ragaz-
zo, che all’epoca non aveva nemmeno 18 anni,
non si rese conto di quello che stava per succe-
dere e preferì restare a Miseno, continuando a
leggere gli scritti di Tito Livio, che lo stesso zio
gli aveva raccomandato di studiare.
Mentre il naturalista usciva di casa, un inser-
viente gli andò incontro consegnandogli una let-
tera di Rectina, una matrona con cui aveva una
relazione e la cui villa si trovava sulla spiaggia sot-
to il vulcano. Terrorizzata, la donna lo pregava di
intervenire subito per portarla in salvo. A quel
punto, Plinio cambiò progetto e quella che era
una missione scientifica si trasformò in un’im-
presa umanitaria. L’urgenza era quella di mettere
a disposizione le imbarcazioni e recarsi sul posto
a soccorrere ed evacuare quanta più gente pos-
sibile. Mentre la flotta si avvicinava, la cenere
cadeva sulle navi sempre più calda e densa. L’e-
quipaggio era esposto a una sassaiola di pomici e
pietre nere, corrose e spezzate dal fuoco. Una fra-
na della montagna impedì a Plinio di accostarsi
al litorale, ma non bastò a scoraggiarlo: al pilota,
che gli suggeriva di tornare indietro, intimò di
dirigersi verso Stabia, dalla parte opposta del gol-
fo, dove si trovava la casa dell’amico Pomponia-
QUEL CHE RESTA 20 km intorno. Uno dei primi a notarla fu Gaio no. «Fortuna iuvat», la fortuna aiuta gli audaci,
Al centro, il cane di Plinio Secondo, detto il Vecchio, che si trovava a disse: lì avrebbe trovato un approdo e un
un antico pompe- Miseno (non lontano da Pompei) con il nipote riparo, e studiato la situazione con calma.
iano, morto, come Plinio il Giovane come comandante della flotta
il padrone, durante imperiale, istituita da Augusto per sorvegliare PIOGGIA DI LAPILLI
l’eruzione. La la parte occidentale del Mediterraneo. Con Intanto, però, l’eruzione continua-
posizione acciam- l’occhio del naturalista (era autore del- va e la pioggia di cenere e lapilli cadeva
bellata dell’ani- la monumentale Naturalis historia, senza sosta. Nelle città alle pendici del
male testimonia la summa del sapere scientifico Vesuvio regnava il panico e le strade
sofferenza patita. dell’epoca), Plinio capì che brulicavano di gente terrorizzata
Sopra, il particolare quell’enorme nuvola a for- che non sapeva che cosa fare.
di un affresco stra- ma di pino marittimo era La terra a tratti tremava e
ordinariamente ben parte di un fenomeno il Vesuvio risplendeva delle
conservato della straordinario. Il suo larghe strisce di fuoco degli
Villa dei Misteri, istinto gli disse che do- incendi che emettevano alte
uno dei luoghi più veva studiarla, così par- vampate. I bagliori e la luce
visitati degli scavi tì immediatamente per aumentavano man mano che il
di Pompei. osservarla da vicino. sole si avviava al tramonto. Plinio giunse da
Trent’anni più tardi, pro- Pomponiano e lo trovò spaventato, intento
prio Plinio il Giovane, scrivendo all’amico e sto- a fare i bagagli. Lo abbracciò e cercò di confor-
rico Publio Cornelio Tacito, avrebbe narrato con tarlo. Pur di tranquillizzarlo fece un bagno, si
dovizia di particolari l’ansia febbrile provata dallo sedette con lui a tavola e cenarono.
zio in quei momenti: «Ordinò che gli si prepa- Con il calare delle tenebre, l’attività del vul- ›

22 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

cano parve rallentare. A Pompei e Stabia comin- aveva ricominciato a cadere e ricoprì tutto di DEE E AMORI
ciò a diffondersi la voce che il peggio era passato, una lugubre coltre grigia. La terra riprese a tre- Nel tondo, Venere
gli dei si erano quietati ed erano tornati propizi: mare e i palazzi a squassarsi. Plinio fu svegliato e Marte in un
il pericolo era ormai cessato. Qualcuno era riu- dalle urla: il cortile della villa era ormai ostruito affresco della casa
scito ad allontanarsi o a salpare, ma la gran dai detriti, e se si fosse indugiato ancora di Marco Lucrezio
parte degli abitanti era rimasta, per- sarebbe stato impossibile fuggire. Frontone, uno degli
ché esitava a lasciare la propria Che cosa fare? Restare al riparo uomini più potenti
casa. Tranquillizzati, in molti in casa e attenderne l’inelut- della città e pro-
rientrarono per recuperare tabile crollo trovando la babile parente di
denaro e oggetti preziosi, morte sotto le macerie, Tito Lucrezio Caro,
preparandosi comunque a oppure uscire allo sco- autore del poema
trascorrere una notte che, perto, sfidando il fumo filosofico De rerum
nonostante la terra tremas- e la tempesta di lapilli natura. All’interno
se di continuo, speravano che schizzavano dal cielo dell’abitazione sono
serena dopo gli affanni e come schegge impazzite? state ritrovate intatte
il terrore provato durante il magnifiche pitture.
giorno appena terminato. Fu IN CERCA DI SALVEZZA Sotto, la morte di
una trappola mortale. All’alba, Gli uomini si guardarono negli Plinio il Vecchio
l’attività del Vesuvio riprese con ecce- occhi, in silenzio, il terrore era pal- sulla spiaggia di
zionale vigore e gli abitanti di Pompei e Sta- pabile. Qualcuno singhiozzava mestamente, Stabia, dov’era
bia furono sorpresi, chi nel sonno e chi appena chinando il capo. Alla fine si decise: tutti fuori, approdato.
sveglio, da una nuova ondata di cenere e lapilli. a sfidare la sorte. «Fortuna iuvat», ripeté Plinio
Nella villa di Pomponiano, Plinio si era corica- come un mantra. Si arraffarono cuscini e pezzi
to per la notte e si era addormentato profonda- di stoffa, e con questi copricapo improvvisati si
mente, tanto che gli altri, non riuscendo a chiu- lasciò la villa, avventurandosi nella tormenta di
dere occhio, lo sentivano russare fino in cortile. cenere. Era l’alba, ma il sole si era rifiutato di
Come neve sporca, la cenere mista a pomice sorgere: il cielo era buio e nero come pece. ›
Continua a pag. 26

LO SCHELETRO DI PLINIO

D estò grande scalpore, all’inizio Novecento, il ritrovamento, presso la foce del Sarno, di 73
scheletri che appartenevano a persone morte durante l’eruzione. Alcuni di loro avevano con sé
piccole borse di monete, ma uno, isolato rispetto agli altri, indossava diversi gioielli, tra i quali un
bracciale a forma di serpente, una collana d’oro e un anello con due teste di leone. Inoltre aveva
un gladio dall’elsa d’avorio ornata di conchiglie dorate. Alcuni di questi attributi erano chiaramen-
te di carattere militare, il che ha
fatto supporre di trovarsi di fron-
te allo scheletro di Plinio il Vec-
chio, morto durante le operazio-
ni di soccorso alle popolazioni
colpite dalla sciagura.
Il presunto “teschio di Plinio”
è oggi conservato nel Museo
Storico dell’Arte sanitaria di
Roma, in attesa di uno sponsor
che gli permetta di essere stu-
diato dalla stessa équipe che si
è occupata di Ötzi, la celebre
mummia del Similaun.

CIVILTÀ ROMANA 23
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

LO STUDIOSO
Busto di Plinio il
Vecchio (23-79
d.C.). Scienziato e
scrittore, scrisse la
Naturalis historia,
che con i suoi 37
libri costituisce
una vera summa
delle conoscenze
dell’epoca.

LA MORTE DI PLINIO IL VECCHIO


NELLE LETTERE DI PLINIO IL GIOVANE A TACITO

P etis, ut tibi avunculi mei exitum


scribam, quo verius tradere
posteris possis. Gratias ago;
Mi chiedi che io ti esponga la morte di mio
zio, per poterla tramandare con una mag-
giore obiettività ai posteri. Te ne ringrazio,
nam video mortis eius, in quanto sono sicuro che, se verrà cele-
si celebretur a te, brata da te, la sua morte sarà destinata a
immortalem gloriam gloria immortale.
esse propositam.
Era a Miseno e teneva personalmente il
Erat Miseni comando della flotta. Il 24 agosto, verso
classemque l’una del pomeriggio, mia madre lo informò
imperio praesens che spuntava una nube fuori dell’ordinario
regebat. Nonum sia per la grandezza sia per l’aspetto.
Kal. Septembres
hora fere Si elevava una nube, ma chi guardava
septima mater da lontano non riusciva a precisare da
mea indicat quale montagna [si seppe poi che era il
ei apparere Vesuvio]: nessun’altra pianta meglio del
nubem inusitata et pino ne potrebbe riprodurre la forma.
magnitudine et specie.
Nella sua profonda passione per la
Nubes, incertum procul scienza, lo considerò un fenomeno molto
intuentibus, ex quo monte importante e meritevole di essere studiato
(Vesuvium fuisse postea più da vicino.
cognitum est), oriebatur,
cuius similitudinem et Si affrettò colà donde gli altri fuggivano
formam non alia magis e puntò la rotta e il timone proprio nel cuo-
arbor quam pinus re del pericolo, così immune dalla paura
expresserit. da dettare e annotare tutte le evoluzioni e
tutte le configurazioni di quel cataclisma,
Magnum propiusque come riusciva a coglierle successivamente
noscendum, ut con lo sguardo.
eruditissimo viro,
visum. Iubet Oramai, quanto più si avvicinavano, la
liburnicam aptari. cenere cadeva sulle navi sempre più calda
e più densa, vi cadevano ormai anche po-
Properat illuc, unde alii mici e pietre nere, corrose e spezzate dal

24 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

fugiunt, rectumque cursum, recta fuoco, ormai si era creato un bassofondo LO STORICO
gubernacula in periculum tenet improvviso e una frana della montagna im- Testa in bronzo di
adeo solutus metu, ut omnis pediva di accostarsi al litorale. Tito Livio (59 a.C.-
illius mali motus, omnis figuras, 17 d.C.): mentre lo
ut deprenderat oculis, dictaret Dopo una breve esitazione, al pilota che zio moriva a Stabia,
enotaretque. Iam navibus cinis gli suggeriva di ripiegare all’indietro, tosto Plinio il Giovane
incidebat, quo propius accederent, replicò: «La fortuna aiuta i prodi; dirigiti leggeva le sue
calidior et densior, iam pumices sulla dimora di Pomponiano». opere a Miseno,
etiam nigrique et ambusti et fracti risparmiata dalla
igne lapides, iam vadum subitum Nel frattempo dal Vesuvio risplendevano in furia del vulcano.
ruinaque montis litora obstantia. molti luoghi larghissime strisce di fuoco e
incendi che emettevano alte vampate, i cui
Cunctatus paulum, an retro bagliori e la cui luce erano messi in risalto
flecteret, mox gubernatori, ut ita dal buio della notte.
faceret, monenti «fortes», inquit,
«fortuna iuvat, Ponponianum pete!». Infatti, sotto l’azione di frequenti ed enor-
mi scosse, i caseggiati traballavano e,
Interim e Vesuvio monte pluribus come se fossero stati sbarbicati dalle loro
locis latissimae flammae altaque fondamenta, lasciavano l’impressione di
incendia relucebant, quorum fulgor sbandare ora da una parte ora dall’altra
et claritas tenebris noctis excitabatur. e poi di ritornare in sesto. D’altronde all’a-
perto cielo c’era da temere la caduta di
Nam crebris vastisque tremoribus pomici, anche se erano leggere e corrose;
tecta nutabant et quasi emota tuttavia il confronto tra questi due pericoli
sedibus suis nunc huc, nunc illuc indusse a scegliere quest’ultimo.
abire aut referri videbantur.
Sub dio rursus quamquam levium Altrove era già giorno, là invece era una
exesorumque pumicum casus notte più nera e più fitta di qualsiasi notte,
metuebatur; quod tamen quantunque fosse mitigata da numerose fiac-
periculorum collatio elegit. cole e da luci di varia provenienza. Si trovò
conveniente di recarsi sulla spiaggia e osser-
Iam dies alibi, illic nox omnibus vare da vicino se fosse già possibile tentare il
noctibus nigrior densiorque, quam viaggio per mare; ma esso perdurava
tamen faces multae variaque lumina ancora sconvolto e intransitabile.
solabantur. Placuit egredi in litus et
ex proximo adspicere, ecquid iam Colà, sdraiato su di un pan-
mare admitteret, quod adhuc vastum no steso a terra, chiese a due
et adversum permanebat. riprese dell’acqua fresca e ne
bevve. Poi delle fiamme e un
Ibi super abiectum linteum odore di zolfo che preannun-
recubans semel atque iterum frigidam ciava le fiamme spinsero gli
poposcit hausitque. Deinde flammae altri in fuga e lo ridestarono.
flammarumque praenuntius odor
sulpuris alios in fugam vertunt, Quando riapparve la luce
excitant Illum. del sole (era il terzo giorno
da quello che aveva visto per
Ubi dies redditus (is ab eo, ultimo) il suo cadavere fu ritrova-
quem novissime viderat, tertius), to intatto, illeso e rivestito degli
corpus inventum integrum, inlaesum stessi abiti che aveva indossati:
opertumque, ut fuerat indutus: la maniera con cui si presentava
habitus corporis quiescenti quam il corpo faceva più pensare a uno
defuncto similior. che dormisse che non a un morto.

CIVILTÀ ROMANA 25
PLINIO IL GIOVANE RACCONTA LA DISTRUZIONE DI POMPEI, 79 D.C.

IL DRAMMA
NEGLI ULTIMI RITROVAMENTI

L a riscoperta di Pompei e delle altre città vittime dell’e-


ruzione cominciò nel Settecento. Da allora numerose e
ininterrotte campagne di scavo hanno riportato alla luce
non solo gli abitati, ma anche i dettagli del dramma.
Gli ultimi stanno emergendo nella Regio V di Pompei, fino-
ra mai toccata dalle indagini. Di recente sono stati ritrovati
dapprima lo scheletro e poi il cranio di uno dei fuggiaschi:
era un uomo di circa 35 anni e stava cercando di mettersi
in salvo fuggendo, ma venne travolto e schiacciato da un
grosso blocco di pietra, probabilmente smosso dalla furia
della nube piroclastica. Con sé portava un piccolo tesoret-
to di monete che gli avrebbero consentito di continuare a
vivere altrove. Un altro scheletro, stavolta di un bambino di
età compresa tra i 7 e gli 8 anni, è stato rinvenuto nell’area
delle Terme Centrali. I resti sono allo studio degli esperti e,
si spera, riveleranno altri dettagli sulle ultime drammatiche
ore delle città distrutte dall’eruzione.

Plinio, Pomponio e il loro di fuga che, però, non esisteva più. Plinio si alzò
gruppo si gettarono in stra- in piedi, sorretto da due schiavi. Pareva impo-
da, precedendo di un soffio la nente come una statua greca, ma poi stramazzò
fiumana di gente che correva, di nuovo a terra, stringendosi con le mani la gola
come un torrente in piena, ver- otturata. Il suo cadavere, ci racconta il nipote, fu
so la spiaggia. Giunti sul posto, ritrovato il giorno seguente, quando riapparve
provarono a scrutare il mare, la luce del sole: era intatto e rivestito degli stessi
ma gli elementi l’avevano in- abiti che aveva indossato alla partenza. Sembrava
grossato al punto che da Sta- dormisse ma, come decine di
bia le navi della flotta non altre persone che giaceva-
potevano più salpare. no un po’ più lontano,
Tutto era perduto. era morto.
Stremato, Plinio si Intanto, Plinio il
lasciò cadere a terra. Giovane se ne sta-
Chiese dell’acqua va a Miseno con
fresca, gliela porta- la madre. Dopo
rono e la bevve. In aver congedato lo
quel momento un zio, il ragazzo non
forte odore di zolfo si era messo in allar-
invase l’aria, prean- me, abituato com’e-
nunciando le fiamme che, ra alle sue stranezze di
spinte dalla pioggia di lapilli scienziato. Aveva dunque
ardenti, stavano ormai divoran- ripreso in mano le storie di Livio e si era mes-
do ogni cosa. Al puzzo mefitico so tranquillamente a leggere, senza badare
seguì una massa urlante e im- più di tanto alle scosse di terremoto, che in
pazzita, che si accalcava sulla Campania sono un fenomeno tutt’altro che
spiaggia alla ricerca di una via raro: notò soltanto che erano diventate più

26 CIVILTÀ ROMANA
COVER STORY

frequenti e più forti. Arrivò un amico dello


zio, dalla Spagna, e trovando il giovane e la
madre lì impalati si mise a gridare, esortan-
doli a scappare subito. I due si scossero dal
torpore. Usciti di casa, si trovarono inseguiti
da un’enorme ressa che incalzava e spingeva
nel tentativo di allontanarsi. Usciti, non si sa
come, da Miseno, furono paralizzati da un
tremendo spettacolo: i carri carichi di gente e
masserizie sbandavano per ogni dove, squas-
sati dalle continue scosse, e sulla spiaggia il
mare si “riavvolgeva” su se stesso, quasi arre-
trasse spinto dalla forza tellurica. Dalla parte
opposta, verso monte, una nube nera, lacera-
ta da lampeggianti soffi di fuoco, incombeva
sulla città come una gigantesca belva mostruo-
sa, emettendo fiamme simili a fulmini. L’ami-
co spagnolo, che fino a quel momento li aveva
seguiti, li esortò di nuovo a fuggire, ma Plinio
rispose di non poterlo fare senza avere prima
notizie dello zio. L’uomo, allora, li guardò in
silenzio, e senza nemmeno salutarli, scuotendo
il capo, volse le spalle e si dileguò.
Quando apparve la luce, tutto aveva una for- LA BASILICA
LA MORTE DAL CIELO ma nuova ed era coperto da una spessa coltre Sopra, la Basilica,
Poco dopo, la nube infernale piombò sulla di cenere, che rendeva il panorama monotono edificio pubblico
terra e ricoprì il mare. La madre di Plinio sup- e irreale. Gli abitanti di Miseno erano stati for- utilizzato sia come
plicò il figlio di mettersi in salvo, lasciandola al tunati, perché la maggior parte di loro, pur nel tribunale che come
suo destino; il ragazzo, però, non volle sentire terrore e nello sgomento, era scampata al dram- luogo di contratta-
ragioni e, presa la donna per mano, accelerò il ma ed era lì, ora, a vagare inebetita. Nessuno zioni commerciali.
passo, fuggendo con lei come animali braccati. sapeva che, poco lontano, Pompei era stata can- Nel tondo, un
Dietro, la nube di fumo li seguiva, impetuosa cellata dalla faccia della Terra. Né che Ercolano, affresco della Casa
come un torrente. Giunse finalmente la notte. rimasta defilata nelle prime fasi dell’eruzione, degli Amorini Do-
Un cielo basso, cupo di cenere e sen- era poi stata investita, per effetto del rati. Il proprietario
za stelle, riecheggiava dei pian- vento, dalla gigantesca colonna di era Gneo Poppeo
ti disperati delle donne e dei materiali che aveva iniziato a Habitus, imparen-
bambini e trasmetteva come collassare. Una nube ardente tato con Poppea,
un’eco le imprecazioni degli di gas, ceneri e vapore ac- seconda moglie
uomini, che si univano alle queo si era abbattuta con di Nerone. Nella
voci di chi cercava i figli, violenza inaudita sulla cit- pagina a fronte, il
il coniuge, i parenti. C’e- tà, vaporizzando all’istante calco di una delle
ra chi si lamentava di aver quanti si erano riversati vittime dell’eruzio-
perso tutto, chi si augurava all’aperto nel disperato ten- ne e, nel tondo,
la morte, chi, al contrario, la tativo di mettersi in salvo. Polifemo e Galatea
temeva. Molti alzavano le mani Chi era rimasto al riparo aveva in un affresco prove-
al cielo invocando gli dei, ma i più trovato una morte diversa, lenta e niente da Pompei o,
erano convinti di essere stati abban- ancora più atroce. Due giorni dopo, secondo altre fonti,
donati. Correvano notizie spaventose, spesso al tramonto, il Vesuvio tornò ad assopirsi e sul da Ercolano.
inventate e false, ma la gente ci credeva e pian- golfo di Napoli calò il silenzio. Pompei, Ercola-
geva, scuotendosi attonita la cenere di dosso. no, Stabia, Oplontis e le migliaia di anime che
Quella notte interminabile, per molti l’ultima le abitavano non c’erano più, sepolte sotto un
del mondo, si risolse alla fine in un’alba livida. milione di metri cubi di cenere.

