Sei sulla pagina 1di 12

Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.

htm

La Critica

L'immagine del suono: un percorso del


Novecento

di Nicola Sani

Saggio pubblicato sul n.71, Luglio 2003, della rivista Musica/Realtà,


Edizioni LIM, Lucca, per gentile concessione dell'editore.

1. L'altro nel suono


In una società di segnali audiovisivi sempre più complessi, la necessità di
organizzare simultaneamente suoni e immagini è diventata una delle esigenze
principali dei nuovi linguaggi dell'arte del nostro tempo. L'analisi delle
molteplici relazioni tra il suono e ciò che a partire da esso si manifesta e si
sviluppa come forma di linguaggio autonoma, è molto utile per comprendere
quelle linee di tendenza basate sull'interazione tra suoni e immagini che oggi
costituiscono il «background» delle arti elettroniche e delle nuove esperienze
intermediali. Per individuare tali linee di tendenza è particolarmente
interessante ragionare sul rapporto tra sonoro e visivo determinatosi nei primi
vent'anni del Novecento, quando si svilupparono nelle arti visive movimenti
portatori di un messaggio dirompente di rottura con il passato, come quello
futurista e dadaista, mentre nello stesso tempo compositori e musicisti erano
alla ricerca di forme espressive che potessero unire suono e immagine in
un'unica forma di rappresentazione.

Mentre autori di immagini visive – pittoriche, fotografiche,


cinematografiche – come Man Ray, Duchamp, Hans Richter, cercavano uno
spazio sonoro al di là dell'immagine, alcuni compositori cercavano uno spazio
visivo oltre il suono. Aleksander Skrjabin nel 1910, con il poema sinfonico
Prometeo, scrisse una partitura in cui le note corrispondono a luci colorate. Una
tastiera, che simula quella di un pianoforte, permette di associare ai tasti delle
note tradizionali i colori ai quali Skrjabin affidava il suo senso visionario di
sintesi cosmica di suono e luce. Questa ricerca dell'alterità rispetto al fenomeno
sonoro, affonda le radici nella tradizione della rappresentazione grafica della

1 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

musica.

Dalla notazione neumatica gregoriana derivava la visualizzazione degli


ornamenti con un forte incremento della gestualità; Luca Marenzio
immaginava le «notazioni per gli occhi» in epoca rinascimentale; attraverso il
ruolo fondamentale dell'ornamento, l'epoca barocca ci offre parimenti una
testimonianza della tensione che si può determinare tra lo spazio grafico e lo
spazio simbolico che delimita l'architettura dell'opera. A partire dal ventesimo
secolo alcuni compositori hanno sentito la necessità di integrare le loro ricerche
su nuovi materiali sonori mai presi in considerazione dalla musica tradizionale
con la ricerca su forme inedite di rappresentazione grafica di questi materiali.

Le partiture e i progetti del compositore futurista italiano Luigi Russolo,


erano pensate per oggetti sonori, i cui risultati non potevano essere descritti se
non in funzione delle tipologie dell'effetto musicale stesso. Per altro verso,
Bartók nei suoi tentativi di descrivere gli esempi provenienti dalle sue ricerche
sulla tradizione orale, scriveva nel 1913: «Nelle melodie popolari, vi sono molti
suoni estranei, alcuni glissati della voce, suoni la cui altezza non può essere
precisata». Per rappresentare tali effetti, Bartók trovava necessario aggiungere
nuovi segni al corpo esistente, oppure sostituire tali segni con opportune
spiegazioni su ogni pagina. Per indicare intervalli di altezza inferiori a un
semitono, compositori come Aloïs Haba o Ivan Wischnegradsky hanno
adattato ai simboli esistenti diverse forme di notazione.

È evidente che ampliandosi la sperimentazione sulle nuove sorgenti sonore


– in maniera particolare con Edgard Varèse – si sono rivelati indispensabili
ampliamenti e ramificazioni della scrittura tradizionale. È proprio Varèse a
scrivere: «Poiché nuove frequenze e nuovi ritmi dovranno essere indicati sulla
partitura, la notazione attuale si rivelerà inadeguata. La nuova notazione sarà
probabilmente di tipo sismografico. Come nel Medio Evo, siamo di fronte ad un
problema di identità; quello di trovare simboli grafici per trasporre le idee del
compositore in suoni».[1] Sempre Varèse lascia intravedere nei suoi scritti un
modello di notazione che rimanda alle scritture ideografiche utilizzate
originalmente per la voce prima dello sviluppo della scrittura.

