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IL PATHOS DI DIO.

Una lettura teologica di GER 1-25


Dei cc. 1-25 del libro di Geremia si è soliti sottolineare gli annunci di
sventura, dettati quando la condanna divina per i misfatti e le infedeltà
del popolo sembra imminente e inevitabile. Così, si rimanda semplicemente
alla seconda parte (cc. 26-52) il tema della consolazione. In realtà, già
la prima parte del libro, insieme con l’accorato appello alla conversione,
svela l’affetto profondo di Yhwh per i suoi.

I
di Dionisio Candido n un’epoca cruciale tra la seconda metà del sec. VII e i primi decenni
del sec. VI a.C., Geremia si trova ad annunciare una parola di Dio dura
e senza deroghe. Ancora una volta, la profezia biblica si inserisce prepo-
tentemente nella storia umana per orientarla secondo la volontà di Dio.
Quello che un tempo era stato il glorioso regno unito di Davide e Salo-
mone (sec. X a.C.) è ormai ridotto alla piccola regione meridionale della Giu-
dea. E ora anche questa è seriamente minacciata dalla potenza internazionale
in auge: quella dei Babilonesi. Geremia svolge la sua attività profetica duran-
te il regno degli ultimi re o governatori di Giuda (cf. Ger 1,1-3). A costoro ri-
serva giudizi differenziati: Giosia (640-609 a.C.: Ger 1-6) è apprezzato come
riformatore religioso, mentre Eliakim chiamato Ioiakìm (609-597 a.C.: Ger
7-20) e Mattania chiamato Sedecìa (597-586 a.C.: Ger 21-25) sono ritenuti
del tutto inadeguati al loro ruolo1.
Gli anni della predicazione di Geremia sono gli ultimi di una monarchia
ormai agonizzante sotto i colpi dell’invasore alle porte: di lì a poco, infatti, i
Babilonesi devasteranno Gerusalemme e ridurranno il territorio di Giuda al
rango di provincia dell’impero.
Nel frattempo, anche a costo della vita, il profeta è invitato a offrire al-
cune fondamentali chiavi di lettura teologiche, perché il popolo comprenda
che, nonostante tutto, la storia umana resta saldamente nelle mani di Yhwh.

Un avvio shockante? Niente paura…

L a vicenda umana e religiosa di Geremia inizia durante il regno di Giosia


con un dialogo carico di tensioni (cf. Ger 1,4-19), la cui eco si espande-
rà in tutta la sua missione profetica. Geremia non è soltanto un profeta che
richiama alla fedeltà all’alleanza tradizionale (cf. Ger 11,10; 14,21), ma è so-
prattutto un uomo che vive sulla propria pelle la dinamica di un rapporto ser-
1
  «Pochi profeti vissero come lui un’età di cambiamenti tanto profondi. Poté contare su uno dei
migliori monarchi della storia di Giuda, Giosia, e dovette subire una serie di re marionette,
canaglie o codardi» (J.S. Sicre Diaz, Profetismo in Israele. Il profeta, i profeti, il messaggio,
Borla, Roma 1995, 540-541).

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rato e a volte drammatico con Dio: questa relazione personale è determinan- Geremia è
te nella trasmissione di una nuova immagine di Yhwh2. chiamato ad
Così, alla consacrazione divina sin dal grembo materno (cf. Ger 1,5), che
lo titolerebbe a essere il compiaciuto portavoce di Yhwh, Geremia oppone annunciare una
invece un’obiezione: «Ahimè, Signore Dio! Ecco, io non so parlare, perché nuova immagine
sono giovane» (Ger 1,6; cf. Es 4,103). Inoltre, il contenuto del suo messaggio di Yhwh, come
si preannuncia severo e infausto e, di conseguenza, prevedibilmente sgradito Dio trascendente
ai suoi ascoltatori: «Dal settentrione dilagherà la sventura su tutti gli abitan-
ti della terra» (Ger 1,14). e libero.
Ma Geremia è chiamato ad annunciare proprio questa nuova immagine
di Yhwh, di primo acchito scomoda ma necessaria e benefica, quella di un
Dio trascendente e libero:

Questa manifestazione non è la manifestazione di un Dio familiare, con cui si man-


tengono rapporti regolari in luoghi predeterminati e in momenti predeterminati;
a parlare qui è un Dio inafferrabile, irregolare, sorprendente, travolgente, sovrano4.

