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FRANCO CATENARO

Il pensiero politico in Platone


La vita politica come scelta di vita morale

Prefazione di Mario Vegetti

RICERCHE&REDAZIONI

Universjdad de I\-lavarra
Servicio de Bibliotecas
"", Amico mio mirabile, di tutti voi, voi che della giustizia
vi alzate a difinsori, a cominciare dai primi eroi, de! tempo che
fu, i cui discorsi si sono mantenuti fino ai nostri giorni, nessuno
ha condannato !'ingiustizia o lodata la giustizia, quanto piutto-
sto la foma, gli onori, i premi che ne risultano: ma per quella che
è la giustizia in sé, quello che è in sé l'ingiustizia, quello che è il
loro genuino valore nell'anima in cui si trovano, senza che Dei
e uomini le conoscano, nessuno ancora, né in versi né in prosa,
ha esaurientemente e logicamente dimostrato che l'una è di tutti
il male più grave dell'anima, mentre l'altra, la giustizia è il be-
ne più alto dell'anima ... "

(Rep., II, 366 d-367J

Direzione editoriale
GIACINTO DAMIANT

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NICOLA CA'rENARO
Quello Stato in cui il comando è affidato a coloro che
meno di tutti banno il desiderio, sarà per forza il migliore e il
Progetto grafico più felicemente governato ... perché è soltanto in uno Stato simile
BARBARA MARR.AMÀ
che avranno il potere i veri ricchi, non ricchi d'oro ma di virtù e
sapienza, fa ricchezza cioè di chi è veramente felice"
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ISBN 978-88-88925-57-8
Indice

Prefazione, di Mario Vegetti Il


Presentazione, di Nicola Catenaro 15
Introduzione 17

PARTE PRIMA.
LA MAPPA, GLI STRUMENTI 25

l Un criterio nuovo per comprendere Platone


("Le dottrine non scritte") 27
Il dialogo orale o la scrittura? 27
Il mito di Theuth 28
Il discorso che "si scrive con scienza nell'anima" 29
La diffidenza di Platone nei confronti della scrittura 31
rincontro di Platone con Dionisio: le caratteristiche
dei due personaggi 34
Il filosofo non affida tutto il suo pensiero alla scrittura 37
La funzione dell'''ipomnematica'' 38
Il dialogo socratico 39
Lesposizione "globale" di Platone della Scuola di Tubinga 40
La tradizione "indiretta": Aristotele 40

II La crisi della società e la rifondazione filosofica della politica


alla luce del sapere 42
rambiente storico 42
Lonestà e la politica 43
La delusione per la politica 44

Le traduzioni dei dialoghi di Platone, ove non diversamente indicato, sono Platone e la democrazia: lo spirito antidemocratico 46
tratte da Opere politiche di Platone, a cura di F. Adorno, Torino, Utet, 1953. Cronologia degli scritti politici 48
Il Gorgia: la polemica contro la Sofistica 49
La pratica della giustizia 52 III L'educazione dei custodi 98
La missione del filosofo 53 Formazione dell'uomo 98
La dimensione politico-educativa dell' opera di Platone 55 Educazione dell'anima (musica) 99
Educazione fisica (ginnastica) 101
III La Repubblica di Platone è realizzabile? 51
La scelta dei custodi 103
Utopia e realtà della città ideale di Platone 57
La Costituzione proposta è attuabile? 60 IV I difènsori e le altre classi 105
Dalla Repubblica alle Leg-gi 61 Il benessere individuale di ciascuna classe si deve
Il Politico: "l'arte della misura" 61 inserire nel benessere collettivo 105
Le Leggi 61 I limiti dello Stato. Ricchezza e povertà 106
La religione 62 Il problema delle donne e dei figli: leggi sui matrimoni 107
Una nuova filosofia politica 62 V Lo Stato giusto 113
Le quattro virtù 113
PARTE SECONDA. Prudenza 113
LE RADICI, IL PERCORSO 65 Coraggio 114
Temperanza 115
I Alla ricerca del fondamento dello Stato: la giustizia 61
Giustizia 116
La festa al Pireo, l'ambiente e l'incontro di Socrate
con Cefalo 67 VI Valore delle leggi nello Stato giusto 120
Il problema della giustizia e la tesi della tradizione
(Cefalo - Polemarco) 69 VI! I Filosofi Re 125
Trasimaco e l'atteggiamento di Socrate 73 Il filosofo è il solo che possa realizzare lo Stato perfetto 125
L'obiezione di Glaucone e il contrasto Natura-Legge 86 Lobiezione di Adimanto e la risposta di Socrate 128
Giustizia, ingiustizia ed utilitarismo 87 Il Sommo Bene: suo valore e significato 131
Il problema fondamentale della Repubblica 88 Lascesa dal mondo sensibile al mondo intelligibile:
il mito della caverna 133
I! Genesi ed organizzazione dello Stato 92 L educazione del filosofo, perfetto custode dello Stato 137.
Le origini dello Stato 92
Degenerazione di uno Stato 94
VIII Le flrmè degeneri di uno Stato 141
Necessità di difendere lo Stato Lo Stato perfetto e le sue degenerazioni 141
95
I difensori dello Stato La Timocrazia 143
96
LOligarchia 144
Prejàzione
La Democrazia 146
La Tirannide 148

152 La questione del carattere politico della Repubblica, e addirittu-


IX Dalla premessa alle conclusioni
ra quella dell'esistenza di un pensiero politico di Platone, è stata sol-
Immagini dell' Atene democratica: la genesi della tirannide 152
I rapporti tra !'individuo e lo Stato 161 levata negli ultimi decenni da numerosi autorevoli studiosi, soprat-
La vera felicità è quella del sapiente 163 tutto di area anglosassone (Annas, Ferrari, Blossner e altri). Troppo
La felicità dell'uomo giusto e l'infelicità del tiranno 164 radicali le sue proposte - il collettivismo estremo, fino all' abolizione
Il concetto di libertà, come consapevole scelta del proprio della proprietà privata e della famiglia, l'idea illuministica del gover-
destino. Presupposto della felicità dell'uomo (il mito di Er) 171 no di una élite filosofica legittimata dal sapere - per risultare com-
patibili con ciò che oggi si considera l'ambito di un pensiero politi-
X L'educazione allo Stato ideale: la politica e l'uomo politico 116 co ragionevole ed accettabile. Si è dunque ritenuto che l'interesse di
La politica vista attraverso l'esempio dell'arte tessile 176 Platone fosse "socraticamente" rivolto in modo esclusivo all' etica in-
Le costituzioni politiche esistenti, la "vera politica" e la scienza 179 dividuale, alla riforma morale del soggetto, e che la dimensione po-
La legge non scritta e la legge scritta 183 litica avesse tutt' al più un valore metaforico rispetto a questa esigen-
L:uomo politico: "il tessitore" ovvero "l'abile dialettico" 187 za primaria l,

XI Il nuovo Stato e le sue leggi 190 Ora, va detto che negare il nesso fra etica e politica significa a mio
La fondazione del nuovo Stato sul modello avviso distruggere uno dei pilastri portanti di tutto il pensiero plato-
della Repubblica ideale 190 nico, che ha appunto nell' etica e nella politica, oltre che nell' ontolo-
La religione e le leggi a fondamento del nuovo Stato 192 gia e nell' epistemologia, i vertici che vengono instancabilmente esplo-
La famiglia e la proprietà privata 198 rati e messi in comunicazione reciproca dal lavoro dialettico in cui
Le classi del nuovo Stato 205 consiste la stessa filosofia di Platone. La politica senza l'etica, l' ontolo-
Le gerarchie e i capi di Stato 212 gia, l'epistemologia, sarebbe una prassi cieca, una pura gestione inte-
La concezione della donna nel V libro della Repubblica 214 ressata del potere; ma ontologia, epistemologia, etica, private di una
Educazione e politica: principi e finalità 215 proiezione politica, sarebbero agli occhi di Platone una produzio-
Conclusione: ultimo appello di Platone 223 ne teorica inerte, incapace di incidere sulla vita reale degli uomini,
che si svolge sempre in una società, cioè appunto in una dimensione
Bibliografia 227

! Ho ricostruito e discusso questa vicenda esegetica nel mio libro «Un paradigma in cielo»,
Platone politico da Aristotele al Novecento, Roma, Catocci, 2009.

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politica. E il compito ultimo della filosofia è quello di mirare a una dell' azione politica, e di una proiezione politica dei valori morali. Il
vita migliore per gli individui e per la loro comunità: prescindere da mondo attuale è in grado di testimoniare fin troppo bene dei guasti
questa esigenza significa davvero fraintendere l'intenzione di fondo prodotti da una politica senza orizzonti etici, e da un' etica estranea
del pensiero di Platone, che prosegue ed estende per questo aspetto alla politica. Perciò un libro come questo si raccomanda alla lettura
quello del suo maestro Socrate. e alla riflessione di un pubblico ampio, di persone colte come di in-
Uno dei meriti principali della ricerca di Franco Catenaro sta segnanti e studenti, interessato alla lezione che Platone può ancora
appunto nell'aver coerentemente rivendicato la centralità della que- offrire al nostro tempo.
stione politica nel pensiero di Platone, e il nesso costitutivo fra eti-
ca e politica che esso istituisce (come già indica il sottotitolo, La vi- MARIO VEGETTI

ta politica come scelta di vita morale). A questa tesi Catenaro dedi-


ca un' ampia ricostruzione dell' ambiente politico-culturale in cui si
è formato il pensiero di Platone, e un' accurata indagine sulla strut-
tura e la concatenazione dei suoi scritti eminentemente politici, dal
Gorgia alla Repubblica, dal Politico alle Leggi. Ma è la Repubblica cui
va l'interesse principale di Catenaro, che affronta la questione de-
cisiva della realizzabilità del progetto utopico che vi viene delinea-
to. Egli esclude a ragione che il modello della kallipolis sia un mero
"castello in aria", un sogno utopistico senza presa sulla politica rea-
le, pur non attribuendo a Platone la convinzione di una sua piena e
fedele traducibilità nella realtà storica. Si tratta invece, scrive giusta- '
mente Catenaro, della «consapevolezza che uno Stato ideale e giusto
può diventare il modello cui uniformare l'azione politica», appunto
quel "paradigma in cielo" che può e deve orientare la condotta mo-
rale dell'individuo impegnato nella sua comunità.
Gli specialisti potranno certo rilevare nel lavoro di Catenaro aspet-
ti suscettibili di discussione e qualche lacuna rispetto alla peraltro
sterminata bibliografia platonica. Questo lavoro presenta tuttavia un
pregio che spesso è assente nelle opere specialistiche: la partecipazio-
ne intelligente e appassionata a quella che l'autore riconosce come
la tesi centrale di Platone, cioè l'esigenza di un'ispirazione morale

12 13
Presentazione

"Il problema politico in Platone" è il titolo della tesi di lautea


con la quale, nel 1964, a LAquila, mio padre concluse i suoi studi
universitari. Un' esperienza che lui custodisce da sempre tra i ricordi
più belli del proprio percorso formativo e professionale.
Non mancano gli aneddoti ad arricchirne la memoria. Come quel-
lo che vide il presidente della commissione esaminatrice, nel corso della
discussione, chiedergli: "Ma lei ha letto molto Platone?". E lui, di ri-
mando: "Purtroppo!". La reazione del presidente fu uno sguardo me-
ravigliato e pieno di curiosità. Intervenne il relatore, con una pun-
ta di preoccupazione, a riportare la serenità: "Presidente, il candida-
to voleva dire ... pure troppo!". Nell'aula, affollatissima di amici, mio
padre era alle prese con l'esame più difficile: la discussione di una tesi
che gli era costata più di tre anni di duro impegno e qualche incom-
prensione di troppo con il docente che lo seguiva. Tanto che aveva
pensato di abbandonare l'impresa.
E invece il primo impatto con la realtà extra-universitaria fu rap-
presentato da un coro di consensi e dall'invito a pubblicare il lavo-
ro. Una sorpresa inaspettata. La cosa, tuttavia, non era cosÌ semplice:
la pubblicazione non dipendeva tanto dal valore culturale della tesi,
quanto, più semplicemente, dal suo "valore economico". Ai compli-
menti della commissione esaminatrice seguirono i consigli del rela-
tore che, pur mostrandosi scettico sulla pubblicazione, gli fornì un
lungo elenco di libri da consultare. Mio padre diede un' occhiata al-
la lista, in cui comparivano alcuni titoli che già sapeva non avreb-
be mai letto.
Tentò da solo di trovare un editore, ma senza alcun risultato:
Socrate e Platone in una raffigurazione del XIII secolo.
l'impostazione non era quella alla moda, non risultava interessante

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una tesi che sosteneva ancora valido l'impianto idealistico filosofico Introduzione*
dell' opera di Platone. Dopo molti anni, quel lavoro è finito per ca-
so nelle mie mani, abituate a maneggiare articoli giornalistici, poesie
e racconti più che testi di filosofia. Avevo però già letto alcune ope- Il pensiero politico di Platone è indubbiamente molto comples-
re di Platone quali l'Apologia, il Critone e il Fedone, attratto soprat- so per la vastità dei problemi che investe e per il suo sviluppo, non
tutto dalla capacità del grande filosofo ateniese di raccontare con im- molto lineare, perché legato alle molteplici vicende della sua vita.
magini a volte fortemente suggestive la ricerca di verità dell'uomo. Queste difficoltà si rilevano attraverso una lettura critica dei suoi
Un caso fu anche la "scopertà' del testo di Enrico Colli, curato- scritti, nei quali egli manifesta chiaramente delusioni ed amarezze,
re, nel 2007 per Adelphi, di uno scritto del padre Giorgio: il "Plato- che nascono dalla sua incapacità di inserirsi e aderire alla mentalità
ne politico", risalente al 1937, pubblicato per la prima volta nel 1939 degli uomini politici della sua epoca.
all'interno della «Nuova Rivista Storica» diretta da Corrado Barbagal- In ogni dialogo, infatti, Platone esprime le contraddizioni di un
lo. Una casualità non priva di significato. Sembrava però impossibile uomo continuamente in lotta con se stesso per l'intimo contrasto tra
poter ripetere la stessa esperienza, anche se il libro di Colli nasceva da l'esigenza di un mondo ideale e la realtà del suo tempo, in cui il pro-
circostanze apparentemente simili legate al rapporto tra morale e po- fitto personale, l'egoismo e l'accaparramento politico di uomini in-
litica. Con mio padre si iniziò timidamente a parlare di impostazio- capaci e senza scrupoli, prevalgono sulle ragioni ideali.
ne, suddivisione e sviluppo dell'eventuale lavoro. Si trattava non tanto Questi sono i motivi essenziali da cui scaturisce la sua coraggio-
di aggiornare la tesi, basata sull' analisi dei testi di Platone che appaio- sa ed appassionante condanna dell'incoscienza con la quale i politici
no, ancora oggi, straordinariamente attuali rispetto al dibattito in cor- ateniesi lottano per ottenere i posti più elevati nelle cariche pubbliche.
so sull' eticità della politica, quanto di capire - attraverso la lettura di Ma più che altro, le sue opere sono una proiezione del suo ani-
nuovi testi e gli spunti di chi ha riletto recentemente il Platone politi-· mo verso verità nelle quali egli crede profondamente, così come cre-
co - se la ricerca successiva proponesse percorsi interpretativi diversi. de nell' attuabilità di una giustizia politica che si fondi sulla coscienza
Il risultato è questo libro, la cui partizione rispecchia il tentativo e sulla volontà di operare bene, alla luce di una realtà superiore che
di fornire in anticipo la mappa e gli strumenti (prima parte) per capi- spiega e giustifica il nostro stesso essere.
re successivamente le radici e il percorso (seconda parte) del pensiero Questa fede profonda nei valori eterni e spirituali e l'amara con-
di Platone. Un lavoro nuovo rispetto a quello del 1964 ma che con- statazione di come gli uomini del suo tempo li concepiscono creano
serva intatta la tesi di allora: lo stato ideale di Platone è realizzabile, nel suo animo un contrasto vÌvÌssimo, che si rivela trepidante e spes-
sì, nella misura in cui l'uomo saprà, avvicinandosi all'Idea, realizzare so polemico in ogni suo dialogo.
un mondo più giusto ed equo per se stesso e per gli altri.
* Già pubblicato in Annuario 1972-1973 del Liceo Ginnasio ''Melchiorre Dèlfico': Teramo,
NICOLA CATENARO pp. 182-203.

16 17
Tale contrasto appare maggiormente nel Politico e nelle Leggi, riscontro nella vita terrena, se non come esigenza innata nell'uomo.
ave Platone, ormai vecchio e deluso da amare esperienze sofferte, ma Nelle Leggi, Platone è consapevole di rivolgersi ad esseri umani e
r
sempre proteso verso amore per la verità e la giustiziaI tenta invano logicamente le sue teorie sono più aderenti alla realtà.
di accostarsi alla mentalità politica dell' epoca. Ebbene, con tutto questo, sia nel Politico che nelle Leggi, Plato-
Nella Repubblica, egli afferma i suoi ideali con più vigore e mol- ne conserva ancora radicate nell' animo le sue ferme concezioni di un
te pagine inducono alla riflessione, per le verità ivi contenute. governo dei migliori, di gente consapevole dei propri doveri e delle
Ma anche nel Politico e nelle Leggi, ave a torto molti vedono un proprie responsabilità; come pure conserva lo spirito polemico con-
rilassamento del pensiero platonico, quel fervore morale e quella fe- tro le società del suo tempo e il disprezzo per la massa, per lui igno-
de nei supremi valori ideali non vengono meno. rante ed incapace a svolgere mansioni importanti in seno allo Stato.
Certamente, data la sua tarda età, nelle Leggi Platone giunge ad Per questa ragione ampia parte di questo lavoro è dedicata all' e-
una maggiore maturità di pensiero, e le sue idee sono esposte in ma- sposizione della Repubblica, i cui motivi fondamentali continuamen-
niera più aderente ad una realtà politica concreta. te si ritrovano nel Politico e nelle Leggi, dai quali Platone non si è mai
Ma, alla fine delle Leggi, egli, quando sembrava che il suo atteg- staccato, perché frutto di un'insopprimibile esigenza di un mondo
giamento fosse mutato, ritorna agli ideali della Repubblica. migliore, sorretto dalla giustizia e dalla verità.
Pertanto non deve trarci in inganno la forma della nuova dottri-
na politica esposta nell'ultimo dialogo, nel quale sostanzialmente il La rilettura dei testi ha sostanzialmente confermato l'interesse po-
pensiero platonico è rimasto uguale a quello dell'ideale Repubblica. litico che caratterizza tutta la produzione filosofica di Platone, fin dagli
Se nelle Leggi ci sono affermazioni che contraddicono quelle del- anni Sessanta considerato una via originale da seguire per gli studio-
la Repubblica, come ad esempio la proprietà privata o la forma di un si che generalmente esprimevano nelle loro opere un indirizzo pre-
governo misto (teorie molto discusse dai critici), ciò non significa' valentemente metafisica e religioso: "La passione di tutta la mia vita
che Platone abbia modificato il suo pensiero. e la motivazione chiave che mi ha spinto a filosofare è stata la ricer-
Nelle Leggi, è vero, egli si esprime in termini più pratici; ma è ca di una comunità in cui l'uomo potesse vivere in pace e giustizia
anche vero che Platone non ci parla più di uno Stato perfetto, idea- con i suoi simili", cosÌ ne delinea il profilo Stenzel nel suo libro Pla-
le, bensÌ di costituzioni e Stati storici, che considera, cosÌ come SO~ tone educatore, contribuendo a divulgare il suo pensiero fin dal 1936.
no, per enucleare dalle une e dagli altri leggi e consuetudini miglio- Quest'interpretazione si accompagna a quella religiosa e metafi-
ri e cercare di attuare lo Stato che somigli, per quanto è possibile, al- sica dalla quale la critica si è ormai allontanata per seguire l'attualità
la "costituzione più verà'. della "dimensione politico - educativa", ancora oggi ritenuta valida
La teoria politica della Repubblica è diversa da quella delle Leggi per la conoscenza di Platone.
solo in quanto diversi sono i mondi cui Platone si rivolge. Il dibattito è tuttora alimentato da diverse ed opposte posizioni
Nella Repubblica, egli parla di uno Stato perfetto, che non ha alcun critiche come si può leggere in alcuni articoli pubblicati sul "Corriere

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della Sera», tra la fine di luglio e i primi di agosto del 2010, in occa- A questo punto, dice Vegetti, appare chiara l'esigenza di "ricon-
sione del Congresso mondiale della Società Platonica Internazionale. testualizzare" Platone nella sua dimensione storica, politica e cultu-
"Sbaglia chi nega la dimensione politica del filosofo ateniese", rale (Aristotele, Tucidide, Sofisti oligarchici e Socratici) evidenziare il
così scrive Mario Vegetti nella relazione d'apertura al convegno sul senso di rifiuto o di attrazione verso le tiranni di del IV secolo, il rap-
pensato re greco. porto tra la Repubblica, il Politico, le Leggi. Questo è possibile "solo
E riconduce questa tesi critica alle posizioni di Eric Voegelin e se si riconosce il carattere politico alla Repubblica". Si possono con-
Leo Strauss, i quali seguono la via della confutazione degli argomen- dividere o rifiutare le idee di Platone che vi sono esposte ma sicura-
ti di Karl Popper, per il quale Platone non poteva essere considerato mente bisogna comprenderle, è il monito di Vegetti.
il precursore di una "cattiva politica" totalitaria, ma "nutriva simpa- "Negarne l'esistenza e la forza nel tentativo di difendere Platone
tie di tipo liberale, e addirittura, democratico". da se stesso prima ancora che dai suoi critici non è una buona strate-
Si trattava di un "sostanziale fallimento": come dire che ''l'inter- gia storiografica" afferma lo studioso, che così conclude: "Meglio fa-
pretazione di Popper aveva mancato il bersaglio e questa defaillance re a meno della Repubblica se si considera inaccettabile, che offrir-
non era in alcun modo difendibile sulla base dei testi". ne un'immagine edificante, depotenziata, insomma normalizzata dal
Interessanti appaiono alcuni temi proposti da Vegetti nella sua punto di vista del senso comune dei nostri tempi".
relazione al convegno di Toldo che possono essere considerati, nel- "Per favore non correggete Platone. Sbaglia chi nega la dimen-
lo stesso tempo, una risposta ai tanti problemi che Platone ha posto sione politica del filosofo ateniese", come già si è ricordato all'inizio,
in tutti questi anni, ma anche delle domande importanti nell'ambi- costituisce l'idea cardine su cui si fonda il dibattito sulla politicità o
to della ricerca: impoliticità del pensiero di Platone.
a) In quale misura è utile e produttivo un pensiero dell'utopia Non è sulla buona strada (si è parlato prima del "bersaglio che
politica e quali i rischi? Quale il ruolo della filosofia nella politica? . viene mancato") chi sostiene il carattere impolitico della Repubbli-
b) A proposito del progetto della natura umana e della sua per- ca; pretende di cancellare "il pensiero filosofico di Platone e, così, si
fettibilità utopica, quale tipo di antropologia può essere perse- rifiuta di comprenderlo".
guibile? La risposta non si è fatta attendere: il 12 agosto 2010, sempre
c) Per quali ragioni i contenuti della Repubblica utopica sono sul Corriere, Dario Antiseri scrive: "Platone è totalitario, va corret-
considerati come un "a priori" possibile nell' ambito del pensie- to. Popper ha ragione: filosofi e politici non possiedono la verità. Vo-
ro politico? Se questa prospettiva non viene considerata possi- gliono conoscere lo Stato perfetto per formare l'uomo perfetto", co-
bile, "non è meglio seguire la via della confutazione, mostrando me vorrebbe fare Platone.
come Aristotele che si tratta di "cattiva politica", piuttosto che È il modello di ogni fatale presunzione ideologica che è alla base
negare che si tratta tout court di politica? di tutte le concezioni totalitarie. Antiseri riferisce che anche Edward
i
Zeller, nel Compendio di storia della filosofia greca, afferma che "la
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II
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costituzione dello Stato platonico è aristocratica, governo assoluto de- aspirava all'idea di Bene Assoluto. Reale, pur dichiarandosi d'accordo
gli intendenti, dei filosofi, non limitato da alcuna legge." su molte questioni con Antiseri, su questa esegesi si discosta dall'in-
Così pure Theodor Gomperz, nella sua opera Pensatori greci, af- terpretazione di Karl Popper che aveva presentato Platone come uno
ferma che alla classe dei dominatori Platone accorda "una potenza dei predicatori dell' assolutismo.
senza limiti", come dire che il sistema di governo della Repubblica è Reale ricorda che lo stesso Platone, nei libri VIII e IX della Re-
un sistema aristocratico direttamente collegato alle classi sociali che pubblica, presenta una delle più belle e approfondite analisi dell' as-
lo esprimono. solutismo e una dettagliata descrizione e interpretazione della figu-
Antiseri cita altri filosofi che hanno espresso posizioni abbastan- ra del tiranno con una condanna categorica: "il tiranno e la tirannia
za simili a quelle già ricordate e che "hanno condotto un'interessante rappresentano il peggiore dei mali per l'uomo".
analisi sulla volontà di potenza che emerge dagli scritti di Platone", E per quelli che volessero porre qualche obiezione Reale aggiun-
in particolare tre saggi di Hans Kelsen il quale scrive: "La mistica di ge: "La chiave per una esegesi corretta del grande capolavoro di Pla-
Platone costituisce la giustificazione della sua politica antidemocra- tone è contenuta nel finale del libro IX, dove si dice che uno "Stato
tica, l'ideologia di ogni autocrazia". ideale", come viene presentato nel corso delI'opera, non c' è in nes-
suna parte del mondo e forse non ci sarà mai." E precisa: "Ma forse
Il filosofo è il solo a conoscere la giustizia, ragione per cui "può il suo modello si trova nel cielo, a disposizione di chi desideri con-
e deve guidare i suoi sottoposti ed esigere da loro una obbedienza in- templarlo e, contemplandolo, in esso fissare la sua dimora. Non ha,
condizionatà' . quindi, importanza che una siffatta realtà attualmente esista o pos-
Antiseri così chiude la sua analisi: "Certo, si tratta pur sempre sa esistere in futuro perché comunque l'uomo potrebbe occuparsi di
di una interpretazione e, quindi, in quanto tale, 'falsificabile', 'con- questa Città (ideale) e non di un' altra".
testa bile', come ogni altra teoria scientifica. Ma viene da chiedere: è . "Il vero Stato ideale l'uomo lo deve costruire nella sua anima"
solo un puro caso che a Mosca, nella stele in cui vengono elencati i secondo quel modello.
grandi pensatori comunisti, Platone figuri al primo posto?". Reale cita Jaeger affermando che molti, nell'intento di trovare dei
A questo punto Antiseri, rivolgendosi a Berti, uno studioso di corrispondenti di quello Stato, hanno pensato di trovarlo in questo o
filosofia antica, gli ricorda l'interpretazione di Marino Gentile, nel quello stato vigenti in tempi moderni, cadendo in un "errore in cui
suo libro La politica di Platone (Padova, 1940), che attribuisce al fi- Popper è caduto per intero". Lessenza dello Stato di Platone non si
losofo ateniese una concezione aristocratica dello Stato e della vita può confondere con la sua organizzazione esterna ma nel suo nucleo
politica. spirituale, la sua essenza o realtà, il Bene Assoluto.
Sul «Corriere della Sera» del 21 agosto 2010, Giovanni Realeri- Di qui, il fronteggiarsi di due realtà (due città): quella costrui-
sponde agli interventi di Vegetti e Antiseri sulla teoria politica del filo- ta dall'uomo plasmando la sua anima individuale sulla base dell'es-
sofo greco, 'Tutopia del governo perfetto": Platone non fu totalitario, senza divina e quella esternamente somigliante allo schema politico

22 23
di Platone, ma priva dell'idea del Bene, fonte della sua perfezione e
beatitudine. Si tratta della città terrestre e di quella divina, come in
Agostino.

Infine, Reale propone una riflessione sull'uomo politico che do-


vrebbe essere al vertice dello Stato ideale e sulle sue peculiari carat-
teristiche che lo rendono degno di assumere quel posto: egli dovreb-
be essere capace di abbandonare le ombre della caverna ed operare
una radicale conversione spirituale per vedere il sole, "passando dal
divenire dell' essere come condizione necessaria per giungere a vede-
re l'essere nel suo splendore e, quindi, il bene che è il principio di
PARTE PRIMA
tutto."
La conversione, sottolinea Reale, è secondo t'opinione comune
un termine di significato prevalentemente religioso e, in particola- LA MAPPA, GLI STRUMENTI
re, cristiano. In realtà, il termine "conversione" esprime un signifi-
cato soprattutto filosofico e, di conseguenza, anche religioso (Plato-
ne, VII libro della Repubblica). Reale cita ancora Jaeger: "La natu-
ra dell' educazione filosofica è veramente conversione nel significato
spaziale (volgersi, voltarsi...)".
È il voltarsi di tutta l'anima alla luce dell'Idea del Bene cioè all' o-
rigine del tutto.
È la chiave per capire come il messaggio della Repubblica di Pla-
tone, quello della conversione dalle tenebre alla luce, trascenda radi-
calmente gli schemi riduttivi della politica moderna e sia valido per i
politici di tutti i tempi, in modo particolare per quelli di oggi.

24
I

UN CRITERIO NUOVO PER COMPRENDERE PLATONE


("LE DOTTRINE NON SCRITTE")

Il dialogo orale o la scrittura?

Platone è stato il primo filosofo dell' antichità che ci ha lascia-


to tutti gli scritti. Prima di lui, Socrate non aveva lasciato nulla co-
erentemente con la ferma convinzione che egli "sapeva di non sape-
re" e, come tale, non poteva insegnare ad altri la verità. Platone ac-
coglie il messaggio di Socrate che si fonda sulla conversazione in for-
ma di dialogo,
Esso si rivolge ad interlocutori che sono sempre persone speci-
fiche (a differenza dei Sofisti che si rivolgevano alla folla anonima),
tende alla ricerca della verità e della virtù, consta di brevi discorsi fat-
ti di rapide domande e risposte.
Il dialogo platonico è anche considerato l'erede della tragedia gre-
ca, di cui riprende il ricorso al mito, la vivacità dei discorsi e la rappre-
sentazione della realtà all'interno di uno spazio simile a quello scenico.
Nei dialoghi platonici c'è la profonda aspirazione all' ordine e al
bene nella città in crisi.
Fonti antiche ci tramandano che Platone tenne dei discorsi inti-
tolati "Intorno al Bene", che non volle mettere per iscritto ritenendo
più opportuno, per l'importanza dell' argomento, la dimensione del
' (1400 ca-1482) Platone e Aristotele discutono di filosofia.
cl Il R bb 1a
Lucaeao '
dialogo orale. In queste cosiddette "dottrine non scritte", egli svilup-
pa una specie di metafisica a sfondo pitagorico fondata sui concetti

il 27
ii
I
l::
attribuito effetti contrari a quelli che realmente è in grado di produr-
di Bene, Uno, Diade 1•
Su questa linea, alcuni studiosi moderni dicono: ciò che di ,Plato- re. Questa procurerà dimenticanza nelle anime di coloro che l'hanno
ne è rimasto celato, l'aspetto esoterico della sua dotmna, puo esse- ripresa, disabituandole a ricordare. Gli uomini, fidando nello scritto,
richiameranno alla memoria le cose dall' esterno, per via di segni estra-
re indagato. Da questa rivoluzione ("riletturà', secondo u~a ipotesi
nei, non già dal proprio interno per un impulso interiore. Quindi,
nuova2), l'affermazione che l'uomo filosofo non affida agI! SCrltt1 le
tu hai inventato una medicina non per la memoria, ma per l'attitu-
cose di maggior valore e che la sua vera dottrina non si conclude con
dine a fissare nella mente quanto si è appreso. E dai ai tuoi discepoli
quella delle idee. Il vertice di questa struttura sarebbe rappresentato
3
una parvenza di sapere non la verità. Essi, credendo di essere esperti
dai principi primi: Uno e Diade .
in molte cose, oltre ad essere per lo più del tutto ignoranti, saranno
scontrosi nei rapporti con gli altri, dato che avranno acquisito la pre-
sunzione della sapienza, anziché la vera sapienza. Si rivela pieno di
Il mito di Theuth ingenuità ed ignora veramente l'oracolo di Ammone', se pensa che i
discorsi scritti rappresentano qualcosa di più del semplice richiama-
Gli scritti di Platone pongono anche un notevole ed interessan- re alla mente di colui che già sa quanto in essi è scritto ... Questo ha
te problema sulla interpretazione del suo pensiero. I~ due sue ope- di singolare lo scritto ed in ciò somiglia davvero alla pittura. Anche
re autentiche, il Fedro e la Lettera VII, egli critica la scrittura che non i prodotti di quell' arte stanno lì come figure viventi, ma, se si rivol-
favorisce l'apprendimento della filosofia e della verità.. . ge loro qualche domanda, rimangono in un rispettabile silenzio. Se
"Ecco uello che Theuth4 disse quando si venne alla scrittura - Sl tu, desideroso di apprendere, li interroghi su qualcuna delle cose che
legge nel F;dro _ : questa conoscenza, ora, renderà gli Egizi più sa- dicono, ti manifestano un'idea sola, sempre la medesima. Se viene
pienti e ne svilupperà la capacità di ricordare: la scrittura fu lilven-, maltrattato e oltraggiato ingiustamente, ha bisogno sempre del pa-
tata come medicina sia per la memoria che per la sapIenza ... tu, ora: dre che lo soccorra. Da solo non è in grado di difendersi né di soc-
in quanto padre della scrittura, mosso da affezione per essa, le haI correre se stesso"6.

1 Cfr. G. REALE ~ D. ANTISERl, Storia della filosofia, voI. I, Milano, BompianL 2008, p. 294 Il discorso che '~i scrive con scienza nell'anima"
esgg" 315-321, 472 c sgg. .
2 Lipotesi è stata formulata negli anni '50 e '60 dalla SClIola di Tubinga, i cui fondatOri SO~ A questo punto, Socrate ritiene di spostare in avanti la ricerca, pro-
no stati H. Kramer e K. Gaiser. ponendo a Fedro di esaminare il discorso che "si scrive con scienza
3Cfr. la traduzione delle dottrine non scritte nel libro di H.). KRÀlvIER, Platone e i fonda-
menti della metafisica, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 371-417.
4 11 th (piu' spesso chiamato Thoth) è un dio lunare egizio venerato come dio dell~ scrit- S Dio egiziano, il cui culto ebbe origine a ]èbe; i Greci identificarono Ammone con Zcus.
lell . delI'd'l'
al l a, d
ave pesai ' cl Cl mor-
tura, d eIl e 'ormule
l'
divine e magiche, della giustiZia, e amme
6 PLATONE, Fedro, a cura di A. Cordeschi, Napoli, Il Tripode, 1990, pp. 115-117.
ti in relazione al giudizio a cui esse devono sottostare.

28 29
Platone, sempre nel Fedro, esprime tutto il suo biasimo nei con-
nell' anima di colui che vuole apprendere ed è capace di difendere se
fronti di chi pretende di presentarsi con un' oratoria vuota di conte-
stesso, come pure sa a chi bisogna parlare e dinanzi a chi tacere"'.
Il discorso che qui viene immaginato è definito "di chi sa, è vivo nuti: " ... Chi, invece, ritiene che nel discorso scritto sopra qualsia-
e animato", contrapposto a quello scritto che, giustamente, potreb- si argomento c'è necessariamente molto di scherzoso e che mai nes-
sun discorso in versi o in prosa fu scritto o recitato che fosse merite-
be dirsi "appena un'immagine".
Il dialogo prende in esame, poi, il comportamento di un "con- vole di grande apprezzamento ma che in realtà i migliori tra quei di-
tadino assennato" che, facendosi guidare dalla vera arte agricola, sarà scorsi sono un aiuto mnemonico per coloro che già sanno, mentre
contento se in otto mesi (invece che in otto giorni!) saranno venuti quelli che servono ad insegnare e san fatti allo scopo di promuove-
a maturazione tutti quanti i semi che aveva seminato. Dunque, quel re un apprendimento e davvero vengono scritti in un' anima intorno
contadino "non scriverà nell' acqua"8 se vorrà fare seriamente e que- al giusto, al bello ed al buono, in essi solamente c'è chiarezza, perfe-
sti semi non sono sterili, ma hanno un seme dal quale germogliano zione e validità; chi, infine, ritiene che tali discorsi l'autore deve di-
in altri caratteri altri discorsi, che siano capaci di rendere quel seme chiarare figli legittimi": in primo luogo quello che egli porta dentro
perennemente immortale e che fanno felice chi li possiede"- . di sé come sua scoperta, poi quanti altri figli e fratelli di questo po-
A questo punto occorre valutare sia il rimprovero che Platone rl- terono germinare insieme in altre anime d'altre persone, a seconda
volge all' oratore Lisia per la stesura dei discorsi sia i discorsi ~tessi. Re- delle capacità, mentre agli altri dà l'addio, ebbene Fedro questi po-
sta da dire, in particolare, che "se Lisia o qualche altro mal SCrlsse o trebbe ben essere quell'uomo tale e quale io e tu ci augureremmo di
scriverà in sede privata o pubblica formulando leggi, convinto che in diventare" 12.
ciò sia in un certo qual modo una grande sicurezza e chiarezza, in tal
caso l'autore, lo si dica o no, merita biasimo. Infatti, il non sapere asso-
lutamente nulla intorno al giusto o all'ingiusto, al male e al bene, non' La diffidenza di Platone nei confronti della scrittura
l d'''lo
può in verità sfuggire al biasimo, neppure se tutta la gente l o o l .
Che il più grande scrittore in prosa dell' antichità dichiari la sua
diffidenza verso la scrittura e la degradi, può sembrare un parados-
7 Ivi, p. 118. so, ma una più attenta valutazione fa capire che queste tesi possono
B "Scrivere sull'acqua" come "scrivere sul vento" è espressione proverbiale, simile al nostro
"gettare le parole al vento",
9 PLATONE, Fedro, at., p. 118. Al colmo dell' estate, per celebrare la festa di Ado,ne, cb~ ~gni
11 I discorsi destInati ad arricchire la vita dell'anima sono chiamati "figli". Cordeschi, nel-
anno moriva per poi rinascere, in Grecia si aveva l'usanza di sem~nare, in vas~ o rcclp,lc,n-
lanora 148 del Fedro, dr., a p. 122, fa notare come nel Simposio non c'è questa distinzione
ti detti "giardini", semi di piante dalla rapida crescita, in genere ntcnuto un rito proplzla-
tra discorsi scritti e discorsi parlati: "Ecco perché a questi ultimi, in opposizione agli ahi,
rodo della fecondità. ora è aggiunta la qualifica di 'legittimi"'.
10 lvi, p. 121. In questo caso la condanna di Lisia equivale alla condanna di ogni oratoria
12 Ibid.
che non abbia caratteri 610s06ci.

31
30
essere lo sbocco naturale ed inevitabile di una posizione assunta in "Ma giunto lì, dunque, pensai per prima cosa di dover sottopor-
un certo periodo della sua esperienza di vita personale in materia di re a verifica se davvero Dionisio era infiammato dal fuoco della filo-
discorsi. Platone non poteva infatti dimenticare il rapporto persona- sofia, oppure se erano infondate tutte le notizie che ad Atene erano
le e collettivo in cui campeggiava la parola come mezzo vivo e palpi- arrivate. Ora, per operare questa verifica, esiste un modo per niente
tante di profondi sentimenti che Socrate, il suo grande ed inimita- vile e veramente adatto ai tiranni, specialmente a quelli pieni di for-
bile maestro, riusciva a far nascere nell' anima dei suoi interlocutori. mule male orecchiate, come era proprio il caso di Dionisio ... Biso-
Egli stesso, nell'Accademia, poneva il libero dialogare alla base del gna mostrare a costoro tutta la vastità del filosofare, quanto impegno
suo insegnamento, esclusivamente per mezzo della parola parlata. e quanta fatica esso comportf'15,
Si può pensare che il convincimento di Platone sull'insufficien- E ancora, come si può leggere nella citata Lettera VII: "Ora, ascol-
za del discorso scritto sia stato accresciuto dalla esperienza persona- ta, se è veramente filosofo e per natura divina e congenere a questo
le che egli visse qualche tempo prima della stesura del Fedro, duran- esercizio e degno di esso, allora pensa che la via indicatagli è meravi-
te il suo secondo soggiorno siciliano, alla corte di Dionisio il Gio- gliosa, che subito bisogna seguirla né si può vivere altrimenti. Que-
vane. Nella Lettera VII, in cui è raccontata quella drammatica espe- sta scelta scaturisce dalla consapevolezza che chi ci dà consigli e ci
rienza, "nel contesto di quelle vicende, Platone considera la parola indica la via da seguire, lo indirizza verso il Bene, che rappresenta la
in sé 'debole', mezzo di comunicazione del pensare" '" soprattutto, meta delle nostre aspirazioni... Fa normalmente tutto quello che de-
poi, nella immobilità dei caratteri scritti 13 • La conclusione implici- ve fare, ma in ogni circostanza sempre si mantiene fedele alla filoso-
ta di tale ragionamento è che "il dialogo rimane il tentativo più fe- fia e a quel genere di vita che giorno per giorno lo può rendere mag-
condo, o meno imperfetto, di riprodurre il dinamismo dell'insegna- giormente padrone di se stesso, capace di imparare, di ricordare, e
mento parlato"". Un altro importante passaggio è la risposta di Pla- di ragionare"".
tone ai familiari di Diane, dopo che questi era stato ucciso in una Quelli, invece, che non sono realmente filosofi, ma uomini "ver-
congiura del 354. Platone traccia la storia della propria vita e par- niciati di opinioni", così come i corpi sono abbronzati dal sole, quan-
la della sua attività politica in Sicilia, in cui fa diversi excursus filo- do vedono quante cose bisogna imparare, quanta fatica è richiesta e
sofici, tra i quali quello che rappresenta una vera e propria condan- quale sia la regola quotidiana che è imposta dalla convenienza del-
na della scrittura, una forma di comunicazione che polemizza ed ac- lo studio, allora giudicano tutto ciò difficile ed impossibile per 10-
cende, invece deve esprimersi come ricerca nel dialogo incessante tra fO. Ma costoro "non incolpino il lato maestro" bensì essi stessi, "che

gli uomini legati da profonda amicizia reciproca: non sono capaci di compiere tutto ciò che dalla filosofia è richiesto"!'.

13 Cfr. PLATONE, Lettera VII, 343 a. 15 PLATONE, Lettera VII, 340 b-c.
16 Ivi, 340 c-d.
14 PLATONE, IL filosofo e il problema politico. La Lettera VII e l'Epistolario, a cura di A. Cava~
rero, T'orino, SEI, 1989 (ristampa), p. 80. 17 PLATONE, Lettera VII, .340 d-341 a. Si fa riferimento alla fatica e alla regola quotidiana

32 33
Con questi argomenti, Platone parla a Dionisio. Non gli spiega mi- Platone e dimostra chiaramente di presumere di "sapere molte cose",
nutamente ogni cosa né egli gli chiede di farlo. Infatti, presume di ma dà anche l'impressione di "averle sentite dagli altri".
sapere ogni cosa, le piil sublimi, e di possederle in modo adeguato A Platone interessa fare una precisazione su uno scritto che Dioni-
per averle sentite dagli altri...: "In seguito, ho sentito dire che egli sio dice di aver composto su argomenti di cui si era discusso in occa-
compose uno scritto sugli argomenti che in quella occasione ascoltò, sione di un loro incontro e non di averli semplicemente messi insie-
me "come la ripetizione di ciò che aveva ascoltato".
presentandolo come opera sua e non come la ripetizione di ciò che
Severo è il giudizio verso coloro che, operando un plagio, pre-
aveva ascoltato. Di tale scritto, io non so niente, ma so che altri han-
tendono di far passare le idee degli altri per idee proprie. È implicito
no composto scritti su questi argomenti ma di chi siano costoro non
in questa condanna: sulle cose di cui Platone si occupa, lui stesso af-
lo sanno, neppure essi stessi. E questo posso affermare di tutti colo-
ferma che "non c)è alcuno mio scritto, né ci sarà mai; infatti, non si
ro che scrivono o scriveranno sostenendo di conoscere le cose che ho
possono assolutamente esporre con i medesimi criteri che si adotta-
seriamente a cuore, o per averle direttamente ascoltate da me o attra-
no per le altre discipline scientifiche, ma da un lungo dialogare insie-
verso altri, o per averle scoperte essi stessi: costoro, a mio parere, non
me intorno al problema e da una vita condotta in comune, improv-
hanno capito proprio niente su questi argomenti"l8.
visamente come luce che nell'istante brilla, la fiamma balzante, na-
scono nell'anima e di se stesse si nutrono"19.
Platone aggiunge: "Ora là, quando per una cattiva educazione,
Eincontro di Platone con Dionisio: le caratteristiche dei due
non siamo neppure abituati a cercare la verità ma' ci accontentiamo
personaggi della prima immagine che ci si presenta, possiamo anche non ridere
gli uni degli altri, gli interrogandi e gli interrogati, per la nostra bra-
Lincontro di Platone con Dionisio rivela subito il dislivello uma-
vura a sgominare ed a confutare i quattro elementil"20.
no e culturale che appare nettamente dalle parole e dal comporta- Importante è, a tale riguardo, la convinzione di Platone che su
mento dei due personaggi. Il filosofo si adatta subito alla nuova cir- alcuni argomenti che rappresentano tematiche profonde e significa-
costanza: Platone è una personalità pacata e disponibile nel parlare tive nella vita dell'uomo, non si possa scrivere allo stesso modo e da
e nell' agire, con una forma mentis aperta alla discussione e disposta chiunque. Su questo punto cosÌ si esprime: "Perciò tutti gli uomi-
al dialogo. Dionisio rivela subito un tratto saccente e "verniciato di ni seri si guarderanno bene dallo scrivere cose serie, per non esporle
opinioni" (potrebbe essere il suo caso!) di fronte agli argomenti di all'incomprensione degli uomini. E da tutto questo si deve conclu-
dere che, quando vediamo un trattato scritto sulle leggi ad opera di

che sono imposte dalla "convenienza allo studio"; spesso coloro che presumono di sapere
"giudicano tutto ciò difficile ed impossibile per loro" ... c cosÌ attribuiscono alloro mae-
,19 PLATONE, Lettera VII, 341 c-d.
stro e, in genere, a chi li guida, le loro debolez.ze ed incapacità.
20 Ibid.
18 Ivi, 341 b-c.