Il problema della scrittura investe rapidamente, nella musica del nostro


tempo, il rapporto tra autore ed interprete nella prassi esecutiva della partitura.
È giusto chiedersi oggi se, alla luce della sistemazione dodecafonica di
Schoenberg, che evidentemente coinvolgeva anche le forme di scrittura della
partitura, quella notazione allora utilizzata potesse garantire a Schoenberg una
corretta esecuzione di ciò che lui aveva pensato. Anche se egli stesso riteneva
di avere trovato una forma di organizzazione del suono tale da permettergli una
perfetta realizzazione delle sue volontà, oggi è legittimo chiedersi se quella

2 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

notazione glielo permettesse realmente. In quegli stessi anni, attraverso strade


diverse, Edgard Varèse e Arthur Honegger arrivarono a prevedere una
meccanizzazione dei sistemi di produzione del suono e il primo in particolare
portò avanti l'ipotesi che fu già di Ferruccio Busoni, di poter disporre di un
universo di sonorità che va ben oltre quello della suddivisione tradizionale
dell'ottava. "Altro" e "oltre" sono le parole che sintetizzano la ricerca delle
avanguardie artistiche sul suono e sul segno di quegli anni.

Le scoperte legate alla produzione del suono per via elettromecanica ed


elettronica, la sistematizzazione dell'uso di nuove sonorità (oggetti sonori,
strumenti concreti) introdotta dai futuristi e poi divenuta patrimonio meno
effimero dell'avanguardia del secondo dopoguerra, l'introduzione di elementi
dirompenti provenienti dalla musica popolare (Debussy, Ravel, Bartók,
Kodaly), il rapporto con la danza e con la nuova arte cinematografica, hanno
aperto la strada nella musica al rapporto con fenomeni esterni, legati alla
visualizzazione del gesto interpretativo, sia in relazione alla fenomenologia
dell'evento sonoro, sia alle diverse modalità della prassi esecutiva.

Per quanto riguarda l'interazione tra scrittura ed esecuzione in opere come


Momente di Karlheinz Stockhausen e Sonant di Mauricio Kagel, in diverse
composizioni di Cornelius Cardew e Sylvano Bussotti, nelle Variazioni di
Domenico Guaccero, in Aventures e Nouvelle Aventures di György Ligeti,
nelle partiture grafiche di John Cage e Earle Brown, la musica scritta assume
una propria autonomia di forma grafica, che può persino prescindere dalla sua
rappresentazione sonora. December 52 di Earle Brown, una delle prime
partiture grafiche, consiste di un foglio bianco sul quale sono iscritti rettangoli
neri di differente dimensione e lunghezza.

Dall'osservazione di queste figure si deduce che non appaiono mai nella


pagina due elementi della stessa dimensione, né due spazi vuoti uguali tra di
essi. Ciascuna ha dunque una propria individualità e si manifesta in un contesto
con un proprio "peso". Che cosa se ne può dedurre a proposito di un'esecuzione
musicale? Si tratta di tradurre acusticamente l'impressione che producono
sull'occhio i grafismi e la loro disposizione sulla pagina? Nessuna direzione
particolare sembra favorita, nessun punto di riferimento sembra indicare una
direzione o un'altra. È per questo che Earle Brown parlava di "esecuzione
composta" anziché di "composizione eseguita".

Tra i riferimenti di Earle Brown, troviamo due importantissimi artisti


visivi: Jackson Pollock e Alexander Calder. Del primo, Brown diceva:
«quello che Pollock ha creato durante gli ultimi dieci anni della sua vita, ha
rivoluzionato completamente il mio modo di pensare la musica e mi ha fatto
scoprire le forme aleatorie, spingendomi a realizzare Available forms». A

3 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

proposito di Calder, in relazione a Available forms II, Brown diceva: «I suoi


mobiles mi hanno permesso di osservare le variazioni libere che si determinano,
i cambiamenti variabili all'infinito ...». Ancora a Earle Brown è legato il
termine sinergia, a sottolineare come questo tipo di operazioni implichino
«l'azione congiunta di tutti gli organi di un sistema».

