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Le politiche per l’innovazione e l’informatizzazione hanno assunto un ruolo centrale nella riforma
della Pubblica Amministrazione (PA) in Italia a partire dal lancio del Piano nazionale di
e-government del 2001, a seguito dell’esperienza delle riforme Bassanini degli anni ’90 e sulla
spinta di strategie europee quali la Strategia di Lisbona, i Piani eEurope e i2010.
Gli interventi a favore dell’offerta di servizi di e-government e e-democracy trovano molteplici
giustificazioni sia dal punto di vista dell’efficienza e dell’efficacia della macchina amministrativa – in
termini di riduzione dei costi, semplificazione amministrativa, capacity building – sia dal punto di
vista della trasparenza, dell’inclusione sociale e della più generale accountability dell’azione
pubblica. L’introduzione di tecnologie per l’informatizzazione e della comunicazione (ICT) per
l’offerta di servizi pubblici, infatti, implica l’instaurarsi di un rapporto più diretto tra PA e cittadini,
con evidenti conseguenze anche sull’etica della politica e dell’amministrazione. Inoltre, il settore
pubblico può svolgere, oltre al ruolo di utilizzatore finale di tecnologia – capace di orientare con le
sue scelte di acquisto la qualità dei beni e servizi ICT offerti dal mercato (public procurement) –
anche quello di catalizzatore dell’attività innovativa svolta a valle da cittadini e imprese.
Mentre con la modifica del Titolo V della Costituzione l’attuazione e il governo degli interventi
avviene prioritariamente a livello regionale e locale, a partire dal 2000 a livello nazionale gli sforzi
sono stati diretti, oltre all’informatizzazione dei Ministeri e delle altre strutture centrali, alla
costruzione di un quadro comune di riferimento in termini di strategie e priorità condivise. Tra le
iniziative più significative lanciate dal 2000 al 2006 è utile citare, oltre al Piano Nazionale di
e-government (la prima fase e la seconda fase del Piano Nazionale di e-government hanno richiesto
un investimento complessivo rispettivamente di 472 milioni di Euro e 207 milioni di Euro), il Codice
dell’Amministrazione Digitale (CAD) ad oggi in fase di aggiornamento, e il Sistema Pubblico di
Connettività (SPC). Proprio il CAD, richiamando la competenza esclusiva dello Stato sul
coordinamento informatico dei dati dell’Amministrazione statale, regionale e locale, attribuisce allo
Stato la fissazione delle regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e l’interoperabilità dei
sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l’accesso ai
servizi erogati in rete dalle amministrazioni. L’attuazione del Piano nazionale di e-government, in
particolare, è stata caratterizzata da una forte collaborazione tra centro e periferia, consentendo,
nell’aprile del 2002, il co-finanziamento, da parte del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie
Lucio Stanca, di 134 progetti-pilota che hanno visto la partecipazione di circa 5.000 Enti locali. Si è
trattato, nella maggioranza dei casi, di iniziative pioneristiche volte alla costruzione di portali per
l’accesso ai servizi on line, grazie allo sviluppo, da parte di Enti “capofila”, di soluzioni informatiche
da estendere successivamente agli altri Enti aderenti ai vari progetti. L’attuazione dei progetti è
stata supportata, sul territorio, dalla rete dei Centri Regionali di Competenza per l’e-government
(CRC) – gruppi di lavoro composti sia da funzionari regionali sia da esperti del Centro Nazionale per
l’Informatica nella PA – tramite azioni di assistenza tecnica, raccolta dati e comunicazione dei
risultati. Nonostante molte delle iniziative finanziate abbiano scontato una scarsa sostenibilità
economica al termine dei finanziamenti nazionali e regionali e un’attenzione insufficiente verso la
reingegnerizzazione dei processi interni per l’offerta di servizi realmente avanzati, esse hanno
costituito la base di future iniziative locali e hanno contribuito a promuovere la consapevolezza
anche politica circa l’importanza dell’innovazione in un contesto locale complessivamente ancora
arretrato.
