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Algebra Lineare
per tutti
Springer
Berlin Heidelberg NewYork
Hong Kong London
Milan Paris Tokyo
e e
`` ``
a va
va a
a m i ca
d a c i ma
(verso palindromico dell’autore, dipinto
su una meridiana a Castelletto d’Orba,
da Palindromi di (Lo)Renzo
di Lorenzo)
C’era (una volta?) una città stretta fra mare e monti dove l’università era ri-
partita in facoltà. Una di queste era la facoltà di scienze, dove si insegnavano
varie materie, tra cui matematica, informatica, statistica, fisica, chimica, bio-
logia, geologia, scienze naturali, scienze ambientali e altro. Tali materie erano
ripartite tra un numero cosı̀ grande di corsi di studio che se ne era perso il
conto. L’unico invariante, uno dei pochi elementi di unità, era costituito dal
fatto che tutti i corsi prevedevano al loro interno almeno un modulo di mate-
matica di base. E questo significa che tutti gli studenti della facoltà prima o
poi incontravano qualche nozione di algebra lineare.
Lo sapevano tutti che questa materia sta alla base della piramide scien-
tifica e tutti erano coscienti del fatto che nessuno scienziato può veramente
chiamarsi tale se non riesce a dominare almeno le sue tecniche fondamenta-
li. Nonostante ciò, la tradizione mescolata alla convenienza e all’opportunità
avevano portato a creare corsi di base di matematica totalmente distinti tra di
loro. Di conseguenza era ad esempio perfettamente possibile che lo studente
di biologia ignorasse alcuni fatti fondamentali dell’algebra lineare che invece
venivano insegnati allo studente di geologia.
Poi avvenne una cosa inaspettata. Il giorno... dell’anno... ci fu una riunione
di saggi professori della facoltà di scienze e anche di altre facoltà dove si
insegnavano corsi di matematica. Lo scopo della riunione era quello di rimedia-
re a tale situazione e, dopo ampia e articolata discussione (cosı̀ sta scritto nel
verbale), essi decisero all’unanimità di affidare ad un matematico il compito
di scrivere un libro di algebra lineare per tutti.
Qualche storico sostiene che tale decisione non fu presa all’unanimità e
che il verbale venne in seguito alterato. Qualcuno asserisce che la scrittura di
quel libro fu proposta da un matematico e neppure sostenuta dai suoi colleghi
matematici. Qualche altro addirittura sostiene che tale riunione non fu mai
tenuta. Forse ci sarebbe bisogno di fare luce su questa vicenda, ma comunque
una cosa certa: il libro è stato scritto.
la luna e la terra non sono sole
(dal Libro delle cose certe)
Introduzione
Da dove viene questo strano titolo Algebra Lineare per tutti? Tutti in che
senso? È luogo comune il fatto che la matematica non sia materia per tutti, ed
è vero che uno degli ostacoli alla sua diffusione sono spesso i matematici stessi
(per fortuna non tutti). Alcuni di essi amano atteggiarsi a custodi del tempio
e tendono a sviluppare un linguaggio astruso, difficile, talvolta addirittura
incomprensibile persino per gli esperti di settori limitrofi.
E se provassimo a chiedere ad un matematico di professione di estraniarsi
per un poco dal suo linguaggio abitudinario e parlare e scrivere in modo più
lineare? E se gli chiedessimo addirittura di essere vivace? E perché non esage-
rare e chiedergli di essere a tratti persino divertente? Non è un compito facile
perché, come dice il proverbio, poche cose sagge sono dette con leggerezza,
molte cose stupide sono dette con seriosità.
Lo scopo di questo libro è quello di fornire i primi strumenti matematici
relativi ad una materia basilare che si chiama algebra lineare. Il testo è stato
scritto da un matematico che ha cercato di uscire dal suo personaggio per
venire incontro ad un pubblico ampio. La sfida è quella di rendere accessibili
a tutti i primi rudimenti e le prime tecniche di un sapere fondamentale per la
scienza e la tecnologia.
Come un abile fotografo egli ha provato a creare sintesi geometriche e
cromatiche. Come un agile ballerino ha cercato di fondere la solidità del passo
con la leggerezza del movimento. E come un esperto orticoltore ha cercato di
mantenere sempre un sano livello di concretezza. D’altra parte nel gruppo di
ricerca genovese da lui diretto si sviluppa da anni il codice CoCoA (vedi [Co]),
che grande successo ha anche tra i ricercatori più evoluti per la sua capacità di
rendere concreti alcuni concetti e calcoli di natura simbolica apparentemente
molto astratti.
X
Come ho detto prima, anche nella seconda parte l’accento continua ad essere
sui concetti e sugli esempi, non sulle dimostrazioni e sull’impianto formale.
come ho detto prima, non bisogna mai ripetersi
E se uno volesse andare avanti? Ma certo, questo è uno dei propositi del libro,
ma con una avvertenza. Basta avventurarsi in una biblioteca matematica o
navigare gli oceani di internet per trovare una quantità di materiale impres-
sionante. Infatti, come detto prima e a costo di ripetersi, l’algebra lineare è
un sapere fondamentale per la scienza e la tecnologia e quindi ha stimolato e
continua a stimolare parecchi autori a fornire il loro contributo. Bisogna però
sapere che il seguito presenta difficoltà che non lo rendono accessibile a tutti.
E ora alcuni aspetti stilistici del libro, in particolare un commento su una
scelta che riguarda la notazione. Nella tradizione italiana i numeri decimali
si scrivono usando la virgola come separatore, ad esempio 1, 26 (uno virgola
ventisei) e usando il punto come separatore delle cifre nei numeri grandi,
ad esempio 33.200.000 (trentatrè milioni e duecentomila). Nella tradizione
anglosassone si fa il contrario, e quindi $2, 200.25 significa duemiladuecento
dollari e 25 centesimi. Che cosa scegliere? Un impulso di orgoglio nazionale
dovrebbe farci propendere per la prima soluzione. Ma ormai la nostra vita è
vissuta a contatto dei calcolatori ed è quindi condizionata dall’uso di software,
che in gran parte usano l’inglese come lingua base. La scelta è quindi caduta
sulla seconda strada. Quando si presenteranno forti ragioni pratiche o estetiche
per usare un separatore, scriveremo ad esempio 1.26 per dire una unità e 26
centesimi, scriveremo 34, 200 per dire trentaquattromiladuecento.
Un altro aspetto del tutto evidente è la presenza di svariate frasi auto-
referenziali, aforismi, battute, citazioni, palindromi, e il lettore si accorgerà
che in molti casi sono scritte a sinistra, incominciano con lettera minuscola
e finiscono senza punteggiatura. Perché? L’autore ritiene che anche un libro
di matematica possa fornire alcuni spunti di carattere non solamente tecnico;
come stelle cadenti, tali frasi devono apparire dal nulla e subito allontanar-
si, lasciando un messaggio e una sensazione incompiuta che il lettore potrà
completare a suo piacere.
Per concludere, una precauzione. Il libro si rivolge continuamente al lettore.
Sono frequenti frasi del tipo
- il lettore si deve accontentare di una risposta parziale...
- non dovrebbe essere difficile per il lettore interpretare il significato...
Non si offenda la lettrice, la mia non è una scelta maschilista, in realtà è
soltanto dettata dal desiderio di non appesantire il testo. Sia chiaro dunque che
per me lettore significa essere che legge il libro. Infine, per concludere davvero,
buon divertimento con un piccolo problema e poi buona lettura a tutti !
piccolo problema: completare con i due simboli mancanti la sequenza udtqcsso..
Dedica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . V
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VII
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX
Parte I
4 Sistemi di coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
4.1 Scalari e vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78
4.2 Coordinate cartesiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
4.3 La regola del parallelogrammo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84
4.4 Sistemi ortogonali, aree, determinanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
4.5 Angoli, moduli, prodotti scalari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
4.6 Prodotti scalari e determinanti in generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
4.7 Cambi di coordinate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 95
4.8 Spazi vettoriali e basi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97
Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
Parte II
Parte III
Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 187
Conclusione? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201
Immagino che qualche lettore, forse incuriosito dal titolo, abbia voluto subito
vedere se il libro è davvero per tutti e di conseguenza sia arrivato qui sen-
za avere letto né la Premessa, né l’Introduzione. Secondo me ha fatto male,
si è perso una parte essenziale per entrare nello spirito del libro e quindi lo
consiglio fortemente di tornare indietro. Ma siccome la lettura è libera e per-
sonalmente conosco tanti lettori che hanno l’abitudine (posso permettermi di
dire cattiva?) di non leggere le introduzioni, ho deciso di non deludere neppure
costoro e ho pensato di incominciare il libro con questo capitolo molto breve,
un tipico Capitolo 0 in cui si fanno alcuni elementari esperimenti di calcolo e
vengono discussi i risultati ottenuti.
Anche se la locuzione calcolo numerico e calcolo simbolico è molto alti-
sonante, in realtà qui vengono affrontate questioni apparentemente banali o
comunque date per acquisite nei corsi secondari. Che cosa vuole dire la scrittu-
ra ax = b? Come si manipola l’espressione ax = b? Che cosa significa risolvere
l’equazione ax = b?
Se il lettore pensa che si tratti di banalità, è bene che comunque faccia
attenzione, perché sotto una calma superficie in certi punti si muovono peri-
colose correnti sottomarine; sottovalutarle potrebbe rivelarsi fatale. Non solo,
ma una lettura fatta mantenendo alta la concentrazione può rivelarsi mol-
to utile per prendere confidenza con importanti concetti che si riveleranno
fondamentali nel seguito. D’altra parte calcoli, numeri e simboli sono la ma-
teria prima della matematica e il lettore, anche se non aspira a diventare un
matematico professionista, è bene che familiarizzi con essi.
2 Calcolo numerico e calcolo simbolico
Esercizi
Si incomincia ad osservare che occorrono molte lettere, ma per ora questo fatto
non ci preoccupa e decisamente passiamo a vedere qualcosa di più interessante.
s = (1, X, X, 2, 2, 1, 1, 1, 1, X, X, 1, 1)
Se scriviamo
G F M A M G L A S O N D
N 4 5 8 12 16 19 24 25 20 16 9 5
C 6 7 11 15 17 24 27 28 25 19 13 11
S 6 8 12 17 18 23 29 29 27 20 14 12
Concludiamo per ora dicendo che un vettore può essere visto a priori sia come
matrice riga che come matrice colonna, perché l’informazione codificata è la
stessa. È utile sapere che di solito viene fatta la convenzione che i vettori si
vedano come matrici colonna. Va però detto chiaramente che in matematica
vettori e matrici sono considerati come entità diverse e che quando si parla di
vettore riga o di vettore colonna, in realtà si parla di matrice riga o matrice
colonna che rappresentano un vettore, ma non sono la stessa cosa del vettore.
Nel seguito comunque ci permetteremo spesso di fare queste identificazioni.
··························· = ···
ar1 x1 + ar2 x2 + · · · + arc xc = br
A prima vista sembra un po’ misterioso, ma proviamo ad analizzarlo atten-
tamente. Che cosa significa r? È il nome dato al numero delle righe ossia al
numero delle equazioni. Che cosa significa c? È il nome dato al numero delle
colonne ossia al numero delle incognite. Perché abbiamo messo un doppio in-
dice ai coefficienti? Il motivo è che questo artificio ci consente di identificare
i coefficienti in modo non ambiguo. Ad esempio a12 è il nome del coefficiente
di x2 nella prima equazione, ar1 è il nome del coefficiente di x1 nella r-esima
equazione e cosı̀ via. Visto che siamo a livello astratto, approfitto per dire
che i matematici chiamano sistemi lineari omogenei quelli per cui tutti i
termini noti b1 , b2 , . . . , br sono nulli.
Proviamo a vedere se effettivamente in questo modo riusciamo a descrivere
ogni sistema lineare. Consideriamo ad esempio il seguente sistema lineare a
due equazioni e quattro incognite
5x1 + 2x2 − 21 x3 − x4 = 0
x1 − x3 + 125 x4 = 9
··························· = ···
ar1 x1 + ar2 x2 + · · · + arc xc = br
Una volta deciso di indicare con r il numero delle equazioni e con c il nu-
mero delle incognite, e inoltre di chiamare x1 , x2 , . . . , xc le incognite stesse
del sistema, ci accorgiamo che abbiamo compiuto una assegnazione del tutto
soggettiva. Ad esempio, avremmo potuto indicare con m il numero delle equa-
zioni, n il numero delle incognite, y1 , y2 , . . . , yn le incognite stesse. Non sarebbe
cambiato nulla, se non l’aspetto grafico del sistema stesso. Che cosa dunque
caratterizza veramente il sistema S ?
La risposta è che gli elementi caratterizzanti il sistema S sono i coef-
ficienti aij e bj , al variare di i = 1, . . . , r, j = 1, . . . , c. Per chiarire meglio
questo concetto consideriamo i due seguenti sistemi lineari
x1 + x2 − x3 = 0 y1 +y2 −y3 = 0
x1 − 2x2 + 41 x3 = 12 y1 −2y2 + 41 y3 = 21
In questo caso si tratta dello stesso sistema scritto in due modi diversi.
Ora consideriamo i due seguenti sistemi lineari
x1 + x2 − x3 = 0 x1 + 2x2 − x3 = 0
x1 − 2x2 + 14 x3 = 21 x1 − 2x2 + 41 x3 = 1
In questo caso si tratta di due sistemi diversi, anche se abbiamo usato gli
stessi nomi per le incognite.
Risulta dunque chiaro che l’informazione del sistema S è totalmente
contenuta nella matrice incompleta
a11 a12 . . . a1c
a21 a22 . . . a2c
A= ... .. .. ..
. . .
ar1 ar2 ... arc
1.3 Sistemi lineari generici e matrici associate 19
br
Diciamo che
− la matrice A è di tipo (r, c), per dire che ha r righe e c colonne;
− la matrice A è quadrata di tipo r per dire che ha r righe e r colonne.
A = (aij ), i = 1, . . . , r, j = 1, . . . , c
Matr,c (Q) è il nome dato all’insieme delle matrici con r righe, c colonne,
ed entrate razionali.
1.4 Formalismo Ax = b
xc
Ai matematici è venuta la tentazione di imitare l’equazione ax = b, che ab-
biamo discusso nel capitolo introduttivo, e scrivere il sistema S come Ax = b.
Come è possibile?
Per rendere sensata tale scrittura bisogna inventare un prodotto Ax, che
dia come risultato la seguente matrice colonna (si osservi bene il fatto che in
ogni riga c’è un solo elemento)
a x + a12 x2 + · · · + a1c xc = b1
11 1
a21 x1 + a22 x2 + · · · + a2c xc = b2
···························
= ···
ar1 x1 + ar2 x2 + · · · + arc xc = br
Esercizi
Matrice, matrici... quante volte abbiamo già usato queste parole? Non stupia-
moci, le useremo continuamente. La matrice è uno degli oggetti matematici
più utili, un attrezzo fondamentale del mestiere di matematico, e lo è per molte
buone ragioni che in parte abbiamo visto e in parte vedremo nel seguito.
In questo capitolo approfondiremo l’aspetto matematico del concetto e
studieremo le operazioni che è utile fare con le matrici. Scopriremo le virtù
del prodotto di matrici chiamato prodotto righe per colonne e strada facendo
incontreremo strani oggetti chiamati grafi e grafi pesati. Una breve parentesi
genovese ci permetterà di scoprire quanto costa moltiplicare due matrici.
Matrici simmetriche e matrici diagonali, che tanta parte importante avran-
no nel seguito, incominceranno a farsi notare e scopriremo con rammarico, o
con indifferenza, che il prodotto di matrici non è commutativo. Poi, quasi al-
l’improvviso, incontreremo strani enti numerici, in particolare uno nel quale
vale l’uguaglianza 1 + 1 = 0. A questo punto qualche lettore penserà che,
nonostante le promesse, anche questo libro è destinato a perdere contatto con
la realtà. Qualcun altro si chiederà che utilità possa avere un ente in cui valga
la relazione 1 + 1 = 0.
Che dire? Posso rassicurare il lettore che, se avrà la pazienza di arrivare
alla fine del capitolo... sarà illuminato. Non in senso Zen, anche se è sempre
meglio non mettere limiti al potere di illuminazione, ma nel senso di risolvere
un pratico problema legato a dispositivi elettrici. Nel frattempo, per arrivar-
ci visiteremo aziende vinicole, paesi di montagna, reti informatiche e altre
piacevolezze, fintanto che verrà l’illuminazione con l’aiuto dell’inversa di una
matrice. Matrici, ancora loro, non me ne ero dimenticato!
24 2 Operazioni con matrici
A + B = (aij + bij )
rappresenta ad esempio i dati rilevati nel mese di agosto del 2006. Se si prevede
un aumento dell’inflazione del 4% nei dodici mesi successivi, la matrice B che
ci aspettiamo di rilevare nel mese di agosto del 2007 è
0 1 0 1
1.04 × 50 1.04 × 12.4 1.04 × 8 1.04 × 6.1 52 12.9 8.32 6.34
@ 1.04 × 52 1.04 × 13 1.04 × 8.5 1.04 × 6.3 A = @ 54.08 13.52 8.84 6.55 A
1.04 × 49.3 1.04 × 12.5 1.04 × 7.9 1.04 × 6 51.27 13 8.22 6.24
αA = (α aij )
Nel capitolo precedente abbiamo visto un importante uso del prodotto righe
per colonne delle matrici. Ora vogliamo approfondire l’argomento con l’aiuto
di altri esempi interessanti.