Sarebbero molte altre le esperienze da ricordare. Basti pensare a quelle dei


già citati John Cage (Variazioni, Cartridge Music ecc...) e Sylvano Bussotti
(Rara, La Passion Selon Sade), di Morton Feldman (The King of Denmark,
Intersection III), Francis Miroglio, Vittorio Gelmetti, Anestis Logothetis,
Roman Haubenstock-Ramati, etc. E ancora molto importanti, per quel
processo sinergico nel senso in cui lo pensava Earle Brown, sono le
rappresentazioni grafiche di Iannis Xenakis, per i suoi rapporti con
l'architettura e per il successivo sviluppo nei Polytopes, spazi progettati di
suoni, luci laser e flash elettronici. Xenakis ha cominciato a lavorare sui
Polytopes dagli anni Sessanta; una prima manifestazione concreta della sua
ricerca fu l'impressionante Polytope II, realizzato a Cluny nel 1972. Questo
spettacolo audiovisivo venne presentato in un vasto e complesso spazio
architettonico che gli dette una dimensione cosmica. Sulla stessa linea il
compositore/architetto greco realizzò nel 1978 il Diatope, sulla spianata
prospiciente il Centro Pompidou di Parigi, utilizzando musica strumentale,
concreta ed elettronica. Gli elementi visivi comprendevano milleseicento flash
elettronici e quattro laser, oltre a quattrocento specchi e altri materiali che
riflettevano la luce. L'insieme delle risorse tecniche di questo ambizioso
progetto era gestito dal calcolatore. La connotazione "cosmica" era sottolineata
da tutta una serie di galassie, create dai flash elettronici.

2. Composizione di suoni e immagini.


Con il cinema surrealista e in particolare con i film del pittore dadaista e
regista di film sperimentali Hans Richter, si sviluppano le prime interessanti
forme di composizione e di interazione tra suoni e immagini. In The Dreams
that money can buy (1945-47), realizzato in collaborazione con Man Ray,
Duchamp, Calder, Max Ernst e Fenand Léger le musiche di John Cage,
Darius Milhaud e Edgard Varèse entrano in autentiche strutture pittoriche,
che attraverso la cinematografia acquistano la dimensione di articolazione
spazio-temporale che è propria della musica. Questa relazione era già stata
studiata in maniera approfondita nella collaborazione tra Ejzenštejn e
Prokof'ev, che ricorsero addirittura a forme di rappresentazione grafica del
rapporto tra immagine e musica in determinate sequenze. Celebre è quella della
Battaglia sul ghiaccio nel film Aleksandr Nevskij (1938), in cui la costruzione

4 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

filmica e quella musicale sono talmente interrelazionate, da costituire una vera,


unica opera di suoni e immagini. Per parte sua Schoenberg, nella Begleitmusik
zu einer Lichtspielszene op.34 realizza nel 1929-30 una musica che, seguendo
lo schema classico della scansione scenica nella proiezione del film muto, può
far presagire sequenze di immagini.

Nel campo cinematografico si potrebbero fare molti altri esempi della


ricerca di una coerente sinergia espressiva fra immagini e musica, orientata
verso le nuove forme di linguaggio intermediali, dove gli autori hanno cercato
di superare i tradizionali concetti di colonna sonora, musica
d'accompagnamento o musica applicata. Al di fuori dell'ambito cinematografico
è interessante soffermarsi su due esperienze in particolare, che riguardano
l'interazione fra immagine e suono: quella del rapporto fra arti visive ed eventi
sonori ad esse collegate e quella dell'happening, quest'ultima autentico ponte
con le attuali tendenze intermediali.

Seguendo un processo analogo a quello dei compositori che hanno voluto


dare una forma visiva autonoma alle proprie partiture, anche autori di immagini
hanno utilizzato elementi di partiture sonore all'interno delle loro costruzioni.
Frammenti di partitura li troviamo, senza alcuna necessità di ulteriore
interpretazione sonora, nei collages di Robert Motherwell, Jiri Kolar,
Ladislav Novak. L'artista greco, naturalizzato italiano, Iannis Kounellis, ha
messo lui stesso frequentemente in scena le sue pitture in associazione ad
esecuzioni musicali o azioni di danza, procedendo ad esempio
all'ingrandimento della partitura, che ricopre generalmente in maniera graduale
in modo che una parte si trovi occultata. Un altro autore che ha frequentemente
utilizzato il termine di musica visiva è Luciano Ori. Le sue partiture-collages
non rappresentano la trascrizione visiva di impressioni ricevute dall'ascolto di
una musica, né una qualunque interpretazione di essa. «La trasgressione del
genere musicale è totale – scriveva Ori – perché la musica visiva si configura
come una musica altra. È sufficiente guardarla per ascoltarla e ascoltarla per
guardarla»,[2] in modo tale che cercare di interpretarla è semplicemente
riduttivo.

