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Giovanni Zanoni
4. Difficile peraltro chiarire in che modo tale distico, ammesso che sia autentico, sia
potuto sopravvivere del tutto isolato.
5. Fondati motivi inducono a credere che il testo di Servio a noi pervenuto sia in realtà
solo quello di un'epitome: il che consente di giustificare, almeno in certa misura, le ano-
malie e le sbrigative semplificazioni in esso riscontrabili (cfr. Reifferscheid, Suetonii Reli-
quiae, Leipzig 1860, p. 399; E. Norden, De Vitis Vergilianis, «Rhein. Mus.» 61, 1906, pp.
166-177).
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Virgilio, per noi andato perduto, e che comunque nei codici precede
immediatamente la nostra Vita, egli dichiara di accingersi a scrivere
inspectis fere omnibus ante me qui in Vergilii opere calluerunt (r. 1 ss.,
p. 7 Brummer); in altri termini: utilizzando tutto il materiale critico
che risultava disponibile a riguardo11.
Ora: visto che fa precedere il commento a Terenzio da una biografia
del poeta tratta evidentemente da Svetonio, e per cui anzi egli stesso
afferma in modo esplicito haec Suetonius Tranquillus, niente di più
probabile che Donato si sia regolato analogamente anche nel caso di
Virgilio.
Concludendo: la sua testimonianza sembra quindi da riferire ad
epoca anteriore, verosimilmente cioè già all'inizio del secondo secolo
d.C; ed in questo caso è inutile sottolineare il ben maggiore rilievo
che essa verrebbe ad assumere.
Va ricordata ancora la nota di Nonio Marcello. Se da un lato la
prima metà del quarto secolo resta tuttora datazione tanto approssi-
mativa quanto incerta per l'autore del De compendiosa doctrina12, è
d'altro canto innegabile il peso di una precisa citazione letterale: cita-
zione che basta da sola a rendere estremamente improbabile l'ipotesi,
pure avanzata, della sostituzione di un falso in età tardo-antica13.
Queste le testimonianze principali, che al Culex fanno espressamen-
te riferimento come ad opera autentica.
Nondimeno, riconsiderandole nel loro insieme, mi pare di poter
rilevare una qualche incongruenza. Uno dei punti più controversi è
per esempio quello della data di composizione del poemetto, per cui,
come ci si poteva attendere, già i manoscritti presentano delle oscilla-
zioni: tanto che il Sangallensis 862 e il Bodleianus mss. cah. lat. 51
leggono in questo caso XV, contro il XVII riportato dal Monacensis
lat. 305, e il XVI di tutti gli altri codici contenenti la Vita Donatiana
(AB E PR).
Forse anche da questo fatto più di uno studioso si è sentito autoriz-
zato a correggere la cifra, in modo da evitare la discrepanza cronologi-
ca rispetto a Stazio (Silv. 2,7, 73-74) e a Svetonio (Vita Lucani p. 50
pubblica del Bellum Civile, che vogliono avvenuta alcuni anni più tar-
di, c'è chi ritiene probabile che almeno i primi libri dell'opera siano
stati letti proprio in quell'occasione. In altri termini: i prima ingenii
expérimenta offerti durante le celebrazioni e l'orgogliosa praefatio ri-
cordata da Svetonio andrebbero posti in un rapporto molto stretto, e
quindi quest'ultima collocata nello stesso 60, immediatamente dopo;
data questa che, essendo il poeta spagnolo nato nel 39 d.C, consenti-
rebbe come visto di ricavare per la composizione del Culex, cui ci si
sta paragonando, l'età di 21 anni (cfr. n. 16).
Senonché anche questa tesi viene sostanzialmente smentita dal con-
fronto del succitato passo di Stazio; la cui esegesi, per la verità, riesce a
sua volta tutt'altro che limpida, e ben si presta ad interpretazioni non
meno disinvolte di quelle riscontrate per Donato, oltre che a una serie
di puntigliose precisazioni da parte di parecchi filologi.
Anderson ad esempio faceva notare, peraltro giustamente, che i ver-
si di Stazio non rappresentano certo un modello di ordine nell'esposi-
zione cronologica delle varie opere di Lucano20. E vivaci discussioni
sono sorte anche sull'esatto significato da attribuire alle espressioni
haec e canes del v. 73: tanto che, secondo alcuni studiosi, il pronome
dimostrativo dovrebbe comprendere tutti i soggetti poetici menzionati
a partire dal v. 54. Ipotesi che io trovo eccessiva, perché il sostantivo
iuvenis porta ad escludere le opere (Iliacon, Catachtonionf Neronis
Landes, Orpheus) che si sono dette composte teneris in annis, mentre
haec non può che riferirsi al Bellum Civile, l'unico componimento
della coepta ... iuventa del poeta21.
