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PARLANDO

CON MARCOS
INTERVISTA CON IL SUBCOMANDANTE MARCOS
DELL'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

PREFAZIONE DI P I N O C A C U C C I
A CURADI:
A * A7 IMMAGINI MOSSE
C.S.O.A.CORTO CIRCUITO
Prefazione

Sulla cima della piramide c'é un altare, soltanto


una grande pietra in bilico sopra due macigni.
Standoci in piedi, scopro che oscilla: per un atti-
mo ho una stretta alle viscere, la sensazione di
spiccare li volo nel vento e perdersi sul mare
verde del Chiapas. Laggiù, in qualche punto di
quella foresta scampata al flagello degli alleva-
tori, sono sicuro che qualche piccolo Indio arma-
to della sua vecchia carabina, mi starà guardan-
do e penserà: "Che strano uccello, in cima a
quelle vecchie pietre...".
Le rovine di Toninah sono circondate di carriar-
mati, irti di mitragliere sempre puntate su chi
passa, i soldati sono più nervosi che a San
Cristobal, e questa che è la più recente scoperta
archeologica del Messico, per loro è solo una
seccatura: i rari visitatori li costringono a distrarsi
dal "lavoro". All'ingresso della città sacra c'è un
piccolo ristorante, ormai chiuso. Il proprietario si
riteneva un uomo fortunato, da quando erano
cominciati gli scavi proprio nel suo p i c c o l o
appezzamento di terra. Sognava sclami di turisti a
cui preparare il pranzo, accumulava casse di birra

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e aspettava, Ma nelle prime settimane di gennaio,
si trovava a Ocosingo, e stava mangiando tran-
aulliamente seduto in un banco del mercato.
Si guardava intorno chiedendosi come sarebbe
andata a finire, con quei poveracci che aveva-
no occupato il paese, armati soprattutto della
loro dignità millenaria. Non ebbe il tempo di finire
il suo piattino di tacos; i reparti speciali arrivarono
all'improvviso, sparando alla cieca. E lui, fu uno
del primi a morire, falciato da una raffica assie-
me a d altri anonimi abitanti, nella strage del
mercato di Ocosingo. Gli zapatisti rimasero a resi-
stere, per dare il tempo alla gente di mettersi al
riparo, per limitare il numero di morti assassinati a
tradimento, mentre mangiavano o compravano
verdure e poveri tessuti. Quel giorno, a
Ocosingo, tra gli uomini dell'Esercito Zapatista è
avvenuta una sorta di rivoluzione interna. Prima,
molti di loro si chiedevano se le donne fossero
capaci di combattere, e se fosse giusto ricevere
ordini da una ragazzina, o dalla propria sorella o
compagna. "Da quel giorno, i dubbi sono finiti", a
scritto Marcos. "Perchè a Ocosingo sono state le
comandanti dell'EZLN a coordinare la resistenza e
la ritirata senza sbandamenti. Le comandanti
hanno guidato gli altri in avanti, in una rapida con-
troffensiva che ha permesso di portare via i nostri
feriti e alla gente di rifugiarsi nelle case, Da allora,

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nessuno si chiede più se una donna sia capace di
comPattere con lo stesso coraggio di un uomo.
A Ocosingo a b b i a m o dovuto tutto a loro".
Sulla parete ho appeso una foto in più. C'è
Marcos che parla al tavolo delle trattative.
Accanto una piccola donna con una veste rossa a
fiori bianchi, passamontagna calato, lo sguardo
dolce e calmo: è la comandante Ramona, che
partecipava agli incontri con gli emissari del
governo nella cattedrale di San Cristobal. Nei
mesi seguenti, la sua presenza divenne abituale.
Poi, scomparve. I giornalisti chiedevano a Marcos
d o v e fosse finita, la c o m a n d a n t e Ramona.
Marcos rispondeva in maniera evasiva, a volte
infastidita, dimostrando che preferiva non gli
venisse chiesto. E gli amici c h e ho a San
Cristobal, mi avevano riferito la voce che circo-
lava: la comandante Ramona è gravemente
ammalata, si dice abbia un tumore.
Nel novembre scorso, gli zapatlsti hanno annun-
ciato che Ramona si era unita al volo delle aqui-
le che osservano la Selva Lacandona da lassù,
oltre le nubi basse del Chiapas, sotto il sole che
splende sulla cima delle montagne. La morte è
sempre una beffa, non esiste un modo di morire-
che sia stupido e un altro che sia "intelligente".
Qui si è abituati a morire di stenti, dissenteria,
morbillo, persino un raffreddore può uccidere

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se si patisce la fame da generazioni.
Ramona, forse,aveva i m m a g i n a t o c h e per
lei sarebbe stata una pallottola a Ocosingo,
quel giorno dell'attacco al mercato.
Invece, l'ha uccisa un tumore. Di lei, non cono-
sceremo mai il volto.
Ma che importa. In cinque secoli di resistenza,
sono caduti 60 milioni di indlos senza volto e
senza nome. Di lei, almeno conserverò il ricordo
dello sguardo dietro il passamontagna nella foto
alla parete.
Sono certo che Marcos sarebbe d'accordo: a
chi, se non a Ramona, si potrebbe dedicare
questo libro, a nome di tutti i c a d u t i per la
dignità degli esseri umani, per la fierezza di non
aver mai chinato mai la testa...
Che la terra della selva ti sia leggera come la
tua veste a fiori nella f o t o , c o m a n d a n t e
Ramona.
Pino Cacucci

