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Testimonianze antiche sul Culex: realmente attendibili?

Author(s): Giovanni Zanoni


Source: Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici, No. 19 (1987), pp. 145-168
Published by: Fabrizio Serra editore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/40235898
Accessed: 04/04/2010 15:50

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Giovanni Zanoni

Testimonianze antiche sul Culex:


realmente attendibili?

Credo sia superfluo ricordarecome l'attribuzionedel Culex abbiaco-


stituito, e per alcuni aspetti rimangatuttora uno dei problemi più spi-
nosi della filologia classica latina: giacché all'intrinsecacomplessità
della materiae all'eterogeneitàdei dati di cui è necessariotener conto,
in passato si è aggiunta spesso l'ulteriore difficoltà rappresentatada
studi condotti in modo farraginosoe approssimativo,da ricerchelimi-
tate a caratteristicheassolutamentemarginali, ancora da valutazioni
tanto drastiche quanto prive di reale fondamento.
Ne è derivata una bibliografiarelativamenteampia, ma confusa e
contraddittoria,sostanzialmentepoco utile per chi voglia riesaminare
in manieracompleta e oggettiva una questione che non si lascia risol-
vere con la sufficienza e lo scarso rigore usati sinora.
Nel tentativo di colmare almeno parzialmentequesta lacuna ho av-
viato e vengo ora svolgendo un'indaginecriticache del Culex intende
fornire essenzialmente un quadro più organico e, se possibile, un'in-
terpretazione filologicamente più corretta, in quanto basata su una
costante attenzione per il dato concreto, testuale e tradizionale. Uno
studio molto articolato,quindi, che si sviluppain ambiti diversi (lette-
rario, biografico, storico), e che evidentementenon è possibile esporre
in modo adeguato in questa sede. Mi pare tuttaviapossibile fissarefin
d'ora almeno alcuni elementi di notevole interesse, viceversarimet-
terne in discussione altri, cui sino a questo punto si è attribuitaimpor-
tanza forse eccessiva, impostando con ciò il problema in modo fuor-
viante.
È il caso delle testimonianze antiche, ossia dei riferimenti delle
valutazioni che in merito al Culex ci sono offerti da altriautori latini, e
che nella discussione critica successiva hanno costituito sempre una
delle principali prove addotte a sostegno dell'autenticitàdel carme.
Probabilmente a torto: perché, anche a prescindereda alcuni aspetti
che non possono essere chiaritise non in un quadrostorico più ampio,
credo di poter affermareche tali testimonianze si rivelano, in realtà,
tutt'altro che inattaccabili,e, specie per alcune di esse, potrebbero es-
sere avanzate pesanti riserve.
Ma varràforse la pena, per disporre con maggior chiarezza dei ter-
mini del problema, riportarlequi per esteso:
Suet. Vita Lucani p. 50 Reifferscheid
146 Giovanni Zanoni

prima ingenii expérimenta in Neronis Laudibus dedit quin-


quennali certamine; dum Civile Bellum quod a Pompeio et
Caesare gestum est recitavit *** ut praefatione quadam aeta-
tem et initia sua cum Vergilio comparans ausus sit1 dicere: et
quantum mihi restât ad Culicem.
Mart. 8, 56, 19-20
protinus Italiam concepit et Arma virumque
qui modo vix Culicem fleverat ore rudi2.
Mart. 15, 185
Accipe facundi Culicem, studiose, Maronis
ne nucibus positis Arma virumque legas.
Stat. Silvae Praef. Lib. I
Diu multumque dubitavi ... an hos libellos, qui mihi subito
calore et quadam festinandi voluptate fluxerunt, cum singuli
de sinu meo pro<fugissent>, congregatos ipse dimitterem.
Quid enim <oportet me eodem tempore huius> quoque
auctoritate editionis onerari, quo adhuc pro Thebaide mea,
quamvis me reliquerit, timeo? Sed et Culicem legimus, et
Batrachomyomachiam etiam agnoscimus, nee quisquam est
illustrium poetarum qui non aliquid operibus suis stilo re-
missiore praeluserit. Quid, quod haec serum erat continere,
cum illa vos certe, quorum hönori data sunt, haberetis? Sed
apud ceteros necesse est multum Ulis pereat ex venia, cum
amiserint quam solam habuerunt gratiam céleri tatis3 ...
Stat. Silvae 2, 7, 54 ss. (Genethliacon Lucani ad Pollam)
Ac primum teneris adhuc in annis
ludes Hectora Thessalosque currus
et supplex Priami potentis aurum
et sedes reserabis inferorum
ingratus Nero dulcibus theatris
et noster tibi proferetur Orpheus.
Dices eulminibus Remi vagantis

1. Il verbo usato da Svetonio induce ad attribuire all'espressione di Lucano, anziché il


tono della rispettosa ammirazione che saremmo forse portati a supporre, quello di un'i-
ronica affettazione di modestia.
2. Fermo restando il valore della sua testimonianza, non si può d'altro canto negare che
Marziale contrappone qui recisamente il modesto compianto della zanzara alle Georgiche
e all'Eneide; e mentre il salto qualitativo tra il primo e le seconde viene presentato come
stupefacente (ma i motivi sono spiegati ai versi precedenti), il giudizio stilistico sul carme
in sé può probabilmente spiegare il sarcasmo di Lucano.
3. Una situazione analoga a quella di Stazio viene ritenuta plausibile anche per Virgilio,
almeno da parte degli studiosi che sostengono l'autenticità della Appendix Vergiliana.
Testimonianze antiche sul Culex 147

infandos domini nocentis ignes.


Hinc castae titulum decusque Pollae
iucunda dabis allocutione.
Mox coepta generosior iuventa
albos ossibus Italis Philippos
et Pharsalica bella detonabis,
quo fulmen ducis inter arma divi
libertate gravem pia Catonem
et gratum popularitate Magnum.
Tu Pelusiaci scelus Canopi
deflebis pius et Pharo cruenta
Pompeio dabis altius sepulcrum.
Haec primo iuvenis canes sub aevo
ante annos Culicis Maroniani.
Don. Vita Vergila 56-66 (pp. 4-5 Brummer)
Poeticam puer adhuc auspicatus in Ballistam ludi magistrum
ob infamiam latrociniorum coopertum lapidibus distichon
fecit: Monte sub hoc lapidum tegitur Ballista sepultus
nocte die tutum carpe viator iter4.
Deinde Catalepton et Priapea et Epigrammata et Diras, item
Cirim et Culicem, cum esset annorum XVI. Cuius materia
talis est: pastor fatigatus aestu, cum sub arbore condormisset
et serpens ad eum proreperet, e palude culex provolavit at-
que inter duo tempora aculeum fixit pastori. At ille continuo
culicem contri vit et serpentem interemit et disticon fecit:
Parve culex, pecudum custos tibi taie merenti funeris offi-
cium vitae pro munere reddit.
Scripsit etiam de qua ambigitur Aetnam. Mox, cum res Ro-
manas inchoasset, offensus materia, ad Bucolica transiit ...
Serv. Vita Vergila5 10-15 (p. 69 Brummer)
... Primum ab hoc (se. Vergilio) hoc distichon factum est in
Ballistam latronem: Monte sub hoc lapidum tegitur Ballista
sepultus nocte die tutum carpe viator iter.
Scripsit etiam septem sive octo libros hos: Cirim Aetnam
Culicem Priapea Catalepton Epigrammata Copam Diras.

4. Difficile peraltro chiarire in che modo tale distico, ammesso che sia autentico, sia
potuto sopravvivere del tutto isolato.
5. Fondati motivi inducono a credere che il testo di Servio a noi pervenuto sia in realtà
solo quello di un'epitome: il che consente di giustificare, almeno in certa misura, le ano-
malie e le sbrigative semplificazioni in esso riscontrabili (cfr. Reifferscheid, Suetonii Reli-
quiae, Leipzig 1860, p. 399; E. Norden, De Vitis Vergilianis, «Rhein. Mus.» 61, 1906, pp.
166-177).
148 Giovanni Zanoni

Non. 211 M. (311, 23 ss. Lindsay)


Labrusca: genere feminino Vergilius in Bucolicis (V,7)
silvestris raris sparsit labrusca racemis.
neutro Vergilius in Culice (53): densaque virgultis avide
labrusca petuntur.