A partire dalla conclusione della prima fase del Piano nel 2006, però, il livello di governo nazionale
ha dimostrato, in generale, una minore incisività nel proporre e attuare strategie unitarie e di
sistema (i 7 obiettivi di legislatura per l’e-government del Ministro Nicolais, peraltro difficilmente
misurabili, sono rimasti in larga misura disattesi nonostante gli sforzi profusi verso la realizzazione
di una governance condivisa), facendo sì che le strategie e le politiche regionali assumessero un
ruolo centrale. In particolare, a fronte della drastica diminuzione di risorse ordinarie nazionali, si è
assistito, al Centro Nord, ad una maggiore frammentazione degli interventi che ha portato a
privilegiare le iniziative delle singole Regioni finanziate prevalentemente con fondi propri e, al Sud,
ad un maggiore ruolo esercitato della politica regionale comunitaria e nazionale, dato che i Fondi
Strutturali Comunitari e il Fondo Aree Sottoutilizzate (FAS) costituiscono anche oggi di gran
lunga la principale fonte di finanziamento per questo settore. Gli investimenti sul tema
dell’e-government finanziati dai fondi comunitari nel periodo 2000-2006, infatti, sono stati pari a
595 milioni di euro, secondo l’ultima Relazione del Ministero dello Sviluppo Economico sullo stato
di attuazione del Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006. Inoltre, secondo il rapporto del
CNIPA “Lettura trasversale sulle politiche di e-government e società dell’informazione”, sono da
considerare anche gli investimenti attuati, nello stesso periodo, mediante gli Accordi di
Programma Quadro del settore “Società dell’Informazione” (sui quali convergono i Fondi
Strutturali ma anche da risorse del FAS e risorse regionali ordinarie), che impiegano
complessivamente oltre 1.280 milioni di euro di investimenti (il 73% dei quali destinati al
Mezzogiorno).
Per quanto riguarda gli investimenti programmati per gli anni futuri, in attesa che il Governo
nazionale sblocchi la dotazione di 800 milioni di euro dedicati alla diffusione della banda larga, la
programmazione del Quadro Strategico Nazionale 2007-13 ha destinato, secondo il Rapporto del
Ministero dello Sviluppo Economico “Migliorare le Politiche di Ricerca e Innovazione per le Regioni
“, ulteriori 653 milioni di euro ai soli servizi di e-government, a cui vanno aggiunti 373 milioni di
euro per la diffusione della banda larga nei territori a fallimento di mercato.
Questa situazione, quindi, da una parte ha determinato, nel Centro-Nord, la nascita di iniziative
spesso virtuose di coinvolgimento degli Enti Locali da parte dei Governi Regionali, ma, dall’altra
parte, ha messo in luce le gravi difficoltà delle strutture organizzative delle Amministrazioni
Regionali del Mezzogiorno, che avevano avuto nella politica nazionale un riferimento prioritario
nella definizione delle strategie, nel priority setting degli obiettivi e nella definizione di azioni di
sistema a carattere inter-regionale.
L’esigenza, da parte delle Regioni, di convergere verso strategie e modelli condivisi si è
concretizzata, nell’ultimo anno, nella proposta di un “Piano Straordinario e-gov 2010”, approvato
dal Centro Interregionale per i Sistemi informatici, geografici e statistici (CISIS) a marzo 2009. Al
centro del Piano vi è l’idea che il coordinamento inter-regionale possa rappresentare la risposta alla
crescente duplicazione di piattaforme, soluzioni e servizi a livello territoriale, spesso virtuosi ma
scarsamente interoperabili. La proposta regionale va a integrare il piano nazionale “e-gov 2012” del
Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta, lanciato a gennaio 2009,
che si inserisce nella più ampia azione di riforma della PA riassunta nel Piano Industriale per la
Pubblica Amministrazione. Il piano elenca ben 80 diverse iniziative, incluse all’interno di 27
obiettivi strategici, consistenti sia in specifici progetti pilota sia nella diffusione di particolari
strumenti quali la posta elettronica certificata. Data la particolare condizione della finanza pubblica
a seguito della crisi economica, e-gov 2012 non prevede di fatto investimenti (alcune iniziative sono
tutt’ora prive di copertura finanziaria), promuovendo progetti “a costo zero” che fanno leva sui
risparmi generati dall’introduzione delle nuove tecnologie. Sul fronte territoriale, sebbene le
Regioni considerino la strategia del Ministro incapace di valorizzare i progetti e processi di
innovazione già avviati a livello locale negli ultimi anni (vedi introduzione al “Piano Straordinario”),
nel piano nazionale non mancano iniziative ambiziose, quali l’automazione della circolarità
anagrafica, avente lo scopo di eliminare l’obbligo per il cittadino di comunicare i propri dati a vari
Enti (Comune, Agenzie delle Entrate, Motorizzazione, Aziende sanitarie, etc.), che però risulta ad
oggi ancora nelle fasi preliminari di attuazione.