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Introduzione

Quando la sera del 1° gennaio di un anno fa,


"festeggiando" insieme ad altri compagni del
Corto Circuito l'arrivo del nuovo anno, appresi
dal telegiornali della rivolta in Chiapas, della
conquista di San Cristóbal da parte deli'EZLN, un
nuovo e praticamente sconosciuto esercito di
indios chiapanechi, bhé... quasi non ci potevo
credere!
Più passava il tempo e più ci rendevamo conto
della portata, del significato politico che poteva
avere nel 1994 la nascita di una guerriglia.
Ma come? La "nueva izquierda latinoamerica-
na" ormai, da alcuni anni, non teorizzava la fine
delle esperienze di guerriglia? Non eravamo
nell'epoca della concertazione? E il muro? Non
era caduto trascinando con sé quelli che anco-
ra credevano nella "RIVOLUZIONE"? E l'FMLN
Salvadoregno? Non aveva raggiunto dei van-
taggiosi accordi di pace (vantaggiosi per chi poi
é ancora da capire)?
Quasi non ci potevo credere, e proprio per que-
sto è stato facile decidere di partire. Dopo le
gioie e le delusioni di tre anni come "comunica-
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tore sociale" del FMLN, sentivo la necessità di
conoscere meglio quello che stava accadendo
In Chiapas; era necessario andare a conoscere
e riportare una testimonianza diretta, non filtrata,
come normalmente ci propina il giornalismo uffi-
ciale . E così presa la decisione, racimolati un pò
di soldi, messa a punto l'attrezzatura e cercati i
contatti giusti, mi sono messo in viaggio verso II
Chiapas. Un viaggio che mi ha portato in una
terra che non avevo mai visitato prima ma che è
abitata dalla stessa gente, dalle stesse storie,
dagli stessi volti, dalla stessa povertà trovata In Ei
Salvador, in Nicaragua o in Honduras. Dopo
quasi un mese di giri, contatti, incontri semiclan-
destini e soprattutto di attesa il 18 aprile alle 2 del
pomeriggio mi trovavo nella zona sotto il control-
lo dell'EZLN ai margini della Selva Lacandona.
Avrei passato poi 12 giorni insieme agii zapatisti e
a d un gruppo di giornalisti, 12 giorni che mi sono
serviti per conoscere, in parte, questa nuova
guerriglia degli anni 90, quest'esercito nato per
difendere la dignità di un popolo, dignità che da
503 anni gli é negata.
Quello che segue é il testo di una "chiacchierata"
con il SUB COMANDANTE MARCOS fatta davanti
ad una telecamera II 1° maggio del '94.
Federico Mariani
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C O N MARCOS
INTERVISTA C O N
IL SUBCOMANDANTE
MARCOS DELL'EZLN

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LE RAGIONI DELLA LOTTA

E
sistono due livelli inerenti alle ragioni della
lotta dell'Esercito Zapatista di Liberazione
Nazionale (EZLN): ci sono le nostre rivendica-
zioni dettate dalle condizioni in cui viviamo; e ci
sono le ragioni relative all'aspetto più discusso, a
cui è stato dato più ampio risalto politico, cioè
alla scelta e al cammino della lotta armata.
Per quanto riguarda le condizioni di vita e le
cause politiche di queste, vanno segnalate quel-
le poverissime di certe regioni del Paese. Nel
caso del Sud-Est e della popolazione indigena,
alle situazioni prodotte dalla crisi del modello
economico, si somma il costo che implica per il
Paese seguire il modello neollberista.
Questa "ridefinizione" interna del capitalismo
dopo il crollo del campo socialista, che provoca
un riaggiustamento economico mondiale, signifi-
ca che ogni Paese deve inserirsi in qualche
modo in questo gran mercato che abbatte le
frontiere, in Europa con la CEE (e adesso con
questa specie di Trattato Economico Europeo),
in Nord America, con il Trattato per II Libero
Commercio (NAFTA) tra Canada, Stati Uniti e
Messico, in Centro e Sud America, con le aspira-
zioni della maggior parte dei Paesi a questo
modello economico.

il
Quello che all'Interno viene chiamato neoll-
berismo implica una serie di riaggiustamenti
economici delle politiche precedenti dello stato
messicano. Uno di questi è la spesa sociale: lo
Stato stesso si definiva popolare, ossia intendeva
destinare una parte delle entrate nazionali a
migliorare le condizioni di vita dei settori più
poveri o ad alleviarne le condizioni.
Nel caso degli indios, degli Indlos del Sud-Est, non
c ' è nessun interesse ad incorporarli al mercato
mondiale, né al progetto economico, dato che
storicamente è gente emarginata, senza nessu-
na preparazione al lavoro, che non può compe-
tere sul mercato del lavoro introdotto da questa
apertura Intemazionale. E' gente che non sa né
leggere né scrivere, che non ha la licenza ele-
mentare, che produce con metodi primitivi, non
antichi ma preistorici, e che, in qualche modo,
per il regime costituisce l'artigianato, l'aspetto
"tipico" del Paese, l'attrattiva turistica.
Questo per gli Indlos messicani, per quelli del
Sud-Est, significa condizioni di vita estreme che
portano a considerare In un'altra maniera la
logica della morte. Queste condizioni di vita
hanno fatto sì che la "logica della morte" entras-
se nelle comunità in forma quotidiana.
La mancanza di ospedali, l'assenza di soste-
gni nella produzione, l'esaurimento delle terre,

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la mancanza di strade, di integrazione con il
ciclo urbano dei mercati delle comunità indige-
ne più l o n t a n e , ha p r o v o c a t o l ' a u m e n t o
dell'indice di mortalità infantile e della popola-
zione In generale, senza che si cercasse una
soluzione.
Per la popolazione indigena del Sud-Est del
Chiapas, esiste una situazione innegabile: non
ci sono né scuole né ospedali, non c ' è una
buona alimentazione, non c'è terra, il lavoro non
è p a g a t o giustamente. Faccio l'esempio del
caffè, una delle poche cose che il contadino
può vendere. La giornata lavorativa, tutto lo sfor-
zo che c'è nella produzione del caffè, non è giu-
stamente retribuita: è più il lavoro investito che il
denaro ricevuto. Sò che questa è di per se una
logica di sfruttamento, In cui mal viene pagato il
valore che si aggiunge alle merci, mentre viene
pagato solo il valore per continuare a produrre,
Ma nel caso dei contadini indigeni neppure que-
sto, poiché la fase del loro lavoro rientra non già
nella commercializzazione del prodotto, ma
nello stadio della commercializzazione del pro-
dotto da parte degli "intermediari"- sciacalli,
come dicono i compagni -, i quali abbassano
ancora di più il prezzo del caffè, divenendo un
settore sociale parassitario, che vive sulle spalle
dei contadini.

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Di conseguenza i contadini indigeni hanno
seguito la via della lotta, con richieste, manife-
stazioni, commissioni inviate al governo, doman-
da di crediti. Questi problemi continuano a resta-
re irrisolti e il tasso di mortalità cresce a livelli intol-
lerabili descrivendo la realtà poverissima della
popolazione indigena. Il cambiamento delle
condizioni di vita rientra nelle richieste presentate
dall'EZLN, richieste che si riferiscono ai punti per
cui lottiamo: una casa dignitosa; la terra (perché
i contadini non hanno terra o quella che hanno
è pessima); un lavoro pagato equamente e con
i diritti per i lavoratori; l'alimentazione; la salute
(ospedali, medicine, dottori); l'istruzione (scuole
e maestri).
In un modo o nell'altro, il governo deve rico-
noscere di non aver mai prestato attenzione a
questi problemi, cercando inoltre di ridimensio-
narli, sostenendo che si trattava di un problema
residuale, ossia che esiste una politica, ma che
non si è potuto adeguare la situazione degli
indios al resto del Paese, li governo cerca di dire:
"Si lo stiamo facendo, ma lentamente".
Quello che invece dicono i compagni nell'analisi
è: "Perché non è possibile risolvere questi proble-
mi in modo pacifico? Perché queste sei questioni
fondamentali per la sopravvivenza non possono
essere risolte attraverso canali normali?".