Riguardo a canes poi, sempre Anderson ritiene che tradurre «cante-
rai, avrai finito di cantare» sia in questo caso «an arbitrary assump-
tion»; a giudizio dello studioso americano invece nulla vieta di inten-
dere «starai cantando», per cui i vv. 73-74 significherebbero in sostan-
za: «Thou shalt be singing of thèse thèmes even at thè dawn of thy
young manhood, before thè age at which Maro wrote thè Culex». Con
il che si ricade evidentemente nel problema iniziale: perché, stabilito
che almeno parte del Bellum Civile fu pubblicata alcuni anni prima
della morte del poeta, resta aperta la possibilità di riportarsi all'indie-
20. W.B. Anderson, Statius and thè date of thè Culex, «Class. Quart.» 10, 1916, pp.
225-228. L'autore rileva, ad esempio, che il De incendio Urbis, cui si fa riferimento ai w.
60-61, non può evidentemente essere anteriore al 64 d.C, quando è verosimile che fosse
non si arriva a parlare che
già stato composto quasi per intero il Bellum Civile, del quale
ai w. 65 ss. D'altro canto, penso che pretendere da Stazio ordine e precisione sia qui fuori
con tono appassiona-
luogo: si tratta di libera rielaborazione poetica, condotta per di più
tamente elogiativo per l'eccezionale fertilità e precocità della produzione letteraria del
dal desiderio di
giovane Lucano: eventuali anacronismi possono quindi essere giustificati
enfatizzare il valore della più importante fra le sue opere.
21. Si osservi come un ulteriore elemento di separazione tra le prime e il secondo sia
costituito dall'avverbio mox. Cfr. Anderson, art. cit. pp. 226 ss.; Rostagni, op. cit. pp. 87
ss.
152 Giovanni Zanoni
22. Lo studio che meglio puntualizza i rapportifra la nostra Vita Donati e l'originale
Vita di Svetonio è ancoraquello di K. Buechner,op. cit., pp. 1022-1024.
Testimonianze antiche sul Culex 153
un altro di questi argomenti, quello che ritengo fra tutti il più difficile
da eludere.
Si è già detto di come a favore dell'autenticità del Culex le attesta-
zioni esterne siano relativamente numerose. Orbene, se ci spostiamo
sul terreno delle possibili imitazioni letterarie o, in relazione all'elenco
fornito da Svetonio-Donato, consideriamo i minora nel loro insieme,
dobbiamo constatare che la situazione cambia radicalmente: nella tra-
dizione antica YAppendix sembra scomparire nel nulla. Componimen-
ti minori sì, e da Virgilio rinnegati, ma pur sempre dedicati a personag-
gi potenti24, e forse circolanti fra gli intimi del poeta: non può quindi
non stupire che poemetti ampi anche alcune centinaia di versi ciascuno
non si citino per una sola parola, salvo il Culex, in un solo caso25, da
Nonio: come inesistenti! E di una raccolta di quattordici carmi, il Ca-
talepton, che sembra recare in calce il suggello d'autenticità di Vario26,
i segni di vita di riconoscimento si riducono, a parte un accenno di
Quintiliano, ad Ausonio (di nuovo per Cat. 2), Mario Vittorino (che
pare rifarsi ad altra fonte, per lui poco sicura) e Terenziano Mauro
(senza il nome dell'autore)27.
Questo è tutto: e per un poeta come Virgilio, di cui praticamente
ogni verso emistichio è addotto, studiato, copiato per l'arte, per la
grammatica, per la retorica, non mi sembra davvero gran cosa: se si
eccettuano il Culex e pochi altri versi del Catalepton, di tutto ciò che
noi conosciamo come Appendix Vergiliana28 non pare esservi traccia
fino al quarto secolo.
Anzi, per dovere di completezza, come si sono riportate le testimo-
nianze esistenti a favore dell'autenticità dei minora, credo sia giusto
addurre anche quelle che tale autenticità sembrano smentire, almeno
non confermare. Il primo a dover essere menzionato è Virgilio stesso
che suggella il finale delle Georgiche con un omaggio al potente pro-
tettore e un accenno alla propria vita e produzione letteraria passata:
24. Cfr. Don. Vita Vergila rr. 153-155, p. 9 Brummer; A. Rostagni, op. cit. passim.
25. Personalmente non conosco altre citazioni di un qualche rilievo; ed anche eventuali
riprese imitazioni in autori più tardi restano sempre così generiche e opinabili, da non
costituire in alcun modo una prova decisiva.