34 35
un legislatore, o su altri argomen,ti, ad opera di ch~ dir ,si voglia" eb- Il filosofo non affida tutto il suo pensiero alla scrittura
bene non erano certamente per l autore le cose plU sene, pelche es-
se egli ripone nella parte più bella, Ma se egli ha \,osto proprio per La conclusione che traiamo: il filosofo non affida tutto il suo pen-
iscritto le cose che gli stavano seriamente a cuore, allora certamen- siero alla scrittura; le opere di Platone, dunque, non contengono tut-
ta la sua filosofia,
te" non gli dei ma i mortali "gli hanno tolto il senno"21, "
Lo stesso Platone ritiene di dover precisare che, se DlOillSIO o qual- A questo punto, sempre per fare maggiore chiarezza, riteniamo
siasi altra persona ha scrittO "Sui principi primi e supre~i della na- di poter portare delle conclusioni sul problema analizzato, riassumen-
turà', siccome non li hanno rispettati, per questa sempltce raglOne, dane, per quanto è possibile e brevemente, gli aspetti più importanti.
dimostrano di non aver capito nulla né, al limite, possono aver ascol- "Perché è necessario un nuovo criterio per intendere il pensie-
tato qualcosa22 , Addirittura sarcastica suona la riflessione ~i Plato- ro di Platone?", si chiedono Giovanni Reale e Dario Antiseri. Anti-
ne a proposito del tempo, notevolmente rnsufficlente perche DIOnI- cipiamo la risposta perché l'analisi del testo che proponiamo risul-
sio potesse aver appreso tutto quanto in un ~~lo i~cont~oJ ,"come ab-
ti più chiara,
bia fatto poi lo sa Zeus", dal momento che lO glt.parlal dI tale argo- Un nuovo criterio è necessario perché si pone un nuovo e diver-
so punto di riferimento per l'interpretazione del pensiero del filosofo:
mento una sola volta, e dopo di allora mai più"23,
Se le cose stanno così, allora perché, se la scrittura non favorisce le "dottrine non scritte", Il criterio tradizionale poggiava invece sul-
l'apprendimento della filosofia, Platone ha scritto t:~ntaquattr~ dia- la convinzione che lo scritto è l'espressione più significativa del suo
loghi, l'Apologia di Socrate e tredici Lettere? La cntlca alla scnttura autore 25 •
e la validità della discussione orale vengono ribadite senza mezzI ter- Essendoci pervenuti tutti gli scritti di Platone, dovrebbe scaturir-
mini' la critica alla scrittura è così radicale che, come abbiamo visto, ne che possiamo ricavare da questi tutto il suo pensiero 26 , Non è così.
Plat~ne adotta la sua interpretazione di un verso dell'Iliade con l'esi- E le stesse testimonianze di Platone aiutano a chiarire in tal senso
to che chi mette per iscritto i suoi pensieri più profondi sicuramen- il problema: "Il filosofo - dice nel Fedro (auto testimonianza) - è vera-
mente tale solo se e nella misura in cui non affida agli scritti, ma alla
te è come una persona a CUI, hanno to lto 'l 24
l senno .
sola oralità, le cose di maggior valore"27. "In nessuna forma, nemme-
no in quella dialogica, ma solo all'oralità dialetticà'28, Lo stesso Plato-
ne ritiene che "gli scritti non possano essere considerati l'espressione

2) G. REALE - D, ANnSERl, Storia dellafilosofi'a, dt.


2l OMERO, Iliade, VE, 370.
26 Ibid,
n Cfr. PLATONE, Lettera VII, 343 d-e.
-2] Ivi, p. 267.
23 Ivi, 345 a-b.
28 Ivi, p, 271.
24 lvi, 344 e-d.

37
più seria e la comunicazione complessiva del suo pensiero"". Il dialogo socratico
Non c'è da temere neppure che queste cose possano essere di-
menticate: è eccessivo. Si trattava, per Platone, di riprodurre il discorso "socratico", il suo
"reinterrogare" con gli improvvisi squarci che maieuticamente spin-
gevano a trovare la verità senza rlvelarla, mai interamente, in senso si-
La fUnzione dell'ipomnematica stematico. Nacque cosÌ il "dialogo socratico" che divenne un genere
letterario, adottato dai discepoli di Socrate e anche dai filosofi suc-
Anche la funzione "ipomnematica", ossia l'esercizio di richiama- cessivi, del quale Platone può non essere stato l'inventore anche se
re alla memoria, può risultare addirittura inutile, per il fatto che "le fu, certamente, il rappresentante di gran lunga superiore a tutti gli
verità supreme si riassumono in poche parole, di modo che, chi le altri. E, anzi, l'unico vero rappresentante giacché "in lui soltanto è
ha capite, le possa ben fissare nella propria anima e non le dimenti- riconoscibile l'autentica natura del filosofare socratico, che negli al-
, ., "30 . tri scrittori decade in manierismo"32.
h
C 1 plU
Anche Aristotele ci dà una testimonianza "indirettà' sugli àgrapha Questo significa che anche per Platone le verità supreme della
dògmata ("dottrine non scritte"); tutti i suoi discepoli lo hanno ri- filosofia, ossia le "cose di maggiore valore", non possono essere affi-
cordato, tanto che da molto tempo ormai è completamente cambia- date alla "scrittura", in nessuna parte, neanche in quella dialogica33 .
to il quadro teorico generale di riferimento che prima aveva come I dialoghi raggiungono alcune finalità, ma non tutte le finalità alle
chiavi di lettura alcuni dialoghi di Platone; oggi gli studiosi le hanno quali Platone mirava come filosofo. Di conseguenza, tutti i dialoghi
modificate. Quindi, altre chiavi di lettura, altre interpretazioni, altre più significativi di Platone, da sempre ritenuti punto di riferimento
prospettive di ricerca. "In primo luogo la forma dialogica, che ha la essenziale per poter ricostruire il suo pensiero, sottintendono il qua-
propria matrice nel filosofare socratico: per Socrate filosofare signifi- dro teoretico delle "Dottrine non scritte"34.
cava esaminare, provare, curare e purificare l'anima (la dimensione Queste lezioni orali ci sarebbero state tramandate da diversi au-
1 tori antichi e venivano riferite quasi generalmente al Platone degli
dell' oralità) con il suo metodo ironico-maieutico"3 • Ma salvaguar-
dare questo stile e le sue caratteristiche significava scontrarsi in pri- ultimi anni del suo insegnamento, limitandone anche l'importanza.
mo luogo con il rigido schema dei Naturalisti, dall' altro con il di-
scorso di "parata" dei Sofisti.

32 Ivi, p. 271.
29 Ivi, p. 267,
33 'Ibid.
30 Ibid.
34 Ibid.
31 G. REALE _ D. ANTISERI, Storia della filosofia, cito p. 270.

38 39
resposizione "globale" di Platone della Scuola di Tubinga ne non scritte" e in altra parte della Metafisica si riferisce a teorie di
Platone che non si trovano in nessun dialogo. Poiché le specie erano
Un tentativo interessante per risolvere alcuni problemi interpre- causa di tutto, ci riferisce Aristotele, Platone pensò che gli elementi
tativi viene fatto negli anni '50 e '60, da due studiosi tedeschi, Hans fossero gli elementi di ogni cosa. Perciò definisce principi, per la ma-
Kramer e Konrad Gaiser, i quali intendono dare un' esposizione "glo- teria, il grande e il piccolo; per la sostanza, l'unità. Le specie, infatti,
bale" di Platone che tenga conto contemporaneamente dei dialoghi, si identificano con i numeri in quanto costituite dalla partecipazio-
delle "dottrine non scritte" e delle testimonianze dirette di Platone ne del grande-piccolo all'unità.
contenute nel Fedro e nella Lettera VII. Fondatori della Scuola di Tu- In sincesi, il nuovo "Sistema dei principi" già costituiva il fram-
binga, sono profondamente interessati ad abbattere l'ormai obsoleto mento del pensiero di Platone della maturità; vanno quindi cerca-
e netto distacco fra chi ancora tendeva a creare un sistema filosofico ti in quegli insegnamenti orali i frammenti della sua filosofia "aven-
di Platone, quello della dottrina delle idee, i principi primi che han- ti carattere di rimando"36,
no dato luogo alla realtà, di cui si parla nelle opere esoteriche (queste Il "rimando" è alle "dottrine non scritte", alla luce delle quali è
le prime destinate ad un pubblico esterno alla scuola) e tutti gli altri possibile avere una lettura e una comprensione del pensiero platonico.
i quali ritenevano che il pensiero autentico di Platone fosse stato af-
fidato alle lezioni, ma non riportato nei dialoghi. Lezioni che secon-
do costoro formano la base del sistema, di cui poi i principi fonda-
mentali, quelli di cui Platone non scriveva mai (infatti sui principi
primi e sui temi della realtà non ci sarà mai alcuno suo scritto), co-
stituiscono le verità più profonde.

La tradizione "indiretta"; Aristotele

Che cosa emerge dunque da questa interpretazione? Che occorre


utilizzare le numerose tradizioni indirette sulle dottrine non scritte
tramandateci da Aristotele, Simplicio, Teofrasto, Alessandro di Afro-
disia, Aristosseno, Sesto Empirico 35 • Non si possono infatti ignorare
fonti come Aristotele che espressamente nella Fisica parla di "dottri-

35 Cfr. H,]. KRXMER, I fondamenti della metafisica, cit., pp. 371-417. 36 T. SZLEzÀK, Come leggere Platone, Milano, Rusconl, 1991, p. 160.

40 41
II Di qui l'idealizzazione della figura di Socrate il quale veniva vi-
sto come una sorta di eroe, per aver combattuto contro gli esponenti
LA CRISI DELLA SOCIETÀ E LA RIFONDAZlONE del corrotto sistema politico che, allora, dominava nella città di Ate-
FILOSOFICA DELLA POLITICA ALLA LUCE DEL SAPERE ne, pagando con la morte la sua onesta e coraggiosa denuncia dei ma-
li della società del suo tempo.

L'ambiente storico
L'onestà e la politica
Il platonismo va studiato in relazione al periodo storico in cui
esso nacque ed alle motivazioni profonde che lo caratterizzarono. Il Socrate, 'Tuomo più giusto di tutti", rappresentava "come una
periodo è quello del tramonto dell'''età d'oro" della Grecia periclea. luce nelle tenebre" che diffondeva le sue idee fra i giovani della città.
Alcune vicende particolarmente importanti (la sconfitta di Atene nel Essi, infatti, erano le nuove generazioni alle quali comunicare il suo
404, la fine della guerra del Peloponneso, il fallimento del governo messaggio di "rifondazione globale dell'esistenza umana"39.
aristocratico dei Trenta Tiranni nel 404-403, il negativo ritorno del- Platone era convinto, infatti, che la crisi era soprattutto di tipo
la democrazia con la tragica fine di Socrate processato e condanna- intellettuale e che un cambiamento di governo non potesse rappre-
to a morte nel 399) concorrono a spiegare la decadenza e la fine del sentare di per sé )' avvento di una nuova società con la fine di tutti i
dominio dei Greci nel Mediterraneo. Siamo di fronte anche ad una suoi mali. Egli poneva, anzi, un'inderogabile necessità, quella di at-
grave crisi, che si espresse con il relativismo gnoseologico e cultura- tuare una vera e propria "rivoluzione culturale".
le della Sofistica e la dissoluzione del socratismo nelle scuole "mino- Di qui l'idea platonica di una "rifondazione filosofica della poli-
tica alla luce del sapere"40.
rt che ne derivarono.
Ma la crisi si manifestava, soprattutto, come "crisi di valori)), tan- D'altra parte, "nella vita dei Greci, il problema politico, da tem-
to che si parla di "crisi dell'uomo nella sua totalità" e non solo della po ha occupato un posto considerevole ... perché non si saprebbe di-
politica, in senso stretto 3?, re se la fervida realtà politica abbia imposto al pensiero una così pro-
La consapevolezza della gravità della crisi viene vissuta come "di- fonda problematica o se il senso problematico natio non abbia esso
sorientamento e sfiducia nelle tradizionali certezze" e come ")' aspi- prodotto una storia così ricca di eventi e questi, a loro volta, una pro-
razione verso rinnovate stabilità"38. fonda meditazione teorica, intesa a comprenderli"41,

39 Ibid.
37 N. ABBAGNANO _ G. FORNERO, Protagonisti e testi deLla filosofia, voI. A, Torino, Paravia,
4{) Ivi, p. 172.
1999,p.l7!.
38 Ibid. 41 G, MARTANO, Introduzione, in PLATONE - ARISTOTELE, Politeia, Antologia degli scritti politici,

42 43
I due sistemi filosofici, quello di Platone e di Aristotele, espri- La morte di Socrate fu un trauma profondo per l'animo di Pla-
mono questa esigenza e, per quanto diversissimi, entrambi valgono tone il quale lo riteneva "l'uomo più giusto fra tutti gli ateniesi", all'e-
a trovare i fondamenti etici e metafisici della rivoluzione globale del- sempio del quale la gioventù guardava con rinnovata speranza di una
la vita dell'uomo sul piano etico-politico. nuova concezione della vita e dell'uomo.
Le ultime vicende della storia di Atene, nel V secolo, testimo- La cittt condannando SOCl'ate a morte, si era macchiata di una
niano, come si è già detto, la progressiva e grave crisi della città co- grave ingiustizia; aveva spento la vita di un uomo la cui colpa era stata
stretta, in un primo tempo, a causa della lunga e sanguinosa guer- quella di avere richiamato i cittadini al culto dei valori morali, espri-
ra contro i Persiani di Serse e, successivamente della guerra del Pelo- mendo un'esigenza di carattere esclusivamente etico-politico. "Anche
ponneso, ad accettare l'egemonia della sua eterna rivale Sparta. in Platone l'esperienza etico-politica è fondamentale", dice a tal pro-
posito Martano, sottolineando come "la dottrina metafisica di Pla-
tone è del resto il fondamento teorico posto alla base della dottrina
La delusione per la politica etico-politica di Socrate"".
Leggiamo Platone: "Quando ero giovane, ebbi un' esperienza co-
Platone aveva 14 anni quando conobbe il malgoverno di Cleo- mune a molti: pensavo che, non appena fossi diventato padrone di
ne e la fine catastrofica della spedizione di Sicilia. Due avvenimen- me stesso, subito mi sarei dedicato alla vita politica. Ma mi capitò
ti, in particolare, esercitarono una influenza profonda sulla sua per- che alla città accadessero in quel tempo questi avvenimenti: il gover-
sona: l'instaurazione del regime dei Trenta Tiranni e, più tardi, il ri- no di allora, attaccato da più parti, subì una rivoluzione; come ca-
torno del governo democratico che Socrate tanto avversò, criticando pi del nuovo regime furono posti cinquantun cittadini... tra COstoro
apertamente e senza timore i suoi principi costituzionali. alcuni che erano miei parenti e conoscenti, subito mi invitarono ad
Afferma Martano: "Si spiega così il suo disgusto per la vita politi- una partecipazione politica, poiché me ne ritenevano degno ... Vidi
ca attiva. Egli, anzitutto, era di famiglia aristocratica e nel suo partito così che costoro, in poco tempo, fecero sembrare d'oro il precedente
aristocratico dovette egli stesso militare, finché sfiduciato per lo spet- governo ... Vedendo tutte queste cose, ne rimasi indignato e mi sot-
tacolo miserevole delle lotte civili e dell'uso di mezzi disonesti, sin del trassi ai mali di quel tempo ... tuttavia coloro che erano appena tor-
partito avverso come il suo, nella lotta politica, finì coll' abbandona- nati, usarono molta moderazione. Senonché dopo un po' avvenne che
re la politica militante e col ritirarsi, in comunione spirituale con So- al nostro amico, proprio a Socrate, alcuni di quelli che gestivano il
crate, nella raccolta meditazione dell'ideale del Bene e della Giustizia: potere intentarono un processo, adducendo un'accusa gravissima e,
meditazione che preludeva alla visione di uno stato ideale"4'. fra tutte, la più aliena dallo spirito di Socrate: di empietà, infatti, gli
uni lo accusarono ed altri lo condannarono e lo uccisero. Di fronte

a cura di G. Mart,lOo, Napoli, Il Tripode, 1991, p.S.


42 lvi, p. 8. 43 Ivi, p. 9.

44 45
a questi avvenimenti e agli uomini impegnati nella conduzione po- era di famiglia aristocratica ed aveva realizzato le sue prime esperien-
litica della città, quanto più osservavo le leggi ed I costumI, lasclan- ze politiche nel partito aristocratico, nel quale dovette assistere alle
domi intanto alle spalle la giovinezza, tanto più difficile appariva per lotte civili per la conquista dell' egemonia politica.
me la possibilità di occuparmi della politica in modo retto ... la città Si spiega così il suo "disgusto"per la vita politica: "Vedendo al-
non era più governata secondo gli usi e i costumi dei nostri padri ... lora tutte queste cose, ed altre non meno significative, ne rimasi in-
le leggi e le tradizioni si corrompevano e si dissolvevano così straor- dignato e mi sottrassi ai mali di quel tempo"". Lo spirito antidemo-
dinariamente che io, sebbene precedentemente avessI molto deSide- cratico di Platone si manifestava soprattutto come rifiuto delle posi-
rato di occuparmi dei problemi della comunità, guardando a que- zioni demagogiche cui si era adeguato il partito democratico nell' ac-
sti fenomeni e scorgendo come tutto fosse completamente sovver- caparramento dei ruoli egemonici e, più in particolare, delle cariche
tito, finii col rimanerne sbigottito. Invero non smettevo di osserva- politiche ed istituzionali nella città.
re, nella speranza che potesse sopravvenire un qualche migliorame~~ Lo stesso Socrate lo aveva convinto dell' opportunità che le fun-
to ... ma, per agire, attendevo sempre un' occasione opportuna; fìnll· zioni politiche fossero affidate ai più intelligenti e buoni cittadini con-
allora per comprendere che tutti gli stati attuali sono mal governa- sapevoli di sé e inclini a non accettare "la politica esclusivisti ca ed in-
ti, perché la loro legislazione è pressoché insanabile ... e fui c~stret­ teressata della casta aristocratica"47.
to a dire, lodando la filosofia autentica, che per essa soltanto e pos- Ma per Platone la filosofia si collega sempre a ragioni di caratte-
sibile vedere la giustizia negli affari pubblici e in quelli privati. I ma- re politico? Convincente appare la definizione di Martano: "La vera
li dunque non cesseranno per l'umanità, se prima uomini ~he colti- filosofia è studio dell'uomo in quanto attività (etica) tendente a rea-
vano l'autentica e vera filosofia non giungano al potere polltlco, op- lizzare fini eterni (metafisica) attraverso la società umana (politica).
pure coloro che governano le città non diventino, per qualche divi- Onde la politica è filosofia perché è determinazione pratica di quel-
na sorte, fil oso fi "" . la virtù - la giustizia - che deve reggere gli uomini in società; pro-
prio come la filosofia è politica perché è determinazione e pratica di
quella stessa giustizia"tJ8,
Platone e la democrazia: lo spirito antidemocratico Afferma ancora Martano: "Non si può parlare di una anteceden-
za della politica sulla filosofia, o viceversa, perché Platone da buon pa-
Il contesto storico in cui visse Platone era caratterizzato da un triota non può rimanere insensibile di fronte alle sciagure della patria
45
profondo contrasto fra la realtà storica e l'utopia del filosof0 . Egli in rovina; egli guarda alla prospettiva di rigenerazione dei costumi e

4~ Cfr. per la traduzione di questo lungo passo della Lettera VII, PLAT~NE, [(filosofo e il pro- 46 Lettera VII, 325 a.
blema politico... , a cura di A. Cavarero, cit., pp. 53-55 (324 b-326 b). E questa la celebre te-
47 G. MARTANO, Introduzione, cit., p. 8.
oria già esposta nella Repubblica (473 cl).
48 Ivi, p. lO.
45 G. MARTANO, Introduzione, dt., p. 7.

46 47
delle istituzioni insieme ad una radicale trasformazione della polis. Per quanto riguarda il Gorgia, c'è sufficiente consenso sul fatto
che questo dialogo appartenga alperiodo della polemica con la Sofi-
La dottrina politica non è soltanto una scaturigine spontanea della
stica, anche se non è possibile fissare con precisione la data di com-
mente, che nutre aspirazioni ideali ad una vita associata ispirata ad
posizione ma solo indicare che è intorno al 390.
alti principi etici e sorretta da valori assoluti trascendenti"".
, A proposi W della Repubblica, si può affermare che il primo e me-
. ta del secondo lIbro furono composti all' epoca del Protagora e del Gor-
gia. Il tutto fu rivisto dall' autore nell' età matura. Il periodo della com-
Cronologia degli scritti politici posIZlone potrebbe essere fissato tra i1389 e il 367, poiché Platone vi
si dedicò per lungo tempo.
In merito all' autenticità delle lettere, argomento sul quale si so- " . Convincenti appaiono le conclusioni su questo tema di Martano:
no conftontati molti studiosi, c'è chi non ha dubbi sul fatto che si- Riassumendo, potremmo considerare il Gorgia come la premessa del-
ano "platoniche". In particolare appare incontrovertibile l'autentici- la Repubblica; seguirono al capolavoro il più modesto dialogo Politi-
tà della settima, la più importante per la comprensione del pensiero co e, ultlma opera politica in ordine di tempo, le Leggi. Quest'ultimo
di Platoneso . In ogni caso, gli studi più recenti hanno da tempo rag- dIalogo è una fusione di abbozzi frammentari, mancanti di unità in-
tesi ad empiricizzare i precetti ideali della Politeia"53. '
giunto posizioni unanimi sul fatto che tutta la sua filosofia fu una fi-
E ancora: "Il Platone della. Repubblica è l'uomo fermamente con-
losofia politica51 • È importante a tale proposito fare alcune brevi con-
vinto della potenza dell'idea e fiducioso nella possibilità di attuazione
siderazioni sulla cronologia dei dialoghi di contenuto specificatamen-
dI essa; mentre quello delle Leggi è il Platone ormai vecchio che, de-
te politico quali il Gorgia, la Repubblica e le Leggi. luso dalla sua città, avverte lo stridente contrasW tra l'ideale e il reale".
Del Politico l'autenticità è rimasta dubbia fino alle conclusioni
negative dello studio del Windelband 52 Oggi, però, lo si ritiene au-
tentico. Il Gorgia: la polemica contro la Sofistica

Un diverso e più ampio discorso merita il Gorgia: il dialogo espri-


lbid.
me tutW l~ forza. polemica di Platone contro la Sofistica in genera-
49

5[) Lvi, p. 9.
le, Gorg,a In partlcolare, uno dei più importanti esponenti del movi-
51 Si legge in B. FARRlNGTON, Scienza e politica del mondo antico (trad. italiana), Milano,
Fcltrinelli, 1960, p. 79: "o .. il proposito che dominò la sua lunga vita e che acquistò mag- mento che, in quel periodo, era impegnato a portare avanti le tesi in-
gior chiarezza man mano che egli procedeva nel suo compito, per la sostituzione di un com- dividualistiche dei Sofisti, che legavano il successo politico all' orato-
plesso di credenze e di un sistema di educazione che, imposti dall'autorità politica, garan- ria ("arte del dire").
tissero il benessere dello Stato. Il problema dello Staco fu, insomma, la molla principale del
movimento platonico, come il problema della natura era stata la molla principale per il mo-
vimento ionico".
53 G. MARTANO, Introduzione, cit., p. 12.
52W. WINDELBAND, Platone, trad. ital. di M. Graziussi, Palermo, Sandron, 1914, p. 64 e sgg.

48 49
In contrapposizione a queste tesi si pone Platone per il quale, fra :norale epolitica c'è "distinzione" e non accordo, e il disimpegno
ci ricorda Martano, "la virtù secondo natura non è il trionfo del più dell uomo di Stato dalle leggi della morale è, dal Machiavelli, assun-
forte sui deboli: la virtù è dominio delle passioni da parte dell'intel- to a norma inderogabile nella condotta del principe 58 , "Platone, in-
vece, pone a fondamento della sua dottrina politica quella profonda
ligenza sorretta da clOrza d" animo"54 .
Nell' ambito dell' organizzazione democratica dell'Atene del V se- esigenza di moralità dell'uomo politico che rendeva utopistica la sua
concezione"S9
colo, in cui si registrano lotte tra le famiglie più ricche e potenti del-
la città, Platone si schiera contro i "retort, contro quelli che promet- Insom~~, quello che per Machiavelli e per tutti coloro che si repu-
SI doveva chiamare "interesse", per Platone è il "dovere",
tavano realIsti
tono successo e potere "a tutti colato che riescono ad imporsi per fini
collettivi, mentre essi agiscono esclusivamente per fini personal;"55, Ciò significa, per quest'ultimo, che chiunque voglia impegnarsi nell' at-
''L intento di questo dialogo - spiega Martano - non è soltanto etico, tività politica, deve conoscere e applicare l'arte di perseguire l'inte-
ma anche politico, ché per Platone l'eticità si realizza nella vita perso- resse generale della collettività, "lo credo di essere uno dei pochi ate-
nale, che è aspirazione all'universale, trionfo sul sensibile e sul par- niesi, per non dire il solo, che professano la vera arte politica, il solo
ticolare; perciò nella vita collettiva si realizza quell'eticità universale a mett~rla davvero attualmente in pratica, E poiché quando parlo io,
che è propria de Il' essere dotato d'l ragiOne
' "56 , lo facciO n~n per acquistare favori, ma per trovare ciò che è meglio, e
Fin dalle prime battute il dialogo mette in evidenza il tono spa- non certo 11 piacevole, e poiché non voglio fare ciò che tu mi consi-
valdo del superficiale e pomposo retore, in contrasto con la bona- gli, non saprò cosa dire in mia discolpa davanti ai giudici"60,
rietà ironica di Socrate, che ama la dialettica concisa e costruttiva, Conclusione: "".fra tante questioni trattate, confutate tutte le al-
"Difatti gli uomini vogliono sempre il bene, e quando compio- tre tesi, rimane questa sola, che bisogna guardarsi dal commettere in-
no il male operano per ignoranza del vero bene, in tal caso essi non giustizia più che dal riceverla e che, per ogni cosa, l'uomo deve sfor-
fanno quel che vogliono e non hanno un vero potere, Frutto dell'i- zarsi di non sembrare buono ma di essere buono, sia nella vita pri-
gnoranza è l'ingiustizia, che è il maggiore di tutti i mali: di conse- vata che nella pubblica", e dopo d'aver insieme praticata la virtù, al-
guenza l'ingiusto è infelice e va compianto"57, , , lora fi~alr:'ente se ci parrà opportuno, potremo dedicarci alla politi-
Platone vede un "rapporto di continuità" tra morale e polin- C~"', Cl gUIdi allora la conclusione che testé ci è parsa vera, quella che
ca e confuta la tesi di Polo che vede felice il tiranno, Questa tesi sa- Cl dtmostrache questa è la vita migliore che possiamo condurre: vi-

rà ripresa nel XVI secolo da Machiavelli, nel Principe, per il quale vere nella pratica della giustizia e delle altre virtù, e cosÌ morire"."61,

58 Ivi, p. 28.
54 Ivi, p. 17.
5~ Ibid.
55 Ihid.
60 Ivi, p. 34.
56 lbid.
61 Ivi, p. 36.
57 Ivi, p. 27. Questa teoria può considerarsi il vero fondamento dell'etica socratica.

50 51
non è tale se non in quanto vivente nell a COSCIenza
. d"1 CIascuno co-
La pratica della giustizia
me valore individuale"6'.
Il filosofo è il saggio, colui che pratica la giustizia, dalla quale di-
pende non solo il bene del filosofo stesso ma anche della polis. E da
questo tapporto seguono la ripartizione dell' anima e le diverse im-
La missione del filosofo
magini di uomo che si differenzia da individuo a individuo. Afferma
Il filosofo "costruttore e reggitore della polis" sta d' d'
. h
Platone: "Il principio unificatore dell' anima deve, dunque, derivare '1 d" l' l a 111 Icale c e
l lVlno e " asso uto sono posti come "uprema 5' .
mIsura e lon
L damenti
dalla supremazia della ragione. Solo in virtù di questo, l'uomo rea-
dello
. Stato
.. . .Affermano Abbagnano e Fo mero.. "D opo aver raggIUn-
.
lizza veramente se stesso"62. to rl. d1V1110, Il .,
legislatore lo contempla e lo . . pl asman d o se stes-
. ImIta,
Luomo teso alla conoscenza della verità, che non ha a cuore la
s~ 111 conformlta dI quello e, di conseguenza, posto a capo della cit-
ricchezza e la gloria: è questo l'uomo filosofo. Ambire agli onori è la
ta, plasma e confo~'ma anche quest'ultima nello stesso modo ... il fine
caratteristica dell'uomo irascibile, che tende ad ottenere la fama. Co-
ultimo del capo dI Stato non è il proprio bene personale ma quello
lui, infine, che trae piacere solo dal guadagno, è attratto dalla parte . "'66 . '
E g l"I e e ducato second ' . (a
. e.11 a. .
.d citta .
o un programma sIstematico
appetitiva dell' anima. Infatti, tre sono le facoltà dell' anima per Pla- 111lZl~le dalla musIca e dalla ginnastica, salendo fino alla filosofia) e
tone: concupiscibile, irascibile e razionale; ciascuna esprime partico- con l abolIZIOne della famiglia e della proprI'e t'a pnvata.
.
.
lari capacità, potenzialità, le quali stanno a indicare l'equilibrio rag- ChI, pur comportandosi come reggitore dello Stato, non cura l'in-
giunto da ciascuna anima internamente a se stessa e, nello stesso tem- ter~sse. e rl bene d~:la città, è da Platone posto in relazione alle costi-
po, al di fuori di essa "anche come ascolto e apertura agli altri"63. "Ne tuZ.lOnI cO~ldde:te degenerate" che corrispondono ai seguenti quattro
consegue un'immagine di uomo socievole in rapporto con la molte- tipI ~manl: rl tlmocratico, l'oligarchico, il democratico e il tiranno
plicità dei suoi simili e, dunque, con la polis"64 "Sul principio della L~ dIverse caratteristiche si manifestano a seconda della parte dell' a~
tripartizione dell' anima, Platone ha fondato anche la diversità delle nlma
.)) che l 'emerge nella scelta di un comportamento ' "d'l uno stl'1 e d'1
classi sociali della polis. Città ed individuo sono specchio l'una dell'al- vna , re atlvo .sia .al mondo dell' essere, cosiddetto mondo delle idee,
tro: la città è giusta in quanto sono giusti i suoi cittadini. .. dunque sIa a q~ello vlslbl~e e diveniente, il mondo della realtà naturale col
esiste una corrispondenza tra le virtù del cittadino e quelle della cit- quale l anima dell . uomo deve sempre avere a che fare ("l' uomo e, sIa .
tà ... Il problema del giusto è, quindi, il problema della città giusta; co 11 a b oratore SIa filosofo"6?).

Ivi, p. 264,
~ G.
(,5
62 Cfr. N. ASBAGNANO FORNERO, Protagonistt .. , cit., p. 263.
66 Ivi, p. 263.
63 Ibid.
67 Ivi, p. 262.
64 Ibid.

52 53
Luomo timocratico è colui nel quale prende il sopravvento l'o- come lo sia, per discutere, invece, di tutti questi particolari"70,
nore sulla virtù, la parte irascibile dell' anima. Linterrogativo di Glaucone centra il problema fondamentale: il
Loligarchico si caratterizza per lasciarsi attrarre dalla ricchezza progetto di Platone è utopia o no?
piuttosto che dalla virtù e dall' onore; è la parte dell' anima concupi-
scibile. Democratico (o demagogo) è chi, constatata la debolezza e
La dimensione politico-educativa dell'opera di Platone
l'incapacità del governo nell' assicurare l'onore e il rispetto dei dirit-
ti, decide di ribellarsi, convinto che il nuovo governo possa assIcura- La storiografia più recente (del nostro secolo), studiando le mo-
re il diritto di tutti i cittadini secondo il principio dell'uguaglianza. tivazioni della filosofia di Platone, ha "messo in luce" quella che poi è
Le magistrature vengono assegnate a sorte. stata considerata la base del suo pensiero: l'interesse politico. Lo stes-
Il tiranno è colui che, temendo la vendetta dopo un rivolgimen- so Platone, nella Lettera VII, proclama che la passione di tutta la sua
to politico, decide di avocare a sé il potere della forza ed instaura la vita e la motivazione chiave che lo ha spinto a filosofare è stata la ri-
tirannia con l'appoggio del popolo. cerca di una comunità in cui l'uomo potesse vivere in pace e giusti-
Per quanto riguarda la polis ptogettata da Platone nella Repub- zia con i suoi simili 71 •
blica, essa è presentata come irrealizzabile storicamente perché "tro- Un interesse pedagogico-formativo, connesso a quello politico.
va il suo senso solo nella tensione dell'uomo a ricercare e conosce- Prima, invece, l'immagine più nota di Platone era quella di un filo-
re. Egli può precipitare fino all'ignoranza completa degli animali, ~ sofo immerso nelle problematiche metafisiche e religiose, "tutto pro-
può, passo per passo, avvicinarsi al fine ultimo, alla città co~e um~ teso al di là"72.
tà e realizzazione della razionalità, in un miglioramento contmuo di Tutto ciò non significa che "la dimensione politico-educativa co-
sé"". Con queste parole Platone dimostra di "voler mantenere il suo stituisca l'unica ottica da cui studiare il platonismo"73: questa sareb-
sguardo costantemente sull' anima umana, capace di divenire la sede be un'immagine "riduttiva"74, Immagine antitetica, ma comunque ri-
autentica della vera città e della vera politicà', tanto è vero che "alla duttiva.
costituzione della polis interiore è chiamato ciascun uomo, per il so- Gli studi più recenti hanno messo in luce che Platone ha espres-
. "69
lo fatto che è essenzial mente anima . so una "dimensione poliedrica ed universale, che spaziò in tutti i campi
"Ma Socrate - chiede Glaucone - , mi sembra, che se ti lascias-
simo discorrere di queste cose, non ti ricorderesti più di quanto ave-
70Cfr. PLATONE, Opere politiche di Platone. Repubblica, a cura di F. Adorno, Torino, Uret,
vi accantonato prima, e cioè se una tale costituzione è realizzabile e 1953, p. 346 e sgg. (471 c-473 ').
71 Cfr. su questo punto N. ABBAGNANO ~ G. FORNERO, ProtagonistI '" cit., p. 175.
72 Ivi, p. 174.
68 Cfr. P. FIASCONARO (a cura di), La Repubblica di Platone e la concezione della donna nel
73 Ivi, p. 175.
mondo antico, Torino, Paravia, 1995, pp. 12-17.
74 Ibid.
69 Ibid.

54 55
del sapere, dalla gnoseologia alla metafisica, dalla religione all' etica, III
. "75 .
dalla pedagogia aIla matematIca
Limmagine di un Platone "politico" rimane il principale filo in- LA REPUBBLICA DI PLATONE È REALIZZABILE?
terpretativo ed espositivo della nostra ricerca, che mira ad eviden-
ziare gli aspetti più interessanti puntando al ritratto di "un Platone
globale"76. Utopia e realtà della città ideale di Platone

La costruzione dello Stato ideale di Platone (secondo la tesi con-


tenuta nel saggio introduttivo di Giovanni Reale alla Repubblica??)
è la riproduzione "in grande" dell'anima dell'uomo tripartita: la sua
virtù si contrappone al suo vizio, la sua felicità all'infelicità.
Lo "Stato ideale" e "l'uomo regio') o aristocratico corrispondo-
no al dominio dello stato della razionalità (coincidente con la virtù)
ed anche della libertà.
Platone considera il rapporto razionalità-virtù e razionalità-liber-
tà-indipendenza come libertà della ragione dagli istinti e dagli impulsi.
La razionalità domina infatti nei capi di stato, in quanto apparte-
nenti alla classe dei custodi. A tale classe appartengono anche i guer-
rieri, la cui forza è il risultato della realizzazione dell' anima irascibi-
le, in senso virtuoso. La classe inferiore, quella dei produttori, è inve-
ce il risultato della realizzazione dell' anima concupiscibile, che può
esprimersi virtuosamente solo attraverso la temperanza; laddove lo
Stato evidenzia l'unità e la compattezza tra tutte queste sue compo-
nenti, esso è uno Stato "sano", quindi "felice",
La regressione della razionalità (malattia, rovina spirituale) equi-
vale all'infelicità. Il suo estremo è rappresentato dallo Stato e dall'uo-
mo tirannico.

75 Ibid. 77Cfr. G. REALE, Saggio introduttivo, in PLATONE, RepubbliCa, a cura di G. Reale, Milano,
Bompiani, 2009, p. 121.
76 Ibid.

56 57
La felicità equivale alla forma più alta del piacere della parte ra- un "ideale reaHzzabile", anche se storicamente non esiste uno Stato
perfetto. Ma dove si può realizzare un tale ideale, se non esiste nella
zionale dell'anima (anche il più vero, anzi l'unico): l'essere contem-
storia uno Stato perfetto? La risposta di Platone è, come la definisce
plato dall' anima.
Reale, "straordinaria": esso è realizzabile nell'''interiore dell'uomo",
La vita filosofica nello Stato ideale è la vittoria dell'elemento divino
nella sua anima, in noi stessi; lo possiamo costruire "in noi stessi",
sull'elemento bestiale che è nell'uomo; essa è "la costruzione dell'uo-
seguendo nel nostro intimo la vera politica82 •
mo divino"78.
Pochi, sottolinea Reale, hanno compreso il profondo significa-
I! tempo che intercorre tra nascita e morte è breve e il premio
to di questa pagina, forse Jaeger ne ha colto il vero valore facendo ri-
alla virtù, in questa vita, è solo relativo: "la vera ricompensa alla vir-
ferimento ai tanti tentativi di individuare la storia dell'uomo e del
tù è nell' aldilà"79. suo mondo, identificandolo, di volta in volta, con questo o quest' al-
Così la vita nello Stato ideale garantisce la felicità in vita e dopo
tro modello e altri stati più vicini a quello descritto da Platone. "Ma
la morte, per sempre. La conclusione: la prospettiva è quella dell'e- l'essenza dello stato di Platone non sta nella struttura esterna - sep-
ternità dell'Essere che l'uomo è chiamato a realizzare, al di sopra e al pure ne abbia una - ma nel suo nucleo metafisica, nell'idea di real-
di là della sua natura particolare e finita. tà assoluta e di valore su cui è costruito. Non è possibile realizzare la
I! mito di El', come afferma Reale, "ridà il senso ultimo della po- Repubblica di Platone imitandone l'organizzazione esterna, ma solo
litica platonica"80: "la vera politica è quella che ci salva non solo nel adempiendone la legge di bene assoluto che ne costituisce l'anima"83.
,
tempo ma per l eterno .
"81
Chi è capace di attuare quest'ordine divino nella sua anima in-
Nella Repubblica di Platone vi sono elementi "utopici" e "miti- dividuale, riesce anche a realizzare lo Stato platonico più di quanto
ci" ovveto un "ideale" e un "dover essere". Nell'ambito dell'utopia riesca a fare colui che edifica una città in terra somigliante esterna-
la tensione ideale corrisponde al "dover essere", come la meta che si mente allo stato di Platone.
vuole realizzare nell'ambito della propria esistenza; il "mitico" corri- "Nasce qui - afferma Reale - per la prima volta l'idea del 'cit-
sponde, invece, a qualcosa che il nostro pensiero inventa come uno tadino di due citta, della città terrestre e di quella divina, un duali-
strumento che aiuta la mente ad entrare in una situazione di ecce- smo politico, dunque, che si esprimerà nella sofferta vita esistenziale
zionale carattere intuitivo e magico. e religiosa di Agostino, vescovo di Ippona, ma anche nella raggiunta
Entrambi gli aspetti sono gli elementi drammaturgici che occor- consapevolezza della situazione reale dell'uomo-filosofo quale si era
rono a Platone per esprimere, facendo uso di "mito') e di "utopià') venuta configurando a Platone nella vita e nella morte di Socrate"".

78 PLATONE, Opere politiche di Platone ... , cir., p. 532 e sgg (589 cl e sgg.). 82 Cfr. G. REALE, ,)'aggio introduttivo, eit., p. 123.
83 lvi, p. 124. Cfr. anche W ]AEGER, Paideia, La formazione dell'uomo greco (imroduzione
'" [vi, p. 563 c sgg. (608 c e sgg.).
di G, Reale, traduzione di L Emcry cA. Scni), Milano, Bompiani, 2003, p. 1309.
80 Cfr. G. REALE, Saggio introduttivo, dt., p. 122.
84 Cfr. G. REALE, Saggio introduttivo, eit., p. 125.
81 PLATONE, Opere poLitiche di Platone ... , dt., p. 583 e sgg. (618 c c sgg.).

58
59
diretta agli avvenimenti in quel momento storico, anche accettando-
La Costituzione proposta è attuabile?
ne la struttura determinata.

A voler considerare pill da vicino questo problema, bisogna por-


si una domanda che investe tutto il pensiero di Platone se posta in
Dalla Repubblica alle Leggi
maniera diversa: non se il Gorgia possa essere considerato un dialo-
go etico o politico, ma se è più forte l'implicazione politica o quella
Il Politico: "l'arte della misura"
etica. Il problema viene chiarito dalle considerazioni che seguono. E,
Lultim~ fas~ del suo pensiero Platone la dedica ancora al pro-
allora, il dialogo Gorgia può essere considerato "un contributo all'e- blem~ polItico, In particolare alla creazione di un sistema legislativo
tica o alla politica?"85. Dal punto di vista di Socrate e di Platone, non organlc~ che traduca in atto l'insieme dei caratteri e delle ricche po-
vi è distinzione: la politica è fondata sull' etica, e non viceversa. Di :.e~zlalIta della Repubblica ideale. E così scrive il Politico, che tratta
qui la tesi di Martano: "Il Gorgia è un dialogo etico propedeutico al- l arte propna del.reggitore dei popoli". E questa arte è quella della
la politica e la Politica un dialogo politico ave trovano teorizzazione mzsura: ovvero Il gIusto mezzo che eviti l'eccesso nelle scelte che cia-
in sede sociale i principi etici"86. Il Gorgia ha rivelato l'ambiente sto- s~uno ~ costretto a fare. Tutta la scienza dell'uomo politico consiste-
rico in cui è vissuto Platone ed ha messo in evidenza l'atteggiamento ra nel nce~~are questa. ~,rte della misura e delle sue applicazioni poli-
antidemocratico dell' autore. Comunque, non è la spinta ideologica ;,Iche. PerclO SI parla di problema delle leggi", sostiene Abbagnano 88
che conduce platone a cercare una soluzione ai tanti problemi par- co~e problema politico" di orientamento e di indirizzo per quegl;
ticolari sulla politeia. Platone rappresenta le esigenze eterne, le esi- uominI che devono essere guidati a realizzarsi come cittadini di quel-
genze fondamentali dell'umanità che sono alla base di ogni politica. la comunità ideale 89 •
È anche vero che nel momento in cui la spinta all'universale sembra
proiettarlo in una sfera di idealità, Platone "ridiventa greco'" e "la Le Leggi
purezza dell' utopia svanisce". Ciò accade specialmente nelle Leggi. Al
problem~ ,delle leggi è dedicata l'ultima opera di Platone, in
Platone, come s'è detto, fin da giovane pensava di dedicarsi all' at- dodICI IIbn, la pIU estesa di tutte, pubblicata da Filippo O'Opunte,
tività politica, ma l'esperienza del regime dei Trenta prima, della se- dopo la morte del maestro. Platone, ormai, più consapevole della "de-
bolezza umana", si è convinto da tempo che, per facilitare la condot-
guente democrazia, e soprattutto la morte di Socrate, lo spingono a ri-
ta dell'uo~o, bisogna guidarlo perché la legge esplichi anche un va-
tenere che il bene della polis non possa attenersi con la partecipazione
lore educativo-pedagogico e non soltanto comandare e prescrivere.

85 G. MARTANO, Introduzione, cit., p. 37.


88 N. ASBAGNANO, Storia della filosofia, voI. I, Torino, Uter, 2010, pp. 130-132.
86 Ibid. Cfr, anche G.
89 REALE - D. ANTISERI, Storia della filosofia, dr., pp. 443-444.
87 lvi, p. 38.

61
60
Il fine delle leggi è quello di promuovere nei cittadini le virtù cioè la sapienza religioso-filosofica sull' ordin e d'lVlno
, e prOVVl' d '
enZla-
90
che si identificano con la felicità , Esse non devono produrre una le del ITo'0nd~, che prende corpo nei moti astrali, tende a sostituir-
sola virtù, per esempio il coraggio guerriero, ma tutte, perché tut- SI alla
l dlalettlca
' e a tradursi in una nuova filo so fi a po l"1t1ca rncentrata
,
te sono necessarie alla vita dello Stato; e perciò devono tendere all' e- su pensle~o~programma di portare, nella tormentata e violenta città
ducazione dei cittadini, Ma questa educazione ha come suo fonda- deglI uomrnl, la misura e l'armonia dei cieli""

mento la religione91 ,

La religione
La religione, nelle Leggi, assume un posto-chiave nella vita e nel
pensiero dell'uomo, Platone la considera uno strumento attraverso il
quale si garantiscono coesione sociale e stabilità politica, tant' è vero
che, "ritenendo l'ateismo cancro di ogni comunità, propone l'esilio e
la pena di morte per chi non riconosca la Divinità"",

Una nuova filosofia politica

Come si può notare, "la regressione platonica verso il mito si può


adeguatamente comprendere solo in relazione al suo tentativo di da-
re un fondamento cosmico all' etica e alla politicà'93,
Infatti, se la realtà fosse solo "materia e caso", sarebbe impossi-
bile che ne derivi una solida proposta politica, Se invece si interpreta
il mondo come organismo razionale e retto da leggi divine, lo stato
dell'uomo potrebbe facilmente essere concepito come riflesso e impe-
gno di realizzazione di tale ordine, "tant' è vero che la teologia astrale,

O" Ivi, pp, 444-445,


91 N, ABBAGNANO, Storia della filosofia, dr., pp. 131-132.

n Ibid.
94 Ibid.
93 N. ABBAGNANO _ G. FORNERO, Farefilosofia, Torino, Paravia, 1998, p. 159.