È stata l'evoluzione dei mezzi elettromeccanici ad affascinare sempre di


più gli artisti e ad avvicinarli ai fenomeni di riproduzione sonora. Nel 1924
Lazlo Moholy Nagy pubblica sulla rivista Der Sturm l'articolo: La nuova
creazione nella musica: le possibiltà del fonografo. Nello stesso anno Kurt
Schwitters registra un estratto della sua Ursonate come allegato del n. 13 della
rivista Merz Grammophonplatte. A partire dagli anni Cinquanta numerosi
dischi sono realizzati da esponenti delle arti plastiche. Si ricordano in
particolare Yves Klein (La musica del vuoto 1959), Jean Dubuffet (le sue
Esperienze musicali sono del 1961), quindi Karel Appel, Henning

5 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

Christiansen, Camille Bryen, Joseph Beuys, Bernar Venet, Tom Phillips,


Wolf Vostell, Hermann Nitsch, Milan Grygar, George Brecht, talvolta anche
in collaborazione con dei compositori.

Da queste esperienze nascono anche le "sculture sonore", installazioni che


costituiscono il maggior momento di sintesi fra musica e arti plastiche. Harry
Partch, poliedrico compositore statunitense, può essere considerato il fondatore
del movimento delle sculture sonore, che devono condurre ad un'integrazione
delle qualità visive ed acustiche di un oggetto sonoro inventato. Ritenendo la
musica europea "incorporea", Partch sentiva l'esigenza di una musica che si
indirizzasse simultaneamente verso l'occhio; musica, parole, danza, liuteria
strumentale, si devono fondere in una perfetta unità di intenzione. A partire
dagli anni Quaranta, lo scultore Harry Bertoia ha realizzato oltre un centinaio
di Sounding brasses, assemblaggi di tubi di diverse dimensioni in grado di
produrre vibrazioni sia acustiche che visive.

Il movimento delle sculture sonore ha uno dei suoi più interessanti


rappresentanti nello svizzero Jean Tinguely, i cui primi lavori acustici (Le mie
stelle, Concerto per sette pitture), risalgono al 1958. Certe sue opere
contenevano strumenti a percussione. Successivamente, nell'Omaggio a New
York, Tinguely realizzò installazioni con strumenti che si autodistruggevano,
con un clamore tale, che portò nel 1963, in occasione della sua mostra a Tokyo,
il compositore Toshi Ichiyanagi a realizzare una composizione a partire da
queste sonorità. Il Giappone aveva visto la formazione a Tokyo del gruppo
Ongaku e del Sogetsu Art Center, con Kuniharu Akiyama, Toshi Ichiyanagi,
Joji Yuasa, Takahisa Kosugi e Chieko Shiomi, nei primi anni Sessanta.

Con Takis il progetto sonoro diventa inseparabile dal progetto plastico.


Dopo una collaborazione con Earle Brown, Takis cominciò a realizzare dal
1965 una serie di sculture basate su sistemi elettromeccanici e pendoli ed alcuni
ambienti musicali elettroacustici. Nello stesso tempo nascevano le attività
"rituali" di La Monte Young e Marian Zazeela (il cui sodalizio artistico si è
accompagnato a quello nella vita), con il Theatre of Eternal Music, che in un
primo tempo comprendeva anche John Cage, Tony Conrad e Angus
MacLise. Nonostante La Monte Young e Marian Zazeela abbiano dato vita
assieme ad un gran numero di progetti - nei quali le composizioni di lunga
durata di Young, basate sull'ascolto ripetuto di precise strutture intervallari e
sull'interferenza tra diversi sistemi di intonazione – erano completamente
immerse nel raffinato lavoro sui cromatismi della luce di Marian Zazeela,
tuttavia le loro opere più conosciute sono The Well-Tuned Piano (cominciato da
Young nel 1964) e giunto ad una durata complessiva di oltre sette ore e Dream
House (1969), spazio di suoni e luci pensato per la durata di settimane, mesi e
persino anni. Questo progetto si è trasformato in un'installazione permanente,

6 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

che ha avuto luogo a New York in Harrison Street per la durata di sei anni, dal
1979 al 1985, interrotta a causa di improvvisi problemi finanziari interni alla
Dia Art Foundation, che supportava l'iniziativa.

