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LA VISIONE STEREOSCOPICA

La fotogrammetria, nel percorso che conduce al rilievo dell’oggetto, fa uso di un principio che è
detto VISIONE STERESCOPICA; in particolare è detta VISIONE STEREOSCOPICA DIRETTA o
naturale il fenomeno ottico-fisico che consente la formazione, sulle retine dell’occhio umano, delle
due immagini dell’oggetto osservato, e il successivo fenomeno della loro trasmissione e
interpretazione tridimensionale da parte di quel potente elaboratore che è il cervello umano.

La presenza di due centri di proiezione coincidenti con le pupille, posizionati ad una determinata
distanza interpupillare (55mm÷75mm) che viene chiamata base stereoscopica, e la conseguente
visione di ciascun oggetto osservato da due punti di vista diversi, consente di valutare la differente
distanza di due punti dell’oggetto, tridimensionale, dal punto di osservazione (senso della
profondità o sensazione del rilievo).
Questa capacità prende il nome di SENSIBILITÀ STEREOSCOPICA ed essa non si verifica in
qualsiasi situazione, ma è funzione della distanza dell’oggetto dai due centri di proiezione, o meglio
dipende dal rapporto tra la distanza interpupillare (base stereoscopica) e tale distanza.

La fig. 20 illustra come


l’occhio umano valuta la
differenza tra gli angoli
parallattici e per
stabilire che il punto R è
più vicino del punto P. α
Quando la differenza tra la ∆
distanza dal centro di
proiezione di due punti è
α+δ
ridotta ( DPQ), gli angoli
parallattici tendono a
confondersi e non si ha più
la sensazione stereoscopica. β
Per aumentare la
sensibilità, si utilizza
l’artificio di incrementare la
base stereoscopica.

Figura 20

Dalla visione stereoscopica diretta si passa alla VISIONE STEREOSCOPICA INDIRETTA quando
si fotografa l’oggetto da “due punti di vista diversi” (siamo nel caso tipico della fotogrammetria).
M ontando i due fotogrammi in una strumentazione atta a permettere a ciascun occhio la visione di
un fotogramma (cioè l’occhio sinistro osserva il fotogramma sinistro e l’occhio destro osserva il

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fotogramma destro) il cervello umano interpreta le due visioni differenti come visione stereoscopica
indiretta tridimensionale.
Lo strumento più semplice per la visione stereoscopica indiretta è lo stereoscopio.
Tali strumenti possono essere semplici o a riflessione (fig. 21), consentono, tramite lenti e/o
specchi, l’osservazione indipendente dei due fotogrammi, ed in questo modo producono l’effetto
tridimensionale dell’oggetto osservato.

Figura 21 – Schema di stereoscopio: a sinistra quello


semplice, a destra quello a specchi

La base di osservazione dei due fotogrammi è incrementata per effetto dei sistemi di ingrandimento
sino ad ottenere la sensibilità stereoscopica ottimale.
La precisione stereoscopica è influenzata dall’angolo di acuità stereoscopica che è l’angolo minimo
che sottende due punti posti sul medesimo piano ancora distinguibili; negli strumenti
fotogrammetrici i sistemi ottici consentono di ridurre tale limite sino a 20” sessagesimali.
Per ottenere la visione stereoscopica non è sufficiente la condizione di osservare indipendentemente
le immagini; negli stereoscopi infatti viene ricercata una particolare posizione dei fotogrammi tale
da consentire che le immagini che si formano sulle due retine siano analoghe a quelle che si
sarebbero viste con gli occhi posti in corrispondenza dei punti di presa.(vedi fig. 22)
Sulla visione stereoscopica indiretta si basano pertanto tutte le operazioni di orientamento della
coppia di fotogrammi (che analizzeremo nel prossimo paragrafo) e la successiva esplorazione del
modello ottico virtuale, conseguente a tali operazioni.
Figura 22 – Relazione tra prese aerofotogrammetriche e modello per l’osservazione stereoscopica

Ricoprimento stereoscopico
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