62 63
PARTE SECONDA

LE RADICI, IL PERCORSO
I

ALLA RICERCA DEL FONDAMENTO DELLO STATO:


LA GIUSTIZIA *

La flsta al Pireo, l'ambiente e l'incontro di Socrate con Crifàlo

Sin dalle prime pagine della Repubblica, Platone sente la neces-


sità di affrontare il problema della giustizia, alla luce della quale uni-
formerà poi la delineazione dello Stato giusto.
Il problema è vasto e pieno di difficoltà: esso volta a volta pre-
senta delle differenti soluzioni a seconda del pensiero di coloro che
partecipano alla discussione.
È un problema di tale complessità che per molte pagine ci tie-
ne in sospeso, senza che vi sia una risposta chiara e precisa all'inter-
rogativo di che cosa sia veramente la giustizia e quale il suo valore.
Linizio della Repubblica ha perciò un andamento prettamente
socratico, che rispecchia fedelmente le caratteristiche di tutti i dialo-
ghi, scritti da Platone nel periodo di maggiore inHuenza del pensie-
ro del suo maestro.
Nella discussione avvenuta in casa di Cefalo, tra Socrate e i suoi
Illustrazione del mito della caverna in un'incisione dcl1604 di Jan Saenredam.
amici, intorno alla giustizia, non vi sono risposte, come mai in nes-
sun dialogo socratico vi sono state delle risposte.
La discussione sulla formazione dello Stato giusto si svolge al Pi-
reo, in casa di Cefalo, ave Socrate si era recato in compagnia di Glau-
cane, su invito di Polemarco, in occasione della festa delle Bendidie.

* Già pubblicato nell'Annuario 1977-1978 del Liceo Scientifico ''Albert Einstein", Teramo,
pp. 113·128.

67
Alla discussione erano presenti, oltre a Glaucone, Cefalo e i suoi condotta degli uomini. Se sono ordinatamente misurati e di indo-
figliuoli Polemarco, Lisia ed Eutidemo, Trasimaco di Calcedonia, Car- le mite, la stessa vecchiaia non è poi tanto grave; se no, Socrate mio,
mantide e Clitofonte. non soltanto la vecchiaia, ma anche la giovinezza per un simile uo-
Erano dunque riuniti in casa del vecchio Cefalo gli esponenti del- mo diventa un tormento)J4.
la migliore società ateniese: gli uomini ancora legati alla tradizione da Parole molto sagge quelle di Cefalo, che Sacra te approva nel 10-
una parte, gli uomini delle nuove concezioni dall'altra'. ro pIÙ profondo significato e nella loro origine, pur non approvan-
Socrate non va spesso al Pireo e di ciò Cefalo si dispiace, perché done l'ormai formula cristallizzata e la mancanza di risonanza inte-
ama molto conversare con lui, giacché "quanto più i piaceri dei sen- riore, che non risponde alla esigenza dei nuovi tempi e della nuova
si per me si fanno più vani, tanto più cresce invece in me il deside- mentalità.
rio e il gusto del discorrere"'. Cefalo, che era un meteco, non era nobile per nascita, ma ap-
Socrate ama parlare con persone di una certa età, dai poeti chia- parteneva a quella classe "che fu la borghesia ateniese scaturita attra-
mata "limite estremo di vecchiaia", poiché molto s'impara da loro "co- verso i legislatori"5.
me da gente che prima di noi ha compiuto un viaggio, un viaggio Quella classe ebbe il merito di aver saputo dare leggi che valesse-
che forse dovremo compiere anche noi, quale sia la via, se aspra e dif- ro per tutti, "trovando ne il criterio di obbligatorietà in quella stessa ra-
ficile, o facile e pianà'3. gione e misura del tutto", che era poi il problema urgente dell'epoca'.
E qui ha inizio la discussione, giacché Socrate domanda a Cefa- Platone rifiuta di quel mondo le vecchie formule e le ormai sor-
lo quale sia il suo pensiero sulla vecchiaia, se essa è da considerare il passat~ ed inadeguate r~gole crist~llizzate, ma non il valore origina-
periodo più triste della vita di un uomo. no e l eSIgenza dI quel! ordIne, di quella misura, nella quale, come
Cefalo non è d'accordo col pensiero dei più, perché considera che per Socrate, anche per Platone, era riposto tutto il valore dell'uomo.
la vecchiaia non è poi così intollerabile, quando si possiede un'indo-
le equilibrata e serena.
Molti si lamentano della vecchiaia, solo perché hanno perduto Il problema della giustizia e la tesi della tradizione (Cefa-
i piaceri e le gioie della gioventù, altri ne considerano soltanto i ma- lo - Polemarco)
li "ma di questi rimpianti, di queste lamentele contro i propri pa-
renti, una sola, o Socrate, è la causa più vera, non la vecchiaia, ma la Socrate non si accontenta della risposta di Cefalo, che rispecchia
la mentalità della tradizione; vuole di più, desidera approfondire il

\ Gli uomini della tradizione sono Cefalo, Polcmarco elisia; Trasimaco, Carmamide e Cli-
tofonre quelli dalle nuove concezioni. • Rep" 329 d.
, Rep .• 328.
5 F. ADORNO, Introduzione, in PLATONE, Opere politiche di Platone. Repubblica, dt., p. 22,
3 Rep., 328 e. 6 Ivi, p, 23.

68
69
senso troppo ristretto, quasi economico'), afferma il Marino Gentile ll ,
problema, andare oltre i fini particolari, come pure lo desidera Pla-
Seppure è una definizione, non bisogna prenderla troppo alla let-
tone che vuole superare quel mondo, ormai troppo sorpassato, per
tera; bisogna invece considerare l'importanza di alcune affermazioni,
rispondere alle esigenze del momento.
fatte da Cefalo precedentemente, e che non a caso Platone ha volu-
"Tu parli così, o Cefalo, dice Socrate, perché sei ricco e quin-
to che proprio lui pronunciasse.
di non hai nessuna preoccupazione, e credo che i più non approvI-
Cefalo ha detto che il bene per un uomo di senso "sta nell' esse-
no l e tue paro l e"7 . re misurati". E Don è di poca importanza, se si considera che questo
"Tu dici la verità, o Socrate, ma se è vero che un uomo ra-
è il tema fondamentale di tutta la Repubblica.
0.0

gionevole, se povero, non potrebbe molto agevolmente sopportare la Platone ha posto in bocca a Cefalo, uomo del passato, un' affer-
vecchiaia, ugualmente un uomo irragionevole, sia pur avendo mes- mazione, che è il cardine su cui ruoterà tutta la sua opera e, non a
so insieme un patrimonio, mai potrebbe trovare in se stesso una pie- caso, perché Platone, pur considerando i difetti della tradizione, sa
na serenità"8. che essa ebbe un tempo una forza spirituale non comune e rispose a
"Ma, domanda Socrate, qual è il vantaggio della ricchezza?". vive esigenze.
E il buon Cefalo, ormai vecchio e prossimo alla morte, non tro- "Ed ora parla tu, che sei l'erede del discorso", esclama Socrate a
va risposta migliore se non riporre il vantaggio della ricchezza nel- Polemarco, che si era intromesso nella discussione, citando una fra-
la possibilità che questa gli dà di adempiere ai propri doveri di uo- se di Simonide 12 •
mo giusto e partirsi da questo mondo "senza tema alcuna delle pe- Cefalo non discute, si allontana subito perché non ha più nulla
ne che dovranno patire nell'Ade coloro che sulla terra hanno com- da dire. Suo figlio sì, invece, perché, a differenza del padre, ha anco-
. .
messo IngiUStiZie .
""9 ra un lungo cammino da percorrere e vuole chiarire ad ogni costo i
SÌ, perché per un vecchio ormai sulla soglia della morte, il van- problemi, con i quali dovrà poi cimentarsi nella vita.
taggio della vita trascorsa consiste proprio nel non aver commesso Socrate non si risparmia con i giovani cresciuti con la vecchia men-
ingiustizie e cioè: "non ingannare, non mentire, sia pU~'e se~za vol~r­ talità. Se con Cefalo ha mostrato comprensione e rispetto, con Pole-
lo, non essere debitore di nessuno, di sacrifici a un DlO, dI denan a marco è ironico, duro e sprezzante, proprio alla maniera dei sofisti.
un uomo, ed andarsene senza tema alcuna aI mon d o d'l 1"'\0
a . E qui Platone dà ragione ai sofisti della prima generazione, del-
Una definizione della giustizia quella data dal vecchio Cefalo in "un la forza di un Protagora e di un Gorgia, che per primi si levarono a
combattere le idee cristallizzate e vuote della vecchia mentalità.
Socrate con Polemarco è volutamente sofistico, perché sa che i
, Rep., 329 ,-330.
H Ibid.
Il M. GENTILE, Ld politica di Platone, Padova, Ccdam, 1941,.pp. 34~35.
9 Ivi" 330 d-e.
12 Rep., 331 c.
lO Lvi, 331 b.

71
70
degli amici, a danno dei nemici"!5
giovani come lui devono essere smossi da quel torpore nel quale so-
La giustizia
,f l non può consistere in questo ' perche' l' uomo gIUsto
.
no cresciuti, se si vuole che essi dicano qualcosa di nuovo ed operino
non puo ar"ma e ai ~emici, non può renderli più cattivi di quel che
un rinnovamento in seno alla società, di cui fanno parte.
Si pone così il problema della giustizia, la quale, secondo Pole-
sono,
. come undmUSI
h'" d co non puo'ren
dere musicalmente incolti gli al-
tn e c ,I S l~t~n e 'equitazione non può in virtù della sua arte ren-
marco, consisterebbe nel dare a ciascuno il suo, "ciò che a ciascuno
dere gh altri metti a cavalcare"!6.
si deve e cioè il bene agli amici, il male ai nemici"13.
E "così .pure un uom o b tiono non pua' rendere cattivo un altro
percheI aZI~ne dell'uomo giusto non può essere causa di male né ad
Ma se _ controbatte Socrate - al malato è più utile il medico, al
navigante il nocchiero, a chi possiede un campo l'agricoltore, quan-
un ;~ICO ne a nessun altro, mentre causa di male è piuttosto l'azio-
do sarà utile l'uomo giusto? ne e suo contrario, cioè dell'uomo ingiusto l7 ,
Se è vero anche che, per qualsiasi attività, ci si serve di chi vera-
mente ci può essere utile, come nel giuoco degli scacchi di chi sappia
veramente giocare, nelle costruzioni dell' architetto, nel suonare gli Trasimaco e l'atteggiamento di Socrate
strumenti a corda del citarista, ove ci può essere utile l'uomo giusto?
"In quegli affari ave si tratta di denaro, mi sembra", risponde Po- AI docile arrendersi di Polemarco, Trasimaco ch ., d
to se ni d'im' ". ' e gla aveva a-
lemarco. g . paZienza, raggomltolatosi tutto su se stesso come una
Ma, obietta So~rate, per acquistare un cavallo, un campo ci si b
I e Iva, . Cl voless e.s branare", con un)irruenza pari a quella di Po-
quasI
serve di chi s'intende di cavalli e di campi e così via, e non dell'uo- o ~ CallIde del Gorgza platonico, interrompe il dialogo, scaricando
mo giusto. Per cui ne deriva che l'uomo giusto sarà utile solo nel sa- su oc~ate e Polemarco tutto il veleno accumulato nella lun
portazlOne di ciò che aveva fin ora asco Itato. ga sop-
per conservare un deposito di denaro.
Ma si sa anche che tutto ciò che è messo da parte, finché non è Tr.asimaco n~n approva ciò che i due si vanno dicendo e li accu-
usato, è inutile e quindi - conclude Socrate - eccO che la giustizia è sa di ciance e reCiproche concessioni, che non risolvono il problema
utile solo per le cose inutili!4. posto, ma. agevolano
. b Socrate nel suo solito metodo Ch e conSIste
J
. neI
E sempre con dialogare incalzante, volutamente sofistico, Socrate mettere m .1m arazzo gli altri, senza mai dare egl'I stesso una risposta
.
costringe Polemarco a riconoscere le inesattezze delle sue affermazioni
suo Inter
d i Il fi' d Il ven o e VIO ento, concitato e sprezzante, alla maniera.
t" I

e il ridicolo contenuto nelle massime e nei detti dei poeti, che defini- e so stl e a peggIOre specie.
rebbero la giustizia "una qual sorta di ruberia, volta però a vantaggio
" Rep., 334 b.
1(, Ivi, 335 b.
" Rep., 332 b. 17 Ivi, 335 b-335 e.
" lvi, 332 d·333 d.

73
72
Il fatto che Trasimaco di Calcedonia fosse considerato un elemen- quel tempo, e preparare il terreno alla risposta del Maestro.
to di spicco del mondo sofistico ateniese, ha fatto supporre ad alcuni La sottile ironia ora si fa più sferzante e il dialogare, prima pa-
studiosi, quali l'Adorno e il Marino Gentile, che Platone non tenga cato e quasI senza mordente, ora acquista un tono più vivace ed in-
conto del Trasimaco storico, ma, colorandolo con l'abile tinta della teressato.

sua ironia, abbia voluto presentarci soltanto un esponente della nuo- Viene in mente l'altro dialogo, il Gorgia, ave lo sviluppo psico-
logico è quasi identico. I! contrasto tra il diritto naturale e la legge si
va mentali tà.
Una cosa sembra certa, comunque, che nell'atteggiamento, sia ripropone per bocca di Trasimaco nella stessa maniera con cui lo im-
pure volgare e sfrontato, di Trasimaco si nota una vibrante necessi- postano Polo e Callicle l9 •
tà di voler impostare il problema della giustizia, scrollandosI d, dos- La reazione di Socrate è pacata, ma decisamente ironica, tanto
so qualsiasi pregiudizio che ne possa impedire una risoluzione chia- che costringerà Trasimaco ad "arrossire') perché non sarà più sicuro
delle affermazioni così spavaldamente fatte in precedenza.
ra e sicura.
Questa necessità di volere affrontare il problema rileva il suo la- Socrate confuta con una serie di esempi chiari ed inequivocabi-
to positivo, cioè la consapevolezza di vivere in una società ~on p.il~ li la definizione che Trasimaco ha dato della giustizia, la quale consi-
rispondente ai propri ideali e la naturale esigenza a svelare I motiVI sterebbe, secondo lui, in "ciò che giova al più forte".
per poter porre le basi di un efficace rinnovamento. Ma la giustizia, ribatte Socrate, non può giovare al più forte, co-
Trasimaco non sopporta a lungo il dialogare di Socrate con Po- me qualsiasi arte, che sia veramente tale, non può cercare l'utile di se
lemarco, perché giudica inutili i discorsi impostati ancora alla vec- stessa, bensì di coloro cui essa è rivolta.
chia maniera, riguardanti situazioni e fatti che non sono più rispon- I! medico, in quanto tale, cerca l'utile dei malati, il nocchiero
dei marinai, l'ippica dei cavalli e via dicendo.
denti alle reali esigenze dell' epoca.
, Veniamo alla realtà - dice Trasimaco - guardiamo com' è orga- Così pure la giustizia, che sia veramente tale, non può cercare l'u-
nizzata la società, quali uomini la compongono e in quale modo la tile di se stessa, ma tende e deve tendere, al pari delle altre arti, all'u-
tile ed al benessere di chi a lei è subordinato e cioè del più debole20 •
reggono.
Esaminiamo le cose cosÌ come sono e discutiamo su di esse sen- A questo punto lo smacco per Trasimaco è evidente.
za perderci in inutili rammarichi e considerazioni infruttuose dal pun- La conclusione di Socrate sulla giustizia è nettamente opposta a
l8 quella che egli spavaldamente aveva creduto di definire.
to di vista pratico •
Socrate voleva proprio questo; Platone ce ne dà conferma, pren- Ma Trasimaco non si arrende, non sopporta che il "molto inge-
dendo lo spunto dalla figura di Trasimaco per illustrare lo stato di nuo" Socratepossa metterlo in difficoltà; soprattutto non sopporta
corruzione e di disordine morale in cui versava la società ateniese di
19p LATONE,'o'Pere. C ' 470 c-d, trad. di autori vari, Bari, Laterza, 1966.
orgIa,
'" Rep., 341 c-343,
'" Rep .• 336 b-336 c.

74 75
gli sguardi ironici dei presenti, che rivelano l'unanime e tacito con- tutto ciò che viene a giovamento e profitto personali"22.
senso alla chiara confutazione del Maestro e scarsa convinzione su A parte l'acredine di Trasimaco e lo smacco subito, il suo lungo
discorso vuole porre il dito sulla piaga del tempo, sulla corruzione e
ciò che potrà rispondergli.
È il tipico atteggiamento di chi crede di sapere e poi improvvi- sul caos morale che imperavano in Atene.
La situazione è veramente cosÌ drastica: i valori morali sono soy-
samente s'accorge di non sapere nulla. .
Una situazione davvero imbarazzante, quasi drammatica, che Pla- vertiti dall' egoismo e dal profitto personali.
tone con profondo acume psicologico sa rendere meravigliosamente. A Socrate non dispiace che Trasimaco dica le cose realmente come
È inevitabile la reazione di Trasimaco, come nel Gorgia quella di stanno, perché solo così si può sentire l'esigenza di porre dei rimedi.
Polo e Callicle, di fronte alla limpida chiarezza di Socrate. In fondo la Sofistica della prima generazione e Socrate sono d'ac-
È una reazione sproporzionata, piena di acredine da una parte per cordo sulla necessità di un rinnovamento, anche se poi i metodi e i
lo smacco subito, e dall' altra soflÌlsa di commiserazione per il povero mezzi suggeriti non coincidono.
"ingenuo" Socrate, che ancora crede nella buona volontà degli uomini. La Sofistica sappiamo che riponeva la virtù dell'uomo nella ca-
La situazione è diversa per Trasimaco; bisogna guardare la realtà pacità che egli aveva di dominare con la parola gli altri.
per quella che è storicamente. Non bisogna cullarsi nelle considera- Mentre Socrate, la stessa virtù, la riponeva nella capacità dell'uo-
zioni di quella che essa dovrebbe essere, altrimenti si corre il rischio mo di riconoscersi come uomo, cioè come essere pensante e coscien-
di essere menati per il naso da chiunque. te delle proprie funzioni.
I! giusto ci rimette sempre e si può facilmente dimostrare come Le concezioni sono nettamente diverse, ma la posizione di par-
invece l'ingiusto, colui che veramente sappia essere completamente tenza identica.
ingiusto e cioè "chi si impadronisce non solo dei beni dei propri cit- Per cui Socrate non è che disdegni la cruda realtà posta da Tra-
tadini, ma dei cittadini stessi riducendoli in servitù ... viene chiamato simaco, ma vuole a tutti i costi andare all' origine dei mali della so-
felice e beato non solo dai suoi concittadini, ma da tutti coloro che cietà ateniese, perché si possano conoscere le cause e quindi propor-
sappiano come egli abbia attuato la più piena ingiustizia"2!. re i rimedi.
"Perché, aggiunge Trasimaco, quando l'ingiustizia viene biasima- Egli è pienamente d'accordo con Trasimaco sui mali che rodono
ta non è per timore di commettere l'ingiustizia, ma per timore di do- la società ateniese, ma non può convenire con quelle che sono le sue
verla subire. Ecco, dunque, Socrate, che l'ingiustizia, quando sia tale convinzioni sulla giustizia.
da potersi mantenere, è più forte, più libera, più potente della giu- I! problema per Socrate è di fondamentale importanza; non si
stizia, e, come fin da principio ho detto, ecco che la giustizia consiste tratta di definire "una cosa da nulla, ma la stessa norma della vita
appunto in ciò che giova al più forte, mentre l'ingiustizia consiste in quella norma che ciascuno di noi deve seguire per attuare nel mod~

22 Ivi, 344 c.
" Rep .• 344 b-344 c.

76 77
loro a pensare e a vivere, secondo la "verà' natura di ogni uomo.
migliore la propria esistenzà'23.
Nel richiamo di Socrate alla norma della vita crediamo di poter Socrate era convinto che filosofore volesse dire vivere, che il pensie-
r~ non potesse essere disgiunto dall'azione, tanto convinto che prefe-
riporre tutta l'importanza del pensiero plaronico.
Filosofare, egli afferma nel Politico, è un lungo e serio lavoro, è n bere la cIcuta alla ritrattazione delle sue idee o alla vita anonima e
imparare a pensare, a divenire "abile dialettico)); filosofare non è una tranquilla dell' esilio.
scienza come un'altra che ha per contenuro un qualsiasi oggetto, ma I! discorso immaginario delle Leggi, che si fanno innanzi a So-
per suo contenuto ha la stessa vita, ciò per cui l'uomo è uomo, cioè erate mentre egli fugge dalla sua città per scampare alla morte, è una
lo stesso pensiero'4. pagina non solo altamente educativa per il suo vigore morale, ma so-
Lo Jaeger, nella sua opera principale, riassume in poche parole prattutto valida a comprendere l'importanza che Socrate attribuiva
il fine della lunga ricerca platonica: per Platone ogni sforzo di cono- al dovere di ogni uom0 26 •
scere il vero si giustifica alla fine non già ... col desiderio di risolver Dovere che per Soerate, come per Platone, si riassume nel famoso
l'enigma del mondo in sé e per sé, ma con la necessità di conoscere imperativo categorico "nosce te ipsum') come il solo mezzo per pra-
per conservare la vita e per dare ad essa una forma"25. ticare la giustizia, vera norma di vita, unica luce nel nostro diffici-
Infatti, il fine principale perseguito da Platone in tutte le sue ope- le cammino.
re, afferma l'Adorno, è quello di insegnare a vivere, a conoscere se La divagazione dal testo è stata spontanea; la fretta di Trasimaco
stessi e gli altri, in modo da poter agire coscientemente in una co- di abbandonare la discussione dopo aver "scaraventato" sugli astanti
munità d'individui coscienti, volti verso un ideale di vita superiore. "un diluvio" di parole, è veramente ridicola e mostra tutta la sua su-
Nell'animo di chi legge riecheggiano profondamente le parole perficialità di fronte al vigoroso richiamo di Socrate sulla fondamen-
di monito che Socrate rivolge al frettoloso Trasimaco e ci piace ri- tale importanza del problema che si sta discutendo.
portarle ancora una volta per rilevarne l'alto valore morale: "O divi-
Anche Callide, nel Gorgia, afferma all'incirca le stesse cose e ri-
no Trasimaco, credi di aver definito una cosa da nulla e non la stessa
du.ce i r~pporti sociali in termini di mera forza, tutta a vantaggio di
norma della vita, quella norma che ciascuno di noi deve seguire per
chI sappIa essere perfettamente capace di dominare gli altri 2 ?
attuare nel modo migliore la propria esistenza?".
La concezione politica di Callide e Trasimaco è ovviamente riget-
Proprio in queste parole rifulge, in tutta la sua elevatezza morale, la
tata da Socrate. Soprattutto perché egli, come afferma anche Marino
figura di Socrate che perseguì lo stesso fine, quello di ricordare agli uo-
mini la loro caratteristica principale, in quanto esseri razionali, insegnar
26,?icc i~ Gomperz: "Ciò che c'è di più rimarchevole nel Critone è l'elevatezza morale che
marufcsta,
VI ISI " 'elevatezza
" che oltrepassa di <assai quella d eI GJorgla,
. e c he trova un nscontro
.
" Rep., 344 d-e. so tanto ne,l pnmlllbn della Repubblica" (T. GOMPERZ, Pensatorigreci, trad, it., Firenze, La
Nuova Itaha, 1968 (orig. 1893), val. III p. 315).
24 Politico, 286 a~287 a.
27 Gorgia, 482 e 5S,
25 W. JAEGER. Paideia... , cit., p. 140.

78 79
Gentile, non approva il loro modo di dire le cose, senza alcuna pre- virtù della propria arte, dovendola esplicare gratuitamente, è logico
occupazione di esaminarle attentamente prima di esporle e se queste che non ne ricavi beneficio alcuno, se non sacrifici e rinunce di ogni
possono essere accettate dagll· altn'28 . genere 31 ,
Socrate ama troppo la verità, perché possa accontentarsi di una "Nessuno, quindi, di propria spontanea volontà si assume il com-
semplice parvenza e si meraviglia di come Trasimaco possa desidera- pito di governare e di occuparsi dei malati altrui nella buona intenzio-
re di abbandonare la discussione, quando invece restano ancora mol- ne di guarirli, ma un compenso ne chiede, perché se vuoi esercitar
ti punti in contrasto 29 . sul serio l'arte propria, non fa mai, né prescrive, in quanto davvero
La discussione continua, proprio perché Socrate vuole che siano opera in virt~ della sua arte, quello che è il vantaggio di chi è gover-
approfonditi i termini della ricerca. nato da lui. E naturale dunque che per tutto questo si debba assicu-
Bene, ribatte ancora Socrate, ammettiamo che sia come tu dici, rare una mercede per chi consenta ad assumersi il Governo, o dena-
Trasimaco; "ma tu credi davvero che coloro che governano gli Stati, ri od onori o pena se non governa ... ".
e intendo dire quelli che governano sul serio, lo facciano proprio di " ... Certo, perché la gente per bene non vorrà governare né per
loro spontanea volontà?". E Trasimaco: "Non è che lo creda, ne so- denaro né per onore: non vogliono infatti essere chiamati mercena-
no assolutamente certo ... "30. ri apertamente accettando, quale compenso della propria opera, una
Socrate, allora, per dimostrare come anche questa affermazione mercede, ma neppure ladri, assicurandosi di nascosto e per conto pro-
non corrisponda al vero, riprende l'esempio del medico e distingue prio un certo guadagno, approfittando d'esser al Governo. Né, d'al-
nella sua attività due arti: una che consiste nel saper curare gli amma- tra parte ambiscono agli onori, ché non sono affatto ambiziosi. Bi-
lati, l'altra nel trarre un vantaggio personale, esigendo una mercede. sogna dunque, se debbono assumersi il Governo, che vi si aggiun-
Sono queste due arti distinte. Lo stesso si può affermare per ogni ga un certo obbligo ed una certa pena: anzi di qui deriva il fatto che
altro professionista ed anche per coloro che assumono le redini del sia ritenuto poco onorevole l'offrirsi, senza attendere che ci si sia co-
Governo. Per cui ne deriva che il medico in virtù della propria arte, stretti: e la più grave punizione è d'esser governato da uno peggiore,
cioè nel saper curare gli ammalati, non può tendere al proprio inte- quando appunto chi è migliore si rifiuti di assumere il Governo; ed
resse, bensì a quello del malato. è proprio per timore di questa punizione, a me sembra, che i buo-
Sì, perché altrimenti, esigendo un qualsiasi compenso, costui non ni governano, quando pur governano, ed il potere accettano non co-
praticherebbe l'arte della medicina, bensì quella di guadagnarsi la vita. me un bene che capiti loro, né sperandone piacere alcuno, ma come
Pertanto il medico o qualsiasi altro professionista che agisca in una necessità e perché non trovano nessuno, migliore o uguale a lo-
ro, a cui affidarlo".
"In uno Stato di gente per bene possiamo supporre, invece, che
28 M. GENTILE, La politica di Platone, cit., p, 37.

" Rep" 344 e·345 b.


30 Ivi, 345 b. " Rep .• 346·346 e.

80 81
farebbero a gara fra loro non come avviene oggi per comandare, ma sull'ingiusto.
per sfuggire al potere, e chiaramente si potrebbe ottenere come chi Mentre quest'ultimo indifferentemente vorrebbe dominare sia su
governa sul serio per sua natura non tende affatto al bene suo perso~ chi gli è simile sia su chi non lo è, cioè tanto sul giusto, quanto sull'in-
naie, quanto piuttosto al bene di chi da lui è governato, per CUI ognI giusto.
uomo che abbia la testa a posto preferirebbe esser l'oggetto delle cu- Ma un musico, un medico, nel mentre esplicano le loro funzio-
re altrui piuttosto che doversi assumere il peso di giovare ad altri. ni, non pensano mai di sapere più di chi a loro è simile, bensì di chi
In nessun modo, dunque, io concedo a Trasimaco questo, che in quelle stesse funzioni sono ignoranti.
·
giusto sia ciò che gIOva alplU
" iOrte
C "32
. Mentre l'ignorante vorrebbe sopraffare tanto il suo simile quan-
Ma il problema per Socrate è ben più grave: Trasimaco con le to chi sa veramente.
sue affermazioni capovolge addirittura i tradizionali valori morali, am- Ma chi è sapiente e buono costui, proprio per la sua bontà, non
33
mettendo per virtù la perfetta ingiustizia e per vizio la giustizia . vorrà mai sopraffare i suoi simili; mentre chi è cattivo ed ignoran-
Socrate rimane sconcertato di fronte a tanto cinismo. Non ave- te vorrà avere il sopravvento tanto su chi gli è simile quanto su chi
va mai messo in dubbio il possibile disaccordo degli uomini sull'uti- non lo è.
lità o meno del seguire le regole della giustizia. Dunque, l'uomo giusto somiglia a chi è sapiente e buono, l'in-
Ma che questa fosse in sé da considerare un male e al contrario giusto invece a chi è cattivo ed ignorante35 .
l'ingiustizia un bene, su questo no, non credeva che qualcuno po- A questo punto, la dimostrazione è chiara: l'uomo giusto è an-
tesse dubitare. che virtuoso, l'ingiusto è ignorante; giustizia è virtù e sapienza, men-
Perciò il problema appare quasi insolubile con tali errate con-
tre vizio ed ignoranza l'ingiustizia·lO ·
vinzioni, perché non si può definire la giustizia, quando di essa si ha
Trasimaco è chiaramente in imbarazzo; arrossisce e suda abbon-
un'idea del tutto sbagliata. dantemente.
Socrate, comunque, non si perde d'animo e, sia pure sconcerta-
Lo nota Socrate con compiaciuta malizia; ce lo fa rilevare Plato-
to per la serietà con la quale Trasimaco esprime le sue errate opinio-
34 ne, calcando la mano sulla descrizione psicologica del personaggi0 3?
ni, si accinge a combatterle con il solito metodo dialettico •
Ma la discussione continua: si tratta ora di dimostrare, afferma
Fa notare a Trasimaco, come l'uomo giusto, appunto perché un
gran semplicione, non voglia mai avere il sopravvento sul suo simi-
le; vorrebbe averlo, se vi riuscisse, invece su chi gli è contrario, cioè ;; Rep., 349 b-350 C.
36 Lvi, 350 d.
37 lvi, 349 d. Anche il Gomperz afferma: ", .. Platone aveva bisogno di un contrasto che va-
" Rep., 346 e-347 c. lesse a dar rilievo ,ùla dottrina enunciata da Socrate, e ha giudicato non disdicevole di pre-
33 Ivi, 348 b-e. sentare il retore di Calcedonia tome l'avversario della tesi principale della Repubblica: la
giustizia rende il giusto felice" (T. GOMPERZ, Pensatorigreci, cit., p. 328) .
.'14 Ivi, 348 e-349.

82 83
Socrate, se la giustizia sia più forte o meno dell'ingiustizia, tenendo vita dell'ingiusto.
presente, come già si era rimasti d'accordo, che giustizia è virtù e sa- Infatti, se è vero che ogni cosa ha la propria funzione (virtù), che
pienza, ignoranza l'ingiustizia. consiste proprio in ciò che si può fare soltanto con essa e nel modo
Che la giustizia sia più forte dell'ingiustizia è facilmente dimo- migliore, è anche vero che questa procura una certa felicità (1'occhio
strabile. Infatti anche "uno Stato, un esercito, una banda di predato- che vede bene è virtuoso, quindi felice, vizioso l'occhio che vede ma-
ri, o qualsiasi altra gente associata insieme per compiere una qualche le, quindi, infelice).
mala azione non potrebbero riuscire ad avere un qualsivoglia successo Ma anche la giustizia è virtù, e quindi, come tutte le virtù, pro-
. lassero l'e rego le d e11 a gmstlZla'
se gli uni nei confronti d egl i altri VlO . .. "18 . cura felicità.
Avrebbero maggior successo, se rispettassero invece le regole del- Ecco dunque che l'uomo giusto, virtuoso, colui che vive bene, è
la giustizia. felice, infelice l'ingiusto.
Ecco dunque come anche da parte di coloro che volessero com- Quindi non è assolutamente vero che l'ingiustizia sia più utile
mettere una cattiva azione, per essere concordi gli uni con gli altri, della giustizia, perché, dopo quanto si è detto finora, risulta che l'uo-
avrebbero necessità della giustizia, perché da questa sbocciano con- mo giusto è più sapiente, più virtuoso, più felice dell'uomo ingiusto"l.
cordia ed amicizia mentre "l'ingiustizia procura fra gli uomini dis- Si conclude così la confutazione da parte di Socrate del ragiona-
sensi, odi, battaglie"39. mento di Trasimaco, il quale, al colmo dell'irritazione per lo smac-
E non basta, perché, "in chi essa si generi, stato, famiglia, eser-, co ricevuto, termina il suo dialogo con una frase fuori luogo e sen-
cito, chiunque, innanzi tutto lo rende incapace di attuare se stesso in za senso.
armonia per quel conflitto e quella discordia che esso appunto susci- Scompare così dalla scena il povero Trasimaco, dopo aver SOste-
ta, non solo, ma lo rende inoltre nemico di se stesso, nemico di tutti nuto prima con spavalda sicurezza e poi man mano con sempre pa-
coloro che sono a lui contrari e che sono giusti" e naturalmente ne- lese incertezza la tesi degli uomini nuovi.
mico anche degli dei. Tesi che è valsa però a farci comprendere la confusione morale
È chiaro, dunque, come la giustizia sia più forte dell'ingiustizia, che imperversava nella società dell' epoca.
proprio perché gli uomini giusti sono più saggi, migliori e più capa-
ci di agire, mentre gli ingiusti sono incapaci persino di agire, per la
discordia e i dissensi che l'ingiustizia suscita in essi40 •
Ma la vita del giusto è anche migliore e quindi da preferirsi alla

38 Rep., 351 c.
39Ivi,351d.
40 Rep., 352 c-354. 41 Ibid.

84
85
L'obiezione di Glaucone e il contrasto Natura-Legge altri. Colui che, infatti, può commettere sopraffazioni, e che è uomo
davvero, non stipulerebbe con nessuno la convenzione di non dover
La tesi di Trasimaco viene poi ripresa da Glaucone", il quale met- offendere né di essere offeso: pazzo sarebbe.
te in risalto la concezione comune che i più hanno della giustizia. Questa dunque, o Socrate, la natura della giustizia, queste le cir-
La maggior parte degli uomini preferisce la vita dell'uomo in- costanze che le danno origine: cosÌ almeno si dice"45.
giusto a quella dell'uomo giusto, perché troppo ardua è la strada del- Glaucone con l'ultima frase precisa ancora che questa è l'opinio-
la giustizia e troppo faticosa per chi voglia percorrerla fino in fon- ne corrente sulla giustizia, non la sua che "non sono affatto di questa
do; mentre l'uomo ingiusto, colui che sappia essere tanto ingiusto da opinione: resto però perplesso, rintronati come ho gli orecchi dai di-
non essere mai colto in fallo e quindi apparire agli altri con la veste scorsi di Trasimaco e di tanta altra gente, mentre non ho mai ascolta-
dell'uomo giusto, ebbene quest'uomo gode di molti benefici e la sua to nessuno difendere, come intendo io, la giustizia, dimostrando che
vita è senz'altro più felice di quella dell'uomo perfettamente giusto 4'. la giustizia è migliore dell'ingiustizia: vorrei cioè sentirla lodare in sé
Infatti, continua Glaucone, i più affermano che è meglio com- e per sé, e credo che soprattutto da te potrò saperlo"".
mettere ingiustizia che subirla, perché è innato nell'uomo l'istinto di Il quadro prospettato da Glaucone si riferisce alle conseguenze
sopraffare chiunq ue gli sia vicino e solamente la paura dei più debo- estreme e pericolose delle nUOve concezioni di vita, cioè le conseguen-
li di essere sopraffatti ha portato l'uomo a stipulare una convenzione z~ sul piano politico della degenerata Sofistica e al contrasto, sempre
con il suo simile e a creare la legge. v!vo e attuale, tra natura e legge, messo già in evidenza negli altri dia-
La legge, quindi, non è altro che un mezzo escogitato dai più loghi platonici (Gorgia, Protagora).
deboli per non essere sopraffatti dai più forti, i quali per la loro natu-
ra non stipulerebbero mai un patto del genere, perché non ne avreb-
bero bisogno 44 • Giustizia, ingiustizia ed utilitarismo
Da questo patto, voluto dai più deboli, dalla legge quindi trae
origine la giustizia: "termine medio fra il bene maggiore, essere in- Socrate vorrebbe rispondere a Glaucone, ma Adimanto, suo fra-
giusti senza pagarne il fio, ed il male peggiore, offeso, non potersi ven- tello, non gliene dà il tempo, sostenendo la tesi opposta, la tesi di
dicare: posta fra questi due estremi la giustizia non è desiderata come coloro che vedono nella giustizia e nell'ingiustizia solamente un mo-
un bene, ma rispettata in quanto non si ha la forza di sopraffare gli tivo di lode o di biasimo, cioè tutto ciò che ne deriva, trascurando
quello che è il valore in sé e per sé della giustizia e dell'ingiustizia.
Troppo si è discusso, afferma Adimanto, sui pregi e sui difetti
" Rep., II 357 a.
H Ivi, 359 c-362 c. Per avvalorare le sue affermazioni, Glaucone narra il mito dell'anello di
Gige. 45 Rep., 359 a-b.
44 Rep., II 358 '·359 b. " Ivi, II, 358 c·358 d.

86 87
dei due termini, sulla buona reputazione e la fama che provengono tempo che fu, i cui discorsi si sono mantenuti fino ai nostri giorni,
all'uomo giusro, tirando in ballo persino gli dei, che riservano, come nessuno ha ancora condannato l'ingiustizia o lodata la giustizia, quan-
affermano anche i poeti, abbondanza di frutti e di piaceri all' uomo to piuttosto la fama, gli onori, i premi che ne risultano: ma per quel-
giusto, invece "melma" e pene teiTi'b'l'
Ila Il' uomo . . to" .
lnglus la che è la giustizia in sé, quella che è in sé l'ingiustizia, quello che è
Nella giustizia e nella ingiustizia finora gli uomini non hanno il loro genuino valor nell' anima in cui si trovano, senza che Dei ed uo-
visto altro che un'utilità propria, un vantaggio ricavato o da ricava- mini le conoscano, nessuno ancora né in versi né in prosa, ha esau-
re, secondo gli insegnamenti della tradizione e persino dei poeti, che rientemente e logicamente dimostrato che l'una è di tutti i mali il
dagli uomini sono considerati come ispirati dagli dei. male più grave dell'anima, mentre l'altra, la giustizia, è il bene più
Gli stessi poeti finora non hanno fatto altro che biasimare la vi- alto dell' animà'49.
ta dell'uomo ingiusto ed esaltare quella del giusto, enumerando nelle Così si pone il problema fondamentale della Repubblica, anzi di
loro opere i "benefici, i premi e i castighi che ne derivano". tutta la ricerca platonica, che, per bocca di Adimanto, rispecchia l'e-
Ma nessuno finora ha parlato della giustizia in sé e del suo valo- sigenza di Platone stesso di chiarire il problema, "di ritrovare un si-
re, di che cosa sia in sé l'ingiustizia e quale il suo disvalore. lànro che gnificato ed un valore all'azione umana, per cui l'uomo davvero si
nessuno volontariamente e coscientemente segue la giustizia, ma so- possa dire felice, fondando il valore su eterni valori oggettivi, posti
lo per i benefici che ne ricava; come del resto è anche vero che nes- anche se non come attuali, come impegno e dovere"50.
suno condanna l'ingiustizia, se non "per vigliaccheria, per vecchiaia, È qui implicito tutto il problema di Platone; l'esigenza di dare
o perché una qualche altra infermità gl'impedisce di commetterla"48. un contenuto al pensiero del suo Maestro e di chiarire soprattutto i
Adimanto ha così prospettato le conclusioni estreme e decaden- numerosi problemi che lo angustiavano, si rivela qui, più che altro-
ti della tradizione che coincidono con quelle, precedentemente chia- ve, in tutta la sua umana drammatici tà.
rite da Glaucone, della degenerata Sofistica, causando entrambe il di- Da tempo Platone aveva avvertito tale esigenza.
Il pensiero del suo Maestro doveva essere concretizzato; necessi-
sordine morale nella società del tempo.
tava staccarsi definitivamente dalla tradizione e dal suo utilitarismo,
come dalle degenerazioni del pensiero degli uomini nuovi.
Il problema fondamentale della Repubblica Platone non si accontenta più di vaghe risposte; desidera andare
in fondo al problema; è questa l'esigenza platonica; esigenza dei mi-
"Amico mio mirabile - continua Adimanto - di tutti voi, che gliori e non a caso Platone pone l'urgente domanda in bocca ai suoi
della giustizia vi alzate a difensori, a cominciare dai primi eroi, del fratelli, che egli dice di "stirpe divina".

" Il,p .. II, 366 d-367.


" lIep .• Il 362 d-366 d.
50 Cfr. l'introduzione di F. Adorno alle Opere politiche di Platone. . , dc, pp. 34-38.
'" Ivi. Il 366 d-367.

88 89
"Pertanto, o Socrate, ... appunto questo lodarci della giustizia, Socrate non sfugge all'interrogativo postogli da Adimanto, an-
quale valore abbia in sé e perché convenga essere giusto, e così della zi sembra aver già previsto le inevitabili conclusioni alle quali i due
ingiustizia, quale sia in se stesso il suo disvalore, la sua inutilità: le ri- giovani fratelli di Platone sono giunti.
compense e la fama altri le lodino. Ma è chiaro ormai che Socrate d'ora in poi parlerà solo per boc-
Per me, potrei pure accettare da altri questi elogi della giustizia e ca del suo grande discepolo, perché Platone stesso darà man mano le
queste critiche all'ingiustizia, preoccupati soltanto di quella fama e risposte ai problemi assillanti ed urgenti che gli si pongono.
di quella ricompensa che l'una e l'altra posson fruttare: ma non da te, Inizia così l'esame della giustizia in sé; Platone prima esamine-
se non ti dispiace, che rutta la vita hai consacrata all'esame di que- rà quale sia la natura della giustizia in seno allo Stato, poi quella in
sto solo problema. Discutendo non ti limitare, dunque, a dirci che seno all'individuo, cercando di scoprire la somiglianza che c'è fra il
la giustizia è da preferirsi all'ingiustizia, ma facci capire perché gli ef- grande e il piccolo, COme naturalmente appare più logico per chi ve-
fetti che 1'una e 1'altra in sé e per sé produce, in chi la possiede, sia de poco, leggere prima le lettere grosse ed esaminare poi le piccole,
che costui sfugga o no agli sguardi degli dei e degli uomini, è l'una per vedere se sono le stesse 52 .
un bene e l'altra un male"5l. Lindagine in questo modo appare meno difficoltosa e ci farà in-
Nella lettura del testo platonico, a questo punto, ci si sente co- travedere la delineazione dello Stato perfetto, nel quale la Giustizia,
me liberati da un senso di disagio di fronte ai numerosi problemi fi- la vera giustizia, divina come lo Stato in cui si trova, quella in cui
nora discussi, senza che vi sia stata una risposta precisa. Platone ha sempre creduto, risplenderà in tutto il suo fulgore e sarà
Chi legge sente naturale e spontaneo il desiderio e la necessità di il modello, verso cui ogni uomo dovrà tendere con tutte le sue forze
chiarire il problema posto. per realizzarla nel miglior modo possibile negli Stati terreni.
Infine, ci si chiede, che cos' è la giustizia, quale definizione si può
dare di essa e cosa l'ingiustizia, giacché si è detto tutto finora, fuor-
ché che cosa siano esse in realtà.
La domanda scaturisce spontanea nell' animo di chi legge, per-
ché la psicologia dei personaggi è resa talmente viva da Platone e l'a-
zione del dialogo si svolge in modo tale, da porci nelle stesse con-
dizioni di Adimanto, di fronte ai problemi che si discutono, con la
stessa sua ansia e con la stessa necessità di risolverli.
In Adimanto si ravvisa Platone, come in Platone l'uomo in ge-
nere alla ricerca della verità.

" Rep .• II 368 d-369 b.

90 91
Quindi, per provvedere alle innumerevoli necessità, più cittadi-
II
ni ci vorranno per formare uno Stato, in modo che ognuno, operan-
do nel campo più congeniale alla sua natura, possa rendersi utile nel
GENESI ED ORGANIZZAZIONE DELLO STATO
miglior modo possibile agli altri.
Ognuno deve fare il proprio "mestiere": questo è il punto cardi-
ne di tutta la filosofia platonica.
Le origini dello Stato Chi fa ciò "per cui è nato", lo fa bene e quindi non può che ren-
dersi utile agli altri; mentre chi fa ciò che presume di saper fare, cer-
Lo Stato sorge, secondo Platone, per l'impossibilità di ciascuno tamente costui arreca danno e contribuisce a creare un certo disordi-
di noi a bastare a se stesso, avendo bisogno di una infinità di cose. ne nella convivenza di cui fa parte".
CosÌ, aggregandoci l'uno all'altro per necessità varie, ci si racco- Infatti "l'agricoltore (che sappia fare l'agricoltore) non si costru-
glie in uno stesso luogo, associandosi insieme per darci reciproco aiu- irà da se stesso il suo aratro, se non ha da essere un buon aratro, né il
53
to: a questa convivenza di individui si dà il nome di Stato . bidente, e nessuno degli altri strumenti agricoli"55, che un buon fab-
Quindi lo Stato sorge per la necessità dei bisogni materiali dell' uo- bro ferraio potrebbe fornire in maniera perfetta.
mo; di qui però può degenerare nello Stato malato, per eccessi di mi- Non solo i fabbri ferrai, ma molti altri simili artigiani necessi-
sura da parte degli uomini o può costituirsi secondo giustizia e se- tano, perché si provveda alle varie necessità di ciascuno individuo.
condo il Bene, se esso è retto ed illuminato. La città, comunque, non è ancora completa, perché è assoluta-
Ma vediamo la distinzione che ne fa Platone. mente impossibile che essa possa sussistere da sola, senza rapporti con
A prima vista lo Stato, per sopperire alle essenziali necessità dell' uo- le altre città.
mo, potrebbe comporsi di pochi individui. Come un solo individuo non può bastare a se stesso, e quindi,
Ma uno Stato perfetto non può sussistere di quattro o cinque perché i suoi bisogni siano esauditi, deve rivolgersi agli altri per lo
persone, perché le necessità sono di gran lunga superiori come nu- scambio di reciproci aiuti, cosÌ una città, non potendo da sola pro-
mero; né queste poche persone possono provvedere alle varie neces- durre tutto ciò che le serve, deve rivolgersi alle altre sue simili per ri-
sità, perché nessuna di esse potrebbe dedicarsi nello stessa tempo a ceverne aiuti, offrendo naturalmente in cambio ciò che le avanza.
più opere e portarle ugualmente bene a termine. Tali rapporti necessari ed essenziali tra città e città richiedono
Infatti, nessuno di noi nasce uguale all' altro, ma ciascuno è per "agenti che si occupino delle importazioni e delle esportazioni, e que-
sti sono i cosÌ detti mercanti".
sua natura diverso dall' altro, e v' è chi nasce per fare una cosa, chi
un'altra.
54 &p., II, 369 d·370 d.
55 lvi, 370 c-d.
53 Rep., II, 369 b·d.