CIVILTÀ ROMANA 27
IL DIO DAI DUE VOLTI

28 CIVILTÀ ROMANA
MITI E RITI

Considerato protettore della pace e della navigazione, IERI E OGGI


Sotto, l’arco di
Giano è anche il dio degli inizi e delle porte. La sua origine, Giano, monumenta-
avvolta nel mistero, sfuggiva agli stessi Romani le struttura a quattro
archi costruita nel
di Alessandra Colla IV secolo d.C. nei
pressi del Foro

T
Boario, dove si
ra gli dei dell’antica Roma, nessuno è mi- ne le porte essa era libera di dilagare nel mondo. teneva il mercato
sterioso e affascinante come Giano, il dio Ma la caratteristica principale del dio sta nel del bestiame. Non
bifronte i cui due volti, orientati in direzio- suo stesso nome, Ianus, che ha la medesima eti- si trattava di un
ni opposte, rimandano a significati spesso scono- mologia di ianua, “porta”. Giano, antichissimo luogo dedicato al
sciuti agli stessi Romani. dio del Sole, apre e chiude la porta celeste che culto del dio, ma
A differenza di altre divi- consente agli uomini di godere della luce solare, era sotto la sua
nità dell’Urbe, Giano non da cui proviene la vita. Infatti gli era attribuito protezione, come
aveva una controparte gre- l’appellativo di matutinus pater, “padre del matti- tutti gli archi posti
ca; era però antichissimo, e no”. Il duplice ruolo di colui che apre, sulle pubbliche vie.
probabilmente apparteneva patulcius, e di colui che chiude, Al centro, una me-
a un pantheon arcaico, esi- clusius, è simboleggiato dai due daglia con l’effigie
stente nel Lazio ben prima che la volti, che significano anche di Giano e una
penisola entrasse in contatto con la Grecia o l’interno e l’esterno, ciò che è moneta d’epoca ne-
ne subisse l’influenza. Tracce di divinità analo- stato e ciò che sarà. Allo stesso roniana recante l’im-
ghe al Giano romano si ritrovano tra i Sumeri, modo, Giano è considerato il magine del tempio
nel dio Isimu (a volte chiamato anche Isimud o dio di ogni inizio e quindi anche a lui dedicato, oggi
Usimu), araldo e messaggero di Enki, il dio delle la divinità dei passaggi e della soglie. A non più esistente.
acque e della sapienza, creatore dell’uomo e bene- lui erano sacri gli iani, ossia gli archi di passaggio Nella pagina a
fattore dell’umanità. È significativo che, secondo posti sulle pubbliche vie, e la ianua, la porta delle fronte, una testa in
il mito, Giano sia giunto in Italia viaggiando per abitazioni. A lui ci si rivolgeva prima di dare inizio pietra della divinità,
mare, proveniente dalla Tessaglia, regione ellenica a una qualsiasi impresa, ed era anche protettore risalente al II secolo
nota per essere «patria degli incantesimi e dell’arte del concepimento e della nascita. Per questo mo- a.C., ritrovata a
magica», come scrive il filosofo e prosatore latino tivo il calendario riformato nel 46 a.C. da Giulio Vulci (Viterbo).
Apuleio (125-170 d.C. ca.) nelle Metamorfosi. Cesare si apriva con il mese Januarius, il nostro
gennaio, ancora oggi primo mese dell’anno.
DIO DELLE NAVI E DELLA PACE
Per questo Giano è stato annoverato tra le di-
vinità “acquatiche”, ed è considerato l’inventore
delle navi e il protettore della navigazione, dei
porti e delle vie fluviali. Si credeva che avesse il
potere di far zampillare all’improvviso l’acqua dal
terreno, come accadde quando salvò Roma dai
Sabini: entrati in città dalla porta alle pendici del
Viminale (che in seguito al prodigio fu chiamata
Ianualis), i nemici furono travolti dalle onde di
un torrente scaturito all’improvviso dal tempio di
Giano (andato perduto e la cui esatta collocazio-
ne non ci è nota). Le sue porte restavano sbarrate
in tempo di pace, per spalancarsi in caso di guer-
ra: secondo i poeti Ovidio (43 a.C.-18 d.C.) e
Orazio (65-27 a.C.), Giano era il custode della
Pace, e fuggiva dal tempio quando scoppiava un
conflitto. Secondo Virgilio, invece, era la Guerra
a essere tenuta sotto chiave nel tempio, e aprendo-

CIVILTÀ ROMANA 29
MOSAICI LICENZIOSI
La Casa del Fauno
di Pompei è ricca di
mosaici sorprendenti,
come questo, che
mostra una coppia in
atteggiamenti esplici-
tamente intimi. Nella
pagina a fronte, un
bassorilievo pompeia-
no a tema erotico.

30 CIVILTÀ ROMANA
EROS

I LUPANARI
VIZIO E LUSSURIA
Ambulatrix, fornicatrix, meretrix: molti nomi per definire
una sola professione, quella della prostituta, che nella
Roma antica era considerata una misura di salute pubblica
di Alessandra Colla

S
enza la lupa che allattò Romolo e Remo, sia all’igiene sia alla tranquillità delle donne
Roma non sarebbe esistita. Ma lupa era o dei bambini di nascita libera», attribuendo
anche uno dei nomi dati alle prostitute, e loro «una funzione di salute pubblica».
a crescere i gemelli fatali fu Acca Larenzia, che Del resto non avrebbe potuto essere di-
di mestiere pare facesse appunto la “lupa”: così versamente, perché Roma imponeva alle sue
il cerchio si chiude, legando indissolubilmente donne una morale sessuale rigidissima, che
la prostituzione alla fondazione dell’Urbe. condannava a morte le adultere. L’unico
A Roma i bordelli non erano né uno scan- modo lecito per consentire il giusto sfogo
dalo né un’anomalia, ma costituivano un all’esuberanza virile era dunque il manteni-
elemento primario per la coesione del tessu- mento di una categoria di professioniste non
to sociale. A dichiararlo ufficialmente soggette ai vincoli del buoncostume e in gra-
sono due personaggi al di sopra di do di placare i vivaci appetiti dei ma-
ogni sospetto: Catone il Censo- schi romani, che vivevano la sessualità
re (234-149 a.C.) e Cicerone come un sano bisogno fisiologico da
(106-43 a.C.). Il primo, se- soddisfare, proprio come la fame,
verissimo fustigatore dei la sete e il sonno.
costumi, a proposito dei
bordelli sosteneva che SCANDALOSA POMPEI
«quando la turpe lus- La dimostrazione più
suria gonfia le vene clamorosa di questa
è giusto che i gio- verità si ebbe quando,
vani la estinguano nell’Ottocento, gli sca-
qui, e non vadano vi archeologici ripor-
a insidiare le mogli tarono gradualmente
altrui». Quanto a Ci- alla luce la città di
cerone, considerava le Pompei, sepolta il 24
prostitute «necessarie agosto del 79 d.C. ›

CIVILTÀ ROMANA 31
I LUPANARI, VIZIO E LUSSURIA

ARTE EROTICA dalla spaventosa eruzione del Vesuvio. Dai la- Fino a una ventina d’anni fa, sulla base di
Uno dei mosaici vori affiorò, insieme ai corpi delle vittime e agli un’errata interpretazione delle tracce arche-
della Casa del oggetti loro appartenuti, anche un elemento ologiche, si pensava che nella sola Pompei
Centenario, a Pom- centrale della vita di allora: la celebrazione di- esistessero non meno di una quarantina di
pei: la rappresen- sinvolta della sessualità in tutti i suoi aspetti. bordelli: cifra sorprendente per una città che
tazione dei gesti, A testimoniarla, un’enorme quantità di all’epoca (I secolo d.C.), contava forse tra
in conformità con reperti che sembravano fatti apposta per of- i 12 e i 15 mila abitanti, compresi donne,
l’assenza di pudore fendere il comune senso del pudore diffuso bambini e anziani. Più realisticamente, stu-
degli antichi Roma- in quel secolo: pitture licenziose, iscrizioni di recenti hanno dimostrato che a Pompei,
ni, è esplicita. Gli e graffiti apertamente pornografici, enormi in realtà, esisteva un solo bordello. Nove,
affreschi, oltre a falli campeggianti su innocenti oggetti di invece, erano le cellae meretriciae, stanzet-
decorare i lupanari, uso comune come lampade, vasi e coppe. te annesse a taverne, ostelli, negozi o case
diventavano un ca- Tutto questo materiale sconcertante (per private, generalmente di proprietà del “pro-
talogo di posizioni. l’epoca) finì sotto chiave nelle “stanze proi- tettore”, in cui le prostitute non inquadrate
bite” del Museo Nazionale di Napoli, ma nel bordello esercitavano la loro professione.
intanto cominciava a diffondersi l’idea sug- Si trattava di locali privi di finestre ai quali
gestiva, ma falsa, di Pompei come città del si accedeva direttamente dalla strada, il cui
peccato. Ad alimentare l’equivoco contribuì unico arredo era un letto in muratura (es-
anche un piccante romanzo scritto dall’in- senziale strumento del mestiere) sul quale
glese Edward Bulwer-Lytton, The Last Days veniva gettato un pagliericcio.
of Pompeii: uscito nel 1834, il libro narrava,
con una buona dose di fantasia, gli ultimi BELLE DI GIORNO E DI NOTTE
giorni di una città depravata, dedita a ogni Ben diversa, naturalmente, era la situa-
piacere lecito e illecito, e corrotta dall’im- zione dell’Urbe, in cui ai numerosi bor-
morale culto pagano della dea egizia Iside. delli si affiancava una considerevole varietà

32 CIVILTÀ ROMANA
EROS

di prostitute. La noctiluca, come la nostra


“lucciola”, si prostituiva di notte; quella che
adescava i clienti per strada era la ambula-
trix, la “passeggiatrice”; chi lo faceva sotto le
arcate dei ponti, chiamati fornices, era una perché a quel
fornicatrix, “fornicatrice” (da cui deriva il tempo la pro-
verbo “fornicare” nel senso di “intrattenere stituzione era legale, così
rapporti sessuali peccaminosi”); quella che come il suo sfruttamento.
esercitava nei pressi dei cimiteri era detta Lo Stato faceva obbligo alle
bustuaria, da bustum, che significa appun- lavoratrici di iscriversi in un
to “tomba”. Ma la prostituta per eccellen- registro (anche con un nome d’arte) e impo-
za era la lupa, chiamata anche meretrix per neva loro una tassazione che andava dal 17 al
via del fatto che si “guadagnava” da vivere 25 per cento dell’incasso mensile.
(in latino merere significa guadagnare) ven- Oltre a questo, le prostitute dovevano
dendo il proprio corpo in un luogo detto rendersi immediatamente riconoscibili;
appunto lupanar, “lupanare”. Altri termini così, non indossavano la tipica stola delle
erano decisamente dispregiativi e insultanti: matrone, che consisteva in un’ampia  ve- I GRANDI FALLI
per esempio scortum, cioè “pelle”, con rife- ste  di  lana  lunga fino ai piedi e stretta in Sopra, un fascinum,
rimento alla pelle degli animali scuoiati che vita da una cintura, bensì la toga maschile, portafortuna che ve-
si “sbatte” per la concia; e l’ancor più imme- che lasciava le ginocchia scoperte.  Alcune niva esposto anche
diato spurca, cioè “sozza”. portavano parrucche gialle o arancioni, op- nelle case. Sotto, un
Difficile quantificare il numero dei bordel- pure si tingevano i capelli di quel colore: satiro sembra lancia-
li di Roma; un po’ più facile, invece, calcola- probabilmente l’uso di insultare una donna re all’osservatore uno
re, almeno approssimativamente, quello del- dandole della flava coma, cioè della “bion- sguardo lascivo.
le prostitute, che intorno al 100 a.C. arrivò da”, nacque da quell’abitudine. Altre opta-
alla cifra massima di 32 mila. Lo sappiamo vano per il rosso (parrucca o tintura), e ›

C’ERANO ANCHE I “LUPI”

N el disinibito panorama sessuale dell’antica Roma aveva


un posto anche la prostituzione maschile, che tuttavia pre-
sentava caratteri molto diversi da quella femminile. I Romani,
stando a quanto emerso dagli studi, non facevano distinzione
tra rapporti etero e omosessuali: per loro, l’importante era il
ruolo che si assumeva. Il maschio doveva essere sempre atti-
vo e dominante, mentre la passività era oggetto di scherno e
guardata con sdegno. A causa di questa concezione, per un
romano gli unici possibili partner maschili erano gli schiavi.
Ma quando a Roma venne di moda il “vizio greco”, com’era
chiamata la pederastia, le cose cambiarono.
Se le prostitute, nella maggior parte dei casi, costavano
poco, i prostituti rappresentavano un vero lusso. L’inflessibile
Catone il Censore si diceva indignato per il fatto che depravati
concittadini fossero disposti a pagare i servigi sessuali di un
giovinetto con somme sufficienti a comprare un’intera fattoria.

CIVILTÀ ROMANA 33
I LUPANARI, VIZIO E LUSSURIA

POMPEI A LUCI ROSSE

T ra Sette e Ottocento, la sorpresa destata dal rinvenimento delle


rovine di Pompei fu enorme. Ma a sconcertare gli archeologi
fu soprattutto la scoperta di un mondo assai distante dall’immagine
della Roma tradizionale: un mondo ad altissima gradazione eroti-
ca, almeno per gli standard dell’epoca. Così, innumerevoli reperti
pompeiani finirono occultati nel “Gabinetto segreto” del Museo
Nazionale di Napoli, per riemergere soltanto nel 2000, vietati ai
minori di 14 anni. Grande scalpore suscitarono i graffiti che deco-
ravano i muri cittadini, e in particolare quelli del bordello.
Fra i tanti, l’invito di una prostituta a buon mercato che dichiara
«sono tua per una monetina», il dubbio di un giovane che chiede «il
fiore di Venere mi sarà dato?» e il vanto di una famosa meretrice, per questo erano solite farsi chiamare Rufa,
che racconta «qui stette Euplia con uomini vigorosi messi fuori com- “rossa”, o con altri diminutivi dello stesso
battimento», né manca il disappunto per una delusione sotto le len- nome (Rufilla, Rufilia, Rufina).
zuola: «Phileros è un eunuco». A suggello, il sospiro di un passante
che quei graffiti doveva averli letti proprio tutti: «Mi meraviglio, o I LUOGHI DEL PIACERE
muro, che tu non sia crollato sotto il peso di tante sciocchezze». I bordelli sorgevano quasi tutti nella Subur-
ra, intorno al Circo Massimo e sull’Aventino,
zone abitate prevalentemente dai plebei, ma
anche al Celio, dove si trovavano le caserme
dei Vigili, o presso il Castro Pretorio, poco
lontano dagli accampamenti militari. Perlopiù
sudici e infestati da parassiti, questi “rifugi” si
riconoscevano facilmente da scritte o disegni
espliciti sulla porta d’ingresso. Varcata la so-
glia, i clienti venivano accolti dal leno, il “leno-
ne”, tenutario del bordello. In attesa del pro-
prio turno potevano mangiare e bere, mentre
sceglievano tra le numerose specialità offerte
dalla casa e solitamente illustrate dagli affre-
schi che decoravano le pareti. Le ragazze erano
giovanissime, ma raramente in buona salute: la
loro carriera iniziava intorno ai 14 anni (l’età
da marito era fissata a 12), ma poiché erano
sfruttate fino allo stremo duravano ben poco e
venivano presto rimpiazzate da merce più fre-
sca. Generalmente si trattava di schiave o di
libertae (schiave emancipate) che non avevano
trovato di meglio, oppure di donne delle clas-
si più povere, spesso vedove, che non aveva-
no altro modo per sbarcare il lunario. Spesso,
proprio a causa dell’indigenza, erano gli stessi
genitori ad avviare le figlie al “mestiere”.
Visto il pessimo stato dei bordelli, i ricchi
preferivano ricevere le prostitute a casa, così da
garantirsi migliori condizioni igieniche. Simili

34 CIVILTÀ ROMANA
EROS

alle moderne “squillo”, queste donne lavorava- mezzo al giorno, ma c’erano prostitute che, per ROMA LASCIVA
no “a chiamata”. Costavano ovviamente di più, una sola prestazione, ne chiedevano più di 5. A sinistra, l’esplicita
ma assicuravano discrezione e prestazioni de- Un caso a parte erano le prostitute “d’alto rappresentazione di
cisamente superiori. I prezzi variavano molto, bordo”, che non ricevevano denaro ma gioiel- un rapporto sessua-
a seconda del rango della prostituta: la tariffa li, abiti preziosi e beni di varia natura. Non le su una formella.
più bassa era di due assi, equivalenti a venivano pagate per ogni singola prestazio- Sotto, il particolare
mezzo sesterzio, cioè quanto co- ne, ma il cliente le “affittava” per un di un dipinto che
stava un bicchiere di vino in certo periodo, che poteva durare rappresenta il clima
una taverna. Era la somma anche un anno, durante il quale lascivo e licenzioso
richiesta per il rapporto più le “mantenute” s’impegnava- che si respirava
sbrigativo, ovvero il sesso no a garantirgli l’esclusività nell’Urbe. Nella
orale, o per le prestazioni dei rapporti sessuali. In caso pagina a fronte, il
delle prostitute dette da di trasgressione, la prostituta letto di pietra di un
pergula, una tettoia sotto perdeva interamente il suo lupanare e uno dei
cui sedevano le meretrici compenso. Questo tipo di numerosi affreschi
troppo brutte o troppo vec- meretrici era considerato il più erotici di Pompei.
chie per esercitare nei lupanari pericoloso, perché in grado di far
e che si offrivano ai più miserabili perdere la testa agli uomini e di ri-
per somme irrisorie. Sempre Cicerone, durre sul lastrico intere famiglie.
volendo insinuare che la nobildonna Clodia Le prostitute avevano anche una dea protet-
fosse, sul piano morale, pari a una prostituta trice, Venere Erycina, a cui rendevano omag-
delle più spregevoli, la definì quadrantaria, gio in due particolari occasioni, il 23 aprile e
cioè “da quattro soldi”, come le prostitute più il 25 ottobre di ogni anno. Quei due giorni
laide. Si consideri che, nel I secolo d.C. la paga erano forse i soli in cui la loro dignità era pari
di un soldato era più o meno di due sesterzi e a quella di ogni altra donna dell’Urbe.