Certo, le voci a favore di una paternità virgiliana del Culex appaiono


numerose ed autorevoli: fin dal primo secolo d.C. Lucano, Marziale,
Stazio mostrano di conoscerlo e ad esso si riferiscono come a compo-
nimento giovanile, ma senz'altro autentico. Di più: dal loro modo di
esprimersi pare si possa dedurre che ne veniva determinata anche Te-
poca di redazione, e che il testo non era accessibile solo ad una ristretta
cerchia di persone, amici ed eredi del poeta - ipotesi pure non irragio-
nevole, vista la situazione di Stazio -, ma doveva essere largamente
diffuso, tanto da poter essere letto da chiunque (cfr. Stat. I.e.: sed et
Culicem legimus). Secondo Marziale, il Culex godeva addirittura di
un'edizione separata e particolare (Pepigramma del XV libro accom-
pagnava probabilmente il dono di una sua copia), disponibile presso i
bibliopolae di Roma almeno a partire dai Saturnali dell'anno 90 d.C6.
Ancora, nell'elenco di iuvenilia che Donato include nella sua bio-
grafia virgiliana7, al Culex, che è fatto oggetto di speciale attenzione,
sono dedicati un breve sunto del contenuto e la citazione dei due ulti-
mi versi del carme: una testimonianza che, già significativa di per sé,
appare acquisire ancora maggior importanza ove si consideri che -
come autorevoli studiosi hanno da tempo dimostrato in modo del tut-
to convincente8 - il grammatico deve aver attinto le sue notizie diretta-
mente dal De poetis di Svetonio9.
Fatto del resto abbastanza prevedibile, dato lo scrupolo di comple-
tezza che Donato più volte professa, nella stessa epistola dedicatoria a
J_. Munazio10 che doveva fungere da premessa all'intero commento a

6. Secondo Friedlaender,il 90 sembraappuntola datazionepiù verosimileper il distico


di Marziale.
7. Propriamentetale biografiafu pubblicataper la primavolta dal giuristaP. Daniel (al
cui nome, con un eccesso di prudenza,viene ancoraascrittada taluni studiosi: cfr. H.
Naumann, Suetons Vergilvita,«Rhein. Mus.» 87, 1938, pp. 334-376; 336) nella sua edi-
zione del ServiusAuctus, Orléans 1600.
8. Cfr. H. Nettleship, Anàent Lives of Vergil,Oxford 1879; I. Brummer,Vitae Vergi-
lianae, Leipzig 1912; G. Koertge, In Suetonii De viris illustribuslibros inquisitionum
capita tria, «Diss. Phil. Halenses» 14, 1898-1901,pp. 189-284; H. R. Upson, Medieval
Lives of Vergil, «Class. Phil.» 38, 1943, pp. 103-111.
9. Il quale era a sua volta in gradodi rifarsialle fonti migliori:per la biografiavirgiliana
forse a Vario stesso: cfr. G. Funaioli, Sul Virgiliominore, «Athenaeum»12, 1934, pp.
213-238 (220 ss.).
10. Tale lettera, che reca appunto YinscriptioFI. (= EL. = AELIUS) DONATUS L.
MUNATJO SALUTEM,ci è conservatada uno dei codici più prestigiosidellatradizione
donatiana: ParisinusUt. 11308 Pithoeanusfol. 6T-6T (cfr. H. Naumann, op. cit. p.
337, . 4).
Testimonianze antiche sul Culex 149

Virgilio, per noi andato perduto, e che comunque nei codici precede
immediatamente la nostra Vita, egli dichiara di accingersi a scrivere
inspectis fere omnibus ante me qui in Vergilii opere calluerunt (r. 1 ss.,
p. 7 Brummer); in altri termini: utilizzando tutto il materiale critico
che risultava disponibile a riguardo11.
Ora: visto che fa precedere il commento a Terenzio da una biografia
del poeta tratta evidentemente da Svetonio, e per cui anzi egli stesso
afferma in modo esplicito haec Suetonius Tranquillus, niente di più
probabile che Donato si sia regolato analogamente anche nel caso di
Virgilio.
Concludendo: la sua testimonianza sembra quindi da riferire ad
epoca anteriore, verosimilmente cioè già all'inizio del secondo secolo
d.C; ed in questo caso è inutile sottolineare il ben maggiore rilievo
che essa verrebbe ad assumere.
Va ricordata ancora la nota di Nonio Marcello. Se da un lato la
prima metà del quarto secolo resta tuttora datazione tanto approssi-
mativa quanto incerta per l'autore del De compendiosa doctrina12, è
d'altro canto innegabile il peso di una precisa citazione letterale: cita-
zione che basta da sola a rendere estremamente improbabile l'ipotesi,
pure avanzata, della sostituzione di un falso in età tardo-antica13.
Queste le testimonianze principali, che al Culex fanno espressamen-
te riferimento come ad opera autentica.
Nondimeno, riconsiderandole nel loro insieme, mi pare di poter
rilevare una qualche incongruenza. Uno dei punti più controversi è
per esempio quello della data di composizione del poemetto, per cui,
come ci si poteva attendere, già i manoscritti presentano delle oscilla-
zioni: tanto che il Sangallensis 862 e il Bodleianus mss. cah. lat. 51
leggono in questo caso XV, contro il XVII riportato dal Monacensis
lat. 305, e il XVI di tutti gli altri codici contenenti la Vita Donatiana
(AB E PR).
Forse anche da questo fatto più di uno studioso si è sentito autoriz-
zato a correggere la cifra, in modo da evitare la discrepanza cronologi-
ca rispetto a Stazio (Silv. 2,7, 73-74) e a Svetonio (Vita Lucani p. 50

11. Non mancanotuttaviatentatividi recuperofilologico di tale commento: cfr. E. K.


Rand, Is Donatus's commentaryon Vergillostì, «Class. Quart.» 10, 1916, pp. 158-164.
12. Unico, fragile indizio è otterto dall aggettivo Ihubursicensiscon cui egli stesso si
qualificacome originariodi Thubursicumin Numidia; di questa localitàsi conosce ap-
punto un'epigrafe(CIL Vili, 4878) del 324 d.C, in onore di un Nonius MarcellusHercu-
UuSjche però potrebbe essere stato anche il padre un figlio del Nostro.
13. Risale almeno al XVII secolo il tentativodi risolverela questionedel Culex suppo-
nendo che il carme a noi giunto non corrispondaa quello conosciuto dai testimoni di
epoca classica. Cfr.: P. Virgilii Maronis Opera interpretationeet notis ili. C. Ruaeus..y
Paris 1675 (Ed. nova I/II Napoli 1851-1854),p. 14; F. Oudin, Dissertationcritiquesur le
Culex de Virgil, in Continuationdes Mémoiresde littératureet d'histoire7, Paris 1729,
pp. 295-313 (312 ss.) = Miscellaneaeobservationescriticaenovae... 4, Amsterdam1743,
pp. 307-316 (315 ss.).
150 Giovanni Zanoni

R.). Dopo Scaligero14 ed Oudin quindi, in epoca più recente anche


Vollmer e Buechner15 sono intervenuti autorevolmente nella questio-
ne, supponendo la caduta per aplografia di un X per proporre l'emen-
damento XXVI. Frank, Rostagni e Fowler16 preferivano invece con-
getturare XXI, immaginando che, con una corruttela paleografica-
mente altrettanto plausibile, nella cifra originale si fosse obliterata la
parte inferiore del secondo X; per tacere della Schmidt, cui non sem-
bra creare alcuna difficoltà anche un eventuale XLIX7.
Non credo sia necessario proseguire: gli esempi citati devono essere
sufficienti a dare un'idea di come, a questo proposito, si siano succe-
dute manipolazioni ed interventi più meno forzati, ma aventi lo sco-
po comune di far rientrare anche la «scomoda» testimonianza di Do-
nato (cum esset annorum XVI) nei ranghi di interpretazioni costituite
a priori.
Tuttavia, al di là degli arbitrari emendamenti cui hanno condotto, va
pur detto che le perplessità espresse dagli studiosi non sono prive di
fondamento: perché le fonti sembrano effettivamente in contraddizio-
ne fra loro, e non è quindi improbabile che la portata di alcune affer-
mazioni vada fortemente ridotta. Vorrei per ora soffermarmi sul pro-
blema della discordanza relativa alla datazione del Culex: come già si è
intuito, una delle crepe più vistose nella costruzione donatiana. Secon-
do il grammatico, dunque, Virgilio l'avrebbe scritto «quando aveva
sedici anni», mentre Svetonio e Stazio inducono a posticipare la reda-
zione del carme, sebbene sia arduo precisare di quanto.
Già per il primo, infatti, resta opinabile che l'espressione et quan-
tum mihi restât ad Culicem vada intesa in senso strettamente cronolo-
gico18, e non piuttosto di confronto qualitativo; ma, anche a prescin-
dere da questo, l'unico dato che si lascia stabilire con sicurezza è che la
baldanzosa affermazione di Lucano deve comunque essere collocata
dopo il 60 d.C, quando si svolsero per la prima volta i festeggiamenti
dei Neronia19. Ma, mentre i più la riconnettono alla prima recitatio

14. P. Vergila Maronis Appendix..., Lugduni (Lyon) 1573, p. 266.


15. F. Vollmer ad Stat. Silv. 2, 7, 74 (Leipzig 1898); K. Buechner, RE Vili Al, 1029 ss.
(cfr. P. Vergilius Maro - Der Dichter der Roemer, Stuttgart 1961, tr. it. Virgilio Brescia
1963).
16. T. Frank, Vergil's apprenticeship, «Class. Phil.» 15, 1920, pp. 26 ss.; A. Rostagni,
Virgilio minore, Torino 1933 (Roma 1961) p. 11; W. W. Fowler, Noie on thè Culex
(Lines 24-41), «Class. Rev.» 28, 1914, pp. 117-121.
17. Vergil: Die Muecke, Lat. u. Deut, von M. Schmidt, Berlin 1959, p. 15. L'autrice
ritiene dì poter dimostrare che la descrizione del tumulo che nel finale del Culex il pastore
erige per onorare la bestiola, contiene elementi tratti inequivocabilmente dal Mausoleo
che Augusto iniziò a farsi costruire quando Virgilio aveva appunto 41 anni.
18. Di questo avviso è J.S. Phillimore, che interpreta senz'altro il riferimento come
espresso unicamente sul piano dell'età: Statius and thè date ofthe Culex, «Class. Quart.»
11, 1917, p. 106.
19. Cfr.: Tac. Ann. 14, 20-21; 16, 2; Suet. er. 12; Dio Cass. 61, 21.
Testimonianze antiche sul Culex 151