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In realtà manca qualcosa in questo Paese,
dato che, nel momento in cui i contadini si orga-
nizzano per rivendicar! i propri diritti, immediata-
mente ricevono due tipi di attacchi: uno, il più
immediato, dalle guardie bianche, dai latifondi-
sti; l'altro dal governo con il labirinto di uffici, di
burocrazia, di documenti creati per diluire le
rivendicazioni. Ciò vuol dire che non c'è libertà
in questo Paese: quando qualcuno dice qualco-
sa sui suoi problemi, non solo questi non vengono
risolti, ma in aggiunta viene represso.
Non c'è giustizia, perché se qualcuno com-
mette un delitto, la sua punizione non dipende
da cosa si è fatto, ossia dalla colpevolezza, ma
dalla posizione economica dell'accusato.
Per questo ai sei punti va aggiunta anche la giu-
stizia, nelle richieste presentate dall'Esercito
Zapatista ed è per questo che ci hanno obbliga-
to a prendere le armi.
C'è anche un problema di indipendenza,
soprattutto rispetto ai progetti economici mon-
diali. Il fatto che II NAFTA, sacrificando la popola-
zione del Paese agli Interessi economici stranieri,
non tenga conto in nessun modo della popola-
zione indigena, per competere o essere inclusa
In esso, vuol dire che questo Paese tradisce una
parte di se stesso, per compiacere gli stranieri.
E questo noi lo chiamiamo mancanza di indi-

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pendenza. Nel caso del NAFTA, noi partiamo dal
fatto che si è mascherata la realtà di questo
Paese, perché non è possibile che il Canada e
gli Stati Uniti abbiano accettato di trattare da
pari a pari, o di fare un accordo con un socio (
visto che il NAFTA parla di soci ) in queste condi-
zioni. Noi diciamo che il trattato di libero com-
mercio va riproposto, facendo partecipe tutto il
Paese, incluse le sue parti più povere, con costi
non solo per il Messico ma anche per USA e
Canada, segnalando che l'attuale trattato, non
essendo il Messico allo stesso livello economico
di USA e Canada, non è un trattato da pari a
pari, ma di subordinazione,
Andrebbe riproposto il Trattato in modo da
mostrare il vero volto di questo Paese, senza
maschera. USA e Canada rifiuteranno, allora, di
firmarlo perché non sarà più un affare, e parlan-
do con il Messico autentico si renderanno conto
che non si può trattare con questo Paese se
prima non lo si aiuta. Alla fine dovrà essere un
progetto di aiuti economici e certamente con
rischi di ingerenza politica, cosa che influirebbe
ancora di più sulla questione dell'indipendenza.
In p o c h e parole, chi p a g a c o m a n d a a
tutti i livelli: se in un trattato di libero com-
mercio comincia a d entrare denaro, entra
a n c h e ingerenza politica. Non si può essere

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politicamente e lo si può constatare con tutte le
concessioni economiche che ha fatto Salinas
per ottenere II NAFTA.
Tutto ciò fa parte di una farsa più complessa,
dove la reale condizione economica del Paese
viene tenuta nascosta verso l'estero, per ottene-
re la firma del Congresso USA (in una votazione
molto contrastata, dove il governo ha comprato
voti per garantirne l'approvazione) e verso
l'interno del Paese, per c o n v i n c e r c i c h e il
Messico non è più quello di prima, che ora è ad
un livello più alto, che possiamo entrare nel
"primo mondo". Ma la realtà è enormemente
diversa e si deve dunque reimpostare la lotta
economica di questo Paese riconoscendo quel-
lo che realmente siamo. Cioè che ci manca
tutto!
Se risolveremo tutto questo allora potremo
entrare in altre cose, se fosse ancora possibile.

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LE COMUNITÀ' INDIGENE E L' EZLN

Q
ui nelle comunità le autorità sono dei col-
lettivi, non sono individui o gruppi di
c o m a n d o , sono tipo dei consigli, o
Comitati, come diciamo noi. Ed inoltre è possibile
rimuoverli e assoggettarli al volere della maggio-
ranza. Per avere un incarico nella comunità non
importa a quale corrente politica tu apparten-
ga, né la tua religione: si può essere di sinistra, di
destra, di centro o cattolico, presbiteriano o
ateo. Il fatto che si possa rimanere in carica
dipende dal compiere il volere della comunità.
Inoltre l'accordo è che si può essere rimossi in
qualsiasi momento.
Esiste una forma di plebiscito permanente della
comunità sulle autorità. I compagni dicono che
se tutto il Paese fosse così, cioè con i governanti
revocabili, e se si spingesse di più verso gruppi
dirigenti "collettivi", sarebbe più difficile il crearsi
della arbitrarietà, che in Messico prende il nome
di presidenzialismo.
Su di una sola persona, il Presidente della
Repubblica, pesano troppe decisioni.
L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
è una organizzazione in maggioranza indigena,
anche se alcuni intellettuali del Messico dicono
« he non è possibile che un gruppo di indlgenii
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abbia il concetto di nazione che ha l'EZLN.
Al nostro Interno ci sono due dinamiche, una è la
logica di morte che si fa sempre più opprimente;
l'altra è che la presa delle decisioni, il comando,
è collettivo, democratico, come si dice adesso.
E' la maggioranza che comanda e dice che, se
la morte è nostra, allora siamo noi a decidere di
che morte morire.

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" C O M I N C I A M O LA GUERRA!

Q
uesta è la ragione del 1° gennaio 1994,
dell'appoggio sociale, politico, economi-
co ed ideologico, della dichiarazione
della Selva Lacandona e di tutti i comunicati fino
ad oggi, del nostro esercito e dei suoi membri.
Bene, rispetto alle rivendicazioni deli'EZLN
cos'è che ci aspettiamo? Non ci aspettiamo
risposte dal governo, ma dai popolo messicano,
ci aspettiamo cioè che operai, contadini, settori
popolari, si rendano conto che le nostre rivendi-
cazioni sono le loro, e che è necessario un cam-
bio radicale, una rivoluzione.
Siamo consapevoli, ed abbiamo insistito molto su
questo, che l'EZLN da solo non può ottenere la
soluzione di questi problemi, l'EZLN da solo non
può imporre la democrazia, la libertà, la giustizia,
ne'trovare ia soluzione del punti delle nostre
rivendicazioni,
"Noi stiamo s c o m m e t t e n d o , p u n t a n d o sulla
società, sul popolo messicano. Le nostre rivendi-
cazioni sono rivolte al popolo più che al gover-
no,
Il migliore del mondi per l'EZLN è quello dove
s'innalzi una bandiera ancor più grande di quella
deli'EZLN, una bandiera che incorpori gli operai, i
contadini, i settori popolari più importanti e che