Il gruppo statunitense Pulsa era particolarmente attivo durante tutti gli


ultimi anni Sessanta, con azioni sceniche ambientali di luci e suoni come il
Boston Public Garden Demostration (1968), che utilizzava 55 luci
stroboscopiche disposte sott'acqua nel grande lago del parco. Sulla superficie
dell'acqua erano disposti 52 altoparlanti multiplanari controllati, assieme alle
luci, da computer e nastri magnetici preregistrati. Al centro di questo progetto
era il Hybrid Digital/Analog Audio Synthesizer, un sintetizzatore progettato e
realizzato in unico esemplare dal gruppo Pulsa, che lo utilizzò in altri eventi
successivi. Nel 1962 si formava il collettivo Usco, un insieme di artisti e
ingegneri che si dedicavano alla realizzazione di happening, azioni e interventi
anonimi.

All'inizio degli anni Cinquanta si svilupparono, in particolare negli U.S.A.,


pratiche artistiche che pensarono di liberarsi una volta per tutte dell'ambizione
di instaurare rapporti di causa-effetto entro i diversi modi delle attività messe a
confronto. Piuttosto che una messa in parallelo degli elementi utilizzati nei
diversi campi artistici, si dovrebbe parlare di una interpenetrazione che
permette di accordare a ciascun dominio preso in esame una relativa autonomia
di funzionamento.

Nel 1952 John Cage al Black Mountain College, prese l'iniziativa di


un'azione musicale che viene considerata come l'antecedente dell'happening.
Dopo una conferenza sul Buddhismo Zen e una lettura di Meister Eckhardt,
eseguì una versione di Imaginary Landscape n.4 per postazioni radiofoniche.
Simultaneamente Robert Rauschenberg diffondeva dei vecchi dischi e David
Tudor suonava il pianoforte preparato. Quindi Merce Cunningham e altri
danzatori intervenivano nell'evento. Teli bianchi di Rauschenberg erano appesi
alle pareti. Nessuna gerarchia si imponeva tra gli elementi, visivi e sonori, che
non erano destinati a incontrarsi che fugacemente lo spazio di un istante. Ma il
termine happening applicato a questo genere di eventi, sembra che sia legato
all'artista americano Allan Kaprow. I primi happening datavano al 1957, in
occasione dei suoi interventi-collage alla mostra di George Segal nel New
Jersey. Successivamente Kaprow sostituì dagli anni Settanta il termine
happening con il termine activity.

Nel 1961 viene fondato il gruppo/movimento Fluxus, da George


Maciunas. Fluxus, sviluppatosi sopratutto negli USA e in Germania, è stato il
primo movimento d'avanguardia ad essere molto coinvolto nella musica. Tra i
suoi membri vi erano La Monte Young, Nam June Paik e Benjamin

7 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

Patterson. Molte iniziative provenivano dalla classe di John Cage presso la


New School for Social Research, alla fine degli anni Cinquanta. Altre
iniziative si tenevano nel loft di Yoko Ono, al tempo sposata con il compositore
giapponese Toshi Ichiyanagi, e presso la A.G. Gallery di George Maciunas.

La maggior parte degli eventi di Fluxus, in particolare quelli di George


Brecht, si collocano dentro diversi modi di comunicazione, come poesia,
rappresentazione teatrale ed esecuzione musicale, tra l'arte e la vita quotidiana.
Tra le figure centrali del movimento in Germania troviamo, oltre al già citato
Paik, che costituiva la vera figura di congiunzione del movimento tra i due
continenti, Joseph Beuys e Wolf Vostell. La loro ricerca fuori dalle categorie
artistiche tradizionali si incontra ugualmente in Spagna, nella produzione del
gruppo Zaj, costituito da Juan Hidalgo, con la partecipazione di Walter
Marchetti e Esther Ferrer, nelle performance del compositore e artista
catalano Carles Santos e ancora nei libri-partitura di Tom Phillips, nelle
partiture della Scratch Orchestra di Cornelius Cardew, in alcuni lavori di
Dieter Schnebel e nel Teatrino di Giuseppe Chiari.