CIVILTÀ ROMANA 35
GLI SCUDI
DEI LEGIONARI
La storia millenaria dell’arma difensiva più importante
delle fanterie romane: testimone del modo di combattere
nelle varie epoche e della necessità di affrontare
il nemico nella maniera più efficace e protetta possibile
di Giuseppe Cascarino

S
econdo la tradizione, gli scudi più an- facevano parte di una sottile lamina circolare di
tichi usati dai guerrieri romani erano i bronzo (del diametro di circa 60 cm) finemente
cosiddetti ancili, scudi bilobati costituiti lavorata a sbalzo. La funzione di uno scudo così
dall’unione di due lobi circolari di vimini. L’an- sottile era ornamentale e cerimoniale, ma il suo
cile era poi irrigidito con una serie di rinforzi aspetto riproduce quasi certamente forma e di-
interni ed era ricoperto con strati mensioni di un tipico scudo dell’e-
di pelle bovina. Di note- poca, in legno e molto più
voli dimensioni, veniva robusto. La forma circolare
trasportato a spalla con degli scudi sembrerebbe
una cinghia. Leggenda confermata anche dalle
vuole che Numa Pom- rappresentazioni simbo-
pilio, il secondo re di liche etrusche che si ri-
Roma, avendo ricevuto trovano sui coperchi dei
in dono lo scudo del pozzetti funerari.
dio Marte (l’arma sareb-
be addirittura piovuta dal IL PERIODO OPLITICO
cielo), ne fece costruire un- Attorno al VII secolo a.C.
dici fatti nello stesso modo per comparve per la prima volta in
evitare che l’originale potesse essere smarrito o Italia l’hoplon, chiamato clipeus da Tito Livio
rubato. Affidò poi la loro custodia ai sacerdoti (59 a.C.-17 d.C.), importato dalle colonie del-
Salii, consacrati a Marte. Questi scudi, veri e la Magna Grecia e usato dai guerrieri etruschi.
propri oggetti sacri, venivano portati in proces- Questo grande scudo circolare era l’armamento
sione durante le cerimonie religiose. È difficile più importante e caratteristico dell’oplita, ter-
pensare che siano mai stati usati in guerra: con mine che in lingua greca indicava il fante pe-
ogni probabilità erano esclusivamente rituali e santemente armato. Era costituito da un disco
rievocavano leggende e racconti mitici. di legno del diametro di circa 1 m, con uno
I resti più antichi di un “vero” scudo roma- spessore di 2 o 3 cm. Era ricoperto di pelle o,
no sono invece quelli rinvenuti in una tomba in alcuni casi, da una sottile lamina di bronzo
dell’Esquilino (VIII secolo a.C.). Questi resti lucidato, che serviva sia a rinforzare l’arma, ›

36 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA

CIVILTÀ ROMANA 37
GLI SCUDI DEI LEGIONARI

FORME E MISURE sia a intimidire il nemico con i suoi riflessi. Sul-


Qui accanto, due la superficie esterna veniva spesso dipinta una
diversi scudi usati figura o un segno distintivo (l’episéma) che, al-
dai militi romani: meno nei tempi antichi, serviva a identificare il
quello oplitico, combattente che lo imbracciava.
tondo e con impu- All’interno lo scudo aveva un supporto me-
gnatura centrale, e tallico centrale o una cinghia di cuoio, in cui
quello allungato, di veniva infilato l’avambraccio sinistro. Vici-
epoca successiva, na al bordo c’era poi un’impugnatura per la
rinforzato longitudi- mano sinistra. Solo in questo modo, venendo
nalmente nella parte imbracciato a sinistra per consentire l’uso della
mediana. Sotto, gla- lancia con la mano destra, era possibile soste-
diatori che imbrac- nere il suo peso, che poteva superare gli
ciano scudi di varie 8 kg. Una corda, fatta passare attra-
forme, da tonda verso una serie di anelli, consen-
a rettangolare. Al tiva il trasporto a spalla durante
centro, un prezioso le marce. Essendo concavo, il
umbone decorato, bordo superiore interno po-
che rinforzava teva essere appoggiato sulla
l’arma anteriormente spalla sinistra, per alleviar-
in corrispondenza ne il peso nei momenti di
dell’impugnatura. pausa. La sua forma rotonda
permetteva inoltre di assicu-
rare la protezione dell’uomo
sul fianco sinistro, per mante-
nere la compattezza della fila. Lo
schieramento di battaglia era gene-
ralmente la falange, e questo faceva sì
che il combattente, istintivamente, cercasse
la protezione del fianco destro riparandosi
dietro lo scudo del vicino, generando così un

38 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA

effetto complessivo di spostamento verso de-


stra di tutta la linea di battaglia. Per questo i
migliori combattenti (e i più arditi) venivano
posizionati sulla destra dello schieramento, LE DECORAZIONI
per assicurarne la maggiore stabilità.

IL PERIODO REPUBBLICANO
A partire dal IV secolo a.C., in concomitan-
N on possediamo molte informazioni sui colori e le decorazioni
che comparivano sugli scudi, ma sembra certo che esistesse
una discreta libertà di personalizzazione: quando Scipione Africa-
za con le prime guerre sannitiche e con quel- no (236-183 a.C.) notò lo scudo di un soldato ornato con troppa
le contro i Latini per l’egemonia nel Lazio, i eleganza, si disse meravigliato del fatto che vi riponesse più fiducia
Romani abbandonarono lo schieramento a che nella spada. Pare inoltre evidente che, almeno a partire dal III
falange, considerato troppo difensivo, e adot- secolo a.C., ci fosse un minimo grado di uniformità, se il punico
tarono lo scutum, che il greco Polibio Asdrubale, nell’imminenza della battaglia del Metauro, notò tra i
(206-126 a.C.) chiama thyreos, cioè Romani scudi diversi rispetto a quelli visti fino a quel momento.
“a forma di porta”. In ogni caso, lo scudo costituiva un importante mezzo di identi-
Il passaggio dallo scudo ro- ficazione del combattente (forse l’unico) e, secondo Vegezio (IV-V
tondo a quello rettangolare in- secolo d.C.), «affinché i soldati nel tumulto della battaglia non si al-
dica la necessità di una mag- lontanassero dai commilitoni, sugli scudi dipingevano simboli diversi
gior protezione individuale per ogni coorte, detti digmata. Invece, nella parte interna, veniva
del combattente, chiamato scritto il nome di ogni soldato e quello della coorte o centuria a cui
a cercare un contatto più apparteneva». Nell’immagine, la decorazione di alcuni scudi sulla
ravvicinato e aggressivo con base dell’iconografia disponibile. I colori sono ipotetici.
il nemico. Era iniziata la for-
midabile espansione di Roma
nel mondo mediterraneo, e i
guerrieri avevano bisogno di ar-
mamenti più pesanti e aggressivi.
Lo scutum era diffuso già da tempo
presso molti popoli italici e Plutarco (46-
125 d.C.) ne attribuisce l’introduzione ai Sa-
bini. Alto quattro piedi (118 cm) e largo una I secolo a.C.
settantina di centimetri, era costituito da due
o tre strati incrociati di tavole di legno tenu-
te insieme da colla animale, ed era ricoperto
esternamente da una pelle di vitello. La sua ar-
chitettura viene confermata indirettamente an-
che da Varrone (116-27 a.C.), che attribuisce
l’origine della parola scutum al termine secu-
tum, “spezzettato”, cioè formato dall’unione di Prima metà del I secolo a.C.
piccoli pezzi di legno. Secondo Plinio (23-79
d.C.) il legno ideale per gli scudi doveva bloc-
care il propagarsi delle eventuali fratture pro-
vocate dai colpi delle armi nemiche, e tra quelli
più indicati c’erano la vite, il salice, il tiglio, la
betulla, il sambuco e il pioppo.
Sopra e sotto veniva aggiunta una bordatura
metallica di rinforzo, mentre una lunga “spi-
na” di legno inchiodata longitudinalmente au- Seconda metà del I secolo a.C.
mentava la rigidità e la resistenza dello scudo.
Sul rilievo centrale della spina veniva spesso
applicata una protezione di ferro, l’umbone,
per riparare la mano dai colpi più violenti. ›

CIVILTÀ ROMANA 39
GLI SCUDI DEI LEGIONARI

Lo scudo era sostenuto da una maniglia venuto a Dura-Europos (in Siria), ci restituisce
orizzontale situata dietro l’umbone. Lo l’idea della sua struttura. Anche se si tratta di
spessore dello scudo era maggiore in uno scudo decorato, probabilmente ornamen-
corrispondenza dell’umbone stesso, as- tale o da parata, non doveva essere troppo dif-
sottigliandosi in prossimità dei bordi. ferente da quelli usati in battaglia. È alto 106
Questo scudo, benché molto resi- cm e largo 66. È formato da un triplo strato in-
stente, doveva essere però piuttosto crociato di listelli di legno di platano, larghi da
pesante: le moderne ricostruzioni 3 a 8 cm e spessi 2 mm, incollati fino a formare
parlano di ben 10 kg. uno spessore massimo di 6 mm. All’interno ha
una struttura di rinforzo, sempre in legno, e le
IL PERIODO ALTOIMPERIALE superfici sono protette, dentro e fuori, da uno
La descrizione di Polibio consente strato di pelle decorata a vernice.
di ricostruire con una certa preci- La configurazione a tegola garantiva al le-
sione il tipico scudo legionario del gionario una migliore protezione all’interno
periodo repubblicano, mentre non di una formazione serrata, votata alla difesa e
esistono documentazioni simili adatta ad affrontare l’urto dei nemici dell’epo-
sull’aspetto dello scudo di epoca ca, i temibili popoli germanici, consentendo
altoimperiale. I ritrovamenti ar- inoltre la formazione efficace della testudo.
cheologici sono rari e le informa- L’accentuazione della curvatura, assieme all’in-
zioni disponibili devono essere inte- serimento di rinforzi metallici, aumentava la
grate con lo studio delle immagini. A partire rigidità della struttura, rendendo superflua la
dalla seconda metà del I secolo a.C., lo scudo spina di legno longitudinale.
sembra subire un’evoluzione verso la forma “a A partire dalla metà del II secolo, lo scudo
tegola”, con gli spigoli più o meno arrotondati, legionario sembra tuttavia tornare a una forma
fino ad assumere l’aspetto raffigurato sulla Co- ovale o arrotondata, alla ricerca di una maggior
lonna Traiana. Un esemplare del III secolo, rin- leggerezza e maneggiabilità. Era anche diminu-
ita la necessità di affrontare scontri in schiera-
mento serrato, visto l’impiego delle cavallerie
da parte dei sempre più agguerriti nemici.
I reperti archeologici fanno però immaginare
LA PROTEZIONE una varietà di scudi più ampia di quanto sug-
gerisca l’esame dell’iconografia più nota, come

E ra fondamentale che lo scudo venisse pro-


tetto dall’umidità e dalla pioggia: in caso
contrario sarebbe diventato troppo pesante e di
per esempio la Colonna Traiana, sulla quale,
per distinguerne le figure, si attribuisce ai legio-
nari lo scudo rettangolare e agli ausiliari quello
difficile impiego. Come ricorda Cesare, veniva ovale. È possibile che soltanto alcuni reparti o
tenuto abitualmente in una custodia di cuoio (te- legioni fossero dotati di scudi rettangolari, e
gimen) ed estratto solo al momento dell’uso. che la maggior parte delle unità operative uti-
Sul tegimen veniva spesso applicata lizzasse scudi di forma diversa, soprattutto ova-
un’etichetta di cuoio a forma di tabu- le, come sembra indicare la colonna di Marco
la ansata (un rettangolo con code di Aurelio. Ma non mancano nemmeno immagi-
rondine sui lati minori), che ripor- ni e resti di scudi esagonali e circolari, utilizzati
tava la sigla o le iniziali della le- sia dalla fanteria che dalla cavalleria, mentre
gione. Secondo Polibio, duran- quelli usati dalla fanteria ausiliaria sembrano
te la marcia gli scudi venivano essere quasi sempre piatti e ovali.
appesi alla spalla con cinghie
di cuoio, secondo modalità che GLI SCUDI DEL TARDO IMPERO
possiamo solamente supporre. Dal III secolo in poi la forma più diffusa è
quella ovale. La necessità di spostare rapida-
mente gli eserciti lungo i confini dell’impero
per tamponare le continue invasioni aveva in-
dotto a ridurre il peso degli equipaggiamenti e

40 CIVILTÀ ROMANA
MILITARIA

a semplificarli, mentre il crescente uso di fan-


terie armate di scudo piatto e lancia, tipico de- PAROLE DI ROMA
Testudo
gli eserciti barbarici, aveva costretto i Romani
ad adeguare il loro armamento per affrontarli
ad armi pari. L’altezza di questi scudi, costi-
tuiti da tavole di legno incollate e rinforzate
da listelli metallici orizzontali, è compresa tra i La testudo (testuggine, tartaruga) non
era una formazione
100 e i 118 cm; la larghezza si mantiene attor- esclusivamente romana, ma era ben cono
sciuta anche dai Gal-
no ai 95 cm, mentre lo spessore varia dagli 8 ai li. A dispetto delle ricostruzioni cinemato
grafiche, la testuggine
12 mm. Le superfici venivano rivestite esterna- poteva essere impiegata con successo
solo in due circostanze:
mente di cuoio e internamente di lino, men- durante un assedio, per far avvicinare
senza danni un gruppo
tre il bordo era protetto da cuoio grezzo. Non di attaccanti alle mura nemiche, cost
ituendo poi una rampa
mancavano poi gli scudi circolari, in dotazione inclinata fatta di scudi, su cui gli assedian
ti potessero salire per
sia alla fanteria che alla cavalleria, come si vede raggiungere la sommità delle mura; opp
ure quando ci si doveva
sugli archi di Galerio e di Costantino. difendere dal lancio di grandi quantità
di frecce, giavellotti o
Lo scudo era generalmente piatto, o con proiettili di piombo, ma solo per un perio
do di tempo limitato.
una leggera curvatura, mentre la protezione In nessun caso era opportuno ricorrervi
per un attacco, a
della mano era affidata a un umbone circola- causa della sua lentezza e macchinosità
. La formazione, per
re di ferro o di bronzo di diametro variabile, essere efficace, richiedeva grande coor
dinazione dei movi-
compreso tra i 18 e i 22 cm. Nel IV secolo si menti, acquisita con un addestramen
to specifico. Gli uomini
diffusero umboni dotati di punta o a profilo della prima fila tenevano gli scudi prot
esi in avanti, con il bor-
conico, di chiara provenienza germanica. Gli do inferiore il più possibile vicino a terra
; quelli delle file suc-
scudi tardoimperiali erano decorati in modo cessive alzavano i loro sulla testa, aven
do cura di proteggere
tale da indicarne l’unità e il reparto di chi li anche i commilitoni che avevano dava
nti. I fianchi della testug-
imbracciava. Le decorazioni di alcuni reparti gine erano difesi da altri uomini che, inter
ponendosi tra le file,
dell’epoca sono riprodotte nei manoscritti del- tenevano lo scudo proteso verso l’esterno
della formazione.
la Notizia Dignitatum, un documento di epo-
ca medievale la cui attendibilità è dubbia.

ARMI COLORATE
Qui accanto, il
particolare di un
mosaico della Villa
del Casale di Piaz-
za Armerina (Enna),
che mostra le inse-
gne colorate sullo
scudo tondo (IV
secolo d.C.). Nella
pagina a fronte,
uno scudo a tegola
di epoca imperiale
e un guerriero san-
nita che ne sfoggia
uno tondo, simile a
quelli Romani.