M = (3 2 4 1)
2
5
M · N = (3 2 4 1 ) = 3 × 2 + 2 × 5 + 4 × 1 + 1 × 4 = 24
1
4
e allora il numero totale dei percorsi che uniscono P con A è l’unica entrata
della matrice M · N . In altri termini, se eseguiamo il prodotto M · N come
suggerito, otteniamo una matrice di tipo (1, 1), ossia con una sola entrata, e
tale entrata è precisamente il numero 24.
7 1
1 2 1 5
1 5
M = 3 2 4 1 N =
1 2
3 1 4 1
2 3
si ottiene
20 18
M N = 29 14
27 14
Ad esempio, il numero totale dei percorsi tra P2 e A1 è
3 × 7 + 2 × 1 + 4 × 1 + 1 × 2 = 29
28 2 Operazioni con matrici
Il fatto che le entrate delle due matrici siano razionali non è rilevante. Quello
che importa è che le entrate stiano nello stesso ente numerico e che in tale
ente si possano fare somme e prodotti. Ad esempio il discorso continuerebbe a
funzionare perfettamente se invece di entrate razionali avessimo entrate reali.
Vediamo altri esempi.
Osserviamo che il numero delle colonne di A coincide con il numero delle righe
di B ed è 3. Quindi si può procedere e si ottiene
2 −1
3·0+2·1+0·1 3 · (−1) + 2 · 1 + 0 · 1
1·0+2·1+1·1 1 · (−1) + 2 · 1 + 1 · 1 3 2
0 · 0 + 0 · 1 + (−1) · 1 0 · (−1) + 0 · 1 + (−1) · 1 −1 −1
A·B = =
3·0+2·1+7·0 3 · (−1) + 2 · 1 + 7 · 1 2 6
1 1
1·0+1·1+1·0 1 · (−1) + 1 · 1 + 1 · 1
2·0+2·1+0·0 2 · (−1) + 2 · 1 + 0 · 1 2 0
Si osservi che, come previsto dal discorso generale, il numero di righe della
matrice prodotto è 6 (come A) e il numero delle sue colonne è 2 (come B).
P4 P3
•..................... ...
... •
...... ...
.... ......
...... ...
... ...... ...
.. ...... ...
... ...... ...
...... 4
... ......
......
...
... ...... ...
...
... ......
...... ...
... ...... ...2
1 ... ......
...... ...
... ...... ...
... ......
...... ...
... ...... ...
... ......
...... ....
.
... ..
..............................................................................................................................................
• •
P1 3 P2
P1 P2 P3 P4
P1 0 3 0 1
P2 3 0 2 4
P3 0 2 0 0
P4 1 4 0 0
0 3 0 1
3 0 2 4
A=
0 2 0 0
1 4 0 0
12 3 8 17
12 = 0 × 1 + 3 × 4 + 0 × 0 + 1 × 0
P4 P3
•.................... ...
... •
...... ...
.... ......
...... ...
... ...... ...
.. ...... ...
... ...... ...
......
... ...... ...
... ...... ...
......
... ...... ...
...
... ......
...... ...
... ...... ...
... ......
...... ...
... ...... ...
... ...... ...
......
... ...... .
... ...... ....
.
...............................................................................................................................................
.
.......
..
.. • •
...... P
....... 1 P2
.......
.
...
.......
.
...
.....
..
.......
......
.......
• .......
P5
Si osservi che non abbiamo scritto nessun numero vicino ai lati. Inten-
diamo quindi esprimere il fatto che o c’ è una connessione diretta, come ad
esempio tra P5 e P1 , o non ce ne sono, come ad esempio tra P1 e P3 . Questo
grafo può rappresentare le connessioni di un complesso di macchine. Potrebbe
essere che P1 rappresenta un computer, P2 , P4 , P5 tre periferiche (P2 una ta-
stiera, P4 una stampante e un P5 monitor) e P3 una periferica della tastiera,
ad esempio un mouse, e c’è anche un collegamento diretto tra la tastiera P2 e
la stampante P4 .
Con lo stesso ragionamento fatto nell’esempio 2.2.3 possiamo scrivere la
matrice A delle connessioni
0 1 0 1 1
1 0 1 1 0
A = 0 1 0 0 0
1 1 0 0 0
1 0 0 0 0
3 1 1 1 0
1 3 0 1 1
A2 = 1 0 1 1 0
1 1 1 2 1
0 1 0 1 1
Allora si ha
1 2 1
1 1
A·B = B · A = −4 −4 −2
1 −1
9 6 3
Ci sono casi in cui entrambi i prodotti si possono fare e danno come risulta-
to matrici dello stesso tipo? Dalla discussione precedente appare chiaro che
questa possibilità si ha solo nel caso di due matrici quadrate dello stesso tipo.
Ma anche in questo caso ci aspetta una sorpresa. Consideriamo il seguente
esempio. Siano
2 2 1 −1
A= B=
1 0 −2 0
Allora si ha
−2 −2 1 2
A·B = B·A=
1 −1 −4 −4
Adesso conviene esplorare il prodotto righe per colonne un po’ meglio, visto
che tutta la discussione fatta finora ha portato alla conclusione che si tratta
di una operazione di fondamentale importanza.
Tutti sappiamo che se a, b sono due numeri diversi da 0, allora anche ab è
diverso da 0. Con le matrici questa proprietà non si mantiene. Addirittura può
succedere che sia nulla una potenza di una matrice non nulla. Una matrice
con questa proprietà si dice nilpotente. Ad esempio la matrice A = 00 10
7 1
1 2 1 5
1 0
M = 3 2 4 1 e N =
1 2
3 0 4 1
2 3
1 0 0 0
1 0 0
1 0 0 1 0 0
I2 = I3 = 0 1 0 I4 =
0 1 0 0 1 0
0 0 1
0 0 0 1
I3 · M = M = M · I4
e che
I4 · N = N = N · I2
Sembra dunque di capire che ci sono tante matrici che funzionano come
il numero 1 e si vede anche che bisogna nettamente distinguere tra la
moltiplicazione a destra e quella a sinistra.
Si tratta dunque di matrici molto speciali. Se A è una matrice di tipo (r, s)
e Ir , Is sono le matrici di tipo (r, r) e (s, s) aventi tutte le entrate uguali a uno
sulla diagonale e tutte le entrate uguali a zero al di fuori della diagonale, allora
si può fare il prodotto Ir · A e il risultato è A e si può fare il prodotto A · Is
e il risultato è A. Questa proprietà delle matrici Ir , Is è simile alla proprietà
del numero 1 di lasciare invariati i prodotti e induce a dare loro un nome.
36 2 Operazioni con matrici
ed anche
−22 22 44
(AB)C = ( −1 −2 ) =
−33 33 66
1+1=0
1+0=0+1=1 e 0+0=0
P5
•.....................
.. ......
... ......
.. ......
......
... ......
......
... ......
... ......
......
... ......
......
... ......
... ......
......
... ......
... ......
......
... ......
... ......
......
... ......
...
P1 ................................................................................................................................................... P4
.. .
.......
.. • • .....
.......
.
.. ..
.
...... ......
...
......... ....
........
...... ......
...... ......
....... .......
....... .......
...........
. ..
..........
• •
.........................................................................................................................................
P2 P3
Quindi vorremmo fare una serie di azioni sugli interruttori in modo tale da
ottenere la matrice colonna
1
1
b = 1
1
1
Le incognite del problema sono evidentemente le azioni sugli interruttori e
dunque abbiamo cinque incognite x1 , x2 , x3 , x4 , x5 . In definitiva vogliamo
vedere se ci sono soluzioni al sistema lineare
1 1 0 1 1 x1 1
1 1 1 0 0 x2 1
Ax = b ossia 0 1 1 1 0 x3 = 1
1 0 1 1 1 x4 1
1 0 0 1 1 x5 1
Ci troviamo di fronte ancora una volta ad un sistema lineare S, con cin-
que equazioni e cinque incognite. Ed ecco intervenire in modo sostanziale la
nozione di inversa. Infatti, se c’è la matrice inversa di A, allora si ha
x = A−1 Ax = A−1 b
e quindi la soluzione è trovata! Nel nostro caso non sappiamo ancora come
calcolare l’inversa, ma possiamo verificare che
1 1 0 1 0
1 0 0 0 1
A−1 = 0 0 0 1 1
1 0 1 1 0
0 1 1 0 1
quindi
1
0
x = A−1 b = 0
1
1
è soluzione. In altre parole, se le lampade sono tutte spente, per accenderle
tutte dobbiamo azionare gli interruttori nelle postazioni P1 , P4 , P5 , come si
può verificare facilmente con l’aiuto del grafo.
Esercizi
Esercizio 3. È vero che si può moltiplicare una matrice per se stessa solo
nel caso che la matrice sia quadrata?
−1
`1
. Verificare che A6 = I.
´
Esercizio 7. Sia A = 1 0
44 2 Operazioni con matrici
Conviene quindi dare un nome alle trasformazioni delle matrici che corrispon-
dono a trasformazioni elementari dei sistemi.
Chiamiamo trasformazioni elementari di una matrice le seguenti
operazioni.
(a) Scambio di due righe.
(b) Moltiplicazione di una riga per un numero diverso da zero.
(c) Sostituzione di una riga con quella che si ottiene sommando alla
riga un multiplo di un’altra riga.
Le operazioni elementari sul sistema lineare Ax = b si possono dunque ese-
guire facendo operazioni elementari sulle matrici A, b, e allora rivisitiamo
l’Esempio 3.1.1, seguendo passo passo tali operazioni.
Il passaggio da (1) a (2) si ottiene scambiando le righe di A e b e dunque
termina con le matrici
1 1 4
A2 = b2 =
2 −3 2
che sono rispettivamente la matrice dei coefficienti e quella dei termini noti
del sistema (2). Analogamente il passaggio da (2) a (3) termina con le matrici
1 1 4
A3 = b3 =
0 −5 −6
che sono rispettivamente la matrice dei coefficienti e quella dei termini noti
del sistema (3). Il passaggio da (3) a (4) termina con le matrici
1 1 4
A4 = b4 = 6
0 1 5
che sono rispettivamente la matrice dei coefficienti e quella dei termini noti
del sistema (4). Il passaggio da (4) a (5) termina con le matrici
14
1 0
A5 = b5 = 56
0 1 5
che sono rispettivamente la matrice dei coefficienti e quella dei termini noti
del sistema (5), il quale rende esplicita la sua soluzione.
Si sa che la matematica è ricca di sorprese e prodiga di meraviglie e ora ne
ha in serbo una veramente interessante. Riferiamoci ancora all’Esempio 3.1.1 e
consideriamo la matrice identica I di tipo 2. Se operiamo lo scambio delle due
righe in I otteniamo la matrice 01 10 che chiamiamo E1 . Poi moltiplichiamo A
e b a sinistra per questa matrice e otteniamo
1 1 4
E1 A = E1 b =
2 −3 2
3.1 Matrici elementari 51
La meraviglia consiste nel fatto che queste sono rispettivamente la matrice dei
coefficienti e dei termini noti del sistema (2), il quale si può dunque scrivere
E 1 A x = E1 b
1 0 0 0
0 0 0 1
E=
0 0 1 0
0 1 0 0
1 0 0 0
0 2 0 0
E=
0 0 1 0
0 0 0 1
1
e consideriamo quella analoga in cui la moltiplicazione è fatta per 2
1 0 0 0
1
0 0 2 0 0
E =
0 0 1 0
0 0 0 1
1 0 0 0
0 1 3 0
E=
0 0 1 0
0 0 0 1
1 0 0 0
0 1 −3 0
E0 =
0 0 1 0
0 0 0 1
Proviamo dunque a ripercorrere i passi dell’Esempio 3.1.1 con cui siamo partiti
in questa sezione. Il sistema è
2 −3 2
Ax = b dove A= b=
1 1 4
1 1 4
A2 = = E1 A b2 = = E1 b
2 −3 2
1 1 4
A3 = = E2 A2 = E2 E1 A b3 = = E2 b2 = E2 E1 b
0 −5 −6
1 1 4
A4 = = E3 A3 = E3 E2 E1 A b4 = 6 = E3 b3 = E3 E2 E1 b
0 1 5
14
1 0 5
A5 = = E4 A4 = E4 E3 E2 E1 A b5 = 6
= E4 b4 = E4 E3 E2 E1 b
0 1
5
grande importanza, perché la matrice dei coefficienti del sistema (1) è anche
matrice dei coefficienti di qualsiasi sistema lineare di tipo Ax = b0 , al variare
di b0 in modo arbitrario.
Un tale sistema ha una unica soluzione, e precisamente A−1 b0 . Quindi
risolvendo un sistema ne abbiamo di fatto risolti contestualmente tanti altri.
Questa è una espressione di forza della matematica, ed è utile ancora una
volta enfatizzare il fatto che tale risultato è stato possibile con l’introduzione
del formalismo Ax = b, e quindi l’uso del prodotto righe per colonne.
Ha notato il lettore che ad ogni passo di riduzione fatto negli esempi pre-
cedenti ci siamo sempre preoccupati di cercare un elemento non nullo sulla
diagonale principale? Quando non c’era abbiamo utilizzato l’operazione ele-
mentare di scambio di righe e lo abbiamo ottenuto. Se non lo avessimo ottenu-
to, il procedimento si sarebbe fermato. Dunque nella riduzione gaussiana un
elemento non nullo sulla diagonale principale gioca un ruolo centrale, in ter-
mini cestistici si direbbe che gioca da pivot. E, guarda caso, un tale elemento
viene detto pivot.
Facciamo ora una digressione di tipo prettamente matematico per chiarire
meglio un punto importante. Vogliamo vedere quando e come il metodo di
Gauss funziona e se è vero che alla fine verifichiamo che la matrice è invertibile.
3.2 Sistemi lineari quadrati, il metodo di Gauss 57
che si trasforma in
1 1 2
A2 = b=
0 0 0
e dunque è equivalente alla singola equazione x1 + x2 = 2, la quale ha chiara-
mente infinite soluzioni. In questo caso il sistema quadrato da cui siamo partiti
è equivalente ad un sistema non quadrato. Torneremo sui sistemi lineari non
quadrati nelle prossime sezioni.
Ora facciamo un’altra importante osservazione. Per vedere direttamente
se una matrice quadrata A di tipo n è invertibile, possiamo ragionare cosı̀.
Il problema è quello di trovare una matrice X tale che AX = In e nel problema
si ha che A è nota e X è incognita. L’uguaglianza delle matrici AX e In impone
che siano uguali tutte le colonne delle due matrici. La j-esima colonna di AX
è Axj dove con xj si è indicata la j-esima colonna di B. La colonna Axj
deve essere uguale alla j-esima colonna della matrice identica. Ciò equivale
alla richiesta di trovare una soluzione al sistema lineare la cui matrice dei
coefficienti è A e la colonna dei termini noti è la j-esima colonna di In .
La determinazione di X equivale quindi alla possibilità di risolvere n si-
stemi lineari aventi tutti come matrice dei coefficienti A e colonne dei termini
noti rispettivamente le colonne della matrice identica In .
Non è difficile dimostrare (ma qui non lo facciamo) che una matrice qua-
drata A è invertibile se e solo se ad ogni passo della riduzione gaussiana o si
trova un pivot non nullo o si può eseguire un opportuno scambio di righe e
ottenere un pivot non nullo. Quindi con la riduzione ed eventuali scambi di
righe si arriva ad una matrice triangolare superiore con tutti gli elementi sulla
diagonale principale non nulli.
D’altra parte la riduzione gaussiana ed eventuali scambi di righe portano
in ogni caso ad una matrice triangolare superiore. Mettendo insieme tutti
questi fatti arriviamo alla seguente conclusione.
Una matrice quadrata è invertibile se e solo se col metodo di
Gauss si trasforma in una matrice triangolare superiore con
tutti gli elementi sulla diagonale principale non nulli.
Leggiamo con attenzione quanto scritto nelle formule (1) e (2) C’è scritto che
se Er Er−1 · · · E1 A = In , ossia le operazioni elementari descritte dalle matrici
elementari E1 , E2 , . . . , Er−1 , Er portano alla matrice identica, allora l’inversa
di A è la matrice Er Er−1 · · · E1 In , ossia la matrice che si ottiene da quella
identica, facendo su di essa le stesse operazioni elementari. In altri termini, si
deduce la seguente regola.
Se le operazioni elementari che si eseguono sulla matri-
ce A per trasformarla in In vengono eseguite sulla matrice
identica, allora si trova A−1 .
Vediamo in dettaglio un esempio.
Usiamo l’entrata di posto (2, 2) come pivot e riduciamo a zero l’elemento sotto
il pivot
1 2 1 1 0 0
0 −1 1 −1 0 1
0 0 −1 3 1 −5
Ora facciamo qualcosa di diverso dal solito, ossia alcune operazioni che di solito
non si fanno quando si risolve un sistema lineare. Usando ancora la tecnica
della riduzione, trasformiamo la matrice triangolare in matrice diagonale.