Sempre in questo contesto si sono affermate diverse realizzazioni di poesia


sonora e poesia visiva o concreta e la videopoesia (di cui sono esponenti autori
come Bernhard Heidsieck, Gerhard Rühm, Henri Chopin, Gianni Toti).
Con Nam June Paik si amplifica il fenomeno di attenzione di questi
movimenti alla realtà dei mass-media. La videoarte nasce di fatto oltre 30 anni
fa, a Wuppertal, con l'inaugurazione nella galleria Parnass della Exposition of
Music/Electronic Television di Paik. Fu proprio Paik, in occasione della sua
prima mostra newyorkese alla Galleria Bonin nel 1965 che volle parlare di
"arte elettronica", invece che di "videoarte", dando origine ad uno dei fenomeni
più interessanti del nostro tempo, in cui interagiscono tutte le forme espressive
legate allo sviluppo delle tecnologie e al loro rapporto con l'espressione
attraverso i nuovi media.

3. Il suono nell'arte elettronica.


L'immagine elettronica ha avuto da sempre un rapporto molto stretto con il
suono. Sembra quasi nascere da esso, costituirne l'elemento complementare.
Può sembrare un caso, ma tre tra i più grandi videoartisti viventi, provengono
dall'esperienza musicale: Nam June Paik, Robert Cahen e Bill Viola. La loro
produzione riflette il suono e sul suono in maniera molto diretta. Non solo in
forma esplicita, collegandosi direttamente ad alcuni grandi compositori
(Paik-Cage, Cahen-Boulez, Viola-Varése), ma anche in forma autobiografica,
o di ricerca di un linguaggio espressivo autonomo. Basta attraversare
un'installazione di Paik, "ascoltare" un video di Cahen, come Hong Kong Song,

8 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

ad esempio, o entrare in un video-ambiente pensato e realizzato da Viola, come


Going forth by day, per rendersene conto.

Nel primo, troviamo esplicitate nel suono le forme caotiche della


contemporaneità, le sovrapposizioni di segnali, le diverse provenienze dei
generi e degli stili senza più tratti distintivi, ma parti integranti di quel caos
sonoro e visivo al quale la vita delle metropoli non riesce più a sottrarsi. Salvo
poi, e anche in questo sta il fascino della poetica dei contrasti di Paik,
stemperare questa caoticità nella complessa semplicità del silenzio, o nel tempo
che trascorre tra il ripetersi di un semplice intervallo di due note, che possono
servire come centro dominante di una parte della giornata. È ancora più
emozionante oggi rivedere l'Omaggio a Cage di Paik, pensando a quell'anello
di complicità che legava i due artisti nel costruire una partitura che ha come
luogo privilegiato non solo il tempo, asse in cui è sempre stata letta la funzione
destrutturante dell'intervento cageano, ma sopratutto lo spazio e dunque
l'immagine di esso.

Da quell'idea di spazio sonoro partono, ad esempio, le immagini di Cahen,


fondamentalmente sonore, girate ad Hong Kong, che restituiscono un paesaggio
urbano con tutta la sua connotazione di veloci impressioni e di continuità
timbriche. Ma Cahen non si ferma davanti alla contemplazione del suono; lo
modifica, lo elabora, lo costruisce egli stesso, infine lo cerca. Cerca quel suono
che solo l'immagine può portare con sé quasi come forma di testamento
obbligato; non è mai, non lo è neanche per Nam June Paik o per Bill Viola, un
accompagnamento, neanche in una complessa costruzione video come Going
forth by day, videoinstallazione liberamente ispirata al ciclo giottesco della
Cappella degli Scrovegni di Padova, con i suoni naturali come unico
contrappunto alle immagini, a formare una sinfonia di accadimenti nel tempo di
una metafisica quotidianità. Oppure le immagini e i suoni del deserto in un
video come Chott-El-Djerid, girato nel Sahara, che rimandano ai deserti sonori
di Varèse.