CIVILTÀ ROMANA 41
IL SILFIO
CHE SI ESTINSE PER COLPA
DEI GOLOSI
Usata in cucina e in medicina, questa pianta era così
ricercata che alla fine scomparve del tutto,
prevalentemente a causa dell’uomo e della sua avidità
di Eugenio Anchisi

P
linio il Vecchio (23-79 d.C.), scrittore, na- parte degli antichi popoli fioriti nel bacino del
turalista e ammiraglio romano, scrive nella Mediterraneo. Dal silfio si ricavava una resina
sua Naturalis Historia: «Parleremo del la- pregiata, che una volta ridotta in polvere ve-
serpizio, famoso per il prestigio di cui gode. I niva usata in cucina (sono molte le ricette del
Greci lo chiamano silfio e fu trovato in Cirenai- cuoco romano Apicio in cui è citata) o come
ca. Il suo succo, detto lasere, è di grande impor- medicamento per un numero straordinario di
tanza per l’uso quotidiano e per la preparazione malanni. Doveva avere un sapore e un odore
di medicinali: lo si vende al prezzo dell’argento». molto forti, ma una volta cotta donava ai piatti
Una pianta estremamente pregiata, quindi, e un aroma simile a quello dell’aglio.
molto ricercata. Al punto che già a quei tem-
pi era considerata estinta proprio nella CARNI MOLTO RICERCATE
regione da cui proveniva, attorno Tuttavia, non pare sia stata l’estrazione
alla città di Cirene, nell’attuale a scopo medico e culinario della resina
Libia (ai tempi di Plinio ne fu (chiamata appunto laser o laserpicium) a
trovato un unico fusto, in- determinare l’estinzione del silfio, bensì
viato in dono a Nerone). un’altra ragione, comunque legata all’i-
Il silfio cresceva in una narrestabile gola dei ghiottoni romani.
zona piuttosto limitata della Sempre Plinio scrive nella sua opera: «Di
Cirenaica e pare fosse difficile laserpizio si nutriva solitamente il be-
da coltivare. Appartenente alla stiame, che dapprima con esso si
famiglia delle Apiacee, doveva essere purgava, poi acquistava peso,
una sorta di finocchio gigante. Consi- mentre la carne prendeva un
derata la maggiore risorsa commerciale sapore straordinariamente gra-
della città di Cirene, ne divenne il sim- devole». Dopo l’ingresso stabi-
bolo e fu addirittura rappresentata sulle le di Cirene nell’orbita romana
monete. Secondo il mito, era un dono (prima era stata una colonia
del dio Apollo e veniva utilizzata da gran greca), gli affittuari dei pascoli

42 CIVILTÀ ROMANA
CURIOSITÀ

pensarono di mettere
a profitto il loro dena-
ro allevando bestiame
UNA MEDICINA (QUASI) UNIVERSALE in grande quantità,
ma a quanto pare fini-

L a resina ricavata dal silfio, oltre che in cucina, veniva ampia-


mente utilizzata in campo medico. Si riteneva che curasse tosse,
gola irritata, febbre, indigestione, dolori, verruche e vari altri tipi di
rono per devastare i pasco-
li stessi, facendo estinguere il
prezioso silfio, che dovette
malattie. Ma soprattutto, secondo Plinio, era usata come contrac- essere giocoforza sostituito
cettivo. La cosa può apparire bizzarra, ma oggi si sa che molte con altri ingredienti simili
specie appartenenti alla famiglia delle Apiacee influiscono sull’at- provenienti dall’Oriente.
tività degli estrogeni (i principali ormoni sessuali femminili), ed è Questa, però, non sarebbe
stato dimostrato che alcune di esse possono provocate aborti. la sola ragione dell’estinzione della
«Il lasere entra in moltissimi preparati medicinali» scrive sempre pianta. Altre concause sarebbero il clima dell’A-
Plinio, «preso in pozioni attenua i malanni dei tendini. Viene dato frica settentrionale, che diventando sempre più
alle donne nel vino per provocare le mestruazioni. Assunto in dosi arido provocò una progressiva desertificazione
abbondanti previene la flatulenza. In pozione neutralizza il veleno della Cirenaica. Pare inoltre che il silfio cresces-
di frecce e lance, e quello dei serpenti. Applicato con vino, zaf- se in maniera spontanea e allo stato selvatico, e
ferano o pepe, escrementi di topo e aceto, in seguito a frizioni di che non fosse adatto alla coltivazione. Il ten-
nitro (il sale di potassio), favorisce la ricrescita dei capelli in caso tativo dei Romani di sfruttarlo a fini commer-
di alopecia». Insomma, una vera panacea, che a quanto pare ne ciali, stimolandone la coltura, avrebbe avuto
giustificava il prezzo, a volte esorbitante. così un effetto contrario a quello desiderato,
perché il terreno non si rivelò adatto alla cre-
scita della pianta, che dunque si estinse per la
sua sottrazione all’ambiente naturale.

UN BENE PREZIOSO
A destra, una pittura
che mostra la pesatu-
ra, il pagamento e il
commercio del silfio da
parte di un mercante di
Cirene. In questa pagi-
na e in quella a fronte,
monete della città
che mostrano, su una
delle facce, l’immagine
della preziosa pianta.

CIVILTÀ ROMANA 43
LO SPIONAGGIO
NELL’ANTICA ROMA
L’arte della guerra diventò scientifica con la nascita dei servizi
di informazione, inventati da Annibale. I Romani, però, impararono
presto e ai tempi di Cesare lo spionaggio divenne metodo
di Domenico Vecchioni

44 CIVILTÀ ROMANA
STORIA SEGRETA

N
egli imperi orientali il ricorso allo spio- nell’Urbe (impegnata con le prime conqui- PIANI E SEGRETI
naggio era abbastanza frequente, men- ste), si limitò alla semplice ricognizione del Sopra, alcuni
tre Atene e Roma non avevano lo stes- territorio o alla raccolta di notizie pretoriani, il corpo
so interesse, forse per le diverse origini storiche utili alle campagne militari. più vicino all’élite
e le finalità politiche che differenziarono i regni Anche le tattiche militari erano politica e militare.
dell’Est dai regimi repubblicani dell’Ovest. Egizi, diverse. Se Assiri e Persiani privi- A Roma, l’arte dello
Assiri, Babilonesi e Persiani utilizzarono tutti gli legiavano la guerra di movimen- spionaggio divenne
strumenti a loro disposizione (spionaggio com- to, i Greci facevano affidamento scientifica all’epoca
preso) per alimentare le proprie mire espansio- sulla fanteria pesante. Gli opliti di Cesare. Spesso
nistiche e difendere le dinastie regnanti. Atene e (fanti massicciamente armati le spie si muovevano
la Roma repubblicana, invece, si svilupparono a e ben protetti) avanzavano a in abiti civili e, se ne-
partire da piccole città-stato, gelose della propria passo cadenzato, stretti l’uno cessario, portavano
indipendenza e autonomia decisionale, quindi all’altro, contro una massa di armi leggere, come
meno protese verso l’“esterno”. Per lungo tempo, nemici organizzati allo stesso il pugio qui accanto.
l’attività di intelligence, sia nelle città greche sia modo. Il gruppo più nu- ›

CIVILTÀ ROMANA 45
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA

RETE DI SPIE meroso e compatto faceva indietreggiare l’altro, ligence lo si capisce dal celebre episodio delle
Annibale (sotto, il ipotecando la vittoria. In un contesto fatto di “oche del Campidoglio”. Nel 390 a.C., i Galli
suo esercito in un spirito di corpo, pesantezza di armamen- di Brenno assediarono l’Urbe e tutta la
dipinto di Cornelio to e forza pura, c’era poco spazio per popolazione si rifugiò sul colle del
Fiammingo) fu uno pratiche di spionaggio e contro- Campidoglio, ultimo bastione di
dei primi a compren- spionaggio, per trucchi e trap- resistenza. Una notte, i barba-
dere l’importanza pole. Anche i Romani, all’inizio ri tentarono di sorprendere i
militare dello spio- della loro avventura storica, che Romani nel sonno, ma il forte
naggio. Quando li vide trasformarsi da contadini starnazzare delle oche svegliò i
puntò su Roma, nei migliori guerrieri dell’anti- difensori che, venuto meno l’e-
disseminò il territorio chità, davano la priorità alla forza lemento sorpresa sul quale con-
italico di spie che collettiva e all’impeto irresistibile dei tavano gli assalitori, riuscirono a
lo informassero su centurioni, mentre si mostravano restii respingere l’attacco. Leggenda o realtà
forza, armamento e alla frode negli scontri militari. che sia, l’episodio mostra che la trasforma-
localizzazione degli zione dei Romani in puri combattenti non era
avversari. I Romani LA LEZIONE DI ANNIBALE ancora avvenuta. Come spiegare, altrimenti,
resero l’intelligence Fu con Giulio Cesare che capirono l’impor- che non avessero previsto una rete di sentinel-
un’istituzione ai tanza dello spionaggio, non solo per esigen- le o un turno di guardia in una situazione di
tempi di Diocleziano ze militari, ma anche per il controllo della così evidente pericolo? Come non aver cercato
(nella moneta). situazione interna, dando origine alle prime di ottenere qualche notizia preventiva sulle in-
forme di polizia politica. Che i Romani non tenzioni del nemico alle porte?
avessero inizialmente una mentalità da intel- I Romani cominciarono ad apprezzare le tec-

46 CIVILTÀ ROMANA
STORIA SEGRETA

niche dello spionaggio grazie al loro peggior


nemico, l’uomo che fu sul punto di conquista-
re Roma: Annibale. Il cartaginese si era trovato
più volte sull’orlo del trionfo perché dispone- LA LEZIONE DI ONOSANDRO
va di informazioni geografiche, topografiche e
militari (assai difficili da procurarsi a quell’e-
poca) che solo un’efficiente rete di spie, sparse
nella penisola, poteva fornire. In effetti, fin da
M olto tempo dopo la morte di Cesare, il comandante
di origine greca Onosandro scrisse a proposito delle
tecniche di spionaggio parole straordinariamente attuali:
quando si trovava in Spagna, in attesa di partire «Normalmente le spie vanno condannate a morte. Ma se
alla conquista di Roma, Annibale aveva creato l’esercito è in buono stato e superiore a quello del nemico,
un’organizzazione spionistica che gli forniva esse possono essere graziate, risparmiate e rimandate
informazioni dall’Italia. Un sistema fatto anche indietro non senza aver fatto loro osservare la consistenza e
di travestimenti, contraffazioni di documenti, l’organizzazione delle truppe». Visione quanto mai moderna
linguaggi cifrati, spedizioni protette, ecc. Tutto dell’uso strumentale e finalizzato dell’informazione.
questo mancava ancora agli ingenui Romani, Onosandro, d’altra parte, si pose il problema di come
i cui generali, tuttavia, appresero la lezione di trattare le spie anche da un opposto angolo visuale: «Il
Annibale. Scipione l’Africano, da cui il punico generale prudente diffida del transfuga nemico, di chi si offre
fu sconfitto, fu il primo a trarre fruttuosi in- di svelare segreti importanti. Il generale intelligente deve
segnamenti dalle tecniche spionistiche da An- tuttavia ben valutare le circostanze riferite e, se le considera
nibale. Ma solo con Cesare il ricorso allo spio- probabili, deve assicurarsene di persona, portare la spia con
naggio e all’intelligence divenne “sistematico”. sé, piedi e polsi legati, e promettergli la liberazione se ha
Con lui la raccolta preventiva di informazioni › detto la verità o il supplizio se ha mentito». Un generale della
Seconda guerra mondiale non avrebbe parlato diversamente.

CIVILTÀ ROMANA 47
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA

divenne imprescindibile per lo svolgimento delle


operazioni militari. Con il tempo, il “servizio” si
consolidò e gli agenti segreti si fecero, per così
I TRAVESTIMENTI DI ANNIBALE dire, professionali. Ce lo racconta chiaramente
Svetonio, a proposito dell’invasione della Britan-

F iglio di Amilcare Barca, uno dei più illustri generali cartaginesi,


Annibale successe al padre nel 221 a.C., a 26 anni.
Particolarmente portato per l’arte degli artifici e degli inganni, il
nia, tra il 55 e 54 a.C. Scrive il grande storico
romano: «Durante le sue spedizioni non era mai
chiaro se Cesare avesse successo a causa della sua
giovane comandante utilizzava spesso parrucche e travestimenti, prudenza o della sua temerarietà. Mai, in verità,
che gli consentivano di spostarsi da un campo all’altro senza condusse il suo esercito su strade potenzialmente
essere riconosciuto, per sondare il morale dei soldati e prevenire pericolose senza aver prima esaminato la dispo-
eventuali sedizioni. Prima dell’offensiva contro Roma, Annibale sizione dei luoghi, e lo trasportò nella Britannia
disseminò in Italia spie di vario genere che gli solo dopo aver studiato i porti, la navigazione, i
davano notizie sulla situazione del Paese che mezzi per sbarcare nell’isola». In effetti ogni mo-
era sul punto di invadere. vimento delle truppe di Cesare era preceduto da
Era così ben informato sul piano una meticolosa preparazione ricognitiva, logisti-
militare, geografico e topografico ca e militare, che teneva conto anche delle notizie
che riuscì a evitare di scontrarsi raccolte sui luoghi di destinazione, sui popoli da
con l’armata romana del Rodano, sottomettere e sulle loro tecniche di guerra. Così
a evitare le truppe sbarcate a avvenne anche per l’invasione delle isole britan-
Marsiglia al suo inseguimento e ad niche, quando Cesare incaricò Caio Voluseno di
attraversare le Alpi (con 26.000 una vera e propria missione di spionaggio.
uomini e 37 elefanti) quando la neve
aveva già cominciato a imbiancarne L’INTELLIGENCE DIVENTA PROFESSIONE
le cime. La sua abilità nelle tecniche Dopo aver raccolto informazioni presso i
di spionaggio era tale che riusciva a mercanti che dal Nord della Gallia erano soliti
comunicare con i suoi alleati persino recarsi oltre Manica, Voluseno osservò attenta-
nelle città controllate da Roma. mente le coste nemiche da una nave (non aven-
do potuto sbarcare), probabilmente nell’attuale
regione del Kent. Dopodiché, riferì a Cesare le
informazioni raccolte e il frutto delle sue os-
servazioni, che si rivelarono molto utili per le
successive operazioni militari.
Del resto, una delle principali ragioni del-
la vittoria di Cesare sui Galli, qualche anno
dopo, fu proprio la mancanza di ogni attività
di informazione preventiva da parte di Vercin-
getorige. Lo dimostra l’esito della celebre bat-
taglia di Alesia (52 a.C.), in cui le truppe gal-
liche, giunte in aiuto della città assediata dai
Romani, si gettarono sul nemico senza aver
svolto alcuna attività ricognitiva, trovandosi
subito in difficoltà. In caso contrario avrebbe-
ro constatato che Cesare, per non farsi prende-
re a tenaglia dalla doppia minaccia costituita
dalle truppe di Vercingetorige in procinto di
uscire dalla città e da quelle di Commio, in ar-
rivo, aveva fatto costruire due linee difensive,
una rivolta verso l’interno (cioè verso Alesia)
e un’altra verso l’esterno, per fermare le trup-
pe di rinforzo. Se i Galli avessero praticato un
minimo di spionaggio, avrebbero capito che i

48 CIVILTÀ ROMANA
STORIA SEGRETA

Romani erano in grado di combattere su due gli speculatores, le avanguardie delle truppe in CODICI BIZZARRI
fronti per impedire il ricongiungimento dei movimento, che svolgevano compiti di limitata Sopra, i frumentarii,
due eserciti nemici. Di conseguenza, avrebbero ricognizione sul campo. Avvenne così una vera funzionari militari
probabilmente cambiato la loro strategia e forse e propria mutazione professionale. Da interme- addetti all’approv-
Alesia non sarebbe caduta, le porte della Gallia diari commerciali, i frumentarii si trasformaro- vigionamento. Do-
sarebbero rimaste chiuse alle legioni romane e la no in agenti segreti. Le loro reti di spionaggio vendo muoversi sul
Storia avrebbe avuto un altro corso. funzionavano così bene che essi divennero an- territorio e incontran-
I Romani, dunque, erano sempre più convin- che agenti del controspionaggio interno, una do gente di ogni
ti dell’utilità dello spionaggio, e con il tempo sorta di “polizia politica” tesa a combattere la tipo, furono sfruttati
l’attività d’informazione divenne altamente sovversione interna fin dal suo primo manife- come elementi di
professionale. I frumentarii, intermediari e starsi. Con il passare del tempo, tuttavia, diven- intelligence.
commercianti preposti all’approvvigionamento nero protagonisti di eccessi di potere e di derive Qui accanto, lo
delle truppe, furono spesso incaricati, proprio legate alla loro ampia autonomia. La loro im- scitale, un bastone
per i contatti che intrattenevano con potenziali magine si degradò, la popolazione cominciò a usato dagli Spartani
fonti sensibili, di raccogliere informazioni utili temerne gli interventi, il loro semplice apparire per codificare e de-
sul piano militare, economico, tattico e stra- divenne sinonimo di terrore: erano una sorta di codificare messaggi
tegico. Inevitabilmente finirono per sostituire Gestapo dell’epoca, tanto che il loro corpo › scritti su strisce di
pergamena: una
volta redatti, poteva-
no essere letti solo
se venivano avvolti
attorno a bastoni
del giusto calibro.

CIVILTÀ ROMANA 49
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA

fu soppresso nell’ambito delle grandiose rifor-


PAROLE DI ROMA me promosse da Diocleziano (284-305 d.C.).

Exploratores
Questo, non perché l’imperatore non volesse
più far ricorso ai servizi segreti, ma perché in-
tendeva istituzionalizzarli, inserirli nelle strut-
ture dello Stato, renderli conformi agli altri
che, a differenza degli spe- organi del potere e controllarli meglio.
Si chiamavano così i soldati romani
rvatori isolati per diventare
culatores (che erano per lo più osse
eratore e messaggeri), fa- I PRECURSORI DEI MODERNI 007
poi anche guardie del corpo dell’imp
guidato da un centurione. In tal modo Diocleziano istituì un nuovo
cevano parte di un distaccamento
gnizione per conoscere la dipartimento dell’amministrazione imperia-
Avevano il compito di andare in rico
le vie e il luogo più adatto le, una struttura permanente al servizio degli
posizione del nemico, la sua forza,
Fino all’epoca imperiale non interessi nazionali costituita da individui effi-
per la posa dell’accampamento.
ati tratti da ogni legione (se- cienti, affidabili e inquadrati, chiamati agentes
furono corpi speciali, ma solo sold
legioni). Dal II secolo d.C. in rebus. Veri agenti di intelligence incaricati
condo Igino, 200 uomini ogni tre
Si ha notizia di corpi di esplo- della protezione interna ed esterna dell’impe-
furono corpi speciali dell’esercito.
uritania e sul Danubio (in Ser- ro, con modalità operative non dissimili da
ratori in Britannia, Germania, Ma
l’uso di abiti civili, per cui quelle dell’attuale Cia.
bia). Il loro lavoro richiedeva spesso
considerati spie. Successivamente venne perfezionata la sor-
potevano, a tutti gli effetti, essere
veglianza delle frontiere, dove furono inviate

CESARE SEGRETO
Giulio Cesare usa-
va un suo codice
segreto. Si trattava
di un cifrario a
sostituzione mono-
alfabetica, in cui
ogni lettera del testo
“in chiaro” veniva
sostituita, nel testo
cifrato, dalla lettera
che, nell’alfabeto,
si trovava un certo
numero di posizio-
ni più avanti (ad
esempio, la A dalla
E, la B dalla F, e
così via). Questi tipi
di cifrari sono detti
a sostituzione o
a scorrimento.

50 CIVILTÀ ROMANA
STORIA SEGRETA

truppe appositamente addestrate per l’attività nella convinzione che quello fosse il modo più GLI INGENUI GALLI
di spionaggio. Tra queste c’erano i procursa- appropriato per assicurarne un inserimento A differenza dei
tores, soldati d’avanguardia per ricognizioni a graduale e senza traumi nella struttura milita- Romani, che si
breve raggio, e gli exploratores, addestrati a più re dell’impero. Fu un errore, perché i combat- avvalevano di
ampie ricognizioni in territorio nemico: uno tenti barbari finirono per sentirsi legati solo ai informatori, i Galli
spionaggio di tipo strategico, ma anche politi- rispettivi capitribù, che assunsero uno status sdegnavano le spie.
co, per consentire ai capi militari di avere una e un’autonomia decisionale eccessivi. Con il Questa fu una delle
visione generale della situazione prima di una tempo, questo mise in crisi tutto il sistema mi- ragioni della loro
guerra o di una campagna militare. litare romano, tanto che le tribù, consapevoli sconfitta ad Alesia,
Con l’inizio della decadenza dell’impero, le della loro forza e della loro compattezza, deci- dove attaccarono
truppe di frontiera si scontravano sempre più sero di spartirsi il bottino, causando il crollo lo schieramento di
frequentemente con le popolazioni barbare dell’Impero Romano d’Occidente, la cui ca- Cesare ignorandone
del Nord, desiderose di impossessarsi delle ric- duta (nel 476) provocò la scomparsa di molte la forza e le difese
chezze di Roma. Aumentò, di conseguenza, la istituzioni, compresi gli apparati di spionaggio messe in atto. Qui,
richiesta di uomini per integrare i ranghi delle e controspionaggio. Questi, che avevano or- Vercingetorige si ar-
armate sottoposte al primo impatto degli inva- mai raggiunto un notevole livello di efficien- rende al condottiero
sori. In mancanza di effettivi e data l’urgenza za, continueranno però a esistere nell’Impero romano nel quadro
delle richieste, si decise di ricorrere al reclu- Romano d’Oriente, dove la nobile arte della di Lionel-Noël
tamento anche di barbari (solitamente ottimi guerra rimarrà per secoli nettamente superio- Royer (1899).
combattenti). Furono ingaggiate intere tribù, re a quella dei popoli barbarici.