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nasca così un movimento rivoluzionario che
imponga cambi profondi, tra i quali sarebbero
incluse le soluzioni ai problemi degli indios in
Chiapas.
Questa è la cosa migliore che possa accadere. Il
governo sà tutto ciò ed il suo sforzo principale è
quello di isolarci, per ridurre il nostro movimento
a d una questione del Chiapas (o meglio ad
alcuni municipi) e sul piano politico economico
ad una questione degli indios del sud-est. In que-
sta direzione va la sua offensiva ideologica a
livello nazionale. Il governo dice: "Si è vero gli
indios stanno male bisogna aiutarli ma nel resto
del Paese va tutto bene non succede niente".
Il peggiore dei mondi per l'EZLN è rimanere
soli, cioè quello in cui il governo convinca il resto
del Paese che le nostre sono rivendicazioni locali
e che non c ' è ragione per esservi implicato,
tranne che per portare un po' di solidarietà e
simpatia. Diciamo il peggiore dei mondi possibili
perchè significherebbe per noi, non la sconfitta,
non l'arresa, non la firma di un trattato di pace,
ma la ripresa della guerra.
Arriveremmo insomma alla conclusione che non
sono stati sufficienti né i morti né il sangue versa-
to a gennaio e che è necessario pagare al
Paese un tributo di altro sangue, di altre morti,
per far capire cosa succede realmente.

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Noi non ci risparmieremo per la patria, anche a
costo di rinunciare a d alcuni benefici per la
popolazione. Quello che non capisce il governo
ed il Paese è che non stà parlando con indios
che vogliono un pezzetto di terra, un ospedale o
una scuola e con questo si accontentano, quello
che non capiscono è che stanno trattando con
un gruppo di patrioti in armi che si ribellano con
un obiettivo e che non si fermeranno fino a rag-
giungerlo.
Si aspettano la logica di El Salvador, dei
Nicaragua e non sarà questo. Il nostro referente
storico non è il Centroamerica, ma Villa, Zapata
e le grandi resistenze indigene nel corso di 501
anni di questo Paese.
In queste resistenze indigene, in Zapata e Villa c'è
un comune denominatore: non c'è stata resa, né
firme di nessuna concessione. Disgraziatamente
questo non è capito dal resto dei settori sociali
del Paese e dagli autonomlnati movimenti inter-
nazionali di solidarietà o dai membri di altre rivo-
luzioni che ci consigliano di negoziare al più pre-
sto quello che sia. Ci dicono: "Noi abbiamo impie-
gato molti anni per arrivare dove voi siete arrivati in
pochi giorni", Però noi non vogliamo arrivare dove
sono loro adesso, noi non vogliamo il Nicaragua
del s94 non vogliamo EÌ Salvador del '94: noi voglia-
mo un altro Paese completamente nuovo.

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Non ci siamo alzati in armi per negoziare
alcune migliorie e nessun c a m b i o di fondo,
abbiamo detto : "Ci ribelliamo per avere dei
cambiamenti profondi". Prima della caduta del
biocco socialista questi cambiamenti avevano il
nome di Rivoluzione, potete chiamarla come
volete, per noi continua ad essere Rivoluzione.
Il governo anche per questo è preoccupato.
Non aspiriamo ad essere l'avanguardia alla
testa di tutto un movimento. Semmai forse una
piccola luce che attiri l'attenzione del Paese
sulla necessità di accendere altre luci fino a far
ardere il Paese intero: la bandiera più piccola
che marci insieme ad altre sotto una bandiera
più g r a n d e c h e è la rivoluzione in Messico.
Questo è ciò che proponiamo quello che pen-
siamo ed è la cosa più difficile da far capire.
Sì, tutti capiscono le cause, una buona parte
capisce perchè abbiamo scelto questa strada,
però pochi capiscono perchè non accettiamo
le proposte del governo: questa è la cattiva
lezione del centroamerica. Dicono: "Bene se si
sono ribellati come i centroamericani che fini-
scano come i centroamericani", E questo noi
non lo faremo, anche se resteremo soli.

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ESERCITO E DEMOCRAZIA:
UNA CONTRADDIZIONE ?

e c'è qualcosa di antidemocratico è proprio

S un esercito; e qualcosa ancora più antide-


mocratica è l'organizzazione politico-militare
di tipo verticale.
Ci sono alcuni al vertice che prendono deci-
sioni e l'organizzazione punta sul fatto che questi
non sbaglino, e così se le decisioni sono buone
l'organizzazione va bene, se invece queste non
sono buone l'organizzazione comincerà a firma-
re accordi di pace.
Noi iniziamo con un'organizzazione di tipo politi-
co militare e riusciamo a coprire tutta la prima
parte di formazione di un esercito guerrigliero:
quella della sopravvivenza, della formazione mili-
tare, dell'imparare a conoscere e preparare il
terreno, la montagna. In seguito abbiamo impa-
rato ad entrare in contatto con la comunità indi-
gena, in quella che, a prima vista, potrebbe
apparire come una specie di convivenza pacifi-
ca in una forma d e m o c r a t i c a propria delle
comunità, in cui tutte le decisioni vengono prese
nelle assemblee.
Si hanno dunque dei vantaggi e degli svantaggi.
Praticamente se devi recintare un pascolo, deve
riunirsi la comunità per decidere se si recinta.

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però è anche vero che questo metodo permet-
te alla comunità una straordinaria vigilanza su
tutti i membri e sulle sue autorità. Inoltre questo
Implica un livello di politicizzazione superiore.
Bisogna tener conto della tradizione di gover-
no indigena, la quale ha un carattere collettivo
e che in molti casi è stata per gli stessi indigeni
una forma di sopravvivenza, prima sotto la domi-
nazione spagnola, poi con le dominazioni suc-
cessive alla guerra di indipendenza. L'unica
maniera di sopravvivere come etnie, era resiste-
re con i propri governi collettivi, per controllare
che non fossero cooptati dal governo. Oltre al
controllo interno continuo, c ' è il fatto che le
autorità devono essere collettive e sono rimovi-
bili in qualsiasi momento. Se qualcuno non sta
funzionando si toglie e se ne mette un'altro, non
c'è la logica della durata in carica quattro anni,
cinque, o sei.
Dall'altro lato c ' è l'organizzazione politico mili-
tare, un capo militare che dà ordini e le truppe
che li eseguono. Quando La comunità indigena
comincia a far parte dell'esercito, ossia quando i
giovani, gli uomini e le donne delle comunità,
entrano a far parte dell'esercito stesso, l'aspetto
militare penetra nella comunità ed inizia a d
organizzarla non solo per resistere economica-
mente, per la produzione collettiva, ma anche