Usiamo l’entrata di posto (3, 3) come pivot e riduciamo a zero gli elementi
sopra il pivot
1 2 0 4 1 −5
0 −1 0 2 1 −4
0 0 −1 3 1 −5
Usiamo l’entrata di posto (2, 2) come pivot e riduciamo a zero l’elemento sopra
il pivot
1 0 0 8 3 −13
0 −1 0 2 1 −4
0 0 −1 3 1 −5
Moltiplichiamo per −1 la seconda e la terza riga
1 0 0 8 3 −13
0 1 0 −2 −1 4
0 0 1 −3 −1 5
3.3 Calcolo effettivo dell’inversa 61
AA−1 = A−1 A = I3
Usiamo l’entrata di posto (2, 3) come pivot e riduciamo a zero l’elemento sotto
il pivot
1 1 1 1 0 0
0 0 2 −2 1 0
0 0 0 2 − 32 1
Che cosa succede a questo punto? Succede che la terza riga della matrice è
nulla e quindi il metodo di Gauss si interrompe per mancanza di pivot. Malin-
conicamente si accorgiamo che la matrice di partenza non è invertibile. Dico
malinconicamente, perché le operazioni fatte sulla matrice identica che han-
no portato alla matrice di destra sono state inutili. Lavoro sprecato! Ma non
c’era proprio modo di sapere prima che la matrice A non è invertibile? Nella
Sezione 3.7 discuteremo una risposta a questa domanda.
62 3 Soluzioni dei sistemi lineari
(n + 1)n
n + (n − 1) + · · · + 1 =
2
e che
n3 − n
n(n − 1) + (n − 1)(n − 2) + · · · + 2 · 1 =
3
A questo punto possiamo incominciare a tirare le somme e valutare quanto
costa portare la matrice in forma triangolare superiore con 1 sulla diagonale.
3 3
Il costo è: (n+1)n
2 divisioni, n 3−n moltiplicazioni, n 3−n somme.
Siccome si considerano preponderanti le moltiplicazioni e le divisioni e l’ad-
3
dendo più rilevante è n3 , si dice che portare una matrice quadrata in for-
3
ma triangolare con 1 sulla diagonale costa O( n3 ), per dire che l’ordine di
3
grandezza del costo è n3 .
A queste operazioni vanno aggiunte le operazioni relative a b, che sono n
2
divisioni, n(n−1)
2 moltiplicazioni, n(n−1)
2 somme, il cui costo totale è O( n2 ).
Ora calcoliamo il costo della sostituzione.
(1) Sostituzione nella penultima equazione e ricavo del valore di xn−1 .
Si deve fare una moltiplicazione e una somma.
(2) Sostituzione nella terzultima equazione e ricavo del valore di xn−2 .
Si devono fare due moltiplicazioni e due somme.
...
(n-1) Sostituzione nella prima equazione e ricavo del valore di x1 .
Si devono fare n − 1 moltiplicazioni e n − 1 somme.
In totale la seconda parte richiede:
n − 1 + (n − 2) + · · · + 1 moltiplicazioni,
n − 1 + (n − 2) + · · · + 1 somme.
Come abbiamo già detto
n(n − 1)
n − 1 + (n − 2) + · · · + 1 =
2
64 3 Soluzioni dei sistemi lineari
3
L’addendo più rilevante continua ad essere n3 e perciò si conclude dicendo che
3
il metodo di Gauss costa O( n3 ), intendendo dire che l’ordine di grandezza
3
del costo computazionale è n3 operazioni.
Sicuramente qualche lettore si sarà chiesto che cosa voglia dire precisa-
3
mente che la parte rilevante del costo è n3 , o che l’ordine di grandezza del
3
costo è n3 . Vediamo di accontentarlo. È chiaro che poco importa quanto costa
risolvere un sistema piccolo, ad esempio con n = 2 o n = 3, perchè in tal caso
il costo è praticamente nullo per qualsiasi calcolatore. Ma avere un’idea del
numero di operazioni da svolgere, o meglio da far svolgere al calcolatore, di-
venta essenziale quando n diventa grande. Ad esempio per n = 100, il numero
totale delle moltiplicazioni è
1003 − 100
+ 100 × 99 = 343, 200
3
3
Se facciamo i conti parziali, vediamo che 100 3−100 = 333, 300, 100 × 99 = 9900
3
∼ 1003
e che 100
3 = 333, 333. La conseguenza è che 3 è una buona approssimazione
3
della risposta giusta. Inoltre si ha che n3 approssima sempre meglio la risposta
giusta quanto più grande è il numero n, ossia il tipo della matrice. Ecco perché
3
si dice che il costo computazionale della riduzione gaussiana è n3 .
Lasciatemi fare una osservazione per chi ha curiosità per la matematica
(mi auguro che tra i lettori ce ne sia qualcuno). Consideriamo la successio-
n3 /3
ne F (n) = costo(n) , dove costo(n) è il numero di moltiplicazioni da fare per
risolvere un sistema lineare quadrato con matrice di tipo n. Il matematico
osserva che lim F (n) = 1 e questo fatto gli basta per concludere che le due
n→∞
funzioni hanno lo stesso ordine di grandezza e quindi per dire che il metodo
3
di Gauss costa O( n3 ).
Un altro aspetto importante nel calcolo è la scelta del pivot. Dal punto
di vista puramente teorico l’unica cosa importante per un pivot è quella di
essere diverso da zero. Ma abbiamo già visto nel capitolo introduttivo che c’è
modo e modo di essere diversi da zero. A parte le battute, vedremo tra poco
che cosa può succedere quando si usa una aritmetica approssimata e si sceglie
un pivot molto piccolo.
3.4 Quanto costa il metodo di Gauss? 65
Prima, però, facciamo una osservazione che riveste importanza enorme nel
calcolo pratico. Quando abbiamo parlato di costo computazionale, abbiamo
sempre fatto l’ipotesi che il costo di ogni singola operazione non dipenda dagli
operandi, ma è evidente che tale assunzione vale soltanto se ogni numero viene
codificato con una quantità finita e costante di cifre. Per potere rendere valida
tale ipotesi non si può dunque operare in un ambiente puramente simbolico
con numeri interi o razionali, dove non sono ammesse approssimazioni. Infatti
in tal caso sarebbe chiaramente insensato ritenere che il costo per eseguire
il prodotto 2 × 3 sia lo stesso di quello necessario per eseguire il prodot-
to 2323224503676442793 × 373762538264396298389217128.
D’altra parte, come già accennato nel capitolo introduttivo, l’uso di numeri
approssimati può avere conseguenze disastrose, se non si prendono adeguate
precauzioni. Non entriamo in questa problematica, ma illustriamo con un
esempio il fatto che la scelta del pivot nella eliminazione gaussiana richiede in
ambito approssimato una cura particolare.
Esempio 3.4.1. Un piccolo pivot
Consideriamo il seguente sistema lineare
0.001x +y = 1
(1)
x +y = 1.3
Dette
0.001 1 1 x
A= b= x=
1 1 1.3 y
il sistema si scrive Ax = b.
Supponiamo di non consentire più di tre cifre decimali dopo la virgola e
quindi di usare un arrotondamento nel caso in cui ce ne siano più di tre.
Ricordando che l’unica condizione a cui deve soddisfare un pivot è quella
di essere diverso da zero, possiamo usare 0.001 come pivot e le matrici si
trasformano cosı̀
0.001 1 1
A2 = b2 =
0 −999 −998.7
9987
La seconda equazione fornisce la soluzione y = 9990 . Quanto vale 9987
9990 ? In ter-
mini esatti, il numero è già espresso correttamente come frazione. La sua
rappresentazione decimale è 0.999(699). Arrotondato alle tre cifre decimali il
numero è 1, con un errore di 1 − 0.999(699) ∼= 0.0003, ossia dell’ordine di tre
decimillesimi. Andiamo a sostituire y = 1 nella prima equazione e otteniamo
l’equazione 0.001x + 1 = 1, da cui ricaviamo x = 0.
Ora scambiamo le due equazioni e a procediamo usando 1 come pivot.
Si ottiene
1 1 1.3
A= b=
0.001 1 1
1 1 1.3
A2 = b2 =
0 0.999 0.9987
66 3 Soluzioni dei sistemi lineari
3.5 Decomposizione LU
È interessante studiare una forma di decomposizione di matrici quadrate det-
ta decomposizione LU o forma LU . Essa riveste un ruolo importante nel-
lo studio dei sistemi lineari, soprattutto, ma non solo, dal punto di vista
computazionale.
Innanzitutto da dove vengono le lettere L e U , usate cosı̀ come fossero
nomi? Non ci vuole molta immaginazione per capire che vengono dall’inglese
e che L sta per Lower, mentre U sta per Upper. Si riferiscono al fatto di
poter decomporre certe matrici quadrate invertibili come prodotto di una
matrice L, ossia lower triangular (triangolare inferiore), con una matrice U ,
ossia upper triangular (triangolare superiore). Incominciamo con l’osservare
però che questa decomposizione non è sempre possibile.
Esempio 3.5.1. LU non è sempre possibile
Sia A = 01 01 e supponiamo che si abbia A = LU con L matrice triangolare
`11 u11 = 0, `11 u12 = 1, `21 u11 = 1, `21 u12 + `22 u22 = 0
Sia ora data una matrice A quadrata e supponiamo che nel calcolo
dell’inversa il pivot si possa sempre trovare senza operare scambi di righe.
3.5 Decomposizione LU 67
Dette
x1
1 2 2 0 7 1 x2
A = −1 −2 −4 1 −2 b = 0 x = x3
1 2 3 0 4 0 x4
x5
il sistema si scrive Ax = b. Naturalmente ci troviamo di fronte ad una ma-
trice non quadrata A, cosı̀ come avevamo già visto nell’Esempio 3.1.2 lasciato
in sospeso nella Sezione 3.1, ma possiamo ugualmente agire su di essa con
operazioni elementari, in modo da semplificarla. Fino a che punto?
Proviamo a fare qualche operazione elementare, cercando di essere il più
possibile metodici. È importante essere metodici, perché in tal modo ci av-
viciniamo al modo di operare di un calcolatore, quindi, ci avviciniamo alla
costruzione di un algoritmo.
Sappiamo di poter sostituire il sistema (1) con un sistema equivalente
ottenuto sostituendo la seconda equazione con la seconda equazione più la
prima. Si producono cosı̀ le matrici
1 2 2 0 7 1
A2 = 0 0 −2 1 5 b2 = 1
1 2 3 0 4 0
Poi sostituiamo la terza equazione con la terza equazione meno la prima,
ottenendo cosı̀ le matrici
1 2 2 0 7 1
A3 = 0 0 −2 1 5 b3 = 1
0 0 1 0 −3 −1
Ora scambiamo la terza equazione con la seconda, ottenendo cosı̀ le matrici
1 2 2 0 7 1
A4 = 0 0 1 0 −3 b4 = −1
0 0 −2 1 5 1
3.6 Metodo di Gauss per sistemi generali 69
Sostituiamo la terza equazione con la terza equazione più due volte la seconda,
ottenendo cosı̀ le matrici
1 2 2 0 7 1
A5 = 0 0 1 0 −3 b5 = −1
0 0 0 1 −1 −1
Possiamo dire che ci sono infinite soluzioni dipendenti da due parametri, quin-
di si dice che ci sono infinito alla due (si scrive ∞2 ) soluzioni. Per trova-
re una specifica soluzione basta fissare il valore dei parametri. Ad esempio
per t1 = 1 e t2 = 0, si ottiene (−10, 0, 2, 0, 1), per t1 = 1 e t2 = 3 si ottiene
invece (−16, 3, 2, 0, 1).
A questo punto è opportuno fare una osservazione che riveste particolare
importanza. Arrivati all’equazione x1 + 2x2 = 3 − 13t1 , si poteva anche proce-
dere in modo diverso. Ad esempio si poteva far variare liberamente x1 e allora
avremmo ottenuto come soluzione generale la seguente
1
(t2 , (3 − 13t1 − t2 ), −1 + 3t1 , −1 + t1 , t1 ) (∗∗)
2
Il lettore è invitato a riflettere sul fatto che le due espressioni (∗) e (∗∗) sono
diverse, ma rappresentano lo stesso insieme.
Dette
x1
1 2 2 0 7 1 x2
A = −1 −2 −4 1 −2 b = 0 x = x3
0 0 −2 1 5 0 x4
x5
3.7 Determinanti
Abbiamo visto molti aspetti della teoria delle matrici e ci siamo soffermati a
lungo sulla grande importanza della nozione e del calcolo della matrice inversa.
Ma abbiamo anche visto che non tutte le matrici quadrate ammettono inversa,
ad esempio abbiamo visto che una matrice con una riga nulla non ammette
inversa. Viene naturale chiedersi se, volendo sapere se una matrice ha inversa
o no, sia necessario provare a calcolare tale inversa, oppure basti interrogare
un oracolo che a priori sia in grado di dare una sicura risposta.
Dato che la scienza non può affidarsi a forze soprannaturali, ci si chiede se
esiste una adeguata funzione che dia la voluta risposta. Proviamo a ragionare
su che cosa potrebbe darci tale informazione. Consideriamo in partenza una
generica matrice quadrata di tipo 2, quindi una matrice
a11 a12
A=
a21 a22
e consideriamo il numero
Ora possiamo usare a21 come pivot e con una operazione elementare possiamo
trasformare la matrice in
!
a21 a22
a21 a22
A3 = a11 =
0 a12 − a22 0 − ad21
a21
det(A) = a11 a22 a33 − a11 a23 a32 − a12 a21 a33 + a12 a23 a31 + a13 a21 a32 − a13 a22 a31
Ma come si fa a ricordare una tale formula? E da dove viene? Per ora limitia-
moci a fare qualche osservazione. Ad esempio si possono fare dei raccoglimenti
nella formula precedente e ottenere
det(A) = a11 (a22 a33 − a23 a32 ) − a12 (a21 a33 − a23 a31 ) + a13 (a21 a32 − a22 a31 )
Questo si chiama sviluppo del determinante secondo la prima riga, nel senso
che si legge come la somma a segni alternati dei prodotti degli elementi della
prima riga per i determinanti di tre matrici di tipo 2. E la regola è semplice
da ricordare, perché la matrice il cui determinante viene moltiplicato per aij è
quella che si ottiene cancellando proprio la i-esima riga e la j-esima colonna.
3.7 Determinanti 73
det(A) = a11 (a22 a33 − a23 a32 ) − a21 (a12 a33 − a13 a32 ) + a31 (a12 a23 − a13 a22 )
Esercizi
calcolare la decomposizione LU di A.
Esercizio 9. (Difficile)
Dimostrare che il numero delle soluzioni di un sistema lineare a entrate
in Z2 non può essere 7.
P (15)
•
Per la seconda situazione potremmo usare una rappresentazione del tipo
15 cm/s
.........
.............
..........
..........
•..........
3m .......................
.........
..........
..........
O
•
....................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
O A
•
.............................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
O A
•
........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
0
unita di misura
......................
80 4 Sistemi di coordinate
A O
................................................................................................|.....................|......................|.....................|...............................................................................................................................................................................................................................
•
0
unita di misura
......................
O
................................................................................................................................................................................u •......................................................................................................................................................................................
......1
e lo chiameremo Σ(O ; u1 ).
Il fatto che nel sistema di coordinate Σ(O ; u1 ) un dato vettore u abbia
coordinata a1 si può descrivere mediante l’uguaglianza u = a1 u1 .
4.2 Coordinate cartesiane 81
Ma che cosa succede se i vettori sono nel piano? L’idea base è quella di usare
due rette orientate incidenti in un punto.
................
..... .
..
......y
.
.....
....
.....
.....
..
......
.
....
.....
.....
.....
..
......
.
.....
.....
.....
.....
..
......
O........
...................................................................................................................................................................................
•
.
.
......
.
.
..... x
....
.....
.....
...
......
..
.....
Le due rette vengono chiamate asse x e asse y o anche asse delle ascisse
e asse delle ordinate. Ognuna ha il suo vettore unitario e se, per semplificarci
la vita, assumeremo che le due rette siano dotate della stessa unità di misura,
diremo che il sistema è monometrico.
.................
..... .
..
.....y
.
.....
.....
.....
.....
.......
.
.....
Ay...................................... A •
..
..... ...
..
... ...
..... ...
. ......
. .. ...
....... ...
.
u2..................... ...
...
..... ...
..................................O..............................................................................................................................................................
•
..... u1
..... Ax x
.....
..
......
.
.
......
...
....
..
.....
Il ragionamento è simile nel caso dello spazio. Qui useremo tre rette orientate
incidenti in un punto e non complanari.
..................
..... .
.....
.
........ z
.....
.....
.....
.....
........
.....
.....
.....
.....
.
......
.
...... .
...... .....
...... .....
...........
...... u3............
......
...... .....
.. . ......
...............................O ................................u
• .......................................................................................................................................
......2
.. ... ......
..... u1.....................
.
........ ......
......
y
...
..... ......
..... ......
........ ......
.........
.... ......
.... ......
......
......
......
...... ..
x ................
.................
.
..... .
.....
....... z
.
Az........................
.. .... .. .....
.
..... .............. ...........
..... . . ..
.....
...
...... ..... .................................. A
.
... .....
• .....
...
..... ..... ......... .........
..... ..... ......... .........
..... . .
..... ...... ......... .........
...... ..... . .
......
...... .
....... ..... ......... .........
...... .....
. .. . .
.... ....
.
...... . . . .
...... O ......... ..... ......... .........
.. .. A ... .. ..
............................................................................................................................................
.......................................................................y
•
.. ....... ............. .........
..... ...... .... .... ....
.......
. ............................
... y
..
..... Ax ...........
..... ......
........
. ......
.
..... ......
.... ......
......
......
......