pubblica del Bellum Civile, che vogliono avvenuta alcuni anni più tar-
di, c'è chi ritiene probabile che almeno i primi libri dell'opera siano
stati letti proprio in quell'occasione. In altri termini: i prima ingenii
expérimenta offerti durante le celebrazioni e l'orgogliosa praefatio ri-
cordata da Svetonio andrebbero posti in un rapporto molto stretto, e
quindi quest'ultima collocata nello stesso 60, immediatamente dopo;
data questa che, essendo il poeta spagnolo nato nel 39 d.C, consenti-
rebbe come visto di ricavare per la composizione del Culex, cui ci si
sta paragonando, l'età di 21 anni (cfr. n. 16).
Senonché anche questa tesi viene sostanzialmente smentita dal con-
fronto del succitato passo di Stazio; la cui esegesi, per la verità, riesce a
sua volta tutt'altro che limpida, e ben si presta ad interpretazioni non
meno disinvolte di quelle riscontrate per Donato, oltre che a una serie
di puntigliose precisazioni da parte di parecchi filologi.
Anderson ad esempio faceva notare, peraltro giustamente, che i ver-
si di Stazio non rappresentano certo un modello di ordine nell'esposi-
zione cronologica delle varie opere di Lucano20. E vivaci discussioni
sono sorte anche sull'esatto significato da attribuire alle espressioni
haec e canes del v. 73: tanto che, secondo alcuni studiosi, il pronome
dimostrativo dovrebbe comprendere tutti i soggetti poetici menzionati
a partire dal v. 54. Ipotesi che io trovo eccessiva, perché il sostantivo
iuvenis porta ad escludere le opere (Iliacon, Catachtonionf Neronis
Landes, Orpheus) che si sono dette composte teneris in annis, mentre
haec non può che riferirsi al Bellum Civile, l'unico componimento
della coepta ... iuventa del poeta21.
Riguardo a canes poi, sempre Anderson ritiene che tradurre «cante-
rai, avrai finito di cantare» sia in questo caso «an arbitrary assump-
tion»; a giudizio dello studioso americano invece nulla vieta di inten-
dere «starai cantando», per cui i vv. 73-74 significherebbero in sostan-
za: «Thou shalt be singing of thèse thèmes even at thè dawn of thy
young manhood, before thè age at which Maro wrote thè Culex». Con
il che si ricade evidentemente nel problema iniziale: perché, stabilito
che almeno parte del Bellum Civile fu pubblicata alcuni anni prima
della morte del poeta, resta aperta la possibilità di riportarsi all'indie-

20. W.B. Anderson, Statius and thè date of thè Culex, «Class. Quart.» 10, 1916, pp.
225-228. L'autore rileva, ad esempio, che il De incendio Urbis, cui si fa riferimento ai w.
60-61, non può evidentemente essere anteriore al 64 d.C, quando è verosimile che fosse
non si arriva a parlare che
già stato composto quasi per intero il Bellum Civile, del quale
ai w. 65 ss. D'altro canto, penso che pretendere da Stazio ordine e precisione sia qui fuori
con tono appassiona-
luogo: si tratta di libera rielaborazione poetica, condotta per di più
tamente elogiativo per l'eccezionale fertilità e precocità della produzione letteraria del
dal desiderio di
giovane Lucano: eventuali anacronismi possono quindi essere giustificati
enfatizzare il valore della più importante fra le sue opere.
21. Si osservi come un ulteriore elemento di separazione tra le prime e il secondo sia
costituito dall'avverbio mox. Cfr. Anderson, art. cit. pp. 226 ss.; Rostagni, op. cit. pp. 87
ss.
152 Giovanni Zanoni

tro per i primi saggi letteraridel «Wunderkind»Lucano teoricamente


addiritturafino ai sedici anni indicati da Donato.
Tutto questo però a me sembra, in ultima analisi,abbastanzaozio-
so: perché credo che, in ogni caso, difficilmente possano sussistere
dubbi sul significato del vaticinium ex eventu che la musa Calliope
pronuncia nel secondo libro delle Silvae: essa affermacon chiarezza
che Lucano avràmodo di cantaredi tutti quegli argomenti,e di com-
porre la Pharsalia, «ante annos Culicis Maroniani».Ergo: saputo che
Lucano morì nel 65 d.C, quando aveva 25-26 anni, apparelegittimo,
persino meccanico dedurne che, per Stazio, il Culex erastato scritto da
Virgilio a non meno di quest'età.
Ricapitolando dunque: comunque le si voglia intendere- sia cioè
che presuppongano per la datazione del poemetto l'età di 21 o, più
verosimilmente, di 26 anni - le testimonianze di Stazio e Svetonio a
questo riguardo contraddicono quella di Donato.
È un dato importante: per il Culex, infatti, la biografia donatiana
(unitamentea quella di Servio, ad essa strettamentecollegata)costitui-
sce la fonte più organica e dettagliata;tanto che, pur non essendo la
più antica, può certo essere considerata quella fondamentale.L'aver
individuatoin essa un punto debole ci autorizza a sospettareche anche
altri elementi possano non essere così solidi come apparivano,ed anzi
induce a chiedersi quale valore tale resoconto possa avere nel suo in-
sieme. Si trattadi un'analisidi una certa complessità,che richiedel'in-
tervento di considerazionie fattori eterogenei, e che coinvolge inevita-
bilmente anche gli altri componimenti dell*Appendix;ma la questione
è di notevole importanza, e penso meriti di essere approfondita in
modo adeguato.
Proviamo a riassumere:si è detto di come sia concordementerico-
nosciuto dagli studiosi che la Vita Vergila di Donato derivada Sveto-
nio; tale communisopinio è certamentefondata e confortatada prove
sicure22.Tuttavia l'aridae sommariaelencazione degli inventila virgi-
liani contenuta in Svetonio-Donato a me non pare del tutto convin-
cente. Salvo che per il breve cenno dedicato al Culex, tale lista ci lascia
in asso sull'essenza di tali componimenti: tace dell'occasione in cui
furono scritti e su eventuali dedicatari, non ci informa se e quanto
fossero noti, neppure dice esplicitamentese siano mai stati pubblicati,
né tantomeno da chi.
Svetonio, nelle biografie dei grandiscrittori, ama invece essere pre-
ciso: edidit, reliquit, e simili. Per Cesare, ad esempio, specifica quali
versi giovanili depositò nelle biblioteche da lui fondate, e soggiunge:
quos omnes libellos vetuit Augustuspublicari (cfr. cap. 55). Ora la di-
versitàdi trattamentoda parte di Augusto riguardoa Cesare e a Virgi-

22. Lo studio che meglio puntualizza i rapportifra la nostra Vita Donati e l'originale
Vita di Svetonio è ancoraquello di K. Buechner,op. cit., pp. 1022-1024.
Testimonianze antiche sul Culex 153

Ho(autore nel caso dell1Appendixdi operette men che mediocri e, per


il Catalepton,persino di argomentoosceno) non ci è spiegatada Sve-
tonio-Donato; mentre un chiarimentosembrerebbetanto più oppor-
tuno in quanto il biografo da un lato parla del divieto opposto da
Virgilio (scriptasua sub ea condidonelegava, ne quid ederent... 154, p.
9 Brummer),mentre dall'altronon fa menzione di ostacoli che venis-
sero da disposizioni testamentariedi Cesare, e il veto pare semmai
un'iniziativapersonale dell'erede, che è sempre Augusto.
Sulla edizione delle Bucoliche e delle Georgiche, per taceredellW*-
dit Varius dell'Eneide, abbiamo comunque indicazioni molto detta-
gliate;sui carminaminora un silenzio ed una nebulositàche, tanto più
in contrapposizione a Cesare, non possono non lasciareinsoddisfatti
delle notizie reticentie inadeguateche Svetonio ci da sulla sorte riser-
vata dall'imperatore, da chi per lui, al retaggio letterariovirgiliano.
Di questi carmiegli non si cura:nota e passa;/eai ... saipsit e nient'al-
tro, tranne il distico contro Ballista e il breve sunto del Culex.
Ma poi, perché il sunto? Era così poco noto il poemetto da esserci
bisogno di indicarneil contenuto? Marziale,Stazio, Svetonio stesso,
nella Vita Lucani, sembrano provare il contrario. In ogni caso, un
simile procedimentocontravvieneseccamenteVususscribendiattestato
in tutte le altre biografie:al più Svetonio riproduce,e non altro, brani
di opere argumenti causa, ma sempre e solo ai fini dell'esposizione.
Dobbiamo davveroritenereche nel nostro caso si trattidi un somma-
rio inserito a titolo d'onore, per un carmegiovanile di Virgilio consi-
derato importante?
Non meno sorprendentetrovo poi anche un altro raffrontoche cre-
do di poter fare con la biografiadi Orazio23;là Svetonio, dopo essersi
certamenteintrattenuto,in patente lacunatestuale,sulle opere di sicu-
ra autenticità, prosegue: venerunt in manus meas et elegi sub titulo
eius et epistulaprosa oratione, quasi commendantisse Maecenati;sed
utraque falsa puto, nam elegi volgares, epistula etiam obscura, quo
vàio minime tenebatur. Ora, veramenteSvetonio non trovavaniente
di grossolano nei Priapea,davveroYAetna, la Ciris, il Culex stesso gli
parevano componimenti di terso splendore? Si potrà obbiettare che
egli li conosceva per virgiliani, e si sarà astenuto dall'aggiungerele
proprie impressioni;ma il contrasto che li separadalle opere maggiori
è così stridenteche ci si chiede come mai, per quale motivo un critico
dal fare classicheggiante,che applicanorme di gusto così personaliper
Orazio, non sia tentato di fare altrettantoper Virgilio.
Argomenti ex silentio, so bene, e so che valore si debba in genere
assegnarea tale categoriadi prove; ma in questo caso mi pare cominci
a trattarsidi un silenzio piuttosto eloquente. Vorreiquindi aggiungere