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militarmente, nei distaccamenti di autodifesa,
per difendersi dai proprietari terrieri.
Ciononostante la d e m o c r a z i a , c h e regola
l'accordo collettivo, obbliga l'EZLN sempre più a
tener conto della comunità per prendere deci-
sioni ed infine (senza che lo proponiamo noi o
loro), si dà il passaggio storico dell'imposizione
della comunità sopra l'organizzazione politico-
militare. Ecco che allora la struttura democratica
si impone sulla struttura militare ed inizia a darsi
quest'assurdo storico, di un esercito, ossia di
un'organizzazione a n t i d e m o c r a t i c a , diretta
democraticamente.
Com'è possibile questo? E' possibile grazie
all'accordo di prendere decisioni in maniera
comune. Anche quelle di tipo strategico sono
prese democraticamente, e democraticamente
fino all'assurdo, soprattutto per voi europei, che
usate molto la rappresentatività e i delegati.
Ciò vuol dire che ci sono accordi che non pos-
sono essere presi dal Comitato, ma che devono
essere presi tenendo in considerazione ciascun
compagno. Per esempio: l'inizio della guerra, gli
accordi di pace, la continuazione della guerra,
sono tutte cose che devono essere decise insie-
me a ciascuno di coloro che appartiene alle
strutture di base. Tale tipo di decisione non può
essere presa nè dal Comitato militare nè da

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quello politico. Esse devono essere prese dalla
popolazione e dalle truppe. C'è poi un altro tipo
di decisioni (anche politiche), che chiamiamo di
congiuntura , che vengono prese dal Comitato,
come ad esempio un "cessate il fuoco".
E ancora un altro tipo di decisioni a livello tattico
che sono prettamente militari e non sono demo-
cratiche.
L'esemplo è quello di gennaio in cui la maggio-
ranza decide di dar vita alla guerra e comincia-
re a combattere, mentre "dove" e "quando" è
una decisione strettamente militare. Il "cessate II
fuoco" lo decide il Comitato all'interno delle sue
prerogative, In una decisione collettiva, così
come l'assistenza al dialogo. La risposta o la pos-
sibile firma del trattato di pace deve essere inve-
ce presa di nuovo da chi ha deciso di dare inizio
alla guerra, che è ancora la popolazione, e lo
stesso nell'eventualità di decidere se continuar-
la oppure no.
Questo metodo permette che si mantenga
un livello di convivenza c a p a c e di far prevale-
re al vertici di una organizzazione antidemocra-
tica - come è un esercito - una direzione collet-
tiva che è quella del Comitato e una decisione
d e m o c r a t i c a c h e è quella della base c h e
forma l'uno e l'altro. All'interno della Consulta,
q u e l l o c h e si sta c e r c a n d o di s p i e g a r e

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ai compagni è : queste sono le richieste che tutti
abbiamo fatto (tutti! Ad esempio qui siamo in
una zona con popolazione Tzeltal, le richieste
vengono anche dai Tzoltziles, dai Cholos dai
Tojolabales), queste sono le risposte del governo,
il quale dice: "Firmiamo la pace con queste pro-
poste".
"Cosa facciamo ?" - è la domanda.
Firmiamo la pace? Oppure? Questo è quanto si
sta chiedendo all'interno di ogni comunità, Ogni
comunità può darsi che risponda che la guerra
continui, oppure che bisogna firmare la pace, o
ancora che non si firmi la pace né si continui la
guerra, insistendo nel risolvere il problema nazio-
nale. Questo si fa con la votazione. In questa
comunità si sono riuniti tot. uomini , tot. donne e
tot, bambini, sì bambini, perchè i maggiori di 12
anni hanno diritto a votare in quanto già produ-
cono, partecipano al lavoro della comunità e
pertanto hanno l'obbligo ed il diritto a parteci-
pare agli accodi comunitari, e si fa una relazio-
ne, che viene mandata in un posto dove arriva-
no le relazioni di altre votazioni della regione, da
qui si mandano in una zona dove si aggiungono
quelle di altre regioni, dalla zona al Comitato
dell'etnia e d a qui al Comitato Clandestino
Rivoluzionarlo Indigeno, che è quello che riunisce
a sè tutte le etnie e tutti i settori che formano l'EZLN.

30
Attraverso tale meccanismo è possibile sapere
se la gente è a favore della pace o della guerra,
se intende proseguire il dialogo o il confronto a
livello nazionale. Questo è il processo.
Da esso vengono fuori le decisioni: se continua il
dialogo, e quindi come proseguirlo, in che dire-
zione svilupparlo, con chi affrontarlo, cosa discu-
tere - oppure - se firmare la pace. In questo caso
è necessario stabilire in che senso, quando, dove
e questo è compito del Comitato.
Se invece l'ordine fosse quello di continuare la
guerra, allora mi affidano il comando militare
come in Dicembre e bisognerà stabilire su quale
piano, ma qui ho carta bianca: c ' è l'ordine di
continuare la guerra ed io comincerò a muovere
le truppe, a prendere le posizioni....

31
LA CONCEZIONE DELL'ANTICAMERA

ualcuno ci chiede se siamo finanziati da

Q Ross Perot, da Torricelli, dalla destra messi-


cana o dalla Chiesa, Quello che possia-
mo dire è che facciamo un'analisi a livello mon-
diale, molto In generale. Cos'è che provoca la
caduta del campo socialista? Ossia fino a che
punto può essere valida una proposta sociale,
portata avanti da una cosiddetta avanguardia,
che è talmente avanguardia che nessuno la
può più raggiungere, pagando poi II costo socia-
le di questa separazione, com'è avvenuto, con
una rottura di portata mondiale?
Sappiamo che non può essere l'avanguardia,
nè il potere politico a determinare una proposta
sociale, bensì coloro che la sostengono, quindi il
popolo.
E' necessario che qualunque proposta venga
sottoposta a plebiscito. Nel caso di un Paese è
necessario creare condizioni sociali, politiche,
economiche affinchè questa proposta sociale si
possa confrontare con la popolazione.
In questo senso siamo rivoluzionari che non
hanno come fine quello di prendere il potere
attraverso la via delle armi, piuttosto, attraver-
so questa via, prefigurare non la nuova casa,
che si chiami socialismo, nazionalsocialismo,

32
liberalismo, capitalismo, comunismo, come vole-
te chiamarla, ma l'anticamera di questa casa,
dove la democrazia, la libertà, la giustizia, creino
come diciamo noi uno spazio.
Creare uno spazio, dove le diverse correnti
politiche siano obbligate a confrontarsi, in eguali
condizioni, al resto della società attraverso il
voto, il plebiscito o qualunque altra forma che II
popolo ritenga opportuna.
Adesso non si può decidere, tranne che con la
forza, qual'è la proposta sociale. Se adesso
siamo nel neo liberismo si alzano in armi i socialisti
e ci impongono con la forza il loro progetto
sociale, politico. Noi diciamo: "Valutiamolo
prima". Prima di questa imposizione o questo
confronto, raggiungiamo l'anticamera dove si
deciderà. Creiamo uno spazio, o obblighiamo a
creare uno spazio di confronto politico, ideolo-
gico, in condizioni di uguaglianza.
E che il campo di battaglia non sia di un esercito
contro l'altro o di una destabilizzazione contro
l'altra, bensì quello di uno spazio dove convince-
re ed influire sulla maggioranza della popolazio-
ne. Questo implicherebbe un livello politico
superiore a quello attuale, in cui le organizzazioni
politiche, i partiti politici sono più orientati alla
negoziazione politica cieca che a confrontarsi
con la propria base.