......
...... ..
.. .
x .............
A questo punto vale la pena fermarsi un momento e fare una riflessione impor-
tante. Nella Sezione 1.2 si era parlato di vettori, identificandoli con matrici
riga o matrici colonna. Sostanzialmente si era parlato di vettori pensandoli
come n-uple ordinate di numeri, si era detto che spesso vettori e matrici sono
modelli matematici per situazioni e problemi reali e se ne erano forniti esempi.
Quanto visto in questa sezione si può interpretare cosı̀. Abbiamo parlato
nuovamente di vettori con significato geometrico, rappresentabili con segmenti
orientati sulla retta, nel piano, o nello spazio. L’uso di uno strumento chiamato
sistema di coordinate permette di rappresentare tali vettori mediante punti e i
punti mediante numeri reali (o coppie di numeri reali o terne di numeri reali).
La corrispondenza che ad ogni vettore libero sulla retta associa un numero
reale come visto prima, è detta biunivoca perché può essere percorsa anche
al contrario, ossia si può partire da un numero e trovare un punto A sulla
retta, col quale si può descrivere un vettore applicato in O e di conseguenza
un vettore libero. Discorso analogo si può fare per il piano e lo spazio.
Ma allora che cosa è in definitiva un sistema di coordinate cartesiane, ad
esempio nel piano? Altro non è se non uno strumento che permette di iden-
tificare vettori liberi (o vettori applicati tutti nello stesso punto) con coppie
ordinate di numeri reali. Usato nel senso inverso, è uno strumento che permette
di identificare coppie ordinate di numeri reali con vettori liberi nel piano.
Quindi un sistema di coordinate nel piano (e analogamente nella retta e
nello spazio) permette di visualizzare geometricamente, mediante vettori, le
coppie di numeri reali, proprio quelle coppie di numeri che nella Sezione 1.2
avevamo chiamato vettori. Finalmente si è sciolta una notevole ambiguità.
Ora si capisce meglio il doppio uso della parola vettore!
Un numero, una coppia di numeri, una terna di numeri, qualunque sia la
situazione o il problema che li genera, si possono visualizzare come vettori,
beneficiando quindi di fatti e intuizioni della geometria. Questo è stato uno dei
più grandi progressi della matematica. Ad esempio, ad ogni equazione con due
incognite si può associare l’insieme delle sue soluzioni; fissato un sistema di
coordinate nel piano, tale insieme corrisponde ad un insieme di punti e quindi
ad una figura geometrica. Cosı̀ viene realizzato un passaggio fondamentale
nella geometrizzazione dell’algebra, come promesso nell’introduzione.
Arrivati qui, come al solito nascono nuove domande. Innanzitutto quali
sono i benefici di questa teoria? E poi tutta questa fatica sembra sprecata,
visto che con questi discorsi geometrici si arriva al più alle terne di numeri
reali. E a che cosa potranno mai servirci, quando dovremo maneggiare ad
esempio 13-uple, come nel caso della schedina (vedi Esempio 1.2.2)?
Cercheremo qualche risposta nel seguito, intanto fissiamo un poco di ter-
minologia. I numeri reali si indicano con R, le coppie ordinate di numeri reali
si indicano con R2 , le terne con R3 . La visualizzazione geometrica che ci è
consentita dai sistemi di coordinate si ferma qui, ma la formalizzazione al-
gebrica non ha nessun problema a considerare dopo le terne, le quaterne, le
quintuple, le sestuple e cosı̀ via. Nel seguito potremo liberamente costruire e
usare gli insiemi Rn per qualunque valore naturale di n.
84 4 Sistemi di coordinate
e quindi
È del tutto chiaro che la lunghezza di un vettore non dipende dalla scelta
del vettore nella classe di un vettore libero. I matematici direbbero che la
lunghezza è un invariante per equipollenza, un sicuro modo per spaventare
i non esperti. Ma il significato è quello detto e si basa sulla considerazione
empirica che, spostando un vettore parallelamente a se stesso, non cambia
la sua lunghezza (Einstein permettendo!). In particolare se u = B − A e
se A = (a1 , a2 ), B = (b1 , b2 ), allora
p
|u| = (b1 − a1 )2 + (b2 − a2 )2
Questa formula si può anche leggere come la formula della distanza dei
punti A, B nel piano.
Se u = B − A e se A = (a1 , a2 , a3 ), B = (b1 , b2 , b3 ), allora
p
|u| = (b1 − a1 )2 + (b2 − a2 )2 + (b3 − a3 )2
che si può leggere come la formula della distanza dei punti A, B nello spazio.
Se un vettore u non è nullo allora esiste ben definito un vettore che ha la
stessa direzione, verso e lunghezza unitaria. Tale vettore si chiama versore
di u e si indica con vers(u).
88 4 Sistemi di coordinate
v = (H − O) + (K − O)
In altri termini
ϕ(u, v) = a1 b1 + a2 b2
Si noti come, usando questa formula, anche |u| e |v| sono ricavabili da prodotti
scalari, infatti √
|u| = u · u
Nel caso spaziale si procede in modo del tutto analogo e se valgono le
uguaglianze u = (a1 , a2 , a3 ), v = (b1 , b2 , b3 ), si ottiene
u · v = a1 b1 + a2 b2 + a3 b3
4.6 Prodotti scalari e determinanti in generale 91
u · v = a1 b1 + a2 b2 + a3 b3 = |u||v| cos(ϑ)
u · v = a1 b1 + a2 b2 + · · · + an bn
chiamandolo ancora prodotto scalare. Quali sono le proprietà più rilevanti del
prodotto scalare?
(1) Simmetria, ossia u · v = v · u per ogni u, v.
(2) Bilinearità, ossia linearità su entrambe le componenti
(a1 u1 + a2 u2 ) · v = a1 (u1 · v) + a2 (u2 · v)
u · (b1 v1 + b2 v2 ) = b1 (u · v1 ) + b2 (u · v2 ).
(3) Positività, ossia u · u = |u|2 ≥ 0 e u · u = 0 se e solo se u = 0.
Inoltre c’è una fondamentale relazione che qui non dimostreremo e che si
chiama disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, secondo la quale
|u · v| ≤ |u||v|
per cui, nel caso che entrambi i vettori u, v siano non nulli vale
u·v
−1 ≤ ≤1
|u||v|
u·v
Questa relazione permette di leggere |u||v| come il coseno di un angolo !
La fredda astrazione della disuguaglianza ci permette dunque di pensare ad
angoli di vettori che vivono in spazi non fisici come Rn , con n grande quanto
ci pare. In particolare possiamo parlare di ortogonalità di vettori in Rn ,
92 4 Sistemi di coordinate
(1, 2, 3), (1, 3, 2), (2, 1, 3), (2, 3, 1), (3, 1, 2), (3, 2, 1)
dotti dedotti. Ma 20! = 2, 432, 902, 008, 176, 640, 000 ossia circa duemilacin-
quecento milioni di miliardi! (qui il punto esclamativo non indica un fattoriale,
ma solo stupore). Anche se dal calcolo di quel determinante dipendesse la vita
del pianeta, non potremmo mai eseguirlo. Ma dicevamo che la definizione stes-
sa e un po’ di ragionamento fanno scoprire notevoli proprietà della funzione
determinante, con le quali faremo grandi cose. Qui di seguito ne elenchiamo
alcune, le cui dimostrazioni, che qui tralasciamo, richiedono diversi gradi di
abilità. Lascio al lettore il gusto di provare a dimostrarne qualcuna e spero
che il risultato sia incoraggiante.
(a) Se si scambiano due righe o due colonne della matrice A
allora il determinante cambia segno e quindi se A ha due
righe o due colonne uguali il determinante vale zero.
(b) Se una riga o una colonna di A vengono moltiplicate per
una costante c, allora il determinante viene moltiplicato
per c.
(c) Se a una riga si aggiunge un’altra riga moltiplicata per
una costante il determinante non cambia. Lo stesso di-
scorso vale per le colonne.
(d) Se A è una matrice triangolare superiore o inferiore, allora
In particolare det(In ) = 1
(e) det(Atr ) = det(A).
(f ) Se A, B sono due matrici quadrate di tipo n, allora
Facciamo un po’ di conti. Con sole trasformazioni elementari del tipo che non
alterano il determinante si trasforma A nella matrice
1 2 1 5 1
1 7 3
0
1 2 −2 2
7
A2 = 0 −4 − 3 −14 −2
0 −1 1 −4 1
0 −2 1 −7 2
................. .................
. .
..... . ..... .
..
.....y
. ..
..... y
.
..... .....
..
....... ..
......
. .
..... ..........A
.
.....
..... ..... ..............
..... ............. .....
..... ........... ......
..
...... ..
...
................ ..........
.... . . .
..... ........ .... ......
..... ........ ..... .....
..... ........ ...................
........ .
..
....... ..
.. ... ........ P ...................
.... ....... .....................................................................................................................................
.....
..... ........
........ • .. .
................ .... .....
O....................................................... ........ x
..................................................................................................................................................................................................
•
..
..
.
..... x
.....
.....
.....
.
......
...
A − O = (A − P ) + (P − O)
v = a1 u1 + a2 u2 (1)
S = F · MSF (3)
Si noti ancora una volta l’efficacia dell’utilizzo del prodotto righe per colonne.
Ma il bello deve ancora venire. Infatti possiamo applicare la formula (3) alla
coppia G = (v1 , v2 ) e ottenere cosı̀
F
G = F · MG (4)
MvF = MG
F
MvG (6)
e quindi
−1 2 1
MvF = MvG +
4 −11 2
Dette x, y le coordinate di un generico vettore u rispetto a Σ(O; u1 , u2 ) e x0 , y 0
le coordinate di u rispetto a Σ(P ; v1 , v2 ), si ha dunque la formula
0
x −1 2 x 1
= + (8)
y 4 −11 y0 2
ossia
x = −x0 + 2y 0 + 1
(9)
y = 4x0 − 11y 0 + 2
F = E · MFE (a)
Ora il ragionamento procede cosı̀. Dire che F è una base significa dire che ogni
vettore di K n si scrive in modo unico come combinazione lineare dei vettori
di F . In particolare si scrivono in modo unico i vettori di E. Quindi esiste una
matrice, che naturalmente chiamiamo MEF , tale che
E = F · MEF (b)
Sostituendo (a) nella seconda di (c) e sostituendo (b) nella prima di (c) si ha
In particolare si ha
Abbiamo già detto nella Sezione 2.5 che le due relazioni (f ) hanno come
conseguenza il fatto che le matrici MFE , MEF sono quadrate e una l’inversa
dell’altra, ossia
MEF = (MFE )−1 (g)
Ecco che abbiamo la condizione cercata. E usando la regola (g) della Sezio-
ne 4.6, possiamo dedurre le seguenti proprietà.
e si osserva che MSE non è invertibile perché il suo determinante vale zero.
Quindi S non è una base di R2 . La spiegazione geometrica di questo fatto si
trova osservando che se (1, 1), (2, 2) rappresentano le coordinate di due vettori
in un piano con coordinate cartesiane, allora i due vettori sono allineati e
quindi con le loro combinazioni lineari non si ottengono tutti i vettori del
piano, ma solo quelli di una retta.
Abbiamo già osservato che tre vettori sono troppi per costituire una base di R2 .
E infatti si osserva che v1 −v2 −v3 = 0 e quindi v1 −v2 −v3 = 0v1 −0v2 −0v3 sono
100 4 Sistemi di coordinate
e si osserva che MSE non è invertibile, non essendo quadrata. In questo caso i
vettori di S sono troppo pochi e non si può pretendere che con le combinazioni
lineari di due vettori si ottengano tutti i vettori di R3 . La visione geometrica di
questo fatto è la seguente. Le combinazioni lineari di due vettori non paralleli
nello spazio forniscono tutti i vettori di un piano e quindi non riempiono lo
spazio.
dove la seconda uguaglianza segue dalla formula (b) e la terza dalla formu-
la (g) viste in precedenza. E ancora una volta possiamo invocare l’unicità della
rappresentazione e dedurre la seguente formula che risponde compiutamente
alla nostra domanda
MvF = (MFE )−1 MvE (h)
4.8 Spazi vettoriali e basi 101
Esempio 4.8.4. Siano dati i seguenti vettori v = (−2, 1, 6), v1 = (1, 1, 1),
v2 = (0, 1, 0), v3 = (1, 0, 2) in R3 e sia F = (v1 , v2 , v3 ). Si ha
1 0 1
MFE = 1 1 0
1 0 2
La formula (h) dice che vale MvF = (MFE )−1 MvE . È quindi sufficiente calcolare
la matrice (MFE )−1 . Si ottiene
2 0 −1
(MFE )−1 = −2 1 1
−1 0 1
Quindi si ha
2 0 −1 −2 −10
MvF = −2 1 1 1 = 11
−1 0 1 6 8
Esercizi
∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗
Qui termina la Parte I. Se un lettore per caso stesse meditando sull’idea di
fermarsi qui, vorrei provare a dissuaderlo. Il seguito è certamente di lettura un
poco più difficile, ma credo proprio che ne valga la pena. La forza dell’algebra
lineare, che fino ad ora è stata contenuta, comincerà nella seconda parte a
svelarsi più compiutamente.
I parte, II arriva
(piccola anticipazione della Parte II)
Parte II
5
Forme quadratiche
(x − 1)2 + (y − 2)2 − 9 = 0
moltissimo, usando modi molto più furbi. Quali? Un modo è quello di trasmet-
tere i tre numeri 1, 2, 3. Chi riceve i dati ha tutto quanto gli serve per costruire
l’intera figura. I primi due numeri rappresentano le coordinate del centro e il
terzo numero il raggio. Invece che i milioni di entrate della matrice A bastano
tre numeri! Ma non è finita qui. Supponiamo di volere fare un ingrandimento
della nostra stampa. Usando la descrizione matematica è sufficiente cambiare
un parametro e cioè il raggio della circonferenza.
Questo esempio, seppur fortemente semplificato, dovrebbe dare un’idea di
come la matematica possa essere essenziale supporto alla tecnologia. Purtrop-
po il trattamento degli oggetti matematici descritti da sistemi di equazioni
polinomiali è molto più complicato di quello relativo ai sistemi lineari. Ma c’è
un caso molto importante, per il quale l’algebra lineare con il suo bagaglio di
nozioni, in particolare con la forza delle matrici, ritorna prepotentemente alla
ribalta. È il caso delle equazioni di secondo grado.
f (x, y, z) = a1 x2 + a2 y 2 + a3 z 2 + a4 xy + a5 xz + a6 yz + a7 x + a8 y + a9 z + a10
a1 x2 + a2 y 2 + a3 z 2 + a4 xy + a5 xz + a6 yz
a7 x + a8 y + a9 z + a10
a1 x2 + a2 y 2 + a3 z 2 + a4 xy + a5 xz + a6 yz + a7 xw + a8 yw + a9 zw + a10 w2
detto anche forma quadratica. Che cosa è dunque una forma quadratica?
I matematici la definiscono correttamente come un polinomio che è somma di
monomi di secondo grado. Nel caso di due variabili x, y, una forma quadratica
è dunque una espressione del tipo
ax2 + bxy + cy 2
E che cosa ha di tanto importante? E che cosa c’entra l’algebra lineare? Intan-
to incominciamo con l’osservare che possiamo anche parlare di forme lineari.
Una forma lineare, dovendo essere somma di monomi di grado 1, non è al-
tro che un polinomio di primo grado con termine costante nullo, quindi una
espressione del tipo
αx + βy
che noi abbiamo incontrato e studiato nella prima parte.
Facciamo ora una piccola osservazione. Se αx + βy è una forma lineare,
allora il suo quadrato è (αx + βy)2 = α2 x2 + 2αβxy + β 2 y 2 e quindi si tratta
di una forma quadratica. Se per un momento venisse da pensare che le forme
quadratiche sono tutte quadrati di forme lineari, sarebbe opportuno cancellare
subito tale pensiero. Chi ha studiato un poco di geometria sa che ciò non
è vero, perché ci sono coniche che non sono rette doppie, anzi la maggior
parte delle coniche non sono rette doppie. Per chi non ha studiato geometria
l’osservazione precedente può non significare nulla e allora si affidi ai ricordi
della scuola secondaria, dove qualunque studente di fronte ad un esempio
come x2 + xy + y 2 capirebbe subito che non si tratta di un quadrato.
Quindi resta aperta la domanda: dove sta la parentela con l’algebra lineare?
Ed ecco che i matematici notano la seguente relazione
a b
x
ax2 + bxy + cy 2 = ( x y ) b 2
2 c y
un poco più bella a vedersi. A qualche lettore può venire però da osservare
che in questo modo forse si è salvata l’estetica della matrice, ma si è limitata
la validità della formula. Forse chi ha scritto la seconda formula pensa che
tutti i numeri siano multipli di due? Non sappiamo tutti che ad esempio in Z
non esiste la metà di 3? Il fatto è che ogni numero si può scrivere come il
doppio della sua metà, a patto che la metà esista, e noi ci garantiremmo questa
proprietà se considerassimo i coefficienti in un corpo numerico di caratteristica
diversa da 2 (il che garantisce l’esistenza di 21 ). Non si preoccupi il lettore se
non ha ben capito la frase precedente. Basti sapere che ad esempio Q e R vanno
benissimo e ci permettono di tralasciare queste sottigliezze matematiche.
