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I
di Dionisio Candido n un’epoca cruciale tra la seconda metà del sec. VII e i primi decenni
del sec. VI a.C., Geremia si trova ad annunciare una parola di Dio dura
e senza deroghe. Ancora una volta, la profezia biblica si inserisce prepo-
tentemente nella storia umana per orientarla secondo la volontà di Dio.
Quello che un tempo era stato il glorioso regno unito di Davide e Salo-
mone (sec. X a.C.) è ormai ridotto alla piccola regione meridionale della Giu-
dea. E ora anche questa è seriamente minacciata dalla potenza internazionale
in auge: quella dei Babilonesi. Geremia svolge la sua attività profetica duran-
te il regno degli ultimi re o governatori di Giuda (cf. Ger 1,1-3). A costoro ri-
serva giudizi differenziati: Giosia (640-609 a.C.: Ger 1-6) è apprezzato come
riformatore religioso, mentre Eliakim chiamato Ioiakìm (609-597 a.C.: Ger
7-20) e Mattania chiamato Sedecìa (597-586 a.C.: Ger 21-25) sono ritenuti
del tutto inadeguati al loro ruolo1.
Gli anni della predicazione di Geremia sono gli ultimi di una monarchia
ormai agonizzante sotto i colpi dell’invasore alle porte: di lì a poco, infatti, i
Babilonesi devasteranno Gerusalemme e ridurranno il territorio di Giuda al
rango di provincia dell’impero.
Nel frattempo, anche a costo della vita, il profeta è invitato a offrire al-
cune fondamentali chiavi di lettura teologiche, perché il popolo comprenda
che, nonostante tutto, la storia umana resta saldamente nelle mani di Yhwh.
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rato e a volte drammatico con Dio: questa relazione personale è determinan- Geremia è
te nella trasmissione di una nuova immagine di Yhwh2. chiamato ad
Così, alla consacrazione divina sin dal grembo materno (cf. Ger 1,5), che
lo titolerebbe a essere il compiaciuto portavoce di Yhwh, Geremia oppone annunciare una
invece un’obiezione: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché nuova immagine
sono giovane» (Ger 1,6; cf. Es 4,103). Inoltre, il contenuto del suo messaggio di Yhwh, come
si preannuncia severo e infausto e, di conseguenza, prevedibilmente sgradito Dio trascendente
ai suoi ascoltatori: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitan-
ti della terra» (Ger 1,14). e libero.
Ma Geremia è chiamato ad annunciare proprio questa nuova immagine
di Yhwh, di primo acchito scomoda ma necessaria e benefica, quella di un
Dio trascendente e libero:
Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti. Tu, dunque,
stringiti la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaven-
tarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro (Ger 1,8.17).
Sin dalle prime battute di quella che si può definire una «biografia
profetica»5, Yhwh si presenta quindi a Geremia come il promotore e il so-
stenitore di un percorso umano che richiede coraggio6: la parola del profeta,
sgradita ma salutare per il suo uditorio, andrà a colpire dritto al bersaglio del-
la falsità, dell’ottusità e dell’indifferenza.
Sedotto e abbandonato?
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Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo
rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? (Ger 12,1).
Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio
cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di con-
tenerlo, ma non potevo (Ger 20,9).
Questo fuoco che arde e brucia ogni timore è la parola di Dio (cf. Ger
23,29). In secondo luogo, Geremia apprende il rispetto del mistero di Yhwh,
mai del tutto confinabile entro le categorie umane. Così la percezione della
lontananza di Dio stimola a una fede che non dipende dalla continua grati-
ficazione sensibile:
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«Geremia sta nel mezzo, tra Dio e gli uomini, in una posizione mediana che non è carat-
terizzata dall’equilibio di ciò che è strettamente legato alla sua missione, ma dal suo essere
sbattuto ora di qua ora di là. Non è simile a una linea intermedia, ma a un pendolo che oscilla
in un ampio spazio esistente tra Dio e gli uomini» (A. von Speyr, La missione dei profeti, Jaca
Book, Milano 2003, 69).
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«La seduzione ha avuto per Geremia il senso di una lotta, in cui Dio ha mostrato la sua forza
e ha prevalso sul profeta» (A. Spreafico, La voce di Dio. Per capire i profeti, EDB, Bologna
20022, 188).
10
Cf. J. Asurmendi, Il profetismo dalle origini ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Cinisello B.
(MI) 1987, 58.
11
«Si profila una nuova immagine di un Dio che sembra addormentato, ma che in realtà
veglia sui suoi disegni per farli riuscire misteriosamente» (J. Auneau, «Geremia», in G. Borgo-
novo [ed.], I profeti e i libri profetici, Borla, Roma 1987, 199-200).
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N el celebre discorso che Geremia tiene alla porta del tempio di Gerusa-
lemme (Ger 7,1-34), forse nel 609 a.C., c’è un ulteriore forte richiamo
a intavolare un rapporto maturo con Yhwh, soprattutto quando c’è di mez-
Nel profeta c’è
un forte richiamo
zo il culto. Le parole che il profeta riferisce sono quelle di un Dio irritato, per- a intavolare un
ché non sopporta falsità e manipolazioni. rapporto maturo
Anche in questo caso, Geremia nasconde tra le pieghe delle parole una ve- con Yhwh,
na di caustica ironia. Secondo il solo testo ebraico, il profeta si rivolge a «voi soprattutto quando
tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore» (Ger 7,2).