Si può immaginare il senso di inadeguatezza e il timore di Geremia di fron-


te a un compito così delicato. Ma Yhwh non ammette compromessi. Piut-
tosto, offre una vicinanza per superare l’angoscia che può subentrare in chi è
fedele alla vocazione profetica:

Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti. Tu, dunque,
stringiti la veste ai fianchi, àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò; non spaven-
tarti di fronte a loro, altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro (Ger 1,8.17).

Sin dalle prime battute di quella che si può definire una «biografia
profetica»5, Yhwh si presenta quindi a Geremia come il promotore e il so-
stenitore di un percorso umano che richiede coraggio6: la parola del profeta,
sgradita ma salutare per il suo uditorio, andrà a colpire dritto al bersaglio del-
la falsità, dell’ottusità e dell’indifferenza.

Sedotto e abbandonato?

M a non sempre Geremia sentirà Yhwh vicino e incoraggiante. Nei bra-


ni che vengono tradizionalmente chiamati Confessioni7 (Ger 11,18-23;
2
  «Nell’incontro immediato di Geremia con Dio l’idea tradizionale di Dio assume una nuova
attualità in forza del rapporto diretto con le persone e col momento storico» (A. Weiser, Gere-
mia. Capitoli 1-25,14, Paideia, Brescia 1987, 47).
3
  Sul parallelo tra Geremia e Mosè cf. J.M. Abrego de Lacy, I libri profetici, Paideia, Brescia
1996, 151-153.
4
  M. Buber, La fede dei profeti, Marietti 1820, Genova 20002, 163.
5
  Cf. A. Rofé, Storie di profeti. La narrativa sui profeti nella Bibbia ebraica: generi letterari e
storia, Paideia, Brescia 1991, 126-143.
6
  Cf. B. Costacurta, La vita minacciata. Il tema della paura nella Bibbia, Editrice Pontificio
Istituto Biblico, Roma 1997, 238 nota 111; 273 nota 35.
7
  Una designazione efficace, anche se non condivisa da tutti gli studiosi, come nel caso di J.
Blenkinsopp, Storia della profezia in Israele, Queriniana, Brescia 1997, 168.

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Geremia diventa 12,1-6; 15,10-21; 17,14-18; 18,18-23; 20,7-18) affiorano aspetti inattesi del
emblema di tutte comportamento e della personalità di Dio. Il profeta, infatti, si scontra con
l’incomprensione sino alla persecuzione:
le persone di
fede interiormente Io, come agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che trama-
lacerate, mentre vano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strap-
Dio sembra tirarsi piamolo dalla terra dei viventi» (Ger 11,19).
indietro.
Sorgono così le prime domande taglienti rivolte a Dio:

Tu sei troppo giusto, Signore, perché io possa contendere con te, ma vorrei solo
rivolgerti una parola sulla giustizia. Perché la via degli empi prospera? (Ger 12,1).

In questo modo, il lamento individuale diventa preghiera, anche di rival-


sa di fronte agli empi e ai violenti (cf. Ger 15,15; 17,18; 18,21-23). Tuttavia,
stretto tra uomini ostili e Yhwh silente8, Geremia non nasconde il suo diso-
rientamento, soprattutto perché proprio Dio non gli sembra più degno di fe-
de: «Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti» (Ger
15,18). Con un’altra immagine ardita, paragona ancora Yhwh a un sedutto-
re astuto e mendace, che affascina ma non mantiene l’impegno9: «Mi hai se-
dotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai pre-
valso» (Ger 20,7). Geremia diventa emblema di tutte le persone di fede inte-
riormente lacerate perché coerenti con la parola data10, mentre Dio sembra
tirarsi indietro11.
Eppure, proprio questa situazione consente al profeta di cogliere una dina-
mica di fede nuova. In primo luogo, impara a percepire dentro di sé un amore
più forte del dolore che lo indurrebbe ad abbandonare la missione:

Mi dicevo: «Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!». Ma nel mio
cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di con-
tenerlo, ma non potevo (Ger 20,9).