110 5 Forme quadratiche
Noi, per stare tranquilli e per altri motivi che vedremo dopo, in questo capitolo
prenderemo i coefficienti sempre nel corpo R dei numeri reali.
Veniamo dunque alla nostra espressione (∗). Dato che x, y sono i nomi dati
alle incognite, tutta
l’informazione della forma quadratica è contenuta nella
matrice A = ab cb , che si nota subito essere simmetrica (vedi Sezione 2.2).
Eccoci ancora una volta a contatto con le matrici e si noti l’analogia con quanto
detto a proposito delle matrici associate ai sistemi lineari. Anche per questi,
se ricordate, tutta l’informazione è concentrata in una particolare matrice.
E c’è di più. L’osservazione precedente fatta per forme quadratiche in due
variabili si generalizza. Se si hanno n variabili x1 , x2 , . . . , xn e si scrive la
forma quadratica generica
si ha ancora l’uguaglianza
x1
a11 a12 · · · a1n
a12 a22 · · · a2n x2
Q = ( x1 x2 · · · xn ) ...
(1)
··· ··· ···
a1n a2n · · · ann xn
Q = (MvE )tr MQ
E
MvE (2)
E dove sta il vantaggio di leggere la forma quadratica in tale modo, che a prima
vista sembra solo più astruso? Consideriamo un’altra base F = (v1 , v2 , . . . , vn )
di Rn . Abbiamo visto nella Sezione 4.8 che la circostanza di essere una base
si traduce nel fatto che la matrice MFE è invertibile e abbiamo anche visto
che MvE = MFE MvF . Se sostituiamo nella uguaglianza (2), otteniamo
Si ha √ √ !
2 2
− x0
x
= MvE = MFE MvF = √2 2
√
y 2 2 y0
2 2
Di conseguenza si ha
√ √
2 0 2 0
x= (x − y 0 ) y= (x + y 0 )
2 2
Proviamo a sostituire nella espressione Q = 3x2 − 4xy + 3y 2 e otteniamo
√ √ √ √
2 0 0 2 2 0 0 2 0 0 2 0 0 2
Q = 3( (x −y )) −4( (x −y ))( (x +y ))+3( (x +y )) = x02 +5y 02
2 2 2 2
Effettivamente il coefficiente di x0 y 0 è zero e dunque il termine misto è sparito.
Come si vede, l’uso sapiente delle matrici ci ha permesso di trovare un nuovo
sistema di coordinate rispetto al quale la forma quadratica ha un aspetto
più semplice. Infatti prima compariva il termine misto xy e ora il termine
misto x0 y 0 non compare più.
Questo esempio, per quanto interessante possa sembrare, non è ancora sod-
disfacente. Infatti tutti i lettori avranno notato che la scelta della nuova base
non si capisce come sia stata fatta.√
Quale oracolo√ ci √ha detto che dovevamo
√
proprio scegliere i vettori v1 = ( 22 , 22 ), v2 = (− 22 , 22 )?
Per sapere come va a finire dobbiamo pazientare un po’ e percorrere
una strada abbastanza lunga. Certamente non si può procedere per tenta-
tivi, abbiamo bisogno di un metodo. Ma prima di concludere questa sezio-
ne è opportuno fare una ulteriore osservazione, che è racchiusa nel seguente
esempio.
x1
x2
Q = ( x1 x2 · · · xn ) In . = x21 + x22 + · · · + x2n = |v|2
..
xn
ottenendo B(E1 )tr = 01 −10 . Ecco ottenuta una matrice simmetrica ricca di
Capito questo, siamo a buon punto. Ora sappiamo che possiamo procedere
come col metodo di Gauss fintanto che sulla diagonale principale al posto
giusto c’è un pivot non nullo. Ma ovviamente questo non basta. Può capitare
che al posto giusto sulla diagonale principale ci sia zero. Che fare? Nel caso del
metodo di Gauss scambiavamo due righe opportune. Possiamo fare la stessa
cosa nella nostra situazione? Da quanto detto prima, uno scambio di righe
deve essere accompagnato dal corrispondente scambio di colonne. Vediamo se
funziona.
Esempio 5.2.2. Sia A = 01 12 . Dato che a11 = 0 proviamo a scambiare le
2 1
(E1 )tr AE1 =
1 0
Questa matrice ha il pivot non nullo al posto giusto e dunque si può procedere
come nell’esempio precedente. Si ottiene
1 − 21 1 − 21
1 0 2 1 2 1 2 0
= =
− 21 1 1 0 0 1 0 − 12 0 1 0 − 12
tr 2 0
P AP =
0 − 12
Tutto fatto? No, resta ancora un caso in cui il discorso precedente non
funziona. Vediamolo.
5.2 Operazioni elementari su matrici simmetriche 115
1 1 0 a 1 −1 2a 0
P tr A P = =
−1 1 a 0 1 1 0 −2a
Usiamo a11 = 2 come pivot per ottenere zeri sulla prima riga e colonna. Si ha
1 0 0 0 2 0 0 0
7
4 1 0 0 0 −3
6 − 61
(E1 )tr = (E )tr
A E =
3 1 1 7 49 115
2 0 1 0
0 −
6 108 108
3 1 115 1
2 0 0 1 0 − 6 108 − 108
1 0 0 0
2 0 0 0
0 1 0 0 0 −3 0 0
(E2 )tr = tr tr
0 18 7
1 0
(E2 ) (E1 ) A E1 E2 =
0 0
0 1
1
0 − 18 0 1 0 0 1 0
Ora poniamo
13
1 4 − 16
3 9
1
0 1
P = E 1 E2 E3 = 3 − 49
0 0 1 −1
0 0 1 1
e abbiamo finalmente
2 0 0 0
0 −3 0 0
P tr A P =
0 0 2 0
0 0 0 −2
è diagonale. Posto P = E1 E2 · · · Er si ha
B = P tr A P
1 − 21
−4 0 0 0
A2 = E2tr A1 E2 = 0 1 1 dove E2 = 0 1 0
0 1 1 0 0 1
Si ha dunque
1 0 0
(E1 E2 E3 E4 )tr A (E1 E2 E3 E4 ) = 0 −4 0
0 0 0
118 5 Forme quadratiche
Ma i matematici non sono ancora del tutto soddisfatti. Infatti essi notano che
ogni numero reale positivo a è un quadrato, più precisamente è il quadrato di
quel numero che si chiama radice quadrata aritmetica di a, e che viene indicato
√ √ √
con a. Di conseguenza, se a > 0 si ha a = ( a)2 e −a = −( a)2 . Ad esempio
√
si hanno le uguaglianze 4 = 2, 4 = 22 , −4 = −22 e analogamente si hanno
√ √
le uguaglianze 3 = ( 3)2 , −3 = −( 3)2 .
Come viene utilizzata questa osservazione? Torniamo per un momento
all’esempio precedente e osserviamo che
1 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0
0 − 1 0 0 −4 0 0 − 1 0 = 0 −1 0
2 2
0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0
Se poniamo
1 0 0 1 0 0
E5 = 0 − 21 0 B = 0 −1 0
0 0 1 0 0 0
1 0 −1
P = E1 E2 E3 E4 E5 = − 21 − 12 1
2
0 0 1
si ha quindi l’uguaglianza
P tr A P = B
Si osservi che B non solo è diagonale, ma ha anche la particolarità che le
entrate sulla diagonale sono numeri nell’insieme {1, 0, −1} e per di più messi
in ordine, nel senso che troviamo prima una sequenza di numeri 1, poi una
sequenza di numeri −1 e infine una sequenza di numeri 0. Una matrice con tali
caratteristiche viene detta matrice in forma canonica. Se si pone P = MFE ,
si ottiene F = (v1 , v2 , v3 ) dove v1 = (1, − 21 , 0), v2 = (0, − 12 , 0), v3 = (−1, 12 , 1).
Dato che det(P ) = − 12 , la matrice P è invertibile e dunque F è base di R3 .
Posto (x1 , x2 , x3 )tr = MvE , (y1 , y2 , y3 )tr = MvF si ha
(x1 , x2 , x3 )tr = MvE = MFE MvF = P (y1 , y2 , y3 )tr
e dunque
x1 1 0 −1 y1 y1 − y 3
x2 = − 1 − 1 1
y2 = − 21 y1 − 12 y2 + 12 y3
2 2 2
x3 0 0 1 y3 y3
F
Come previsto dai calcoli fatti prima, si ha MQ = B. Coerentemente con
2 2
la dicitura precedente, si dice che Q = y1 − y2 è la forma canonica del-
la forma quadratica Q. Arrivati a questo punto, non dovrebbe stupire il
fatto che quanto illustrato in precedenza ha carattere generale, quindi vale il
seguente fatto.
Ogni matrice simmetrica reale è congruente con una matrice
in forma canonica.
Equivalentemente, si ha il seguente fatto.
Ogni forma quadratica reale può essere messa in forma
canonica.
Il senso è che esiste una base F di Rn tale che la forma espressa nelle coordinate
rispetto a F si scrive nel seguente modo
y12 + · · · + yr2 − yr+1
2 2
− · · · − yr+s con r + s ≤ n
Il lettore avrà notato che gli esempi precedenti sono facilmente studiabili per-
ché le forme quadratiche considerate hanno associata una matrice diagonale.
Matrice diagonale significa che i coefficienti dei termini misti, ossia quelli del
tipo xi xj con i 6= j, sono nulli o, come si dice in forma più colloquiale, i termini
misti non ci sono. Ma ad esempio per la forma quadratica
A questo punto è chiaro che la positività della forma dipende dal segno dei
coefficienti bij .
Se i coefficienti bij sono tutti positivi, la forma è definita
positiva; se sono tutti non negativi e qualcuno è nullo allora
la forma è semidefinita positiva; se ci sono coefficienti con
segni diversi, allora la forma non è definita.
positiva perché a11 = 1 > 0 e det(A) = 3 > 0, mentre quella associata alla
matrice A = 01 17 non è definita positiva perché a11 = 0.
Per quanto detto prima, Atr A è semidefinita positiva. Vediamo che non è
definita positiva in due modi diversi.
(1) Portiamo Atr A in forma diagonale. Si ottiene la matrice
5 0 0
D = 0 51 0
0 0 0
che non è definita positiva, dato che sulla diagonale c’è un elemento nullo.
D’altra parte D è la matrice della stessa forma quadratica Q definita
E
da MQ = Atr A. Quindi la forma Q non è definita positiva e quindi Atr A
non è definita positiva.
(2) Cerchiamo una soluzione non nulla del sistema lineare Ax = 0. Ad esem-
pio (3, −3, −1) è una tale soluzione. Detto v = (3, −3, −1), si ha quin-
di AMvE = 0 e di conseguenza Q(v) = (AMvE )tr (AMvE ) = 0.
Ed effettivamente, se si pone
1 3 1
√
U = 0
6 − √26
1
0 0 √
3
Esercizi
Esercizio 4. (Difficile)
Sia Q la forma quadratica su Z2 definita da
„ «
E 0 1
MQ =
1 0
In altre parole, la sua trasposta coincide con la sua inversa! I lettori più
attenti avranno notato che, avendo a disposizione la relazione Atr A = I, per
concludere che Atr = A−1 basta sapere che A è quadrata (vedi Sezione 2.5).
La conseguenza interessante di questa osservazione è la seguente
Ogni n-upla ortonormale di vettori di Rn è base di Rn .
Esempio 6.1.2. Consideriamo la seguente matrice
1 0 0
√1 − √12
A = 0
2
1 1
0 √
2
√
2
6.2 Rotazioni
l’altra luna faccia la rivoluzione
e mostri l’una e l’altra faccia
(dal volume Rotazioni e Rivoluzioni
di autore anonimo)
ab + cd = 0 (1)
132 6 Ortogonalità e ortonormalità
e quelle di normalità
a2 + c2 = 1 b2 + d 2 = 1 (2)
Osserviamo che due numeri reali a, c tali che a2 + c2 = 1 sono necessaria-
mente il coseno e il seno di uno stesso angolo ϑ. Dunque possiamo assu-
mere che a = cos(ϑ) e c = sin(ϑ). La stessa cosa vale per b e d. Quindi
possiamo assumere che b = cos(ϕ) e d = sin(ϕ). D’altra parte l’ortogona-
lità dei due vettori espressa da (1) implica l’ortogonalità degli angoli ϑ e ϕ.
Dunque ϕ = ϑ + π2 oppure ϕ = ϑ − π2 e quindi cos(ϕ) = − sin(ϑ) oppu-
re cos(ϕ) = sin(ϑ) e sin(ϕ) = cos(ϑ) oppure sin(ϕ) = − cos(ϑ). In conclusione
si ha
cos(ϑ) − sin(ϑ) cos(ϑ) sin(ϑ)
O= oppure O= (3)
sin(ϑ) cos(ϑ) sin(ϑ) − cos(ϑ)
Si osservi che la prima matrice ha determinante 1, mentre la seconda ha
determinante −1. Ecco davanti a voi una classificazione. Infatti abbiamo una
descrizione della famiglia delle matrici ortonormali di tipo 2 mediante due
sottofamiglie. L’etichetta che individua ogni membro delle due sottofamiglie
è il valore di ϑ.
Possiamo dare un significato geometrico alle due sottofamiglie? A questa
domanda la risposta è abbastanza semplice, ma richiede una considerazione
preliminare. Ricordate quale è il significato del determinante di una matrice
di tipo 2? Tale problema è stato studiato in dettaglio nella Sezione 4.4, dove
avevamo concluso dicendo che il determinante della matrice è, in valore asso-
luto, l’area del parallelogrammo definito da quei due vettori le cui coordinate
rispetto ad un sistema cartesiano ortogonale monometrico sono le colonne del-
la matrice. Nel nostro caso, trattandosi di due versori (vedi la formula (2))
tra loro ortogonali (vedi la formula (1)), il parallelogrammo in questione è un
quadrato di lato 1, che quindi ha area 1.
Ora riflettiamo un momento su quel particolare inciso in valore assolu-
to. Che cosa significa? Ricordiamoci che se si scambiano tra di loro le co-
lonne di una matrice quadrata, il determinante cambia segno (vedi rego-
la (a) della Sezione 4.6). Dunque non possiamo pretendere che il determi-
nante sia sempre un’area. Ma in realtà il determinante contiene un’informa-
zione in più. Il suo valore assoluto è l’area, il segno dipende dal senso di
percorrenza dell’angolo formato dai due vettori corrispondenti alle colonne.
Se il senso è antiorario, il segno è positivo, se è orario, il segno è negativo.
Perché? Descrivendo le matrici mediante le formule (3), come abbiamo fatto
prima, vediamo di chiarire questa regola dei segni. Se il vettore corrispon-
dente alla prima colonna è (cos(ϑ), sin(ϑ)), il vettore (− sin(ϑ), cos(ϑ)) coin-
cide con (cos(ϑ + π2 ), sin(ϑ + π2 )), mentre il vettore (sin(ϑ), − cos(ϑ)) coincide
con (cos(ϑ− π2 ), sin(ϑ− π2 )). Visto che gli angoli si sommano convenzionalmente
in senso antiorario, la conclusione precedente è chiara.
Dopo tutte queste considerazioni, sarebbe opportuno che il lettore avesse
capito bene perché questa sezione si chiama rotazioni.
6.3 Sottospazi, lineare indipendenza, rango, dimensione 133
Esempio 6.3.1. Siano g1 = (1, 1, 1), g2 = (−1, 2, 0), g3 = (1, 4, 2) tre vettori
in R3 e sia G = (g1 , g2 , g3 ). Consideriamo la matrice MG
E
e il sistema lineare
omogeneo ad essa associato
x1 − x2 + x3 = 0
x1 + 2x2 + 4x3 = 0
x1 + 2x3 = 0
Ricordando quanto detto nella Sezione 5.3, e cioè che si chiama minore di tipo
(o ordine) r il determinante di una sottomatrice di tipo r, la regola (2) si può
riscrivere cosı̀.
Dato che la terza colonna è la somma delle prime due, i tre vettori colon-
na non sono indipendenti. Un altro modo di vedere questo fatto è osservare
che det(A) = 0. Dato che la sottomatrice formata dalle prime due righe e due
colonne ha determinante non nullo, possiamo concludere che rk(A) = 2 e quin-
di che il massimo numero sia di colonne che di righe linearmente indipendenti
estraibili da A, è precisamente 2.
È chiaro dalle proprietà precedentemente enunciate che rk(A) non può su-
perare né il numero delle righe né il numero delle colonne di A. Sinteticamente
si può fare l’affermazione seguente.
Il massimo rango di una matrice A è il minimo tra il numero
delle righe e quello delle colonne.
Una matrice avente come rango il minimo tra il numero delle righe e quello
delle colonne si può perciò dire di rango massimo. In particolare, la matrice
dell’esempio precedente non è di rango massimo, mentre lo è la matrice 10 00 12 .
Nella Sezione 4.8 si era visto il fatto che tutte le basi di Rn sono costituite
da n vettori. A tale numero n è molto appropriato dare il nome di dimensio-
ne di Rn , visto che nei casi n = 1, n = 2, n = 3 corrisponde all’idea intuitiva
che noi abbiamo di dimensione. Ma come si estende questo concetto ai sotto-
spazi vettoriali? Nell’esempio precedente abbiamo visto che lo spazio V (G) è
un piano e dunque sarebbe logico attribuirgli dimensione 2. Non casualmente
il numero di vettori in una sua base G0 è proprio 2. Dico non casualmente,
perché si dimostra che non solo tutte le basi di Rn hanno lo stesso nume-
ro n di elementi, ma anche che tutti i sottospazi vettoriali V di Rn (e più
in generale di K n ) godono della medesima proprietà, ossia tutte le loro ba-
si hanno lo stesso numero di elementi. Tale numero viene del tutto naturale
chiamarlo dimensione di V e denotarlo dim(V ). Dato che il rango di ogni
matrice A ∈ Matr,c (R) coincide con il numero massimo di colonne linearmente
indipendenti di A, possiamo dedurre i seguenti fatti.