CIVILTÀ ROMANA 51
FRA ARTE E TESORI
Luogo idolatrato
dai viaggiatori,
la Piramide Cestia
(qui, in un quadro
di Giovanni Paolo
Pannini, 1691-1795)
era anche uno degli
scorci preferiti dai
pittori. Nella pagina
a fronte, un’anfora
dipinta nella came-
ra sepolcrale.

52 CIVILTÀ ROMANA
MERAVIGLIE

LA BIZZARRA
PIRAMIDE
DI CESTIO
Dove non te l’aspetti, sulla strada che da Roma porta
a Ostia, sorge una piramide. A volerla fu Gaio Cestio, ricco
politico romano, che convinse i suoi eredi con un ricatto
di Eugenio Anchisi

B
astarono 330 giorni, attorno al 12 a.C., sorta di bastione delle mura urbane, la pirami-
per costruire la più famosa piramide ro- de non fu spogliata dei suoi marmi bianchi,
mana. Si tratta del sepolcro di Gaio come accadde, invece, a molti al-
Cestio, uno dei sette epuloni cittadini tri monumenti cittadini.
(i membri del collegio religioso che
si occupava di allestire banchetti BLOCCO DI CEMENTO ARMATO
pubblici e giochi rituali in occa- Dal punto di vista costruttivo,
sione di particolari festività), il le somiglianze fra la Piramide
quale, nel testamento, intimò agli Cestia e le piramidi egizie sono
eredi di edificare la sua tomba en- poche. Quella romana non ven-
tro quel termine di tempo, pena ne edificata con blocchi di pietra
la perdita di tutto il patrimonio a sovrapposti, ma fu costruita in cal-
loro lasciato in eredità. cestruzzo. Al suo interno si trova
Alta 36,4 m, con una base qua- una camera sepolcrale decorata, alta
drata di circa 30 m per lato, la piramide 4,80 m e con due lati di 5,95 e 4,10 m.
è incastonata come un gioiello nella cinta Proprio grazie alla sua struttura, la piramide
delle Mura Aureliane, costruite fra il ha un’inclinazione decisamente mag-
270 e il 275 per difendere Roma da- giore rispetto a quelle dei faraoni (pur
gli attacchi dei barbari. Proprio per essendo decisamente più piccola del-
questo motivo, poiché costituiva una le sue più nobili sorelle), raggiun- ›

CIVILTÀ ROMANA 53
LO SPIONAGGIO
LA PIRAMIDE
NELL’ANTICA
CESTIA ROMA

gendo un’altezza che un edificio tradizionale


difficilmente avrebbe toccato. Le curiose cir-
costanze della costruzione del monumento ci
sono note grazie a un’iscrizione scolpita sul
fianco orientale del monumento: 

OPVS · APSOLVTVM · EX ·
TESTAMENTO · DIEBVS · CCC · XXX
ARBITRATV L · PONTI · Publii · Filii ·
CLAudia tribu · MELAE · HEREDIS ·
ET · POTHI · Liberti.

Che significa: Quest’opera è stata completata


per testamento in 330 giorni per disposizione di
Lucio Ponzio Mela figlio di Publio della tribù
Claudia, erede, e di Potho, liberto. Gli eredi,
quindi, messi in ambascie dalla possibilità di
essere diseredati, si affrettarono a portare a
termine i desideri del loro avo: pare addirit-
tura che la tomba fu completata con qualche
giorno di anticipo sul previsto. Sempre sulla
facciata orientale, oltre che su quella occiden-
tale, sono iscritte le credenziali del defunto,
cioè il nome e i titoli di Cestio. La data di co-
struzione non è indicata chiaramente, ma vie-
ne dedotta da alcune circostanze ricostruibili

IL CIMITERO DEI POETI

A i piedi della Piramide Cestia, dentro il recinto delle Mura Aureliane,


sorge il cimitero acattolico di Roma, un tempo chiamato anche
“cimitero degli inglesi”, “cimitero del Testaccio” o “cimitero degli artisti e
dei poeti”. All’interno dei suoi confini si trovano le tombe di famosi poeti
romantici inglesi, come John Keats (1795-1821) e Percy Shelley
(1792-1822), ma anche quelle di Antonio Gramsci (1891-1937)
e dello scrittore milanese Carlo Emilio Gadda (1893-1973).
Fino all’Ottocento, il luogo era chiamato “i prati dei romani”.
Era un’area pubblica, dove si portava il bestiame a pascolare
e si conservava il vino. Sotto la Piramide Cestia, i romani
dell’epoca andavano anche a divertirsi.
Furono gli abitanti non cattolici della città a
scegliere questo luogo per le loro sepolture, come
testimoniato da una delibera del Sant’Uffizio
datata 1671. Per le prime sepolture non erano
previste lapidi, che cominciarono a essere
realizzate solo dopo la metà del Settecento.

54 CIVILTÀ ROMANA
MERAVIGLIE

studiando le iscrizioni poste sulle varie parti


del monumento. Tra i beneficiari, ed esecuto-
ri, del testamento (elencati nel piedistallo di
una delle colonne poste agli angoli della pi-
ramide), compare Marco Vipsanio Agrippa,
politico, militare e architetto, nonché genero
di Cesare Augusto, di cui aveva sposato la fi-
glia Giulia Maggiore. Agrippa scomparve nel
12 a.C., quindi il monumento deve essere sta-
to certamente costruito prima di quella data.
D’altra parte, la dedica di una statua di Cestio,
che si trovava all’ingresso del sepolcro, indica
che essa fu realizzata vendendo stoffe orientali
intessute d’oro che il defunto (alla maniera dei
faraoni) avrebbe voluto portarsi nella tomba.
Una disposizione di legge del 18 a.C., che vie-
tava sprechi e sciali, non impedì però agli eredi
di adempiere la volontà del morto. La costru-
zione del monumento deve quindi necessaria-
mente collocarsi fra queste due date.

DECORAZIONI POMPEIANE
La camera sepolcrale vera e propria, con la di Romolo”), molto simile a quella di Cestio e LUOGO MAGICO
volta a botte, fu sigillata al momento della se- costruita nello stesso periodo. Quest’ultima è Sopra, la piramide
poltura, come avveniva in Egitto. Si tratta di esistita almeno fino al 1499, nel rione Borgo di Cestio in un’inci-
una stanza dipinta di bianco, con decorazioni (che si trova ai piedi del colle Vaticano ed era sione settecentesca
in stile pompeiano: sacerdotesse, anfore, imma- sede di sepoltura), ed è riportata sulla pianta di Giovanni Battista
gini della Vittoria alata. Per quanto ben conser- della città di Roma disegnata da  Alessandro Piranesi. Sotto,
vata, oggi appare nuda e spoglia. Sulla parete Strozzi nel 1474. Fu demolita nel Cinquecen- una delle imma-
di fondo si doveva trovare il ritratto di Gaio to da papa Alessandro VI Borgia, per aprire la gini della Vittoria
Cestio, ormai scomparso. Al suo posto c’è un nuova strada di Borgo Nuovo. Anche il poe- che decorano la
buco, praticato forse da cacciatori di tesori. Il ta trecentesco Francesco Petrarca, per quanto camera sepolcrale.
sepolcro si trovava lungo la Via Ostiense, che fosse un esperto latinista, indica la Piramide Nella pagina a
collegava l’Urbe al porto di Ostia, ed era circon- Cestia come il “sepolcro di Remo”, avallando fronte, un’immagine
dato da una recinzione di tufo, oggi visibile in la credenza popolare. Il rimando, anche se fan- recente del monu-
parte. Agli angoli c’erano quattro colonne e due tasioso, alle origini della città e la sua struttura mento, incastonato
statue di Celso ai lati della porta. curiosa e bizzarra fecero della sepoltura uno da secoli nelle
La presenza di una dei monumenti più am- Mura Aureliane.
piramide a Roma è mirati dai viaggiatori,
curiosa (quella di soprattutto stranieri.
Cestio è la sola rima- La Piramide Cestia fu
sta, anche se non fu l’uni- immortalata anche in
ca), ma risente del gusto eso- dipinti e incisioni, come quel-
tico dell’epoca, seguito alla le celeberrime di Giovan Battista
conquista romana dell’Egitto Piranesi, eseguite alla metà del
avvenuta, per mano di Otta- Settecento, in cui sono ben visi-
viano, nel 30 a.C. Nel Medioevo, bili le colonne agli angoli del mo-
il popolo identificava la Piramide Ce- numento e le iscrizioni sulla parete
stia con la meta Remi (cioè “il termine volta a est. Nel 1663, papa Alessandro
di Remo”, inteso come la sua tomba), VII fece scavare un’apertura nella pira-
associandola a un’altra piramide chia- mide, che portò alla scoperta della came-
mata invece meta Romuli (la “tomba ra sepolcrale, già visitata dai tombaroli.

CIVILTÀ ROMANA 55
LA CACCIATA DI
TARQUINIO
IL SUPERBO
Ottenuto il trono di Roma con l’aiuto di una donna
senza scrupoli, il re ne fu cacciato dopo che la virtuosa
Lucrezia si fu tolta la vita per essere stata oltraggiata
da suo figlio, il prepotente Sesto Tarquinio
di Edward Foster

L’
epoca dei re di Roma durò circa due se- del sovrano e fu eletto per acclamazione. Gli suc-
coli, dal 753 al 509 a.C. Si trattava di so- cedette Servio Tullio, che secondo la tradizione
vrani elettivi scelti dalla comunità, la cui era suo genero (figlio di una nobile latina, dive-
carica non era ereditaria. I primi re apparteneva- nuta schiava della moglie di Tarquinio), ma che
no alla stirpe dei fondatori della città. Più tardi, forse era un suo avversario politico (il cui vero
il trono fu preso da sovrani di origine etrusca. nome pare fosse Mastarna), originario del-
Non si sa se questo avvenne in conseguenza la città etrusca di Vulci. Servio realizzò
di un’egemonia etrusca su Roma, o (più opere pubbliche e riforme sociali. Con
semplicemente) se Etruschi immigrati lui, la partecipazione alla vita politi-
nell’Urbe riuscirono a ottenere i massi- ca fu estesa anche ai commercianti e
mi ruoli politici. In ogni caso, secondo agli artigiani stranieri giunti in città.
la tradizione, il primo re etrusco fu Tar- Questo gli garantì grande consenso.
quinio Prisco. Figlio di un greco e di un’e- Il potere politico, di fatto, passò dai di-
trusca, si trasferì a Roma perché a scendenti dei fondatori di Roma, i
Tarquinia trovò precluse le vie patrizi (i cui capi sedevano in
della scalata politica. In città, Senato), a coloro che dete-
divenne intimo del re Anco nevano la ricchezza. Una
Marzio, che lo nominò vera rivoluzione per una
tutore dei suoi figli. società rimasta legata alle
tradizioni pastorali dei
BUONI E CATTIVI padri, per i quali la ter-
Alla morte di Anco ra era più importante del
Marzio, Tarquinio, si pre- denaro. Beneamato dal
sentò al popolo come erede popolo, Servio non lo ›

56 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI

TRONO DI SANGUE
Un arazzo che ritrae
Tarquinio mentre getta
Servio Tullio dalle scale.
Uccidendo il suocero
con la complicità
della figlia di lui, Tullia
Minore, il Superbo
conquistò il trono.
Nella pagina a fronte,
busto di Giunio Bruto.

CIVILTÀ ROMANA 57
LA CACCIATA DI TARQUINIO IL SUPERBO

FOGNA E FURIA era dai figli (o nipoti) di Tarquinio Prisco: Tar- le l’anziano monarca fu scaraventato giù da
Sotto, uno degli quinio Arunte e Lucio Tarquinio (che forse era il una rampa di scale. Nel frattempo sopraggiunse
sbocchi della figlio di un fratello di Servio, ucciso dal re). Il se- su un carro la figlia Tullia. Visto il padre ranto-
Cloaca Massima, condo, in particolare, ambiva prepotentemente lare sul selciato, diede ordine al cocchiere di tra-
realizzata da Tar- al trono. Per pacificare le famiglie, Servio volgerlo. Come scrisse Tito Livio: «Resa
quinio (nel tondo). aveva dato in spose ai due uomini le forsennata dalle Furie, Tullia fece pas-
Nella pagina a figlie Tullia Maggiore e Tullia Mi- sare il cocchio sul corpo del padre e
fronte, il suicidio nore, la prima a Lucio, la secon- portò sul carro insanguinato, lor-
di Lucrezia dopo da ad Arunte. Ma Tullia Minore da e aspersa essa stessa, le tracce
l’oltraggio subìto era ambiziosa quanto il cognato. dell’eccidio paterno». Una scena
da Sesto Tarquinio, Invidiava la sorella e la riteneva da film dell’orrore. I due consor-
figlio del Superbo. priva di nerbo. Allo stesso modo ti si trovarono spianata la strada
La tragedia scatenò disprezzava il marito, che conside- verso il trono. Tarquinio, dive-
la furia popolare e rava un imbelle. Lei e Lucio, privi di nuto  re, fu subito soprannominato
portò alla cacciata scrupoli, si misero in combutta, elimi- “Superbo”, perché negò la sepoltura al
dei Tarquini. narono i rispettivi consorti e si sposarono. suocero morto. Prese il potere con la forza, senza
Il passo successivo verso il potere fu l’elimina- l’approvazione del popolo e del Senato romano,
zione del suocero e padre, Servio Tullio. Tarqui- e governò, a differenza di Servio (che era benvo-
nio, inscenando una sorta di colpo di Stato, si luto dal popolo) in maniera dispotica.
presentò in Senato, occupò il trono regale e ri-
vendicò per sé la corona, che Servio, secondo lui, IL TIRANNO GUERRIERO
aveva tolto alla sua famiglia. I senatori, che non Tuttavia, a Tarquinio si riconobbe una notevo-
vedevano di buon occhio Servio per le riforme le indole militare. Ampliò il territorio di Roma,
che li avevano privati di parte del loro antico po- conquistando città come Pometia, Ardea, Ocri-
tere, si divisero in due fazioni. Il re accorse per coli, Gabii (quest’ultima con l’inganno, senza
difendera la corona. Tra lui e il pretendente spargere una sola goccia di sangue romano). Si
scoppiò una lite furibonda, alla fine della qua- spinse nell’entroterra laziale, facendo guerra al
popolo dei Volsci, e firmò trattati con Tuscolo e
Anzio. Per rafforzare le vie commerciali maritti-
me sulla costa tirrenica fondò le colonie di Circei
e Signia. Inoltre portò a termine la costruzione
della Cloaca Massima, la grande fogna di Roma, e
completò il tempio di Giove Ottimo Massimo,
grazie anche al bottino conquistato in guerra (e
schiavizzando il popolo romano). Tuttavia il suo
regno era costantemente in bilico. Dopo la visio-
ne di un serpente che sbucava da una colonna
di legno, il re inviò una delegazione a consultare
un oracolo. Della spedizione faceva parte anche
Lucio Giunio Bruto, gentiluomo di palazzo, che
dal responso oracolare capì che sarebbe stato lui
a governare Roma dopo Tarquinio. Bruto, an-
ch’egli di origine etrusca, era figlio e fratello di
due oppositori di Tarquinio mandati a morte dal
re. Si era finto stupido per non essere persegui-
tato, ma faceva comunque parte della ristretta
cerchia che orbitava attorno al sovrano. Fu lui
ad accelerarne la caduta dopo un altro episodio
cruento. Durante l’assedio di Ardea, Tarquinio
Sesto (figlio del Superbo) e il generale Tarquinio
Collatino cominciarono a discutere della virtù
delle rispettive mogli. Secondo Sesto tutte cer-

58 CIVILTÀ ROMANA
PROTAGONISTI

TARQUINIO E LA SIBILLA

A ulo Gellio, scrittore e giurista romano, nelle sue Notti attiche


(immenso archivio della memoria antica, scritto fra il 150
e il 170 d.C.) ci ha tramandato un curioso episodio legato alla
vita di Tarquinio il Superbo. Un giorno, una vecchia e sconosciu-
ta straniera si recò dal re portando nove libri che diceva essere
oracoli divini: voleva venderli. Tarquinio le chiese il prezzo e lei
gli domandò una somma spropositata, al che il re la derise come
se desse i numeri a causa dell’età. Allora la vecchia preparò sotto
i suoi occhi un braciere, dove bruciò tre dei nove libri, per poi
chiedere al sovrano se fosse disposto a comprare i rimanenti al
medesimo prezzo. Tarquinio rise ancora più di prima a quella
richiesta e ribadì che la vecchia stava vaneggiando.
La straniera, a quel punto, arse altri tre libri e di nuovo chiese al
re se voleva comprare quelli rimasti allo stesso prezzo. Tarquinio,
a quel punto, si fece serio, capì che la fermezza della donna non
doveva essere presa alla leggera e comprò gli ultimi tre libri alla
cifra che gli era stata chiesta per tutti quanti. La donna, dopo es-
cavano sollazzo fra altre braccia quando i mariti sersi allontanata, non fu mai più rivista. I tre libri furono riposti in un
erano assenti, ma Collatino non era dello stesso santuario e chiamati sibillini, poiché si ritenne che la vecchia fosse
parere. Per risolvere la disputa, i due tornarono a la Sibilla Cumana. Da allora i rotoli acquistati da Tarquinio furono
Roma, dove trovarono la moglie di Sesto inten- consultati per tutte le questioni di interesse pubblico.
ta a gozzovigliare e a farsi corteggiare, mentre la
sposa di Collatino, Lucrezia, tesseva una tela per
il marito. Inviperito per aver perso la scommessa,
Sesto giurò di far sua la moglie dell’altro. Tornò
di nuovo a Roma e la stuprò. Lei, disperata, rag-
giunse il marito e il padre ad Ardea e si tolse la
vita con un pugnale. Bruto e Collatino portaro-
no il corpo della donna nell’Urbe e giurarono di
vendicarla tenendo fra le mani lo stesso pugnale
usato da Lucrezia. Saputo dell’oltraggio e del
suicidio, il popolo, stanco di soprusi, si sollevò.
Lo stesso fece l’esercito, raggiunto da Lucio Giu-
nio Bruto ad Ardea. Tarquinio e la sua famiglia
furono costretti alla fuga. Il trono, conquistato
con un delitto e grazie a una donna degenerata,
veniva perduto a causa di un delitto commesso
ai danni di una donna virtuosa.
Sesto fu ucciso a Gabii. Il Superbo chiese aiu-
to al re di Chiusi, Porsenna, poi ad altri, ma i
suoi tentativi di riprendere Roma fallirono. In
città, intanto, era stata proclamata la Repubbli-
ca, i cui primi consoli furono Bruto e Collatino.
Rifugiatosi a Tusculum e poi a Cuma, Tarquinio
morì nel 495 a.C. A Roma, la notizia fu accolta
con gioia: morto l’ultimo re, la res publica co-
minciava veramente la sua storia.