26. Tale la communis opinio degli studiosi intorno a Cat. 15 (o 14a); si veda in particola-
re il v. 3: illius haec quoque sunt divini elementa poetae...
27. Cfr. Quint. Inst. Or. 8, 3, 21 : Nee minus noto Sallustius epigrammate incessitur ... in
quam mirifice Vergilius: Corintbiorum amator iste verborum... (Cat. 2); peraltro non
saprei dire se l'avverbio usato denoti qui reale ammirazione, non piuttosto incredula
sorpresa.
Cfr. Aus. 12, 14, 5 ss., p. 176 Peiper (Catalepta Maronis); Mar. Vict. GL VI 137, 24 ss.
K. (...ut aiunt fecisse Vergilium nostrum iambico epigrammate: Thalassio.. I Cat. 12,9);
Ter. Maur. GL VI 396, 2376 ss. K./ Cat. 10.
28. Si noti che tale denominazione compare per la prima volta solo nella succitata edi-
zione di Giuseppe G. Scaligero, stampata a Lione nel 1573 (cfr. n. 14).
Testimonianze antiche sul Culex 155
17, 20), il quale, a proposito della declinazione dei nomi greci, sottoli-
nea che Virgilio omnia carmina sua Graece maluit inscribere: Bucolica,
Georgica, Aeneis, cuius nominis figurano a régula latinitatis aliena est.
«Tutte le sue opere»: di altri componimenti, come si vede, nessuna
menzione.
Ancora un'osservazione: tra le biografie virgiliane a noi pervenute,
ve ne sono alcune che, pur meno ampie, sembrano però indipendenti
da quelle di Donato e Servio29; ebbene: nessuna fra queste accenna a
minora di sorta.
Del resto, anche Servio appare in contraddizione con se stesso,
quando nello scolio ad Bue. 9, 18 afferma: Vergilius autem ilio tempo-
re (se. ante Bucolica) nondum aliquid scripserat. Esclusa l'ipotesi che le
operette dell3'Appendix siano state composte dopo le Bucoliche3?, si
potrà obbiettare che il verbo scribere è usato qui da Servio nell'acce-
zione più specifica di «scrivere per la pubblicazione» senza tenere
quindi conto di eventuali, meno soddisfacenti esperimenti giovanili. Il
che può essere vero: ma altrettanto scontato allora è far notare come il
termine che introduce l'elenco di tali iuvenilia nella biografia sia il
medesimo: scripsit etiam..» (Serv. Vita Verg. 14, p. 69 Brummer).
Ci si muove evidentemente su un terreno delicato; ma si può perlo-
meno affermare che, in un caso nell'altro, la formulazione di Servio
lascia molto a desiderare sotto il profilo della chiarezza e della preci-
sione: a mio avviso un'incongruenza tutt'altro che banale, come si avrà
modo di rilevare più oltre.
Persino imbarazzante mi pare infine il fatto che Diomede, discuten-
do di retorica, osservi: Priapeum quo Vergilius in prolusionibus suis
usus fuit, tale est: incidi patulum in specum procumbente Priapo (GL I
512, 27 K.). Un verso quindi il cui metro è certo usato nel terzo dei
nostri Priapea, ma che tuttavia in sé non ricorre né in esso, né in alcun
altro componimento dell1Appendix. Ora, si può pensare che si tratti di
un semplice 'esempio-standard', riportato qui per definire un partico-
lare tipo di struttura metrica: una consuetudine che doveva essere dif-
fusa fra i grammatici antichi. Ma d'altra parte non so come dar torto a
chi volesse desumerne l'esistenza magari di Prolusiones virgiliane per
noi perdute, e quindi di una collezione di minora originariamente più
ampia di quella che ci è pervenuta.
Lascerei per il momento da parte tale inquietante ipotesi, per torna-
re a fare il punto di quella che considero la questione più importante:
se si eccettuano le testimonianze di primo secolo31 relative al Culex e
29. Si veda, ad esempio, la seconda Vita di Filargirio (per un'analisi più approfondita
del problema cfr. H. Naumann, op. cit. pp. 374 ss. e passim).
