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http://www.notaiodidomenico.it/DOTTRINA/Successioni/la_rappresentazione.

htm

http://www.dirittierisposte.it/Schede/Successioni/Apertura-della-
successione/rinuncia_all_eredita_id1117833_art.aspx

http://www.dirittoprivatoinrete.it/rappresentazione.htm

http://www.brocardi.it/codice-civile/libro-secondo/

DIRITTO DI RAPPRESENTAZIONE (LEGGERE PER DOPO)


In base alla rappresentazione il discendente (rappresentante) è chiamato a succedere in luogo
dell'ascendente (rappresentato) che non voglia o non possa accettare.
La rappresentazione è istituto derivante dal diritto romano in virtù del quale un soggetto
(rappresentante) "subentra", acquistando l'eredità o il legato che si sarebbero devoluti ad altro
soggetto (rappresentato), nel luogo e nel grado del proprio ascendente al verificarsi di determinati
eventi che impediscono a quest'ultimo di succedere.
Scopo della rappresentazione è quello di evitare che i figli, ai quali perverrebbero i beni che il loro
ascendente abbia ereditato dal loro avo, debbano perdere tali beni qualora l'ascendente non partecipi
all'eredità del proprio genitore.
Scopo è quindi quello di tutelare la famiglia del rappresentato: famiglia non più solo legittima,
ma, per le novità introdotte dalla Corte costituzionale e dalla riforma del diritto di famiglia, quella
più ampia comprensiva dei discendenti naturali.
Il Fondamento è quindi stato ritrovato nella presunta volontà del de cuius e nella tutela della stirpe
familiare. Si ritiene infatti che ad essere tutelata sia la famiglia del de cuius, e non tanto quella del
chiamato.

La rappresentazione ha luogo sia nella successione legittime che in quella testamentaria, così come
previsto dal comma 2 del 467 .

Presupposti sono la premorienza, indegnità, assenza, rinunzia, perdita del diritto di accettare.

la rinunzia dell'ascendente, in quanto la regola secondo cui, in caso di rinuncia, l'eredità si devolve
a coloro ai quali spetterebbe ove il rinunziante mancasse, fa salvo il diritto di rappresentazione;
I soggetti rappresentanti (ossia coloro che succedono)
Sono legittimati a succedere per rappresentazione i discendenti legittimi e naturali del rappresentato
a seguito dell'equiparazione sancita con la riforma del diritto di famiglia. La stessa posizione dei
figli legittimi è riconosciuta ai legittimati .
I figli naturali devono essere stati riconosciuti ovvero dev'essere stata pronunciata nei loro
confronti dichiarazione giudiziale di paternità o maternità.

Qual è la differenza tra “eredi legittimi” ed “eredi legittimari”?


Gli eredi legittimi sono coloro ai quali si sarebbe devoluta l’eredità in assenza di testamento.

Sono eredi legittimi il coniuge, i figli e i parenti entro il 6° grado . Legittimari sono invece coloro i
quali hanno comunque diritto alla “legittima”, cioè ad una quota del patrimonio e sono: il coniuge, i
figli e in assenza dei figli i genitori. Gli eredi legittimi ricomprendono quindi i legittimari, se
esistenti.

La rinuncia all'eredità è una dichiarazione di non voler accettare il patrimonio lasciato dal defunto
(con testamento o senza). La rinuncia deve essere frutto di una scelta libera da condizioni e da
termini, gratuita e a favore di tutti gli altri chiamati all'eredità.

Che cosa è
E’ un atto con il quale il chiamato (l’erede) dichiara di non volere acquistare l’eredità, ad esempio
perché i debiti del defunto sono superiori ai crediti; in questo modo egli fa cessare gli effetti
verificatisi nei suoi confronti a seguito dell'apertura della successione e rimane, pertanto,
completamente estraneo alla stessa, con la conseguenza, tra l’altro, che nessun creditore potrà
rivolgersi a lui per il pagamento dei debiti ereditari.

Come si rinuncia all’eredità


La rinuncia all'eredità va fatta con una dichiarazione:
1. ricevuta da un Notaio o
2. ricevuta dal Cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione
(Cancelleria della Volontaria Giurisdizione).
La dichiarazione deve essere inserita nel Registro delle successioni conservato nello stesso
Tribunale.
La dichiarazione di rinuncia:
- non deve prevedere alcuna condizione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità a
condizione che Tizio venda a Caio i suoi gioielli”)
- non deve prevedere alcun termine (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità fino al
31.12.2013”)
- non deve prevedere alcuna limitazione (ad esempio, non si può dichiarare “rinuncio all’eredità
limitatamente all’autovettura del defunto, ma accetto la sua casa”).
In caso contrario, la dichiarazione è nulla (ossia non produce nessun effetto).

Se la rinuncia viene fatta dietro corrispettivo o a favore di solo alcuni degli altri soggetti chiamati
all’eredità, ciò comporta l’effetto contrario, ossia l’accettazione dell’eredità. Facciamo un paio di
esempi.
1. Aldo, Bruno e Carlo sono tutti chiamati all’eredità di Dino. Si immagini il caso in cui Aldo
dichiari di rinunciare all’eredità previo pagamento di 100 da parte di Bruno e di Carlo. La
legge ricollega a questo l’effetto contrario, ossia Aldo accetta l’eredità.
2. Si immagini ora il caso in cui Aldo dichiari di rinunciare gratuitamente all’eredità di Dino,
ma solo a favore di Bruno e non di Carlo. Anche in questo caso, si ottiene l’effetto contrario
a quello voluto, ossia Aldo accetta l’eredità.