Di questi frequentatori abituali del tempio non tutti però possono vantare di c’è di mezzo il
abitarvi stabilmente e degnamente. Perché questo sia possibile si richiede di culto.
assolvere a una condizione:
Così dice il Signore degli eserciti, il Dio d’Israele: «Rendete buona la vostra con-
dotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo» (Ger 7,3).
I l compito del profeta è dunque quello di affermare la parola di Dio con co-
raggio, rispettando il mistero della libertà divina. Si richiede coraggio per
1995, 126.
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Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgen-
te di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non tratten-
gono l’acqua. […] La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti punisco-
no. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo
Dio, e non avere più timore di me (Ger 2,13.19).
Perché il mio popolo dice: «Siamo liberi, non verremo più da te»? Il mio popolo
mi ha dimenticato (Ger 2,31b.32b).
L a delusione del Dio biblico si trasforma presto in una vera e propria lite
d’amore. Idealmente Yhwh convoca il popolo per metterlo di fronte al-
la responsabilità delle sue infedeltà all’alleanza (cf. Ger 2,35). Si tratta di quel
complesso genere letterario che gli esegeti indicano con il termine ebraico rîb.
In esso due parti si incontrano e si scontrano alla pari: una delle due accusa
l’altra di aver subito un torto, con lo scopo del suo ravvedimento e di una ri-
conciliazione finale.
Yhwh intavola, ad esempio, un rîb durissimo contro Gerusalemme in Ger
2,1-19 (cf. Ger 21,11-23,40). In questi contesti, le parole di Yhwh appaio-
no molto severe, forse proprio a motivo dell’amore che le sottende: «Io stes-
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so combatterò contro i voi con mano tesa e braccio potente, con ira, furore e
grande sdegno» (Ger 21,5). Sulla stessa linea si pone anche il gesto simbolico
della cintura di lino di Ger 13,1-11: per quanto Yhwh lo abbia voluto vicino
a sé, il popolo si è definitivamente allontanato e corrotto con l’idolatria, sino a
diventare inservibile come una cintura immersa per troppo tempo nell’acqua15.
Il tono della minaccia divina rientra nello stile profetico dell’ammonizio-
ne veemente dettata dall’amore. L’atteggiamento di Dio, infatti, è quello tipi-
co di chi non si arrende all’infedeltà dell’altro e non si accontenta di un’ade-
sione superficiale: Yhwh cerca di raggiungere il cuore del popolo16, ne scruta
le intenzioni e le azioni (cf. Ger 12,3; 17,10; 20,12). L’ultima parola pertan-
to è legata a quel tipo di amore maturo, che non si stanca di dare una nuo-
va occasione all’amato: l’ira di Yhwh non sarà dunque eterna (cf. Ger 3,12).
Un pianto segreto
N ella prima parte del libro di Geremia (Ger 1-25) risuona, quindi, forte la
minaccia concreta della fine imminente: la distruzione di Gerusalemme
(586 a.C.) e la conseguente deportazione di parte della popolazione in Babi-
In Ger 1-25
risuona forte la
minaccia della
lonia. Probabilmente ispirandosi alla lettura che ne fa la scuola deuteronomi-
stica, il profeta vede in questi eventi una punizione divina senza appello (cf. distruzione di
Ger 7,16-20; 8,1-3; 15,1-9; 18,11). Gerusalemme e
Di certo, però, il Dio di Geremia non sembra mai compiacersi di questo la conseguente
triste destino del suo popolo e la sua ira non sembra affatto definitiva (cf. Lam
deportazione in
5,22; Sal 85,6). Più tardi, infatti, confesserà:
Babilonia.
Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni vol-
ta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si
commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza (Ger 31,20).
Non a caso mostrerà affetto anche per quanti si troveranno esiliati in terra
straniera (cf. Ger 24,1-10; 29,1-23). Non si sopisce la fede nel Dio creatore,
perché come dà la vita e la rinnova continuamente alla sua creazione (cf. Ger
2,37; 3,16-17; 5,21ss; 8,7; 10,11ss; 12,14; 14,22; 16,19; 18,1-10; 22,6), co-
sì saprà dare anche nuova vita al popolo in ambasce. Lo si evince, ad esempio,
dalla visione del vasaio al tornio: questi non smette di riprovare sinché dalle
sue mani non esce l’opera di cui compiacersi (cf. Ger 1,1-12). Yhwh non si
stanca di essere sorgente di acqua viva (Ger 2,13; 17,13), presso cui il popo-
lo può affondare le sue radici (Ger 17,8; cf. Sal 1,3). Ma ora è tempo solo di
piangere su Gerusalemme e sul cuore ostinato della sua gente:
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Dionisio Candido
Responsabile del Settore apostolato biblico
dell’Ufficio Catechistico Nazionale
ISSR «S. Metodio» (Siracusa)
nisi.candido@email.it
17
Talmud Babilonese, Mishna, II Ordine Moèd, XII Trattato Chagigah.
18
Cf. A. Mello, La passione dei profeti, Qiqajon, Magnano (BI) 2000, 119.
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A. Heschel, Il messaggio dei profeti, Borla, Roma 1993, 9.
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