Questo fuoco che arde e brucia ogni timore è la parola di Dio (cf. Ger
23,29). In secondo luogo, Geremia apprende il rispetto del mistero di Yhwh,
mai del tutto confinabile entro le categorie umane. Così la percezione della
lontananza di Dio stimola a una fede che non dipende dalla continua grati-
ficazione sensibile:
8
  «Geremia sta nel mezzo, tra Dio e gli uomini, in una posizione mediana che non è carat-
terizzata dall’equilibio di ciò che è strettamente legato alla sua missione, ma dal suo essere
sbattuto ora di qua ora di là. Non è simile a una linea intermedia, ma a un pendolo che oscilla
in un ampio spazio esistente tra Dio e gli uomini» (A. von Speyr, La missione dei profeti, Jaca
Book, Milano 2003, 69).
9
  «La seduzione ha avuto per Geremia il senso di una lotta, in cui Dio ha mostrato la sua forza
e ha prevalso sul profeta» (A. Spreafico, La voce di Dio. Per capire i profeti, EDB, Bologna
20022, 188).
10
  Cf. J. Asurmendi, Il profetismo dalle origini ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Cinisello B.
(MI) 1987, 58.
11
  «Si profila una nuova immagine di un Dio che sembra addormentato, ma che in realtà
veglia sui suoi disegni per farli riuscire misteriosamente» (J. Auneau, «Geremia», in G. Borgo-
novo [ed.], I profeti e i libri profetici, Borla, Roma 1987, 199-200).

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Le confessioni rivelano un’esperienza paradossale della presenza di Dio, una pe-


netrazione personale nel mistero. Infatti, se per sperimentare la lontananza di Dio
è presupposta e necessaria la fede, non bisogna dimenticare che la sua vicinanza
non rende le cose più chiare, secondo le parole che lo stesso profeta fa dire a Dio:
«Sono Dio soltanto da vicino e non Dio da lontano?» (23,23)12.

Illusioni e autenticità religiose

N el celebre discorso che Geremia tiene alla porta del tempio di Gerusa-
lemme (Ger 7,1-34), forse nel 609 a.C., c’è un ulteriore forte richiamo
a intavolare un rapporto maturo con Yhwh, soprattutto quando c’è di mez-
Nel profeta c’è
un forte richiamo
zo il culto. Le parole che il profeta riferisce sono quelle di un Dio irritato, per- a intavolare un
ché non sopporta falsità e manipolazioni. rapporto maturo
Anche in questo caso, Geremia nasconde tra le pieghe delle parole una ve- con Yhwh,
na di caustica ironia. Secondo il solo testo ebraico, il profeta si rivolge a «voi soprattutto quando
tutti di Giuda che varcate queste porte per prostrarvi al Signore» (Ger 7,2).
Di questi frequentatori abituali del tempio non tutti però possono vantare di c’è di mezzo il
abitarvi stabilmente e degnamente. Perché questo sia possibile si richiede di culto.
assolvere a una condizione:

Così dice il Signore degli eserciti, il Dio d’Israele: «Rendete buona la vostra con-
dotta e le vostre azioni, e io vi farò abitare in questo luogo» (Ger 7,3).

