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Il Kenya (AFI: /ˈkɛnja/[4]; in swahili Jamuhuri ya Kenya, in inglese Republic of Kenya), a volte

italianizzato come Chenia o Kenia[5], è uno Stato dell'Africa orientale, confinante a nord
con Etiopia e Sudan del Sud, a sud con la Tanzania, a ovest con l'Uganda, a nord-est con
la Somalia e bagnato ad est dall'oceano Indiano. Nairobi ne è la capitale e la città più grande.

Storia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Storia del Kenya.

Numerose città costiere del Kenya furono fondate dagli arabi che, a partire dal XII secolo d.C.,
intrattennero intensi rapporti commerciali con i gruppi indigeni. Dall'incontro tra i due popoli
nacque la cultura swahili, contraddistinta da due elementi di unificazione: la lingua kiswahili e
la religione islamica.

Il Kenya dal satellite

Gli agricoltori kĩkũyũ, etnia del gruppo bantu, rappresentarono subito il gruppo più potente e
numeroso del territorio; la loro supremazia non fu mai messa in discussione dai masai come
vorrebbe la tradizione popolare. I Masai sono un popolo nilota che arrivò nell'odierno Kenya
nel XVII secolo, per occupare il loro territorio attuale verso il 1750. Questa data è ottenuta
contando a ritroso i gruppi di iniziazione, i cui nomi sono ricordati oralmente senza eccezioni da
tutti i clan Masai. Furono i kamba, popolazione agricola interposta tra la costa e il centro del
paese, ad utilizzare storie sulla presunta ferocia dei Masai per evitare che troppe carovane di
mercanti raggiungessero l'interno, togliendo loro il ruolo di mediatori nei commerci tra la costa e
le regioni interne.
In quel periodo i portoghesi occuparono alcune località della costa, ma in seguito vennero
soppiantati dai sultani omaniti di Zanzibar. La presenza degli europei si intensificò alla fine del
XIX secolo, quando il Kenya divenne una colonia britannica. I bianchi scacciarono gli indigeni dai
fertili altopiani dell'interno, avviando l'agricoltura di piantagione. I kĩkũyũ vennero impiegati nelle
belle fattorie disseminate sul territorio e diedero un importante contributo alla crescita economica
del Paese. I kamba vennero spinti ad arruolarsi e dar vita al nascente esercito. I luya vennero
solitamente impiegati in lavori domestici e artigianato. Dando ad ogni etnia un ruolo diverso, i
coloni inglesi applicarono la legge del divide et impera usata in tutti i paesi africani sotto il loro
dominio. Questa divisione è visibile ancor oggi nella società keniota.
Nel secondo dopoguerra i kĩkũyũ lottarono aspramente per conquistare l'indipendenza (molti di
loro parteciparono alla celebre rivolta dei Mau-Mau). L'indipendenza fu ottenuta il 12
dicembre 1963 e le elezioni di quell'anno portarono Jomo Kenyatta, uno dei leader
indipendentisti, alla presidenza del paese. Kenyatta promosse una politica moderata e
filoccidentale, realizzando importanti riforme economiche e politiche che permisero la
modernizzazione e l'industrializzazione del paese; inoltre rimase in buoni rapporti con la Gran
Bretagna e con le nazioni confinanti.
Nel 1978, alla morte di Kenyatta, fu eletto presidente Daniel Arap Moi che proseguì la politica del
suo predecessore; nel 1982 approfittando di un fallito golpe da parte dell'esercito, Moi riuscì a
consolidare il proprio potere, perseguitando come traditori i suoi oppositori politici e introducendo
nel paese il monopartitismo.
Con la fine della guerra fredda, il mondo occidentale cominciò a condannare i metodi dispotici e
polizieschi del governo di Moi, che, messo alle strette dalla minaccia di sospendere gli aiuti
economici, reintrodusse nel paese il multipartitismo: tuttavia, grazie alla disorganizzazione delle
forze d'opposizione, che non riuscirono a trovare un accordo sul proprio candidato, Moi fu
confermato alla presidenza sia nelle elezioni generali del 1992 sia in quelle del 1997.
Alle elezioni generali del 2002 Moi non si presentò come candidato perché costituzionalmente
proibito, segnando di fatto il crollo del proprio regime dopo 24 anni di dominio: il nuovo
presidente fu Mwai Kibaki che avrebbe avuto l'incarico di risollevare le sorti del Kenya.
Le elezioni generali del 2007, però, furono segnate da un'esplosione di violenza etnica che
proseguì anche dopo la proclamazione di stretta misura della vittoria del partito del presidente
uscente: solo grazie alla mediazione di Kofi Annan[6] si giunse ad un armistizio tra le fazioni, con
l'intesa che il presidente Kibaki ed il suo principale rivale Odinga governassero insieme:
quest'ultimo è stato quindi nominato primo ministro, carica neoistituita e successivamente
abolita.
Le successive elezioni generali del 2013 sono state vinte da Uhuru Kenyatta, figlio di Jomo
Kenyatta. Il 2 aprile 2015 è avvenuta la Strage di Garissa, per mano del gruppo islamista di Al-
Shabaab.
Nelle elezioni dell'8 Agosto 2017 Uhuru Kenyatta sconfigge nuovamente Odinga[7] suscitando
proteste dall'opposizione che denunciano brogli. Il 1 settembre la Corte Suprema riscontrando
irregolarità nel voto ordinato una nuova consultazione entro 60 giorni[8]. Le elezioni si sono svolte
il 26 Ottobre 2017 e sono risultate nella vittoria di Kenyatta con il 98% dei voti.