Avendo A due righe nulle, il suo rango non può superare tre. D’altra parte si
osserva che la sottomatrice formata dalle prime tre righe e dalla prima, seconda
e quarta colonna è triangolare superiore con determinante diverso da zero.
Usando le regole (1), (2), (3) sul rango di una matrice, concludiamo quindi
E
che rk(A) = 3, che rk(A) = rk(MG ) e quindi che dim(V (G)) = 3. Osserviamo
infine che (g1 , g2 , g4 ) è base di V (G), mentre ad esempio (g1 , g2 , g3 ) non lo è,
dato che i tre vettori sono linearmente dipendenti.
...........
....... ................
.......
.. . . .
. ....... ..... ....
........... .
.. ..
..... ... ..
.. g .... ..
..
.. 2.. ..
..... ...
. .. ............
g
......... ...
. ..
.. 1 ....................
... ..
. . .............
... .
.
.
.. ..
. ..........................
.
. .
... .
g 0 ..... .... ....................
2 ..................................
... g 0
1
Vediamo un esempio.
Se il lettore ha fatto attenzione, si sarà accorto del fatto che la formula (∗)
non ha bisogno di sapere a priori che i vettori sono linearmente indipendenti,
perché l’ortonormalità implica l’indipendenza.
Ogni s-upla ortonormale è costituita necessariamente da
vettori linearmente indipendenti e di conseguenza s ≤ n.
Naturalmente la formula (∗) vale per i vettori di V (G), ma ora viene la do-
manda che stimola l’idea buona. Supponiamo che la s-upla G sia ortonormale.
Che cosa succede se ad un qualunque vettore v di Rn ne associamo un altro
ottenuto mediante la combinazione lineare (v · g1 )g1 + · · · (v · gs )gs ? Intanto
diamo un nome a tale vettore: lo chiamiamo pV (G) (v). Quindi possiamo dire
che, per ogni v ∈ Rn , si ha
1 1 1
pV (G) (v) = 2
(v · g1 )g1 + 2
(v · g2 )g2 + · · · + (v · gs )gs
|g1 | |g2 | |gs |2
6.4 Basi ortonormali e Gram-Schmidt 139
v · u = |u|2 (4)
ossia
0 ≤ |u|2 − 2 u · u0 + |u0 |2 = |u − u0 |2 (7)
La (7) è vera e inoltre effettivamente è vero il fatto che 0 < |u − u0 |2
se u0 6= u. La dimostrazione è cosı̀ conclusa.
140 6 Ortogonalità e ortonormalità
Esempio 6.4.2. Siano dati g1 = (1, −1, 0), g2 = (1, 1, 1). I due vettori sono
ortogonali, ma non sono versori. Allora, detta G = (g1 , g2 ), si ha che G è
base ortogonale di V (G). Sia ora v = (2, 1, −7) e calcoliamo la proiezione
ortogonale di v su V . Si ottiene
1 1 1 1
pV (G) (v) = |g1 |2 (v · g1 )g1 + |g2 |2 (v · g2 )g2 = 2 (1, −1, 0) + 3 (−4) (1, 1, 1)
= ( 12 , − 12 , 0) − 34 (1, 1, 1) = (− 56 , − 11 4
6 , −3)
A questo punto siamo pronti per introdurre una procedura che, partendo
da una s-upla G di vettori linearmente indipendenti, fornisce una base or-
tonormale di V (G). Questa procedura si chiama ortonormalizzazione di
Gram-Schmidt.
La partenza è dunque una s-upla G = (g1 , . . . , gs ) di vettori linearmente
indipendenti. Il vettore g1 non è nullo e dunque si può considerare il vettore
g10 = vers(g1 )
e il vettore
Si verifica che g10 ·g20 = 0. Inoltre g10 , g20 sono due versori e, per come li abbiamo
costruiti, si ha V (g1 , g2 ) = V (g10 , g20 ). Si può continuare cosı̀ fino all’ultimo
vettore, quando si considera
gs0 = vers gs − pV (g0 ,...,g0 ) (gs ) = vers gs −(gs ·g10 )g10 − · · · −(gs ·gs−1
0 0
)gs−1
1 s−1
In tal modo si ottiene una nuova base G0 = (g10 , . . . , gs0 ) di V (G), che è
ortonormale per costruzione. Vediamo un esempio.
Esempio 6.4.3. Sia G = (g1 , g2 ) dove g1 = (1, 1, 0), g2 = (1, 2, 1). I due vetto-
ri sono linearmente indipendenti e quindi formano una base di V (G). Ma cer-
tamente non si tratta di una base ortonormale. Applichiamo il procedimento
di Gram-Schmidt. Costruiamo il vettore
√ √
1 2 2
g10 = vers(g1 ) = √ (1, 1, 0) = ( , , 0)
2 2 2
Ora costruiamo il vettore
1 1 3 1 1
g2 − (g2 · g10 )g10 = (1, 2, 1) − √ 3 √ (1, 1, 0) = (1, 2, 1) − (1, 1, 0) = (− , , 1)
2 2 2 2 2
√ √ √ √
e il suo versore g20 = 36 (− 12 , 12 , 1) = (− 6 6 6
6 , 6 , 3 ). La coppia G0 = (g10 , g20 ) è
base ortonormale di V (G).
6.5 Decomposizione QR 141
6.5 Decomposizione QR
La procedura di ortonormalizzazione descritta nella sezione precedente ha
una conseguenza importante anche dal punto di vista delle matrici in gioco.
E
Infatti consideriamo la matrice M = MG che per l’ipotesi fatta su G, e cioè
che sia una s-upla di vettori linearmente indipendenti, ha rango s. Inoltre
E
consideriamo la matrice Q = MG 0 e osserviamo che si tratta di una matrice
sulla diagonale ci sono inversi di moduli di vettori non nulli e quindi numeri
G0 G
positivi. La matrice MG , che è l’inversa di MG 0 , ha le stesse proprietà (vedi
G0
la formula (1) della Sezione 3.5). In conclusione, posto R = MG , possiamo
dire che la matrice M si può mettere nella forma
M = QR
quella che viene appunto detta decomposizione QR o forma QR, che altro
non è se non l’aspetto matriciale della procedura di Gram-Schmidt. Arriviamo
alla seguente proposizione.
Ogni matrice M di tipo (n, s) e rango s si può scrivere co-
me QR, con Q ortonormale e R triangolare superiore con
diagonale positiva.
Non allarmiamoci troppo al pensiero di dovere calcolare una inversa. Infatti
si tratta dell’inversa di una matrice triangolare, e questa operazione risulta
particolarmente facile, come segue dalle considerazioni fatte nella Sezione 3.3,
e come si può vedere nel seguente esempio.
Esempio 6.5.1. Riprendiamo l’Esempio 6.4.3. Si parte con la matrice
1 1
M = 1 2
0 1
√ √ √
Ricordiamo che g10 = √12 g1 e quindi g1 = 2g10 . Inoltre g20 = 36 g2 − 3 2 2 g10
√ √
3 2 0
e quindi g2 = + 26 g20 . In conclusione si ha M = QR, dove
2 g1
√ √
2 6
− √ √ !
√2 6
√ 2 3 2
2
Q= 2 6 R= √
2 6 6
√
6
0 2
0 3
142 6 Ortogonalità e ortonormalità
Il metodo illustrato prima non è l’unico per arrivare alla decomposizione QR.
Data l’importanza del risultato, i matematici si sono sbizzarriti a cercare
anche altre strade. E per concludere degnamente la sezione, vediamo un
inaspettato metodo alternativo di decomposizione QR, che utilizza la
decomposizione di Cholesky.
Ripartiamo dunque, come prima, da una s-upla G = (g1 , . . . , gs ) di vet-
E
tori linearmente indipendenti e consideriamo la matrice A = MG . Sappiamo
tr
già che A A è semidefinita positiva e ora vedremo che è definita positiva.
Ricordiamoci che basta verificare che AMvE = 0 implica MvE = 0, la qual
cosa equivale proprio al fatto che i vettori di G sono linearmente indipenden-
ti. Quindi abbiamo appurato che Atr A è definita positiva e dunque possiamo
farne una decomposizione di Choleski. Si ottiene
Atr A = U tr U
Esercizi
Esercizio 5. Siano dati i vettori v1 = (1, 0, 3), v2 = (2, 1, 0), v3 = (3, 1, 3),
v = (3, 3, 3) in R3 e sia G = (v1 , v2 , v3 ).
(a) Determinare pV (G) (v), la proiezione ortogonale di v su V (G).
(b) Determinare un vettore u ∈ R3 , u 6= v tale che pV (G) (v)=pV (G) (u).
(c) La differenza u − v è ortogonale al vettore (1, 1, −3)?
144 6 Ortogonalità e ortonormalità
pV (G) : Rn −→ Rn
Che tipo di funzione è? Per rispondere a questa domanda, facciamo qualche
esperimento, in particolare riconsideriamo l’Esempio 6.4.2 e calcoliamo i tre
vettori pV (G) (e1 ), pV (G) (e2 ), pV (G) (e3 ). Si ha
1 1
pV (G) (e1 ) = |g1 |2 (e1 · g1 )g1 + |g2 |2 (e1 · g2 )g2 = 21 (1, −1, 0) + 13 (1, 1, 1)
= ( 12 , − 12 , 0) + ( 13 , 13 , 13 ) = ( 56 , − 61 , 13 )
1 1
pV (G) (e2 ) = |g1 |2 (e2 · g1 )g1 + |g2 |2 (e2 · g2 )g2 = − 12 (1, −1, 0) + 13 (1, 1, 1)
= (− 12 , 12 , 0) + ( 13 , 13 , 13 ) = (− 61 , 56 , 13 )
In realtà, a ben guardare come è definita pV (G) , ci si rende conto che tale
proprietà non riguarda il solo vettore v ma è condivisa da tutti i vettori di R3 .
E se non si è pigri e si osserva con cura il fenomeno, ci si rende conto che si
tratta di una proprietà di tutte le funzioni del tipo pV (G) . Se volessimo usare
un linguaggio più colloquiale, potremmo dire che le funzioni pV (G) rispettano
le combinazioni lineari.
7.1 Matrici e trasformazioni lineari 147
Ora il lettore già conosce come vanno avanti le cose in matematica. Quindi non
si dovrebbe stupire se dico che a questo punto sorge spontanea la domanda:
ci sono altre funzioni che rispettano le combinazioni lineari? Se la domanda
non gli è venuta proprio spontanea, niente paura, basti sapere che ai matema-
tici è venuta, la risposta è risultata di estrema importanza e presto vedremo
il perché. Intanto è opportuno che ci si eserciti con esperimenti molto facili
e si scopra che un esempio di funzione da Rn a Rn che certamente gode di
quella proprietà è la funzione identica. Ancora un esempio di funzione di tale
tipo è la funzione che associa ad ogni vettore il suo opposto. Una funzione
che invece non ha quella proprietà è la funzione da R2 a R2 che associa al
vettore (a1 , a2 ) il vettore (a21 , a22 ). Infatti (2, 2) si trasforma in (4, 4), mentre
vale l’uguaglianza (2, 2) = 2e1 + 2e2 ed e1 si trasforma in e1 , e2 si trasforma
in e2 . Questo significa che, se valesse la proprietà suddetta, si dovrebbe avere
l’uguaglianza 2e1 + 2e2 = (4, 4), il che evidentemente non accade.
In sostanza, la proprietà che accomuna tutte le suddette funzioni tranne
l’ultima si può descrivere nel modo seguente. Sia ϕ una funzione; per ogni
relazione del tipo v = a1 v1 + · · · , ar vr tra vettori a cui è possibile applica-
re ϕ, si ha ϕ(v) = a1 ϕ(v1 ) + · · · + ar ϕ(vr ). Funzioni con tale proprietà sono
al centro della matematica, in particolare dell’algebra lineare, e si chiamano
trasformazioni lineari o funzioni lineari.
Ed eccoci arrivati ad un altro punto di svolta. Il ragionamento seguente
porta per l’ennesima volta in primo piano il concetto di matrice e, detto con la
dovuta enfasi, crea i presupposti per molte tra le più importanti applicazioni
della matematica. Consideriamo una trasformazione lineare ϕ da Rc in Rr .
Scriveremo
ϕ : Rc −→ Rr
Sia F = (f1 , . . . , fc ) una base di Rc e G = (g1 , . . . , gr ) una base di Rr . Se co-
nosciamo i vettori ϕ(f1 ), . . . , ϕ(fc ), li possiamo scrivere in modo unico come
combinazioni lineari degli elementi di G. Detta ϕ(F ) la c-upla ϕ(f1 ), . . . , ϕ(fc ),
G
possiamo dunque affermare di conoscere la matrice Mϕ(F ) . Vedremo ora un
fatto molto importante, ossia che, fissate le due basi F e G, tutta l’informa-
zione di ϕ è contenuta in questa matrice. Infatti, se v è un vettore qualsiasi
di Rc , si ha l’uguaglianza v = F MvF , dove MvF è univocamente determinata
essendo F una base. La linearità di ϕ implica l’uguaglianza
G
ϕ(F ) = G Mϕ(F ) (2)
le uguaglianze ϕ(e1 ) = (1, 0), ϕ(e2 ) = (1, 1), ϕ(e3 ) = (0, −2), da cui segue che
E2
la matrice Mϕ(E3)
è la seguente
E2 1 1 0
Mϕ(E =
3) 0 1 −2
7.2 Proiettori
è difficile mettere a fuoco,
se brucia il proiettore
Dopo l’escursione nel mondo delle trasformazioni lineari fatta nella sezione
precedente, ritorniamo al primo esempio da cui siamo partiti per motivarle
e cioè quello della proiezione ortogonale (vedi Sezione 6.4). Ricordiamo quali
sono i termini del problema. È dato un sottospazio V di Rn di dimensione s
ed una sua base ortonormale G = (g1 , . . . , gs ), per cui si ha V = V (G) e la
E
matrice Q = MG è ortonormale. A questo punto incomincia un ragionamento
tecnico tipico della matematica. Avrei potuto evitarlo e scrivere solo le for-
mule finali, ma in questo caso, data l’importanza pratica oltre che teorica del
problema trattato, ho preferito mettermi in modo matematico e fornire una
descrizione completa dei passaggi che portano alle importanti conclusioni.
Vediamo dunque il matematico al lavoro. È del tutto evidente (sul serio)
che per ogni vettore v ∈ Rn si ha l’ uguaglianza v = (e1 · v, e2 · v, . . . , en · v).
Quindi si ottiene l’uguaglianza
e1 · g1 e1 · g2 · · · e1 · gs
e2 · g1 e2 · g2 · · · e2 · gs
Q= . (1)
.. .. ..
.. . . .
en · g1 en · g2 ··· en · gs
E
Mp(E) = M (M tr M )−1 M tr (17)
Arrivati alla risposta, è il momento di tirare il fiato e ricapitolare la situazione.
0
G
Mp(E) = (M tr M )−1 M tr E
Mp(E) = M (M tr M )−1 M tr (16) (17)
E
Data una base ortonormale G di V e posto Q = MG , si ha
G tr E tr
Mp(E) =Q Mp(E) = QQ (6) (8)
N (N tr N )−1 N tr = M (M tr M )−1 M tr
Ecco la prova.
−1
N (N tr N )−1 N tr = (M P ) (M P )tr (M P ) (M P )tr
−1
= (M P ) (P tr M tr )(M P ) (M P )tr
tr tr
−1
= (M P ) P (M M )P (M P )tr
= (M P ) P (M M ) (P tr )−1 (M P )tr
−1 tr −1
= M P P −1 (M tr M )−1 (P tr )−1 P tr M tr
= M (M tr M )−1 M tr
Nella sezione precedente abbiamo collezionato tutta una serie di fatti ma-
tematici. Cosı̀ adeguatamente attrezzati possiamo affrontare e risolvere con
relativa facilità il famoso problema dei minimi quadrati.
Problema dei minimi quadrati: I caso. Data una matrice Q ∈ Matn,s (R)
ortonormale e un vettore v in Rn , determinare un vettore u combinazione
lineare delle colonne di Q, tale che la distanza tra v e u sia minima.
Soluzione. Diciamo G la s-upla dei vettori le cui coordinate rispetto a E so-
E
no le colonne di Q, ossia tale che Q = MG . Dato che u = GMuG , il problema
G
chiede di trovare Mu . Abbiamo già visto che il vettore a minima distan-
za è il vettore u = p(v) dove abbiamo posto p = pV (G) . Dobbiamo dunque
G
trovare Mp(v) . Dalla formula (6) della Sezione 7.2 si deduce che
G G
Mp(v) = Mp(E) MvE = Qtr MvE
Problema dei minimi quadrati: II caso. Data una matrice M ∈ Matn,s (R)
di rango s e un vettore v in Rn , determinare un vettore u combinazione lineare
delle colonne di M , tale che la distanza tra v e u sia minima.