Entro quando va fatta la rinuncia


Secondo l’art. 480 cod. civ., il diritto di accettare - e quindi di rinunciare - l'eredità si prescrive
(cioè può essere esercitato) in dieci anni dal giorno della morte del defunto. In caso di accertamento
giudiziale dello stato di figlio, tuttavia, il termine decennale inizia a decorrere dal passaggio in
giudicato della relativa sentenza (art. 480, 2° comma, cod. civ.).
Il termine di 10 anni può tuttavia essere abbreviato: chiunque vi ha interesse (ad esempio, un
creditore personale del chiamato) può chiedere al Tribunale del luogo ove si aperta la successione
che sia fissato un termine entro il quale il chiamato dichiari se accetta o rinunzia all'eredità (azione
c.d. “interrogatoria”). Trascorso questo termine senza che abbia fatto la dichiarazione, il chiamato
perde il diritto di accettare/rinunciare l’eredità (art. 481 cod. civ.).

Effetto retroattivo, revocabilità della rinuncia e decadenza


Il chiamato all’eredità che fa la dichiarazione di rinuncia viene considerato come se non vi fosse
mai stato chiamato. Si parla infatti di effetto retroattivo della rinuncia (art. 521 cod. civ.).
Vi sono tuttavia due eccezioni: chi ha rinunciato all’eredità può
• trattenere la donazione ricevuta, oppure
• domandare il legato a lui fatto sino al valore massimo della porzione disponibile (i giudici
ritengono che il coniuge superstite del defunto, anche se rinuncia all’eredità, può trattenere il
diritto di abitazione e di uso, trattandosi di un diritto previsto dall’art. 540 cod. civ.).

La rinuncia è revocabile

se l’eredità non è nel frattempo già stata acquistata da qualcun altro dei soggetti chiamati. Sono
ovviamente fatte salvi i diritti acquistati da soggetti terzi sopra i beni dell'eredità (art. 525 cod. civ.).
Decade dal diritto di rinunciare (e si considera erede puro e semplice) il chiamato all'eredità che ha
sottratto o nascosto beni spettanti all'eredità stessa (art. 527 cod. civ.).

Devoluzione dell’eredità
Che cosa accade all’eredità se il soggetto chiamato fa la dichiarazione di rinuncia? A chi spettano i
beni?
Si distinguono due situazioni:
1. nelle successioni legittime (vedi le schede sulla successione del coniuge, dei figli, dei
parenti):

SE VI SONO ALTRI COEREDI LEGITTIMI, LA PARTE DI COLUI CHE RINUNCIA


VIENE SUDDIVISA EQUAMENTE FRA QUESTI COEREDI, SALVO IL DIRITTO DI
RAPPRESENTAZIONE, CHE FA SUBENTRARE I DISCENDENTI NEL LUOGO E NEL
GRADO DEL LORO ASCENDENTE ANCHE NEL CASO IN CUI QUEST’ULTIMO
NON VUOLE ACCETTARE L’EREDITÀ;

se invece non vi sono altri coeredi legittimi, l'eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe
nel caso che egli mancasse;

2. nelle successioni testamentarie (vedi le schede sul testamento olografo, pubblico, segreto,
speciale): se vi sono altri coeredi testamentari, la parte di colui che rinuncia viene suddivisa
equamente fra questi coeredi, a meno che lo stesso defunto non abbia disposto una
sostituzione; se invece non vi sono altri coeredi testamentari, l’eredità si devolve agli eredi
legittimi.
Facciamo cinque esempi.
1. Anna muore senza testamento, lasciando le figlie Beatrice, Cinzia e Donatella. Se Beatrice
rinuncia all’eredità della madre, la sua quota (33,3%) si aggiunge alle quote di Cinzia e
Donatella, che otterranno quindi il 50% ciascuna.
2. ENNIO MUORE SENZA TESTAMENTO, LASCIANDO SOLO IL FIGLIO FEDERICO.
QUEST’ULTIMO A SUA VOLTA HA UN FIGLIO, GIACOMO. SE FEDERICO
RINUNCIA ALL’EREDITÀ DEL PADRE ENNIO, L’EREDITÀ PASSA A GIACOMO.
3. Luca muore con testamento, lasciando i propri averi a Massimo e Nicola. Nel proprio
testamento Luca ha stabilito che, nel caso in cui Massimo o Nicola rinuncino all’eredità, la
quota sia devoluta ad una Fondazione per la Ricerca sulla Malattia “X”. Effettivamente,
Massimo rinuncia alla propria quota di eredità, che quindi passa alla Fondazione (e non a
Nicola).
4. Osvaldo muore con testamento, lasciando i suoi averi a Paola e Roberta. Nel proprio
testamento Osvaldo non ha stabilito alcunché per il caso in cui Paola o Roberta rinuncino
all’eredità. Effettivamente Paola rinuncia all’eredità: la sua quota passa a Roberta.
5. Sandra muore con testamento, lasciando i suoi averi a Tiziana, senza stabilire alcunché nel
caso in cui Tiziana non voglia accettare. Effettivamente Tiziana rinuncia all’eredità. In tal
caso, l’eredità viene devoluta agli eredi legittimi di Sandra.

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