CIVILTÀ ROMANA 59
LA CALIGA
SCARPA USA E GETTA
PIEDE DI BRONZO Era la calzatura tipica dei militari di Roma. Un sandalo
Sotto, il piede di
una statua bronzea
chiodato, adatto a ogni tipo di terreno e fabbricato
con una caliga per- per resistere a lungo. Nessuno, però, poteva immaginare
fettamente disegna-
ta. È anche grazie
che avrebbe anche dato nome a un imperatore
a reperti del genere
che conosciamo di Stefano Bandera
la forma di questa
calzatura militare.

I
sandali, di varie fogge e fatture, erano cer- calzatura) associata al verbo ligare (legare). Si
tamente le calzature più diffuse nell’antica tratta, però, di un’etimologia popolare e la ge-
Roma. Un sandalo particolare ed estrema- nesi del nome resta sconosciuta: non è impro-
mente diffuso era la caliga, babile nemmeno che si tratti di un “prestito”
il cui nome ha un’o- da qualche lingua straniera.
rigine ignota, Comunque sia, le calighe erano robusti san-
ma che i Roma- dali militari (calceamentum militare) porta-
ni ricostruivano ti dai soldati e dagli ufficiali inferiori, fino ai
legandola alla centurioni. Questo tipo di calzatura era così
parola calcaliga, tipico che tutti i militari che la indossavano
formata dalla erano detti caligati milites. La sua struttura era
radice calceus piuttosto semplice, ma ciò ne garantiva an-
(che significa che la facilità di reperimento, la robustezza e
la versatilità. Formata da una spessa suola di
cuoio, la caliga era rinforzata con chiodi lar-
ghi e appuntiti (clavi caligares) che garantivano
una perfetta presa su qualsiasi tipo
di terreno, anche quelli più

60 CIVILTÀ ROMANA
VITA QUOTIDIANA

DALLA CALIGA ALL’IMPERO

G aio Cesare, figlio di Germanico


(comandante delle truppe del
Reno), fu educato nei campi milita-
ri della Germania e fin da piccolo
si vestiva da soldato, indossando
calighe adatte al suo piede, ragion
per cui i soldati presero a chiamarlo
Caligola (piccola caliga, nella foto). Il
soprannome gli restò appiccicato per
tutta la vita, anche quando fu elet-
to terzo imperatore dell’Urbe.
Proverbiale divenne anche
la caliga Maximini: Massi-
mino fu elevato alla dignità
imperiale quando ricopriva un
grado basso della carriera militare,
e quindi ancora portava le calighe.
dissestati e sdrucciolevoli, che ai militari non
era infrequente incontrare. Alla suola erano cu-
cite strisce di cuoio che formavano una sorta di
rete attorno al piede e al tallone, lasciavano sco-
perte le dita (per evitare che, durante le marce,
si formassero delle fiacche per lo sfregamento Esistevano anche calighe  con la parte supe- SUOLE E TOMAIE
contro il cuoio) e si allacciavano sopra la ca- riore interamente chiusa, simili a uno stivale e Sotto, una caliga
viglia. Tutte queste strisce fasciavano il piede, adatte per i periodi invernali, oppure pensate rinvenuta quasi intat-
rendendo la calzatura comoda, ma allo stesso per i militari che operavano in zone climatica- ta in un insediamen-
tempo robusta e adatta a lunghi spostamenti. mente meno favorevoli, come quelle dell’Euro- to romano del Nord
pa settentrionale. Tuttavia, sculture e mosaici ci Europa. In alto,
CALIGHE PER TUTTI I GUSTI hanno abituati a vedere il soldato romano con la due suole, su cui si
Un tipo speciale di caliga, più leggera e pen- caliga a sandalo, e raramente con i piedi calzati notano i chiodi che
sata per gli esploratori militari (i cosiddetti in altro modo, anche perché di norma opera- facevano aderire la
speculatores), che svolgevano attività spionisti- va in zone dal clima mediterraneo, mai troppo calzatura al terreno.
che in territorio nemico, era la caliga specula- freddo, e in periodi non invernali. Le campagne
toria. All’epoca dell’imperatore Diocleziano militari, infatti, iniziavano a marzo (mese de-
(III secolo d.C.) si produceva anche la caliga dicato a Marte, dio della guerra) e termi-
equestris, menzionata nell’editto emesso per navano in autunno. Se serviva, poiché i
calmierare i costi di manufatti e merci (di Romani non conoscevano le cal-
cui veniva indicato il prezzo massimo). Pro- ze, i piedi venivano protetti dal
babilmente si trattava di una calzatura (cal- freddo fasciandoli con bende.
ceus)  pensata proprio per i cavalieri, dalla
forma più chiusa e abbottonata sul collo del
piede, come uno stivaletto. Sempre nell’editto
di Diocleziano sono citate le caligae mulionicae
sive rusticae (scarpe più rozze, da mulattiere) e
le caligae muliebres (da donna). In tutti i casi
si trattava di calzature d’uso comune, che una
volta consumate venivano sostituite.

CIVILTÀ ROMANA 61
IL CURSUS
HONORUM
FARE CARRIERA POLITICA A ROMA
62 CIVILTÀ ROMANA
VITA PUBBLICA

Per arrivare alle più alte cariche politiche dell’Urbe non bastavano
ricchezza e potere: bisognava seguire un percorso prestabilito.
I favoritismi non mancavano, ma non erano nemmeno la regola
di Eugenio Anchisi

I
l cursus honorum era la successione di cari- VESTI UFFICIALI i maschi nati liberi (i cosiddetti cives ingenui) e
che pubbliche che un cittadino romano do- Dignitari romani in abiti con cittadinanza romana. Erano invece esclusi
veva ricoprire per arrivare al consolato, che sfarzosi. Da sinistra: litto- i Latini dei municipia (le comunità cittadine
nell’ordinamento della Roma repubblicana (e re, generale, imperatore, legata a Roma, ma con un certo grado di au-
nei primi secoli dell’Impero) costituiva la ma- magistrato e ufficiale. tonomia), gli abitanti delle colonie, i liberti (gli
gistratura (cioè la carica pubblica) più elevata. Nella pagina a fronte: schiavi affrancati, che di solito continuavano a
Le cariche erano chiamate anche honores, da cui oratore, senatore, anzia- vivere nella casa del padrone) e i peregrini, cioè
deriva cursus honorum, cioè “la successione degli no cittadino ed equestre. gli stranieri residenti a Roma.
onori”. Potevano accedere alle magistrature solo Le principali magistrature, in ordine di im- ›

CIVILTÀ ROMANA 63
IL CURSUS HONORUM

IL TRIONFO portanza e di accesso, erano questura, edilità, tri- ciava di norma con il servizio
Sotto, il Trionfo di bunato, pretura, censura e consolato, la più alta: militare tra gli equites (i
Furio Camillo (446- si dividevano in magistrature minori (quaestura, cavalieri), a partire dal
365 a.C.) di France- aedilitas, tribunatus) e maggiori (praetura, censu- diciassettesimo
sco Salviati. Camillo ra, consulatus). Le loro principali caratteristiche anno di età.
fu censore nel 403 erano elettività, temporaneità, collegialità, gratu- Dieci anni di
a.C. e dittatore per tità e responsabilità. servizio erano
ben cinque volte. considerati obbli-
A destra, un littore: INIZIO SOTTO LE ARMI gatori per ottenere
guardie del corpo Il cursus honorum comprendeva inoltre, per l’idoneità a un incari-
dei magistrati, i consuetudine, anche delle iniziali cariche mili- co politico, ma la re-
littori li precedevano tari. Ogni magistratura aveva un’età minima per gola non era applicata
ovunque andassero. l’elezione e bisognava rispettare un certo inter- rigidamente. Durante
Portavano una verga vallo di tempo per ottenere la carica successiva. il servizio militare,
che poteva essere La legge proibiva di ricoprire più volte lo stesso alcuni riuscivano a
usata per percuotere ruolo, anche se non sempre la norma veniva ri- ricoprire la carica di
i cittadini su ordine spettata (Mario ricoprì il consolato per cinque tribuno militare (tri-
dei magistrati stessi. anni consecutivi, tra il 104 e il 100 a.C.). bunus laticlavius). I
Raggiungere una carica alla più giovane età tribuni appartenenti
possibile era considerato un vanto, oltre che un a ciascuna legione erano in
successo nella carriera politica, anche perché pratica degli ufficiali di sta-
ogni ritardo nel conseguimento di una magi- to maggiore e affianca-
stratura avrebbe ritardato tutte le altre. vano il legatus legionis
Il percorso attraverso le varie cariche comin- nelle sue decisioni.

64 CIVILTÀ ROMANA
VITA PUBBLICA

Il primo gradino “ufficiale” del cursus era


quello di questore (quaestor), il più basso tra le
cariche politiche romane. I candidati dovevano
avere almeno 30 anni (sotto Augusto almeno IL CENSORE, CHE CONTAVA
25), ma i patrizi potevano anticipare la loro
candidatura di due anni. I questori erano elet- I SOLDI DEI ROMANI
ti dai Comitia tributa (l’assemblea delle tribù in
cui era suddivisa la popolazione romana) e assi-
stevano i consoli occupandosi dell’amministra-
zione del tesoro pubblico (l’aerarium Saturni)
U n importante magistrato romano era il censore, preposto al
censimento, ogni cinque anni, della popolazione. Poteva
anche nominare nuovi senatori o eliminarne di vecchi. Ne
e coadiuvavano i governatori provinciali nelle venivano eletti due per volta e restavano in carica diciotto mesi.
attività finanziarie, per esempio distribuendo le La censura era una carica prestigiosa e normalmente solo gli ex
risorse o provvedendo al pagamento delle arma- consoli potevano assumerla. Venivano eletti dai comizi centuriati
te provinciali. Inoltre, se autorizzati dal Senato, dopo che i consoli e i pretori dell’anno avevano iniziato il loro
i questori potevano emettere denaro pubblico. mandato. Non avevano l’imperium e non erano accompagnati
Il tesoro non custodiva soltanto le risorse mo- da littori. Le loro azioni non potevano essere bloccate da veti, a
netarie, ma anche importanti documenti, come parte quelli dei tribuni della plebe o di un collega censore. Un
i testi delle leggi o i decreti del Senato, messi censore poteva anche multare un cittadino, oppure vendere le
sotto la custodia dei questori. Nel tardo periodo sue proprietà come punizione per aver eluso un censimento o
repubblicano, l’elezione alla questura si accom- per aver compiuto una registrazione falsa.
pagnava all’automatica ammissione in Senato. Altre azioni che potevano comportare una pena censoria
Un questore poteva indossare la toga praetexta erano l’abbandono di terre coltivabili, la sottrazione al servizio
(bordata di rosso), ma non era scortato da litto- militare, la violazione dei doveri civili, atti di corruzione o
ri (una sorta di guardie del corpo) e non aveva debiti ingenti. I censori gestivano anche gli appalti pubblici e
imperium (cioè la facoltà di impartire ordini ai il pagamento di coloro che svolgevano questi lavori. Una volta
quali non era possibile sottrarsi). entrati in carica, emanavano un editto in cui stabilivano quando
i cittadini dovevano presentarsi per dichiarare il proprio reddito.
GESTIONE DEGLI AFFARI INTERNI In origine, esso era basato sulla quantità di terra coltivabile o
A 36 anni, il questore si poteva candidare alla sul numero di capi di bestiame posseduti. In seguito, base del
carica di edile (aedilis). Gli edili conducevano censimento divenne il capitale mobile.
gli affari interni di Roma e collaboravano con
le cariche più alte. Ogni anno venivano eletti
due edili curuli (patrizi) e due plebei. I comi-
tia tributa, sotto la presidenza di un magistrato
di grado più elevato (un console o un pretore),
eleggevano i due edili curuli. Il Concilium plebis
(consiglio della plebe), sotto la presidenza di un
tribuno della plebe, eleggeva i due edili plebei.
Gli edili avevano poteri sugli affari giornalieri
della città, per esempio riparare e conservate i
templi (pare che “edile” derivi dal latino aedes,
cioè tempio) e gli edifici pubblici. Organizzava-
no poi i giochi (ludi) e le feste. Si occupavano
inoltre delle fognature, degli acquedotti e degli
approvvigionamenti dell’Urbe. Sovrintendeva-
no anche ai mercati e svolgevano la funzione di
giudici in ambito commerciale. Si occupavano
infine dell’ordine pubblico e dei pubblici re-
gistri. Ogni spesa pubblica fatta da un edile
doveva comunque essere autorizzata dal Senato.
Un passo importante nella carriera politica
di un plebeo era la carica di tribuno della ›

CIVILTÀ ROMANA 65
IL CURSUS HONORUM

I CAVALIERI plebe (tribunus plebis). I tribuni erano eletti dal spettavano le disposizioni di un tribuno, que-
Svolgere il servizio Concilium plebis o dall’intero popolo di Roma sti poteva far valere la sacrosanctitas per ferma-
militare nel rango (patrizi compresi). Il tribunato fu il primo uf- re quell’azione. Il tribuno interveniva anche
degli equites (sotto, ficio creato per tutelare i diritti dei cittadini quando un semplice cittadino romano decide-
in un bassorilievo) comuni (plebei). I tribuni erano rappresen- va di opporsi, impugnandola, alla decisione di
era una tappa rite- tanti del popolo ed esercitavano un controllo un magistrato (era la cosiddetta coercitio). In
nuta fondamentae sugli atti del Senato (attraverso un potere di questo caso bisognava attendere che un tribu-
(ma non obbligato- veto), salvaguardando le libertà civili dei cit- no intervenisse e prendesse una decisione.
ria) per chi volesse tadini. L’appartenenza alla plebe (che derivava L’inviolabilità della persona del tribuno era il
intraprendere il dalle tradizioni arcaiche di Roma, secondo cui motivo per cui gli imperatori si facevano attribu-
cursus honorum e la erano patrizi solo i discendenti degli antichi ire la tribunicia potestas, nonché il ruolo ufficiale
carriera politica. fondatori) era avulsa dal reale status sociale di di difensore della parte più debole e vulnerabile
un cittadino: molti plebei, infatti, erano più della società libera romana.
ricchi e potenti dei nobili.
I tribuni erano considerati sacrosanti, cioè GIUSTIZIA ED ESERCITO
inviolabili. La loro sacrosanctitas prevedeva che I pretori (praetor), in numero di sei, erano elet-
chiunque toccasse un tribuno diventasse sacer ti tra gli uomini di almeno 39 anni (30 dopo la
agli dei inferi, cioè passibile di pena capitale. riforma di Augusto). Avevano responsabilità giu-
Era un’offesa capitale danneggiare un tribu- diziarie, ma potevano anche comandare le arma-
no, ignorare un suo veto o interferire con lui. te provinciali e presiedevano i tribunali. Di solito
La sacrosanctitas di un tribuno aveva tuttavia si candidavano con i consoli di fronte all’assem-
effetto solo entro i confini della città. Se un blea dei comizi centuriati. Dopo essere stati
magistrato, un’assemblea o il Senato non ri- eletti, veniva loro conferito l’imperium, grazie al

66 CIVILTÀ ROMANA
VITA PUBBLICA

IL DITTATORE,
MAGISTRATO STRAORDINARIO

I n caso di emergenza militare o di eccezionale pericolo per la


patria, si procedeva alla nomina di un magistrato straordinario,
il dittatore (dictator). Restava in carica sei mesi e il suo potere era
assoluto, libero da veti. Quando c’era necessità di un dittatore, il
Senato emetteva un decreto che autorizzava i consoli a nominarne
uno, che si insediava immediatamente. Durante la dittatura, i magistrati
ordinari restavano in carica, ma diventavano subordinati al dittatore.
Nel caso in cui avessero disobbedito ai suoi ordini, potevano anche
essere costretti a dimettersi. Il potere dittatoriale equivale alla somma dei
poteri di due consoli. In pratica, il dittatore prendeva il posto dell’antico
Rex. Era accompagnato da ventiquattro littori quando si trovava fuori
dal pomerium (il confine sacro e inviolabile della città, tracciato da
Romolo) e da dodici al suo interno (il doppio dei consoli). Il dittatore
aveva potere assoluto sulla res publica. Quando l’emergenza terminava,
si procedeva alla restaurazione del governo ordinario.

quale potevano comandare l’esercito. In assenza capovolta ogni mese. Una volta terminato il pro- IL CONSOLE
di entrambi i consoli, il pretore urbano governa- prio mandato, ogni console deteneva in Senato Sopra, Cesare,
va la città e presiedeva l’assemblea del Senato e il titolo onorifico di consulare. Doveva attendere ultimo tra i Romani
le altre assemblee romane. Altri pretori avevano dieci anni prima di poter essere rieletto. a ricoprire la carica
responsabilità all’estero, e spesso agivano anche Il console era a capo del governo, presiedeva di dittatore (49-44
come governatori di provincia. le sedute del Senato e le assemblee cittadine, e a.C.). Nel tondo, il
La carica di console (consul) era la più pre- aveva la responsabilità ultima di far rispettare console Publio Decio
stigiosa e rappresentava il vertice del- le politiche e le leggi adottate da en- Mure in un quadro di
la carriera politica repubblicana. trambe le istituzioni. Era anche il Rubens. Compiendo
L’età minima per accedervi era capo della diplomazia romana, un atto di devotio
di 42 anni (ridotti a 33 con la poteva svolgere affari con le (consacrazione agli
riforma di Augusto). I con- popolazioni straniere e strin- dei dell’Oltretomba),
soli della Repubblica erano gere relazioni con esse. Inol- sacrificò la propria
i più alti in grado tra i ma- tre, facilitava i rapporti tra vita in cambio della
gistrati ordinari. Venivano gli ambasciatori stranieri e il vittoria del suo eserci-
eletti ogni anno dai comizi Senato. In seguito a un ordine to nella battaglia del
centuriati (che raccoglievano del Senato, i consoli avevano la Vesuvio (340 a.C.).
tutti i cittadini romani, sia patri- responsabilità di adunare le trup-
zi che plebei) e detenevano il pote- pe, di cui prendevano il comando, e
re supremo in materia civile e militare. disponendo della suprema autorità mi-
Dopo la loro elezione, ottenevano l’imperium. litare venivano dotati di adeguate risorse finan-
Se un console moriva mentre era in carica, un ziarie per condurre le campagne belliche e man-
altro console (consul suffectus) veniva eletto al suo tenere i loro eserciti. Mentre si trovava all’estero,
posto per completare il mandato. Durante l’an- il console aveva potere assoluto sui soldati. Alla
no, uno dei due consoli (chiamato senior) era di fine del mandato, non era raro che un console
volta in volta superiore in grado rispetto all’altro venisse demandato, in qualità di proconsole, al
(chiamato junior), e questa graduatoria veniva governo di importanti province.