Limitarsi a frequentare il tempio senza convertirsi significa perpetuare una


menzogna esistenziale, illudendosi che il culto solo esteriore possa condurre
alla salvezza (cf. Ger 7,8-10). Ma soprattutto significa tentare di ingannare
e di controllare Yhwh: il tempio viene infatti usato come una «zona franca»
(cf. Ger 7,11), piuttosto che come luogo che stimola a una vita moralmen-
te migliore. Nell’ottica profetica, infatti, non si può non sincronizzare l’etica
con il culto: «Circoncidetevi per il Signore, circoncidete il vostro cuore» (Ger
4,4; cf. 6,10). Altrimenti, si rischia di pensare di poter manipolare Dio, che
invece resta sempre libero:

L’uomo ha assoluto bisogno di Dio mentre Dio non ha bisogno dell’uomo, né


dei suoi atti di culto (6,20), né di luoghi che gli siano dedicati. […] Il discorso
del tempio sviluppa questo tema in forma violenta e quasi paradossale, rivendi-
cando a Dio la libertà di fronte all’uomo e la sua estraneità ad ogni intrallazzo in
cui una religiosità interessata vorrebbe coinvolgerlo13.

Il retrogusto amaro del peccato

I l compito del profeta è dunque quello di affermare la parola di Dio con co-
raggio, rispettando il mistero della libertà divina. Si richiede coraggio per

  Abrego de Lacy, I libri profetici, 146.


12

  G. Boggio, «Geremia», in B. Marconcini (ed.), Profeti e apocalittici, LDC, Leumann (TO)


13

1995, 126.

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Geremia lascia via della resistenza di quanti dovrebbero essere invece disponibili all’ascolto.
intendere che, Affiora così una certa ironia verso il popolo, che ha sviluppato una compe-
tenza poco invidiabile:
non fidandosi di
Yhwh, il popolo si Il mio popolo è stolto: non mi conoscono, sono figli stolti, non capiscono; sono
esclude dalla vita invece esperti nel male e non sanno fare il bene (Ger 4,22; cf. 5,4-5).
e attira su di sé la
Il profeta non avrà vita facile, perché i suoi ascoltatori si qualificano so-
sciagura.
prattutto per una «durezza del cuore malvagio» (Ger 3,17; 7,24; 16,12), che
può diventare una sorta di propensione strutturale al male14 (Ger 9,12-13).
Questa ostinazione che rende incapaci di ascoltare la parola di Dio condu-
ce all’idolatria, alla riverenza puerile verso surrogati divini, alla soggezione di
fronte a spauracchi inoffensivi (cf. Ger 10,1-10).
Il popolo diventa del tutto sordo a ogni richiamo alla conversione, al ri-
torno a Yhwh (cf. Ger 3,12.14.22; 4,1; 5,3; 6,10; 7,27-28). Ma Geremia va
oltre, lasciando intendere che in questo modo il popolo si esclude dalla vita e
attira su di sé la sciagura. Non fidandosi di Yhwh non solo rischia di perder-
ne l’amicizia, ma si condanna alla continua insoddisfazione:

Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgen-
te di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non tratten-
gono l’acqua. […] La tua stessa malvagità ti castiga e le tue ribellioni ti punisco-
no. Renditi conto e prova quanto è triste e amaro abbandonare il Signore, tuo
Dio, e non avere più timore di me (Ger 2,13.19).

Se solo avesse un po’ di senno, il popolo si accorgerebbe di quanto è ama-


ro il retrogusto del peccato. Insieme con i propri sentimenti di frustrazione,
Geremia rivela anche la passione del Dio biblico, che ama profondamente e
lascia trasparire senza vergogna la sua triste delusione:

Perché il mio popolo dice: «Siamo liberi, non verremo più da te»? Il mio popolo
mi ha dimenticato (Ger 2,31b.32b).