33
Implicherebbe un altro livello politico di ricono-
scimento delle proprie capacità politiche, di
conferimento di poteri alla maggioranza e la
popolazione è abbastanza matura per decidere
ciò che vuole. La logica del PRI invece afferma
che il Messico non è pronto per la democrazia,
non è capace di andare nella direzione giusta
quindi è meglio restare nelle condizioni in cui
siamo, sicuramente cattive, piuttosto che avere
un sistema sociale autoritario dove vengano
abolite le poche libertà politiche esistenti.
A questo diciamo: "Noi", in quanto il popolo
messicano ha già la maggiore età, e prova ne è
il fatto che i suoi abitanti più piccoli, gli indigeni
del SUD-EST, stanno dando questa lezione.
Perché, se coloro che hanno una minore
conoscenza, un minore livello culturale, i più
poveri e i più dimenticati, hanno questo corag-
gio, non dovrebbero averlo, nel resto del Paese,
gente più preparata, più chiara, con altre espe-
rienze?
Per questo non parliamo di una " nostra propo-
sta sociale" noi parliamo della proposta sociale
che è necessaria per decidere adesso sì, il cam-
mino del Paese. Non combattiamo per un gover-
no di una specifica tendenza bensì per uno che
convochi i m m e d i a t a m e n t e , in condizioni di
uguaglianza, elezioni e una nuova costituente.

34
Questo vuol dire una nuova legge che Includa
molte cose che ancora in questo Paese non ci
sono e ne abolisca altre che non corrispondono
al livello politico, economico e sociale di questo
stesso Paese.
Conseguentemente a questo possiamo dire:
quale tipo di democrazia vuole l'EZLN.
Quella che lo appoggia, ossia un governo collet-
tivo, non di una persona, continuamente esposto
alle sanzioni della società, alla vigilanza della
società attraverso plebiscito o referendum, e
revocabile in qualsiasi momento. La sua autorità
morale o il suo prestigio deve dipendere da
quello che la gente desidera o dall'appoggio
che viene dalia stessa gente, e non da quello
del suo partito politico.
E Infine un meccanismo democratico interno
attraverso ¡1 quale, quando il Comitato deve
decidere, si possa consultare la base, il rgsto del
Paese, ¡T resto del cittadini, che noi aspiriamo -
non ad incorporare aila nostra organizzazione -
bensì a renderli consapevoli che è necessario
cambiare tutto questo per poter chiedere cosa
pensano di tutto questo.
Noi chiediamo loro che la simpatia manife-
stata nel nostri confronti passi ad un livello supe-
riore, vale a dire che ci dicano ciò che dobbia-
mo fare e decidere insieme il da farsi.

35
Questo attuale è ancora uno stadio basso,
unostadio superiore sarebbe proprio quello di
decidere Insieme cosa fare e farlo insieme.

36
UNA SINISTRA DIVERSA

L
o sforzo principale di ogni gruppo di sinistra a
livello mondiale è rivolto verso la necessità di
doversi definire rispetto a tutto il resto. Se sei
un gruppo di sinistra la differenza con gli altri
gruppi può essere nel fatto che uno è riformista,
l'altro di estrema sinistra, l'altro negoziatore,
oppure molto radicale. Un altro ancora ha una
storia di tradimenti, un altro invece ha una storia
di mediazione. Molto frequentemente capita di
sentire frasi che suonano più o meno così : "lo
non sono tutto questo, adesso sì, sono la sinistra
che tutto il Paese stava aspettando".
Molti entrano in questa logica dimenticando di
confrontarsi con coloro che dicono di rappre-
sentare, sia il proletariato, sia i contadini, sia il set-
tore popolare, sia la stessa tradizione storica di
lotta di un Paese per la sua liberazione o per un
sistema sociale nuovo.
E' risaputo che la destra non combatte per il
proprio referente, in quanto il suo referente stori-
co è solo monetario: il g u a d a g n o . Questo è ciò
che la unisce o eventualmente la divide ed essa
non soffre per unirsi di fronte a d un nemico
comune. Non ha sofferto per unirsi di fronte al
nemico comune in c a m p o socialista.
La sinistra non vuole capire tutto questo, perchè

I
essa non usa confrontarsi con il proprio referente,
con II popolo o la classe che dice di rappresen-
tare. Allora chi può dire che un gruppo di sinistra
è quello giusto? Un simposio, una rivista dove si
dibatte? O piuttosto la classe sociale che si rap-
presenta, quella che ti appoggia o ti obbliga nel
progetto che hai come organizzazione, o come
governo nel caso che sei al potere?
In tutte le tappe finali della guerra fredda, la
sinistra mondiale è stata occupata nel moltipli-
care le divisioni: l'eurocomunismo, il marxismo
ortodosso, il fronte, il partito, l'organizzazione poli-
tico-mllitare, la lotta armata o quella elettorale.
In tutto questo la destra non ha fatto che
accumulare forza, ha finito di fare a pezzi la sini-
stra, ha contato i cadaveri e si è imposta.
A livello mondiale, in particolar modo a livello
europeo, la sinistra si scontra con questo e il
nemico è sempre lo stesso, ma molto più forte.
La forza che gli si oppone è sempre la stessa, ma
è debole anche come referente storico.
Non vediamo con pessimismo il panorama mon- j
diale con questa predominanza della destra. In i
Messico il 31 dicembre del v93 la destra era pre-
dominante.
Magari molti entrano in questa logica: "Il
nemico è forte, aspettiamo il momento opportu-
no". E nessuno si decide a fare qualcosa e a dire