Il Ministro Brunetta, inoltre, negli ultimi mesi, si è formalmente impegnato a colmare il gap tra
obiettivi nazionali e territoriali alla ricerca di un maggiore coordinamento con le Regioni, facendo
leva su sedi e strumenti di governance introdotti dai precedenti governi. E’ datata 8 aprile 2009 la
firma di un protocollo d’intesa tra il Governo e la Conferenza delle Regioni e Province Autonome ai
fini di promuovere “una costante interlocuzione attraverso la creazione di canali di raccordo diretti
e permanenti tra i due livelli istituzionali”. È stato sancito, inoltre, dal Comitato dei ministri per la
società dell’informazione, convocato il 18 settembre 2009, l’impegno del Governo a promuovere
intese e accordi di collaborazione tra le Regioni, nel quadro dell’azione sviluppata dalla
Commissione permanente sull’innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali
(“ex-Lanzillotta”), che opera presso la Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città e autonomie locali.
2. I risultati
registrare nell’utilizzo dei servizi offerti via web dalla Pubblica Amministrazione.
Questi risultati sembrano quindi suggerire che, nella fase attuale di diffusione dell’e-government in
Italia, la principale determinante dello scarso utilizzo dei servizi della PA sia, dopo tanti sforzi per la
costruzione di portali web, ancora la scarsità dell’offerta.
Sembra, cioè, che gli Enti Locali incontrino difficoltà non tanto a promuovere l’utilizzo dei propri
servizi, quanto ancora a erogare i servizi stessi. Difficoltà di bilancio, assenza di infrastrutture di
connettività, scarso commitment politico, mancato coinvolgimento in progetti condivisi con altre
Amministrazioni, insufficiente utilizzo delle ICT nei processi interni caratterizzano gli Enti “esclusi”
dalla diffusione dell’e-government. In altre parole, larga parte della popolazione italiana, spesso –
ma non solo – residente in Comuni di piccole dimensioni o in aree “marginali”, soffre di un digital
divide legato non solo alla mancanza di banda larga, ma anche all’impossibilità di interagire
efficacemente con la PA attraverso il web.
Gli ultimi dati disponibili dell’indagine Istat sulle ICT nelle Pubbliche Amministrazioni locali –
riportati nella recente e obiettiva Indagine conoscitiva sull’ICT nella Pubblica Amministrazione
presentata dal Ministro Brunetta alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera nell’ottobre
2009 – confermano questo fenomeno. Solo a titolo di esempio, nel 2007 il 97% dei Comuni Italiani,
il 98% delle Comunità montane e l’89% delle Province ha dichiarato di non erogare nemmeno un
“servizio a piena interattività” sul proprio sito web.
Difficoltà nell’offerta si riscontrano anche considerando il tema della partecipazione alla politica
locale tramite il web e le nuove tecnologie. Il rapporto del Dipartimento per l’Innovazione e del
CNIPA sopra citato mostra che forum e sondaggi sono presenti, rispettivamente, nell’8 e 7% dei
Comuni Italiani superiori ai 10.000 abitanti. Iniziative interessanti per sfruttamento delle
potenzialità del cosiddetto web 2.0 esistono ma rappresentano ancora casi isolati.
3. Quali prospettive?
Gli interventi per la diffusione dell’e-government coinvolgono in modo trasversale tutti i settori
della Pubblica Amministrazione (dalle anagrafi all’istruzione, dai servizi pubblici alla salute) e le
migliaia di Enti e Amministrazioni pubbliche che operano a livello nazionale, regionale e locale.
Ogni singola Amministrazione è chiamata a conseguire molteplici obiettivi: la reingegnerizzazione
dei processi interni al fine di migliorarne l’efficienza, lo scambio in tempo reale di dati e
informazioni con le altre Amministrazioni, l’offerta di servizi telematici ad alta interattività che
consentano di concludere le pratiche direttamente via web, la trasparenza delle informazioni gestite
nei confronti dell’utenza.
In tutto questo, le Amministrazioni Regionali stanno giocando un ruolo di primo piano, in quanto ad
esse è di fatto demandata non solo la gran parte della fase attuativa di tali politiche, ma anche il
raccordo tra i piani nazionali e le esigenze dei territori, nei quali avviene l’effettiva erogazione della
maggioranza dei servizi rivolti a cittadini e imprese.
[1] Il Rapporto è scaricabile dal sito del CNIPA all’interno di un pacchetto contenente i rapporti redatti dalla rete dei Centri Regionali di
Competenza per l’e-government e la Società dell’Informazione a dicembre 2008 e presentati a Forum PA il 12 maggio 2009.
e-government a livello locale si trova nella cartella “approfondimenti settoriali” => “servizi on line”.
This entry was posted on Monday, November 23rd, 2009 at 2:17 pm and is filed under
Pubblica Amministrazione
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