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Tali scambi però, oltre che all' estero, si rivelano necessari anche e Tibullo, ed anche alcuni aspetti della vita di alcune zone della no-
all'interno della città, tanto che i cittadini barattano i prodotti del stra terra.
proprio lavoro, vendendo e comprando. E proprio questa semplicità, questa serenità, frutto dell'appaga-
Ecco, quindi, la necessità della moneta, da usarsi come simbolo mento dei primitivi bisogni e non d'altro, fanno sì che la città, de-
per facilitare gli scambi". scritta da Platone, sia una città quieta, calma, senza ombre, serena,
La città, delineata da Platone, comincia ad avere così un aspet- in una parola "sana».
to più vivo e più completo, dovuto all' operosità dei suoi componen- Tale sarebbe la città perfetta.
ti che, vivendo in collaborazione con gli altri, "si costruiranno case e Ma l'individuo, in genere, non si accontenta di una vita cosÌ sem-
attenderanno ai loro lavori, d'estate semi nudi e scalzi, d'inverno ve- plice, rudimentale, badando solo a soddisfare le sue elementari esi-
stiti e calzati a dovere. Per nutrirsi, poi, faranno con orzo e con fru- genze, ma vuole altro e soprattutto più comodità, più lusso, più agi,
mento della farina che abbrustoliranno, o impasteranno, e manipo- che rendano comoda la sua vita.
leranno ottime focacce e pani che verranno serviti sui tralicci o su Naturalmente, per soddisfare queste esigenze "non necessarie",
ben pulite foglie; e, sdraiati sui giacigli di fronde sparsi di mirto e di "la città dovrà essere ingrandita, ché, la prima, quella sana, non ba-
vilucchio, banchetteranno, essi ed i loro figliuoli, su bevendoci vino, sta più))58.
coronati di fiori e cantando inni agli dei, lietamente vivendo gli uni
con gli altri, non facendo figli, se non per quanto i loro mezzi con-
sentano, temen do guerre e paverta'''57 . Necessità di difondere lo Stato

I bisogni da soddisfare sono aumentati. Il tenore di vita è diverso.


Degenerazione di uno Stato I servizi maggiori, i desideri contrastanti, il lusso, gli agi fanno
sì che in questa città tutto diventi indispensabile, anche la difesa del
La città ora è veramente completa. proprio organismo, intaccato dagli eccessi di misura, ricorrendo al
Ma si tratta di una città sana, come dirà in seguito lo stesso Pla- medico, e della propria persona, per difendersi dagli invasori, ricor-
tone, una città che vive esclusivamente per sopperire alle necessità rendo alle armi.
essenziali degli individui che la compongono. Giacché il paese, che prima bastava a nutrire i suoi abitanti, ora
La semplicità dei suoi abitanti e dei loro rapporti richiama al- è troppo piccolo per tutti i bisogni.
la mente la serena vita agreste, descritta nelle loro opere da Virgilio Occorrerà occupare altri territori, sottraendoli ai vicini, per po-
ter sopperire alle aumentate necessità.

50 Rep., II, 370 d·372.


57 Ivi, II, 372 a~c.
'" Rep., II. 373 b·c'

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Ma anche i vicini avranno lo stesso bisogno e faranno la stessa cosa Infatti "l'unico mezzo con cui si distingue una faccia amica da
nei loro confronti, "se ptesi dalla smania di oltrepassare i limiti del giu- una nelnica si basa sull'unico criterio di conoscere l'una e di ignora-
sto, come noi si abbandonino ad insaziabile desiderio di ricchezza"59. re l'altra .. ," "... ciò è segno di desiderio di conoscere, distinguere ciò
Di qui l'origine della guerra, frutto della passione e di smodati che è familiare da ciò che è estraneo"".
desideri, "fonte di sciagure pubbliche e private"6o. Infatti il problema sta proprio in questo: se s'ignora qualcosa, si-
Pertanto, per difendersi dagli invasori, proteggère i territori, i fi- gnifica che non la si desidera; se si conosce, è chiaro che si è sentita
gli, lo Stato deve essere dotato di un esercito, composto da individui la necessità di conoscerla.
ben addestrati e pratici dell' arte militare, come deve essere esperto e "Ma esser desideroso di sapere ed essere filosofo" è la stessa co-
bravo un calzolaio del proprio mestiere. sa, giacché "filosofia" significa appunto desiderio di conoscere la ve-
Perché fare la guerra è un' arte come un' altra e pertanto deve es- rità e pertanto amore per la verità.
sere esercitata a dovere, affidando la difesa dello Stato a veri soldati, Quindi i difensori dello Stato con i loro concittadini saranno do-
che, esercitati sin dalla nascita a tale mestiere, risultino capaci di di- cili- e miti, mentre aspri e minacciosi saranno con i nemici, che, in
fendere se stessi e gli altri nello Stato, di cui essi rappresentano i cu- quanto nemici, non desidereranno mai conoscere.
stodi. "Filosofo, dunque, irascibile, veloce e forte ecco colui che per sua
natura sarà destinato ad essere un eccellente difensore dello Stato"".
Ma esiste un simile uomo?
I difensori dello Stato Socrate in questo senso è ottimista, tanto che si accinge, esorta-
to da Adimanto e Glaucone, ad esaminare il modo in cui devono es-
Lo Stato quindi, una volta ingranditosi nel modo che si è detto, sere educati i difensori, ritenendo tale esame utile anche ai fini del-
ha bisogno di essere protetto e difeso; questo compito spetta ai cu- la ricerca intrapresa intorno all' origine della giustizia e dell'ingiusti-
stodi, i quali devono essere come i cani da guardia, "aspri e minac- zia in uno Stato 64 .
ciosi con i nemici, miti e docili verso gli amici"61,
I custodi devono essere liberi da ogni altra occupazione, non so-
lo, ma devono possedere anche una certa "disposizione naturale" ed
"un'indole tale che sia nello stesso tempo docile e irascibile, e posse-
dere stoffa da filosofo".

59 Rep., II, 373 d-e. '" Rep., II, 375 c-376 C.


60 Ivi,373-374. 63 Ivi, II, 376 c.
61 Ivi, II, 374 c-375 c. 6 .. Ivi, 376 c-e.

96 97
III Educazione dell'anima (musica)
Dal programma educativo tracciato da Socrate in merito all' e-
L'EDUCAZIONE DEI CUSTODI ducazione dell' anima, devono essere escluse tutte le forme di poesia,
che alterano ed offendono la figura e l'opera degli dei.

Formazione dell'uomo Omero ed Esiodo sono cosÌ presi ad esempio da Platone come
compositori di favole bugiarde, che rappresentano malamente gli dei
Socrate, parlando dell' educazione dei custodi, afferma che essa e gli eroi, contribuendo cosÌ ad ingenerare nell'animo dell'uomo il
deve mirare alla formazione integrale dell'uomo, la cui realizzazione sospetto che gli stessi dei sono soggetti a commettere delitti.
è considerata principale funzione dello Stato. Infatti, come si può pretendere da un cittadino il rispetto e l'os-
Leducazione dei custodi, secondo Platone, si compone di due servanza delle leggi, quando nelle opere dei poeti, soprattutto di Ome-
parti: ro, si legge "che gli dei fanno guerra agli dei, che si tentano insidie,
educazione dell' anima, cioè educazione morale ed intellettua- e si battono fra loro", odiandosi e provando ogni sorta di sentimen-
le, mediante la musica; ti spregevoli.
- educazione del corpo, cioè l'educazione fisica, mediante la gin- Bisog~a quindi evitare che i futuri difensori dello Stato leggano
nastica. questI falSI racconti, se vogliamo che "provin vergogna di prendersi
La prima deve foggiare l'anima, la seconda sviluppare gradual- in odio per ogni nonnulla"66.
mente ed armonicamente il corpo, rendendo lo docile strumento al- Come pure bisogna evitare che i fanciulli ascoltino favole allego-
le direttive dell' anima. ri~he: "un bimbo infatti non può distinguere ciò che è allegorico da
Platone, come afferma anche Marino Gentile, fissa cosÌ i linea- CIO che non lo è, e le impressioni che quest' età ne riceve sono, in ge-
menti dell' educazione umanistica che si è conservata attraverso i se- nere, indelebili ed immutabili.
coli, sia pure con diversi sviluppi, come una delle note costanti del- Ecco le ragioni per cui è di suprema importanza che le prime co-
la civiltà e della cultura. se che i fanciulli ascoltano siano favole suggestive di virtù"".
Dopo aver esposto i vari criteri e le prove per la selezione dei custo- Viene spontaneo a tal punto rilevare come le profonde riflessio-
di e le necessarie condizioni di vita, che essi richiedono, Socrate, nel ni psicologiche, più sopra fatte da Platone, ancora oggi si ritrovano
tracciare l'ultima delineazione dello Stato giusto, enuncia le quattro nei più moderni trattati di psicologia intorno all' età evolutiva e nei
virtù fondamentali: saggezza, coraggio, temperanza e giustizia, la qua- trattati pedagogici.
le, considerata come virtù delle virtù, costituisce l'ossatura del pensiero A circa duemila anni di distanza, le profonde riflessioni di Platone
platonico, dello Stato e dell'individuo G5 •

M Ilep" II, 378 c.


" Rep" III, Capitoli. I-X, 386,-434 c. 67 Ivi, II, 378 d-c.

98 99
intorno alla psicologia sono attualmente ancora valide: ciò dimostra vino e dell' amore"".
la ricorrente attualità della sua filosofia, divenuta oggetto di profon- Socrate discorrendo poi intorno alle varie forme di poesia (imi-
de ricerche e d'intenso studio. tativa, narrativa semplice, forma drammatica) si sofferma sulle pri-
Ritornando all' educazione dei custodi, si deve pertanto bandi- me due, cioè sulla forma imitativa e su quella narrativa semplice ed
re dallo Stato, afferma Socrate, ogni forma di poesia che rappresen- afferma che i difensori devono ripudiare l'una e l'altra, quando que-
ta gli dei sotto aspetti e travestimenti terrificanti. ste trattano di argomenti bassi o di qualsiasi altro vizio. Perché c'è il
"Dio deve essere sempre raffigurato quale è, ... essenzialmente buo- pericolo che essi poi diventino ciò che imitano, giacché l'imitazione,
no, ... pienamente schietto e veritiero nei fatti e nelle parole; Dio non specie se continua, si cambia in abitudine, "divenendo una seconda
si cangia, non inganna, né per via di fantasmi, né con parole, né per natura, che cambia il corpo, la voce, lo spirito. Se debbono imita-
mezzo di segni eh' egli mandi ad occhi aperti o in sogno ... gli dei non re qualcosa, imitino quelle qualità che debbono imparare fìn da fan-
son prestigiatori che cangiano di forma o che, parlando o agendo, ci ciulli, il coraggio, la temperanza, la pietà, la generosità dell'uomo li-
traggono in inganno"68. bero e tutte le altre virtù di questo genere, perché siano gli artefìci
Dunque, si deve evitare che i poeti compongano opere di tal ge- della libertà dello Stato", che difendon0 70 •
nere, se si vuole che i difensori dello Stato "siano pii e simili agli dei La musica semplice ed armonica, in quanto suscitatrice di armo-
quanto più per l'uomo è possibile". nia interiore e quindi d'amore per la bellezza ed il Bene, deve essere
I futuri custodi devono essere coraggiosi, amanti della verità e coltivata dai difensori dello Stato, tendendo al suo fìne ultimo, cioè
temperanti. 1'amore del Bello, considerato da Platone come principio per la for-
Quindi devono essere rigettate tutte quelle forme letterarie che mazione dell' uomo 71.
ostacolino queste virtù.
Non solo, ma, perché i difensori siano valorosi, bisogna abituar- Educazione fisica (ginnastica)
li a non aver paura della morte e quindi evitare tutti quei racconti, Si viene quindi a trattare dell' educazione fìsica, la quale deve com-
che, parlando "dell'Ade, di Cocito, Stige, gl'Inferi, e gli spiriti e tan- plerare l'educazione morale ed intellettuale, ptovvedendo a rendere e
te simili cose, raccontate in maniera tale da far accapponare la pelle a a mantenere il corpo agile e sano e contribuendo a rafforzare le qua-
chi li ascolti", negheranno nel loro animo l'orrore della morte, con- lità spirituali.
tribuendo a renderli timorosi e pavidi più del necessario. Tale educazione deve essere curata attentamente fìn da quando
Non solo coraggiosi devono essere i difensori dello Stato, ma an- sono fanciulli e per tutta la vita, in modo che risultino sempre ptonti
che temperanti, cioè misurati nel dolore e nella gioia, ubbidienti al-
le autorità, "capaci di dominare se stessi nei piaceri della tavola, del
" Rep., III, 387 c-391 c.
70 Lvi, III, 395 c-d.

'" Rep .• II, 379-383. 71 Ivi, 398 c-483 c.

100 101
ed addestrati a qualsiasi evenienza, senza che il loro fisico risenta ecces- possibile adatta alla guerra", come semplici ed equilibrate le varie for-
sivamente degli inconvenienti, dei disagi, che l'arte militare richiede. me di poesia dette per l'educazione dell' anima?5.
Comunque SOCl'ate tiene a precisare, prima di continuare la sua Ambedue le forme di educazione si devono quindi armonizza-
indagine, che: "un corpo per quanto ben formato, non è per sua na- re, a vantaggio soprattutto dell' anima, evitando che l'eccessiva pra-
tura tale da far l'anima buona; anzi è l'anima che quando è buona dà tica dell'una o dell'altra provochi squilibri spirituali o fisici nei di-
al corpo, con la sua virtù, tutta quella perfezione di cui è capace"72. fensori, rendendoli ruvidi e scontrosi o viceversa molli e miti più del
Pertanto, una volta educata sufficientemente l'anima, ad essa si necessario.
affida la cura del corpo, tenendo però sempre ben presenti le doti, È l'armonia - si è detto prima - che rende temperante e forte
precedentemente esaminate, che un buon difensore dello Stato de- l'anima, mentre la mancanza di essa la rende vile e selvaggia.
ve possedere. La violenza e la mitezza, quindi, devono assolutamente compor-
Essi devono essere soprattutto temperanti, capaci di dominare si nell' anima dei difensori, se si vuole che questi siano misurati e nel-
se stessi, come richiede l'educazione dell'anima e quindi evitare l'u- lo stesso tempo coraggiosi.
briachezza, nutrirsi di cibi semplici e pasti frugali, mantenere intat- Questi, dunque, sono i criteri generali, enunciati da Socrate, per
ta l'integrità fisica con l'evitare relazioni troppo frequenti con l'altro l'educazione fisica e spirituale dei giovanF'.
sesso, avere vista ed udito acutissimi ed ottima salute, tanto da non
risentire i continui cambiamenti a cui la guerra espone. La scelta dei custodi
Ogni forma di intemperanza deve essere quindi evitata, giacché la
vita che devono condurre deve rassomigliare "alla melodia e al canto, Tra gli uomini educati secondo il programma tracciato da So-
in cui (armonicamente) si fondono tutti i roni e i ritmi"73. erate, bisogna ora scegliere quelli che possono essere avviati al gover-
Infatti "la semplicità della musica ... genera nelle anime tempe- no dello Stato.
ranza, - come si è detro precedentemente - la semplicità della gin- Giacché si deve fare la distinzione tra "custodi" e "custodi per-
nastica genera nel corpo salute"74, fetti" o "reggitort.
Ambedue le forme dell'educazione, quella spirituale e quella fi- Quest'ultimi, che devono possedere un'elevata preparazione in-
sica, si completano, essendo l'una il presupposto dell'altra e tenden- tellettuale e da Platone sono chiamati sapienti o filosofi, sono i più
do ad un unico fine: la formazione integrale dell'uomo. adatti ad assumere la suprema direzione degli affari politici; ai "cu-
Pertanto la ginnastica deve essere "semplice ed equilibrata, il più stodi" invece spetta l'esecuzione delle direttive generali stabilite dai
governanti.

" Rep .. 1Il. 403 d.


73 Ivi, III, 404 e. " Rep., III, 404 a· b.
74 Ibid. " lvi. III. 407 b. 410 b·412 b.

102 103
Da ciò che si è detto finora, risulta che nello Stato tre sono le IV
classi: quella dei "produttori", quella dei "custodi" ed infine quella
dei "sapienti o filosofi", ai quali spetta la guida dello Stato. I DIFENSORI E LE ALTRE CLASSI
Fra tutti i custodi quindi, afferma Socrate, bisogna "scegliere co-
loro che al nostro esame risultano disposti a fare con dedizione per
tutta la propria vita ciò che giudicano utile allo Stato, e che in nes-
Il benessere individuale di ciascuna classe si deve inserire nel
sun modo si piegano a far cosa contraria al bene pubblico"".
benessere collettivo
Pertanto, costoro devono essere seguiti in ogni età, per essere sicu-
ri che seguano veramente questo principio e non dimentichino quel-
All' obiezione di Adimanto circa la disciplina cui sono sottoposti
la fede per cui "è dovere fare sempre ciò che è più vantaggioso al-
i difensori, i quali, rispetto alle altre classi, non godono di aleun be-
lo Stato"".
neficio se non quello di dover difendere gli altri, Socrate così rispon-
Fin da quando sono bambini devono essere sorvegliati e adde-
de: " .. .il nostro fine, nel fondare lo Stato, non è di rendere special-
strati a gravi fatiche, a sofferenze, a difficili impegni; condurli "in mez-
mente felice un'unica classe di cittadini, ma che sia felice quanto più
zo a cose spaventose, per ributtarli poi fra i piaceri e provarli con più
cura che non l'oro col fuoco, vedere se in ogni circostanza appaiano
è possibile, lo Stato nella sua totalità"80.
difficili ad essere ingannati e di nobile contegno, essendo buoni cu- È giusto quello Stato in cui il benessere individuale di ciascuna
stodi di se stessi e della musica in cui sono stati allevati, se ogni loro classe s'inserisce nel benessere collettivo.
azione si conduce sulle leggi del ritmo e dell' armonia per cui sareb- Solo in uno Stato simile è possibile la ricerca intorno alla giu-
bero tali da essere utilissimi a sé ed allo Stato". stizia ed all' ingi ustizia, come Socrate ha detto precedentemente nel
"Capo e difensore della città nomineremo chi, essendo stato sot- concludere il suo discorso con Glaucone 8l •
toposto a tutte le successive prove dalla infanzia alla giovinezza alla Quindi non si può, continua Socrate, concedere ai difensori più
maturità, ne sia uscito intatto: e lo ricolmeremo di onori in vita e in di quel che è necessario, se si vuole tener fede ai principi enunciati
morte, e a lui innalzeremo gran sepolereto ed alla sua memoria i più in merito allo Stato giusto: i disordini che ne deriverebbero sarebbe-
gloriosi monumenti; escluderemo, invece, chi non abbia tali qualità". ro gravi e causerebbero la rovina dello Stato.
"Questo dunque, o Glaucone - conclude Socrate - io credo deb- Infatti "se i custodi delle leggi e dello Stato non lo sono davve-
ba essere il criterio nello scegliere e nominare i governanti ed i custo- ro, ma appaiono tali, ... trascinerebbero lo Stato tutto ad una totale
di" dello Stato". rovina, mentre essi soli avrebbero la possibilità di organizzarlo bene

77 Rep., III, 412 e.


7R Ivi,412e. "" lIep .• rv, 420 d.
79 Ivi, III, 413 c-414. 81 Ivi, 372 c-373.

104 105
e di renderlo felice"82. fazioni opposte e rendendoli nemici gli uni degli altri.
Il fine di Socrate dunque è di formare lo Stato perfetto, senza di- Tali lotte contribuiscono a spezzare l'unità dello Stato, che, man-
stinguere in essa una parte di pochi cittadini da rendere felici, ma te- cando della concordia dei suoi componenti, diventa fragile e debole,
nendo presente la felicità di tutti. incapace di difendersi in caso di pericolo.
Solo quando lo Stato intero fiorirà e si governerà saggiamente, Ciò non deve accadere in uno Stato giusto: i suoi custodi devo-
(allora) lasceremo che ogni classe si prenda quella parte di felicità che no fare in modo che la ricchezza e la povertà non siano tali da divide-
la natura concede ad ognuna83 • re i ci ttadini 85.
Ognuno deve essere indirizzato a fare ciò per cui ciascuno è na-
to, in modo che "ogni singolo compia un singolo dovere, ciascuno,
I limiti dello Stato. Ricchezza e povertà esplicando soltanto ciò che gli è proprio, esso stesso sia uno e non si
frantumi in molti: soltanto così uno sarà lo Stato senza spezzarsi in
Lo Stato giusto deve avere anche i limiti giusti: ogni accrescimen- molteplicità"8'.
to superfluo di territorio deve essere evitato dai custodi, i quali devono
Di qui l'importanza dell'educazione, la quale, oltre a rendere mi-
tener presente soprattutto che non ne sia compromessa l'unità.
surato l'uomo, nello stesso tempo lo rende capace anche di prevenire
Inoltre i custodi dello Stato devono evitare che in esso s'insinu-
tutto ciò che può attentare alla sua armonia interiore.
ino ricchezza e povertà.
Lindividuo capace di attuare se stesso armonicamente, facendo
Leccessiva preponderanza dell'una o dell'altra causa squilibri e
ciò che più gli si addice e non desiderando altro se non di raggiunge-
rompe quell'armonia di cui si è parlato e che è necessaria per la rea-
re quel grado di perfezione nella sua opera, contribuisce cosÌ a man-
lizzazione dello Stato giusto.
Ricchezza e povertà, continua Socrate, sono nemici dello Sta- tenere salda l'unità dello Stato.
to, perché, "l'una genera mollezza, pigrizia e desiderio di novità, e
l'altra, per questo stesso amore di novità, bassezza d'animo ed azio-
ni disoneste"M, Il problema delle donne e dei figli: leggi sui matrimoni
La ricchezza e la povertà, appunto perché generano sentimen-
ti contrastanti, ambizioni, desideri smodati, creano in seno allo Sta- Socrate nel trattare della ricchezza e della povertà, aveva affer-
to lotte continue tra le varie classi, dividendo gli stessi cittadini in mato che in uno Stato giusto, ave siano uomini misurati, "il posses-
so delle donne, i matrimoni, la nascita dei figli debbono, quanto più

82 Ivi, 421 a-b.


83 Ivi, 421 e. R5 G. MOSCA, Storia delle dottrine politiche, Bari, Laterza, 1970, pp. 42-43.
80l Ivi, IV, 421 e-422. "' Il,p., IV, 423 d.

106 107
è possibile, essere fra amici"87. - è impiantato in un'armonia fra le categorie e nelle categorie. Ma
Adimanto e tutti gli altri, meravigliati per questo nuovo e non questo è possibile soltanto quando i singoli cittadini vengono ad ave-
comune concetto, ne chiedono spiegazione. re in partenza gli stessi diritti.
Socrate si schermisce con sottile ironia, pensando di aver potuto Questo il motivo profondo su cui s'impianta il cosiddetto comu-
eludere l'argomento, ed accontenta i suoi discepoli". nismo platonico: cioè il bisogno che i cittadini che formano lo Sta-
La comunanza, alla quale egli aveva accennato, consiste in que- to non abbiano delle differenze costitutive che giustifichino differenze
sto: "che le donne dei difensori siano tutte di tutti e nessuna convi- nello Stato. E in questo senso, fra l'esigenza di giustizia come ugua-
va con uno solo: e cosÌ saranno di tutti anche i figli, né i padri cono- glianza e la giustizia come armonico collaborare di differenti funzio-
sceranno i propri figli, né i figli i propri padri"89. ni non c'è contrasto"92.
Ciò per il bene dello Stato, affinché esso sia sempre uno e non "Questa uguaglianza - conclude l'Adorno - non esclude affat-
si divida in molteplicità. to che ci siano delle differenze: ma questa deve essere una conquista.
La comunanza delle donne e dei figli evita che sorgano discor- Perché si possa parlare di giustizia, è necessario che non ci siano
die in seno allo Stato. differenze date, ma frutto di conquista morale. In partenza tutti deb-
Infatti, in tal modo si può ottenere che i cittadini siano posti tut- bono essere sullo stesso piano, tutti debbono e possono essere ugual-
ti inizialmente sullo stesso piano di uguaglianza e nello stesso tempo mente giusti, cioè ciascuno sé, ciascuno secondo il proprio valore"93.
si eliminino le disuguaglianze, dovute ai privilegi di nascita. Indubbiamente giusta l'osservazione dell'Adorno, che elimina co-
Di qui il tanto discusso comunismo platonico, che ha dato ori- sÌ la contraddizione di cui si è parlato.
gine a molteplici interpretazioni, soprattutto per "l'apparente" con- Ma non si può fare a meno di rigettare il modo in cui l'ugua-
traddizione, cosÌ spiega l'Adorno, tra lo Stato diviso in classi e quello glianza dei cittadini viene risolta da Platone.
in cui, come vuole Platone, tutto deve essere comune, tra i cittadini9o . Essa è frutto di un raziocinio troppo spinto, che annulla la per-
Per l'Adorno, "la contraddizione è soltanto apparente, perché in sonalità dell'individuo, asservendola all'utilità dello Stato.
Platone c'è la consapevolezza profonda dei due problemi, l'uno sul Nessuno mette in dubbio la validità di tale uguaglianza che, co-
piano comunistico, egalitario, l'altro armonico"91. me vuole Platone, deve eliminare ogni privilegio dovuto al diritto di
"Il concetto di Platone di una società giusta - continua l'Adorno nascita.
Ma come si realizza questa uguaglianza nello Stato, che lo stesso
Platone chiama giusto, è cosa assai discutibile.
"' Rep .• IV. 423 e·424.
Anzi, una contraddizione ben più grave e non apparente risulta
8B Lvi, 449 a~450 c.
89 Lvi, V, 457 d.
90 F. ADORNO, Introduzione, cit., pp. 41 ~42. 92 Ibid.
~1 Lbid. ~3 F. ADORNO, Introduzione, cit., p. 42.

108 109
da quanto Platone afferma sul problema delle donne e dei figli: la dell' altro sesso; molto raramente invece tra i peggiori, per impedi-
contraddizione tra la consapevolezza e la coscienza di sé, che ogni uo- re che da questi nascano individui deboli ed incapaci ad essere buo-
mo deve possedere, per porre in sé misura e giustizia, e l'inganno e ni difensori dello Stato.
la menzogna, cui devono ricorrere i reggi tori per il bene e l'utilità Per far ciò i reggitori devono ricorrere anche all'inganno e alla
menzogna} se è necessario} senza che nessuno se ne accorga, se si vo-
dello Stato.
Platone, è vero, si preoccupa, di delineare uno Stato perfetto e gliono evitare discordie in seno ai cittadini 96 .
quindi non può tener conto di tali sottigliezze. Il numero dei matrimoni deve essere stabilito dalle autorità, le
Ma in un simile Stato, Platone sta ricercando l'origine della giu- quali debbono mantenere stabile, quanto più è possibile, il nume-
stizia, quella giustizia divina, che non ammette certamente, ad esem- ro degli abitanti in modo che lo Stato si mantenga sempre nei limi-
pio, la segregazione di individui deformi o inutili alla difesa delio Stato. ti giusti 9'.
Ma vediamo come Platone risolve il problema. Tutto ciò deve avvenire all'insaputa dei cittadini, i quali non de-
In uno Stato che sia perfetto, afferma Socrate, dopo aver scel- vono assolutamente sospettare che le loro unioni sono regolate da ar-
to gli uomini, si devono scegliere anche le donne di natura possibil- tifici escogitati dai reggitori 98 .
mente simile, in modo che, vivendo insieme, si sentano attratti da I giovani che si sono distinti in guerra, devono avere libertà di
"94
un impulso naturale ad accoppiarsl .
unirsi molto spesso con donne, in modo che da costoro nascano figli
Non è lecito che vi siano promiscue unioni, né i reggi tori per- numerosi ed abbiano conseguentemente la stessa natura dei genitori.
metteranno ciò, istituendo nozze quanto più possibilmente sante, rite- I figli degli uomini migliori devono essere affidati alle cure di nu-
nendo "sante queIl e ch e risul tino maggIOrmente
. '1' per lo Stato"95 .
Utll trici, scelte dai governanti, ed educati nel modo migliore, come si con-
Questo difficile compito spetta ai reggitori, i quali devono tene- viene ai difensori dello Stato.
re in grande considerazione il problema dei matrimoni e delia pro- Invece, quelli nati da uomini inferiori, oppure deformi e meno-
mati} devono vivere separatamente e nascosti in un luogo che sia sco-
creazione dei figli.
Le nozze devono avvenire molto spesso tra i migliori deli'uno e nosciuto agli altri, la razza dei difensori si conservi sempre pura ed in-
tatta 99 .
I figli, inoltre, devono essere concepiti quando si è nel pieno vi-
94 È importante notare come nello Stato ideale le donne hanno parità di diritti e parteci- gore dell' età, periodo che per la donna va dai venti ai quarant'anni,
pano alla vita politica insieme agli uomini; mentre nelle Leggi Platone le disprezza per la
loro indole servile.
95 Rep., V, 458 e. "Platone - afferma il Gomperz - parla qui di comunanza delle donne;
% Rep .. V. 458 e-459 e.
ma si tratta di un' espressione esagerata e che non corrisponde esattamente a quella che è la
sua veduta. Giacché non è la promiscuità che egli ha in vista, ma un sistema di matrimo- ~7 Si richiama al paragrafo precedentemente esposto: "l limiti dello Stato".
ni temporanei, i quali hanno in primo luogo per fine di ottenere una posterità quanto più " Ivi, V, 459 e-460 b.
è possibile vigorosa ed idonea, e sono regolad da rigorosissime prescrizioni governative" (T.
99 Ivi, V, 460 b-d.
GOMPERZ, Pensatori greci, dc, p. 357).

110 III
per l, uomo fi no al.cInquantaCinque
. . annI·,00 . v
Chiunque al di sopra o al di sotto di questa età metta al mondo
dei figli, pecca contro la religione e la giustizia, essendosi sottratto a Lo STATO GIUSTO
quelle che sono le leggi fondamentali dello Stato a cui appartiene 'OI •
Infine Socrate, «attraverso un bel solido ragionamento" - come
egli stesso dice - dimostra come la comunanza delle donne e dei figli Compiuta ormai la fondazione civile dello Stato e fissate le di-
fra i difensori rappresenti "la parte più importante dell' ordinamento rettive generali per l'educazione dei custodi, Socrate invita Glauco-
dello Stato", essendo questa la base di un vivere comune, in cui cia- ne, Adimanto, Polemarco e tutti gli altri a scrutare nel suo interno
scuno partecipa ai dolori e alle gioie degli altri in "una unità di sen- per scoprirvi la giustizia e l'ingiustizia, la loro differenza, e quale di
timento" che "è il bene più grande per uno Stato", che in tal modo esse deve possedere chi vuole essere felice lO3 •
assomiglia "ad un corpo che tutto partecipa del dolore e del piacere I discepoli protestano, ricordando a Socrate l'impegno, che egli
di una delle sue parti"'02. stesso s'era assunto, di condurre a termine il problema.
Socrate anche questa volta acconsente, invocando, con benevola
ironia, l'aiuto e la partecipazione dei suoi interlocutori.

Le quattro virtù

Prudenza
Le virtù del nostro Stato perfetto sono, come già si è detto pre-
cedentemente - comincia Socrate - : prudenza, fortezza, temperan-
za e giustizia .
. La prima virtù è la prudenza, su cui lo Stato delineato si basa, es-
sendo costruito sui buoni consigli lO4 •
I buoni consigli appartengono ad una scienza, poiché solo la scien-
za, non l'ignoranza, può ispirarli.
Non si deve confondere però la scienza con una delle tante arti

lQ{] Sull'età giusta circa la procreazione dei figli più volte Placo ne nelle Leggi si contraddice.
101 Rep., V, 461. 103 Rep., IV, 427 t.

102 Ivi, V, 461 e-464 b, 104 Ivi, IV, 428 b.


comuni, come quella del falegname, del ramaio, dell' agricoltore, e Per difesa s'intende che si deve tutelare quell'opinione, anche in
così via. mezzo ai dolori, ai piaceri, alle passioni, alla paura, senza mai respin-
Molte sono infatti le arti di cui si giova lo Stato e molti coloro gerla.
che vi si dedicano. Con una similitudine, Socrate spiega meglio cosa debba essere
C'è però una scienza, "propria ad alcuni cittadini, che provvede, inteso per coraggio paragonando la cura con la quale si prepara la la-
non ad un determinato oggetto, ma allo Stato nella sua totalità, sì na per tingerla in modo tale che il colore di cui s'imbeve diventi in-
che ne venga regolata, nel modo migliore possibile, tanto l'organiz- delebile e resista ad ogni detersivo, alla cura con la quale si scelgono
zazione interna quanto i suoi rapporti con gli altri Stati: ... l'arte del e si educano i soldati.
custodire, propria di quei magistrati cui dianzi abbiamo dato il no- Anche costoro devono essere "imbevuti perfettamente dalle leg-
me di perfetti custodi"lo5. gi") tanto che "per natura e per l'educazione ricevuta abbiano un' o-
Lo Stato, guidato da costoro, è senza dubbio ben consigliato e, pinione indelebile su ciò che è da temere e su tutto il resto: questa
di conseguenza, prudente e saggio. forza, e questo conservare in ogni caso la giusta e legittima opinio-
Ma i custodi, obietta Socrate, sono in minor numero rispetto ai ne su ciò che è da temere o no - conclude Socrate - io chiamo e de-
"fabbri" e a tutti coloro che praticano le altre arti. finisco coraggio"I07,
"Ne segue, dunque, che ad una minoranza, alla parte minore di
questa ed alla scienza che vi risiede, che governa e dirige, si deve se Temperanza
uno Stato, fondato secondo le leggi di natura, viene ad essere pru- La temperanza, diversamente dalle altre due virtù che si trovano
dente nella sua totalità, e, a quanto sembra, è per natura una mino- in una parte o nell' altra dello Stato, si estende allo Stato tutto insie-
ranza cui spetta avere in sorte questa scienza, che sola fra tutte è de- me, rassomigliando all' armonia, di cui si è già detto.
gna del nome di prudenza"lo6. Infatti il coraggio, proprio dei custodi, rende lo Stato forte; la
prudenza o sapienza, propria dei filosofi, rende lo Stato sapiente.
Coraggio Invece "la temperanza si estende senz' altro a tutta la città facen-
Laltra virtù, il coraggio, continua Socrate, risiede in quella clas- do sì che tutti ad una voce cantino la stessa canzone, i più deboli, i più
se che combatte per la difesa dello Stato. forti e quelli di mezzo, o che tu li voglia tali per intelligenza, e per for-
Infatti il coraggio "è una specie di difesa dell' opinione sulle co- za, o numero, o ricchezza o per qualsivoglia altro carattere simile"l".
se da temere e sulla loro natura", come ci è stato insegnato dalla leg- Infatti la temperanza è la capacità di ciascuno di porre in sé mi-
ge per mezzo dell' educazione. sura e armonia, facendo prevalere la parte migliore di se stesso.

'" Rep., rv, 428 b-d. 107 Ivi, IV, 429 a~430 b.

"'" Ivi. rv, 428 d-429. 108 Ivi, IV, 430 e-432.

114 115
Nello Stato perfetto, delineato da Socrate, questa virtù si ritrova dello Stato ... Cimmischiarsi dunque negli interessi altrui e l'inserir-
in tutti i cittadini, sia in chi governa, sia in chi è governato, proprio si delle tre classi nell' altra sarebbero per lo Stato gravissimo danno.
perché l'armonia ne è il presupposto fondamentale 109 • Questa è l'ingiustizia"114,
La giustizia, quella vera che rende virtuoso lo Stato, consiste quin-
Giustizia di nella perfetta armonia delle tre virtù precedentemente esaminate;
Rimane ora da esaminare l'ultima delle virtù, la giustizia, che ren- la prudenza propria dei reggi tori, il coraggio dei difensori e la tem-
de, secondo Socrate, "compiutamente virtuoso" lo Stato 110 , peranza, quest'ultima comune a tutti i cittadini.
Essa consiste in questo: "ciascun uomo deve esercitare nella so- Socrate sposta ora l'indagine dallo Stato all'individuo, ed ana-
cietà una sola funzione, quella per cui è nato ... attuare ciascuno ciò lizza i tre elementi, che costituiscono l'anima umana, corrisponden-
che gli è proprio, senza impicciarsi d'altro""'. ti alle tre classi di cui si compone lo Stato; l'intelligenza propria dei
È questo un concetto più volte ripetuto da Socrare, su cui pog- reggitori o filosofi, la volontà dei difensori e la concupiscenza, comu-
gia tutta la filosofia platonica 'l2 . ne alla classe dei produttori.
"Attuare ciascuno ciò che gli è proprio ... il compiere ciascuno la La giustizia nell'individuo, come nello Stato, è data dalla subor-
propria funzione", in questo consiste la giustizia l13 . dinazione dei due elementi inferiori all' elemento razionale, alla ra-
A proposito dell'ingiustizia Socrate cosÌ si esprime: "Se a un ope- gione "cui natura diede facoltà di governo"ll5.
raio, o ad un altro qualsiasi che per natura è destinato ad un mestie- "La giustizia - continua Socrate - non si riferisce alle azioni ester-
re lucrativo, imbaldanzito per la sua ricchezza o per gran numero di ne dell' uomo ma alla sua azione interiore, a ciò che veramente lo ri-
amici, per la sua potenza o qualsiasi altra cosa del genere, passasse guarda ... sÌ che l'uomo giusto non permette che in sé nulla compia
per il capo di entrare a far parte della classe dei guerrieri, o a un guer- altra funzione della propria, né che a vicenda s'intralcino i tre prin-
riero di entrare fra coloro che consigliano e difendono lo Stato, pur cipi dell'anima sua, stabilendo invece interiormente una vera misu-
essendone indegno, e scambiassero fra loro strumenti e prerogative, ra, padrone di sé, disciplinato, amico di se stesso; pone in perfetta
o se lo stesso individuo volesse ad un sol tempo ricoprire tutti que- armonia le tre parti dell' anima, come i tre toni della scala musicale,
sti uffici, allora io credo sembrerà anche che questi reciproci scam- l'alto, il basso, il medio e tutti gli altri possibili toni intermedi, ac-
bi e questo molteplice affaccendarsi di ciascuno sarebbero la rovina cordando insieme tutti questi elementi, facendosi uno dei molti che
era: temperante cosÌ e in armonia perfetta, e appunto giustamente
agisce sia che lavori per arricchirsi, sia che curi il corpo, si occupi di
109 Ivi, IV, 432 b.
politica, e tratti con privati, quando giudichi e chiami sempre giusta
110 lbid.
'" Rep., rv; 432 b-433 b.
'" Ivi, 433 b-434. 114 Rep., W, 434 a-c.
113 Ivi, 432 e. Il:; Ivi, 443 d-444 c.

116 117
e bella l'azione che conserva ed incrementa questo interiore ordine, riportare per intero alcuni brani conclusivi di Platone, che riassumo-
e prudenza quel sapere che consiglia simile azione: ingiusta chiame- no molto chiaramente tutto quanto finora si è detto intorno al dif-
rò, invece, l'azione che dissolva quest' ordine ed ignoranza l'opinione ficile problema.
che al contrario consigli una simile azione"116,
"Lingiustizia consiste in una rivolta di queste tre facoltà, in una
indiscreta ingerenza, in un immischiarsi delle une nelle funzioni del-
le altre, nella ribellione di una parte contro il tutto che vuole il co-
mando dell' anima contro ogni diritto, essendo per natura nata ad ob-
bedire a quella cui natura diede facoltà di governo.
Proprio in questo, nel disordine e nella confusione di queste fa-
coltà, consiste l'ingiustizia, l'intemperanza, la viltà, l'ignoranza, in una
sola parola i vizi tutti ... la giustizia e l'ingiustizia sono per l'anima ciò
che la salute e la malattia sono per i corpi.
Infatti ciò che è sano genera salute, ciò che è malato malattia.
Così le azioni giuste generano giustizia, quelle ingiuste l'ingiu-
stizia.
La virtù dunque è, in un certo senso, salute, bellezza, benessere
dell' anima; il vizio, invece, malattia, bruttura, debolezza.
Quindi le azioni oneste fanno fiorire virtù, le disoneste il vizio" l l?
Se i cittadini seguono la virtù, virtuoso sarà anche lo Stato, per-
ché "lo Stato è i cittadini stessi".
Quindi, non è lo Stato che rende giusti i cittadini, conclude 50-
crate, ma i cittadini fanno giusto lo Stato.
Si conclude così la ricerca, intrapresa nel I libro della Repubblica,
intorno alla giustizia ed all'ingiustizia; ed abbiamo voluto di proposito

116 Rep., IV, 443 d-444; Convito: "Tra le forme di sapienz.a la suprema e la più bella è quel-

la che s'occupa degli ordinamenti politici e casalinghi, c che si chiama prudenza e giusti-
zi," (209 a-b).
Il? Ivi, 443 d-444 e,

118 119
VI avendo in sé posto, come regola di vita, misura ed armonia.
Per costoro, le leggi particolari, le disposizioni sui mercati, i traf-
VALORE DELLE LEGGI NELLO STATO GIUSTO nci, il modo di comportarsi, non hanno nessuna importanza, perché
ciascuno sa da sé quello che deve fare l20 .
La legge, per Platone, risiede nello stesso individuo: essa scaturi-
In un simile Stato, in cui ogni individuo attui ciò che gli è pro- sce dalla coscienza, dalla consapevolezza di ciascuno nel fare ciò che
prio e rifugga da qualsiasi eccesso che possa turbare la sua armonia gli è proprio, attuando, quanto più gli è possibile, se stesso in armo-
interiore, non c'è necessità di codincare in leggi quelle che sono le nia con i suo simili.
regole e le condizioni di vita necessariamente conseguenti ad una edu- "Per queste ragioni - conclude Socrate - ritengo che in qualsia-
cazione basata sull'armonia IIB . si Stato, bene o male governato, un vero legislatore non ha da occu-
Infatti, afferma Socrate, sarebbe una sciocchezza nssare per legge parsi affatto di simili cose, nell'uno perché non serve a niente e nul-
quelle che sono le norme generali dell'educazione, da cui ogni citta- la risolve, nell'altro perché chiunque è capace di trovare da sé alcune
dino, una volta avviatovi, apprenderà quale sia il comportamento da di quelle norme, mentre le altre automaticamente seguono dalle so-
tenere: regolare con leggi "gli affari del mercato, come, ad esempio, praddette istituzioni"12l,
i contratti che le parti fanno fra di loro, i contratti di lavoro, e le in- Dopo quanto si è detto, appare oggi ingiustincata la critica del
giurie, e le violenze, e le questioni di tribunale, e le nomine dei ma- Sabine riguardo al valore che Platone, nella Repubblica, attribuisce
gistrati, le imposte da riscuotere o da pagare sui mercati e nei porti, alla legge 122 •
e in generale tutte quelle pratiche relative agli ordinamenti mercan- Il Sabine dedica alla questione due paragran, i cui titoli suonano
tili o urbani, o portuali, e così via ... Non vale certo la pena di pre- come una falsa interpretazione del pensiero platonico e, nello stesso
scrivere queste norme per gente onesta, che saprà facilmente trova- tempo, come critica unilaterale e mancante di obiettività 123 .
re da sé la maggior parte di quel che occorrerebbe nssare in legge"I19. "Omissione della legge", riguardo alla Repubblica, e "La riabili-
Naturalmente qui Platone, afferma l'Adorno, si preoccupa di de- tazione della legge", riguardo alle Leggi, sono i due titoli, che mag-
lineare quello che deve essere lo Stato perfetto, basato sull'universa- giormente ci hanno stupito, senza omettere naturalmente le accu-
le armonia e misura. se di clericalismo e "il triste primato di prima difesa razionale della
Egli, delineando lo Stato giusto, si rivolge agli uomini migliori, a
coloro che sono capaci di comprenderne l'alto valore e il signincato,
120 Vedi nota di E ADORNO, Opere Politiche di Platone... , cit., pp. 274-275.
121 Rep., IV,427.
118 Rep., IV, 424 d-427 c (si richiama a quanto già detto nel capitolo 'Teducazione dei cu- 122 C.H. SABINE, Storia delle dottrine politiche, Milano, Ediz. di Comunità, 1953 e succes-
stodi"), sive edizioni, pp. 29-69.
119 Ivi, IV, 425-426. 12.'1 Tvi, pp. 51-61.