CIVILTÀ ROMANA 67
GLI

ARCATE GIGANTI
I grandiosi archi dell’ac-
quedotto di Segovia, in
Spagna, che trasporta
acqua dalla sorgente
della Fuenfría, a 17
km dalla città. Nella
pagina a fronte, una
fontana di Ercolano.

68 CIVILTÀ ROMANA
TECNOLOGIA

ACQUEDOTTI
DALLA FONTE
AL RUBINETTO
Imponenti e colossali, gli acquedotti, molti dei quali ancora
oggi visibili o in parte funzionanti, furono tra le più grandi
e imponenti opere di Roma, segno distintivo di una civiltà
di Stefano Bandera

S
crive Plinio il Vecchio (23-79 d.c.) nella le alle popolazioni dell’antica India e della Me-
sua Naturalis historia: «Chi vorrà consi- sopotamia, ma il sistema più esteso del mondo
derare con attenzione la quantità delle antico fu senza dubbio quello romano. Il primo
acque di uso pubblico per le terme, le piscine, acquedotto realizzato fu l’Aqua Appia, una con-
le fontane, le case, i giardini; la distanza da cui dotta sotterranea lunga circa 16 km costruita
l’acqua viene convogliata, i condotti che sono attorno al 312 a.C., durante l’amministrazione
stati costruiti, i monti che sono stati perforati, di Appio Claudio. L’Aqua Marcia, costruita nel
le valli che sono state superate, dovrà ricono- 144 a.C. dal pretore Marcio, fu invece il primo
scere che nulla in tutto il mondo è mai esisti- acquedotto romano non sotterraneo.
to di più meraviglioso». Nell’arco di cinque secoli furono realiz-
Non è un’esagerazione. Fra le grandi zati, per il fabbisogno urbano di Roma,
opere dell’ingegneria antica, gli acque- 11 acquedotti principali, oltre a un nu-
dotti romani sono certamente le più mero notevole di diramazioni. È stato
importanti. «A tali costruzioni, necessarie calcolato che la portata complessiva di
per così ingenti quantità d’acqua, osere- tutti questi acquedotti messi insieme su-
sti paragonare le inutili piramidi d’Egit- perava la quantità d’acqua giornaliera su
to oppure le opere dei Greci tanto famo- cui può contare oggi Roma.
se quanto improduttive?» scriveva Sesto Una simile abbondanza non fu mai
Giulio Frontino (ca. 35-103 d.C.), con- raggiunta in nessun’altra parte del mon-
sole e curator aqua- do e garantì all’Urbe il
rum di Roma. titolo di regina aqua-
La costruzione dei rum. I Romani non
primi acquedotti risa- davano quasi mai un ›

CIVILTÀ ROMANA 69
GLI ACQUEDOTTI ROMANI

nome all’acquedotto in quanto tale, ma all’ac-


qua che vi scorreva, ragion per cui venivano detti
genericamente aqua. Il nome veniva completato
poi con quello dell’imperatore o del funzionario
che li avevano fatti realizzare o aveva presieduto
alla costruzione: c’erano così l’Aqua Appia, l’A-
qua Marcia, l’Aqua Iulia, ecc. Il più notevole de-
gli 11 grandi acquedotti, l’Anio Novus (Aniene
Nuovo), cominciato da Caligola nel 38 d.C. e
terminato da Claudio nel 52, portava 4.738 qui-
nariae, cioè quasi 200 milioni di litri al giorno.
La rete idrica di Roma era sotto il control-
lo di un alto ufficiale, il curator aquarum, ed è
proprio dagli scritti di uno di questi curatori,
il già citato Sesto Giulio Frontino (che redasse
un’approfondita opera tecnica su questo argo-
mento), che si conoscono gran parte dei dati
relativi all’amministrazione, le caratteristiche e
il percorso degli acquedotti romani.

LA SCELTA DELLE FONTI


Gli acquedotti raccoglievano l’acqua da va-
rie sorgenti naturali, alcune delle quali si trova-
vano a grande distanza dalla città (la più lontana,
quella dell’Anio Novus, era a 87 km da Roma).
La fonte veniva scelta in base alla purezza, al

ACQUA IN ABBONDANZA PER TUTTI

In origine, le città venivano quasi sempre costruite in prossimità di


luoghi in cui esistevano abbondanti riserve idriche. Roma non faceva
eccezione: il Tevere, le fonti e le sorgenti vicine all’abitato fornivano
acqua a sufficienza. A partire dal IV secolo a.C., la città crebbe rapi-
damente e così anche il suo fabbisogno idrico. Pochi avevano l’acqua
corrente in casa, perciò i Romani costruirono centinaia di bagni pubblici e
privati, oltre alle grandi terme. Il primo di questi stabilimenti era alimen-
tato dall’Aqua Vergine, inaugurato nel 19 a.C. A costruire l’acque-
dotto fu Marco Agrippa (ritratto in questo busto), che impiegò
parte delle sue ingenti ricchezze per ampliare il sistema di
approvvigionamento idrico di Roma.
Le terme diventarono luoghi di ritrovo pubblici e nelle più
grandi era possibile trovare giardini e biblioteche. Gli acque-
dotti non potevano interrompere il flusso, quindi l’acqua scor-
reva senza interruzione dalle terme alle fognature, che in questo
modo venivano ripulite continuamente dai rifiuti, inclusi quelli organici
provenienti dalle latrine degli stabilimenti.

70 CIVILTÀ ROMANA
TECNOLOGIA

sapore, alla temperatura e alle presunte proprietà to corresse in leggera discesa. La loro penden- TOMBINI BIZZARRI
medicamentose dei sali minerali in essa contenu- za media era estremamente ridotta: il canale Sotto e nella pa-
ti. Le sorgenti, inoltre, dovevano apparire pure in cui correva l’acqua si abbassava, secondo gina a fronte, due
e limpide a un esame obiettivo, lontane i casi, di 20-30 cm per ogni km di per- immagini dell’Ac-
da possibili fonti di inquinamen- corso. Per questo motivo si sceglie- quedotto Claudio.
to e prive di muschi, alghe o vano sorgenti situate in zone Nel tondo, la
canneti. Venivano prese in collinari, soprattutto nei celebre Bocca della
considerazione anche le dintorni orientali della Verità: in origine
caratteristiche e le con- città. Inoltre, ogni tratta era un tombino, in
dizioni degli animali del canale era studiata cui occhi, bocca e
che vi si abbevera- con cura, in base alle naso servivano allo
vano. Se la fonte era caratteristiche del ter- scolo delle acque.
nuova, l’acqua veniva reno attraversato.
messa in contenitori Prima di essere im-
di bronzo e se ne ve- messa nei condotti,
rificava la forza di cor- l’acqua passava attra-
rosione, l’effervescenza, verso vasche di decanta-
l’eventuale torbidità. Si zione, le piscinae limariae,
valutava infine la presenza dove il fango e altre parti-
di corpi estranei. celle di sporco si depositavano
L’acqua scorreva verso la città gra- sul fondo. Vasche dello stesso gene-
zie alla sola forza di gravità. L’acquedotto, in re erano poi dislocate lungo tutto il percorso
pratica, funzionava come uno scivolo per tutta dell’acquedotto, in modo da eliminare ogni
la distanza che separava la sorgente dal punto impurità. In genere le condutture erano sot-
del suo sbocco. Di conseguenza, gli acquedotti terranee, con canali scavati attraverso la roccia.
erano progettati in maniera tale che il traccia- Tuttavia, per le caratteristiche del terreno, ›

LA CURA DELL’ACQUA

L a vasta rete degli acquedotti romani richiedeva un costante lavoro di manuten-


zione, per riparare i danni e conservare i condotti puliti e in buone condizioni.
I canali, che di norma scorrevano sottoterra, avevano punti di accesso a intervalli
regolari, coperti da chiusini. Attraverso tali aperture gli operai potevano ispezio-
nare le tubature, provvedere alla rimozione di sabbia e detriti e alla sostituzione
dei tratti eventualmente danneggiati. Esistevano operai addetti a ispezioni quoti-
diane o regolari, per evitare che insorgessero problemi gravi. Le eventuali attività
di ripristino avvenivano di notte, quando la richiesta d’acqua era minore.
Tutto questo lavoro di monitoraggio richiedeva l’esistenza di una mappatu-
ra affidabile della rete idrica, comprendente anche le condutture che porta-
vano alle utenze private. Per evitare manomissioni o frodi, i tubi di piombo
(fistulae aquariae) erano marchiati e portavano informazioni sul produttore, il
calibro e l’eventuale utilizzatore privato. Fino all’epoca imperiale, la cura aqua-
rum dell’Urbe era affidata al censore, responsabile delle opere pubbliche. Con
Augusto, il compito passò a tre senatori, uno dei quali aveva la carica di curator
aquarum. Alle sue dipendenze aveva tecnici di vario grado e 240 schiavi, cui
se ne aggiunsero, in seguito, altri 460, mantenuti a spese dello Stato.

CIVILTÀ ROMANA 71
GLI ACQUEDOTTI ROMANI

ACQUE LUDICHE alcune parti correvano in superficie, in fos- privati esistevano, ma potevano utilizzare solo
L’acqua convogliata si con le pareti rinforzate da palizzate. Ogni l’acqua in eccesso e dovevano pagare un tributo.
dagli acquedotti 240 piedi (poco più di 70 m) un cippo se- Naturalmente, nella costruzione degli acque-
romani non serviva gnalava l’esistenza del canale sotter- dotti non mancavano le difficoltà
soltanto al semplice raneo, in modo da evitare dan- di ordine architettonico e inge-
uso quotidiano, ma neggiamenti e inquinamenti. gneristico. Se il condotto
alimentava anche i Allo stesso scopo, bisognava raggiungeva una parete
numerosi stabilimenti rispettare una distanza scoscesa o una gola, si re-
termali esistenti in cit- di sicurezza dall’im- alizzava un ponte, o via-
tà. Sotto, I bagni di pianto, stabilita in dotto, per attraversare
Caracalla (1899), di 15 piedi (circa 4,5 la vallata e raggiun-
Lawrence Alma-Ta- m) per lato fuori città gere il lato opposto a
dema. Nel tondo, la e 5 (1,5 m) all’inter- un’altezza leggermente
decorazione bron- no della sfera urbana. inferiore, dove il per-
zea di un rubinetto Per i trasgressori era corso del canale ritor-
risalente alla prima prevista una multa di nava sotterraneo.
età imperiale. 10.000 sesterzi, che pote- Un altro modo di supe-
va salire fino a 100.000 per rare un avvallamento era il
coloro che avessero manomesso cosiddetto sifone invertito: l’acqua
o danneggiato dolosamente una parte veniva raccolta in una cisterna da cui
qualsiasi degli impianti di rifornimento idrico. partiva una tubatura che la faceva scendere a fon-
Tutti gli acquedotti erano pubblici, di pro- do valle sfruttando la forza di gravità; la pressio-
prietà dello Stato e costruiti a beneficio dei cit- ne generata lungo la discesa la faceva poi risalire
tadini. Il loro danneggiamento o inquinamento fino a una seconda cisterna costruita un po’ più
veniva severamente punito, così come l’utilizzo in basso della prima, sull’altro versante della val-
dell’acqua pubblica per ville o terreni privati, le. Tuttavia, il sistema non veniva usato spesso,
collegandosi illegalmente alle condutture. Rami perché le condutture in piombo o terracotta mal

LA RETE IDRICA DELL’URBE

A ll’inizio del III secolo d.C., Roma era servita da ben 11 ac-


quedotti principali. Il primo, quello dell’Aqua Appia, era stato
costruito nel 312 a.C.: lungo poco più di 16 km, era quasi com-
pletamente sotterraneo. Ancora in parte conservato è l’Acquedotto
Claudio, l’ottavo grande acquedotto dell’Urbe a essere costruito:
è lungo circa 69 km, di cui 10 costituiti da arcate, alcune alte fino
a 27 m. Il condotto dell’Acqua Marcia, completato intorno al 140
d.C, trasportava ogni giorno a Roma 190 mila mc d’acqua: dei
suoi 92 km di lunghezza, solo 11 erano costituiti da arcate.
Dopo essere stata trasportata all’interno dei confini dell’area ur-
bana, l’acqua veniva convogliata in vasche di distribuzione. Poi,
attraverso diramazioni, defluiva verso altre vasche di distribuzione
minori o nei luoghi in cui doveva essere utilizzata. È stato calcolato
che la rete idrica di Roma era talmente imponente ed efficiente che
ogni abitante avrebbe potuto consumare oltre 1.000 litri d’acqua
al giorno. Gli acquedotti, ovviamente, richiedevano continui inter-
venti di manutenzione, tanto che per un certo periodo, nella sola
Roma, furono impiegate a questo scopo circa 700 persone.

72 CIVILTÀ ROMANA
TECNOLOGIA

sopportavano la grande pressione generata dalla di mantenere un volume d’acqua sufficiente. TERME IMPERIALI
discesa, e la perdita d’acqua era notevole. Gli ar- Si è calcolato che ogni abitante di Roma antica I Romani costruirono
chitetti preferivano allungare il percorso dell’ac- aveva a disposizione un quantitativo d’acqua pari bagni termali in
quedotto per sfruttare una pendenza regolare. al doppio di quello di cui dispone un abitante ogni parte dell’Im-
di oggi. Questo fa capire come la città, pur nella pero, conosciuti
LE GRANDI ARCATE sua vastità, era una struttura urbana ben edifica- e frequentati da
Quando il terreno spianava, in particolare vici- ta e amministrata, capace di rispondere alle esi- persone di tutte
no alla città, il flusso veniva garantito dalle arcate genze di tutti i cittadini. Gli acquedotti rimasero le classi sociali.
che hanno reso celebri nel mondo gli acquedotti in attività per tutto l’arco della storia di Roma Sopra, le celebri
di Roma: alcune di esse raggiungevano i 30 m di e questo ci fa comprendere il notevole lavoro di terme di Bath, fatte
altezza. Era attraverso queste grandiose struttu- cura e manutenzione a essi dedicato. Per secoli edificare dall’impe-
re che la maggior parte degli acquedotti entrava fornirono acqua all’Urbe, anche nei momenti di ratore Vespasiano
in città. Più l’acqua viaggiava alta, maggiore era crisi. Uno di essi, l’Acquedotto Vergine, alimenta nel 75 a.C., all’epo-
l’area urbana che avrebbe potuto rifornire. Nella ancora oggi la Fontana di Trevi e la Fontana dei ca dell’occupazione
parte alta dei viadotti c’erano aperture che con- Quattro fiumi in piazza Navona. della Britannia da
sentivano la manutenzione del canale. Del resto, il consumo d’acqua nella Roma parte delle legioni
Alcuni acquedotti arrivavano a Roma seguen- antica era davvero enorme: senza contare gli romane.
do un identico percorso. Due o tre acque condi- impianti privati, gli acquedotti dovevano rifor-
videvano lo stesso viadotto, scorrendo in canali nire 11 grandi stabilimenti termali, 856 bagni
separati e a livelli differenti. Gli sbocchi più pubblici, 15 ninfei o fontane monumentali, 2
importanti si trovavano nei punti più elevati del- naumachie (impianti per le battaglie navali), 3
la città. Molti acquedotti raggiungevano l’Urbe laghi o piscine e circa 1.300 fontane.
da sudest, in un luogo chiamato Spes Vetus, Con l’espansione dell’impero, gli acquedot-
che prendeva nome da un antico Tempio della ti arrivarono ovunque giungessero i Romani.
Speranza. L’acqua entrava a Roma dal vicino col- Ancora oggi, chi visita Asia Minore, Francia,
le Esquilino e poteva essere distribuita a gran Spagna o Africa del Nord non può non rimane-
parte della città. In alcuni casi, acquedotti con re affascinato al cospetto di questi stupefacenti
una portata maggiore consentivano agli altri capolavori dell’arte ingegneristica romana.

CIVILTÀ ROMANA 73
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA

VINDOLANDA UN FORTINO LEGIONARIO IN BRITANNIA


Ricostruito numerose volte e occupato per secoli
da guarnigioni romane, il forte di Vindolanda,
nel nord dell’Inghilterra, è un luogo suggestivo,
capace di regalare imprevedibili emozioni
di Stefano Bandera

E
VITA LEGIONARIA retta nei pressi del Vallo di Adriano, che I Tungrorum (Civitas  Tungrorum  era il nome
Sopra, due delle separava i territori della Britannia romana dato dai Romani al distretto amministrativo che
tavolette ritrovate dalla Caledonia, ancora abitata dai barbari riuniva i territori del Belgio orientale e il Sud dei
nel sito, scritte Pitti, Vindolanda era uno dei forti occupati dai Paesi Bassi). In seguito, fra il 95 e il 105, passò
dai soldati della legionari romani stanziati lungo la frontiera. In alla cohors VIII Batavorum (sempre proveniente
guarnigione. Sotto, realtà, la sua costruzione è precedente a quella dai Paesi Bassi). Alla metà del II secolo risale la
l’interno del Museo del vallo, voluto dall’imperatore Adriano nel 122 fase di ricostruzione in pietra e dall’inizio del III
dell’Esercito, una d.C. Il forte di Vindolanda, infatti, posto a metà secolo il forte fu base della cohors IV Gallorum,
delle maggiori attra- strada tra la foce del fiume Solway e quella del originaria del Lionese, che già aveva preso parte
zioni di Vindolanda. Tyne, fu costruito già alla fine del I secolo, in le- a campagne in Dacia (l’attuale Romania). Nel
gno, e occupato, attorno al 90 d.C., dalla cohors periodo precedente alla costruzione del Vallo di
VIAGGI E METE

INFO useum
Adriano, Vindolanda fu uno dei punti chiave la n d a Fort & M
Vindo
per la difesa della frontiera settentrionale, strate- Roman 17.
gicamente situato sulla strada fra Solway e Tyne, i d a ll e 10 alle .
tti i gio rn 0 alle 18
via romana voluta da Agricola nel 70 d.C. e oggi Aperto tu settembre, dalle 1
a
Da aprile 7JN, UK
conosciuta come Stanegate, la strada di pietra
H e x h a m NE47
Mil l, 7485
(nome di origine anglosassone).
d ir iz z o : Bardon 2 7 7 o 0 1697 74
In 44
01434 3
Tel: +44
LAVORI IN CORSO om/
Gli scavi archeologici sono tuttora in corso e w w.v in dolanda.c
http:// w
puntano a svelare i misteri delle nove fortezze
romane che si sono succedute sul sito (almeno
cinque in legno e le restanti in muratura). È un
compito enorme, portato avanti da un gruppo gli scavi. La collezione comprende numerose ta- GIOVE AL NORD
di professionisti affiancati da numerosi volontari volette da scrittura (specie di cartoline romane), Sopra, una veduta
(sul sito web di Vindolanda è possibile iscriversi una notevole collezione di calzature d’epoca, tes- del sito archeologi-
per partecipare agli scavi). Le ricerche han- suti, ceramiche, oggetti militari e personali. co: gli scavi sono
no già restituito straordinari documenti Particolarmente importante è la rac- ancora in corso ed è
della cultura materiale romana nell’an- colta delle tavolette da scrittura, possibile parteciparvi
tica Britannia. Tra le altre cose, ricor- in legno di quercia e betulla, che come volontari. Qui
diamo: una grande stanza da bagno comprende corrispondenza, pub- accanto, un altare
pre-adrianea e una del III secolo, blica e privata, tra ufficiali e soldati dedicato a Juppiter
perfettamente conservata; diverse e le loro mogli, più alcune lettere Dolichenus, divinità
abitazioni di ufficiali e caserme mi- del prefetto. Oltre a ciò, ci sono i orientale portata
litari; case, laboratori, latrine e un rapporti quotidiani degli ufficiali ai in Occidente dalle
tempio romano-celtico, dedicato a superiori, una serie di liste di prov- truppe di ritorno in
una divinità ancora ignota; infine, viste consegnate alla guarnigione, le patria. Aveva come
un tempio dedicato a Giove Do- schede riassuntive delle incombenze attributi la scure e la
licheno, un dio che, come l’in- giornaliere dei soldati, diversi conti folgore, e propiziava
do-persiano Mitra, era venerato e ricevute. Si tratta del più antico ar- il successo dell’orga-
dai militari. A tutto questo si ag- chivio letterario della Gran Bretagna, nizzazione militare.
giunge lo splendido Museo del fondamentale per comprendere il lin-
sito, che ospita i reperti più in- guaggio e il livello culturale dei legio-
teressanti recuperati durante nari romani alla fine del I secolo.