23. Cfr. Suet. Vita Horatii 20 ss., p. 3 Klingner.


154 Giovanni Zanoni

un altro di questi argomenti, quello che ritengo fra tutti il più difficile
da eludere.
Si è già detto di come a favore dell'autenticità del Culex le attesta-
zioni esterne siano relativamente numerose. Orbene, se ci spostiamo
sul terreno delle possibili imitazioni letterarie o, in relazione all'elenco
fornito da Svetonio-Donato, consideriamo i minora nel loro insieme,
dobbiamo constatare che la situazione cambia radicalmente: nella tra-
dizione antica YAppendix sembra scomparire nel nulla. Componimen-
ti minori sì, e da Virgilio rinnegati, ma pur sempre dedicati a personag-
gi potenti24, e forse circolanti fra gli intimi del poeta: non può quindi
non stupire che poemetti ampi anche alcune centinaia di versi ciascuno
non si citino per una sola parola, salvo il Culex, in un solo caso25, da
Nonio: come inesistenti! E di una raccolta di quattordici carmi, il Ca-
talepton, che sembra recare in calce il suggello d'autenticità di Vario26,
i segni di vita di riconoscimento si riducono, a parte un accenno di
Quintiliano, ad Ausonio (di nuovo per Cat. 2), Mario Vittorino (che
pare rifarsi ad altra fonte, per lui poco sicura) e Terenziano Mauro
(senza il nome dell'autore)27.
Questo è tutto: e per un poeta come Virgilio, di cui praticamente
ogni verso emistichio è addotto, studiato, copiato per l'arte, per la
grammatica, per la retorica, non mi sembra davvero gran cosa: se si
eccettuano il Culex e pochi altri versi del Catalepton, di tutto ciò che
noi conosciamo come Appendix Vergiliana28 non pare esservi traccia
fino al quarto secolo.
Anzi, per dovere di completezza, come si sono riportate le testimo-
nianze esistenti a favore dell'autenticità dei minora, credo sia giusto
addurre anche quelle che tale autenticità sembrano smentire, almeno
non confermare. Il primo a dover essere menzionato è Virgilio stesso
che suggella il finale delle Georgiche con un omaggio al potente pro-
tettore e un accenno alla propria vita e produzione letteraria passata:

24. Cfr. Don. Vita Vergila rr. 153-155, p. 9 Brummer; A. Rostagni, op. cit. passim.
25. Personalmente non conosco altre citazioni di un qualche rilievo; ed anche eventuali
riprese imitazioni in autori più tardi restano sempre così generiche e opinabili, da non
costituire in alcun modo una prova decisiva.
26. Tale la communis opinio degli studiosi intorno a Cat. 15 (o 14a); si veda in particola-
re il v. 3: illius haec quoque sunt divini elementa poetae...
27. Cfr. Quint. Inst. Or. 8, 3, 21 : Nee minus noto Sallustius epigrammate incessitur ... in
quam mirifice Vergilius: Corintbiorum amator iste verborum... (Cat. 2); peraltro non
saprei dire se l'avverbio usato denoti qui reale ammirazione, non piuttosto incredula
sorpresa.
Cfr. Aus. 12, 14, 5 ss., p. 176 Peiper (Catalepta Maronis); Mar. Vict. GL VI 137, 24 ss.
K. (...ut aiunt fecisse Vergilium nostrum iambico epigrammate: Thalassio.. I Cat. 12,9);
Ter. Maur. GL VI 396, 2376 ss. K./ Cat. 10.
28. Si noti che tale denominazione compare per la prima volta solo nella succitata edi-
zione di Giuseppe G. Scaligero, stampata a Lione nel 1573 (cfr. n. 14).
Testimonianze antiche sul Culex 155

Georg. 4, 559 ss.


Haec super arvorum cultu pecorumque canebam
et super arboribus, Caesar dum magnus...
Ilio Vergilium me tempore dulcis alebat
Parthenope studiis florentem ignobilis oti,
carmina qui lusi pastorum audaxque iuventa,
Tityre te patulae cecini sub tegmine fagi.
Prima del grande poema dedicato all'agricoltura dunque le Bucoliche,
carmina ... pastorum, e nulPaltro: a iuvenilia di sorta, come si vede,
nessun rimando.
Si consideri poi il celebre passo in cui, tra stupore e ammirazione,
Properzio saluta la comparsa dell'Eneide:
Prop. 2, 34, 65 ss.:
Cedite Romani scriptores, cedite Grai:
nescio quid maius nascitur Iliade.

In genere passa inosservato, e qui invece mi pare interessante notare


che tale distico è inserito in un contesto più ampio (vv. 61-78), in cui il
poeta indugia a ricordare singolarmente anche alcune delle Egloghe
(cfr. v. 68 Thyrsin .. Daphnin; 72 Tityrus; 73 Corydon); per dedicare
poi una bella immagine alle Georgiche, Ascraei .. praecepta poetae (v.
77). L'elegia è insomma di un certo respiro, e parecchi sono i versi
dedicati alle opere di Virgilio che precedettero e prepararono il capola-
voro dell'Eneide: ora, non una parola in tutto questo si riferisce ad
alcuno dei carmi compresi nell'elenco di Svetonio-Donato. E analoga-
mente Ovidio, esaltando la grandezza del sommo poeta romano, non
spreca per essi una sola sillaba (cfr. Am. 1, 15, 25 ss.).
Fin troppo facile obbiettare che simili osservazioni sono irrilevanti,
perché non si tratta che di passi brevi, e certo i tre poeti non sono
tenuti a farci un resoconto dettagliato di opere secondarie e di più
modesto valore: il fatto che qui non vengano menzionate non dimo-
stra che siano spurie. Giusto. Ma certo tutto questo non è incorag-
giante.
Tale obbiezione inoltre già più difficilmente può essere mossa ad
altri due passi di Ovidio, in cui il poeta si lamenta con amarezza che a
lui siano stati fatali versi erotici che ad altri non avevano invece causato
alcun danno critica: et Romanus habet multa iocosa liber... (Trist. 2,
422 ss.; 533 ss.).
È evidente che nella lista dei predecessori illustri nel campo della
poesia amorosa che adduce a sua parziale discolpa, Ovidio aveva tutto
l'interesse a far figurare anche Virgilio; e certo avrebbe potuto farlo in
modo più efficace se solo avesse conosciuto come autentici almeno
alcuni dei Catalepta più audaci: ma non sembra questo il caso.
Posteriore, ma non banale è forse anche la nota di Macrobio (Sat. 5,
156 Giovanni Zanoni

17, 20), il quale, a proposito della declinazione dei nomi greci, sottoli-
nea che Virgilio omnia carmina sua Graece maluit inscribere: Bucolica,
Georgica, Aeneis, cuius nominis figurano a régula latinitatis aliena est.
«Tutte le sue opere»: di altri componimenti, come si vede, nessuna
menzione.
Ancora un'osservazione: tra le biografie virgiliane a noi pervenute,
ve ne sono alcune che, pur meno ampie, sembrano però indipendenti
da quelle di Donato e Servio29; ebbene: nessuna fra queste accenna a
minora di sorta.
Del resto, anche Servio appare in contraddizione con se stesso,
quando nello scolio ad Bue. 9, 18 afferma: Vergilius autem ilio tempo-
re (se. ante Bucolica) nondum aliquid scripserat. Esclusa l'ipotesi che le
operette dell3'Appendix siano state composte dopo le Bucoliche3?, si
potrà obbiettare che il verbo scribere è usato qui da Servio nell'acce-
zione più specifica di «scrivere per la pubblicazione» senza tenere
quindi conto di eventuali, meno soddisfacenti esperimenti giovanili. Il
che può essere vero: ma altrettanto scontato allora è far notare come il
termine che introduce l'elenco di tali iuvenilia nella biografia sia il
medesimo: scripsit etiam..» (Serv. Vita Verg. 14, p. 69 Brummer).
Ci si muove evidentemente su un terreno delicato; ma si può perlo-
meno affermare che, in un caso nell'altro, la formulazione di Servio
lascia molto a desiderare sotto il profilo della chiarezza e della preci-
sione: a mio avviso un'incongruenza tutt'altro che banale, come si avrà
modo di rilevare più oltre.
Persino imbarazzante mi pare infine il fatto che Diomede, discuten-
do di retorica, osservi: Priapeum quo Vergilius in prolusionibus suis
usus fuit, tale est: incidi patulum in specum procumbente Priapo (GL I
512, 27 K.). Un verso quindi il cui metro è certo usato nel terzo dei
nostri Priapea, ma che tuttavia in sé non ricorre né in esso, né in alcun
altro componimento dell1Appendix. Ora, si può pensare che si tratti di
un semplice 'esempio-standard', riportato qui per definire un partico-
lare tipo di struttura metrica: una consuetudine che doveva essere dif-
fusa fra i grammatici antichi. Ma d'altra parte non so come dar torto a
chi volesse desumerne l'esistenza magari di Prolusiones virgiliane per
noi perdute, e quindi di una collezione di minora originariamente più
ampia di quella che ci è pervenuta.
Lascerei per il momento da parte tale inquietante ipotesi, per torna-
re a fare il punto di quella che considero la questione più importante:
se si eccettuano le testimonianze di primo secolo31 relative al Culex e