120 121
persecuzione religiosà', che egli ravvisa nelle LeggiP'" trascende la vita terrena.
La critica, che il Sabine rivolge a Platone in merito alla legge, sva- Da questa constatazione traggono luce e significato le Leggi, l'o-
lutata nella Repubblica e riabilitata nelle Leggi, non ci pare fondata, per- pera ultima del filosofo, che sono un logico sviluppo dello Stato per-
ché nello Stato ideale, delineato da Platone, non c'è omissione di legge. fetto, delineato nella Repubblica, proprio perché Platone era consa-
La legge scritta non serve in uno Stato perfetto, ave vivono citta- pevole della realtà storica e dell'impossibilità di attuare quelle idee,
dini perfettamente consapevoli dei loro compiti e dei loro doveri '''. che egli stesso riconosce troppo perfette per la natura umana.
Platone stesso lo dice, e non senza convinzione, perché in mol- "La riabilitazione della legge", di cui il Sabine parla, come se Pla-
tissime pagine della Repubblica egli tiene a precisare che lo Stato, di tone, un illuso qualsiasi, si fosse alla fine ravveduto delle proprie idee,
cui parla, è uno Stato ideale, perfetto e, come tale, al di là della sto- è una strana interpretazione del pensiero platonico.
ria, che non può assolutamente trovare riscontro nella vita terrena, Platone stesso spiega i motivi della sua concezione riguardo al
se non come esigenza di perfezione da parte di tutta l'umanità ' ''. valore delle leggi.
Pertanto, l'''Omissione della Legge", di cui ci parla il Sabine, ci Nel Politico, infatti, esplicitamente afferma: "La legislazione appar-
fa rimanere perplessi, perché egli critica un sistema politico, che tra- tiene all' arte regia; eppure la cosa migliore è che non le leggi abbiano
scende ogni forma storica di governo e che non può affatto essere li- valore, ma piuttosto l'uomo che s'intende di governo, che vive secondo
mitato da questioni giuridiche e legali, che sono poca cosa di fronte lo spirito, l'uomo regio", ma poiché "né l'insieme dei ricchi né la massa
all' altissima idealità che lo pervade. del popolo potranno mai apprendere questa scienza politica ... è natu-
Nella Repubblica, la legge è presente dalla prima all'ultima pagi- rale che noi ci si raccolga insieme per scrivere degli statuti, cercando di
na, non come norma giuridica stampata in un codice, ma come leg- seguire le orme di quella che è la costituzione più verà"21
ge morale, che scaturisce dall'intimo di ogni individuo, come esigen- Quindi non appare comprensibile come il Sabine spieghi la teoria
za e come coscienza dei propri compiti e delle finalità da perseguire. politica, che Platone enuncia nella Repubblica, come un sistema che
È una legge superiore, al di sopra di qualsiasi norma e precetto, egli intendesse applicare in tutto e per tutto alla società del tempo'28.
che illumina un sistema politico, ideale quanto si voglia, ma vissuto Attenendoci ai testi, si può capire molto chiaramente come Pla-
intimamente, come travaglio spirituale di un uomo che crede nella tone, nella Repubblica, delinei uno Stato che rappresenta l'eterna esi-
giustizia e nella verità, ma sa anche che questa giustizia e questa veri- genza umana di una società perfetta; mentre, nelle Leggi, egli esami-
tà appartengono alla natura umana solo in quanto appartengono al- na la possibilità di attuare lo Stato concreto, che non potrà mai es-
tresì ad un ordine universale e divino, che è al di sopra di noi e che sere uguale a quello ideale, ma somigli, per quanto è possibile, alla
"costituzione, più vera".

124 G.H. SABINE, Storia delle dottrine politiche, cit., p, 68.


m Rep., IV. 425·426; 294 a·b; Leggi 722 a·b. 127 PoI., 294 a-301 e.
126 Ivi, IX, 592 b. 128 C.H. SABlNE, Storia delle dottrine politiche, cit., p. 55 sgg.

122 123
Platone non si è mai posto il problema di rivalutare la legge per- VII
ché non l'ha mai svalutata, né pensava che uno Stato concreto, sto-
rico, potesse sussistere senza leggi: ciò appare chiaramente da quello I FILOSOFI RE
che Platone afferma nel Politico.
"Non essendoci per noi che una sola retta costituzione, quella di
cui abbiamo parlato, sai bene, no, che le altre non possono sussiste- Il filosofo è il solo che possa realizzare lo Stato perfetto
re a meno che non usino scritte le leggi di questa e non facciano ciò
che oggi si loda, pur non essendo questo l'ottimo, (cioè) che nessu- Lo Stato delineato da Socrate, anche se non fosse possibile re-
no nello Stato, osi far nulla contro le leggi, e chi ne abbia l'ardire sia alizzarlo in pratica, resterebbe in sé sempre perfetto, "a meno che -
punito con la morte e i supremi supplizii"129. egli afferma - negli Stati non divengano re i filosofi, o coloro che og-
Anche nelle prime pagine della Repubblica, egli ritiene impossi- gi si dicono re e sovrani non divengano veri e seri filosofi, e che non
bile una società umana, terrena, senza un sistema legislativo, che ne si vedan riuniti in un solo individuo il potere politico e la filosofia, a
regoli la vita e moderi gli eccessi, a cui per natura l'uomo è portato. meno che d'altra parte quei molti, che oggi separatamente tendono
Le parole di Socrate, alla fine della Repubblica, sono, in tal sen- aWuno e all'altra, Don siano assolutamente eliminati, non vi sarà ri-
so, chiare e valgono a farci capire il pensiero di Platone e come egli medio alcuno ai mali degli Stati, Glaucone mio, e neppure, quindi,
stesso fosse convinto della irrealizzabilità di quello Stato, che deve es- a quelli dell'umanità: mai, se non a questa condizione, il regime che
sere considerato soltanto come proiezione della sua insopprimibile abbiamo idealmente delineato, potrà nascere per quanto è realizza-
esigenza di una realtà superiore e perfetta, che sintetizza meraviglio- bile, né mai vedrà la luce del sole"13I.
samente il dramma di tutta l'umanità 130 . Lunica possibilità, quindi, di realizzare in pratica lo Stato per-
Tale esigenza platonica sarà raccolta da Sant'Agostino e darà luo- fetto, secondo Socrate, è nell' affidarlo ai filosofi, i soli capaci di co-
go al De Civitate Dei. noscere la verità e quindi gli unici idonei ad assumere il governo.
La crisi è !'insufficienza della polis, nella quale l'uomo non può Lamore dei filosofi per la verità è tale che essi non si contentano
assolutamente realizzare tutto ciò cui il suo animo aspira, genereran- di una sua parvenza, ma desiderano conoscerla nella sua totalità, de-
no la Civitate Dei, ove il contrasto tra l'ideale e la realtà si perde in dicandosi a tutte le scienze, senza mai stancarsi delle ricerche fatte e
un mondo superiore, alla luce di una fede profonda nella potenza soc- mai sazi dei risultati raggiunti 132 •
corritrice di Dio. Ma non si devono confondere i filosofi con quelli che comune-
mente si dedicano ad una qualsiasi scienza, solo per diletto.

129 Ibid. 131 Rep., V, 473 d-c.


130 Ibid. m lvi, 475 b-d.

124 125
Infatti, costoro, e sono molti, pur amando gli spettacoli, i suo- Nulla di più grave, quanto il presumere di sapere, cosÌ almeno
ni, le belle forme e tutte le opere belle, tuttavia "non sanno vedere ed intendiamo il lungo discorso di Socrate sul valore della scienza rispet-
amare la natura del bello in sé"133. to all' opinione.
"Rari, invece, sono coloro capaci d'elevarsi fino al bello in sé e Questa, per le gravi conseguenze che può causare, è più danno-
di contemplarlo nella sua essenza"1". sa persino dell'ignoranza, la quale almeno ha in sé i presupposti per
Tali sono i filosofi, che riconoscono l'esistenza della bellezza as- giungere alla conoscenza.
soluta e che nello stesso tempo distinguono ciò che è da quello che Lopinione è fonte di presunzione, di falsi concetti, d'interpreta-
è soltanto apparente. zioni soggettive di quella che è la realtà, e quindi, causa di disordine
Diversi sono coloro che, pensando di ammirare la bellezza, la con- e di caos nell'individuo e nello Stato in cui si genera.
templano solo nelle sue molteplici manifestazioni, ricavandone sol- È implicito qui un chiaro riferimento alla società ateniese, all'e-
tanto un' opinione, che è molto lontana dalla scienza. poca di Platone, nella quale uomini senza scrupoli ed incapaci, pro-
"Scienza - dice Socrate - è conoscenza di ciò che è, ed ha per og- prio per le loro false opinioni, avevano sovvertito ogni valore mora-
getto l'essere in quanto essere"135 nella sua unità, immutabilità e per- le, ingenerando odio e malcontento tra i cittadini e causando la ro-
fezione 136 : mentre l'opinione si riferisce a ciò che è intermedio tra la vina dello Stato.
scienza e l'ignoranza, giacché quest'ultima si riferisce al non essere 137 , In uno Stato perfetto quindi non si ammette l'ignoranza e tan-
Lopinione, dunque, è diversa dalla scienza, perché mutevole e to meno l'opinione.
discontinua come ciò che appare e dispare, come pure diversa dall'i- Fondamento dello Stato perfetto, invece, deve essere la Scienza,
gnoranza. che è consapevolezza, coscienza di quel che è e deve essere, secon-
Lopinione, posta nel mezzo fra l'essere assoluto e l'assoluto non do quell'universale misura di quell'ordine divino, a cui solamente i
essere, non essendo l'una né l'altra, appare molto più pericolosa per filosofi possono pervenire con il loro insaziabile desiderio di cono-
le conseguenze che essa può causare. scere la verità soprannaturale, che Platone definisce "Sommo Bene)),
In un certo qual modo, l'opinione appare come una scienza, se ordine ed armonia di tutte le cose, che è al di fuori di noi e, pertan-
così si può dire, di ciò che è incerto, di ciò che si presume di sapere ap- to, posto come termine di realizzazione dell' eterna esigenza di tut-
parentemente e che invece non è altro che una parvenza della verità. ta l'umanità 138 ,

133 Rep., 476 b.


131 Ivi, 476 c.
135 Ivi, 477 c.
1.'\6 Le tre caratteristiche fondamentali delle idee, anche nel Fedone.
137 Rep., V, 477 b-c. 1.'\3 Convito, 202-212; 475 e-476 c. Pedone, 64-69; 78 d-SO b. Fedro, 249-d 251 a.

126 127
L'obiezione di Adimanto e la risposta di Socrate tenuti in grande considerazione 142 .
"Immagina - risponde Socrate ad Adimanto - che una scena di
Socrate ha concluso che a capo dello Stato perfetto devono es- questo genere avvenga su di un insieme di molte navi, oppure anche
sere posti i filosofi, i quali, "guardando la realtà nella sua essenza e su di una nave sola: immaginati un capitano che sia il più grande ed
l'interiorità del vero, prendendone una sempre più esatta conoscen- il più forte di tutti i componenti dell' equipaggio, ma sia un po' sordo
za", stabiliscono le norme del bello, del giusto e del buono, se quelle e cosÌ abbia la vista un poco corta e altrettanto corte conoscenze nau-
norme sono ancora da stabilire, e se sono già in atto, fanno in modo tiche, i marinai, poi, immaginati, in discordia fra di loro che si di-
che si mantengano e si conservino nello Stato'J139, spurano il governo della nave, ognuno pretendendo che a lui tocchi
Costoro devono essere dotati per natura di memoria, di pron- reggere il timone, benché mai abbia imparato l'arte del pilotare, né
tezza nell' apprendere, di grandezza d'animo, di grazia, amici della ve- sappia dire chi gli sia stato maestro, né in che tempo l'abbia appre-
rità, della giustizia, del coraggio e della temperanza l40 . sa; non solo, ma ciascuno di essi dichiara anzi che non è, questa, at-
A questo punto, interviene Adimanto per mettere in rilievo la te che si possa insegnare, e sono pronti a fare a pezzi chiunque osas-
scarsa considerazione in cui sono tenuti i filosofi e le accuse di stra- se affermare che, invece, lo è: immaginati ora che costoro insistente-
vaganza e di incapacità alla vita politica che vengono loro mosse dal- mente si affollino intorno al capitano, chiedendo e facendo di tutto
la maggioranza. perché affidi loro il timone, e se talvolta non riescono a persuaderlo,
Anche questa volta, Adimanto riferisce l'opinione corrente in- mentre gli altri vi siano riusciti, uccidan o gettin fuori bordo questi
terna ai filosofi, non la sua, che concorda pienamente con quella di ultimi, e data a bere al buon capitano la mandragola, o ubriacato lo,
Socrate. o in qualche altro modo insomma messolo in condizioni di non agi-
Coloro che si dedicano alla filosofia, afferma Adimanto, se la pra- re, immaginati che comandino essi la nave consumando le provvi-
ticano a lungo, spendendovi tempo ed energia, diventano per la mag- gioni e che in baldorie e gozzoviglie navighino come navigare posso-
gior parte molto stravaganti: mentre gli spiriti più eletti, dopo essersi no simili marinai: non solo, ma colmino di lodi e dicano vero uomo
esercitati nella filosofia, non si rivelano di alcuna utilità allo Stato"l. di mare, abile timoniere, esperto nautico colui che riesca appunto a
Queste sono le accuse che generalmente sono mosse ai filosofi e comandare, sia persuadendo sia forzando il comandante, biasimando
Socrate non se ne meraviglia, perché sa che tutto ciò risponde al vero. come inutile chi non riesca in tale loro scopo, mentre non si rendo-
Ma nello stesso tempo sente il dovere e la necessità di spiegare no affatto conto che al vero navigato re è necessario preoccuparsi del
i motivi per cui i filosofi non sono, come invece dovrebbero essere, tempo, delle stagioni, del ciclo, degli astri, dei venti, di tutto ciò che
appunto rientra nell' arte sua, se davvero vuole comandar bene una
nave: anzi, quanto all'arte di governare, sia perché altri componenti
m Rep., V, 484-485.
140 Ivi,485-487.
141 Lvi, VI, 487 b-d. 142 Ivi, 487 e.

128 129
l'equipaggio lo vogliano o no, essi non ritengono affatto sia possibile Ecco i motivi, conclude Socrate, per cui in simili Stati i filoso-
apprenderla né teoricamente, né per esperienza, se non insieme allo fi sono derisi e disprezzati, definiti incapaci ed inetti alla politica e
stesso comando della nave. quindi tenuti in scarsa considerazione.
Ebbene, quando a bordo succedono simili cose, non pensi che il Solo nello Stato perfetto è possibile il governo dei filosofi, i quali,
capitano vero sarebbe chiamato sul serio, da chi si trovasse imbarca- per la loro natura, sono gli unici capaci di realizzarlo secondo giusti-
to su navi similmente ordinate, acchiappanuvole, chiacchierone, buo- zia. E quando si saprà chi sono i veri filosofi, distinguendoli da quel-
no a nulla" 143 • li che apparentemente sono tali, allora verranno tenuti in gran con-
Tale la risposta di Socrate, che reagisce energicamente alle accu- to e saranno pregati di assumere il governo per il bene della comuni-
se che sono mosse contro i filosofi. tà e dello Stato, di cui fanno parte l44 •
In nessun' altra pagina di Platone, come in quella che riporta ta-
le similitudine, la situazione politica dello Stato ateniese è resa così
chiaramente e storicamente esatta, tanto da farci comprendere i mo- Il Sommo Bene: suo valore e significato
tivi fondamentali della ricerca platonica intorno alla giustizia e all'in-
giustizia in seno allo Stato. Socrate, dopo aver concluso sulla necessità di affidare ai filosofi
Infatti, nella similitudine riportata integralmente, si riscontrano il governo dello Stato, richiama l'attenzione dei suoi discepoli su una
tutti i difetti e le brutture, il caos morale, il disordine, l'accaparramen- nuova e difficile ricerca da intraprendere, necessaria ed indispensabi-
to politico, a cui già avevamo accennato nella prima parte di questo le, senza la quale ogni conoscenza sarebbe vana ed inutile.
lavoro in merito alla situazione politica ateniese. Solo i filosofi, quelli veri, sono capaci di portare a termine ta-
È chiara l'allusione di Platone alla corruzione politica esistente le ricerca, giungendo così alla verità soprannaturale, a quella verità,
in seno allo Stato ateniese, come pure sono chiari i riferimenti, attra- come s'è detto precedentemente, che Platone definisce "Sommo Be-
verso la similitudine, a correnti ed a uomini politici del suo tempo. ne", principio ed armonia di tutte le cose, posto al di fuori di noi,
Infatti, la nave non è altro che lo Stato ateniese, il buon capitano più grande e più alto della giustizia e delle altre virtù esaminate.
il popolo, ignaro e inconsapevole di tutto ciò che a suo danno viene Anzi, proprio da questa verità soprannaturale, dall'''idea del be-
operato; nell' equipaggio si ravvisano i demagoghi e i sofisti, che con ne, l'oggetto della conOSCenza più altà', la giustizia e le altre virtù trag-
ogni mezzo tentano di ricoprire cariche pubbliche, siano essi capaci gono vita e significato, senza la quale rimarrebbero oscure, come oscu-
o no, per trarne dei profitti personali, ed infine nell' acchiappanuvo- ra sarebbe ogni cosa, se venisse a mancare la luce del sole '45 •
le si ravvisa il filosofo, che viene deriso e considerato inutile allo Sta- Il Sommo Bene, infatti, rappresenta nel mondo intelligibile, quello
to, solo perché ama la verità e cerca di farla amare anche dagli altri.

144 Ivi, VI, 498 c-S04 e,


," Rep., VI. 488-489. 145 Ivi, VI, 504-508 b,

130 131
che il sole rappresenta nel mondo sensibile'''. Ma, si è detto precedentemente, che conoscere le cose in sé, nella
La luce del sole permette all'uomo di distinguere gli oggetti co- loro essenza, nella loro perfezione, è il bene maggiore che possa capi-
sÌ come sono; quegli stessi oggetti, senza essere illuminati, rimarreb- tare ad un uomo e si è detto pure che solamente il filosofo può giun-
bero avvolti nelle tenebre. gere alla conoscenza delle cose in sé e, tramite un' accurata e graduale
CosÌ pure l'idea del Bene, da cui promana una luce più fulgi- ricerca, dalle cose in sé alloro principio unico, al Sommo Bene, luce
da, dà possibilità all'uomo non solo di distinguere, ma soprattutto divina, che illumina e dà armonia a tutte le cose del creato.
di conoscere le cose nella loro essenza, nel loro principio unico, im- Solamente il filosofo, quindi, contemplatore della verità sopran-
mutabile e perfetto. naturale, del Sommo Bene, principio ed ordine di tutte le cose, può
Infatti - continua Socrate - "quando l'anima affida i suoi sguar- trasfondere quell'universale armonia nello Stato, di cui egli soltanto
di su ciò che è illuminato dalla verità e dall' essere, subiro compren- può essere perfetto custode.
de, conosce e sembra che possegga intelligenza, ma quando si rivol-
ge a ciò che è pieno d'ombra, su ciò che nasce e muore, altro non ha
se non opinioni, e vede oscuro, e tira a indovinare, e somiglia a chi L'ascesa dal mondo sensibile al mondo intelligibile,- il mi-
non abbia intelligenza. to della caverna
Ciò che, dunque, spande la luce della verità sulle conoscenze acqui-
site, ciò che dà all'anima la facoltà di conoscere ... è l'idea del Bene"l".
La lunga e faticosa ricerca della verità da parte del filosofo è de-
Essa è il principio della scienza e della verità, come il sole è prin-
scritta da Socrate con un mito di alto valore educativo.
cipio della luce e della vista.
Alcuni uomini, egli immagina, sono rinchiusi fin dalla nascita
Non bisogna però confonderla con la scienza e l'intelligenza e
in una caverna, legati con catene e costretti a guardare continuamen-
nemmeno con il sole, per quanto vi siano analogie, perché più alto
te verso l'interno, senza potersi mai muovere.
è da porsi il Bene l".
Al di fuori della spelonca v' è una strada, percorsa da individui,
E come il sole dà la possibilità agli oggetti visibili non solo di es-
che parlano e portano oggetti vari; più in là della strada, brilla un
sere visti, ma anche vita e sviluppo, cosÌ il Bene dà agli esseri cono-
fuoco, la cui luce si proietta fin dentro l'oscura caverna, facendo in-
scibili non solo la possibilità di essere conosciuti, ma anche il loro es-
travedere le ombre, prodotte dai corpi degli stessi abitatori e dalle fi-
sere e la loro essenza l49 .
gure riflesse di quelli che passano fuori.
I poveretti credono, anzi sono convinti, che le ombre che vedo-
146 Ivi, 508. no siano non immagini, ma cose reali ed addirittura fanno a gara tra
'" Ivi, VI, 508 d·509. loro, stabilendo premi ed onori, per quelli che sono capaci di rico-
148 Ivi, 509. noscerle e di prevederne le successive apparizioni.
149 Ivi, VI, 509 b-c. Per un caso qualsiasi, Socrate immagina che uno di questi uomini

132 133
riesca a liberarsi dalle pesanti catene e si volga a guardare intorno. tale spettacolo, ritenendo poca Cosa i sacrifici compiuti per giunge-
La luce lo abbaglia ed egli deve compiere notevoli sforzi per abi- re a quella che egli, finalmente, riconosce non come una falsa imma-
tuarsi a vedere i corpi dei propri compagni e gli oggetti che sono al gine della realtà, ma la realtà stessa, come la vera vita, a cui ogni uo-
di fuori della spelonca, tanto che preferisce ritornare al suo posto, ri- mo aspira 151,
tenendo per reali le cose che vedeva prima. Il mito è svolto da Platone con accenti altamente drammatici e
Ma non basta; Socrate, per far capire meglio quanto sia difficol- nella presentazione della caverna tenebrosa con i suoi abitatori co-
toso il cammino che porta alla vera conoscenza, immagina che lo stes- stretti in catene, e nella descrizione psicologica dell'uomo, che gra-
so uomo venga trascinato a forza fuori della spelonca e costretto, suo dualmente, dopo terribili sforzi, prima incredulo, poi man mano sem-
malgrado, a fissare la luce e tutto ciò che è fuori dalle tenebre. pre più consapevole, giunge con gioia immensa, quasi liberato da un
Luomo è completamente abbagliato; compie uno sforzo sovru- pauroso incubo, alla scoperta della verità.
mano per riuscire a distinguere gli oggetti e le cose che si presenta- Tale il cammino del filosofo, il quale, come noi, costretto a vive-
no ai suoi occhi increduli. re nel mondo sensibile (la caverna), appesantito dal corpo e dai suoi
Infine, si abitua a riconoscere con somma soddisfazione per vere istinti (le catene), dopo aver preso per vere delle semplici congettu-
le cose, di cui fino allora aveva visto solo delle immagini. re (le immagini riflesse), finalmente libero, dopo sforzi sovrumani,
Ed è contento e non vorrebbe certo tornare fra i suoi compagni, gradualmente giunge alla conoscenza ed infine alla contemplazione
ritenendo la sua condizione di gran lunga più felice, come un bene dell'idea del bene (il fuoco),5 2 •
che mai avrebbe sperato raggiungere; piuttosto preferirebbe "lavora- Difficoltosa ed assai difficile, per chiunque, si presenta tale ricer-
re la terra servo di un altro neppure assai rlcco"150, ca e pochi Sono coloro che vi riescono, come si è già detto; COsto-
I premi e gli onori, a cui tendeva, insieme ai suoi compagni, per ro sono i filosofi, i quali riescono ad elevarsi dal mondo sensibile al
riconoscere delle false immagini, ora lo fanno sorridere, compiangen- mondo intelligibile ed a contemplare la verità, il Sommo Bene, la lu-
do l'ignoranza nella quale era sempre vissuto. ce che genera vista ed illumina la realtà tutta.
E si rende conto anche che la luce è causa di tutto, quel fuoco Il mito, descritto da Socrate, basterebbe fin qui a dimostrarci
abbagliante, davanti al quale gli occhi devono compiere un notevo- quanto arduo sia il cammino per giungere alla contemplazione del
le sforzo per poterlo contemplare. Sommo Bene.
Ma una grande soddisfazione lo riempie, quando le sue palpe- Ma Platone aggiunge una seconda parte, con chiari riferimen-
bre finalmente si possono schiudere per ammirare "lo spettacolo del- ti alla vita ed al dramma del suo maestro, il quale, dopo aver scoper-
la verità", ed una gioia profonda invade tutta l'anima sua di fronte a to la verità, per averla voluta insegnare agli altri uomini, è stato dagli

ISO Platone anche questa volta riporta un verso di Omero, precisamente il 489 dcllibro Xl ISI Rep., VU, 514-516 e,

dell' Odissea, quando Achille compiange la sua sorte, parlando con Ulisse. 152 Cfr. Pedone, 82 e-83 a; neteto, 175 b; Fedro, 247 e-248 c.

134 135
stessi deriso e costretto "in tribunale o altrove, ... a discutere sulle om- la realtà vera del Bello, del Giusto e del Bene.
bre del giusto o sulle immagini che vengo n proiettate da queste om- Ecco come il nostro Stato per noi e per voi sarà governato da sve-
bre, ed a combattere sul modo in cui queste ombre possano essere gli e non in sogno, come lo è nella maggioranza degli Stati attuali, i
intese da gente che mai ha veduto quella che sia la giustizia in sé e cui cittadini si lottano per delle vane tenebre, disputandosi il coman-
per sé"153, e per aver tentato di convincerli da costoro è stato selvag- do come se fosse un grande bene.
giamente ed ingiustamente accusato e condannato' a morte. Ma la verità è questa: quello Stato, cioè, in cui il comando è af-
I riferimenti alla drammatica vita di Socrate valgono a farci com- fidato a coloro che meno di tutti hanno il desiderio, sarà per forza
prendere come non tanto sia difficile giungere alla vera conoscenza, il migliore e il più felicemente governato ... perché è soltanto in uno
quanto soprattutto farla comprendere agli altri. Stato simile che avranno il potere i veri ricchi, non ricchi d'oro, ma
Solo un uomo, profondamente convinto ed amante della veri- di virtù e sapienza, la ricchezza cioè di chi è veramente felice.
tà, può riuscire in questo difficile compito traendo dalle sue profon- Ma là dove nella cosa pubblica si gettino pezzenti e gente avida
de convinzioni il coraggio necessario per opporsi alla malvagia ceci- di ricchezze personali, gente che dalla politica spera il proprio gua-
tà degli uomini. dagno, non è possibile un buon governo ché si lottan fra di loro per
CosÌ ha fatto Socrate, sacrificando la propria vita per l'amore del- arraffare il comando e questa lotta intestina e civile li perde insieme
la verità, cosÌ deve agire il filosofo, perfetto custode dello Stato. a tutto lo Stato"155.
Platone, traendo lo spunto dalla vita del suo maestro, indica ai fi-
losofi il dovere che devono compiere per il bene e l'utilità dello Stato.
Essi, dopo esser giunti alla contemplazione del Sommo Bene, non L'educazione del filosofo, peifetto custode dello Stato
devono "restare lassù") ma ritornare tra le imperfezioni del mondo,
tra gli uomini, che di quelle imperfezioni sono prigionieri, per libe- Platone, dopo aver sottolineato la necessità di affidare lo Stato
rarli e condurli gradualmente verso la vera realtà 154 . nelle mani del filosofo, traccia ora le linee generali dell' educazione, cui
"Voi, dunque - cosÌ Socrate si rivolge ai filosofi - dovete, quan- devono essere sottoposti i filosofi, e stabilisce le discipline che devo-
do ad ognuno spetterà il suo turno, discendere dal comune mondo no praticare: l'aritmetica, la geometria, la stereometria (studio dei cor-
degli altri ed abituarli a vedere anche ciò che è nell' oscurità delle te- pi solidi), l'astronomia, la musica (come arte dei suoni) e la dialettica.
nebre: anzi, una volta fatta l'abitudine alle tenebre, infinitamente me- Tutte queste scienze però non devono essere studiate per conse-
glio degli altri ci vedrete e riconoscerete ogni immagine, quale ne sia guirne un'utilità pratica ed immediata, ma soprattutto per poter di-
il suo valore e di quale realtà sia il riflesso, perché voi avete già visto ventare "abili dialettici".
Il corso degli studi dei fututi reggitori dello Stato si può riepilogare

'53 Rep., VII, 516 e-517.


154 Ivi, VII, 517 b-519 e. 155 Ivi, 519 e-52l b.

136 137
nelle seguenti fasi. egli deve tendere.
Dopo aver frequentato, dai diciotto anni circa ai venti anni, un I! faticoso ed arduo cammino dell'uomo verso la verità, come fa-
corso fondato sull'educazione fisica, i giovani, dotati di più spiccate ticoso ed arduo il conoscere dell'uomo rinchiuso nella caverna, che,
attitudini, attraverso una prima selezione, vengono avviati per dieci dopo sforzi sovrumani, giunge alla conoscenza del vero e ripudia le
anni allo studio delle scienze; a trenta anni, con una seconda e più false immagini, questo cammino aspro e difficile, il dialogare conti-
severa selezione, i migliori di essi devono dedicarsi per cinque anni nuo dell'uomo con sé e poi con gli altri, Platone definisce dialettica.
allo studio della dialettica. Socrate stesso chiama procedimento dialettico "la liberazione dai
Terminati gli studi, dai trentacinque ai cinquant'anni, i filoso- ceppi ed il rivolgersi dalle ombre alle statuette ed alla luce, l'ascesa ver-
fi cominceranno così a fal'e tirocinio di governo, esercitando funzio- so il sole dalla sotterranea caverna, e, una volta fuori dalla spelonca,
ni marginali nello Stato. l'incapacità di vedere gli animali, le piante e la luce del sole, avendo
Soltanto dopo i cinquant'anni, a turno, potranno veramente go- però la possibilità di contemplare nelle acque le loro divine immagi-
vernare, avendo cosÌ raggiunto la maturità e l'esperienza necessarie ni e le ombre degli oggetti reali, e non più le ombre di figure proiet-
per guidare le sorti dello Stato l56 . tate da quell'altra luce, che è l'immagine del sole, ebbene tutto que-
Queste, in sintesi, le varie tappe dell' educazione dei filosofi. sto lavoro, che si raggiunge con le varie specifiche scienze che abbia-
Ma è necessario sottolineare come diverse volte Platone pone l'ac- mo passato in rassegna, ha proprio questa virtù di elevare la parte più
cento sull'importanza che la dialettica ha nei confronti delle altre scienze. nobile dell'anima alla visione di ciò che di più eccellente v'è in ognu-
Essa non è una scienza come un' altra; infatti, Platone la iden- no degli enti, sÌ come dianzi abbiamo veduto il più acuto degli orga-
tifica con la stessa filosofia, che, come s'è detto nella prima parte di ni del corpo elevarsi alla visione di quello che nel mondo materiale e
questo lavoro, non è come le altre scienze, che hanno per contenuto visibile è il più luminoso degli oggetti"158
un qualche oggetto e si riferiscono ciascuna a una particolare attivi- E per ciò che riguarda la forza dell' attività dialettica, i suo pro-
tà della vita dell'uomo. cedimenti e i suoi aspetti, Socrate, nel rispondere a Glaucone, ha un
La filosofia, afferma Platone nel Politico, ha per contenuto la vi- attimo di esitazione.
ta stessa l57 , Sembra quasi che voglia riprendere fiato, per concludere una ri-
La dialettica per Platone non è altro che una lunga e faticosa in- cerca da tempo intrapresa, le cui conclusioni richiedono una forza
dagine, attraverso moltissime difficoltà, che l'uomo deve superare per ed una convinzione che Socrate sa di avere, come pure sa che è diffi-
conoscere prima se stesso e realizzarsi poi armonicamente con gli al- cile che gli altri posseggano.
tri, alla luce di quella verità soprannaturale ed unica verso la quale A questo punto, pare che qualcosa di veramente superiore deb-
ba scaturire dal lungo ed affannoso dialogare tra Socrate ed i suoi

'50 Rep., VlI, 521 e-541 b.


157 Politico, 286 a-287 a. ''" Rep., VII, 531 d-532 d.
discepoli. VIII
La conclusione della Repubblica, a nostro avviso, è da riporre in
quest'ultima parte, giacché le altre, che seguono, sono da conside- LE FORME DEGENERI DI UNO STATO
rarsi come conseguenti.
"Amico Glaucone - conclude Socrate - tu qui non mi potrai più
seguire: oh sÌ, quanto a me ci metterò tutta la mia buona volontà, ma Lo Stato perfetto e le sue degenerazioni
non si tratterà più di vedere in questo caso quella che è l'immagine
della verità, ma la verità stessa, quale almeno a me sembra che sia"159. Socrate, dopo aver concluso sull' educazione dei filosofi, riepilo-
È un momento questo, molto importante, quasi solenne, che in- ga brevemente le caratteristiche principali che contraddistinguono lo
Stato perfetto, che egli chiama aristocratico nel senso già spiegato,
vita ad una profonda riflessione sulla umana imperfezione, che, per
cioè governato dai migliori 160.
quanto voglia chiarire i misteri dell' esistenza, non vi riesce, restan-
Infatti il termine aristocrazia per Platone non ha il significato co-
do prigioniera di quegli stessi problemi che dalla nascita alla morte
mune, che normalmente gli si attribuisce, ma deve essere inteso co-
l'afRiggono.
me governo di anime sapienti e giuste, elette dal popolo, che le rico-
Le parole di Socrate risuonano come un severo monito per tut-
nosce degne di assumere le redini dello Stato.
ti coloro che credono di poter conquistare la felicità agevolmente e
Aristocrazia di pensiero, quindi, perché come spesso Platone ha
senza alcun sacrificio.
tenuto a sottolineare, lo Stato perfetto è quello in cui governano "i
Sebbene pacato, il suo avvertimento scaturisce da profonde con- veri ricchi, non ricchi cl' oro, ma di virtù e sapienza"16l,
vinzioni e da un' esperienza diretta, fatta di continue lotte e delusio- Tale forma di governo può dirsi anche monarchia, nel senso che
ni, di speranze amaramente disilluse e di un amore veramente gran- la parte migliore vi predomina in armonia col tutto, come Platone
de, quasi passionale, e di una fede incrollabile verso qualcosa, che ci stesso afferma alla fine del libro IV della Repubblica.
trascende e che ha in sé tutta la perfezione di cui l'umanità manca. Aristocratico o monarchico, nel modo già detto, è lo Stato per-
È qui, nella consapevolezza della propria imperfezione e nella fe- fetto delineato da Socrate, da cui provengono, per degenerazioni, al-
de di una perfezione assoluta, il dramma dell'uomo, il dolore che sca- tre quattro forme di governo, corrispondenti a quattro tipi di indi-
turisce dal contrasto vivo e profondo tra la realtà e gli ideali, che Pla- vidui, poiché quelle stesse forme "nascono dal costume morale dei
tone tenta di risolvere, chiamandolo "un certo quid", ma che alla fi-
ne si ripropone, come sempre nella storia dell'umanità, in tutta la
sua drammatica ed irresolubile esigenza.

''" Rep., VIII, 543-544 d.


'50 Rep" VII, 533. 161 Cfr. sopra, 521.

140 141
ci ttadini" Hi2. La Timocrazia
Già in un' altra parte della Repubblica, Platone afferma che "lo
Stato è i cittadini stessi" e che solo da questi ultimi dipende l'attua- La Timocrazia è per Platone la meno negativa delle forme dege-
zione della giustizia o dell'ingiustizia, a seconda di coloro che lo go- neri di uno Stato, intermedia tra l'Aristocrazia e l'Oligarchia, aven-
vernano 1G3 • do in sé le caratteristiche dell'una e dell'altra.
Ecco il motivo per cui lo Stato perfetto degenera in altre forme, Essa sorge dalla discordia tra le due classi, dei custodi e dei produt-
corrispondenti proprio al carattere degli uomini che vi predominano. tori.
Secondo Platone, quattro sono le forme degeneri e storiche del- Questi ultimi, seguendo gli istinti della parte peggiore della pro-
lo Stato: la Timocrazia o Timarchia di tipo spartano o cretese, ave pria anima, cominciano a desiderare più di quello che loro è necessa-
predomina l'uomo ambizioso di cariche e di onori, ma che nello stes- rio e fanno della ricchezza lo scopo principale della loro vita.
so tempo ha in sé qualcosa di buono, che non lo perde completa- Mentre i custodi, non mancando di nulla, perché ricchi nel!' a-
mente; l'Oligarchia o governo dell'uomo dedito al denaro e ad accu- nima, perseguono ancora la virtù e mantengono la primitiva costi-
mulare ricchezze; la Democrazia, dovuta al prevalere dell'uomo disor- tuzione l65 .
dinato, che non ammette alcuna distinzione ed odia qualsiasi clas- Le due classi, dopo reciproche violenze e lotte continue, alla fine
se dirigente, perché non riesce a seguirne le norme precise e rigide e, si accordano e si dividono le terre e le case, restaurando cosÌ la pro-
quindi, ogni forma di libertà per lui diventa arbitrio vero e proprio; prietà privata, e, di buon accordo, si dividono le varie responsabilità.
infine la Tirannide, che è provocata dall' assoluto dominio di un solo La caratteristica che predomina in questa forma di governo è l'a-
individuo, il quale, avvalendosi dell' autorità conseguita, bada a sod- nimosità, propria degli individui più semplici e di natura impulsi-
disfare tutte le proprie passioni. vi, disposti più alla guerra che alla pace, desiderosi come sono di ric-
Tale forma di governo è, secondo Platone, la peggiore che pos- chezze, di cui) una volta venuti in possesso) diventano oltremodo avari.
sa sorgere in uno Stato. Simili uomini, da giovani, disprezzano le ricchezze, tendendo più
Queste, in sintesi, le forme degeneri di uno Stato, che Platone agli onori e alla gloria, perché ambiziosi per natura, ma col passare
esamina particolarmente nella Repubblica e poi nel Politico, nel loro degli anni diventano avari e conservatori.
modo di sorgere, nelle loro caratteristiche, contrapponendole a quel- La ginnastica e la caccia sono attività pieponderanti nello Stato
lo Stato, idealmente delineato, che egli ritiene perfetto e giusto, co- timocratico, ove i suoi cittadini, per natura dediti alla guerra, come
me giusto l'uomo che lo governa l64 • già si è detto, tengono in grande considerazione la forza fisica e l'ad-
destramento per fronteggiare qualsiasi ostacolo l".

'" Rep., VJII, 544 d-e.


163 Cfr. sopra, 435 c-436. 165 Ivi, VIII, 547 a-c.
164 Ivi, VIII, 544 e-547 c. 166 Ivi, VIII, 547 d-548 c.

142 143
Arrogante, proclive ad ascoltare pur non essendo oratore, aspro Molti sono i difetti dello Stato oligarchico: prima di tutto il di-
con gli schiavi senza però disprezzarli, cortese con gli uomini liberi, ritto di censo, che esclude così la maggior parte dei cittadini dal go-
molto obbediente verso i magistrati, ambizioso di potere e di ono- verno, come se la ricchezza fosse sinonimo di capacità.
ri, l'uomo timocratico esercita il suo dominio, più che con la parola, Pertanto, uomini esperti e capaci, se poveri, non possono appor-
con l,aZlOne
. guerresca e con l'1 suo talento ml1tare
'1' 167 . tare alcuna utilità allo Stato"o.
Luomo timocratico ha in sé pregi e difetti, che si rilevano anche In secondo luogo, lo Stato oligarchico col diritto di censo viene
nella forma di governo di cui fa parte. a frazionarsi in due, tanto che da una parte è lo Stato dei ricchi, dall' al-
Plarone, come già si è detto, considera la Timocrazia come la me- tra quello dei poveri, ed entrambi, pur abitando nello stesso posto,
no negativa tra le forme di governo, rassomigliando, per alcuni aspet- lottano fra di loro, tendendosi continuamente insidie e pericoli 171.
ti, allo Stato aristocratico ed essendo ancora legato, anche se con mi- Né, d'altra parte, da soli gli oligarchici riuscirebbero a condurre
nor fiducia, a quelli che sono i valori fondamentali della vita 168. una guerra, poiché per natura avari, non potrebbero pagare le spese
e, pertanto, dovrebbero rivolgersi alla massa popolare 172 •
Altro difetto gravissimo della costituzione oligarchica è la possi-
L'Oligarchia bilità di ciascun cittadino di comprare e di vendere, divenendo co-
sì, da povero che era, ricco e viceversa, con tutte le gravissime conse-
Quando il desiderio di ricchezza da parte dei custodi acuisce la guenze che ne scaturiscono, senza che nessuno si preoccupi di par-
lotta tra le due classi, quella dei custodi stessi e quella dei produtto- vi rimedio 173 ,
ri, la Timocrazia degenera in Oligarchia, che si basa tutta sull'utilita- Ancora una volta, Platone riafferma i pericoli che derivano dal-
risma economico e sul censo. la proprietà privata, la quale, provocando dissidi e lotte tra i cittadi-
Di conseguenza i ricchi spadroneggiano a danno dei poveri, i qua- ni, dovrebbe essere abolita, secondo il concetto già espresso: "Tutto
li non hanno alcuna autorità. deve essere in comune tra amici"I74.
Il diritto di censo, nello Stato oligarchico, permette così ad una Nello Stato oligarchico, la ricchezza è la nota predominante ver-
minoranza di partecipare al governo, escludendo tutti colato che non so la quale l'animo concupiscente dei cittadini tende, ubbidendo ai
hanno possedimenti, secondo le leggi appositamente prescritte . desideri smodati di accumulare denaro.
.La legge viene stabilita ad attuata con mezzi intimidatori e, se
necessario, anche con la forza, ricorrendo all'uso delle armi!".
170 Ivi, VIII, 551 c-d.
171 lvi, VIII, 551 d.
'" Ivi, VIII, 548 e-549 b. 172 Ivi, VIII, 551 e.
''" Ivi, VIII 549 b-550 C. 173 Lvi, VIII, 552 a-553.
169 Ivi, VIII, 550 c-SII c. 174 Cfr. sopra, 435 e-436.

144 145
Tale, quindi, anche l'uomo oligarchico, che tiene in grandissimo esiliano, mentre si dividono con quelli che restano l'amministrazio-
conto il denaro, teso solamente ad accumularlo, privandosi di qualsi- ne e le magistrature, il più delle volte spartendosele a sorte"177.
asi cosa non necessaria, divenendo cosÌ avaro e geloso della propria Ma i difetti di tale forma di governo sono molti e gravissimi.
ricchezza. La libertà, da molti invocata ed ottenuta anche a prezzo del san-
Un tale uomo non si preoccupa minimamente della propria edu- gue, diventa, in questo tipo di costituzione, un continuo arbitrio, do-
cazione, geloso del suo denaro, prodigo di quello altrui, contrastan- vuto agli sfrenati desideri dei suoi cittadini, i quali ben presto comin-
te molto spesso, perché la parte migliore di se stesso è dominata da- ciano a pagare il danno che quella stessa libertà arreca allo Stato e a lo-
gli istinti, che lo rendono arido ed egoista 175 • ro stessi.
Nel parlare della Democrazia, Platone è ironico e sarcastico nel-
lo stesso tempo, definendola "variopinto mantello variamente intes-
La Democrazia suto d'infiniti fiori ... tanto che il volgo, simile alle donne e ai fan-
ciulli, ai quali piacciono le cose variopinte, ne rimane affasclnato"178,
Dall' oligarchia, a causa dell' opposizione sempre più netta tra le È chiaro che Platone vuole riferirsi alla Democrazia ateniese; sol-
due classi economiche, nasce la democrazia; viene meno la distinzio- tanto cosÌ si spiega l'ironia, che sgorga spontanea dal suo animo ama-
ne tra custodi e produttori e, con essa, resistenza di una vera e pro- reggiato per le tristi condizioni della sua patria.
pria classe dirigente. La costituzione democratica è la forma più disordinata di gover-
Il censo dello Stato oligarchico, la ricchezza eccessiva, la negli- no, poggiando le sue basi sulla inconsapevolezza dei suoi cittadini,
genza dei governanti fanno sÌ che i cittadini poveri, saturi di odio e che, liberi da ogni impedimento legale e morale, possono in tal mo-
delusi del loro misero Stato, si ribellino, desiderosi di abbattere ogni do fare il proprio comodo, trovando la giustificazione dei loro atti
distinzione di classe llO . nella stessa libertà, tanto faticosamente conquistata,
Ecco che la rivoluzione è inevitabile e cosÌ lo Stato è in mano di Ma la libertà dello Stato democratico non è libertà cosciente, che
facinorosi, assetati di vendetta, irragionevoli oltre misura, schiavi dei
loro più bassi istinti.
177 Ivi, VIII, 557 a-b.
Il governo oligarchico viene abbattuto e s'instaura la Democra-
178 Ivi, VIII, 557 b-d. In merito ai rapporti del filosofo con la Democrazia ateniese, il Gom-
zia, per un desiderio di libertà che poi diventa licenza e libero arbitrio.
perz così si esprime: "Giacché è questa la forma di governo sotto la quale egli ha vissuto ed
Lo Stato democratico, secondo Platone, sorge "quando la vitto- operato, e dalla quale in conformità ad una legge da lui stesso formulata, la legge di reazio-
ria resta in pugno ai poveri, che massacrano parte dei ricchi e parte ne, il suo spirito h.a ricevuto gli stimoli più potenti ed efficaci. Così intenso è il sentimento
dei mali da lui sofferti 'in quel regime, che di fronte ad esso tutte le altre impressioni ven-
gono a perdere ogni valore ... Nemmeno propriamente una costicuzione appare a lui la de-
mocrazia, bensì un "mercato di costituzioni". Tanto grande ne è l'instabilità, così sconcer-
'" lIep .• VJII, 555·555 b. tame la mutevolezza e la varietà che di essa formano l'essenza!" (T. GOMPERZ, Pensatori gre-
ci, cit., pp. 383·384).
176 lvi, VIII, 555 b-e.