CIVILTÀ ROMANA 75
IL GARUM
SALSA UNIVERSALE
Ricavato da carne e interiora di pesce messe sotto sale, il garum
era un condimento così prelibato e ricercato da risultare costosissimo.
Nonostante ciò, lo si raccomandava per qualsiasi ricetta
di Stefano Bandera

P
er i Romani, soprattutto quelli ricchi PASSIONE ANTICA dopo l’altro, si susseguivano i piatti più sva-
(basti pensare al Trimalcione descritto Il garum si preparava riati, a base di carne, pesce, formaggio e frut-
da Petronio nel suo romanzo, il Satyri- con pesci delle ta. Lo stesso ingrediente, però, condiva quasi
con, scritto fra il I e il II secolo d.C.), la cena più svariate specie, tutte le pietanze: il garum. Per gli antichi Ro-
era il pasto più importante della giornata. I spesso ormai estinte. mani, era questo il condimento per eccellenza,
banchetti duravano fino a notte fonda e, uno utilizzato e venduto in tutto l’impero. Il suo

76 CIVILTÀ ROMANA
CUCINA

LA RICETTA DI APICIO

M arco Gavio Apicio (25 a.C.-37 d.C.) ci ha lasciato il ricet-


tario più completo dell’antichita, intitolato De re coquinaria
(L’arte della cucina). In quest’opera, il garum viene citato come
condimento indispensabile per quasi tutti i piatti, a base di carne
e di pesce, ma anche di ortaggi e legumi.
Come esempio, ecco la ricetta del Pullum parthicum: «Aprire
un pollo per il lungo. Pestare nel mortaio pepe, ligustico e qual-
che seme di carvi, innaffiare con il garum e amalgamare con del
vino. Sistemare il pollo in un recipiente e versarvi sopra la salsa.
Fare sciogliere in acqua calda la resina aromatica di benzoino e
versare il composto sul pollo. Mettere a cuocere. A cottura ultima-
ta, cospargere di pepe e servire». Naturalmente, nel manuale di
Apicio vi sono anche ricette meno elaborate, come quella delle
uova fritte, anch’esse, però, condite con garum mescolato a vino.

sapore si avvicinava a quello della pasta di ac- Lasciate riposare per sette giorni. Mescolate di ANFORE DI GUSTO
ciughe, con la differenza che il garum era più sovente ancora per qualche giorno. Alla fine Una volta prodot-
piccante, ricercato e molto costoso. Il suo odo- otterrete un liquido piuttosto denso, che è ap- ta negli appositi
re, per giunta, non era affatto invitante e per punto il garum. Esso si conserverà a lungo».  stabilimenti, la
renderlo più gradevole si usavano miele Si poteva trovare garum di diverse preziosa salsa dove-
e mosto fresco. La varietà più pre- qualità, e il migliore costava cifre dav- va essere “stivata”.
giata era il flos floris, il cui colore vero astronomiche. Talvolta veniva me- Stando agli autori
scuro era dovuto alla presenza di scolato con altri ingredienti, come pepe contemporanei, si
sangue di tonno. Il garum, usato (garum piperatum), aceto (oxygarum), conservava piuttosto
anche come sostituto del sale, ve- vino (oenogarum), olio (oleogarum) o an- a lungo, ma per
niva utilizzato per cuocere funghi, che della semplice acqua (hydrogarum). garantirne gusto e
uova, carne e tartufi. Sebbene le origini di questa salsa tanto aroma veniva rac-
Ma come si preparava? Marziale apprezzata risalgano probabilmente ai colta in particolari
(40-104 d.C.), celebre poeta roma- Fenici o ai Greci, furono i Romani a anfore dal profilo
no, ci ha lasciato questo metodo: produrlo su scala “industriale”. Esi- allungato, come
«Usate pesci grassi come  sardine stevano stabilimenti specializzati, quella qui accanto.
e sgombri, cui vanno aggiunti, in detti  cetariae, dove si realizzavano Il filosofo Seneca
porzione di un terzo, interiora di due tipi di prodotti. I primi erano (4 a.C.-65 d.C.),
pesci vari. Bisogna avere a dispo- le salsamenta, conserve di pesce che definiva il garum
sizione una vasca ben impeciata, potremmo paragonare al baccalà o “una costosa polti-
della capacità di una trentina di li- alle sardine sotto sale dei giorni no- glia di pesci guasti”.
tri. Sul fondo della vasca, fate un al- stri. I secondi erano le  salse, la più
tro strato di erbe aromatiche dissec- popolare delle quali era proprio il ga-
cate e dal sapore forte, come aneto, rum. Questo aveva anche un uso me-
coriandolo, finocchio, sedano, men- dicinale: si credeva stimolasse l’appeti-
ta, pepe, zafferano e origano. Su que- to grazie al suo alto valore proteico e
sto fondo disponete le interiora e i pesci gli si attribuivano proprietà curative per
piccoli interi, mentre quelli più grossi diversi mali. Plinio il Vecchio, nella sua
vanno tagliati a pezzetti. Sopra stendete Naturalis historia, ne elenca i benefici
uno strato di sale alto due dita. Ripete- come cura della dissenteria e perfino
te gli strati fino all’orlo del recipiente. come rimedio per i morsi di cane.

CIVILTÀ ROMANA 77
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA

IN MARCIA ALLA RISCOPERTA


DELLA VIA FLAMINIA
Quattordici giorni di marcia per ripercorrere l’itinerario
di una delle più importanti vie tracciate dai Romani

L
a costruzione della Via Flaminia Milano partendo da Roma. Dal 2 al
ebbe inizio nel 220 a.C. per ini- 14 settembre, un contubernium (cioè
ziativa del console Gaio Flami- una squadra di otto legionari, la più
nio, con lo scopo di collegare Roma piccola unità militare dell’esercito ro-
e l’Italia settentrionale, in particolare mano) dell’Associazione Culturale
l’ager gallicus da poco annesso allo Decima Legio ripercorrerà il tracciato
Stato romano. La costruzione del tratto dell’antica Via Flaminia da piazza del
appenninico fu ultimata in pochi anni, Campidoglio a Roma all’Arco di Au-
mentre quello terminale, da Fano a gusto di Rimini, rievocando una marcia
Rimini, venne realizzato da Augusto, in equipaggiamento storico completo.
quasi duecento anni dopo. Quattordici giorni di marcia per 335
km, con una media di 24 km al gior-
LUNGO L’ANTICA STRADA no, per riscoprire una delle vie roma-
La Flaminia rimase per secoli la stra- ne più importanti e famose, e magari
da preferita per raggiungere il Nord riaprire un tracciato percorribile da
della penisola, tanto che fino agli anni appassionati di antichità e da cammi-
Sessanta, prima dell’apertura dell’Au- natori entusiasti di quel “turismo lento”
tostrada del Sole, era ancora uno dei e intelligente che solo un territorio ric-
percorsi più praticati per raggiungere co di Storia come l’Italia può offrire.

EVENTO STORICO AL CASTELLO DI ZUMELLE

I l Castello di Zumelle si erge sulla


cima di un colle nei pressi di Mel,
in provincia di Belluno. Il suo primo
nucleo fu realizzato dai Romani attor-
no al I secolo d.C. per controllare il
transito lungo la via Claudia Augusta
Altinate, la strada che attraversando le
Alpi conduceva in Rezia, verso i confi-
ni settentrionali dell’Impero.
Dall’11 al 15 agosto, alla riscoper-
ta delle radici romane del Castello, si
svolgerà Lughnasad, festa celtica in
onore del pane, all’interno della quale,
a cura dell’Associazione culturale De-
cima Legio, si svolgeranno anche in-
teressanti incontri e attività didattiche
dedicate all’antica Roma.

78 CIVILTÀ ROMANA
EVENTI E RIEVOCAZIONI

ROMA RINASCE A MODENA


Una manifestazione ormai storica, che riporta
in vita il quotidiano celtico e quello romano

D
a 10 anni, a fine estate, Mo- nale della manifestazione, sono previsti
dena ospita uno dei migliori 10 giorni di festa, con una novità rispet-
festival romani d’Italia: Mvtina to al solito: non ci sarà un unico tema a
Boica, un evento che riunisce Celti e legare l’evento, ma due focus. Dal 31
Romani, diffondendone la cultura con agosto al 2 settembre si svolgerà “Il tem-
la ricostruzione di epiche battaglie, po degli eroi”, per far rivivere l’Iliade
combattimenti tra gladiatori, un campo attraverso aedi omerici, duelli all’ombra
legionario e un accampamento celtico. delle mura di Troia e falangi oplitiche.
Non mancano il mercatino dell’ar- Mentre i giorni dal 6 al 9 settembre
tigianato, laboratori didattici, perfor- saranno dedicati alla fondazione del-
mance musicali e animazioni varie. E la città di Modena: “Mutina Deducta
naturalmente assaggi di cibi e bevan- Est”, di cui si ripercorrerà la storia con
de dell’epoca, presso la Capuona Mu- conferenze, ricostruzioni e spettacoli.
tinensis, la taverna romana che propo-
ne le ricette latine di Apicio e Catone. Mutina Boica, dal 31 agosto al
Quest’anno, per festeggiare il decen- 9 settembre, Parco Ferrari, Modena

L’URBE OLTRE LE ALPI

L’ epoca romana rivive anche Oltralpe, nei territori inospitali in cui a lungo
le legioni hanno combattuto. Solo negli anni pari, a Hechingen-Stein,
nella Germania meridionale, si anima il Römerfest, presso il locale museo ro-
mano a cielo aperto. Così, nello splendido scenario di Villa Rustica, non solo
rivivono gli scontri tra legionari e Germani, ma viene anche ricostruita la vita
quotidiana dell’epoca, con vini, cibi tipici e spettacoli d’intrattenimento di
ogni genere, dalle danze antiche ai giochi gladiatori.

Römerfest Villa Rustica, 25 e 26 agosto, Hechingen-Stein (Römisches


Freilichtmuseum), Baden-Württemberg, Germania

CIVILTÀ ROMANA 79
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LIBRI MOSTRE FILM

MOSTRE | DOMUS AUREA: LA REGGIA DI NERONE COME NON L’AVETE MAI VISTA

F ino al prossimo 28 agosto (salvo proroghe dell’ultim’ora) è possibile partecipare al


progetto “Domus Aurea, visita al cantiere di restauro con realtà virtuale”. Si tratta di
visite didattiche al cantiere di restauro della Domus Aurea (la villa di Nerone) previste
ogni sabato e domenica e arricchite da innovativi interventi multimediali, creati per
valorizzare scientificamente l’opera di restauro della celebre residenza imperiale.
Per rendere l’esperienza ancora più innovativa e straordinaria è stato realizzato un pro-
getto di realtà “immersiva” (sembrerà di essere davvero dentro la villa dell’epoca) legato
a un video-racconto. Innovativo e affascinante, esso si ripromette di ampliare la fru-
izione del sito archeologico da parte del pubblico, con l’utilizzo di installazioni mul-
timediali che fanno uso delle più recenti tecnologie, come il videomapping su grandi
superfici e la realtà virtuale. Gli interventi proposti si sviluppano lungo il percorso di
dodici tappe della visita guidata al cantiere della Domus Aurea.

Orari: sabato e domenica, 8,30-16,45


Biglietto: € 14, gratuito per i bambini sotto i 6 anni

LIBRI | DIVENTA ANCHE TU LEGIONARIO DI AUGUSTO

I mmaginate di dovervi arruolare nell’esercito romano di Augusto, nell’anno della


nascita di Cristo, e di non sapere come, quando e che cosa fare. Questo manuale
vi spiegherà nel dettaglio, ma in modo semplice e chiaro, quali sono i compiti che
vi aspettano, quali saranno i vostri doveri e i vostri diritti di legionario romano.
Molto di quello che imparerete rimarrà nella prassi e nelle tradizioni militari
romane anche nei secoli successivi. Tutto apparirà estremamente serio, concre-
to e coinvolgente: vi immergerete nella storia e nella cultura dei nostri antenati,
per conoscere anche negli aspetti più segreti e sconosciuti il funzionamento della
macchina da guerra più potente della Storia. Un testo imperdibile per ogni appas-
sionato della civiltà romana, e dell’esercito dell’Urbe in particolare, che aiuterà a
comprendere la differenza tra ricostruzione storica e semplice rievocazione. Il testo
è corredato da oltre 200 immagini e utili appendici.

Giuseppe Cascarino, Il manuale del legionario romano, Il Cerchio, pp. 270, € 29

FILM | L’ULTIMO GIORNO DI POMPEI

L a tragedia di Pompei, di cui parliamo in questo numero della rivista, ha ispi-


rato numerosi registi, come Paul Anderson, che nel 2014 ha diretto Pompei,
una storia d’amore e salvezza sullo sfondo dell’eruzione più celebre della Storia;
oppure Gli ultimi giorni di Pompei, un film del 1959, dei registi Mario Bonnard
e Sergio Leone. Sono molte, quindi, le trasposizioni cinematograficamente ro-
manzate degli eventi, ma questo dramma realistico diretto da Peter Nicholson
per conto della Bbc nel 2003 brilla per concretezza e realismo.
Avvenuta nel 79 d.C., la dirompente eruzione del Vesuvio fu uno dei più cata-
strofici e conosciuti disastri naturali della storia umana. Il film (che si può trova-
re in dvd) si svolge tutto in un giorno, dal 24 al 25 agosto, e la drammatizzazione
delle ultime ore di vita di alcuni abitanti della città campana (insieme a una do-
cumentazione dettagliata dei fatti riguardanti l’eruzione) ricostruisce in maniera
vivida quell’orribile giornata. Inoltre, viene illustrata la situazione attuale del
territorio attorno al Vesuvio e il pericolo ancora incombente sulla popolazione.

CIVILTÀ ROMANA 81
LO SPIONAGGIO NELL’ANTICA ROMA SIMBOLI PROSSIMAMENTE

LA FOLGORE LE VERRINE
Un processo per corruzione
DI GIOVE E DELLE LEGIONI di 200 anni fa nelle arringhe
di Marco Tullio Cicerone.

F
olgori stilizzate erano diffuse sugli scudi
dei soldati. La Legio XII, creata da Ce-
sare per contrastare i Germani di Ario- GLI ELMI
visto, ebbe come insegna la saetta di Giove,
e l’appellativo di Fulminata. La folgore era
DEI LEGIONARI
simbolo di forza: Giove, dio delle potenze Com’erano fatti e perché.
naturali, governava la tempesta e la pioggia.
Nei poemi di Omero, Zeus (corrispettivo TEUTOBURGO
greco di Juppiter) è colui «che gode del
fulmine» e «che alto tuona». A Roma,
Dove i Germani sconfissero
Giove fu chiamato Tonans, Fulgur, Sere- le legioni di Varo.
nus, Pluvius (tonante, fulminante, sereno
e pluvio) e aveva per attributi l’aquila e la
quercia, simboli di orgoglio e forza.
MESSALINA
Che i militari cercassero un legame tutela- La dissoluta moglie
re con Giove è giustificato. La fama della Le- dell’imperatore Nerone.
gio XII parla chiaro: sconfitto Ariovisto, fu
schierata da Cesare contro Belgi e Britanni.
Partecipò alla repressione degli ultimi foco- LA SCUOLA DI
lai di resistenza in Gallia. Fu la seconda le- ROMA ANTICA
gione a passare il Rubicone allo scoppio del-
la guerra civile. Occupò il Piceno e Ascoli.
Chi la frequentava,
Percorse la costa adriatica all’inseguimento che cosa si studiava.
di Pompeo. Poi si diresse al Nord per com-
battere i pompeiani in Spagna. Nel 48 a.C.
partecipò, tra le schiere di Cesare, alla batta- L’ORNATRIX
glia di Farsalo. Successi che solo una legione L’estetista delle matrone.
protetta da Giove poteva ottenere.

CIVILTA
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PUBBLICITÀ 20090 Segrate - ISSN: 2611-7282
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GIANO, L’ANTICA E MISTERIOSA GLI SCUDI DEI LEGIONARI, IL SILFIO, LA PIANTA CHE SI
DIVINITÀ DAI DUE VOLTI COME ERANO FATTI E PERCHÉ ESTINSE A CAUSA DEI GOLOSI

eserciti in marcia alla


conquista del mondo,
imperatori dissoluti,
generali indomabili,
dei e miti immortali,
capolavori d’arte e di
architettura, storie e
curiosità di una civiltà
molto più simile alla
LA GUERRA DELLE SPIE, LA PIRAMIDE DI CESTIO, UNA
L’INTELLIGENCE DEI CESARI
nostra di quanto TOMBA EGIZIA A TESTACCIO
possiamo immaginare

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