La lite tra amanti

L a delusione del Dio biblico si trasforma presto in una vera e propria lite
d’amore. Idealmente Yhwh convoca il popolo per metterlo di fronte al-
la responsabilità delle sue infedeltà all’alleanza (cf. Ger 2,35). Si tratta di quel
complesso genere letterario che gli esegeti indicano con il termine ebraico rîb.
In esso due parti si incontrano e si scontrano alla pari: una delle due accusa
l’altra di aver subito un torto, con lo scopo del suo ravvedimento e di una ri-
conciliazione finale.
Yhwh intavola, ad esempio, un rîb durissimo contro Gerusalemme in Ger
2,1-19 (cf. Ger 21,11-23,40). In questi contesti, le parole di Yhwh appaio-
no molto severe, forse proprio a motivo dell’amore che le sottende: «Io stes-

  Cf. A. Penna, Geremia, Marietti, Torino-Roma 1952, 22-23.


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so combatterò contro i voi con mano tesa e braccio potente, con ira, furore e
grande sdegno» (Ger 21,5). Sulla stessa linea si pone anche il gesto simbolico
della cintura di lino di Ger 13,1-11: per quanto Yhwh lo abbia voluto vicino
a sé, il popolo si è definitivamente allontanato e corrotto con l’idolatria, sino a
diventare inservibile come una cintura immersa per troppo tempo nell’acqua15.
Il tono della minaccia divina rientra nello stile profetico dell’ammonizio-
ne veemente dettata dall’amore. L’atteggiamento di Dio, infatti, è quello tipi-
co di chi non si arrende all’infedeltà dell’altro e non si accontenta di un’ade-
sione superficiale: Yhwh cerca di raggiungere il cuore del popolo16, ne scruta
le intenzioni e le azioni (cf. Ger 12,3; 17,10; 20,12). L’ultima parola pertan-
to è legata a quel tipo di amore maturo, che non si stanca di dare una nuo-
va occasione all’amato: l’ira di Yhwh non sarà dunque eterna (cf. Ger 3,12).

Un pianto segreto

N ella prima parte del libro di Geremia (Ger 1-25) risuona, quindi, forte la
minaccia concreta della fine imminente: la distruzione di Gerusalemme
(586 a.C.) e la conseguente deportazione di parte della popolazione in Babi-
In Ger 1-25
risuona forte la
minaccia della
lonia. Probabilmente ispirandosi alla lettura che ne fa la scuola deuteronomi-
stica, il profeta vede in questi eventi una punizione divina senza appello (cf. distruzione di
Ger 7,16-20; 8,1-3; 15,1-9; 18,11). Gerusalemme e
Di certo, però, il Dio di Geremia non sembra mai compiacersi di questo la conseguente
triste destino del suo popolo e la sua ira non sembra affatto definitiva (cf. Lam
deportazione in
5,22; Sal 85,6). Più tardi, infatti, confesserà:
Babilonia.
Non è un figlio carissimo per me Èfraim, il mio bambino prediletto? Ogni vol-
ta che lo minaccio, me ne ricordo sempre con affetto. Per questo il mio cuore si
commuove per lui e sento per lui profonda tenerezza (Ger 31,20).

Non a caso mostrerà affetto anche per quanti si troveranno esiliati in terra
straniera (cf. Ger 24,1-10; 29,1-23). Non si sopisce la fede nel Dio creatore,
perché come dà la vita e la rinnova continuamente alla sua creazione (cf. Ger
2,37; 3,16-17; 5,21ss; 8,7; 10,11ss; 12,14; 14,22; 16,19; 18,1-10; 22,6), co-
sì saprà dare anche nuova vita al popolo in ambasce. Lo si evince, ad esempio,
dalla visione del vasaio al tornio: questi non smette di riprovare sinché dalle
sue mani non esce l’opera di cui compiacersi (cf. Ger 1,1-12). Yhwh non si
stanca di essere sorgente di acqua viva (Ger 2,13; 17,13), presso cui il popo-
lo può affondare le sue radici (Ger 17,8; cf. Sal 1,3). Ma ora è tempo solo di
piangere su Gerusalemme e sul cuore ostinato della sua gente:

Se non ascolterete, io piangerò in segreto la vostra superbia; il mio occhio verserà


lacrime, perché sarà deportato il gregge del Signore (Ger 13,17; cf. 8,23; 9,9.17).
15
  Cf. M. Cucca, «Nascosti nella fenditura della roccia. Ger 13,1-11 come parabola dell’atto di
accusa nei confronti di Israele», in M. Cucca - B. Rossi - S.M. Sessa, «Quelli che amo io li accuso». Il
rîb come chiave di lettura unitaria della Scrittura. Alcuni esempi, Cittadella, Assisi 2012, 107-178.
16
  Cf. E. Beaucamp, I profeti d’Israele o il dramma di un’alleanza, Edizioni Paoline, Cinisello
B. (MI) 1988, 149.