146 147
deriva dalla consapevolezza e dettata dalla ragione, bensÌ incoscienza e politico dello Stato democratico.
vera e propria, dovuta al prevalere degli istinti più bassi dell'uomo, Essa è caratterizzata dall' assoluto dominio di un solo individuo,
che producono caos e disordine non solo nello Stato, ma nello stes- che si avvale dell' autorità conseguita per soddisfare tutte le proprie
so individuo che di quella forma di governo è il tipico esponente!79. passioni.
La costituzione democratica, secondo Platone, non è neanche una Proprio la libertà, considerata dagli uomini democratici come il
costituzione, ma un insieme di costituzioni, "piacevole a prima vista bene migliore, fa sÌ che nello Stato in cui si genera, per la noncuran-
ed anarchica, varia e dispensatrice di diritti indifferentemente ai giu- za dei suoi governanti, apra la via alla Tirannide l82 •
sti come agli ingiusti"180. Infatti, in uno Stato del genere, il principio della libertà è esteso
Come lo Stato democratico, anche l'individuo, che vi fa parte, è a tutti, senza alcuna distinzione, siano essi meritevoli o no, degene-
rando in anarchia, come sovversione di ogni autorità ed intolleranza
disordinato, senza leggi né freni.
ad ogni regola di giustizia.
In lui ogni passione è libera: infatti l'individuo democratico vive
I! desiderio di libertà diventa un diritto in un simile Stato, tan-
nella dissolutezza, giornalmente appagando ogni suo desiderio, beve
to che i giovani si sentono sullo stesso piano degli anziani e quest'ul-
o si dedica alla musica, qualche volta fa ginnastica, qualche volta se
timi, per non apparire retrogradi e dispotici, si fanno "arrendevoli ed
ne rimane pigro ed ozioso, qualche volta si dedica anche alla filosofia.
allegri" 183.
Nella sua vita non c'è ordine né misura, ma tutto è subordinato
Tanta è la corruzione del governo democratico, che Platone sar-
agli istinti che la dominano, rassomigliando in tutto e per tuttO al ti-
casticamente vede in un simile Stato "le cagne simili alla padrona,
po di costituzione, di cui è parte fondamentale!8!.
e cavalli ed asini, abituati ad andarsene per le vie in assoluta libertà
e col fare importante, urtarsi contro chiunque s'impatta loro fra le
zampe, senza cedere il passo ad alcuno"!84.
La Tirannide L'eccessiva libertà, quindi, si trasforma in eccessiva schiavitù, sia
per l'individuo sia per lo Stato.
Lultima e più grave forma di degenerazione politica, secondo Pla- E allora tra i cittadini, avviliti dai continui soprusi e dalle prepo-
tone, è la Tirannide, che sorge dalla sfrenata libertà e dal caos morale tenze provenienti da ogni parte, sorgono lamentele e ribellioni, che
vengono rese pubbliche dai più facinorosi, dotati di maggior corag-
gio ed autorità.
17~ ''Aucun cles régimcs existants ni aucune cles doctrincs qu'ils avaient direcremenr sllscitées
ne satis~faisait Platan. Pom lui la démocratie c'est le régne cles sophistes qui au lieu d'éclai~
ref le peuple, se contentcnt d'étudier san comporternent et d'ériger cn valeurs morales ses
appécits" (Jfu\N TOUCHARD, Histoire des idées politiques, Paris, 1959, p. 29). 182 Ivi, VIII, 562 a-d.

'"" lIep., VlII, 557 d·558 C. '" Ivi, VllI, 562 d-563 b.
181 Ivi, VIII, 558 c-S62. 1M Ivi, VIII, 563 b-d.

148 149
Costoro appaiono agli occhi del volgo come protettori e ben pre- Drrazionalità più completa, è evidente, pervade tale forma di
sto vengono pubblicamente elogiati ed eletti alle più alte cariche del- governo e l'individuo che ne è a capo.
lo Stato. Il male peggiore, secondo Platone, è l'essere governato da un ti-
In seguito, essendo l'anima di costoto intollerante ed ambiziosis- ranno, che rappresenta l'ultima degenerazione di quell'individuo per-
sima, dopo lotte acerrime, che si concludono sempre con l'estradizio- fetto, il filosofo re, esaminato precedentemente, essendo quell'anima
ne e col sangue, uno solo, quello più spregiudicato e senza scrupoli, priva di ragione, travolta da istinti bestiali, che fanno dell'uomo tiran-
riesce a prevalere ed instaura cosÌ la tirannia. nico il più spregevole uomo, che possa esistere, oppressore e sfrutta-
Dal governo dei molti, ecco che si attua il governo di uno solo, tore dei cittadini e dello Stato.
che, facendo e disfacendo a proprio modo, incurante dei bisogni e
delle necessità dei suoi sudditi, bada solo a soddisfare le proprie pas-
sioni, sperperando tutto il patrimonio dello Stato e divenendo così,
da protettore del popolo, vero e proprio tiranno!85.
Questi, nei primi tempL è cordiale con tutti, si presenta come
un benefattore, fa promesse in pubblico ed in privato, distribuisce
terre al popolo ed agli amici, si dimostra con chiunque di animo mi- '
te e generoso.
Ma dopo, a causa della sua insaziabile sete di potere, che por-
ta a rovinose e sanguinosissime guerre, trovandosi in difficoltà per le
continue perdite, egli diventa diffidente con rutti ed è senza scrupoli
persino con i suoi amici, che lo consigliano verso il bene, eliminan-
doli, per conservare la sua autorità e il suo prestigio.
E così diventa ostile con tutti, pronto a togliere di mezzo chiun-
que voglia a lui opporsi, senza farsi scrupoli e senza pietà alcuna, pur
di rimanere al potere!86.
E governa ancora per molto tempo, compiendo ogni sorta di mal-
vagità a danno di quel popolo, che lo aveva acclamato protettore ed
innalzato agli onori dello Stato.

'"' Rep., VJJI, 563 d·566 d.


\86 Ivi, VIII, 566 d-567 c.

150 151
mezzo a tutta questa confusione, quale mai cuore, come si suoI
IX
dire, credi tu debba avere uti. giovane?"188,

DALLA PREMESSA ALLE CONCLUSIONI


Ecco un' altra immagine che Platone intende sottolineare nel com-
portamento degli uomini nella città in crisi:

Immagini dell'Atene democratica: la genesi della tirannide "Non nasce, non è nato, non nascerà mai difatti un carattere che
possa altrimenti volgersi verso la virtù perché educato in modo
Ad Atene, il vero nocchiero, Socrate, è stato processato e uccÌ- opposto all'educazione impartita da quei tali signori; parlo di un
S0187,privando la società di un suo nobile protagonista. carattere umano, amico mio: se si trattasse di un carattere divi-
La sua voce, che aveva costituito un punto di riferimento per gli no, secondo il proverbio, lasciamo lo fuori dal discorso. Sì, bisogna
mettersi bene in testa questo, che in uno Stato costituito secondo
uomini di quel tempo in crisi, era un richiamo profondo ai valori
simili ordinamenti ciò che si salva e diviene come deve essere, se
del bene e dell' essere come i fondamenti della nostra vita e della so-
dici che è dovuto ad un fato divino, non temere di sbagliare"'89,
cietà di cui facciamo parte. I filosofi, con la morte di Socrate, furo-
no banditi dalle città e da ogni luogo che rappresentasse la scienza e Molto significative sono le parole di Platone relativamente all'im-
il bene. E gli anni a venire conosceranno altre condanne ed altre for- magine nota del "bestione":
me di ostracismo ai sapienti della città.
Ecco come si comportano, secondo la descrizione di Platone, gli "Bestione cresciuto grande e grosso, da che parte convenga av-
abitanti della città preda della democrazia: vicinarglisi, dove palparlo, quando e come è che divenga ferocis-
simo o quanto mai mansueto, e nell'un caso e nell'altro quali vo-
"Tutte le volte che c'è una riunione di massa nelle assemblee ci usi emettere, o quali voci invece lo fanno quietare o montare in
furore: e dopo aver imparato tutte queste cose, per lunga consue-
popolari, nei tribunali, negli accampamenti, in ogni qualsivoglia
tudine di vita, questo chiamasse col nome di scienza e, ordinando
pubblica riunione ave con grande rumore essi lodano o biasima-
in unità il tutto come un'arte, ne facesse professione di maestro,
no ciò che viene detto e ciò che vien fatto, ed esasperate 50n le lo-
senza veramente sapere che cosa vi sia in questi principi e in que-
di esagerate le obiezioni, ed urlano e battono le mani, tanto che le ste passioni di bello o di brutto, di buono o cattivo, di giusto od
stesse pietre e il luogo dove sono radunati risuonano rimandan- ingiusto, dando a tutte queste cose un nome, sempre secondo le
do raddoppiato il baccano del loro biasimo e delle loro lodi, in

'"" Rep.• IV. 492 b-492 d.


IHl I marinai che senza saper guidare vogliono prendere il timone sono i demagoghi, il ve-
189 Ivi, 492 e-493.
ro nocchiero sarebbe il filosofo (Rep., IV, 487 e-488).

152 153
opinioni del bestione, ossia chiamando bene ciò che al bestione coraggio e si dica che i perfetti custodi non possono essere che i
procura piacere, male ciò che lo fa arrabbiare, senza d'altra par- filoso fi" 193.
te saper dare nessuna ragione di questi nomi, ma chiamando giu-
sto e bello ciò che secondo gli studi di natura è necessario poiché Segue la descrizione che Platone fa della vita democratica in Atene:
non avendo mai visto quella che è la necessità in sé, ed il bene in
sé, non sa distinguere in che cosa differiscano fra loro' né può mo- "E l'indulgenza e l'assenza in ogni circostanza, di meticolosa pre-
strarlo agli altri. Per Zeus, e non ti sembra che sia questo un edu- cisione, proprie di questa costituzione, il disprezzo anzi di tutti
catore ben strano?" 190. quanti quei motivi che noi abbiamo discusso invece con tutta se-
rietà, quando gettavamo le fondamenta del nostro Stato, quan-
Nel rilevare la chiara opposizione e contraddizione tra la "vera do dicevamo, ad esempio, che se uno non ha da natura doti ec-
scienza" e sapienza (come l'in sé e le l'opinioni del bestione", secon- cezionali, mai potrebbe divenire un buon uomo se fin dalla pri-
do le quali a tutto viene dato un nome che corrisponde a tutto ciò ma infanzia, nei suoi stessi giuochi, non sia volto verso il bello e
se di tutte queste cose, appunto, non si preoccupi... come tale di-
che piace), Platone sostiene che i re possano essere pure i filosofi per
sprezzo trionfalmente calpesta tutto ciò, senza che ci si preoccupi
"grazia divinà'191:
in quali studi si sia preparato un uomo politico per l'amministra-
zione dello Stato, mentre basta, per essere colmato d'onori, che si
"Né uno Stato né un governo, neppure un privato cittadino po-
proclami amico del popolo!"19'.
trebbe raggiungere la sua perfezione, se prima a questi pochi fi-
losofi non cattivi ma oggi divenuti inutili, non capiti la fonuna
di doversi occupare, nolenti o volenti, del governo, e allo Stato di
Da questo punto Platone avverte la necessità di spiegare come
dover loro obbedire, oppure se prima una qualche divina ispira- dall'uomo oligarchico si formi il democratico. Socrate è consapevo-
zione non conquisti di vero amore per la filosofia vera i capi degli le che è sul punto di toccare un argomento molto scottante, denso
Stati ereditari, o i figli degli attuali re, o i re medesimi"l92. di motivi polemici e con tanti richiami alla storia personale di cia-
scuno, ma soprattutto con richiami a fatti o avvenimenti di recen-
La conclusione: te attuali tà:

''Amico mio - seguitai - esitavo, infatti, a far l'audace afferma- "Quando un giovane allevato, come dicevamo ora, nell'ignoran-
zione di cui invece ora ho il coraggio; abbiamolo, dunque, questo za e in ristrettezze economiche, abbia gustato il miele dei fuchi ed
abbia frequentato queste focose bestie funeste, abili a procurare i

190 Iv!, 493~493 C.

191 Cfr. Lettera VII, 326 b e Rep., 493 d. 193 Ivi, 503 b.

192 Rep., 499 b~499 d. 194 Ivi, 558 b-558 c.

154 155
più svariati piaceri, di ogni specie e di ogni qualità, e proprio qui erano i desideri necessari, entro cui era stato educato, alla libertà
sta tranquillo che, più o meno, si inizia in lui il passaggio dall'o- e alla licenza dei piaceri superflui, anzi dannosi?"'97.
ligarchia alla democrazia"195.
E cosÌ, con sottile ironia, atteggiamento tipicamente socratico, il
La battaglia per le convinzioni e le opinioni vere, è ormai perdu- filosofo evidenzia altre immagini particolarmente polemiche:
ta; l'assillo delle false e "vanagloriose convinzioni" travolge in modo
devastante il posto delle verità fino allora possedute: "Così (il giovane) passa la vita affidandosi giorno per giorno a
quello che sia il desiderio del momento, ora ubriacandosi in un
"Egli torna allora da quei tali Loto/àgi ed apertamente abita in conviviale suonare di flauti, ora bevendo acqua e digiunando, ora
loro compagnia: e se da parte dei suoi famigliari ancora gli venis- esercitandosi nei ginnasi, altra volta standosene in ozio e non pre-
se aiuto a quella che nell'anima sua è la tendenza all'economia, occupandosi di nulla: vi son dei giorni, invece, in cui sembra tutto
quelle tali vanagloriose convinzioni, chiudendo le porte di quel- preso da studi filosofici; spesso si occupa anche di politica, e si leva
la che è in lui la sovrana roccaforte, non farebbero passare né gli in piedi per dire o per fare quel che gli passa per la testa .. , Classi-
stessi soccorsi, né quei buoni consigli che, a mo' di ambasciato- fichiamo allora quest'uomo nell'ambito della democrazia, ché con
re, privatamente gli rivolge chi è più anziano di lui: e son esse che ragione possiamo effettivamente chiamarlo democratico? Classifi-
vincono la battaglia, e sciocchezza chiamando il pudore lo but- chiamolo pure, egli disse"198.
tano fuori e vergognosamente lo mandano in esilio, e così dicen-
do vigliaccheria la temperanza, svergognandola, la cacciano via, Qual è la genesi della tirannide? Platone risponde che "sorge per
e l'ordine e la misura delle spese, facendoli passare per rozzezza e ,un cambiamento che si opera nella democrazià'199, "lo ritengo che
mancanza di generosità, assecondati in questo da molte e funeste
quando uno Stato retto democraticamente e assetato di libertà sia in
passioni, li mettono al bando ... E quando hanno vuotato ed epu-
balia di cattivi coppieri, e si ubriachi di quella libertà, bevendola pu-
rato da queste virtù l'anima di colui che oramai è in loro posses-
ra oltre la debita misura, se coloro che sono al governo non sono al-
so e iniziato ai grandi misteri l96 , non tardano certo a far scende-
lora estremamente compiacenti e non permettono la più assoluta li-
re in lui tracotanza, anarchia, dissolutezza, sfacciataggine, splen-
didamente adornate di corone, con grande sèguito, e ne cantano bertà, il popolo pone quei governanti in stato di accusa e li punisce
le lodi e vezzosamente chiamano la tracotanza buona educazione, come traditori ed oligarchici"20o, Platone prosegue: "E quei cittadini
libertà l'anarchia, magnificenza la dissolutezza, e coraggio la sfac- che obbediscono alle autorità costituite, vengono oltraggiati e tratta-
ciataggine. E non è forse cosÌ che un giovane passa da quelli che

m Rep., 560 c-561 a.

195 Ivi, 559 d-559 e. 198 Ivi, 561 d-562 a.

196 Una delle due categorie in cui si dividevano i Misteri Eleusini (cfr. Opere politiche di 199 Ivi, 562 b.
Piatone ... , a cura di F. Adorno, cit., p. 482, nora 4). 200 Ivi, 562 d.

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ti da uomini volontariamente schiavi e buoni a nulla: lodati e ono- ad andarsene per le vie in assoluta libertà e col fare importante ur-
rati vengono, invece, quei magistrati che sembrano uguali ai cittadi- tano contro chiunque s'imbatta loro fra le zampe e non ceda loro il
ni e quei cittadini che sembrano altrettanti magistrati, tanto in pri- passo: tutto, insomma, ugualmente vi gode la più piena libertà"20'.
vato quanto in pubblico. Non è, dunque, inevitabile che in un simi- Da qui un'altra importante considerazione: "I:eccessiva libertà
le Stato sopra ogni altra cosa vada lo spirito di libertà? ... E che si in- non può sfociare, infatti, che in un'eccessiva schiavitù, tanto nelfindi-
sinui, amico mio, nell'intimità delle famiglie, e che infine l'anarchia viduo quanto nello Stato". Ed è quindi naturale "che la tirannia da
si estenda perfino alle bestie?"20!. non altro governo può prendere le mosse se non dalla democrazia:
Persino nei rapporti familiari si esprimono quegli atti di intolle- dalla estrema libertà nasce, cioè, la schiavitù più piena ed atroce"205.
ranza e di cattivo gusto di cui abbiamo parlato: "Il padre, per esem- La tirannia, avverte inoltre Platone, s'insinua in maniera subdo-
pio, si abitua a trattare il figlio da pari a pari ed a temere i suoi ragaz- la: "E non è forse vero che nei primi giorni, nei primi tempi, sorride
zi, e viceversa il figlio nei confronti del padre, tanto che più non ri- a tutti, tutti saluta, chiunque incontra, e assicura di non essere un ti-
spetta e più non teme i propri genitori, appunto per essere libero: ed ranno, ed in privato e in pubblico fa un monte di belle promesse, e
i meteci si uguagliano ai cittadini e i cittadini ai meteci, e così fan- rimette i debiti e distribuisce le terre al popolo ed ai suoi partigiani,
no arreh e gll· straillerl
. '''202 . facendo finta di essere con tutti benigno e mite?"206.
Con crudo realismo, Platone sottolinea le conseguenze di tali rap- C'è spazio anche per una ulteriore riflessione amara sul rapporto
porti: " ... in un simile Stato il maestro teme ed adula i propri allie- tra genitori e figli: "E che ne dici ... se il popolo si irritasse e gli dices-
vi, e gli scolari s'infischiano dei maestri, così come s'infischiano dei se di non essere giusto che un figlio, nel fiore dell' età, si faccia man-
propri pedagoghi; in una parola sola i giovani si mettono alla pari e tenere dal padre, quando spetta invece al figlio pensare a suo padre,
stanno al passo con i vecchi, tanto a parole quanto nelle azioni: a lo- né che il popolo gli ha dato la vita, né lo ha posto in trono, per poi,
ro volta i vecchi si mostrano pieni di condiscendenza verso i giova- quando egli fosse divenuto grande, vedersi ridotto schiavo dei propri
ni, tutti briosi e scherzosi, imitando i giovani sÌ da non parere intol- schiavi, per dover mantenere lui ed i suoi servi, e tutta quella massa
leranti e dispotici"203. di scorie che lo segue, ma che (il popolo), ponendolo a suo protetto-
E ancora: " ... le stesse bestie, infatti, sottoposte all' uso dell' uo- re, ha voluto soltanto liberarsi dai ricchi e da coloro che nella città si
mo, sono qui molto più libere che altrove, tanto da non credersi se dicono uomini dabbene, e dunque lo prega ora d'andarsene via dal-
non se n'è fatta esperienza. E davvero che le cagne sono là, come di- lo Stato, insieme a tutti i suoi compagni, sì come un padre che caccia
ce il proverbio, tali e quali la padrona, e così cavalli ed asini, abituati

204 Ivi, 569 c-d.

201 Ivi, 562 e. 205 Ivi, 564. Cfr. anche su questo tema le Lettere VII c VIII, nelle quali egli parla sotto l'in-

fluenza delle sue personali esperienze, sopractuno siracusane.


202 Ibid.
206 Ivi, 566 e.
203 Lvi, 569 b.

158 159
di casa un figlio con i suoi importuni commensali?"20? Si va verso la conclusione: il tema era stato già affrontato nel I e
In definitiva, Platone considera come dalla formazione del tipo de- nel II libro della Repubblica e, in particolare, la problematica sul giu-
mocratico scaturisca l'uomo tirannico} dominato dalle più insane pas- sto e l'ingiusto era stata posta da Platone già nel Gorgia (cfr. il discor-
sioni, mosso dagli appetiti più bassi, che disobbedisce ad ogni legge so fra Socrate e Polo, Socrate e Callicle).
perché egli pone al primo posto il bisogno di soddisfare il suo inte-
resse particolare. Anima snaturata, diventa ladro, assassino, la sua si-
tuazione è quella di un uomo chiuso nelle sue passioni, che vive tra I rapporti tra l'individuo e lo Stato
molti ma è odiato da tutti quanti lo circondano. Contrasta con que-
ste immagini quella della vera felicità, che invece è "quella del sapien- Si affronta il problema, anche questo già trattato, dei rapporti
te, che sa sollevarsi dalle miserie del mondo sensibile alla visione del tra l'individuo e lo stato, per dire che uno stato che sia schiavo e do-
mondo ideale, quella visione cioè che, sola, assicura la vera gioia allo minato da un tiranno "non può agire secondo la sua libera volontà"
spirito"208. Platone fornisce le prove che, a suo dire, dimostrano che e che "neppure un' anima che sia in tirannia ... potrà certo fare ciò che
infelice è il tiranno (l'uomo ingiusto) e felice è il re (l'uomo giusto) essa vuole: ma, trascinata sempre con la forza dall' assillo delle pro-
che attua in sé l'armonia specchio della più alta armonia che il tut- prie passioni, sarà sempre in conflitti, sempre piena di rimorsi"2lo E
to regola in unità. Adorno è efficace nell'illustrarle sinteticamente: la l'anima che si trova in questa condizione non può che essere "in pre-
prima prova si basa sul parallelo Stato retto tirannicamente e uomo da alla paura" e si manifesta con "tanti lamenti, gemiti, pianti, do-
tirannico: se schiavo è lo Stato a regime tirannico, altrettanto schia- lori ... resa pazza dalle passioni e dall'amore"2!!. Anche il quadro che
vo è l'uomo tirannico servo delle sue passioni e delle sue paure; la Platone ha delineato con esemplificazioni molto significative, lo por-
seconda prova ha un carattere più strettamente psicologico e si fon- ta a concludere: "In realtà, quindi, checché ad altri paia, il vero tiran-
da sui piaceri propri delle tre parti dell'anima, dei quali può fornire no è in verità uno schiavo, di una estrema bassezza e servilità proprio
il miglior giudizio il filosofo in quanto ha esperienza di tutti e tre e verso gli uomini peggiori; eppure non riesce a soddisfare i propri ap-
in quanto giudica con quella parte dell' anima più adatta a giudica- petiti; anzi chiaramente manca di una infinità di cose ed è povero
re rettamente, cioè la ragione; la terza prova, più filosofica, riprende davvero per chi dentro sappia vedergli l'anima tutta, piena di terrore
un concetto che permea tutta la Repubblica e che si basa sulla consi- sempre la sua vita in convulsione, tutto un dolore, seppur somiglia
derazione che solo l'uomo giusto, in quanto riesce ad attuare armo- a quello che è lo stato della città che ha in suo dominio"2l2. Ed ag-
nia, è un uomo felice 209 • giunge ancora: "Coloro, dunque, che non conoscono affatto saggez-

207 Ivi,569. 210 Rep., 577 d-e.


208 Ivi, 571 a~b. 211 lvi, 578.
209 F. ADORNO, Opere politiche di Platone, cit., vaL I, nota I, p. 509. 212 Ivi, 579 d-c.

160 161
za e virtù, che sempre vivono in mezzo a gozzoviglie e ad altri simili
piaceri, si muovono come sembra in bassi luoghi e di lì arriveranno, E su questa affermazione si chiude, per quanto riguarda il tema
semmai, fino al mezzo, e fra l'uno e l'altro polo, errano per tutta la della giustizia e dell'ingiustizia, il discorso che è stato abbastanza circo-
vita e non riescono a spezzare mai questo limite, e mai gli occhi leva- stanziato, ampio nelle sue molteplici dimostrazioni e con riferimenti,
no, mai assurgono verso la vera altezza, né mai si colmano di ciò che in più di un' occasione, alle diverse posizioni di ciascuno. Socrate si
veramente è, né gustano un solido e puro piacere, ma,
come greggi rivolge a Glaucone: "In che senso, e su qual fondamento, Glaucone
al pascolo, sempre guardando in basso, curvi a terra, curvi alla men- mio, diremo che sia utile commettere un' azione ingiusta, licenziosa,
sa, pascolano riempiendosi la pancia e accoppiandosi, e, nella foga di vergognosa, che, sia pur facendoci più ricchi e più potenti, ci rende
più godere ciascuno questi piaceri, si prendono a calci e l'un l'altro però più cattivi di quello che eravamo? .. Mentre l'uomo di senno,
a cornate, con corna e unghie di ferro e si uccidono per questa loro dunque, vivrà tendendo ogni sua energia a questo scopo, innanzi tut-
insaziabilità, proprio in quanto non si colmano di quella che è la più to onorando quegli studi che possono elevare l"anima sua a questo
c n da essenza e che davvero puo' mantenere ClO
pro IO ., ch '
e riceve "213 . grado, mentre invece disprezzerà gli altri?"215. Il discorso si conclude:
''A questo punto del nostro discorso - Platone aggiunge - si vie- "E così si comporterà (l'uomo giusto) anche in rapporto agli onori;
ne così alle conclusioni ultime ... si fa riferimento al tema della giu- accoglierà volentieri quelli che possono renderlo migliore; respinge-
stizia e dell'ingiustizia e, quali siano gli effetti dell'una e dell'altra ... rà, invece, come privato e come cittadino, quelli che potrebbero tur-
ed a colui il quale afferma che a quest'uomo (il tiranno) torna van- bare il suo abito morale"216. Alla fine, si coglie come una battuta iro-
taggioso essere ingiusto, e che a nulla gli serve praticare giustizia, ri- nica la quasi incredulità di Glaucone che possa esistere una persona
spondiamo ora che la sua affermazione si riduce a questo solo, che così impegnata sul piano morale nella vita della città: "Se queste so-
gli convien soprattutto rimpinzare ben bene la bestia dalle cento for- no le sue idee, si rifiuterà di prendere parte agli affari politici". E cosa
me, sì da renderla forte, e così il leone e tutto ciò che abbia caratte- potrebbe rispondere Socrate? ''Ah, no, per il cane! Se ne occuperà, e
re leonino, mentre, all'opposto, lasciare morire di fame l'uomo per molto, in quello che sia lo stato suo vero, non certo nella patria sua,
renderlo debole, sicché gli altri due lo possano trascinare là dove vo- a meno che a questo non lo aiuti una divina fortuna"217.
gliono, e, piuttosto che abituarli a vivere insieme e d'accordo come A questo punto si apre un'altra problematica, quella relativa alla
amici, gli conviene lasciarli mordere tra loro e, combattendosi, divo- possibilità di realizzare "lo stato suo vero", lo stato giusto, che non è
rarsi l'un l'altro ... Da ogni punto di vista, dunque, chi loda la giusti- "la patria sua", patria di fatto, ingiusta e disordinata, dando inizio ad
zia dice il vero, ed è bugiardo chi loda l'ingiustizia"214. un vasto dibattito sulla contrapposizione tra le due concezioni dello
La vera felicità è quella del sapiente
215 Ivi, 591 a-c.

213 Ivi, 585 e-586 c. 216 Ivi, 592.

214 Ivi, 588 b-S89 c. m lvi, 592 a-b.

162 163
stato - quello storico e quello metastorico - che, soprattutto in Ago- rendendo così infelice non solo se stesso, ma anche coloro che gli so-
stino, conoscerà interessanti sviluppi. no vidni220 •
Lo si capisce da queste ultime battute di Glaucone che, rivolro a Se schiavo risulta lo Stato tirannico, ecco che altrettanto schia-
Socrate, dice: "Tu parli di quello stato che noi abbiamo fondato e di- vo è l'uomo tirannico, servo dei suoi stessi desideri, delle sue passio-
scusso e che non ha realtà, se non nei nostri discorsi: ché io non cre- ni, delle sue paure, anche se riesce a nascondere ciò che di perverso
do, qua sulla terra, si trovi in qualche luogo ... ma in cielo forse ve ne ha nel suo animo, agli dei ed agli uomini.
è l'esempio ... per chi voglia vederlo e adesso conformarsi nel gover- A questa prima dimostrazione, che esaudisce quella che era stata
nar se stesso"218. Potremmo noi porre una domanda: ma la Repubbli- l'obiezione di Adimanto 221 , Socrate ne aggiunge una seconda di ca-
ca di cui Platone parla è realizzabile? E in che modo e in che limiti è rattere più strettamente psicologico, per concludere, rispetto ai pia-
attuabile la sua Costituzione? Immaginiamo la risposta di Socrate, che ceri, quale sia la vita migliore, se quella dell'uomo perfettamente in-
Platone trascrive alla fine di questo lungo discorso sulla giustizia e l'in- giusto o quella dell'uomo perfettamente giusto.
giustizia: "E poi, poco importa che lo stato nostro già esista o debba Tre sono, secondo Socrate, gli aspetti dell' anima, come pure i pia-
essere ancora attuato ché soltanto di questa città e di nessun' altra egli ceri, i desideri ed i relativi governi, che ne scaturiscono.
Tre, quindi, le caratteristiche dell'anima, quella con cui l'uomo ap-
potrebbe occuparsi"2I'.
prende, l'altra con cui si adira e la terza, la parte concupiscibile, con tut-
ti i suoi appetiti relativi al mangiare, al bere, all' amore e al denaro so-
La felicità dell'uomo giusto e l'infelicità del tiranno prattutto, che permette all'uomo di soddisfare tutti questi desideri222 •
Da tutto ciò scaturisce che tre sono anche le categorie degli uo-
Socrate, esaminate le varie degenerazioni dello Stato, corrispon- mini: l'amante del sapere o filosofo, l'amante degli onori (ambizio-
denti ai vari tipi umani, mette ora a confronto l'uomo perfettamen- so) e l'amante del denaro 223 •
te ingiusto, il tiranno, estremamente infelice, perché dominato dalle Ciascuno dei tre tipi d'uomini, più sopra definiti, è convinto di
passioni più selvagge, con l'uomo perfettamente giusto e felice, perché condurre una vita piacevole, perfettamente rispondente ai propri de-
può gustare la gioia, derivantegli dalla contemplazione della verità. sideri e soddisfacente sotto tutti i punti di vista.
E porta così delle argomentazioni per rilevare quanto il filosofo Ora Socrate vuole dimostrare quale delle tre vite sia la più pia-
sia più felice del tiranno, che, quantunque agli altri sembri il contra- cevole, senza affanni e pericoli, ponendo come basi per un giudizio
rio, in verità è schiavo di se stesso e degli altri, terrorizzato continua-
mente dalla paura della morte, comunicando agli altri il suo terrore, n" Rep., IX. 571-580 d.
m Cfr. sopra 367 e.
m Rep., IX, 581 a-b,
218 Ibid.
m Ivi, IX, 581 a-c,
219 Ibid,

164 165
retto ed obiettivo "l'esperienza, la riflessione ed il ragionamento"224. il quale è impossibile giungere, essendo posto al di fuori di noi, come
Ma è chiaro, da quanto si è detto finora, che il filosofo è, rispet- il piacere più completo, perfetto, al quale ognuno vorrebbe arrivare.
to agli altri, il solo che possa giudicare obiettivamente la propria vi- Anche nel Filebo, nel Fedone e nel Gorgia 227 , Platone distingue
ta, possedendo in più il piacere, che gli deriva dalla contemplazione il vero piacere da quelli falsi, che credono di provare coloro che non
dell'Essere, la verità vera, alla quale pochi sono gli uomini che per- sanno cosa sia il piacere puro, cosÌ come chi, non sapendo quale sia
vengono 225 . la vera altezza, crede di essere in alto, non appena si sente sollevato
Pertanto, essendo il filosofo contemplatore della verità, raggiun- un po' più su della sua posizione normale'28.
ta attraverso la dialettica che, come già si è detto, è una continua espe- In tutti e tre i dialoghi citati, Platone ripone il vero piacere nella
rienza, una continua riflessione e un continuo ragionamento, vero ri- contemplazione dell'Essere e nel porre in sé misura.
sulterà anche il giudizio ch' egli dà della sua vita. Nel Gorgia Platone non fa coincidere il piacere col bene, perché,
Mentre l'ambizioso e l'amante del denaro, non potendo gusta- come afferma anche l'Adorno, egli si riferisce al piacere intenso alla
re il piacere della verità soprannaturale, neanche possono giudicare maniera dei Sofisti, cioè falsa immagine del vero piacere, momenta-
obiettivamente la loro vita, mancando loro l'esperienza necessaria, che neo, appariscente, soggettivo come le cose che lo producono.
solamente il filosofo può possedere. Altro è il vero piacere, che deriva dalla soddisfazione immensa
Soltanto il filosofo, quindi, l'uomo perfettamente giusto, può af- nel giungere alla verità soprannaturale, al Sommo Bene, sia pure do-
fermare il vero, quando loda la sua vita e i piaceri che gliene derivano. po sacrifici e rinunce, come l'uomo della caverna; il raggiungere la
Socrate cosÌ conclude che, anche rispetto al piacere, la vita del verità, che ci trascende con la sua perfezione assoluta alla quale solo
filosofo è migliore di quella dell'ambizioso e maggiormente di quel- il filosofo, attraverso la dialettica, può giungere ed ammirarla in tut-
la, molto più infelice, dell'uomo amante del denaro 22'. ta la sua splendida e vera realtà, come mai avrebbe sognato che fos-
Una terza ed ultima dimostrazione in merito alla felicità del fi- se, in questo consiste il piacere perfetto, l'unico che l'uomo possa gu-
losofo rispetto all'infelicità del tiranno, Socrate la trae dalla distin- stare nella sua vita.
zione tra il vero piacere e quello falso, che ne sono solamente del- Ancora una volta, Socrate dimostra come il filosofo solamente
le immagini. possa dirsi felice, perché soltanto lui può giungere a gustare il piace-
Luomo, in genere, si lascia ingannare dai piaceri momentanei, re perfetto, il più sublime che si possa provare nell'amore per la ve-
che sono poco duraturi, perché ogni volta ne trova qualcuno miglio- rità e la giustizia.
re, senza però riuscire mai a dire quale sia il vero piacere, quello oltre Pertanto, il filosofo è, rispetto all'uomo tirannico, posto in ulti-
mo nella graduatoria dei piaceri che può godere, di gran lunga più

224 Ivi, 581 c-582 a.


225 Ivi, 582 a-d. 227 Filebo, 32 e seguemi; Fedone, 64 d e sgg.

226 Ivi, IX, 582 d-583 a. m Rep., IX, 584 d-585.

166
felice, secondo Platone addirittura settecentoventinove volte più fe- Dal prevalere di una forma sull' altra, secondo Sacra te, dipende
lice del tiranno, conteggiando non solo i giorni, ma anche le notti il comportamento dell'individuo.
che l'uomo tiranniço trascorre, per forza di cosa, nell'ansia e nel ter- Infatti coloro che lodano l'ingiustizia - afferma Socrate - non pos-
rore, nell'incubo continuo, perché schiavo delle sue stesse passioni229 • sono fare a meno di saziare molto bene "la bestia delle cento forme" ed
Pertanto, Socrate conclude che l'uomo buono e giusto è anche il leone, lasciando perire l'uomo, in modo che gl'istinti possano sorgere
felice rispetto all'uomo cattivo ed ingiusto, concludendo così la sua liberi e sfrenati e soddisfare così tutti gli appetiti più bassi233 •
ampia confutazione di quella, che era stata la definizione della giu-
Invece coloro che difendono la giustizia sanno che bisogna rin-
stizia, data da Trasimaco.
forzare il carattere dell' uomo, affinché possa governare le forme be-
Infine, con una similitudine, Socrate risponde anche all' obiezio-
stiali, addomesticandole e facendole crescere in perfetta armonia, as-
ne di Glaucone, il quale aveva affermato che, secondo l'opinione co-
soggettandole al potere della ragione'''.
mune, commettere ingiustizia giova a chi è perfettamente ingiusto,
Pertanto, l'onestà e la giustizia consistono nel sottomettere alla
tanto da apparire agli altri giusto e virtuoso'30.
parte umana, che SOCl'ate chiama "divina", la parte bestiale con tut-
Socrate immagina di plasmare un'unica forma di bestia molte-
ti i suoi istinti naturali.
plice e diversa, fornita di molte teste di animali domestici e selvati-
ci, capace nello stesso tempo di trasformarsi e di generare da sé tut- Mentre l'ingiustizia e la disonestà consistono nel rendere schiava
te queste mostruosità231 . quella parte "divina" alla parte selvaggia che spesso porta gli uomini
Aggiunge poi la forma di un leone e quella di un uomo, gran- alla perdizione completa, alle lotte, alla smisurata ambizione, alla se-
dissima la prima, più piccola la seconda. te di potere, da cui sperano di trarre i mezzi necessari per soddisfare
Le tre forme, modellate dalla fantasia, Socrate immagina che sia- le proprie passioni235 .
no unite e crescano insieme, rivestite esteriormente dalla forma uma- Ma gli uomini non sanno di compiere il male, rendendosi schia-
na, in modo che chiunque abbia l'impressione di trovarsi di fronte un vi dei propri istinti ed asservendosi a quelle interiori forme bestia-
uomo 232 . li che li dominano.
Bellissimo e nello stesso tempo drammatico appare questo grup- Bisogna che l'uomo sappia cos'è il bene, per attuarlo, perché, se-
po scultoreo di forme mostruose, continuamente in lotta fra di loro, condo Socrate, nessuno potrebbe commettere il male, se veramen-
che ci danno un'idea molto precisa della natura dell'uomo. te conoscesse il bene e gli innumerevoli benefici che ne derivan0236.

229 Rep., IX, 585~588 a. 23.'\ Rep., IX, 588 e-589.


230 Cfr. sopra, 361 a-b. 134 lvi, IX,589 a-c,
m Rep., IX, 588 b-d. 235 Lvi, IX, c-e.
232 Ivi, IX, 588 d-e. 23G Ivi, 589 d. Nessun uomo compie volontariamente il male: motivo prettamente socratico.

168 169
Dunque, quando Trasimaco affermava che la sudditanza rappre- vale proprio perché ideale, inattuale modello di perfezione, alla qua-
senta un male per chiunque, avrebbe dovuto pensare che per ciascuno le l'insopprimibile esigenza umana eternamente aspira.
è meglio essere governato da ciò che è divino, perché genera armo-
nia e piacere, come s'è detto poe' anzi.
Mentre la sudditanza diventa una schiavitù ed un male, quando Il concetto di libertà, come consapevole scelta del proprio de-
si è soggetti all'irrazionale dominio degl'istinti e degli appetiti, che, stino. Presupposto della felicità del!'uomo (il mito di Er)
crescendo disordinatamente nell' anima di chi comanda o di chiun-
que, generano disarmonia e quindi infelicità. . La felicità, quindi, il bene è consapevolezza, coscienza di sé e dei
A nulla servono il potere e le ricchezze, quando queste rendono propri limiti, certezza di una verità, posta al di fuori di noi, verso la
l'uomo malvagio e schiavo dei suoi stessi desideri, costretto a con- quale l'uomo, in quanto tale, deve assolutamente tendere.
tinui sotterfugi per sfuggire alla legge e nascondersi con tutte le sue Coscienza, che non ammette mezzi termini, ma che per l'uomo,
ricchezze, che sono la causa principale della sua inquietudine. nel modo inteso da Platone, diventa dovere, che scaturisce da una
La ricchezza vera, quella che ogni uomo dovrebbe perseguire, è profonda convinzione interiore delle proprie funzioni.
riposta nella capacità che egli ha di porre in sé misura e di giungere Il male è, invece, inconsapevolezza, ignoranza e disordine, che
a sempre più nuove verità, tenendo alto lo sguardo verso il fulgido causa l'infelicità dell'uomo.
splendore della suprema realtà, del Sommo Bene, tendendo ad esso Alla felicità si perviene, come spesso Platone ha sottolineato, po-
con tutte le proprie forze, per raggiungere quella felicità completa e nendo in sé misura ed ordine, alla luce di quell' ordine universale, di
duratura, che né oro né argento possono fornire alla insaziabile sete quella perfetta armonia, che sono posti da Platone come termine di
di verità dello spirito 237 • realizzazione morale per giungere alla contemplazione dell'Essere.
Soltanto così, l'uomo può essere felice e realizzare lo Stato per- Ed in questa esigenza, in questo vivere, che scaturiscono dalla
fetto, idealmente delineato, che però non ha alcuna realtà nella vi- coscienza individuale di quelli che sono i propri limiti e le proprie
ta terrena. possibilità, risiede la legge, intesa nel senso che nessuno può sottrar-
"Ma in cielo forse vene è l'esempio - conclude Socrate - per chi si, se non per ignoranza, ai propri doveri.
voglia vederlo e ad esso conformarsi nel governare se stesso. E poi, poco La legge, che è per Platone la luce dell'universo, ordine assolu-
importa che lo Stato nostro già esista o debba ancora essere attuato, ché to e perfetta armonia, come perfetti sono la luce e l'armonia dell'Es-
soltanto di questa città e di nessun'altra egli potrebbe occuparsi"238. sere, scaturisce dal grandioso mito di Er, che conclude in un modo
Lo Stato ideale di Platone, come egli stesso amaramente conosce,
meraviglioso ed altamente drammatico la delineazione della Repub-
blica ideale.
l37 Rep., IX, 590 e-592.
Nel mito di Er sono racchiusi, in una visione completa, quelli
238 Ivi, IX, 592 b.
che sono i motivi fondamentali del dramma di tutta 1'umanità, protesa

170 171
al raggiungimento dei ptopri ideali e ineluttabilmente condannata a necessità, o anime passeggere, nuova vita, nuova condizione umana
sofferenze attoci ed inevitabili, secondo un destino preordinato ed vi aspetta nel suo correre verso la morte. La sorte non vi assegnerà il
irrevocabile, che la sovrasta. vostro dèmone: ciascuna di voi sceglierà il suo. Colui che sarà desti-
Nel mito che conclude la Repubblica, per quanto Platone voglia nato dalla sorte come primo, per primo sceglierà la sua vita a cui sa-
esaltare la forza della ragione e i benefici che da essa derivano, egli rà poi legato irrevocabilmente. La virtù altro non dipende che da se
non può nascondere il profondo pessimismo, col quale descrive la medesima, ed ognuno sarà più o meno virtuoso, secondo se più o
drammatica scena delle anime nel momento della scelta del proprio meno lo avrà in onore o se ne scorderà. Ciascuno è responsabile del-
destino 239 • la propria scelta: la divinità non ne ha colpà'241.
E maggiormente questo pessimismo si riscontra nell' annuncio Così dicendo, gettò davanti a tutti le sorti, che ciascuno, secon-
del "divino araldo", che risuona grave ed ammonitore per le anime, do un ordine prestabilito, doveva esaminare e scegliere.
. l' . 240 .
C e SI apprestano a sceg lere una nuova vIta Varie erano le sorti e le condizioni di vita, di gran lunga supe-
h
Un senso di sgomento, di paura, di profondo sbigottimento, che riore come numero a quello delle anime presenti: sorti di uomini ti-
gela il sangue, si riscontra nell' avvertimento dell' araldo. rannici ed infelici, di uomini famosi per bellezza fisica, per nobiltà
Le anime sono tutte raccolte di fronte a Lachesi, che assegna le di discendenza; sorti che nascondevano, mescolate insieme, ricchez-
sorti in una trepidante attesa, che rivela l'ansia e la paura di sbaglia- za, povertà, malattia e salute; altre condizioni di vita intermediaria
re nella scelta. tra il bene e il male242 •
È una visione, questa, che difficilmente con le parole si riesce a Ciascuno poteva scegliere il proprio destino liberamente; una vol-
spiegare, tanta è la drammaticità che vi domina. ta però effettuata la scelta, non doveva, se aveva sbagliato, incolpa-
Lumanità è qui messa a nudo da Platone in tutta la sua fragi- re la divinità, perché, con adeguata misura, tutti possono sperare in
lità, che nella scelta di una vita più o meno felice, più o meno tra- una vita accettabile e non cattiva243 .
vagliata, è messa di fronte ad una responsabilità che, a me sembra, Anche l'ultimo può scegliere bene, se usa attenzione e non si per-
si rivela troppo al di sopra di quella che dovrebbe esserne una sere- de di coraggio, come Ulisse, il quale, sebbene sorteggiato per ultimo,
na valutazione. memore delle passate fatiche, svuotato di ogni ambizione, gira a lungo
La stessa responsabilità, che Platone mette in risalto, diventa qui intorno e trova una vita di un uomo privato, estraneo ad ogni attività.
prigioniera dell' ansia ed è soffocata dalla paura di sbagliare. Egli andava in cerca proprio di questa condizione di vita, reso
In mezzo a tanto sbigottimento - narrava Er - così risuonò la esperto dalle sofferenze e dalle delusioni patite, e la trova abbandonata
voce dell'''araldo divino": "Ordine della vergine Lachesi, figlia della

241 Rep., x, 617 d-c.


Ivi, X, 617 e-618 b.
m R,p., x, 616 b-621 d. 242

240 Ivi, X, 617 d-e, 243 Lvi, X, 619 b-c.

172 173
in disparte, trascurata da tutti gli altri'''. quali conseguenze portino nobiltà o no di nascita, vita privata o vita
Mentre il primo sorteggiato, fattosi avanti, trasportato dalla fretta pubblica, forza o debolezza, intelligenza pronta o tarda, in una parola
e dall' ambizione, scelse la più grande tirannide, che disgraziatamen- sola tutte quelle qualità dell'anima, naturali e acquisite che siano, sì da
te gli riservava, per destino, che avrebbe dovuto mangiarsi i propri essere capace, traendo da tutto questo le dovute conclusioni, tenendo
figli e sopportare altri simili orrori. presente quella che è la natura dell'anima, di scegliere fra una cattiva
Ma, come l'ebbe bene esaminata, si batté il capo e pianse dispe- ed una buona vita, dicendo cattiva quella che farebbe più ingiusta l'a-
ratamente sulla sua sorte scellerata, alla quale non poteva più sottrar- nima, buona quella che invece la renderebbe più giusta.
si, incolpando tutti fuorché la sua stoltezza"5. A tutto il resto egli dica addio, ché questa, abbiamo visto, è la
E così man mano sceglievano tutti gli altri, più o meno bene, scelta migliore sia in vita che dopo la morte.
senz' altro meglio però coloro che usavano una certa prudenza, frut- Bisogna quindi discendere all'Ade con questa convinzione salda
to di amare esperienze della vita recentemente vissuta'''. come Adamante, sì che anche laggiù l'uomo resti incrollabile davan-
"Interessante spettacolo a vedersL narrava Er, come una per una ti alla ricchezza ed altro simile guaio, e non si lanci sulla tirannide o
le anime sceglievano la propria vita: spettacolo pietoso, ridicolo, mera- su qualche altra analoga scelta, e non commetta infiniti mali, mali
viglioso"247. irrimediabili, sì che egli stesso non ne patisca anche di peggiori, ma
"Qui, Glaucone mio - conclude Socrate - a quanto sembra, il sempre sappia scegliere fra tutte queste la condizione di una vita mi-
momento più grave per l'uomo: per questo è necessario aver la mas- surata e fuggire dagli eccessi nell'uno e nell'altro senso, per quanto è
sima cura, sì che ciascuno di noi, dimentico di tutti gli altri studi, que- possibile in questa vita e nelle vite future: soltanto così l'uomo potrà
sto solo sapere ricerchi, a questo solo si dedichi se in qualche modo ri- essere sommamente felice"248.
esca ad imparare ed a trovare uno che lo renda capace e intelligen- "E se, dunque, daremo retta a me, convincendoci che l'ani-
0.0

te nel saper distinguere quale sia la vita buona dalla cattiva, e di sce- ma è immortale e capace di sostenere tutti i mali e tutti i beni, sem-
gliere, in ogni caso, per quanto gli è possibile, quella migliore, ripen- pre seguiremo la via che porta in alto e, in ogni caso, secondo giusti-
sando a tutte quelle cose che finora sono state dette, sia in rapporto fra zia e saggiamente agiremo; cosÌ che saremo in pace con noi stessi e
loro, sia in separato esame, su quella che è la vita virtuosa, l'uomo im- con gli dei, finché rimarremo in questo mondo, e quando avremo
pari quale bene o quale male produce la bellezza unita alla ricchezza o i premi della giustizia che i vincitori raccolgono, felici saremo tan-
alla povertà ed in quali disposizioni d'anima, e così unendosi insieme, to su questa terra, quanto in quel viaggio di mille anni di cui abbia-
mo discorso"249.