Cade l'uso ormai superato (e stigmatizzato in senso negativo già da


Adorno e Eisler nei loro scritti sulla musica per film) della Begleitmusik
(musica d'accompagnamento), per dare luogo ad un'espressione sintetica e
sinergica definita dalla ricerca all'interno dei molteplici parametri di una forma
che si sviluppa attraverso suoni e visioni. E in questo contesto vi sono anche le
collaborazioni fra autori provenienti dai territori del suono e dell'immagine.

È il caso, emblematico, di Woody e Steina Wasulka. «Ho scoperto che


negli Stati Uniti esiste una cultura industriale alternativa, che s'affida alla
genialità individuale, quasi come nell'arte. Gli inventori-programmatori in
elettronica hanno saputo difendere la loro indipendenza all'interno del sistema.

9 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

Divenuti artisti a pieno titolo, essi utilizzano gli utensili elettronici che hanno
creato». Sono le parole con cui Woody Vasulka racconta la propria esperienza
di artista, rigorosamente indipendente. Assieme alla moglie Steina, ha dato vita
ad una delle più straordinarie esperienze dell'arte contemporanea.
Cecoslovacco, cineasta e video-maker, lui, islandese, violinista, lei, entrambi
innamorati della tecnica e delle nuove possibilità offerte dalle tecnologie per il
suono e l'immagine, si sono stabiliti negli Stati Uniti nel 1965. Da lì non sono
tornati più indietro, formando una coppia affiatatissima in una vita che è andata
sempre più confondendosi con il lavoro di continua sperimentazione artistica.

Nel 1971 i Vasulka hanno fondato "The Kitchen", storico spazio


dell'avanguardia newyorkese, ancora oggi molto attivo nelle proposte di "nuova
musica" (Rhys Chatham, John Zorn) e nella video-performing art, ricavato
dalle cucine del vecchio Broadway Central Hotel. Esponenti di primo piano del
video indipendendente, hanno vissuto da protagonisti le tappe fondamentali di
quella che si potrebbe definire l'età dell'"euforia del radicalismo": un'esperienza
esistenzialmente americana, immersa nella controcultura underground del
Rock, della Beat Generation, della Pop Art, della musica d'avanguardia e dei
movimenti di liberazione delle minoranze oppresse.

Alcune loro videoinstallazioni possono essere considerate come dei


prototipi del rapporto tra suono e immagini nello spazio. Matrix, degli anni
Settanta, dove il suono diventa segno e ritmo visivo attraverso i monitor; le
ricerche sui meccanismi cinetici e sul feedback, sulla possibilità di riprendere
ciò che simultaneamente si vede, sono alla base di All Visions, del 1975, in cui
due telecamere sono poste in rotazione davanti ad una sfera specchiante; The
West, degli anni Ottanta, dedicata alla metamorfosi del paesaggio del Nuovo
Messico (dove i due artisti si sono stabiliti) nell'era della sperimentazione
tecnologica sul territorio; Tokyo 4, in cui la ritualità dei gesti e degli
automatismi meccanici che li racchiudono si unisce alla diversa ritualità della
coreografia di un gruppo di teatro-danza giapponese; Phyroglyphs, del 1995,
dove Steina introduce l'elemento del fuoco come strumento alchemico di
metamorfosi, riconducendo la sua ricerca agli aspetti da cui era partita negli
anni Settanta, con la sua audio-video performance Violin Power. Se
nell'installazione più recente è il fuoco a simboleggiare la forza di
trasmutazione di un materiale nell'altro, allora era il violino a rappresentare la
necessità di trasformare un linguaggio in un altro, a costringere la telecamera a
farsi suono, a cambiare la sua natura di macchina descrittiva per divenire lo
strumento espressivo di un mondo sonoro interiore.

Tra le esperienze più interessanti che, partendo da un uso alternativo del


video, spaziano verso la musica, le installazioni intermediali, il teatro sonoro e
il teatro musicale, troviamo quelle del gruppo milanese Studio Azzurro (Paolo