30. Dopo Scaligero (cfr. op. cit. p. 266), l'unica a considerare possibile questa eventuali-
tà rimane M. Schmidt (op. cit. p. 15, cfr. . 17).
3 1. Peraltro intendo dimostrare più oltre come anche per queste una valutazione critica
risulti in effetti tutt'altro che univoca.
Testimonianze antiche sul Culex 157
poche altre citazioni isolate per alcuni Catalepta, dei vari carmi del-
YAppendix non abbiamo nessuna notizia fino alla scarna lista inclusa
nella biografia di Donato; e, per quanto ci consentono di appurare le
fonti a nostra disposizione, sino al quarto secolo non c'è alcuna prova
che, quand'anche esistenti e circolanti, essi venissero considerati virgi-
liani: anzi, abbiamo semmai indicazioni contrarie.
Ora, a me piace credere che in merito Svetonio non sapesse né più
né meno dei suoi contemporanei ed immediati successori; ed è quindi
chiaro il problema che si pone quando si voglia spiegare tale grave
discrepanza: da dove deriva, su quali basi fu redatta e, soprattutto, da
chi fu scritta realmente la lista dei minora}
La risposta è altrettanto ovvia, e credo non sia stato difficile intuirla
già da tempo: il fatto assodato che la Vita Vergilii di Donato derivi nel
suo insieme da Svetonio non esclude affatto a-priori la possibilità che
un asciutto catalogo di opere minori potesse essere inserito in seguito
nel testo originale. In altri termini: il nucleo svetoniano può benissimo
essere stato in qualche modo alterato, ridotto magari, ma anche inter-
polato ed ampliato proprio da Donato, sulla base, come egli credeva,
della sua migliore conoscenza e più ricca documentazione. Questa è
una considerazione dettata da comune buon senso, e che vale qui come
in qualunque altro caso di tradizione manoscritta di un testo; ma a
riprova della sua validità vorrei aprire una parentesi, perché mi pare
indicativo far rilevare ciò che proprio dei minora donatiani avviene
nelle biografie e nelle liste seguenti.
La Vita Servii adotta sostanzialmente l'elenco di Donato, ma ne
modifica l'ordine, aggiunge la Copa e non esprime dubbi sull'autenti-
cità deìì'Aetna; la Vita Phocae menziona solo il Culex; le altre biogra-
fie, come si ricordava dianzi (cfr. n. 29), tacciono in senso assoluto; nel
catalogo del monastero di Murbach (saec. IX), che resta documento
tanto fondamentale quanto delicato per l'intera questione dell'Appen-
dix, la lista degli iuvenilia virgiliani corrisponde a quella di Servio, ma
si aggiungono il Moretum e le Elegiae in Maecenatem, mentre si per-
dono gli Epigrammata; per contro la Vita Vulgata (o Donatus Auc-
tus32), pur conservando questi ultimi, non menziona però Catalepton
e Ciris.
Si potrebbe continuare, ma il concetto mi pare già abbastanza chia-
ro: qualunque catalogo come questo è, per sua natura, aleatorio ed
esposto sia ad inserzioni che ad omissioni, per singole parti nel suo
insieme.
Ma torniamo a noi: a me sembra che tutte le considerazioni fatte
sino a questo punto ci autorizzino, con buona pace di Naumann33, a
32. Per il testo: E. Diehl, Die Vitae Vergilianaeund ihre antiken Quellen, Bonn 1911;
cfr. K. Buechner,op. cit. p. 4 = RE Vili A 1, 1024.
33. Cfr. op. cit. pp. 370 s. Secondo lo studioso tedesco, le inserzionidi Donato nell'ori-
158 Giovanni Zanoni
ginale nucleo svetoniano si lascerebbero individuare con sicurezza solo nel caso dell'epi-
gramma di Sulpicio (rr. 141-148, pp. 8-9 .); ma la sua analisi del testo pure apprezzabile
per altri aspetti, mi sembra su questo punto legata ad una prudenza davvero eccessiva.
34. Cfr. F. Leo, Culex: carnieri Vergilio ascriptum..., Berlin 1891, p. 18; E. Norden, art.
cit. pp. 166-177 (167 s.); E. Diehl, op. cit. p. 13; con analisi linguistiche e fraseologiche
anche K. Bayer, Der Suè tonisch e Kern und die spaeteren Zusaetze der Vergil-Vita, Diss.
Muenchen 1952, pp. 134-142.
35. Per un esame più approfondito si veda anche: R.M. Geer, Non-Suetonian passages
in thè Life f Vergii, «Trans. Amer. Phil. Ass.». 57, 1926, pp. 107-115.