24~ Rep., X, 620 c-d.


245 Ivi, X, 619 h-d.
246 Ibid. m Rep., X, 618 c-G19 b.
247 Ibid. 249 Lvi, X, 621 b-d.

174 175
x cercando di renderlo più concreto ed aderente alla situazione stori-
ca del suo tempo.
Formare una nuova classe dirigente da cui scegliere l'uomo po-
L'EDUCAZIONE ALLO STATO IDEALE:
litico che possa guidarla ad un profondo rinnovamento della socie-
LA POLITICA E L'UOMO POLITICO
tà, questo è il messaggio contenuto nel Politico che Platone rivolge
agi! uom!l11 della sua epoca, in una visione più concreta dello Stato
di fatto, senza abbandonare i suoi ideali ai quali egli rimane sempre
La politica vista attraverso l'esempio dell'arte tessile
e tenacemente legato.
Linizio del dialogo è teso alla defìnizione della politica che, do-
Il problema dell'indagine intorno alla giustizia e all'ingiustizia
po varie interpretazioni, viene paragonata all'arte tessile250 .
degli Stati, intrapresa e conclusa nella Repubblica con una mitica vi-
Come l'arte tessile o "vestimentaria" si riferisce alle confezioni
sione che riassume i motivi fondamentali della ricerca platonica, vie-
delle vesti - afferma il Forestiero di Elea - così l'arte "regia" si può ri-
ne approfondito, nel Politico, un dialogo che, contrapposto al Sofì-
ferire alla politica.
sta, dovrebbe porre le basi per una possibile realizzazione pratica del-
Ma, perché non s'incorra in false interpretazioni, bisogna distin-
lo Stato perfetto. guere l'arte del tessere da tutte quelle arti che ne sono conseguenti,
I personaggi del Politico sono: Socrate che, dopo alcune battu-
ma non la causa vera e propria251 ,
te all'inizio del dialogo, resta silenziosamente in ascolto fìno alla fì-
Mediante un lungo e prolisso ragionamento, attraverso un pro-
ne; Teodoro e Teeteto; infìne i maggiori personaggi, lo Straniero di cedimento di sintesi ed analisi, il Forestiero defìnisce come arte del
Elea e Socrate il giovane. tessere "l'insieme dell'intreccio della trama e dell' ordito" nella lavo-
Una novità abbastanza rilevante è data dalla presenza di Socra- razione della lana, che forma un tessut0 252 •
te, che in questo dialogo fa soltanto da testimone a quello che è lo Così la politica, come l'arte tessile, consiste in un lento e gra-
sviluppo del pensiero di Platone, che si stacca dalla dottrina del suo duale lavoro di intreccio e di ordito nella preparazione della nuova
maestro, ampliandola e giungendo a nuove verità. classe dirigente che, simile al tessuto, richiede molta pazienza e so-
Platone tenta, dopo aver delineato lo Stato modello, al quale ogni prattutto cognizioni precise ed ordine perché risulti omogenea e sen-
uomo dovrebbe tendere, una sua possibile realizzazione pratica. za smagliature.
Infatti, nel Politico, egli pone le basi per una possibile educazio- Nella prima parte del dialogo l'arte della politica era stata defìnita
ne di una nuova classe dirigente dalla quale poter sperare in un rin-
novamento della società.
Politico, 257 a~277.
Il Politico ha questa funzione nel pensiero di Platone che, ama- 250

251 Ivi, 277 d-280.


reggiato dalle esperienze e dalle delusioni ricevute durante la sua per-
Ivi, 280 b-283 a.
manenza a Siracusa, ridimensiona, se così si può dire, il suo pensiero, 252

176 177
come "scienza di allevare gli uomini in comune"253 e da tale defini- mali irreparabili in seno allo Stato 258
zione era scaturito che l'uomo politico doveva essere considerato co- Platone, già nel Sofista, aveva messo in evidenza le caratteristiche
me un "pastore di uomini". negative della Sofistica e i mali che ne derivano'59.
Ma il termine "pastore" risultava troppo generico, tanto che mol- In questo dialogo, attraverso l'approfondimento della dialettica,
ti altri possono considerarsi tali senza averne le capacità che, secondo egli contrappone il sofista, politicante per proprio tornaconto, al po-
il Forestiero, l'uomo politico deve possedere254 • litico, "uomo regio", abile tessitore che governa consapevole dei pro-
E così via via, con un lento procedimento, che in verità non de- pri doveri, per il bene dello Stato a cui è preposto.
sta molto interesse, si giunge a dehnire l'uomo politico "tessitore)), Ma la definizione del vero politico viene rimandata ad altre pa-
Infatti l'inizio di questo dialogo risulta monotono e assai intri- gine del dialogo, ave, dopo un approfondito esame delle varie forme
cato, tanto che lo stesso Platone sembra essersene accorto, quando di governo esistenti, il "filosofo re" della Repubblica, pur perdendo
accenna "alla lunghezza dei discorsi"255. la priorità di comando, conserva il compito di guidare verso la veri-
Tale caratteristica appare evidente e sproporzionata quando la tà e la giustizia.
mente ritorna alle molte pagine della Repubblica, che lasciano l'ani-
mo turbato dalle molteplici riflessioni che ne derivano.
È un'impressione che spontaneamente si prova nel passaggio dal- Le costituzioni politiche esistenti, la ''vera politica" e la scienza
la Repubblica al Politico, quantunque, ne siamo convinti, non si pos-
sano fare dei paragoni. Seguendo lo stesso procedimento usato per la Platone, dopo aver accennata la differenza tra il Politico "uomo
definizione della politica, si cerca con una lunga indagine che rivela regio", e i comuni politicanti del suo tempo, esamina le varie forme
256
spesso contraddizioni e ripensamenti, di definire il vero Politico . di costituzioni esistenti, apportando alcune modifiche a quelle che
Molti, infatti, sono coloro che si dedicano alla politica senza aver- erano nella Repubblica le forme storiche di governo, elencate secon-
ne le capacità, come avviene in Atene ave la maggior parte esplica do un ordine di perfezione.
mansioni di governo solo per trarne dei benefici personali 257 . Infatti, nella Repubblica, dopo l'aristocrazia, intesa come governo
I sofisti, in special modo, si affollano intorno agli affari politi- dei "migliori" secondo come li considera Platone, le altre forme di co-
ci, procurando, con la loro ignoranza e con la loro sete d'ambizione, stituzione, esaminate di peggio in peggio, sono: Timocrazia, Oligar-
chia, Democrazia e Tirannide'60.

m lvi, 267 d.
254 lvi, 267 d-268 a. N Ivi, 291 a-c.
255 Ivi, 286 c-287 b. m Cfr. la pane riguardame l'obiezione di Glaucone sulle estreme conseguenze causate dal-
256 Ivi, 287 b-311 C.
la Sofistica.

257 Ivi, 287 b-290 e. 260 Cfr. Rep., VIII.

178 179
Nel Politico invece, la Timocrazia scompare, secondo una visione i quali solamente possono attuare la giustizia265 .
più concreta e più vicina ad una possibile realizzazione pratica dello "A meno che - egli afferma nella Repubblica - negli Stati non di-
Stato perfetto, delineato da Platone nella Repubblica. vengano re i filosofi, o coloro che oggi si dicon re e sovrani non di-
Sette sono le forme di costituzione che Platone distingue nel Po- vengano veri e seri filosofi, e che non si vedan riuniti in un solo in-
litico: l"'Ottimà') che può ritrovarsi in qualsiasi tipo di governo, ave dividuo, il potere politico e la filosofia, ... non vi sarà rimedio alcuno
regni però l'''uomo regio"; la Monarchia, l'Aristocrazia e la Democra- ai mali degli Stati, Glaucone mio, e neppure, quindi, a quelli dell'u-
zia, le quali, a seconda se rette con violenza o con leggi, danno luo- manità: mai, se non a questa condizione, il regime che abbiamo ide-
go la prima alla Tirannide, la seconda all'Oligarchia, la terza ad una almente delineato potrà nascere per quanto è realizzabile né mai ve-
Democrazia degenere, la peggiore che possa capitare ad uno Stato 261 • drà la luce del sole".
Il governo regio, dell'uomo politico "abile tessitore", è defini- Sembra impossibile, dopo un' affermazione così piena di fervore
to come una scienza che si differenzia dalle altre, perché "criticà' e e di spunti polemici, che Platone possa modificare quello che era ap-
"direttivà'262. parso il motivo fondamentale del suo pensiero politico.
E solamente in virtù di tale scienza, si possono distinguere le va- Ma, come accennato, Platone ormai, reduce dai viaggi fatti a Si-
rie forme di costituzioni, non certamente "i pochi né i molti, né la racusa, ave tutte le sue speranze di realizzare in pratica i suoi ideali
spontaneità, né il coatto, né la povertà né la ricchezza"263. politici erano state amaramente deluse dall'incomprensione e dalla
Pochi sono coloro che, secondo Platone, posseggono questa scien- malvagità di Dionigi, stanco e deluso, ormai vecchio, non sente più
za, relativa all' arte del governare. quella forza e quella fede, incrollabili "come adamante", che lo ave-
"Sappiamo infatti - egli dice - che su mille uomini non se ne vano sorretto in tante sue iniziative e in tante lotte contro la scellera-
troverebbero cinquanta abili nel giuoco degli scacchi da contrappor- taggine e l'egoismo degli uomini politici del suo tempo.
re a quelli degli altri Greci. Figuriamoci poi se si tratta di re? Tanto Ecco che, attraverso un' aderenza più concreta alla situazione sto-
più che a chi possiede la scienza regia, regni o non regni ... va ugual- rica ed alla politica di fatto, sebbene a malincuore, inseguendo un'ul-
mente dato il nome di uomo regio"264. tima speranza di realizzare i suoi ideali giovanili, egli toglie ai filoso-
Lultima affermazione, che abbiamo sottolineato appositamen- fi il primato che aveva loro assegnato nella Repubblica, come una in-
te, giunge come una sorprendente rivelazione dopo che Platone aveva derogabile e divina necessità.
sempre sostenuto la necessità di affidare le redini dello Stato ai filosofi Rimane però ai filosofi tanto cari a Platone il primato morale ed
un compito, sia pure fuori dalle mansioni di governo, assai diffici-
le: quello di educare e dirigere la società verso gli ideali di giustizia e
261 Politico, 291 d-292.
di sapienza, ai quali Platone rimane ancora profondamente legato.
2(,2 Ivi, 292 c-d.
263 Ivi, 292 c-d66.
2(,4 Ivi, 292 d-293. M Cfr. la parte relativa a "I filosofi re",

180 181
Seguitando la sua indagine, il Forestiero paragona l'uomo poli- Essa, infatti, rappresenta un ostacolo per coloro che posseggono
tico al medico, il quale esplica la sua arte in modo tale da cercare so- "la scienza regia') non potendo avere lo stesso valore per tutti e dare
J

lamente il bene dei malati. a ciascun individuo la regola esatta che deve seguire269 .
CosÌ coloro che si dedicano alla politica e governano devono ten- Il legislatore, che possegga la scienza relativa all' arte del gover-
dere unicamente al bene dei cittadini e dello Stato. nare, tutt'al più "emanerà la legge che conviene ai più e nella mag-
"Costoro - afferma il Forestiero - comandino a sudditi che accet- gior parte dei casi, genericamente quindi rispetto ai singoli, la pro-
tano volontariamente tale potere, tengano presenti leggi scritte o non mulghi o no per scritto, elevando a legge le consuetudini patrie"270.
scritte, siano ricchi o siano poveri, vanno ritenuti... uomini che gover-
nano con arte qual che sia la forma del loro governo", basta che ten-
266 La legge non scritta e la legge scritta
dano al bene dello Stato, avvalendosi della scienza e della giustizia .
Ma si può governare uno Staro senza leggi? Questa è la doman-
da che viene rivolta al Forestiero. La scienza soltanto può essere a fondamento dello Stato giusto,
"La legislazione - egli risponde - appartiene all' arte regia, ep- la quale è superiore alle stesse leggi, giacché coloro che la posseggo-
pure la cosa migliore è che non le leggi abbiano valore, ma piuttosto no, da essa traggono le norme da seguire per attuare la giustizia.
l'uomo che s'intende di governo, che vive secondo lo spirito, l'uo- "E chi abbia davvero arte di governo, qualunque cosa faccia, non
mo regio"267. sbaglia, basta che sempre tenga presente questa sola, ma grande re-
Anche nella Repubblica, Platone afferma che la legge non ha mo- gola: distribuire sempre ai cittadini quella forma suprema di giusti-
tivo di essere in uno Stato ave siano individui misurati, "che sapran- zia che si accompagna con l'intelligenza e con l'arte, che non soltan-
no facilmente trovare da sé la maggior parte di quel che occorrereb- to li protegge, ma da peggiori che erano, li fa, per quanto è possibi-
be fissare in legge"268. le, migliori"271.
La legge nello Stato perfetto scaturisce dalla consapevolezza di Ma ciò può avere valore solo per lo Stato perfetto, non per le
ciascuno nel fare "ciò che gli è proprio", senza pretendere cose al di sue forme degeneri, che non possono sussistere senza leggi scritte272 •
fuori delle proprie possibilità. La prima norma che, secondo Platone, necessariamente dovreb-
CosÌ pure nel Politico viene riconfermata l'inutilità della legge per be essere posta come fondamento di tutta la legislazione e che "nes-
l'uomo che sappia porre in sé misura e da sé trovare quella che è la suno, nello Staro, osi far nulla contro le leggi, e chi ne abbia l'ardire
via della giustizia.

26~ Politico, 295 a-b.

2GG Cfr. Rep., V, 473 d~c. 270 Lvi, 296 d-297 b.

267 Politico, 293 a~c. 27I Ivi, 296 d-297 b.

"" Cfr. Rep., IV, 425·426. 272 Ivi, 297 c-e.

182 183
sia punito con la morte e i supremi suppliz?73. degno del potere, da governare con virtù e con scienza, perché, se ve-
Tale norma salvaguarda le stesse leggi, che potrebbero essere sov- ramente ci fosse un tale uomo, capace di amministrare equamente la
vertite e violate da quei governanti i quali, facendo i propri interes- giustizia, egli sarebbe amato da tutti 278 .
274 "Ma poiché di fatto, come appunto diciamo, non avviene che
si, agiscono a danno dei cittadini e dello Stat0 .
Platone naturalmente si riferisce alle costituzioni esistenti, per- negli Stati sorge un re quale invece s'ingenera negli alveari che subi-
ché sa, come egli stesso aveva amaramente constatato, che è inutile to e ad un tempo appaia superiore di corpo e d'anima, è naturale che
insistere sullo Stato perfetto, retto con arte, perché "né l'insieme dei noi ci si raccolga insieme per scrivere degli statuti, cercando di segui-
ricchi né la massa del popolo potranno mai apprendere questa scien- re le orme di quella che è la costituzione più vera279 •
za politica))275. È tutto qui il significato del dialogo, ove Platone, deluso ed ama-
Lo Stato ideale ha valore soltanto ed unicamente come un mo- reggiato dalle esperienze passate, guarda alla Repubblica, "la costi-
dello di perfezione, al quale potersi attenere per imitarlo nel modo tuzione più vera", come ad un modello cui conformarsi, per cercare
migliore possibile. d'imitarlo nel miglior modo possibile.
Pertanto, non potendo ciascuna costituzione, tranne quella "ot- Il pessimismo di Platone, circa la possibilità di realizzare lo Stato
tima" dovuta a chi governa con arte, sussistere senza leggi, è neces- perfetto, si rivela qui in tutta la sua profonda amarezza, perché egli or-
sario che non vengano violate le norme scritte e le consuetudini pa- mai è più che consapevole che gli Stati vanno in rovina "per l'inetti-
trie, se si vuole evitare il pericolo di passare da una forma di governo tudine dei loro piloti e dei marinai, che sulle cose della maggiore im-
276 portanza sono riusciti a divenire profondamente ignoranti e che, non
accettabile a forme sempre più imperfette e maggiormente nocive
Infatti il governo dei ricchi, l'Aristocrazia, quando non vengo- intendendosi affatto di politica in nessun senso, ritengono di essersi
no rispettate le leggi, degenera in Oligarchia, e così pure il governo impadroniti in tutti i sensi di questa scienza più che di ogni altra"280.
di uno solo, qualora questi, senza curarsi delle leggi, si lasci guidare Sebbene stanco e sfiduciato, l'animo di Platone è ancora capace
dalla passione e dall'ignoranza per soddisfare i proprii desideri, de- di esprimere con sarcasmo e sferzante ironia la sua opinione contro
genera in Tirannide277 • gli uomini del suo tempo.
La causa maggiore di tali degenerazioni è da ricercare, secondo Le delusioni e la fede profonda in una verità migliore di quella
Platone, nell'incredulità degli uomini che possa esserci un uomo così che si presentava squallidamente ai suoi occhi increduli, fanno sì che
il contrasto tra l'ideale e la realtà si accentui maggiormente nel suo
animo, proteso sempre verso una giustizia, che egli sa di non poter
273 Ivi, 297 e.
274 Ivi, 298 a-c.
275 Ivi, 300 C.
278 Ivi, 30 l d-e.

27(, Ivi, 297 d-301. 279 Ivi, 301 c.


280 Ivi, 302 a-b,
277 Ivi, 301 a-e.

184 185
raggiungere in questa vita. è estraneo, anche quelle scienze nobili ed affini, come l'arte militare
Ebbene, da questo contrasto sorge spontanea la ribellione ver- il potere giudiziario e l'eloquenza'83. '
so gli uomini politici, che sono la causa prima dei malanni e del ca- Tali scienze, infatti, pur essendo alleate con l'arte regia, non si
os morale imperanti nell'Atene del suo tempo. devono confondere con la scienza politica, poiché hanno delle fun-
Ma, per quanto il suo animo sia ancora legato alla Repubblica, zioni specifiche da eseguire e "nessuna di esse comanda le altre né a
se stessa".
Platone sa che non è possibile parlare di verità a uomini che non so-
"La vera scienza politica, infatti, non ha per funzione di fare in
no capaci di comprenderla.
concreto, ma deve comandare invece a quelle che posseggono tale fun-
Pertanto, basandosi su una visione più aderente alla realtà stori-
zione, perché essa conosce quali occasioni siano favorevoli e sfavore-
ca, egli distingue le varie forme di costituzioni secondo la legalità e
voli alla città per iniziare o condurre le loro più grandi imprese, e di-
l'illegalità, con le quali vengono governate.
spone che le altre scienze eseguiscano ciò che è loro ordinato ... Ma
Tra i vari tipi di costituzioni, che si reggono secondo leggi, la Mo-
quella che di tutte è sovrana e che si prende cura delle leggi e di tut-
narchia è la migliore forma di governo, mentre ultima risulta la De-
ti gli affari dello Stato ed il tutto contesse giustamente, circoscriven-
mocrazia. do la sua funzione con una voce universale potremmo, a quanto pa-
La stessa Monarchia, però, senza leggi, è la peggiore forma di go-
re, chiamarla, molto giustamente politicà'284.
verno che possa capitare ad uno Stato, divenendo preda di un solo
individuo, che appositamente abolisce le norme scritte, per fare e di-
sfare a ptoprio comodo. L'uomo politico: "il tessitore" ovvero "l'abile dialettico"
La Democrazia, ultima tra le costituzioni legali, diviene, invece,
28l
preferibile tra i governi che si reggono senza leggi • Alla conclusione del dialogo, si giunge a definire il vero politico
"Ne consegue dunque - conclude il Forestiero - che coloro, i "tessitore" ed "abile dialettico", in quanto capace di saper intrecciare
quali fanno parte di tutti questi tipi di governo, fatta eccezione per i fili che costituiscono il tessuto dello Stato.
quello che si regge sulla scienza, vanno eliminati, perché non sono uo- Si riprende l'esempio dell' arte tessile, che mostra come l'uomo po-
mini politici ma dei faziosi, e poiché si fan guida di grandissime fal- litico incontri le stesse difficoltà che deve superare il tessitore nell' ordi-
se immagini, tali sono essi medesimi, e poiché sono ad un tempo in- re ed intrecciare la lana.
signi mimi e ciarlatani, divengono fra i sofisti i sofisti pi ù grandi"'82. Tanto nell'una che nell'altra parte, si deve conoscere molto bene
Seguendo lo stesso procedimento di analisi e sintesi, il Forestiero la materia che si lavora, per ottenere un risultato omogeneo e sod-
riafferma la necessità di separare dalla scienza politica tutto ciò che le disfacente.

283 Politico, 303 c-304.


281 PoLitico, 302 b-303 b.
284 Ivi. 305 d-e.
282 Ivi, 303 b-c.

186 187
Il politico, che in questo dialogo è definito tessitore di anime, de- che persistono nell'ignoranza devono essere relegati nella classe de-
ve possedere, oltre le doti necessarie ed indispensabili ad un uomo di gli schiavi'87.
governo, anche una elevata capacità di conoscere psicologicamente Eliminati quelli che, per la loro natura, sono nocivi a se stessi e al-
quelli che a lui sono sottoposti285 • la comunità, il politico deve dedicare tutta la sua opera a beneficio de-
Egli deve armonizzare tutto quanto può divenire motivo di di- gli altri, cercando di collegare ed intrecciare le loro opposte tenden-
saccordo, tenendo presente che la misura, resser misurati, è l'unico ze, "collegando insieme innanzitutto, secondo le naturali parentele, la
fondamento della vita dell'uomo giusto. parte eterna della loro anima con un divino filo, ed in secondo luogo,
Egli deve sapere che è molto difficile trovare negli uomini, in egual dopo la parte divina, collegando la parte animale con fili umani"288.
misura, il coraggio e la prudenza, le doti principali dell' anima, ricor- Infatti, afferma Platone, il valore e l'importanza dell' arte regia ri-
dandosi che il prevalere dell'una o dell'altra è fonte di discordia e di
siedono "nel non lasciare mai che un carattere temperato si distacchi
grandissimi mali.
da un carattere virile", perché entrambi, quando "abbiamo la medesi-
Infatti, tanto l'uomo eccessivamente prudente, quanto quello ec-
ma opinione del bello e del bene", non sono difficili ad armonizzar-
cessivamente coraggioso, sono per natura portati ad asservire quella
si e dal loro accordo dipende la concordia e la giustizia nella comu-
parte che è loro contraria.
nità di cui fanno parte.
Luna ama troppo la quiete e, pur di stare in pace, rifugge da ogni
motivo che gli possa causare fastidi, divenendo così inabile a difen- "Possiamo dunque dire - conclude il Forestiero - che il caratte-
dersi e schiavo di chiunque voglia sopraffarlo; l'altro, per natura im- re degli uomini virili e moderati diviene tale perfetto tessuto, retta-
pulsivo e proclive alle contese ed alla guerra, causa mali irreparabili mente intrecciato, quale appunto è quello dell'attività politica, allor-
a se stesso e agli altri286 . ché l'arte regia, riunendo la loro vita in comune consenso ed amici-
Pertanto, compito dell'uomo politico è quello di armonizzare le zia, realizzi così il più stupendo e il più prezioso fra tutti i tessuti, e
diverse tendenze, in modo che dall' accordo dei diversi elementi, che includendovi il popolo tutto che vive negli Stati, servi e liberi, insie-
sono a sua disposizione, nasca una concordia la quale è fonte di con- me lo racchiuda entro questo tessuto, che per quanto ad una città è
sapevole collaborazione nell' attuare giustizia. dato d'esser felice, senza trascurare nulla che tenda a questo fine, la
Coloro, invece, che per natura sono spinti a compiere malvagità governi e la guidi"289.
di ogni sorta e all'ingiustizia, devono essere eliminati "con la morte,
l'esilio o colpendoli con la totale privazione dei diritti civili"; quelli
2H7 Politico 306-309; Rep., 410: "Nello Stato, non fisserai, dunque, per legge una medici-

na insieme ad una magistratura, che prendano in cura i cittadini che ... abbiano ben fatto il
corpo e l'anima, Jaschi.ndo invece morire chi per natura sia fisicamente malato, e condanni-
285 Politico, 308 a-c. Anche nelle Leggi (II, 650 b), Platone afferma: "Nulla vi è di più utile
no a morte quei cittadini, per natura perversi e incorreggibili?".
che conoscere l'indole e le disposizioni degli animi per l'arte cui è proprio aver cura di que-
ste cose; ed è appunto in questo, io credo, che consiste la politica". m Lvi, 309 c.

286 Cfr. Rep., 496 c-sgg.; 549 c, 289 Lvi, 311 b-c.

188 189
XI Infatti, le Leggi prendono l'avvio proprio dalle conclusioni della
Repubblica, la "costituzione più vera" alla quale Platone guarda come
IL NUOVO STATO E LE SUE LEGGI ad un modello ideale per realizzare, quanto più è possibile, il nuo-
vo Stato.
Lo Stato ideale di Platone, pertanto, afferma il Gentile, è idea-
La fondazione del nuovo Stato sul modello della Repubbli- le "nel senso che esso indica le condizioni obiettive permanenti della
ca ideale convivenza sociale e politica; ideale non per difetto, ma per sovrab-
bondanza di realtà come quella natura costitutiva che si concreta in
Anche nelle Leggi, come nel Politico, Platone, amareggiato dal- ogni attuazione particolare, ma risorge da esse quale principio supe-
le continue esperienze negative fatte dopo i viaggi di Siracusa, si at- riore a tutte le individuazioni contingenti; ideale, dunque, non co-
tiene ad una visione più concreta e più aderente alla realtà storica. me un sogno ma come inesauribile fonte di realtà"291.
Un rivolgimento profondo si è prodotto nel pensiero platonico Infatti, dalla Repubblica Platone attinge continuamente il mate-
che, comunque, pur modificando in parte le sue affermazioni, non riale per fondare il nuovo Stato che, "secondo rispetto all' ottimo",
abbandona le tesi fondamentali della Repubblica. "sarà, se in qualche modo riusciremo a realizzarlo vicinissimo, al mo-
Infatti nel Politico e nelle Leggi non solo vengono riaffermate le dello immortale, e secondo rispetto all'idea dell'unità"292.
sue concezioni circa il principio dell'educazione e l'interesse dello Sta- Il primo Stato, dunque, la costituzione e le leggi migliori, si tro-
to a che questa venga particolarmente curata, e i suoi limiti demo- vava là dove, nello Stato giusto, e nella maniera più larga possibile,
grafici, ma soprattutto è riconfermata la tesi fondamentale del carat- continua Platone, si realizzi l'antico proverbio, che così suona: dav-
tere "filosofico" del governo. vero comuni sono le cose degli amici 293 ".
La nota più importante del Politico, secondo il Gentile, è data " ... Non altrove dunque è necessario volgersi per trovare una co-
dal riconoscimento del valore delle leggi, mentre tuttavia, come già stituzione modello, ma considerando questo, con attenzione, con ogni
si è visto, la cosa migliore sarebbe che un uomo di governo, in pos- nostra forza, cercare quella che, quanto più è possibile, le somigli"294.
sesso dell'arte "regia", non fosse obbligato da alcuna legge290 • Le stesse parole di Platone ci dimostrano come le Leggi non si di-
Il Politico e le Leggi non sono, quindi, una sconfessione degli ide- scostino affatto dagli intenti proclamati nella Repubblica, i quali ven-
ali politici perseguiti da Platone nella Repubblica, tanto è vero che, sia gono più volte riaffermati, sia pure tenendo presente la realtà politica
nell'uno che nell'altro dialogo, molteplici sono i richiami allo Sta-
to ideale. 2g1 M. GENTILE; La politica di Platone, dt., p. 70.
292 Leggi, V 739 e~740.

m Ivi. 739 e; Rep., 424 a; 449 c-466 d.

290 M. GENTILE, La politica di Platone, cit., p. 120 e sgg.: PLATONE, Politico, 294 a. m [,eggi, 739 c; Rep., 592 a~b.

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del suo tempo e aderendo ad essa in una forma piil concreta. Un dio, forestiero, un dio!"298
Infatti, nelle Leggi Platone cerca di unire più strettamente i rap- Da questa vigorosa affermazione, fatta all'inizio delle Leggi, Pla-
porti fra individuo e Stato, attribuendo una maggiore realtà al mon- tone prende le mosse per dimostrare come tutto quanto v'è di buo-
do sensibile, spinto dalla sua naturale vocazione ad occuparsi dell'uo- no negli Stati è solamente opera della divinità, giusta misura di tut-
mo e della sua educazione. te le cose, alla quale gli uomini devono tendere, per aspirare ad una
"Certo le umane faccende, egli afferma nelle Leggi, non sono de- vita migliore.
gne d'esser prese con grande serietà, comunque non possiamo evita- La divinità delle leggi si sostituisce alla Sapienza, che caratteriz-
re cl' in teressarcene anche se non è una lieta cosa"295. zava la Repubblica ideale, e diventa un nuovo punto d'appoggio nel
La naturale inclinazione di Platone a educare lo porta ad occu- quale Platone intravede la possibilità di realizzare lo Stato giusto.
parsi delle "umane faccende", anche se proprio da quest'ultime egli Ad essa, infatti, il filosofo si rivolge prima di iniziare la fonda-
riceve le più amare delusioni. zione del nuovo Stato: "Dio invochiamo! Ch' egli ci ascolti, e dan-
Le Leggi, pertanto, sono un appello agli uomini politici perché at- doci ascolto a noi venga propizio e benevolo per ordinare insieme lo
tuino le direttive generali ivi contenute, frutto di quello Stato perfet- Stato e le Leggi"299.
to, modello divino, "Città da dei o da figli di dei", ave le leggi sono sa- E successivamente, nel mito di Crono, ave si parla di uno Stato
cre, perché espressione di Dio, perfetta e giusta misura di ogni cosa296 , perfetto e felice, "di cui i migliori governi di oggi non sono che un
riflesso", Platone mette in risalto la benevolenza della divinità ver-
so gli uomini.
La religione e le leggi a fondamento del nuovo Stato Infatti, nel regno di Crono, gli uomini erano felici, soprattutto
perché si accontentavano di ciò che loro "spontaneamente si offrivà'300
Il motivo dominante delle Leggi, infatti, è la religiosità, il culto guidati da governanti a loro di gran lunga superiori, "non uomini,
per il divino, che trascende l'umana natura e nel quale Platone, scet- ma esseri di superiore natura, i dèmoni, come noi stessi facciamo og-
tico ormai sulla possibilità degli uomini a divenire abili dialettici, ri- gi con le greggi e con l'insieme di animali domestici: noi non ponia-
pone un nuovo legame tra il reale e l'ideale. mo buoi a capo di buoi, né capre a capo di capre, ma su di esse eser-
Linizio del dialogo si apre con un elogio alle divinità, autori di citano il potere della nostra razza, per natura superiore alla loro. Co-
perfette legislazioni: "Un Dio o un uomo - chiede l'Ateniese -è da sì fece quel dio - continua l'Ateniese - benevolo davvero nei con-
voi, o forestieri'97, ritenuto l'autore della istituzione delle leggi? fronti degli uomini, ponendo alla nostra testa la stirpe, a noi supe-

295 Ivi, 803 bi Rep., 604 c. 29R Leggi, I, 624. Sui personaggi cfr. Introduzione, pp. 38-40.
296 Leggi, IV, 712 b~719 e. 199 Ivi, Iv, 712 b-c.
297 Leggi, I, 624 a-625 c: Proemio. 300 Cfr. Rep., 372 a-d.

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riore, dei dèmoni, i quali, con grande facilità per loro, con grande di Dio.
nostro vantaggio, prendendosi cura di noi, ci assicurano pace, pu- Ciò si comprende ancora meglio dal passo che segue.
dore, buona legislazione, giustizia grande e resero tranquilla e feli- "Immaginiamoci che ciascuno di noi - afferma Platone - che pur
ce l'umanità"30I, siamo esseri viventi, sia come un meraviglioso giocattolo fabbricato
La divinità rese felice il regno di Crono, dal quale però man ma- dagli dei; per un loro trastullo o con un serio fine, questo non sap-
no gli Stati, che seguirono, cominciarono a degenerare, protesi più piamo, ciò che sappiamo, invece, è che queste passioni che sono in
verso i piaceri e le passioni che all' osservanza delle leggi divine. noi come cordicelle o fili, ci tirano, ed essendo le une opposte alle al-
La causa della rovina degli Stati è da ricercare, secondo Plarone, tre, ci sospingono in opposti sensi ad opposte azioni; ed è proprio
proprio in questo allontanamento dalla divinità, dalla giusta misura qui che sta la differenza tra virtù e vizio. Di fatto la ragione ci di-
divina, dall' ordine e dall' armonia che gli uomini disprezzano, lega- ce che ognuno deve sempre obbedire ad uno solo di questi tiranti,
ti come sono ai fugaci piaceri ed alle violenti passioni nel breve arco non abbandonarlo in nessun caso e resistere all'impulso degli altri fi-
della loro vita terrena. li; questo l'indirizzo d'oro, il sacro indirizzo della ragione, sopranno-
Se l'uomo vuole essere felice, come al tempo del regno di Cro- minato legge comune dello Stato; gli altri san di ferro, rigidi di mil-
no, deve riaccostarsi alla divinità, alla giusta e divina misura, dalla le forme; questo, essendo d'oro, è duttile. Bisogna dunque coopera-
quale provengono innumerevoli benefici. re sempre con l'indirizzo bellissimo della legge ché la riflessione es-
Questo l'appello di Platone, che richiama l'uomo al culto divi- sendo bella in sé, la sua dolcezza è aliena da violenza, e la sua dire-
no, alla religiosità, come l'unico mezzo per poter sperare di ritorna- zione ha bisogno di aiuti, affinché in noi la razza d'oro vinca sulle al-
re alla vita serena del regno di Crono. tre razze. E così il mito della virtù che ci ha paragonati a meraviglio-
"Negli Stati - egli dice - ave non regni un dio, ma un mortale, si giocattoli, non andrà perduto, ed in un certo qual modo assume-
non è affatto possibile sfuggire ai mali ed alle sofferenze; ... dobbia- rà un più chiaro significato la frase: "essere superiore o inferiore a se
mo, invece, imitare con tutte le nostre forze la leggendaria vita che stesso"; e meglio si comprenderà come lo Stato o il privato cittadi-
fiorì sotto Crono e che, obbedendo a tutto ciò che in noi vi è d'im- no debbano il privato afferrare il vero significato di questi fili ed in
mortale, governiamo nella privata come nella pubblica vita le nostre questa direzione regolare la propria vita, lo Stato, accogliendo da un
case e i nostri Stati, dando il nome di legge alle parti che la ragione dio o da un privato cittadino che ne abbia conoscenza, tale significa-
distribuisce"302. to, erigerlo a Legge, tanto nell' amministrazione interna, quanto nel-
La legge, quindi, s'identifica per Platone con la ragione, col Lògos, le relazioni con gli altri Stati"303.
espressione divina, che l'uomo in origine possiede, in quanto creatura Meglio si comprende dal mito, esposto da Platone e riporta-
to integralmente, come la Legge coincida con la ragione, l'intelletto,

}Ol Leggi Iv, 713 c~e.

302 Ivi, IV, 713 e-714. 303 Leggi 1,644 d-645 c.

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parte di quel Lògos divino, da cui riceve luce tutto l'Universo.
Già nel trattare del problema delle classi dello Stato ideale e nel
Il mito dell'uomo, giocattolo della divinità, riafferma ancora una mito di Er, Platone aveva messo in risalto la sua concezione libera-
volta il valore e la supremazia della razionalità, per mezzo della quale_ listi ca, con la possibilità che egli dà ad ogni uomo di poter esprime-
l'uomo, ponendo in sé misura col dominio delle passioni, ha la pos- re tutto se stesso e raggiungere qualsiasi meta, frutto non di privile-
sibilità di farsi divino anch'egli, pervenendo a quei benefici che gli gi acquisiti esteriormente, ma conquistati eticamente, attraverso una
possono derivare solamente da una vita giusta e misurata. vita dedita alla ricerca della verità e della giustizia.
Anche nelle Leggi, Platone riconferma quindi il motivo fonda- Infatti nello Stato ideale non v'è, per Platone, chiusura di classe,
mentale del suo pensiero, già affermato nella Repubblica e nel Poli- ma ogni cittadino, seguendo le proprie inclinazioni, le proprie aspi-
tico, che esalta il carattere aristocratico dell'uomo, aristocratico nel razioni, attraverso la libera scelta di una vita più o meno giusta, può
senso spirituale ed etico, l'aristocrazia degli uomini di pensiero, ai qua- attuare e realizzare pienamente le sue intime e naturali possibilità.
li egli rivolge il suo accorato appello affinché si facciano "servi tori de- CosÌ infatti, nel grandioso mito di Er, che conclude la Repub-
gli dei, servitori delle leggi", dai quali dipende la salvezza o la rovi- blica, l'araldo divino ammonisce le anime che attendono di sceglie-
na dello Stat0 3O '. re una nuova condizione di vita: "O anime passeggere, nuova vita,
"Là dove, infatti - afferma l'Ateniese - la Legge sia servita sen- nuova condizione umana vi attende nel suo correre verso la morte.
za autorità, in quello Stato io vedo prossima la rovina; là dove, inve- La sorte non vi assegnerà il vostro dèmone: ciascuno di voi sceglie-
ce, essa regna sovrana sui governanti, e dove i governanti sono del- rà il suo. Colui che sarà designato dalla sorte come primo, per pri-
la Legge servi tori, là io vedo fiorir la salvezza e tutti quei beni che gli mo sceglierà la sua vita a cui sarà poi legato irrevocabilmente. La vir-
dei concedono agli Stati"305. tù altro non dipende che da se medesima; ed ognuno sarà più o me-
Il mito, più sopra riportato, pur mostrando apparentemente una no virtuoso, secondo se più o meno 1'avrà in onore o se ne scorde-
visione fatalistica della vita umana, ha in sé un profondo significato, rà. Ciascuno è responsabile della propria scelta, la divinità non ne
ha colpa"306.
quello racchiuso nella possibilità che l'uomo ha di superare le diffi-
coltà e gli ostacoli del suo cammino, attingendo la forza necessaria Ogni uomo, quindi, secondo Platone, può essere virtuoso e giu-
dal suo stesso essere, dalla capacità che egli ha di far prevalere sem- sto; ciascuno può attuare e realizzare le proprie aspirazioni; questo
pre e dovunque la ragione, il pensieto, che lo contraddistingue da- dipende esclusivamente dalla sua libera volontà.
gli altri esseri. Tale esigenza liberale dell' uomo, liberale però nel senso etico, si
ritrova, in tutto il pensiero platonico, dalla prima all'ultima pagina
dei suoi dialoghi, ove l'uomo di pensiero, l'uomo che si lascia guida-
,,04 Leggi IV, 715 c-d. re dalla ragione, a quel che di più divino è in lui, è continuamente
305 Ivi, 715 d-c. Nella Repubblica Platone afferma: ",,, io ritengo che se i reggi tori saranno
degni di questo nome e lo stesso i suoi ausiliari, gli uni volentieri eseguiranno dò che viene
loro ordinato, gli altri volentieri comanderanno, obbedendo essi stessi alle leggi". 30(, Cfr. Rep., X, 617 d-e.

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esaltato con i "filosofi re" dello Srato ideale, "l'abile dialettico" del dono degli dei, e che, dunque, non hanno bisogno dell' oro e dell' ar-
Politico e i "servitori delle leggi" dell'ultima sua opera, rimasta in- gento umani, e che è empio mescolare al possesso divino il posses-
compiuta. so dell' oro mortale e cosÌ contaminarlo, ché molte empietà sono av-
Soprattutto in quest'ultima, le Leggi, Platone sviluppa in modo venute a causa di codesto denaro volgare, mentre puro è l'oro che
più concreto e più ampio il carattere dell'uomo padtone di sé, capa- hanno in sé; anzi, essi soli, fra tutti i cittadini, non debbono maneg-
ce di dominare ogni suo istinto, che sappia ben pensare e porre "or- giare, né toccare oro ed argento, né abitare ave essi siano, né ador-
dine e misura tra i proprii fili", affinché "la razza d'oro vinca sulle al- narsene, ma neppure bere in coppe d'oro e in coppe d'argento. Sol-
tre razze" e cosÌ si ricongiunga al suo divino benefattore, Dio. tanto cosÌ potranno salvare se stessi e lo Stato. Nel caso che, invece,
possedessero personalmente campi, case, quattrini, sarebbero alnmi-
nistratori, agricoltori, ma non più difensori, non più alleati: padro-
La famiglia e la proprietà privata ni e nemici di altri cittadini; e tutta la vita passerebbero odiando e
odiati, insidiando ed insidiati, molto più e in maniera peggiore te-
Per quanto riguarda la famiglia e la relativa proprietà, Platone mendo i nemici interni che non gli esterni, precipitando sé e lo Sta-
sviluppa nelle Leggi, in un modo più concreto ed aderente alla realtà to verso la rovina"308.

di fatto, quella che era una delle tesi fondamentali dello Stato ideale. Abbiamo voluto riportare integralmente il passo, che riguarda
Nella Repubblica, infatti, egli aveva posto, come condizioni ne- prettamente il problema della proprietà, perché meglio appaiano le
cessarie dello Stato perfetto, l'abolizione della proprietà privata e la differenze tra le affermazioni che Platone fa nella Repubblica e nel-
le Leggi.
comunanza dei beni fra tutti i cittadini30 '.
"Innanzi tutto - afferma Platone nella Repubblica - nessuno pos- Comunque è bene premettere che Platone nelle Leggi non tradi-
siede personalmente alcuna sostanza, se non in caso di assoluta ne- sce i suoi ideali di una comunanza fraterna e spirituale degli uomini,
cessità: in secondo luogo nessuno abbia abitazione o dispensa ave non che, collaborando insieme, non solo fanno il proprio benessere ma
possa entrare chiunque voglia; il vitto, quanto è necessario ad atle- anche quello della collettività.
ti di guerra saggi e valorosi, secondo gli accordi, lo riceveranno da- . Egli, è vero, scende a considerare la realtà storica e gli Stati di
gli altri cittadini, quale ricompensa per la guardia e tanto quanto è fatto e cerca, per quanto gli è possibile, di porre le basi per la realiz-
necessario per un anno, sì che non ne avanzi o ne manchi: abbia- zazione di uno Stato, il più possibile conforme a quello ideale, de-
no mense comuni e vita in comune come al campo. Diremo loro che lineato nella Repubblica, e quindi cerca, considerando le forze poli-
tiche del suo tempo, di trovare la forma più adatta per concretizza-
posseggono oro ed argento, oro ed argento divini, sempre nell' anima,
re le sue aspirazioni.

307 Cfr. Rep., III, 415 d-417 b; 423 e-424. Lo stesso problema è esposto nella Repubblica,
cui è dedicato il paragrafo "Il problema delle donne e dei figli: leggi sui matrimoni". ". Cfr. Rep., lll. 416 d-417 b.

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Da questo tentativo deriva il ripristino della proprietà privata, stra forza, cercare quello che, quanto più è possibile, le somigli"3]o.
della divisione del terrirorio in lotti e del riconoscimento del valore È chiaro, dal passo più sopra riportato, come Platone non rin-
della famiglia privata, rispetto a quella meravigliosa e grande fami- neghi affatto quelle, che sono le sue saldissime concezioni in merito
glia, nella quale si articolava lo Stato perfetto. alla proprietà privata ed alla comunanza dei beni, ma, anzi, le riaf-
Ma ciò non vuoi dire che egli rinneghi il regime della famiglia fermi profondamente convinto del loro valore e della loro necessità.
pubblica e i pericoli che derivano dal possesso di beni individuali. Le sue stesse parole sono a testimoniare che le Leggi non tradi-
"Il primo Stato - ribadisce infatti Platone proprio nelle Leggi-la scono gli ideali della Repubblica, ma, attraverso l'approfondimento
costituzione e le leggi migliori si trovano là nello Stato tutto, e nella della dialettica, ne rappresentano un logico sviluppo in una visione
maniera più larga possibile ave si realizzi l'antico proverbio, che così più concreta degli Stati di fatto.
suona: davvero comuni sono le cose degli amici. Ebbene se questo si Nella Repubblica, Platone, come già sottolineato in altra parte di
verinchi oggi in qualche parte o debba verincarsi un giorno, che co- questo mio lavoro, si rivolge agli uomini migliori, di stirpe divina, i
muni siano le donne, comuni i figli, comuni tutti i benL se con ogni soli capaci di comprendere il significato e il valore del suo messaggio.
mezzo sia assolutamente bandito dalla vita tutto ciò che si pretende Egli, delineando lo Stato perfetto, va al di là della storia, esprimen-
sia proprietà privata, se entro i limiti del possibile, si riesca, in uno do quella che è l'intima esigenza di perfezione innata nell'individuo.
o altro modo, a rendere comune anche ciò che per sua natura è per- E metastorico è il suo Stato perfetto, che, pur non trovando ri-
sonale, per esempio a far sì che occhi, orecchi, mani sembrino vede- scontro nella realtà terrena, trova la sua concretezza in un mondo su-
re, udire, agire in comune, a far sÌ che tutti i cittadini, quanto più periore, che trascende l'umana natura e nel quale le Idee eterne, im-
è possibile, esprimano lodi o biasimi in comune, e per le stesse cose mutabili e perfette, sono l'unica e vera realtà cui l'uomo deve tendere.
gioiscano e si addolorino: insomma se si cerchi quali leggi rendano Le Leggi, quindi, rappresentano uno sviluppo ed un approfon-
un0 309 lo Stato quanto maggiormente è possibile, nessuno, se stabili- dimento della Repubblica ideale e come sostiene l'Adorno articola-
sce un criterio diverso per giudicare dèl valore di queste leggi rispet- no in termini legali quello che nella Repubblica era soprattutto una
to alla virtù, stabilirà un più giusto e migliore criterio. Se tale è lo prospettiva morale.
Stato, e dei o ngli di dei in più d'uno ne san cittadini, i suoi abitan- Nelle Leggi è riammessa la proprietà privata, ma in un senso mol-
ti, seguendo appunto questi principi, serenamente vivono. Non al- to ristretto, giacché la sua inalienabilità, il controllo sulla ricchezza in-
trove dunque è necessario volgersi per trovare una costituzione mo- dividuale stabilito dalla legge, la divisione in classi per censo, sono da
dello, ma considerando questa, con ogni attenzione, con ogni no- Platone posti come condizioni necessarie per impedire che nello Stato
l'eccessiva ricchezza di una classe rispetto ad un' altra diventi motivo di
309 Già nella Repubblica Platone ha sottolineato l'importanza dell'unità per l'individuo e
per lo Stato: "Il più grande male per uno Stato è quello che lo divide e d'uno che era ne fa
molti, il bene maggiore consiste nellegarlo insieme e renderlo uno" (462 b-e). 310 Leggi, VI, 739 c-e.