10 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

Rosa, Fabio Cirifino, Leonardo Sangiorgi): con Giorgio Battistelli (Il


Combattimento di Ettore e Achille e l'Opera Kepler's Traum - Il sogno di
Keplero, introducono il tema dell'intermedialità nel teatro musicale
conteporaneo; con Peter Gordon (Il Nuotatore), con Giorgio Barberio
Corsetti (tra le altre: Vedute, musica di Piero Milesi; Prologo a Diario Segreto
Contraffatto, musica di Daniel Bacalov; Correva come un lungo segno bianco,
musica di Roberto Musci e Giovanni Venosta; L'osservatorio nucleare del
Sig. Nanof, musica di Piero Milesi; La camera astratta), con Daniele Abbado
(Aleksandr Nevskij Video, rilettura elettronica delle immagini di Ejzenštejn
sulla musica della Cantata per soli, coro e orchestra di Prokof'ev, l'opera Che:
cambiare la prosa del mondo, con la musica di Mauro Bagella-Francesco
Galante-Giovanna Marini-Serena Tamburini-Nicola Sani, su testi di Luigi
Pestalozza). Tra i lavori da me realizzati, quelli con il pittore e videoartista
Mario Sasso, tra cui il video Footprint (Prix Ars Electronica Linz 1990), le
installazioni Le città continue/La stanza di Vertov, Omaggio a Giacomo
Leopardi, La Torre delle Trilogie (Premio Guggenheim 1998), l'opera
intermediale Frammenti sull'Apocalisse (Prix Italia 1994), progetto scenico e
regia di Daniele Abbado, testo di Roberto Andò, con la collaborazione per la
realizzazione video e multimediale di Luca Scarzella e Cinzia Rizzo e per le
proiezioni sceniche di Mario Sasso; con Michelangelo Antonioni per il
cortometraggio di immagini e suoni Noto-Mandorli-Vulcano-Stromboli-
Carnevale (1992); con la Compagnia Corte Sconta di Milano e il regista Kiko
Stella per la realizzazione di Spargimento (1997), opera per musica e danza su
testi di Erri De Luca.

Nel campo del rapporto tra musica e computer grafica tra le esperienze più
interessanti in Italia sono state quelle sviluppate da Adriano Abbado, che
possiede una doppia formazione di compositore e computer artista, Pietro
Grossi, che è stato anche uno dei pionieri in assoluto della computer music e
Ida Gerosa, il cui lavoro sull'immagine ha sempre cercato profonde radici
nell'uso di sonorità di ricerca e sperimentali; in campo internazionale da John
Whitney, Ed Emshwiller e Morton Subotnik, Tamas Walizky, Joan La
Barbara, Tod Machover, compositore e autore di una "hyper-opera". Tra le
molte altre esperienze da ricordare: l'uso della musica e dei suoni concreti nelle
video installazioni di Marie-Jo La Fontaine (Larmes d'acier, Jeder Engel ist
schrecklich) e di Joan Jonas, il rapporto di Fabrizio Plessi con la liquidità
visiva e sonora (Plessi è autore tra l'altro delle scenografie elettroniche di
diverse opere legate alla danza, come La caduta di Icaro con la musica di
Michael Nyman e le coreografie di Frederick Flammand e Sciame, con la
musica di Luca Spagnoletti e le coreografie di Enzo Cosimi), le installazioni
per suoni e oggetti nello spazio di Brian Eno (tra cui una delle più interessanti
per l'uso del suono nello spazio è The future will be like perfume), le relazioni

11 di 12 24/feb/2017 16:55
Nicola Sani - L'immagine del suono http://www.lacritica.net/nicolasani.htm

con il suono di Bob Wilson, le interpolazioni tra il linguaggio video e quello


musicale di Klaus vom Bruch, le musiche di Bill Frisell per le immagini di
Buster Keaton, gli spazi entro cui si sono progettati i percorsi sonori tra oggetti
di uso quotidiano di Christina Kubisch, il rapporto tra esecuzione e immagine
elettronica nel pianoforte di Daniele Lombardi, l'uso del video in senso non
documentaristico per raccontare la creazione sonora nelle impressioni di Edna
Politi sugli infiniti possibili di Luigi Nono (il video Les Quatuor des
possibles).

Sono solo alcune tracce delle tendenze e dei percorsi più interessanti che
cercano nella nostra memoria i tratti per definire un orizzonte progressivo,
consapevole, critico, dell'espressione artistica intermediale.

Note
[1] E. Varèse, Écrits, ed. Christian Bourgois, Paris 1983, p.93.

[2] Jean-Yves Bosseur, Le sonore et le visuel, ed. Dis Voir, Parigi 1992

[Copertina] [Sommario] [Archivio] [Colophon] [Corrispondenza @]

12 di 12 24/feb/2017 16:55

Potrebbero piacerti anche