Soluzione. Come nel primo caso, diciamo G0 la s-upla dei vettori le cui
E
coordinate rispetto a E sono le colonne di M , ossia tale che M = MG 0.
0 G0 G0
Dato che u = G Mu , il problema chiede di trovare Mu . Abbiamo già detto
che u = p(v) e dalla formula (16) si deduce
0 0
G
Mp(v) G
= Mp(E) MvE = (M tr M )−1 M tr MvE
Usando le regole viste nella Sezione 6.3, si può vedere che rk(A) = 2 e che
due colonne linearmente indipendenti sono ad esempio le prime due. In par-
ticolare, questo significa che le prime due colonne sono base del sottospazio
generato dalle colonne della matrice e quindi la terza e la quarta colonna sono
combinazioni lineari delle prime due. Infatti, risolvendo i due seguenti sistemi
lineari
x1 + x2 = 0
x1 + x2 = 1
x2 = −2 x2 = 3
2x1 + x2 = 2 2x1 + x2 = −1
x1 + 2x2 = −2 x1 + 2x2 = 4
x1 = 2 x1 = −2
si trova la soluzione (2, −2) per il primo e (−2, 3) per il secondo. Ciò significa
che la terza colonna è due volte la prima meno due volte la seconda, mentre
la quarta colonna è meno due volte la prima più tre volte la seconda. E allora
si vede che la matrice A si può rappresentare come prodotto di due matrici di
rango massimo uguale a 2. Infatti vale la seguente identità
1 1 0 1 1 1
0 1 −2 3 0 1
2 1 2 −1 = 2 1 1 0 2 −2
1 2 −2 4 1 2 0 1 −2 3
1 0 2 −2 1 0
Usando il tipo di ragionamento fatto in questo esempio, si vede che tale de-
composizione vale per ogni matrice. Quindi possiamo concludere nel modo
seguente.
Dato un corpo numerico K e una matrice A ∈ Matn,r (K) di
rango s, esistono due matrici M ∈ Matn,s (K) e N ∈ Matr,s (K),
entrambe di rango s, per cui vale la relazione A = M N tr . Tale
scrittura viene detta forma (o decomposizione) M N tr della
matrice A.
I matematici denotano con A+ (o, come spesso purtroppo accade, anche con
altri simboli) la matrice
A+ = N (N tr N )−1 (M tr M )−1 M tr
Il lettore più attento avrà notato che queste matrici erano già comparse nelle
formule (6) e (16). Nell’Esempio 7.3.2 si ha
1 2 1 1
13 0 13 13 13
19 1 21 17 25
A+ = 312 48 208 208 624
5 −1 11 −1 23
156 24 104 104 312
3 1 −1 19 −7
104 16 208 208 208
Problema dei minimi quadrati: III caso. Data una matrice A ∈ Matn,r (R)
e un vettore v in Rn , determinare un vettore u combinazione lineare delle
colonne di A, tale che la distanza tra v e u sia minima.
Soluzione. Vista la formula (21) e la proprietà (5), si conclude che il vettore
soluzione è dunque
p(v) = E AA+ MvE (22)
e verificare che AA+ coincide, come prescrive la proprietà (5), con la matri-
ce M (M tr M )−1 M tr .
Per concludere la sezione in bellezza, guarderemo al problema dei minimi
quadrati in modo leggermente diverso. Come dice il saggio, e come dice il
fotografo, cambiare il punto di vista può mostrare aspetti totalmente nuovi.
Finora abbiamo trattato il problema dei minimi quadrati da un punto di vista
geometrico, legandolo alle proiezioni ortogonali su sottospazi. Vediamo quale
è la sua controparte puramente algebrica.
7.3 Minimi quadrati e pseudoinverse 159
Ax = b (∗)
Esercizi
e si calcoli il proiettore su A.
7.3 Minimi quadrati e pseudoinverse 161
Ricordate (vedi Sezione 5.2) che la relazione di congruenza è quella del ti-
po B = P tr A P con P invertibile? E ricordate quanto è stata enfatizzata la
straordinaria capacità delle matrici di adattarsi a situazioni molto diverse?
Allora non vi stupirete molto del fatto che esse abbiano ancora in serbo molte
sorprese. Lo scopo di questo capitolo è quello di svelarne qualcuna, ma intanto
vediamo di farcene una idea. Abbiamo già osservato alla fine della Sezione 7.1
che se ϕ : Rc −→ Rr è una trasformazione lineare, si ha la formula
G G F
Mϕ(S) = Mϕ(F ) MS
Si osservi che avremmo anche potuto modificare F e ottenere una base orto-
normale, bastava sostituire v1 , v2 con i loro versori v10 , v20 . Avremmo dunque
avuto una base ortonormale F 0 , rispetto alla quale la descrizione di ϕ sarebbe
stata fatta con la stessa matrice, dato che vale la relazione
F F0 1 0
Mϕ(F ) = Mϕ(F 0 ) =
0 2
λ1 0 ... 0
F
0 λ2 ... 0
Mϕ(F ) =
... .. .. ..
. . .
0 0 ... λn
dunque è una matrice diagonale. Per la ricerca di basi speciali diventa perciò
essenziale trovare vettori non nulli v e numeri reali λ tali che ϕ(v) = λv.
Un tale numero λ si dice autovalore dell’endomorfismo ϕ, un tale vettore
non nullo v si dice autovettore di λ. Tutti i vettori v tali che ϕ(v) = λv
costituiscono un sottospazio vettoriale di Rn , detto autospazio di λ.
Fermiamoci un momento e riprendiamo un discorso appena accennato nella
introduzione al capitolo, quando ci eravamo chiesti in che relazione stanno le
G F n
due matrici Mϕ(G) , Mϕ(F ) . Supponiamo di avere due basi F , G di R (più in
generale di uno spazio vettoriale ) e sia dato un endomorfismo ϕ : R −→ Rn .
n
G F
Possiamo considerare sia Mϕ(G) che Mϕ(F ) e non è difficile vedere in che
8.2 Autovalori, autovettori, autospazi, similitudine 167
relazione stanno: basta applicare la regola (6) alla fine della Sezione 7.1 e
G G F G G F
si ottiene Mϕ(G) = Mϕ(F ) MG . Ma si ha anche Mϕ(F ) = MF Mϕ(F ) per la
regola (e) di cambio di base (vedi Sezione 4.8). In conclusione si ha
G
Mϕ(G) = MFG Mϕ(F
F F
) MG (1)
F −1
Ricordiamo dalla Sezione 4.7 che MFG = (MG ) e scopriamo finalmente la
G F
natura del legame tra Mϕ(G) e Mϕ(F ) . Le due matrici sono legate da una
relazione del tipo
B = P −1 A P (2)
che si chiama relazione di similitudine. Se vale una formula del tipo (2)
si dice anche che B è simile ad A. Lo studio di questa relazione mostra che
si tratta di una relazione di equivalenza, ossia che A è simile ad A, che se A
è simile a B, allora anche B è simile ad A, e infine che se A è simile a B
e B è simile a C, allora A è simile a C. Dirà il lettore: queste sono cose
da matematici. Certamente lo sono, ma in questo caso la dimostrazione è
cosı̀ facile che il suddetto lettore non deve avere difficoltà a ricostruirsela per
proprio conto.
Ma la domanda interessante è: che cosa c’entra tutto questo con gli auto-
valori e gli autovettori? Incominciamo con l’osservare una cosa di importanza
vitale. Data una matrice quadrata A di tipo n, essa si può pensare come ma-
trice di un endomorfismo ϕ. Basta definire l’endomorfismo ϕ : Rn −→ Rn
E
mediante la formula Mϕ(E) = A. Questa osservazione ci permette subito di
parlare di autovalori e di autovettori non solo di endomorfismi, ma anche di
matrici. D’altra parte, se cambiamo la base, l’endomorfismo non cambia, ma
la matrice di rappresentazione cambia secondo la formula (1) e quindi secondo
una relazione di tipo (2). Di conseguenza, associare autovalori e autovettori
a matrici nel modo detto prima può solo essere giustificato se si dimostra il
seguente fatto basilare, che infatti risulta essere vero.
Matrici simili hanno stessi autovalori e stessi autovettori.
Per arrivare a capire questo fatto possiamo seguire due strade. La prima usa
un ragionamento indiretto, che è il seguente. Se A è una matrice quadrata,
E
poniamo A = Mϕ(E) , e in tal modo definiamo un endomorfismo ϕ di Rn ,
F
come detto in precedenza. Se B è simile ad A, allora B = Mϕ(F ) dove F è
n
una base di R . Siccome gli autovalori e gli autovettori riguardano ϕ e non
le sue rappresentazioni, si può concludere dicendo appunto che matrici simili
hanno gli stessi autovalori e gli stessi autovettori.
La seconda strada invece affronta direttamente la questione e vedremo che
ottiene un risultato ancora più importante. Procede cosı̀. Data una matrice
quadrata A di tipo n, consideriamo la matrice xI − A, dove I è la matrice
identica di tipo n e chiamiamo polinomio caratteristico di A il polino-
mio pA (x) = det(xI − A). Se ci pensate un momento, vi rendete conto che si
tratta di un polinomio in x di grado n. Non è un oggetto lineare, ma l’algebra
lineare ne ha tanto bisogno e non ne può fare a meno. Perché?
168 8 Endomorfismi e diagonalizzazione
la decomposizione A = P −1 ∆P , ossia
7 −6 1 3 1 0 4 −3
=
8 −7 1 4 0 −1 −1 1
e otteniamo
0 0 1
P = −1 1 −1 A = P −1 ∆P
1 0 −1
Come abbiamo già visto nell’introduzione, osserviamo che vale l’uguaglianza
AN = P −1 ∆N P
(−1)N 0 0
∆N = 0 1N 1
0 0 2N
dopo n mesi ci sono le coppie che c’erano dopo n−1 mesi, più le coppie figliate
da quelle che c’erano dopo n − 2 mesi. Ma queste ultime sono tante quante
le coppie che c’erano dopo n − 2 mesi, perché ogni coppia genera esattamente
una nuova coppia. Se chiamiamo per semplicità C(n) il numero di coppie che
ci sono dopo n mesi, si ha la formula
mesi 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 ···
coppie 1 1 2 3 5 8 13 21 34 55 89 144 233 ···
polinomio caratteristico è
x − 1 −1
pA (x) = det(xI − A) = det = x2 − x − 1
−1 x
Le radici reali del polinomio caratteristico, ossia gli autovalori di A, sono
√ √
1+ 5 1− 5
x1 = , x2 =
2 2
Ora possiamo calcolare gli autospazi e, procedendo come nell’Esempio 8.2.1,
si ottiene
√ √ ! √ ! 1 √
1+ 5 1− 5 1+ 5 √ −1+√ 5
1 1 0
= 2 2 2 √ 5 2 5
√ (7)
1 0 1 1 0 1− 5 −1
√ 1+√ 5
2 5 2 5
dove x(t) è una funzione del tempo t e c è una costante, ha come soluzione
che tiene conto del valore iniziale x(0). Che cosa succede se invece di avere una
equazione scalare, ne abbiamo una vettoriale? Supponiamo di avere modellato
un problema, ad esempio la relazione tra una popolazione di prede e una di
predatori, con il seguente sistema che mette in relazione le due quantità e le
loro derivate temporali.
0
x1 (t) = 2x1 (t) − 3x2 (t)
(3)
x02 (t) = x1 (t) − 2x2 (t)
L’idea è quella di leggere il sistema (4) come una equazione matriciale. Basta
considerare il vettore colonna x = (x1 , x2 )tr, la matrice A = 21 −3
−2 e riscrivere
dunque il sistema come
x0 = Ax (5)
Ora proviamo a diagonalizzare la matrice A. Il suo polinomio caratteristico
è det(xI − A) = x2 − 1 ed ha quindi autovalori 1, −1. Facendo semplici con-
ti si vede che un autovettore relativo all’autovalore 1 è v1 = (3, 1), ed un
autovettore relativo all’autovalore −1 è v2 = (1, 1). Usando la solita relazio-
1
E 1 0
− 12
ne Mϕ(E) = MFE Mϕ(F
F F F
) ME e ponendo ∆ = 0 −1 , P = ME = − 1
2
3 , si
2 2
A = P −1 ∆ P (6)
ossia
1
− 21
2 −3 3 1 1 0 2
= (7)
1 −2 1 1 0 −1 − 12 3
2
8.5 Sistemi differenziali 175
P x0 = ∆ P x (8)
Ponendo
y=Px (9)
otteniamo, per la linearità della derivazione,
y0 = P x0 (10)
y1 (t) = y1 (0) et
(13)
y2 (t) = y2 (0) e−t
Posso permettermi di insistere sul concetto che le matrici sono uno degli
strumenti più importanti della matematica? A questo punto, vista la loro
enorme versatilità, il lettore non dovrebbe più avere molti dubbi.
176 8 Endomorfismi e diagonalizzazione
è il seguente
pA (x) = det(xI − A) = (x − 1)2
Esso ha il solo autovalore λ1 = 1 con molteplicità 2. Calcoliamo l’autospa-
zio V1 . Dobbiamo trovare tutti i vettori v tali che ϕ(v) = v, dove ϕ è la
trasformazione lineare di R2 in sè, definita da Mϕ(E)
E
= A. Dunque dobbiamo
trovare i vettori v tali che AMvE = MvE ossia tali che (A − I)MvE = 0. In altre
parole dobbiamo risolvere il sistema lineare omogeneo
x2 = 0
(1)
0 = 0
La soluzione generale è (a, 0). Una base di V1 è dunque ad esempio data dal
versore (1, 0). Eccoci arrivati ad un punto oltre il quale non possiamo più
andare, nel senso che gli autovettori sono troppo pochi per poter costruire
una base di R2 di autovettori. La conclusione è che davanti a noi abbiamo un
esempio di matrice non diagonalizzabile.
Questo significa che, se contati con la dovuta molteplicità, ci sono tanti auto-
valori quanto è il grado del polinomio caratteristico, che naturalmente coincide
con il tipo di A. Direte voi, anche la matrice dell’esempio precedente aveva
tale proprietà. E direte bene, ma c’è in serbo un altro fatto fondamentale.
Gli autospazi relativi agli autovalori di matrici simmetriche
sono a due a due ortogonali.
Ciò implica che è possibile trovare una base ortonormale tutta fatta di
autovettori. Vediamo la dimostrazione di questo fatto.
Siano λ1 , λ2 due autovalori distinti e siano u autovettore non nullo di
λ1 , v autovettore non nullo di λ2 . Poniamo x = MuE , y = MvE . Allora
si ha
λ1 (xtr y) = (λ1 x)tr y = (Ax)tr y = xtr Atr y
= xtr Ay = xtr (Ay) = xtr (λ2 y) = λ2 (xtr y)
L’uguaglianza λ1 (xtr y) = λ2 (xtr y) implica xtr y = 0 e di conseguenza
implica u · v = 0.
Direte voi, anche nell’esempio precedente la proprietà era verificata e direte
bene, infatti l’autospazio relativo all’autovalore 1 è lo spazio nullo e quindi
la proprietà appena enunciata è banalmente verificata. Ma, infine, le matrici
simmetriche calano l’asso decisivo.
Consideriamo la matrice
x−1 −1 0
xI − A = −1 x+2 −3
0 −3 x−1
Si vede che la soluzione generale del sistema è (a, 2a, 3a). Una base ortonor-
male di V1 è dunque data dal singolo versore f1 = √114 (1, 2, 3).
Ripetendo lo stesso ragionamento per V2 ci troviamo a dover risolvere il
sistema lineare omogeneo
−x2 =0
−x1 + 3x2 − 3x3 = 0 (2)
−3x2 =0
Si vede che la soluzione generale del sistema è (3a, 0, −a). Una base ortonor-
male di V2 è dunque data dal singolo versore f2 = √110 (3, 0, −1).
Ripetendo lo stesso ragionamento per V3 ci troviamo a dover risolvere il
sistema lineare omogeneo
−5x1 − x2 =0
−x1 − 2x2 − 3x3 = 0 (3)
−3x2 − 5x3 = 0
Si vede che la soluzione generale del sistema è (a, −5a, 3a). Una base ortonor-
male di V3 è dunque data dal singolo versore f3 = √135 (1, −5, 3).
8.6 Diagonalizzabilità delle matrici simmetriche reali 179
√1 √2 √3 √1 √3 √1
3 0 0 14 14 14
1 1 0 14 10 35
√3 −1 √2 −5
0
0 1 0= √ 1 −2 3 14
0 √
10 10 35
0 0 −4 √1 −5
√ √3 0 3 1 √3 −1
√ √3
35 35 35 14 10 35
Si vede che la soluzione generale del sistema è (−a, −2a, 5a). Una base
ortonormale di V2 è dunque data dal singolo versore g3 = √130 (−1, −2, 5).
Mettiamo insieme le basi ortonormali di V1 , V2 trovate e otteniamo la
base F = (g1 , g2 , g3 ) di R3 . Per come è stata costruita si ha
1 0 0
F
Mϕ(F ) =
0 1 0
0 0 −2
La matrice
√2 − √16 √1
5 30
1
MFE = − √5 √2 − √230
6
0 √1 √5
6 30
si ha ∆ = P −1 A P = P tr A P .