200 201
lotta e d'ingiustizia sociali·m . del legislatore sorvegliare sui matrimoni e sulla prole, affinché il nu-
Lo Stato deve essere sempre unitario e mantenere giusti limiti: mero dei cittadini si mantenga stabile, quanto più è possibile'15.
questo il compito del legislatore, il quale deve preoccuparsi di salva- La terra, assegnata secondo un sistema proporzionale rispetto al-
guardarlo da un' eccessiva espansione territoriale, come pure da un ac- la fertilità ed alla sua estensione, deve essere considerata come sacra
crescimento superfluo della ricchezza individuale di ciascun cittadino. a tutti gli dei e, pertanto, coltivata con religioso attaccamento, facen-
Tale era anche il compito dei "perfetti custodi" dello Stato ide- do sacrifici propiziatori alle divinità.
ale, ave ogni accrescimento di territorio superfluo e l'eccessiva ric- Essa non può essere venduta a nessuno, essendo proprietà esclu-
chezza o povertà dovevano assolutamente essere evitati, affinché lo siva dello Stato e, quindi, comune a tutti i cittadini: chiunque abbia
Stato si mantenesse sempre uno, senza spezzarsi in molteplicità; in- l'ardire di trasgredire a queste disposizioni, deve essere punito seve-
fatti, Platone nella Repubblica afferma che ricchezza e povertà sono ramente, come si conviene a chi disubbidisce alla Legge e a Di0 3l '.
nemici dello Stato, perché "l'una genera mollezza, pigrizia e deside- La divisione del territorio in lotti inalienabili e la serena vigilan-
rio di novità, e l'altra, per questo stesso amore di novità, bassezza cl' a- za dei magistrati, preposti all' osservanza delle leggi, fanno sÌ che lo
nimo ed azioni disoneste"312. Stato rimanga sempre unitario e stabile, e, nello stesso tempo, non si
Ma vediamo ora come Platone imposta il problema nelle Leggi. creino presupposti di squilibri economici e sociali.
Il territorio, egli dice, deve essere diviso in lotti tra i cittadini, i
"Di fatto - afferma Platone - in un simile ordinamento ben po-
quali devono considerare la proprietà ricevuta in sorte quale proprie-
co rimane per gli affari; in tale ordinamento, anzi, nessuno ha il di-
tà comune a tutto lo Stato e averne cura nello stesso modo con cui
ritto e la possibilità di arricchirsi mediante affari indegni di un uo-
un figlio dovrebbe avere cura della propria madre 313 •
mo libero, ché quelle manuali occupazioni che si dicono vili perver-
Il legislatore deve, comunque, preoccuparsi che il numero dei fo-
tono un libero costume, onde non si ammetterà per niente un simi-
colari domestici rimanga sempre stabile, senza aumentare o diminuire.
le sistema di far danaro"317.
Ogni cittadino, alla sua morte, lasci il proprio letto in eredità ad
Infatti, secondo Platone, l'inalienabilità del lotto e dei beni im-
uno solo dei suoi figli.
mobili non può far sorgere squilibri economici, perché il diritto di
Se i figli maschi sono in numero superiore o inferiore al numero
proprietà è qui inteso nel senso di amministrazione esclusiva dellot-
dei letti disponibili'l!', dopo la suddivisione del territorio, è compito
to ricevuto dallo Stato .

.'Ill Leggi, V, 739 e-745 b.


ritiene tale numero come risultato della seguente molciplicazione: l x2x3x4x5x6x7 = 5040.
312 Cfr. Rep., IV, 421 e-422.
315 Leggi, V, 740 a 741.
313 Leggi, VI, 740 a.
316 Ivi, 741 a-d.
3\4La divisione deve avvenire in base al numero 5040, più volte soteo!ineato da Platone; l'A-
dorno attribuisce a tale numero la possibilicà di contenere più divisori; mentre il Touchard 317 Ivi, V, 741 e.

202 203
Anche riguardo al possesso dell' oro e dell' argento, Platone sta- grandi guadagni che si realizzano con vili mestieri, con l'usura o con
bilisce un limite molto rigoroso, riaffermando ancora una volta che indegni mezzi di accumulamento, ma solo quelli che offre ed arreca
"l'interesse per le ricchezze deve avere l'ultimo posto" in uno Stato l'agricoltura, ed anche questi in misura da non costringere chi li rea-
che voglia essere virtuoso. lizza a trascurare il fine per cui esistono le ricchezze: alludo all' anima
Il denaro è fonte di discordia e di lotte, alimentate dall' ambizio- e al corpo, i quali senza educazione fisica e senza una corrispondente
ne e dall' avidità di coloro che con la ricchezza pensano di procurar- educazione morale non sarebbero degni di parolà'320.
si piaceri e felicità. Perché "in realtà - conclude Platone - chi si fa ricco tanto con
La vera ricchezza consiste, invece, nel possedere "oro ed argen- onesti quanto con disonesti mezzi, e non spende giustamente né in-
to divini, sempre, nell'anima, dono degli dei ... non oro ed argento giustamente, se è anche economo mantiene la sua ricchezza; ma chi
umani ... ché molte empietà sono avvenute a causa di codesto dena- è malvagio in senso assoluto, poiché il più delle volte è anche prodi-
fa volgare"318. go, diviene estremamente povero. Chi spende, invece, le sue ricchez-
La circolazione della moneta, quindi, deve essere strettamente vi- ze in opere buone e fa i suoi guadagni solo mediante onesti mezzi,
gilata e limitata per gli scambi giornalieri, con valore soltanto all'in- non potrà mai facilmente distinguersi per ricchezze, ma non diven-
terno dello Stato, eccezionalmente con valuta estera, quando vi sia- terà neppure strettamente povero.
no inderogabili necessità319 . Giusto era, dunque, il nostro ragionamento, che cioè gli uomi-
Le limitazioni, poste da Platone, al corso della moneta e l'asso- ni virtuosi non sono mai ricchissimi, e se non sono virtuosi neppu-
luto divieto di riscuotere o pagare interessi per prestiti fatti o ricevu- re sono felicC'321,
ti, confermano, ancora una volta, la preoccupazione di Platone nel
voler impedire che la ricchezza diventi nello Stato motivo di disu-
guaglianze sociali. Le classi del nuovo Stato
"Proprio questo - egli afferma - è il fine cui mira tutta la nostra
legislazione: che i cittadini siano quanto più felici e gli uni agli altri Dalla divisione in lotti del territorio e dalla limitata possibilità,
legati da stretti vincoli di amicizia. Certo una tale amicizia non sor- che Platone concede ai cittadini di poter aumentare soltanto di quat-
gerà mai fra loro là dove siano molte liti giudiziarie, molte ingiustizie, tro volte il valore originario della proprietà, scaturisce la suddivisione
mentre sorgerà amicizia là dove queste e quelle siano di minima im- dello Stato in quattro classi.
portanza e pochissime di numero. Ecco dunque perché sosteniamo La prima, quella inferiore e certamente la più numerosa, è costituita
che nello Stato non ci deve essere né oro né argento, e neppure quei da quelli che hanno mantenuto il loro lotto senza poterlo aumentare;

318 Cfr. Rep., 416 d-417 b. 320 Leggi, V, 743 d-e.


319 Leggi, V, 742 a-c. 32[ Ivi, V, 743 b-c.

204 205
la seconda da coloro che l'hanno aumentato del doppio, la terza del migliori e la necessità di far partecipi della cosa pubblica tutti i cit-
triplo e la quatta, la più esigua di numero, da coloro che hanno qua- tadini.
druplicato il valore del lotto loro assegnato m . Infatti, egli assegna a ciascuna classe la quarta parte dei membri
A nessuna delle quattro classi, comunque, è permesso di aumen- del Consiglio, senza tener conto della proprietà, riservando però al-
tare eccessivamente il possesso, nel senso già definito, della proprie- cune cariche speciali e di somma importanza a cittadini che meglio
tà ricevuta, affinché non sorgano tra esse differenze troppo profon- e con maggior competenza possono adempiere alloro altissimo uffi-
de, che siano causa di rilevanti disugualianze sociali. cio"". Rimane quindi la concezione platonica dello Stato aristocra-
"Noi proclamiamo - afferma infatti Platone - che in uno Sta- tico che, per quanto egli voglia estendere i diritti politici a tutti i cit-
to, il quale voglia allontar da sé quella che è la malattia più grave, il tadini, si rivela esigenza insopprimibile in Platone.
cui giusto nome più che rivolta sarebbe dissenso, non ha da esservi Non si capisce, comunque, come egli, per non scontentare la mas-
né una dura miseria in alcuni dei suoi cittadini, né una eccessiva ric- sa del popolo, ritenga necessario il sorteggio che dà la possibilità a tut-
chezza in altri, ché l'una e l'altra insieme fanno appunto fiorire un ti i cittadini di poter entrare a far parte della cerchia dei governanti.
tal malanno"323. Platone ce ne spiega il motivo, ma non sembra esserne convin-
Per Platone, naturalmente, sarebbe più giusto che tutti possedes- to, dopo tante affermazioni fatte sul carattere filosofico dello Stato.
sero le stesse cose in egual misura, perché così non vi sarebbero lot- Alla fine delle Leggi, egli si riabilita, se così si può dire, col rida-
te, né ingiustizie sociali. re valore alla Sapienza che aveva sempre ritenuto necessaria per uno
Ma, giacché questo è impossibile, è necessario cercare un rime- Stato giusto, tranne appunto le pagine relative al sorteggio delle va-
dio che sia conforme e corrispondente alle giuste esigenze delle clas- rie cariche politiche.
si più abbienti. Il Consiglio notturno, di cui Platone parla alla fine del dialogo,
Platone tenta, sia pure con idee molto vaghe, di mettere sullo si ricollega infatti alla Repubblica ed alle pagine più significative del-
stesso piano politico ricchi e poveri. le Leggi325 •
Egli riafferma sempre la necessità di affidare le cariche pubbli-
I:esigenza platonica di un governo dei migliori, di coloro che ama-
che ai cittadini meritevoli, non per privilegi economici o di nascita,
no la verità e la scienza, si rivela, alla fine della sua ultima opera, come
ma soprattutto meritevoli per doti di virtù.
Ma, nelle Leggi, a differenza della Repubblica, Platone è costretto a
dare un fondamento giuridico a questo concetto, che rivela nettamen- J2" Leggi, VI, 765 cl sgg.
te il contrasto tra la sua interiore esigenza di un governo affidato ai 325 In proposito, così si esprime Diés Auguste: " ... le conseil nocturne et la science exigéc de
ses membrcs nous ramènc non seulcment aux prcuves essenticlles de !'exisrcnce et du pou-
vair cles dicux, mais semble rouvrir les sentiers montants gue devaient gravir, au remps déjà
lointanin de la Répubblique, les futurs chefs de la Ciré, appelé à une vue synoptigue des
m Leggi, V, 744 b~d.
choses dans la lumiérc des reAalités intelligiblcs!" (PLATON, Les Lois, imr. de A. Diés, Tome
323 Ivi, 744 d-e. IX, Paris, 1951, p. LXXXV,).

206 207
una necessità del suo pensiero che invano aveva tentaro di conciliare di far partecipare attivamente alla politica i cittadini economicamen-
con la mentalità politica del suo tempo. te più agiati.
È chiaro, quindi, come il tentativo fatto da Platone di aderire al- Questo potrebbe sembrare una contraddizione, quando si pen-
le concezioni politiche della sua epoca sia rimasto tale, giacché mol- si che nella maggior parte delle sue opere la ricchezza è considerata
te delle pagine in cui egli cerca di trovare un atteggiamento interme- negativamente.
dio tra l'ideale e la realtà, risuonano aride e senza convinzione, pro- Ma non si deve dimenticare che Platone, anche quando parla di
prio perché il suo animo, troppo proteso verso gli ideali, non riesce ricchezza, si riferisce ad una certa disponibilità economica, che non
a trovare una giusta misura. deve andare oltre i limiti fissati dalla legge e procurare dissensi e di-
Ecco perché c'è un ritorno alla Repubblica, ai filosofi re, che Pla- sarmonie sociali326 .
tone non riesce a dimenticare, perché frutto del suo pensiero e della Quindi anche la ricchezza è basata su una certa misura, che Pla-
sua naturale inclinazione verso la verità del mondo soprannaturale, tone considera fondamentale sia per l'individuo che per lo Stato.
trascendente la mera ed illusoria vanità della vita terrena. Inoltre Platone stesso ci dice che il povero, in genere, diventa ta-
Il problema sociale, nelle Leggi, non è in sostanza molto diverso le perché prodigo ed il più delle volte malvagio"'.
da quello posto e parzialmente discusso nella Repubblica, perché Pla- l:estrema povertà viene generalmente attribuita da Platone ad una
vita dissoluta e smisurata.
tone sente la necessità di valorizzare l'individuo e non riesce a con-
Solo così si spiega la necessità di far partecipare alla vita politica
siderare la massa capace di poter assumere delle responsabilità serie
i ricchi, nel senso già spiegato, perché egli li ritiene in generale più
ed importantissime, come quelle derivanti dalla partecipazione al go-
preparati, per via della maggior disponibilità di tempo e di una mi-
verno di uno Stato.
gliore educazione.
Per questo motivo, egli fa in modo che alcune funzioni, tra quel-
È questa una teoria assai discutibile, che viene così spiegata dal
le più delicate e di estrema importanza per la vita dello Stato, siano
Gomperz: "Platone ha indubbiamente supposto nei ricchi, come frut-
assegnate ad individui scelti e idonei ad esplicarle con la massima se-
to della loro maggiore disponibilità di tempo, un più alca livello di
rietà e competenza.
formazione intellettuale; nel meno provvisto di beni, per contro, un
Platone concede a tutti i cittadini parità di diritti, ma nello stes-
livello inferiore, ed insieme minore soddisfazione del proprio Stato
so tempo introduce nelle quattro classi un sistema di votazione che
e, conseguentemente, una più accentuata tendenza alle innovazioni
è diverso a seconda del censo. temerarie"328.
Infatti per le prime due, quelle più ricche, c'è l'obbligo del voto
con minaccia di gravi multe e sanzioni penali; per le altre due classi,
quelle meno abbienti, l'obbligo di voto non sussiste, come non sus- '" Leggi, V, 744 d-e; Rep., IV, 421 e-422.
sistono le multe. 327 Ivi, 743 b-c.
Pertanto, è facile capire come Platone, in questo modo, cerchi m T. GOMPERZ, Pensatori greci, cit., pp. 628-629.

208 209
Di qui derivano le varie accuse di conservatorismo mosse a Pla- sono per Platone: l'ordine, la misura e la legge.
tone, che non si possono ritenere del tutto ingiustificate data la sua CosÌ si spiega come egli, dopo aver tanto disprezzato la costitu-
naturale avversione per ogni forma di sovversivismo politico-sociale. zione ateniese, riconosce valide alcune sue leggi, come pure altre ti-
Infatti, in molte pagine delle Leggi, si nota quella tendenza a pre- picamente spartane, nel nuovo Stato da lui proposto.
venire ogni facile forma d'iniziativa privata che possa provocare di- È questo un principio che, a giudizio di critici quali l'Adorno,
sordini in seno allo Stato. Gentile, Gomperz e lo stesso Sabine, è ritenuto della massima im-
Ma si capisce bene il motivo di tanta preoccupazione in Plato- portanza, per la storia delle dottrine politiche successive e per la for-
ne, giacché l'Atene del suo tempo versava in pessime condizioni po- mazione degli Stati, principio che, ancora oggi, si ritrova attuato in
litiche, proprio per la faciloneria dei suoi governanti. alcune costituzioni moderne332 •
Conservatore, quindi, nel senso di voler impedire alla massa igno- Auguste Diés, invece, citando un passo della Politica di Aristote-
rante ed incapace, o ad individui facinorosi e senza scrupoli, di espli- le, ritiene che tale principio di costituzione mista non sia un'inven-
care mansioni di governo. zione di Platone, dato che esso si ritrova già in alcuni Stati oligarchi-
Tale esigenza induce Platone a riconoscere la validità di uno Sta- ci dell'antica Grecia 333 .
to misto, o meglio, come egli stesso ci dice, "la via di mezzo fra una Comunque il tipo di Stato misto, di cui Platone parla nelle Leg-
forma di Stato monarchico ed una di Stato democratico, e sempre gi, si ricollega a quello che è il fondamento della sua filosofia, cioè
fra questi due tipi di regime ha da tenersi la costituzione"329. la misura.
Anche il Sabine, per quanto la sua critica sia negativa, ricono- A tale fondamento egli tiene fede anche nelle Leggi, sia pure in
una visione più concreta e realistica.
sce l'importanza di tale teoria, che si basa sulla stabilità risultante da
La sua intima esigenza di una società giusta, non viene meno nel-
forze politiche opposte 330 •
La costituzione mista, di cui Platone tratta nelle Leggi, scaturi- la sua ultima opera, che spesso e a torro viene giudicata come una
sconfessione degli ideali posti nella Repubblica.
sce da una contestazione dei mali inerenti agli Stati reali e storici, co-
Anche la suddivisione in classi, nelle Leggi, non si discosta mol-
me Atene e Sparta.
to da quella accennata nello Stato ideale, almeno per quanto concer-
Infatti, ambedue le costituzioni, pur contenendo principi vali-
ne i compiti che esse devono svolgere in una fraterna e consapevole
dissimi, degenerano l'una per abuso di libertà, l'altra per la sua orga-
collaborazione per il bene loro e dello Stato.
nizzazione esclusivamente militare33l .
Se c'è una differenza, questa è da ricercarsi nel diverso valore che
Pertanto, le condizioni necessarie perché sia possibile uno Stato,

m Leggi, III, 676-701 d. Il libro III, dopo l'esame dei vari tipi di costituzioni storiche e
329 Ivi, p. 636. delle cause della loro decadenza, termina con l'esaltazione di quello Stato, ave regnino or-
330 Leggi, VI, 757 a. dine, misura, ragione e legge .
•.'131 G.H. SABINE, Storia delle dottrine politiche, cir., pp, 61-64. DJ V. le opere citate di F. Adorno, M. Gentile, T. Comperz, C.H. Sabine.

210 211
Platone attribuisce alla legge. Le gerarchie e i capi di Stato
Infatti nello Stato ideale gli individui sono consapevoli delle proprie
possibilità e non desiderano altro che attuare "ciò che loro è proprio". Dallo studio delle diverse classi sociali si può far derivare un cen-
La Legge è connaturata alloro essere e quindi accettata in quan- no sulla storia delle classi sociali. All'origine, da una sorta di incapaci-
to giusta misura di un ordine divino e meraviglioso che essi ricono- tà di ogni singolo uomo di procurarsi ciò di cui ha bisogno, deriva la
scono come un bene necessario per la loro vita. tendenza di ognuno a specializzarsi nelle diverse attività, finalizzan-
Mentre diversa è la posizione delle classi, di cui Platone parla nel- dosi secondo la propria natura, a tempo debito e senza occuparsi di
le Leggi. altro. Nascono cosÌ le cosiddette "professioni di pace": l'agricoltura,
Infatti, trattandosi di individui concreti, cioè visti sotto un pro- l'artigianato e il commercio "che formano, insieme, una sola classe
filo più umano, la legge è da Platone ritenuta necessaria per frenare sociale"334, alla cui formazione seguono sia la nomina di un capo, che
ogni possibile ambizione e cosÌ evitare disarmonie sociali fra le va- va a costituire una seconda classe sociale, sia la delega ai guerrieri di
rie classi. difendere e di ingrandire la polis, ed è questa la terza classe sociale.
Quindi, la Legge, nell'ultimo dialogo, scaturisce da una pessimi- Platone ritiene altresÌ che tutti gli uomini, ciascuno nel proprio
stica considerazione degli uomini, i quali per natura sono portati ver- mestiere, siano politici. Proprio perché uomini, essi tendono a for-
so il male. mare, insieme, una collettività politica cercando di realizzare il pro-
In sostanza, la differenza è proprio in questo: nello Stato ideale prio bene. Ma ciò non significa che fra le classi sociali vi sia parità,
tutto è perfetto ed armonico; nello Stato possibile, Platone si rivol- come spiegano Abbagnano e Fomero: "I Greci, infatti, disprezzava-
ge, invece, ad esseri non divini ma umani e, quindi, per natura im- no il lavoro manuale, in parte perché ritenevano cosa superiore de-
perfetti. dicarsi all' arte militare e al servizio politico, in parte perché quel tipo
Nelle Leggi la visione della società è basata su una constatazione di lavoro, quello manuale appunto, era mentalmente associato al Ia-
realistica, e, pertanto, si rende necessaria una legislazione accurata e varo degli schiavi"335. I capi di Stato sono scelti tra quelli che "han-
minuziosa che regoli la vita dello Stato. no amato maggiormente la patria e che fin dall'infanzia hanno segui-
Ma gli intenti, i fini, sono gli stessi della Repubblica, cioè porta- to la verità eterna, la scienza del Vero e del Bene e, perciò, sono stati
re l'uomo, quanto più è possibile, verso il culto dell'armonia e della filosofi, capaci di cogliere ciò che sempre ugualmente è in un modo
misura come mezzi necessari per attuare lo Stato terreno, il più pos- e non vanno errando tra molti oggetti"336,
sibile conforme al modello ideale e perfetto della Repubblica.

334 N, ABBAGNANO - G. FORNERO, Protagonisti, .. , cie, p. 263.


m Ibid,
33(, Ivi, p. 265,

212 213
La concezione della donna nel V libro della Repubblica Nell'intento di chiarire la propria posizione, Platone afferma che
"ogni attività deve essere comune .. ,; con 1'eccezione che li impieghia-
Una grande novità è rappresentata dalla concezione platonica del- mo tenendo presente che le une sono più deboli, gli altri più vigo-
la donna nel V libro della Repubblica: non solo la donna viene consi- rosi.., se dunque impiegheremo le donne per gli identici scopi per i
derata pari all' uomo, ma si ammette anche che essa possa essere, per quali impieghiamo gli uomini, identica deve essere l'istruzione che
natura, custode, guardiana della polis337 , Platone, tuttavia, in molti diamo 10ro""1 E ancora: "Non c'è alcuna pubblica funzione che sia
suoi scritti dimostra di condividere i pregiudizi del suo tempo sulla riservata alla donna in quanto donna, o all'uomo in quanto uomo,
donna, Ma non può essere definito un misogino, anche perché nell'A- ma fra i due sessi la natura ha distribuito equamente le attitudini, co-
tene tra IV e V secolo permanevano molti luoghi comuni sulla di- sicché la donna, appunto per la sua natura, può svolgere tutti gli stes-
versità o uguaglianza tra i due sessi. Nel brano già citato in cui Ab- si compiti che svolge l'uomo, solo che in ciascuno di questi essa si ri-
bagnano e Fornero evidenziano la posizione della donna in relazio- vela meno forte dell'uomo"342, Nella donna e nell'uomo vi è, quindi,
ne al problema della parità dei due sessi, gli stessi sottolineano in più "la medesima attitudine a difendere lo stato", solamente che "le une
punti i limiti di tale concezione, Almeno due considerazioni posso- hanno meno vigore e gli altri di più"343, Si perviene, così, ad un'im-
no essere avanzate per confermarne la relatività: la prima riguarda il portante conclusione: a nature affini dobbiamo assegnare le stesse fun-
fatto che "la liberazione della donna è promossa in nome della ragio- zion?44, Se così non fosse, si compirebbe ingiustizia non solo sul pia-
ne di stato"; la seconda, invece, concerne 1'obiettivo politico che Pla- no individuale, ma anche lo Stato ne risentirebbe: sarebbe uno Stato
tone si pone, cioè "salvare la polis ateniese dallo sfacelo in cui stava ingiusto, in quanto contro natura.
cadendo dopo la guerra del Peloponneso"338, La vera novità è nel fat-
to che, per Platone, non esiste "un pensiero al femminile ed uno al Educazione e politica: principi e finalità
maschile, ma che il pensiero prescinde dal sesso, cioè uomo e donna
possono avere l'anima della medesima natura; la differenza sessua- Nelle Leggi il problema dell' educazione viene affrontato e discus-
le è ridotta ad una differenza fisica, irrilevante ai fini del raggiungi- so con maggior rigore che nella Repubblica,
mento del bene comune"339, Tanto che Platone sottolinea questa sua D'altra parte ciò è comprensibile perché, nello Stato ideale, 1'e-
convinzione, dichiarando nel V libro della Repubblica che "la natura ducazione interessa soltanto una parte dei cittadini, i migliori, quelli
della donna, quanto alla custodia della città, è la stessa'340,

341 Ibid.
337 Ibid. Il passo è tratto da PLATONE, Repubblica, a cura di G.
.>42 REALE, Milano, Bompiani, 2009,
338 lvi, p. 266. (455,), p, 351.
339 lbid. 343 Ibid.

340 Ibid. 344 Ibid.

214 215
che, dopo una severissima selezione, risultano idonei ad essere "per- "Fare ciò che a ciascuno è proprio", è la defìnizione della giusti-
fetti custodi". zia ed in questa defìnizione è racchiusa tutta la problematica moder-
Nelle Leggi, invece, il problema viene impostato logicamente con na nella ricerca del valore della libertà.
più concretezza, essendo Platone consapevole di rivolgersi ad esseri Ma Platone ce lo dice chiatamente in tutte le sue opere, special-
non divini, ma comuni e bisognevoli di maggior cura di coloro che mente nella Repubblica, ove la libertà è soprattutto dovere, necessità
compongono lo Stato perfetto. di attuare se stesso insieme agli altri, in una cosciente e fraterna col-
Comunque, sostanzialmente, il problema educativo nel possibi- laborazione verso fìni comuni.
le Stato terreno non si discosta molto dal programma enunciato nel- La libertà consiste nel far prevalere ciò che di più divino è nell'uo-
la Repubblica. mo, "il fìlo d'oro", l'intelletto "in modo che la razza d'oro vinca sul-
Anche nelle Leggi, infatti, l'educazione si basa soprattutto sulla le altre razze"346.
misura e sull' armonico sviluppo psico-fìsico dell'individuo, che deve Su questi concetti fondamentali si basa il problema educativo,
essere curato nel corpo e nello spirito in modo da "rendere i corpi e che nelle Leggi diventa una vera e propria istituzione, mentre nella
le anime belli e virtuosi in suprema maniera"345. Repubblica era stato soltanto in parte accennato.
Il medesimo concetto si ritrova nell' educazione dei custodi del- Leducazione nelle Leggi assume un'importanza fondamentale per
lo Stato ideale, in cui la misura e la temperanza sono presupposti in- la formazione del cittadino.
dispensabili per la formazione del perfetto cittadino. "Se ad un'indole mite - afferma infatti Platone - si accompagna
Anche in questo Platone rimane fedele ai principi postulati nella una buona educazione, l'uomo diviene in genere il più divino e il più
Repubblica: la misura e la temperanza sono nelle Leggi fondamenti di dolce di tutti gli esseri viventi, mentre se è stato insufficientemente
un'educazione armonica e completa, che rende l'uomo misurato e ca- e malamente educato diviene il più feroce di tutti gli animali che la
pace di essere soprattutto se stesso, in ogni momento della sua vita. terta produce"347.
I! concetto di libertà dell' educazione moderna si ritrova già in Dall'educazione dipende il divenire dell'uomo e, quindi, le sorti
Platone, inteso come armonico e libero sviluppo delle possibilità in- di una società più o meno giusta, a seconda del carattere più o meno
site nell'individuo. giusto dei suoi componenti.
Essa s'identifìca per Platone nella giustizia: libertà e giustizia, infat- Questa la tesi fondamentale del problema, che era stata sostenu-
ti, sono la stessa cosa, perché 1'una e 1'altra presuppongono un dovere, ta anche nella Repubblica e nel Politico.
che per Platone si riassume nel "fare ciò che gli è proprio", cioè attuare Ma si può benissimo affermare che tutto il pensiero platonico è
quelle che sono le proprie possibilità, gradualmente ed atmonicamen- basato su tale importanza, che egli attribuisce all' educazione.
te con tutto il proprio essete.

,," Leggi. VII. 788 d; Rep .• 403 c-412 b.


345 PlATON, Les Lois, intr. de A. Diés, cir., p. CXII. '" Iv!. l. 644 d-645.

216 217
Giova ricordare quel passo della Repubblica, non solo perché Pla- meno di tre anni: non insignificante parte della vita, relativamente
tone si stacca definitivamente dal pensiero socratico, ma anche per- alla possibilità ch'essa venga trascorsa bene o male ... Non vi sembra
ché ci chiarisce il significato ed il valore del problema educativo. che i bimbi sempre inquieti, che non sono mai tranquilli, si lamenti-
" ... se fin da principio - così egli si rivolge a Socrate parlando no e piangano molto spesso, molto più di quelli che hanno una mi-
della giustizia e del suo valore - voi tutti foste stati capaci di parla- gliore indole? Se allora durante quei tre anni si cercasse ogni espe-
re in questo senso e di questa verità ci aveste persuasi fin da quando diente perché il bimbo che stiamo allevando sia quanto meno possi-
eravamo bambini, ora non avremmo bisogno di guardarci l'un l'al- bile soggetto a dolori, a paure, a qualsiasi emozione del genere, non
tro affinché non si compia ingiustizia, ma ciascuno sarebbe custode pensiamo forse che in tal modo gli renderemmo l'anima più lieta e
di se stesso nel timore, commettendo ingiustizia, di attrarre in ciò tranquilla? ... E se non corressi il rischio di sembrar di scherzare, di-
che v'è di più intimo in noi, il peggiore di tutti i mali""8. rei inoltre che fra tutte le donne quelle di cui bisogna aver maggior
Infatti, nel V1I libro delle Leggi, Platone traccia un vero e pro- cura sono le incinte, perché queste non si abbandonino da un lato a
prio programma educativo, che viene riconosciuto da molti critici co- troppi e sfrenati piaceri, dall' altro non siano prese d'affanno, ma tra-
me la prima organica dottrina pedagogica che si rivolge all'individuo scorranno il tempo della gravidanza cercando di essere tranquille, se-
fin dalla sua nascita. rene e calme"350.
Anzi, è importante, in tal senso, rilevare come Platone s'interessi Questo passo contiene concetti di psicologia e di medicina oggi
addirittura dell' educazione del bimbo ancora nel grembo della ma- validissimi ed oggetto di accurate ricerche scientifiche.
dre 34 '. Platone si preoccupa dell'educazione dell'uomo fin dal suo con-
Ciò dimostra non solo la vasta conoscenza di tutti i problemi uma- cepimento in grembo alla madre e traccia un minutissimo program-
ni, ma conferma, ancora una volta, quale valore abbia per lui l'edu- ma, che rispecchia tutta la sua preoccupazione per tale problema.
cazione dell'uomo. Dalla nascita ai tre anni, il fanciullo deve essere particolarmente
Ma ciò che più sorprende è come, a duemila anni di distanza, al, curato, perché questo periodo è di fondamentale importanza per la
cuni concetti di medicina pediatri ca e di psicologia enunciati da Pla- formazione del suo carattere351 .
tone, sono oggi materia di studio per ricerche più profonde, che di- Devono essere assolutamente evitati eccessi, sia nei piaceri che
mostrano la sempre viva e ricorrente attualità del suo pensiero. nelle angosce: l'educazione, particolarmente in questo periodo, deve
Parlando dei bimbi, dalla nascita ai tre anni, egli così si esprime: essere basata sulle misure.
"Pianto e grida sono per il bimbo indici dei suoi affetti e delle sue re- "Una retta vita - afferma infatti Platone - non deve rincorrere
pulsioni, segni niente affatto di buon augurio. Tale tempo dura non

350 E.P. LAt\1ANNA, Storia della filosofia. Il pensiero antico, voI. I, Firenze, Le Monicr, 1961,
348 Ivi, VII, 766 a. pp. 189-197.

349 Cfr. Rep., 367 a-b; Leggi. 662 b-663 d. 35l Leggi, VII, 789 a-790 c.

218 I 219
i piaceri, né d'altra parte, totalmente fuggire gli affanni, ma ricerca- Leggi e, dopo aver insistito sull'importanza del primo periodo infan-
re con amore quel giusto mezzo, cui ho dato il nome di tranquilli- tile, che va dalla nascita ai tre anni, si sofferma poi sull'utilità del giu-
tà d'animo, quello stato di animo che tutti, per un qualche vatici- oco e sulla necessità di rendere ambidestri i ragazzj35'.
nio, senza tema di errore, attribuiamo alla divinità. Ed è appunto ad A sei anni, si dividano i maschi dalle femmine ed abbiano ini-
un tale abito interno che, io dico, deve aspirare chi fra noi vuole es- zio gli studi, gli uni e le altre, presso maestri competenti, che ne ab-
sere simile alla divinità, per cui né deve abbandonarsi tutto ai piace- biano massima cura.
ri - ché non sarà libero di affanni - né permettere che altri, vecchio 'Tinsegnamento prescritto nelle Leggi per la gioventù - afferma
o giovane, maschio o femmina, assumano tale stato d'animo, e tan- il Gomperz - oltrepassa la misura di quello che, generalmente, veni-
to meno, per quanto ci è possibile, il neonato: proprio allora, in tut- va impartito in Grecia, comprendente soltanto nozioni elementari,
ti, si viene saldamente radicando il carattere, effetto di abitudini"352. oltre la poesia, la musica e la ginnastica"355.
Dai tre ai sei anni il fanciullo deve dedicarsi soprattutto al giu- A queste ultime due discipline Platone rivolge maggiore atten-
oco, che è proprio della natura infantile ed utilissimo per sviluppa- zione e ne riafferma, come nella Repubblica, la notevole importanza
re in ciascuno di essi quel senso di socievolezza innato nell'uomo. per la formazione del cittadino.
Ma non si abituino i fanciulli alla mollezza, che può essere l'ini- La scuola è obbligatoria per ambedue i sessi.
zio di una perversione del carattere, si puniscano quando è necessa- Linsegnamento loro impartito comprende anche nozioni di ge-
rio, "ma non in maniera che ne restino offesi"353. ometria e d'astronomia; quest'ultima sviluppa nei fanciulli il senso
Anche le punizioni devono essere basate sulla misura, ed è mol- del divino, perché, secondo Platone, cogliere il ritmo perfetto ed ar-
to importante notare come Platone difenda la personalità del fanciul- monico dei movimenti degli astri significa cogliere il divino stesso,
lo, preservandola da punizioni che offendano la libera espressione di che è Legge ed armonia di tutto l'universo356.
un'individualità già presente in lui, come piccolo uomo. Il carattere scientifico dell'insegnamento è la nota rilevante del
La personalità del fanciullo, come individuo cosciente e libero, programma tracciato da Platone nelle Leggi.
espressione di un pensiero in lui già vivo e palpitante, degno del mas- Le discipline scientifiche, tra cui la matematica, sono da Platone
simo rispetto, è fondamento di tutta la moderna pedagogia. considerate indispensabili per sviluppare nell'individuo la tendenza
La preoccupazione maggiore di Platone è di formare una nuo- all' ordine e all' armonia, di cui i numeri sono espressione di quel di-
va classe dirigente capace di operare un radicale rinnovamento in se- vino ordine celeste del mondo delle Idee.
no alla società. Non solo, ma le materie scientifiche abituano l'uomo all'esattezza
Perciò egli esamina a fondo il problema dell' educazione nelle

354 Ivi, 792 c-e .

352 Leggi, VII, 792 a-e, .>55 Ivi, VII, 793 c.

353 Ivi, VII, 788 a-793 d. '50 Ivi. VII, 793 d·795 d.

220 221
ed al rigore nella ricerca di qualsiasi verità. abitanti o 1'estensione del loro territorio, ave manchi ad esse la vir-
È importante notare come, nelle Leggi, si faccia scarsa menzio- tù ... Se perciò vorrai amministrare rettamente e bene gli affari di Sta-
ne della dialettica, che nella Repubblica e nel Politico era considerata to, ai cittadini devi comunicare la virtù. E però devi per prima cosa
come fondamento per la formazione dell' uomo. acquistare la virtù te stesso e lo deve chiunque altro vuole governare
Ciò è comprensibile visto il timore, più volte espresso da Plato- e amministrare non soltanto la propria persona e i propri beni, ma
ne, che l'uomo abusi di tale arte per farne uno strumento di sovver- anche lo Stato e ciò che allo Stato appartiene".
sione.
Tale diffidenza è giustificabile quando si pensi al falso concetto
che gli uomini del suo tempo, in special modo i sofisti, avevano del- Conclusione: ultimo appello di Platone
la dialettica.
E non gli si può dar torto, dopo aver esaminato a che punto uo- Alla luce di queste riflessioni, assume particolare significato nel-
mini facinorosi e senza scrupoli avevano trascinato, con la loro igno- le Leggi quello che può essere considerato come l'ultimo appello di
ranza e incapacità, lo Stato ateniese. Platone:
Platone si preoccupa di dare il maggior ordine possibile all' edu-
"Amici miei, come suona il proverbio, la questione è sul tap-
cazione, prescrivendo norme precise e rigide, in modo che ogni for-
peto; e se vogliamo rischiare la costituzione in tutto il suo com-
ma temeraria ed inconsapevole d'innovazioni venga evitata. plesso, facendo come dicono nel gettare i dadi tre volte sei o sola-
Il problema educativo per Platone è di somma importanza e si mente tre, facciamolo; ed io arrischierò con voi, esponendo il mio
identifica con tutto il suo pensiero politico. punto di vista sul problema della formazione culturale e dell'edu-
Anzi, si può senz' altro affermare che il problema politico è per cazione umana entro i limiti che il nostro presente ragionamen-
Platone essenzialmente e soprattutto problema educativo, giacché la to ci ha suggerito.
sua convinzione nella potenza innovatrice e trasformatrice dell' edu- Non piccolo è il rischio né da paragonare a tanti altri ... e quan-
cazione sulla società era tale e tanta che solo alla luce di questa fede si do, miei cari compagni, questo nostro divino Consiglio, cosÌ co-
me lo abbiamo voluto si sarà attuato, dovremo ad esso affidare lo
possono giustificare i grandiosi dialoghi della Repubblica, del Politico
Stato e nessuno dei legislatori di oggi potrebbe a tal proposito tro-
e delle Leggi, che sono, da un punto di vista educativo, pervasi da una
vare qualcosa da ridire.
fede profonda nei valori della vita, intesi come finalità che l'uomo de-
Solo allora, diciamo, si verrà compiendo in realtà quello che po-
ve perseguire per attuare nel modo migliore la propria esistenza.
co sopra, ragionando, abbiamo veduto come in un sogno, quando
C'è un passo dell'Alcibiade I che racchiude in sé tutti i motivi con un'immagine univamo testa e intelletto, questo, naturalmen-
essenziali della ricerca platonica e che c'invita a profonde riflessioni: te, se i nostri uomini saranno stati scelti con grande accuratezza,
"Mio caro Alcibiade non sono né le mura né le triremi né gli arse- se avranno ricevuto un' educazione adeguata, e se cosÌ moralmen-
nali che possono render felici le città, e neppure il numero dei loro te formati, posti nell' acropoli del paese, risulteranno rispetto alla

222 223
virtù conservatrice dello Stato difensori tali quali mai, prima d'o- progressiva e profonda di tale essenza sia stata la causa del suo male
ra, noi vedemmo nella nostra vita ... "357. e della sua morte, Platone compie l'''errore'' di riproporre una strut-
"Bisogna cercare il modello d'uno Stato, anzi, tenendo sempre tura ormai tramontata.
sott' occhio questo, con tutte le nostre forze bisogna cercare quel- Atene in mano a molti, soprattutto dei Sofisti, non può offrire
lo che, per quanto è possibile, gli assomigli di più. nessuna base per sperare nell' arrivo di uno dei fattori di inversione di
Ora, lo Stato, a cui noi lavoriamo adesso (lo Stato delle Leggi) tendenza auspicati. Forse Platone nutre la speranza che un solo uo-
sarà se riusciremo a compierlo, vicinissimo a quello che è l'im-
mo possa più facilmente essere convinto ad accettare i suoi consigli
mortale modello ed avrà il secondo posto ...".
ed a cercare di modificare la situazione (Dionigi II), in quella Sicilia
"E quando tutti avranno, attraverso questa educazione, raggiun-
che, essendo nelle sue mani, poteva essere considerata, in quel mo-
to con la contemplazione dell'Essere e dell'Eterno, il supremo stato
mento, la sponda per tentare di realizzare il programma del filoso-
della felicità, a questo punto anche la nostra vita sarà compiuta".
fo. Diane, col quale Platone è d'accordo, vuole trasformare latiran-
Platone rivolge l'ultimo pensiero alla Repubblica ideale, che sem- nide in una monarchia temperata dalle leggi, vuole unificare le città
pre è stata e sempre sarà "il modello al quale l'uomo deve tendere": greche della Sicilia per sottrarle al dominio dei barbari. Nella nuo-
con questa prospettiva "saremo tornati ad essere Dei o figli di Dei, va organizzazione del modello di Diane, nessuno deve e può met-
in quanto in questa interiore coscienza viviamo quella che è la più tersi contro o al di fuori della legge. Così come non deve essere per-
vera divinità"358. messo "sfuggire 1'eccessivo dispotismo così come 1'eccessiva libertà".

Il modello di Platone è utopico? Possiamo rispondere che non


è in nessun luogo, non esiste e non è esistito, non pretende di essere Con questo ragionamento Socrate ha già posto la premessa logi-
realizzato in tutto e per tutto. Esso sta ad indicare piuttosto l'idea re- ca del suo sviluppo, come nell' esempio del pittore, il quale, dopo aver
golativa con la quale egli giudicava i singoli stati, le singole costitu- disegnato l'immagine di un uomo bellissimo ed averla perfettamen-
zioni, cioè la singola struttura essenziale di uno stato, non le sue de- te dipinta, non ne sapesse poi dimostrare l'esistenza359 • E così si pre-
terminazioni specifiche. Utopica è la Repubblica ideale perché que- parano alla conclusione efficace e pienamente convincente di Socrate:
sta idea incontra un momento storico per essa impossibilitante, ne-
- Così noi, non abbiamo disegnato a parole l'immagine di uno
gativo per la sua concretizzazione e realizzabilità. Stato buono?
Pur dimostrando di aver capito !'importanza di quella che era sta- - Sì.
ta l'essenza dell' organizzazione della polis antica e come nell' erosione - E credi che perda di valore ciò che abbiamo detto se non si
riuscisse a dimostrare la possibile esistenza di uno Stato foggiato

357 Leggi, 968 c~ 969 e.


'" Cfr. Rep., 592 b. m Cfr Rep., 472 d.

224 225
su quel nostro modello?360 BIBLIOGRAFIA

La dimostrazione si illumina del chiarore della verità, che non


può essere contraddetta tanto essa è perfettamente chiara nella sua 1. Opere di Platone
capacità di convinzione.
La prima edizione fondamentale di tutte le opere di Platone, della qua-
Non costringermi, dunque, a realizzare, in tutto e per tutto, ciò le si usa tradizionalmente la numerazione della paginatura, è quella di E.
che abbiamo descritto a parole: se ci riesce trovare che uno Stato Stefano (Paris, 1578).
potrebbe governarsi nel modo più vicino a quello che ho detto, Le edizioni critiche generalmente seguite da tutti gli studiosi di Platone
confessa che è possibile la realizzazione pratica di ciò che richie- sono quella inglese di J. Burnet (Oxonii, Oxford 1892-1906) e quella fran-
devi. Non sarai contento di un simile risultato? lo ne sarei felice. cese, con traduzione a fronte, a cura di vari autori, edita dalle Belles Let-
- Anch'io - disse'6i. tres (Paris 1920-1964). Nel 2003 è stata edita una nuova edizione critica:
Platonis, Rempublicam, recognovit brevique adnotatione critica instruxit 5.R.
Lo stesso Platone parla di irrealizzabilità della politeia sul piano Slings, Oxonii e typographeo Clarendoniano, MMIlI.
storico, per cui sembrerebbe che la discussione debba finire qui, con Per i dialoghi prettamente aderenti al pensiero politico, tradotti in ita-
l'ammissione dell' incertezza dello stesso filosofo circa la realizzabili- liano, si è tenuta presente l'edizione UTET 1953-1958, 19883 a cura di Fran-
tà o meno della Repubblica ideale, ma allo stesso tempo con la con- cesco Adorno:
sapevolezza che uno Stato ideale e giusto può diventare il modello a Repubblica, Timeo, Crizia: I val.;
Politico, Leggi: Il val.
cui uniformare l'azione politica.
Per gli altri dialoghi ci si è attenuti alla raccolta di Laterza, Bari:
Apologia, Critone, 1954, Fedone, Teeteto e Filebo, 1950, a cura di Ma-
nara Valgimigli; Sofista e Parmenide, 1957, a cura di Attilio Zadro; Fedro,
1959, a cura di G. Galli; Protagora, 1949, a cura di E Zambaldi; Convito,
1946, a cura di G. Calogero; Gorgia, 1956, a cura di N. Sabatucci.
Numerose sono comunque le traduzioni italiane dei singoli dialoghi.
Dell'intera opera di Platone si possono consultare anche:
Opere, Bari, Laterza, 1966;
Platone, Opere complete, a cura di G. Giannantoni e altri, Roma-Bari,
Laterza, 1971 e successive edizioni;
Tutte le opere, trad. di G. Pugliese Carratelli, Firenze, Sansoni, 1974;
Dialoghi filosofici, a cura di G. Cambiano, Torino, UTET, 1988;
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361 Ivi, 473 b.

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