29. Si veda, ad esempio, la seconda Vita di Filargirio (per un'analisi più approfondita
del problema cfr. H. Naumann, op. cit. pp. 374 ss. e passim).
30. Dopo Scaligero (cfr. op. cit. p. 266), l'unica a considerare possibile questa eventuali-
tà rimane M. Schmidt (op. cit. p. 15, cfr. . 17).
3 1. Peraltro intendo dimostrare più oltre come anche per queste una valutazione critica
risulti in effetti tutt'altro che univoca.
Testimonianze antiche sul Culex 157

poche altre citazioni isolate per alcuni Catalepta, dei vari carmi del-
YAppendix non abbiamo nessuna notizia fino alla scarna lista inclusa
nella biografia di Donato; e, per quanto ci consentono di appurare le
fonti a nostra disposizione, sino al quarto secolo non c'è alcuna prova
che, quand'anche esistenti e circolanti, essi venissero considerati virgi-
liani: anzi, abbiamo semmai indicazioni contrarie.
Ora, a me piace credere che in merito Svetonio non sapesse né più
né meno dei suoi contemporanei ed immediati successori; ed è quindi
chiaro il problema che si pone quando si voglia spiegare tale grave
discrepanza: da dove deriva, su quali basi fu redatta e, soprattutto, da
chi fu scritta realmente la lista dei minora}
La risposta è altrettanto ovvia, e credo non sia stato difficile intuirla
già da tempo: il fatto assodato che la Vita Vergilii di Donato derivi nel
suo insieme da Svetonio non esclude affatto a-priori la possibilità che
un asciutto catalogo di opere minori potesse essere inserito in seguito
nel testo originale. In altri termini: il nucleo svetoniano può benissimo
essere stato in qualche modo alterato, ridotto magari, ma anche inter-
polato ed ampliato proprio da Donato, sulla base, come egli credeva,
della sua migliore conoscenza e più ricca documentazione. Questa è
una considerazione dettata da comune buon senso, e che vale qui come
in qualunque altro caso di tradizione manoscritta di un testo; ma a
riprova della sua validità vorrei aprire una parentesi, perché mi pare
indicativo far rilevare ciò che proprio dei minora donatiani avviene
nelle biografie e nelle liste seguenti.
La Vita Servii adotta sostanzialmente l'elenco di Donato, ma ne
modifica l'ordine, aggiunge la Copa e non esprime dubbi sull'autenti-
cità deìì'Aetna; la Vita Phocae menziona solo il Culex; le altre biogra-
fie, come si ricordava dianzi (cfr. n. 29), tacciono in senso assoluto; nel
catalogo del monastero di Murbach (saec. IX), che resta documento
tanto fondamentale quanto delicato per l'intera questione dell'Appen-
dix, la lista degli iuvenilia virgiliani corrisponde a quella di Servio, ma
si aggiungono il Moretum e le Elegiae in Maecenatem, mentre si per-
dono gli Epigrammata; per contro la Vita Vulgata (o Donatus Auc-
tus32), pur conservando questi ultimi, non menziona però Catalepton
e Ciris.
Si potrebbe continuare, ma il concetto mi pare già abbastanza chia-
ro: qualunque catalogo come questo è, per sua natura, aleatorio ed
esposto sia ad inserzioni che ad omissioni, per singole parti nel suo
insieme.
Ma torniamo a noi: a me sembra che tutte le considerazioni fatte
sino a questo punto ci autorizzino, con buona pace di Naumann33, a

32. Per il testo: E. Diehl, Die Vitae Vergilianaeund ihre antiken Quellen, Bonn 1911;
cfr. K. Buechner,op. cit. p. 4 = RE Vili A 1, 1024.
33. Cfr. op. cit. pp. 370 s. Secondo lo studioso tedesco, le inserzionidi Donato nell'ori-
158 Giovanni Zanoni

ritenereche l'elenco dei carmigiovanili di Virgilio non sia in realtàche


un'estesa interpolazione di Donato. Ipotesi che, oltre a non sorpren-
derci affatto sul piano teorico, pare confermataal lato praticodal fatto
che, sia pure in modo meno articolato,anchein vari altripunti il gram-
matico opera interventi e modifiche rispetto a quello che possiamo
ragionevolmente ricostruirecome l'originale svetoniano34:fra i passi
maggiormentesospettati sono ad esempio lo stesso periodo iniziale, il
paragraforelativo all'assunzione della toga virile (6), l'epigrammadi
Sulpicio cartaginese (37-38) e il riferimento all'edizione dell'Eneide
(39-41).
E al fine di stabilire con certezza l'attendibilitàe l'effettivo valore
della testimonianza di Donato, che considero il cardine dell'intero
problema delle fonti antiche relative all3 'Appendix,non vorrei da ulti-
mo trascurareanche alcune nutazioni di caratterestilistico. So bene
che tale categoriadi indaginepotrebbe risultaresostanzialmentesterile
ove si consideri la possibilità,naturalmentesempreaperta,che Donato
abbia rielaboratoil contenuto della biografiasvetonianaadattandoloal
proprio gusto e stile: ovvio che in tal caso sarebbeper noi impossibile
distinguere, almeno su questa base, il modello seguito da eventuali
interpolazioni successive. Ma, fortunatamente,le cose dovrebberoes-
sere andate qui in modo diverso; almeno se vogliamo crederealle di-
chiarazioni programmaticheche egli stesso fa nella lettera di dedica a
Munazio, cui si rivolge con queste parole: Agnosce igitur ... in hoc
munere collaudo sinceramvocem priscaeauctoritatis.Cum enim lice-
ret usquequaque nostra interponere,maluimus optima fide, quorum
respexerantyeorum etiam verba servare- rr. 7-12, p. 7 Brummer.
Donato cioè si sarebbe attenuto scrupolosamente- Verbatim- al
testo delle fonti cui attingeva:ai fini della nostra indaginechiaramente
una circostanza più che favorevole. Orbene, a partire da questa mi
pare interessanteosservare che35:
a) la locuzione cum esset annorum XVI è del tutto improbabilein
Svetonio, e risulta del resto quasi priva di paralleli letterari36;è
invece piuttosto comune in iscrizioni sepolcrali tarde;

ginale nucleo svetoniano si lascerebbero individuare con sicurezza solo nel caso dell'epi-
gramma di Sulpicio (rr. 141-148, pp. 8-9 .); ma la sua analisi del testo pure apprezzabile
per altri aspetti, mi sembra su questo punto legata ad una prudenza davvero eccessiva.
34. Cfr. F. Leo, Culex: carnieri Vergilio ascriptum..., Berlin 1891, p. 18; E. Norden, art.
cit. pp. 166-177 (167 s.); E. Diehl, op. cit. p. 13; con analisi linguistiche e fraseologiche
anche K. Bayer, Der Suè tonisch e Kern und die spaeteren Zusaetze der Vergil-Vita, Diss.
Muenchen 1952, pp. 134-142.
35. Per un esame più approfondito si veda anche: R.M. Geer, Non-Suetonian passages
in thè Life f Vergii, «Trans. Amer. Phil. Ass.». 57, 1926, pp. 107-115.
36. Nel Th. I.L. gli unici esempi awicinabih a questo sono: Varr. Men. 496 B.; Carm.
Epigr. 1541, 3; Nep. Ham. 3, 1 e Liv. 21, 1,4 (ma gli ultimi due si riferiscono allo stesso
episodio, e devono derivare da una fonte comune).
Testimonianze antiche sul Culex 159

b) in un elenco del genere Svetonio avrebbe normalmente omesso le


congiunzioni37;
e) per quanto amante dei vocaboli composti, difficilmente in un pas-
so delle sue opere si potrebbe trovare una serie paragonabile a
quella di condormisset.. proreperet .. provolavit .. contrivit .. inte-
remit.., riuniti tutti nello spazio di poche righe;
d) data la sua preferenza per i participi, egli avrebbe quasi certamen-
te evitato una successione esteticamente sgradevole come culicem
contrivit et serpentem interemit ac sepulcrum culici statuii et disti-
chon fecit;
e) il costrutto Pastor fatigatus aestu curri sub arbore condormisset
(dove cioè pastor, soggetto della subordinata, precede la preposi-
zione cum) è assolutamente privo di riscontri negli altri 367 casi in
cui un'analoga proposizione dipendente ricorre in Svetonio; in
compenso, una costruzione identica si ritrova, a mio avviso assai
significativamente, nelPintroduzione alle Bucoliche dello stesso
Donato, un brano che nei nostri manoscritti segue immediata-
mente la Vita Vergilii: sed Vergilius merito carminum fretus ..
centurioni Arno cum obsistere ausus esset... (rr. 272 ss.y p. 15
Brummer).
Ma mi sembra inutile continuare: tali note non forniscono che una
prova aggiuntiva di ciò che già avevamo stabilito, basandoci- su consi-
derazioni di contenuto e verosimiglianza storica: che cioè sia detto
con certezza definitiva - l'elenco delle opere giovanili di Virgilio non
risale affatto a Svetonio.
Una smentita importante, perché con essa viene meno buona parte
del credito che i componimenti delVAppendix, e il Culex in primis,
potevano vantare. Importante, ma non nuova, almeno per molti degli
studiosi che ne negano l'autenticità e che da tempo sono orientati ver-
so questa interpretazione critica delle fonti: così appunto è possibile
chiarire nel modo più semplice ed efficace parecchie delle difficoltà che
avevamo rilevato connettersi alla supposta testimonianza di Svetonio.
Il progresso è quindi notevole, e pur tuttavia secondo me ancora
insufficiente. Finora, infatti, il problema è stato affrontato solo in mo-
do parziale, mentre per essere risolto, quanto meno definito in ma-
niera soddisfacente, esso richiede, a mio avviso, un ulteriore approfon-
dimento. Mi spiego: intendo ora prescindere dalla questione dei rap-
porti di dipendenza meno dal modello svetoniano, e proseguire piut-
tosto nell'esame del passo di Donato in sé - un terreno per così dire
ancora poco esplorato - per trame, se possibile, altre indicazioni utili a
risolvere l'intricato capitolo dell3'Appendix.
Si è visto come il brano relativo ai minora non derivi da Svetonio:

37. Cfr. Suet. Aug. 21, 1: ...Cantabriam,Aquitaniam, Pannoniam, Dalmatiam cum


Illyrico omni...
160 Giovanni Zanoni

ma siamo con questo automaticamente sicuri che sia di Donato? Così


come stanno le cose, infatti, io sospetto che nemmeno il grammatico
avesse idee troppo precise in merito; e credo si possa dimostrare che,
se egli ne parla, le sue cognizioni sono derivate da altri piuttosto che
acquisite per diretta lettura. Anche qui non esiste una prova univoca e
definitiva; ma mi pare che più di una circostanza dia a quest'ipotesi
una consistenza notevole.
In primo luogo: se pensiamo che gran parte delle biografie antiche si
basano in sostanza su procedimenti autoschediastici, e che i testi degli
autori costituivano spesso e volentieri la principale fonte di notizie cui
attingere (Donato stesso non fa certo eccezione alla regola, per le ope-
re autentiche), mi sembra quanto meno anomalo il fatto che per la sua
redazione della Vita Vergilii il grammatico non si sia servito di alcuno
degli elementi utili, pure numerosi ed interessanti, che sarebbe stato
agevole ricavare dagli iuvenilia.
Lo stesso comportamento pare, del resto, rawisabile anche per un
eventuale studio linguistico: Servio (Auctus), che deriva evidentemente
il suo commento a Virgilio da Donato, non cita, fra l'altro, nessuno dei
passi paralleli che si riscontrano tra le opere di sicura autenticità e i
minora; e si tratta talvolta, specialmente per la Ciris, di espressioni e
movenze particolari, di interi versi, ripresi in modo troppo scoperto
per passare inosservati: Virgilio che imita se stesso! Io penso che ben
difficilmente un grammatico antico si sarebbe lasciato sfuggire l'op-
portunità di farlo notare; eppure tale deve essere stato il comporta-
mento di Donato: perché è assurdo immaginare che, se tali riferimenti
fossero esistiti nel suo commento, Servio li avrebbe sistematicamente
espunti dal pròprio.
Si osserverà che gli iuvenilia non dovevano far parte delle edizioni
canoniche e scolastiche di Virgilio, e che forse tale mancanza di riman-
di e confronti può essere spiegata col fatto che appunto su tali edizioni
si fondavano ed alle scuole erano principalmente destinati anche i
commenti dei grammatici antichi. Ma a me pare un'obbiezione incon-
sistente; resta il fatto che, letti meno che fossero, i componimenti
minori potevano fornire una quantità di materiale interessante: mate-
riale che non venne mai utilizzato.
E dato che si è menzionato Servio, non saranno inopportune anche
alcune altre osservazioni sull'elenco che egli a sua volta presenta: ciò
che per Donato mi limitavo ad anticipare e a supporre probabile, mi
pare divenga, in questo caso, praticamente certo.
Una grave incongruenza interna fra la biografia e gli scolli alle Bu-
coliche (9,18) è già stata rilevata in precedenza; se ne possono aggiun-
gere altre. Ad Bue. 6, 3, ad esempio, lo scolio Danielino annota: Alii
Scyllam eum (se. Vergilium) scribere coepisse dicunt, in quo libro Nisi
et MinoiSy regis Cretensium, bellum describebat... Il modo di espri-
mersi è qui tanto generico quanto inappropriato (titolo dubbio, esita-
Testimonianze antiche sul Culex 161

zione sul fatto che si trattassedi un semplice abbozzo meno, argo-


mento assai approssimativo), e non suggerisce certo familiaritàcol
poemetto che conosciamo come Ciris.
Molto meglio informato Servio appareviceversaaltrove, se è addi-
ritturain gradodi discuterele differentiversioni del mito di Scilla; così
ad Bue. 6,74:
Scyllae duae fuerunt, una Phorci et Creteidos nymphaefilia,
virgo pulcherrima.quam cum amaret Glaucus, deus mari-
nus, dum ipse amaretura Circe et eam contemneret,illa irata
fontem, in quo se Scylla solebat abluere, infecit venenis: in
quem cum descendissetpuella, mediasui partein ferasmuta-
ta est. hanc postea Glaucus fecit deam marinam,quae clas-
sem Vlixis et socios evertissenarratur.quidam Scyllamhanc
a Neptuno amatam dicunt et per Amphitriten, coniugem
Neptuni, metuentempaelicisformam, venenis Circesin mon-
strum marinum esse mutatam. altera vero Scylla fuit Nisi,
Megarensiumregis, filia. contra quos dum ... pugnaret Mi-
nos ... rfi/amatusa Scylla est ... quae ut hosti posset piacere,
comam purpureamparenti abscisamei obtulit, quam Nisus
ita habueratconsecratam,ut tamdiu regno potiretur, quam-
diu illam habuisset intactam.postea et Scylla, a Minoe con-
tempta, vel dolore, quod contemptaesset, vel (quod) quasi
parricidaa Minoe ad puppim religata tractasit, in avem Ci-
rìm conversa est, et Nisus extinctus deorum miserationein
avis mutatus est formam.
Come si noterà, il riassuntoè qui molto più articolatoe preciso, molto
più vicino in ogni caso al testo della Ciris quale ci è pervenuto. Ma
stranamenteServio non è in grado, sebbene sia ovvio che dovrebbe
farlo, di collegare tale contenuto al suo titolo: giacché - ammesso e
non concesso che egli si stia qui effettivamente riferendo al nostro
carme38- il termine Ciris è presentesolo nella versione aueta; in altre
parole è soltanto la redazioneampliatadel commento a fornireil nome
della metamorfosi di Sciita.
Paradossalmente,quindi, sembrache si debba distinguerefra la co-
noscenza del testo e quella del titolo39:visto che il ServiusAuctus, se
conosce il nostro carme, non ne ha però consapevolezza (o forse non
lo consideraimportante,cioè virgiliano);mentrealtrovesi riscontrala
vaga nozione di una ScylU di Virgilio, ma ad essa non viene associato
alcun contenuto, cioè testo, preciso.

38. Personalmente,non credo si possa escludereche egli stia semplicementecercandodi


distinguerefra le due versioni del mito (ScylUNisi I ScyllaFord), che nel canto di Sileno
appaionoconfuse rispetto a Georg. 1, 404 ss.
39. Cfr. R.O.A.M. Lyne, Ciris:a poem attribuedto Vergil,Cambridge1978, p. 50 ss.
162 Giovanni Zanoni

Una situazione analoga sembra verificarsianche per YAetna,della


cui paternitàperaltroforse già Donato dubitava40.Quando infattinel-
lo scolio ad Aen. 3,571, trattandodel vulcano, Servio espone la causa
huius incendii secundumAetnam Vergila41 , egli sembra fornire brevi
ragguaglisu alcune teorie geofisiche che, conosciute altrimentinell'an-
tichità, non si trovano però esposte nel nostro poemetto. Non è chiaro
quantaparte della nota venga intesa come sunto dell3Aetna, dato che le
espressioni item novimus e constatpotrebberoriferirsiad altrefonti di
informazione; ma è certo che niente in essa ha â che fare col carme a
noi conservato42.
Resta poi il fatto più macroscopico:l'ambiguitàdavverostupefacen-
te connessa al numero dei minora nell'elencodella Vita serviana(scrip-
sit etiam septem sive octo libros hos...), che appunto tale scolio all'É-
neide esclude possa essere spiegata in relazione ai sospetti di Donato
sull'Aetna, come pure vari studiosi hanno fatto finora43.Viceversa,
l'unica soluzione possibile rimanequelladi un comprensibileimbaraz-
zo di Servio di fronte a un titolo - la Copa- che, pur non menzionato
da Donato, doveva però ricorrerein altre fonti degne di credito. Se-
nonché tale esitazione, come del resto le precedenti incoerenze, si
spiega soltanto nel caso che Servio non avesse davanti a sé le opere di
cui parla: il che corrisponde esattamentea quanto venivamo suppo-
nendo.
Ma vorrei tornarea Donato: perché sono persuasoche ancheper lui
l'elenco dei minora non poteva essere molto di più che una mera lista
di titoli. Si è già rilevato come il fatto stesso di limitarsi ad un'aridae
sbrigativamenzione sia di per sé fuori dalla norma, dato l'intrinseco
interesse dei carmiper qualunquestudioso di Virgilio. In secondo luo-
go, si può notare che quando per il Culex egli interrompetale elenco,
lo fa in manieraalquantostrana:per precisarecioè quanti anni avevail
poeta quando compose l'epillio, per fornire un sunto (in verità non
particolarmenteaccurato) del contenuto44,e per citare gli ultimi due