38
quello che tutti vorrebbero dire.
Nel caso del Messico è stata la gente più
povera, quella più dimenticata, la più ignorante
che ha detto: "Quelli che sanno non dicono
nulla, ebbene allora parleremo noi e diremo che
non siamo d'accordo con tutto questo".
E risulta che questa onnipresenza della destra,
questa potenza, entra in una crisi dalla quale
non riesce a riprendersi. EJI più grave colpo
all'orgoglio è che, tale crisi, sia stata provocata
dagli indigeni, da quelli che parlano una lingua
sola e che non è lo spagnolo ( e non è vero tra
l'altro, parlano la propria lingua e lo spagnolo,
mentre dall'altra parte c'è chi parla solo lo spa-
gnolo ).
La grande lezione dell'EZLN al m o n d o è, io
credo, aver detto : "Adesso basta". Bisogna
dirlo, anche in condizioni sfavorevoli. Se ¡1 30
dicembre avessi detto che entro 24 ore sarem-
mo andati ad attaccare otto municipi e avrem-
mo dato inizio ad una guerra, mettendo il Paese
••ottosopra, avreste parlato del trattato di libero
< ommercio, mi avreste detto che il governo era
molto forte, che Salinas era onnipresente, che il
MRI era molto articolato e l'esercito molto poten-
ti» Tutta la "spazzatura" che si dice in questi i
• usi, tutti argomenti per non fare nulla ed in que-
ito '.enso qualcuno doveva dire adesso basta.
IL PASSAMONTAGNA

'effetto che produce il passamontagna al

L resto della popolazione è quello di un eserci-


to che insorge senza volto. Le sue domande
sono generali e rispondono alla voce di molti
messicani, a quello che da sempre avrebbero
voluto dire come messicani, mi riferisco al resto
della gente. Posso mettermi il passamontagna
ed essere come loro e loro possono essere come
me se si levano il passamontagna. E tutto questo
fa sì che ci sia una identificazione molto forte nei
settori sociali più bassi, nella classe sfruttata, con
noi, con l'EZLN. Una simpatia molto forte.
Il nostro non è un discorso esclusivo, bensì Inclusi-
vo. Noi non diciamo che sono rivoluzionari solo
coloro che prendono le armi, noi diciamo sono
tutti rivoluzionari, anche senza le armi.
Quello di cui c ' è bisogno, è la lotta, ognuno ha il
suo ruolo, ognuno può usare il passamontagna e
colpire il nemico dove è in grado di farlo. Inoltre
usando il passamontagna tutto il movimento si
personalizza molto. Nel nostro caso in Marcos. In
questo modo si riducono molte cose.
Nel caso mostrassi il volto la personificazione,
sarebbe peggiore. Non è tanto per questioni di
sicurezza, non abbiamo precedenti di nessun
tipo, nè politico, né penali, né nuli'altro che si

41
possa paragonare a tutto questo, magari direb-
bero: "Ah si, ma questo ha avuto un infanzia diffi-
cile, un trauma o qualcosa del genere, e c c o
perché stà facendo tutto questo".
Il giorno che scopriranno chi è Marcos, se ci
riusciranno, si renderanno conto che si tratta di
un comune cittadino. Ma se dicono che si tratta
di un cittadino qualsiasi, chiunque potrà fare lo
stesso quindi meglio non dirlo, che continui col
suo passamontagna, meglio non pubblicare chi
è, meglio dire che è un prete per implicare la
chiesa, oppure che è del PRD per compromette-
re lo stesso PRD, ma comunque meglio non dire
la verità .
E la verità è che Marcos è chiunqe. Chiunque
può esserlo.

42
LA SOLIDARIETÀ'

I
gruppi delia sinistra europea, vorremmo che
capissero che la solidarietà al nostro esercito,
l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, è
una solidarietà allo stesso movimento rivoluziona-
rio mondiale. Vuol dire cioè che in un quadro
storico intemazionale noi rappresentiamo (senza
volere), la possibilità di passare dalla difensiva
all'offensiva.
All'improvviso nasce un piccolo esercito di
pazzi nel sud est messicano che dice: "No, noi
attacchiamo, non ci difendiamo, attacchiamo".
Non solo sparando, ma dicendo quello che pen-
siamo, d i c e n d o c o m e d e v e essere questo
Paese, quello che il mondo deve essere.
Quello che ci aspettiamo o chiediamo alla sini-
stra europea è che cerchi di capire cosa sta suc-
c e d e n d o qui, c h e questo è un movimento
nuovo. CI aspettiamo che non perda tempo cer-
cando di inquadrarci in schemi (oggi compute-
rizzati), perchè gli accadrà lo stesso che succe-
de all' FBI e alla CIA, ossia di vedere che lo
Zapatismo, l'EZLN, non rientra in nessuno dei loro
computer, lasciandoli senza sapere dove sbatte-
re la testa. Né il discorso dell'EZLN rientra in nessu-
no degli schemi passati.
I ' necessario che la sinistra capisca che, uno dei

43
nostri problemi, è quello di farsi conoscere e di
farsi capire, come per ogni movimento rivoluzio-
nario.
Sappiamo che il governo messicano ha svi-
luppato una campagna molto costosa rivolta a
presentare l'immagine del Paese, per conquista-
re il Trattato di Libero Commercio. E' logico quin-
di che adesso diriga i suol colpi per presentare
questo nuovo movimento a livello internazionale,
come un movimento locale, con richieste eco-
nomicistlche, quello che qualche scrittore ha
definito " riformismo armato dell'EZLN".
Questo Inganno, può provocare effetti negativi
nella sinistra e nei movimenti di solidarietà,
soprattutto dopo la disillusione del Salvador e del
Nicaragua. Diversa gente ci si è avvicinata
dicendo: "Sì vorremmo aiutarvi, ma se poi siete
lo stesso dei nicaraguensi o dei salvadoregni?
Perchè aiutarvi allora? Meglio che continuiate
così, se poi il tutto riesce bene, magari faremo
qualcosa". C'è molta gente vaccinata contro
qualunque movimento rivoluzionarlo.
Qui intravedo la grande colpa storica di questi
movimenti; non solo con la propia gente, ma
con il movimento mondiale. Prima o poi, credo
che qualcuno chiederà il conto per questi sbagli
e si farà pagare.

44
Questo è il problema, se molti non capiscono
è perchè non conoscono. Si devono cercare
informazioni fresche e reali di quello che succe-
de qui, di quello che realmente sosteniamo, in
caso contrario difficilmente si potrà articolare
qualche cosa di più che inviare medicine o ele-
mosine. Perchè realmente ciò che abbiamo
ricevuto fino adesso non sono altro che elemosi-
ne per i poveri indigeni del Chlapas.
Tutti, persino quelli che si suppone di sinistra,
stentano a riconoscerci come rivoluzionari, come
gente con cui ci si deve solidarizzare da pari a
pari piuttosto che da superiore a d inferiore,
come qualcuno che aiuta un'altro che è cadu-
to. Noi non siamo caduti, se c'è qualcuno che è
caduto questo slete voi, se qualcuno ha bisogno
d'aiuto siete voi, noi siamo disposti a darvelo, se
volete che veniamo da voi a combattere lo
faremo appena termineremo con questo Paese
e lo faremo diventare come deve essere: giusto
e degno.
Per questo non vi chiediamo medicine, cibo,
abiti, né scarpe avanzate dai guardaroba vec-
chi. Noi vi chiediamo qualche cosa di più impor-
tante, uno sforzo più difficile che è quello di
conoscerci e di capirci, da questo deriveranno
molte altre cose.