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Questa sembra una concessione di
I testi ebraico e greco di Geremia Yhwh al suo profeta, al quale in al-
tri tempi non sarà concesso nemme-
no questo sfogo (cf. Ger 16,1-9; spec.
Il libro di Geremia è giunto sino a noi in due forme vv. 5-6). È un pianto amaro, inconso-
testuali molto diverse: quella ebraica del Testo ma- labile come quello di Rachele, la ma-
soretico (TM) e quella greca della traduzione dei triarca che sa che non rivedrà più i suoi
Settanta (LXX). Le differenze palesi tra TM e LXX sono figli (Ger 31,15). Ma nell’espressione
di due ordini: a) l’ampiezza del testo: il TM è più «pianto in segreto» di Ger 13,17 si cela
forse una nuance inattesa. Il Talmud17,
lungo della LXX di circa un ottavo; b) la disposizione
infatti, registra la tesi dei rabbini secon-
e successione dei capitoli: nel TM gli oracoli contro do cui il termine ebraico mistarim («in
le nazioni sono disposti alla fine del libro (cc. 46- segreto») è un luogo proprio dell’inte-
51), mentre nella LXX si trovano al centro del libro riorità di Dio. In questo caso, il pianto
(dopo Ger 25,13, che li annuncia espressamente) per la fine di Giuda non è del profeta,
e sono disposti secondo una diversa successione.  ma di Yhwh (cf. Ger 9,9): un pianto
che rivela un amore ardente e deluso,
Oggi gli studiosi ritengono che la LXX sia la traduzio-
un rispetto drammatico della libertà
ne di un testo ebraico diverso da quello testimoniato umana.
dal TM. Inoltre, il testo ebraico da cui deriva la LXX Ancora una volta, la parola sia pur
sarebbe il più antico, poi rimaneggiato e ampliato limitata18 del «profeta di Dio» (2Mac
a formare l’attuale TM. Lo confermano i frammenti 15,14), è trasparenza del Dio biblico,
dei rotoli ritrovati in due grotte di Qumran (2QGer che ama con pathos il suo popolo:
e 4QGer). Infine, la posizione degli oracoli contro
Il Dio d’Israele è un Dio che ama, è un
le nazioni della LXX è più omogenea a quella di altri Dio conosciuto dall’uomo, che si occupa
libri profetici (cf. Is 13-27; Ez 25-32), che li collocano dell’uomo. […] Egli non giudica le azioni
dopo gli oracoli contro Giuda e Israele. degli uomini con impassibilità e distacco;
il suo giudizio è pervaso dall’atteggiamento
di colui al quale quelle azioni stanno inti-
mamente e profondamente a cuore. Dio non se ne sta fuori del raggio della sof-
ferenza e del dolore umano. […] Il pathos non denota un’idea di bontà, ma una
viva preoccupazione; non è un esempio immutabile, ma una sfida suprema, un
rapporto dinamico tra Dio e l’uomo19.

Dionisio Candido
Responsabile del Settore apostolato biblico 
dell’Ufficio Catechistico Nazionale 
ISSR «S. Metodio» (Siracusa) 
nisi.candido@email.it

17
  Talmud Babilonese, Mishna, II Ordine Moèd, XII Trattato Chagigah.
18
  Cf. A. Mello, La passione dei profeti, Qiqajon, Magnano (BI) 2000, 119.
19
  A. Heschel, Il messaggio dei profeti, Borla, Roma 1993, 9.

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