È inutile dire che sul tema della diagonalizzazione i matematici hanno fatto
importantissime scoperte. Ma, arrivati a questo punto, la strada diventa im-
pervia e andare avanti non è più per tutti. Però, al lettore che sente salire la
sete del sapere, il mio ovvio consiglio è quello di non fermarsi qui.
e e
`a sete sa`
(da Palindromi di (Lo)Renzo
di Lorenzo)
182 8 Endomorfismi e diagonalizzazione
Esercizi
(a) Provare che per ogni ϕ ∈ R esiste ϑ ∈ R tale che (Aϕ )−1 = Aϑ .
(b) Dire per quali valori di ϕ ∈ R la matrice Aϕ è diagonalizzabile.
(c) Dare una motivazione geometrica della risposta alla domanda prece-
dente.
f (n) = 2f (n − 1) + 5f (n − 2) − 6f (n − 3)
∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗∗
Qui termina la Parte II e con essa il contenuto più propriamente matematico
del libro. La forza dell’algebra lineare si è svelata solo in parte e spero che il
lettore, arrivato a questo punto, non si senta del tutto appagato e ad esempio
dedichi molta cura alla lettura della Parte III.
Parte III
Appendice
http://cocoa.dima.unige.it
scaricare il programma CoCoA (che è gratis, cosa molto gradita dalle nostre
parti) e, con l’aiuto di un amico o del manuale, imparare a usarlo.
Un modo semplice per incominciare a familiarizzare con CoCoA è quello
di leggere il racconto [R06] e l’articolo divulgativo [R01]. Naturalmente molti
altri programmi possono essere utilizzati, ma a Genova tale scelta verrebbe
ritenuta... un tradimento. Per evitare questo pericolo vedremo tra poco come
usare CoCoA con l’aiuto di qualche specifico esempio.
Prima di iniziare, ecco a voi un paio di indicazioni di carattere generale.
Tutto quello che vedrete scritto in carattere speciale è precisamente codi-
ce CoCoA, il che significa che può essere usato anche come input. Le parti di
testo che cominciano con doppio trattino sono semplici commenti ignorati dal
programma. Ora possiamo dare il via al primo esempio.
188 Appendice
Sistema :=
[
3x - 2y + z - 8,
3x - y + 7/2z - 57,
-4x + 10y - 4/3z + 71
];
[
3x - 2y + z - 8,
y + 5/2z - 49,
-4x + 10y - 4/3z + 71]
-------------------------------
[
3x + 6z - 106,
y + 5/2z - 49,
-4x + 10y - 4/3z + 71]
-------------------------------
S[1] := (1/3)*S[1];
S; -- Vediamo l’output
[
x + 2z - 106/3,
y + 5/2z - 49,
-4x + 10y - 4/3z + 71]
-------------------------------
[
x + 2z - 106/3,
y + 5/2z - 49,
10y + 20/3z - 211/3]
-------------------------------
[
x + 2z - 106/3,
y + 5/2z - 49,
-55/3z + 1259/3]
-------------------------------
190 Appendice
S[3] := (-3/55)*S[3];
S; -- Vediamo l’output
[
x + 2z - 106/3,
y + 5/2z - 49,
z - 1259/55]
-------------------------------
[
x + 1724/165,
y + 5/2z - 49,
z - 1259/55]
-------------------------------
S[2] := S[2] - 5/2*S[3];
S;
[
x + 1724/165,
y + 181/22,
z - 1259/55]
-------------------------------
Eval(Sistema,[-1724/165,-181/22,1259/55]);
-- L’output e’ il seguente
[
0,
0,
0]
-------------------------------
Det(Submat(A,[1],[1]));
Det(Submat(A,[1,2],[1,2]));
Det(A); -- Gli output sono
1
-------------------------------
2
-------------------------------
6
-------------------------------
Sono tutti positivi, quindi, per il criterio di Sylvester (vedi Sezione 5.3) la
matrice è definita positiva e di conseguenza ammette decomposizione di Cho-
lesky. Usiamo matrici elementari per ridurre a zero gli elementi sulla seconda
riga e colonna diversi da a11 . Il lettore osservi il seguente modo intelligente di
definire matrici elementari.
E1 := Identity(3); E1[2,1] := -3; E1;
Mat([
[1, 0, 0],
[-3, 1, 0],
[0, 0, 1]
])
-------------------------------
E2 := Identity(3); E2[3,1] := -1; E2;
Mat([
[1, 0, 0],
[0, 1, 0],
[-1, 0, 1]
])
-------------------------------
A1 := (E2*E1) * A * Transposed(E2*E1);
192 Appendice
D = E3*E2*E1*A*Transposed(E1)*Transposed(E2)*Transposed(E3);
TRUE;
-------------------------------
Poniamo
P := E3 *E2 *E1; TP := Transposed(P);
InvP := Inverse(P); InvTP := Inverse(TP);
e verifichiamo che
A= InvP*D*InvTP;
TRUE
-------------------------------
Ora dobbiamo introdurre le radici quadrate
√ √di 2 e 3. Come facciamo? In CoCoA
non possiamo direttamente scrivere 2 e 3, CoCoA non capirebbe, dato che
non fanno parte del suo linguaggio. Per ora accontentiamoci di introdurre due
simboli a, b. Vediamo come.
Use Q[a,b];
B := Mat([ [1,0,0],
[0,a,0],
[0,0,b] ]);
U := B*InvTP;
Appendice 193
Define NR_Mat(M,L)
Return Mat([ [NR(Poly(X), L) | X In Riga] | Riga In M ]);
EndDefine;
A=NR_Mat(TrU*U, L);
TRUE
-------------------------------
Finalmente con la risposta TRUE possiamo stare del tutto tranquilli. È proprio
vero che A = U tr U .
194 Appendice
Use Q[x,y,z];
L1 := LinKer(-1*I-A);
L2 := LinKer(1*I-A);
L3 := LinKer(2*I-A);
L1;L2;L3;
[[1, 2, 1]]
-------------------------------
[[0, 1, 0]]
-------------------------------
[[1, 1, 0]]
-------------------------------
P := Inverse(IP); P;
P;
Mat([
[0, 0, 1],
[-1, 1, -1],
[1, 0, -1]
])
-------------------------------
D := DiagonalMat([-1,1,2]);
A = IP*D*P;
-- TRUE
-------------------------------
R := 100000;
Time U := IP*PowerDiag(D,R)*P;
-- Cpu time = 0.02 -- secondi
-------------------------------
Time PowA := A^R;
-- Cpu time = 10.29 -- secondi
-------------------------------
U=PowA;
TRUE
-------------------------------
9990020930143845079440327643300335909804291390541816917715292738631458324642573483274873313324496504031643944455558
5493001879966076561765629084713542474928751988896298736710932463504273731124792658002785312410887370856052872283901
6456869102685067592351791469705285764469680152483234547554325029278652080695777097174110223204297635120533077799689
7925116619870771785775955521720081320295204617949229259295623920965797873558158667525495797313144806249260261837941
3050805826860315351341787396228349908863577580621046066363721305877953223449720108084863695414018358513598580356035
7402187290815556658060718646126897283979462184226757934963889335724758876195913765676241112502070870487046517939639
8710109200363934745618090601613377898560296863598558024761448933047052222860131377095958357319485898496404572383875
1707022423326334368944232973818777331532869442179361253019078689036036632831615027261399341528040711719149239033418
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5531625715648079690340526715047607547426769600382558140343547165208345988645384325939081543929189390898961090835219
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9701387608081702091847286335136878374525129293629437313779779416816313098368883362459248827004253327531017403740185
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4968105571827778142965924425166670311013582062531651890693646266361337678367700157490956144496282820569082033001312
1289873007855206280915035880334071746233511142838096550651818271177825964147342275885803162473648253508879276299074
8132426924617141695210685488182753616127869552164123832632461640346027710530522171274169098317144258427543593251937
0836792052487018621270857453151819707979762415632236962753030362501005740150318524177138171691695906655048049426747
3696656051819527729740440782487416353087074803447126307550453018768734511631260002571765708294113447159058326859464
0229754890618685697155293253336791929045091813389890395312261140776041463413951202531990687206904506543173607993524
3479108203969547806192645325464405312458636202601615695788832641991034551974179214039606181745946733221136711305167
5844970722080638249309285348257747082754939860608508486386549912912220391895379332321814344998458680557267915553525
2121139077233890379794274852093095046415996391960532960302927392746639062341900848822198000407543902507184301684808
6615700902205315827385741726790231019356606424366083408020278639226365245339550470624410895779104929890839709771580
6857036527872932846771952274875201321856644284239116502005786314083266606564469023548865452436995428173054383481532
5251563116034389414406125996622649598787690037124124063050727130493610607775193517666843509790951124703777285270451
8165355628562165676197938296083725208475920318111438440400511461399032627336214615066785188007932756348644480372696
3278475818453468509565365380723807736793526242145533088833679727074192838872685484977387306670007551965761431583941
1020424926231332427702708217100471371521679488724687411892598056239104871389750342033766733449890600521117278446705
3052132742533218973497888830794362609912556974135083943406175071287644522203955745515001944299623273931709148790514
8812821582894579949748623433452865460274945133477267345362799684706610937707688048379567860499887327287273158785195
5052169469865717593728759845149940873667356996903222126190733721319849728737148239220563611582767192936875179509573
1477534772978007387045096920420140564164967045884905746679368215552190109502796602359020062956342662169755616626195
6721403439803621918243177242110484823901622121433246394511832190737036276362556947535372619436126996645342229589006
7369520148703938650150870744147352202207704110700883280307315450410857217624486003245745296424458015508875355814451
2891817368634611656711105015110971476054436153792020754611507352916793535980374623315803540250729358542213495023965
5004818456256327794930441926282941363007224150758144477688955569616025741423859274415740477217643474948663183182648
2100837857490802221991221446941174002708561590951048858459673923326023018437403287028085697823111824603926421290247
2919253522678756789786856460057054510894537419064937155889425332970348698269338663457480780107871925412978490715527
6683405362407228975018016417486695226639468897799829747034414846605232977531914266638473906810541671168066131262918
8347648006396547623451925405804002577279508590618173260001883566775762496350845122664105575516451344702620834854807
7617370192362640638483137184208747722309446797866122164968984232278924876260516789868647573901226036106792466172839
0016267344059903224026536343550301552983264519865881303942586617734987280231892544278016113318354276103258002393942
6078587569494851193007158539298431639675755313524842212748148640272973071554571094234324718569705236356722865515162
6567238924808065927944895307870815360666674131459826079881127875465631300778574348418961080949911943603756107532635
9414143476882494692530787790693275290895909945065272071979419682741840819830567497688086236460819345623637702467815
0731334661979231199391171959793528331174968205005772999385664769842608155189408667763208554831598361888504483399113
5150513290970399008891906313337580409488695589546591264810453462143029573337599289895932966444468690064867453166187
8821297194146191914132978673375283702995190706179924178140249356285006536273771636355569720003246996130665282451695
1672731618313938675587912782649337580400110592113722708391235184597091074806698526960809091818729785015740645445482
6447107863338659911318881013774631898449674598901154033425931534774008211073481847152125337450727153813104829661297
9081477663269791394570357390537422769779633811568396223208402597025155304734389883109376;
Appendice 199
Che cosa abbiamo imparato da questo esempio? Sicuramente alcune cose im-
portanti. Innanzitutto abbiamo visto che i numeri possono essere veramente
grandi (il numero precedente ha 30103 cifre, se non ci credete... contatele), ciò
nonostante i moderni calcolatori e programmi fatti bene non hanno difficoltà
a trattarli. Poi abbiamo imparato che per la soluzione di un problema si può
arrivare alla stessa risposta seguendo strade diverse. Una è semplicissima ma
lenta, l’altra è molto più complicata, perché si basa su fatti teorici non banali,
ma veloce.
Forse dovrei scusarmi per il fatto di avere contribuito alla deforestazione
del pianeta con la stampa di quel numero enorme, ma spero che le motivazioni
e le conclusioni che si sono tratte compensino il sacrificio. E se qualche lettore
volesse vedere anche u12 ? Di quante pagine avrebbe bisogno l’output? Tale
lettore provi a fare i conti con CoCoA e avrà una notevole sorpresa... però, se
ci penserà un poco...
Define Companion(F);
D := Deg(F);
Cf := Coefficients(-F,x);
T := Mat([Reversed(Tail(Cf))]);
M := MatConcatHor(Identity(D), Transposed(T));
Return Submat(M, 1..D, 2..(D+1));
EndDefine;
Define CharMat(F);
D := Deg(F);
Id := Identity(D);
M := x*Id - Companion(F);
Return(M);
EndDefine;
200 Appendice
F := x^6-15x^4+8x^3-1;
Companion(F);
Mat([
[0, 0, 0, 0, 0, 1],
[1, 0, 0, 0, 0, 0],
[0, 1, 0, 0, 0, 0],
[0, 0, 1, 0, 0, -8],
[0, 0, 0, 1, 0, 15],
[0, 0, 0, 0, 1, 0]
])
-------------------------------
A := CharMat(F);
Mat([
[x, 0, 0, 0, 0, -1],
[-1, x, 0, 0, 0, 0],
[0, -1, x, 0, 0, 0],
[0, 0, -1, x, 0, 8],
[0, 0, 0, -1, x, -15],
[0, 0, 0, 0, -1, x]
])
-------------------------------
F=Det(CharMat(F));
TRUE
-------------------------------
10 Comandamenti Computazionali
1 Usa sempre il sistema binario
10 Non usare mai il simbolo 2
Conclusione?
Gli esempi del Capitolo 8 hanno confermato il fatto che le matrici simmetriche
reali godono di una proprietà veramente notevole, ossia sono simili ad una
matrice diagonale, mentre non si può dire altrettanto, in generale, per quelle
non simmetriche. Ma che cosa si può dire in generale?
Solitamente i capitoli precedenti si concludevano con domande che tro-
vavano qualche risposta nei capitoli successivi. Ma qui il libro si conclude e
pertanto non troverete risposta all’ultima domanda. La matematica, come in
generale la vita, insegna a fare domande e la ricerca di risposte genera altre
domande in un flusso continuo. Per ora suggerisco al lettore di accontentarsi
di sapere che alla domanda precedente si può rispondere usando strumenti un
poco più elevati come le forme canoniche razionali, le forme di Jordan e altre
invenzioni matematiche.
Più le domande sono difficili, più le sfide sono interessanti e la matematica
è una palestra fondamentale dell’andare oltre. Quindi propongo l’ultima que-
stione: pensate che le nuvole siano un limite per lo studio del cielo? Oppure
la lettura di questo libro vi ha fatto venire voglia di andare oltre?
e v o i p e s á t e m e t à s e p i o v e
(palindrome dedicata alle nuvole,
da Palindromi di (Lo)Renzo
di Lorenzo)
Riferimenti bibliografici
[−] Come già detto nell’introduzione, basta usare un qualsiasi motore di ricerca,
digitare linear algebra oppure algebra lineare oppure matrix, oppure linear
systems, oppure... ed essere sommersi da miriadi di pagine web contenenti
informazioni su libri, convegni, altre pagine dedicate all’argomento. Quindi
ho deciso di limitare la bibliografia ad un riferimento al software CoCoA e
a un paio di miei articoli letterario-divulgativi che possono essere usati dal
lettore come stimolo ad andare avanti. Mi è rimasto un solo dubbio: questo
libro “Algebra Lineare per tutti” dovrebbe essere incluso nei suoi riferimenti
bibliografici?
CoCoA, IX, X, 103, 187, 191, 194, 195, autovalore, XI, 45, 166–168, 172, 177,
199, 203 181, 194
9 Ottobre, XII, 203 autovettore, XI, 166, 167, 176, 177, 194
azienda vinicola, 24
frasi auto-referenziali, aforismi, battute,
citazioni, palindromi,..., V, VII, back substitution, 54
IX–XII, 1, 9, 23, 45, 47, 77, 103, ballerino, IX
107, 129, 131, 145, 150, 154, 159, base, XI, 97–99, 111, 117, 119, 130, 133,
163, 171, 181, 187, 200, 201, 203 135, 147, 148, 152, 153, 164–166,
168, 176, 194
cambio, 95, 113, 121, 167
algebra, 4, 77, 79, 85, 98, 112
canonica, 98–100, 110, 113, 131, 146,
computazionale, 4, 103 148, 149, 169
lineare, VII, IX, XI, 103, 108, 109, ortogonale, XI, 130, 133, 140
147, 167, 184 ortonormale, XI, 130, 131, 133,
teorema fondamentale, 176 137–139, 146, 150–152, 155, 163,
algoritmo, IX, 2, 68 166, 177
anello, X, 37 bilinearità, 91
angolo, 86, 89, 132, 166 Binet, 93
approssimazione, 3, 64, 65, 159
area, 16, 85, 86, 132 calcolatore, X, XII, 3, 33, 45, 64, 68,
argento, 77 103, 187, 188, 199, 200
arrotondamento, 65 calcolatrice simbolica, 188, 191
ascissa, 13, 81 calcolo, IX, 1–3, 37, 49, 59, 62, 64, 65,
asse, 81, 82, 85, 165 92, 119, 140, 157, 164, 172, 173,
ascisse, 81 190
ordinate, 81 artificio, 121
assi ortogonali, 13, 85, 86, 88, 90, 107, effettivo, 33, 59
129, 132, 137 esperimento, 12
autore, X, XI numerico, 1, 3
anonimo, X, 129, 131 simbolico, IX, XI, 1, 4
ignoto, 163 caratteristica, 134
autospazio, XI, 166, 173, 176, 177, 180, Cauchy-Schwarz, 91
194 Chesterton, 171
206 Indice analitico