36. Nel Th. I.L. gli unici esempi awicinabih a questo sono: Varr. Men. 496 B.; Carm.
Epigr. 1541, 3; Nep. Ham. 3, 1 e Liv. 21, 1,4 (ma gli ultimi due si riferiscono allo stesso
episodio, e devono derivare da una fonte comune).
Testimonianze antiche sul Culex 159
versi; nemmeno per le opere maggiori egli fa nulla del genere45: perché
dunque tali vistose anomalie?
Le spiegazioni possibili sono diverse; ma io non credo di sbagliare
di molto, né tutto sommato di spingermi troppo avanti nel campo
delle ipotesi, se provo ad interpretare il comportamento di Donato nel
suo insieme, ed in particolare per la sezione della biografia relativa ai
carmi minori di Virgilio, nel modo seguente: Donato non riassume, né
cita dal corpus principale di Virgilio semplicemente perché farlo sareb-
be stato superfluo per testi così famosi (in questo caso egli tende piut-
tosto ad esporre dati circostanziali interessanti e ad essi attinenti); al
contrario egli riassume e cita dal Culex perché questo era componi-
mento tale da suscitare curiosità, in quanto riconosciuto come opera
giovanile del poeta nel primo secolo d.C.46, ma probabilmente ancora
poco noto. Nonostante le attestazioni di epoca flavia, infatti, sembra
chiaro in base alle testimonianze ricordate precedentemente, meglio
alla loro carenza, che nei secoli successivi il Culex doveva essere dive-
nuto così poco familiare come qualunque altro carme dell3'Appendix.
Riaffiora, per così dire, solo con Nonio Marcello - nel quarto secolo
- quando cominciano di nuovo a trovarsi tracce anche degli
quindi
altri minora47: ma questa, a parte le Vitaey è Tunica menzione che ne
abbiamo. Dobbiamo perciò presumere che la conoscenza del poemet-
to, e certamente la conoscenza del testo, rimase tornò ad essere rara.
Il sunto quindi che, come credo di aver dimostrato, sarebbe risultato
ozioso all'epoca di Svetonio, si giustifica molto meglio in un contesto
storico-culturale più tardo: Donato non fa che offrire tutti i ragguagli
che può su una operetta in qualche modo prestigiosa, ma che ai suoi
tempi doveva essere quasi sconosciuta, e comunque non facilmente
accessibile.
Da dove poteva trarre tali informazioni? Tutte le considerazioni
fatte in precedenza mi pare tendano ad escludere che egli conoscesse il
Culex per averlo letto personalmente; al contrario non trovo irragio-
nevole supporre che attingesse come fonte proprio alla tradizione sco-
lastica, raccogliendo quanto poteva dalle opere di precedenti commen-
tatori e grammatici, che a iuvenilia virgiliani potevano aver accennato
a vario titolo, magari anche solo per esprimere riserve in merito.
Su questa linea mi sembra si possa collocare ad esempio anche la
nota di Nonio (312,25 Lindsay); e del resto si è già osservato come le
45. Difficilmente il paragrafo 21 (cfr. 74-78, pp. 5-6 Brummer) può essere considerato
un riassunto deWEneide; mentre citazioni come Me ego qui... (cfr. 42) e le parodie delle
Egloghe sono ovviamente casi particolari.
46. Meglio sarebbe specificare nella seconda metà di tale secolo: perché anche questo
dato cronologico non pare casuale.
47. li grammatico Cansio (UL 1 63, 1 1 iv. = ny d JöarwicK/attesta cne Virgilio incuoio
un suo scritto Cupa - cfr. Nemes. Ed. 6,46.
164 Giovanni Zanoni
52. Si vedano in particolare: C. Henry, The language of thè Culex, Stanford Univ.
1927; R. B. Steele, Authorship of thè Culex, Nashville 1930, pp. 38 ss.; E. Paratore,
Lucrezio e il Culex, «La parola del passato» 2, 1947, pp. 192-202.
53. Cfr. D. Van Berchem, La publication du De rerum natura, «Mus. Helv.» 3, 1946,
pp. 26-39.
54. Ostacolo ancora più grave resta, a giudizio di vari studiosi, quello di spiegare come
l'enorme divario poetico che separa il Culex dalle Bucoliche avrebbe potuto essere col-
mato nell'esiguo spazio di un paio d'anni (cfr. rr. 66 ss., p. 5 B.).
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