40. Un'ipotesi da tenerein considerazioneè anchequelladi E. Paratore(cfr. Una nuova


ricostruzionedel «De poetis» di Svetonio, Roma 1946,p. 225), secondo cui l'interaespres-
sione di Donato relativa Aetna, anche per la sua posizione sintatticamenteanomala,
non sfugge al sospetto di essere una semplicenota marginalepenetratanel testo. Addirit-
tura una glossa nella glossa potrebbe rivelarsil'inciso de qua ambigitur.
41. Sunt terraedesundantessulphur,utpaene totus tractusCampanuleubi est Vesuvius
et Gaurus montestquod indicai aquarumodor calentium.Item novimus ex aquae motu
ventum creari, esse etiam concavasterras...
42. Cfr. F.R.D. Goodyear, Incerti auctorisAetna, Cambridge1965, p. 56.
43. Cfr. P. V.M. Opera ree. . Ribbeck, I-IV, Leipzig 1859-1868,(IV Prol. I p. I); .
Klotz, Zum Culex, «Hermes» 61, 1926, pp. 28-48 (28 ss.).
44. Si notino gli scompensi di un'esposizione che indugia con puntiglio a precisare
dettagli irrilevanti(... inter duo tempora aculemfìxit pastori..., per poi non accennare
nemmeno alla catabasiche costituisce la sezione più ampiadel poemetto.
Testimonianze antiche sul Culex 163

versi; nemmeno per le opere maggiori egli fa nulla del genere45: perché
dunque tali vistose anomalie?
Le spiegazioni possibili sono diverse; ma io non credo di sbagliare
di molto, né tutto sommato di spingermi troppo avanti nel campo
delle ipotesi, se provo ad interpretare il comportamento di Donato nel
suo insieme, ed in particolare per la sezione della biografia relativa ai
carmi minori di Virgilio, nel modo seguente: Donato non riassume, né
cita dal corpus principale di Virgilio semplicemente perché farlo sareb-
be stato superfluo per testi così famosi (in questo caso egli tende piut-
tosto ad esporre dati circostanziali interessanti e ad essi attinenti); al
contrario egli riassume e cita dal Culex perché questo era componi-
mento tale da suscitare curiosità, in quanto riconosciuto come opera
giovanile del poeta nel primo secolo d.C.46, ma probabilmente ancora
poco noto. Nonostante le attestazioni di epoca flavia, infatti, sembra
chiaro in base alle testimonianze ricordate precedentemente, meglio
alla loro carenza, che nei secoli successivi il Culex doveva essere dive-
nuto così poco familiare come qualunque altro carme dell3'Appendix.
Riaffiora, per così dire, solo con Nonio Marcello - nel quarto secolo
- quando cominciano di nuovo a trovarsi tracce anche degli
quindi
altri minora47: ma questa, a parte le Vitaey è Tunica menzione che ne
abbiamo. Dobbiamo perciò presumere che la conoscenza del poemet-
to, e certamente la conoscenza del testo, rimase tornò ad essere rara.
Il sunto quindi che, come credo di aver dimostrato, sarebbe risultato
ozioso all'epoca di Svetonio, si giustifica molto meglio in un contesto
storico-culturale più tardo: Donato non fa che offrire tutti i ragguagli
che può su una operetta in qualche modo prestigiosa, ma che ai suoi
tempi doveva essere quasi sconosciuta, e comunque non facilmente
accessibile.
Da dove poteva trarre tali informazioni? Tutte le considerazioni
fatte in precedenza mi pare tendano ad escludere che egli conoscesse il
Culex per averlo letto personalmente; al contrario non trovo irragio-
nevole supporre che attingesse come fonte proprio alla tradizione sco-
lastica, raccogliendo quanto poteva dalle opere di precedenti commen-
tatori e grammatici, che a iuvenilia virgiliani potevano aver accennato
a vario titolo, magari anche solo per esprimere riserve in merito.
Su questa linea mi sembra si possa collocare ad esempio anche la
nota di Nonio (312,25 Lindsay); e del resto si è già osservato come le

45. Difficilmente il paragrafo 21 (cfr. 74-78, pp. 5-6 Brummer) può essere considerato
un riassunto deWEneide; mentre citazioni come Me ego qui... (cfr. 42) e le parodie delle
Egloghe sono ovviamente casi particolari.
46. Meglio sarebbe specificare nella seconda metà di tale secolo: perché anche questo
dato cronologico non pare casuale.
47. li grammatico Cansio (UL 1 63, 1 1 iv. = ny d JöarwicK/attesta cne Virgilio incuoio
un suo scritto Cupa - cfr. Nemes. Ed. 6,46.
164 Giovanni Zanoni

pur antiche testimonianze di Marzialesiano in realtà piuttosto caute


nei confronti di un carme che, consigliato al più a dei ragazzi come
esercizio propedeutico di lettura,resterebbecomunque in Virgilio del
tutto marginale rispetto alle opere della maturità(cfr. anche n. 2).
Né di tenore molto diverso dovette essere la valutazione di Stazio,
che, certo non troppo onorevolmente, associa il Culex alla Batraco-
miomachia, e all'epillio si riferiscedi proposito col verbo praeludere,
analogo alle espressioni usate poi anche da Diomede e dalla Vita Pho-
cae per indicareuno stadio ancoramolto acerbonello sviluppo poetico
e stilistico dell'autore48.
Ad ogni buon conto, scola e annotazionidi questo tipo sul Culex
eventualmentesu altri carmi attribuitia Virgilio, non dovevano essere
al di fuori della portatadi Donato: e, fermarestandoper noi Pimpossi-
bilità di un riscontro oggettivo, e quindi l'obbligo di una certapruden-
za, dobbiamo d'altro canto rilevareche a tale metodo di indaginee di
raccolta di dati da fonti intermedie egli stesso dichiaradi essersi atte-
nuto: inspectisfere omnibusante me qui in Vergiliioperecalluerunt(r.
1 s., p. 7 Brummer;cfr. n. 10).
Senonché, assai più che una garanziadi obbiettività a me tale affer-
mazione sembraora rappresentareun motivo di gravescetticismo. Per
quanto concerne la testimonianzasui minora infatti, l'approssimazio-
ne, ed anzi l'idea stessa di un riassuntoper il Culex; la citazione del-
Vexplicitdel componimento (un epitafio di due esametri facilmente
memorizzabili); l'elencazione asciuttae schematicadei vari titoli; an-
che certa trasandatezzastilistica49ed improprietàlessicale50;e, come si
diceva, l'estremo rigore e circospezione con cui l'autore ritiene di do-
ver procedere51,ma che non bastanoad evitarglivistose sfasature;tut-
to questo insomma mi pare possa esserespiegatosolo supponendo che
egli avesse a che fare con dati e materialecui appunto non era in grado
di risalirese non per interpostapersona:una documentazioneper così
dire di seconda mano, messa insieme in qualche modo in un contesto
di tardaerudizione libresca,con un puntiglio da ricercaantiquaria,ma
che - ciò che a noi importa - non doveva più essere verificabilein
modo diretto.
Si pensi ancora all'età di sedici anni che, in manieradel tutto occa-
sionale, Donato ritiene di doverci riportare per l'autore del Culex:

48. Cfr. rispettivamente:GL I 512,27 K.; 84, p. 52 Brummer.


49. Se non può venire ascntto a Svetomo, il passo contestato sembra pero alquanto
sciatto anche per Donato.
50. Si veda ad esempio l'uso di un terminecome materialaddoveegli in generepreferi-
scefabula argumentum; la ripetizionemeccanicadellaformulaet distichon'fecitanche
in riferimentoa due esametri.
51. Maluimusoptintafide, quorum respexerant,eorum etiam verba servare(7-12, p. 7
Brummer).
Testimonianze antiche sul Culex 165

anche a prescindere dall'incompatibilità delle testimonianze a questo


riguardo, di cui a lungo si è già discusso, vorrei ora estendere la mia
analisi al testo, e aggiungere che, a me, tale precisazione appare anche
di per se stessa inattendibile.
A suo sfavore depone il fatto che ben difficilmente il nostro poeta
poteva ignorare Lucrezio: la dipendenza di intere sezioni dell'epillio
dal De rerum natura (ad es. vv. 58-97 / Lucr. 2, 23 ss.) è troppo evi-
dente per passare inosservata, ed anche sul piano del lessico l'imitazio-
ne lucreziana è assai estesa e sottolineata concordemente da tutti i
commentatori52. Bene: ma nel 55-54 a.C, quando, secondo Donato,
Virgilio avrebbe scritto il Culex, con ogni verosimiglianza il De rerum
natura non era ancora stato pubblicato ; e, anche come ipotesi-limite,
mi sembra quasi impensabile che una copia «non ufficiale» di un simile
poema potesse comunque trovarsi in mano ad un ragazzo di campagna
quale Virgilio doveva essere allora. Ciononostante, la Vita donatiana si
fa scrupolo di riportarci l'età di sedici anni: ed il grammatico non
sembra minimamente turbato dalle frequenti - e problematiche - imi-
tazioni di Lucrezio che una lettura diretta del testo avrebbe certamente
permesso di rilevare.
Una soluzione peraltro non si lascia individuare in modo così im-
mediato; perché, se questa versione ci appare dubbia, credo di poter
affermare che anche il dato biografico fornito da Stazio (Silv. 2,7,73
sg.) soggiace quanto meno ad un grave sospetto di autoschediasma54.
NcìVOctavius dedicatario del Culex si riconosce, infatti, colui che
in seguito sarebbe divenuto l'imperatore Augusto, e questa era eviden-
temente l'interpretazione anche degli antichi: ma questo dedicatario si
chiamò G Octavius solo fino a poco dopo la morte di Cesare (al più
tardi cioè fino al giugno del 44 a.C), quando, in base all'adozione
testamentaria da parte del dittatore, assunse il nome di G Iulius G F.
Caesar Octavianus. Poiché dunque l'allocuzione usata nel carme non
sarebbe più stata possibile dopo tale data, dobbiamo ammettere che,
da tutto ciò, non sarebbe stato difficile per Stazio dedurre comunque
come probabile epoca per la composizione del Culex da parte di Virgi-
lio (nato nel 70 a.C.) il suo ventiseiesimo anno di età.
Si tratta chiaramente solo di una mia ipotesi; ma, se ciò fosse vero,
dovremmo convenire anche che, riguardo al Culex, persino quanto
apprendiamo da una delle fonti per noi più autorevoli potrebbe in