45
Guardateci come vostri uguali nel peggiore
dei casi, e nel migliore, come ciò che siamo:
vostri superiori.

46
LA STRUTTURA DELLE CLASSI
E IL SINDACALISMO GIALLO

uesto primo maggio abbiamo inviato un


appello al movimento operaio indipen-
dente che marcerà nelle strade, ma in
realtà è stato un appello diretto a tutto il movi-
mento operaio del Messico. Abbiamo insistito sul
fatto che, senza la partecipazione della classe
operaia, il nostro movimento non ha alcun futu-
ro, tranne che resistere, ma non quello di rag-
giungere l'esito.
Diclamo in questo messaggio, e molti sono
d'accordo con noi, che c ' è una triplice domi-
nanza sul movimento del Messico: il dominio del
governo, il dominio del sindacalismo giallo, il
dominio del padronato. E in questo senso il movi-
mento operaio può liberare un triplice fronte di
lotta: di democrazia, contro il governo imposto e
sfruttatore; di libertà, contro il sindacalismo giallo,
I metodi di controllo sindacale che sono propri
del governo messicano e della sua classe padro-
nale; di giustizia, contro i grandi impresari e con-
tro la grande borghesia.
Noi diciamo che questa lotta è possibile se esi-
ste una triplice alleanza per poter trionfare, con
questa. La prima alleanza è all'interno della stes-
sa classe operaia. Quindi II primo elemento

47
di lotta è unirsi come classe, riconoscersi come
classe. La seconda alleanza deve essere coi
contadini e la terza col resto dei settori popolari.
Se il movimento operaio in Messico camminerà
in questo senso potrà rompere le tre catene:
quella del governo, quella del sindacalismo gial-
lo, e quella dell'oppressione economica.
Questo è il nostro appello!
Sono quasi 11 anni che esistiamo come
Esercito, ed abbiamo sempre celebrato il I o mag-
gio. Prima nella clandestinità, non ci facevamo
vedere, ma insistevamo molto sull'unione con i
contadini. Abbiamo sempre aspirato ad avere
un esercito di operai, ma non possiamo ripetere
l'errore di auto nominarci di una classe che non
abbiamo, o di forzare questa decisione.
Così come è decisione del movimento dei
contadini indigeni partecipare e dirigere questo
esercito, deve essere parte dello sviluppo delle
decisioni e delle lotte del movimento operaio
parteciparvi e far parte dell'EZLN.
Non siamo un esercito contadino o un esercito
indigeno, siamo un esercito nazionale, nonostan-
te esso sia composto per la maggior parte da
indigeni. Lavoriamo, c o m u n q u e , affinchè II
nostro esercito incorpori gli operai, gli altri settori
popolari e il resto dei campesinos del Paese,
anche non come un esercito, anche senza armi,

48
passamontagna o uniforme, ma in m o d o tale
che comunque portino avanti la bandiera della
libertà, della giustizia, e della democrazia e che
essa venga presa da altri, anche sotto altro
nome. Quello che stiamo dicendo al movimento
operaio, è di non lasciar soli gli zapatistl, non
nel senso di dire: "Poveretti dobbiamo aiutarli
magari mandando elemosine", ma c a p e n d o
che la lotta del p o p o l o zapatista è quella
dell'operaio, del contadino, degli studenti, dei
maestri, degli intellettuali onesti ... se ancora ve
ne sono.
Stiamo aspettando "L'adesso basta" degli
operai; q u a n d o questo grido suonerà non
rimarrà una pietra sull'altra, e si finirà di far crolla-
re tutto lo schifo che ha prodotto il neoliberismo
in questo Paese.
Non ci sarà cassetta che ti basti per filmare que-
sto pezzo di storia, noi siamo la preistoria della
rivoluzione, quando gli operai diranno "adesso
basta" quella sarà la storia della rivoluzione in
Messico.

49
S o n o stati imprescindibili:
i/le compagni/e di Città del Messico
e San Cristobal de las Casas che hanno fornito
l'appoggio necessario ( un saluto a pugno chiuso );
il filo rosso che non si è reciso.

Si ringraziano:
Marco, Luana, Clementina ( per la traduzione );
Ciquina & Castro X ( per l'adattamento );
Sensibili alle foglie ( per la disponibilità e i consigli );
Pino.

GRAFICA DI CRISTIANO REA


FOTO DI FEDERICO MARIANI E GUIOMAR ROVIRA

UN' AUTOPRODUZIONE "YA BASTA"


Roma
marzo 1995

50
Due parole sui!'autoproduzione

Parlando di Autoproduzione alle volte ci si rende


conto di quanto sia difficile realizzare, produrre con le
proprie forze le nostre idee.
A maggior ragione non è facile trovare un "modello",
una "formula" da esportare. Ma è necessario forzare
una certa inerzia che ha generato dei vuoti espressivi
importanti.
Lo si può fare a d esempio dando vita ( come in que-
sto caso ) a collaborazioni, che permettano l'uscita di
quei lavori che è necessario diffondere.
Soprattutto quando ti sembra che le cose che vorresti
dire subiscono il contraccolpo dell'apparente disinte-
resse generale; quando talk show, telequiz, giornali e
stampa ufficiale spesso ti danno la sensazione di un
vero e proprio soffocamento della comunicazione, di
vivere sommerso da tonnellate di spazzatura, soprat-
t u t t o allora sarà più b e l l o , p a r l a n d o di
Autoproduzione, ritrovarsi nel forziere un prodotto fini-
to.

AK 47, Corto Circuito, Immagini Mosse

51
Stamp, in prop,
nel mese di marzo 1995
1 OlOOO D O L L A R I
PER L ' E Z L N
CAMPAGNA NAZIONALE
A S O S T E G N O DELL'ESERCITO
ZAPATISTA DI LIBERAZIONE
NAZIONALE

V I D E O - MOSTRE - D I A P O
DIBATTITI - M U S I C A
MATERIALE I N F O
PROMOSSA DAL C.S.O.A. CORTO CIRCUITO
COLLETTIVO AUTOPRODUZIONI VIDEO I M M A G I N I MOSSE

PER CONTATTI: TEL.06/7217682


FAX 06/4450615

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