52. Si vedano in particolare: C. Henry, The language of thè Culex, Stanford Univ.
1927; R. B. Steele, Authorship of thè Culex, Nashville 1930, pp. 38 ss.; E. Paratore,
Lucrezio e il Culex, «La parola del passato» 2, 1947, pp. 192-202.
53. Cfr. D. Van Berchem, La publication du De rerum natura, «Mus. Helv.» 3, 1946,
pp. 26-39.
54. Ostacolo ancora più grave resta, a giudizio di vari studiosi, quello di spiegare come
l'enorme divario poetico che separa il Culex dalle Bucoliche avrebbe potuto essere col-
mato nell'esiguo spazio di un paio d'anni (cfr. rr. 66 ss., p. 5 B.).
166 Giovanni Zanoni

effetti essere assimilato più ad una illazione personale di Stazio - il


quale credeva di avere elementi sufficienti per riconoscere nel poemet-
to che aveva dinanzi un'opera del giovane Virgilio - che non ad una
sicura informazione da parte di chi conoscesse esattamente tempi e
modi di una sua redazione.
Riassumendo: da questo punto di vista, per il Culex sembra ripre-
sentarsi una incongruenza di base analoga a quella che in Servio de-
nunciavamo per la Ciris e per VAetna: una non-corrispondenza cioè
fra dati, comunque frammentari, riferiti ora ad un'opera, ora ad un
titolo astratto.
Del resto, lo stesso sfondo culturale resta valido anche per gli altri
minora dell3'Appendix: Donato non ci da su di essi alcuna notizia sem-
plicemente perché non doveva averne. Conosceva dei titoli, ma non
dei componimenti: perché voglio credere che, se avesse avuto sotto gli
occhi il testo, ad esempio, dell'Aetna, sarebbe ben stato capace, se non
addirittura di assumere una posizione definitiva in merito, almeno di
esprimere su di essa una valutazione personale un minimo più appro-
fondita del vago de qua ambigitur, che egli sembra annotare meccani-
camente (cfr. anche n. 40). Per tacere della Ciris, con tutte le difficoltà
di versi oscuri ed astrusi, dei Priapea, che certo non appaiono il tipo
di componimento più adatto per un giovinetto et ore et animo tam
probus, ut .. Parthenias appellatus sit (rr. 35-36, p. 3 Brummer).
In breve, si può dire lo stesso per tutti gli iuvenilia, di cui anche una
semplice scorsa solleva problemi linguistici, stilistici, letterari tali da
mettere in imbarazzo anche l'ultimo, il più insensibile dei lettori di
Virgilio: e qui chi ne scrive e, senza sprecare una riga di commento, li
accetta come autentici, è invece nientemeno che Donato, uno dei più
celebri grammatici antichi, che al poeta dedicò bene male una vita di
studi.
Non vorrei ora anticipare indebitamente conclusioni che necessita-
no di un'approfondita verifica in altri settori di ricerca: ma mi sembra
opportuno, a questo punto, concludere il lungo ragionamento che ab-
biamo sviluppato intorno alla testimonianza donatiana, in modo da
ridefinirne, sia pure solo nelle sue linee generali, quella che giudico
l'interpretazione complessiva più attendibile.
L'elenco dei minora incluso nella Vita Vergila non solo non risale a
Svetonio, ma non si basa nemmeno su sicura, diretta conoscenza da
parte di Donato, il quale si limita piuttosto a raccogliere in modo for-
zatamente acritico le informazioni a lui disponibili su vari «carmi gio-
vanili» che venivano allora riemergendo, ed erano attribuiti al poeta
anche sulla scia del rinnovato interesse per le sue opere, interesse che
appunto nel quarto secolo raggiunse il suo apice. Paradossalmente pe-
rò tutti gli autori, e più in generale gli eruditi di questa età a noi perve-
nuti sembrano conoscere l'esistenza di tali opere senza essere in grado
di collegarle a dei testi, e tantomeno ai nostri testi; viceversa, quando
Testimonianze antiche sul Culex 167

accennano ad elementi per noi riconoscibili, lo fanno in modo del


tutto cursorio, come se si trattassedi dati marginali:cioè non virgilia-
ni55.
La conoscenza di titoli di componimenti virgiliani senza testi (la
situazione di Donato) presupponeperò ovviamenteun'epocain cui gli
uni e gli altrifossero accessibiliinsieme, e presumibilmenteconsiderati
autentici.Personalmentesono propenso a credereche tali opere possa-
no essere state via via attribuitea Virgilio, anche indipendentemente
l'una dall'altra,per lo più in maniera arbitrariaed implausibile, per
semplice analogiadi contenuto intonazione, per caratteristichedel
tutto esteriori. Non ritengo invece - e su questo punto mi trovo in
netto disaccordo con la maggior parte degli studiosi da Ribbeck e
Baehrensin poi (cfr. risp. opp. citt., p. I) - che alcuncorpus unitariodi
componimenti minori virgiliani sia mai stato riunito, né tantomeno
riconosciuto come autenticoin precedenza:in caso contrario,sarebbe
stato praticamenteimpossibile non averneuna qualche notizia, a co-
minciareproprio dalle nostre biografie,che invece citano gli invernila
in ordine diverso e danno l'impressioneche si tratticomunque di ope-
re indipendenti.In ogni caso, nulla autorizzaa pensaread un'edizione
organicad'insieme.
Tale silloge deve invece essere stata un prodotto del «revival»virgi-
liano del quarto secolo, forse di Donato stesso; ma, lo ripeto ancora,il
suo era un corpus di soli titoli, un sempliceelenco compilato con men-
zioni derivateverosimilmenteda note di grammaticie retori, da scolli
marginali da altre fonti analoghe per noi perdute; e il fatto che gli
studiosi del tempo abbiamopotuto credereautenticae perpetuareuna
lista del genere si spiega in buona misura proprio con l'ignoranza e
mancanzadi riscontrodei corrispondentitesti. Un grosso equivoco, in
sostanza, che assume proporzioni ancora più paradossalise si pensa
che, con ogni probabilità,una volta che i titoli divennero correnti e,
con la 'garanzia'di Donato, più meno prestigiosi, tornarono a loro
volta a diffondersie ad essereconsiderativirgilianii relativitesti, quelli
poi giunti sino a noi: anche se, evidentemente,non dovevano rivelarsi
per forza di cose gli stessi.
A questo punto (ma siamo comunque in un periodo cronologica-
mente già molto avanzato)esiste la possibilitàche tali opere siano state
effettivamenteraccolte a formareuna silloge che, con alcune ulteriori
aggiunte(Moretum,Maecenas,«Ausoniana»:una sorta di concrezione
intorno ad un nucleo centrale,duratadalla fine dell'età antica all'alto
medioevo), sarebbevenutaa costituirel'archetipoda cui derivatutta la
nostra tradizione délVAppendix.

55. La situazione già rilevataper Servio in rapportoalla Ciris e zW'Aetna,e in Stazio e


Donato per il Culexypare ripetersianche altrovein Ausonio e Claudiano(cfr. A. Came-
ron, Claudian, Oxford 1970, pp. 315-321).
168 Giovanni Zanoni

Questa di un corpus creatosi in epoca tardo antica resta peraltro


Pinterpretazione critica dominante, fatta propria dalla maggior parte
degli studiosi che abbiano recentemente affrontato il problema, e che
un tale archetipo, in una fase più meno «alta», tendono comunque a
ricostruire56. Ora io non vorrei peccare di presunzione, ma ritengo che
anche questa communis opinio si fondi in realtà su presupposti non del
tutto esatti, e presenti nel suo complesso aspetti così poco persuasivi
da indurre a metterne in dubbio Tintera validità. È ovvio però, a que-
sto punto, che il ricorso all'analisi delle fonti antiche non basta più da
solo a fornirci le indicazioni di cui abbiamo concretamente bisogno; e
per poter esprimere un giudizio adeguato, la nostra indagine va trasfe-
rita su un altro piano, ed estesa ai dati che ci vengono offerti dalla
tradizione manoscritta medievale.

56. Un'eccezione che ritengo tanto significativaquanto ignorataè costituitadal breve


articolo di J. A. Richmond, Quaeritur quomodo Appendicis Vergilianaepoemata in
unum convenerinty«Riv. Filol. Istr. CI.», 104, 1976, pp. 26-30, per cui ancheA. Permeili
ha parole di approvazione(cfr. Moretum,Pisa 1983, p. 41).

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