Geografia[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Geografia del Kenya.

Morfologia[modifica | modifica wikitesto]


Dalla costa bassa e sabbiosa dell'oceano Indiano, il territorio del Kenya si avvia procedendo
verso l'interno. La geografia del Kenya è alquanto complessa. Il Kenya è un paese dell'Africa
Orientale, ed è attraversato dall'equatore. Pur essendo un paese equatoriale e tropicale,
presenta climi molto vari. Nel nord si trovano aree desertiche, e nel centro sud altopiani,
con boschi e savane. Il paese è attraversato da lunghe catene di montagne. Complessivamente,
l'elemento morfologico che più caratterizza il Kenya è la Rift Valley, che lo attraversa da nord a
sud. Le acque interne presentano laghi di acqua dolce e di acqua salata; numerosi sono anche
i soffioni boraciferi e i geyser. Pochi invece i fiumi, di cui solo due hanno una portata e una
lunghezza degne di nota (il Tana e il Galana).
Alla fascia costiera, lunga oltre 400 km, succede una regione di altopiani aridi e stepposi; quello
centrale, che si eleva a quote comprese tra i 1500 e i 3000 metri, è diviso dalla frattura della Rift
Valley che si sviluppa da nord a sud e che forma il bacino del Lago Turkana (o Rodolfo). Ai lati
della Rift Valley si innalzano imponenti massicci vulcanici, il maggiore dei quali è il monte
Kenya (5199 m), uno dei monti più alti dell'Africa e il Kilimanjaro (5358 m) al confine con
la Tanzania. L'altopiano digrada a ovest, in prossimità del Lago Vittoria, e a nord dove il territorio
del Kenya è occupato da un ampio tavolato desertico.

Idrografia[modifica | modifica wikitesto]


I fiumi del Kenya non sono imponenti; i due principali, il Tana e il Galana, si gettano nell'oceano
Indiano e hanno un regime molto variabile nel corso dell'anno, in funzione dalla frequenza delle
precipitazioni piovose. Il lago più vasto del paese è il Turkana, dal momento che solo una piccola
porzione del Lago Vittoria appartiene al territorio del Kenya; il Lago Turkana ha acque salmastre
e vi affiorano numerose isole.

Il clima[modifica | modifica wikitesto]


Il clima, molto caldo e umido nelle regioni costiere, diventa più mite e asciutto nel cuore del
Paese, in rapporto all'altitudine. Le piogge sono concentrate in due periodi dell'anno:
da marzo a maggio le grandi piogge, mentre da ottobre a dicembre le piogge sono intense ma
brevi. L'ambiente dominante è quello della savana, tutelato da numerosi parchi naturali che
coprono circa il 10% del territorio nazionale. Sulle pendici delle montagne e lungo il corso dei
fiumi si trovano tracce dell'originaria foresta pluviale; mentre a nord, nelle zone meno piovose, la
savana sfuma nel deserto. La savana è l'habitat di grandi mandrie
di erbivori (antilopi, gazzelle, giraffe, bufali, zebre, elefanti) e dei loro predatori
(leoni, leopardi e ghepardi). Nelle acque dei laghi e dei fiumi vivono ippopotami e coccodrilli.

Popolazione[modifica | modifica wikitesto]


Demografia[modifica | modifica wikitesto]

Crescita demografica del Kenia dal 1961 al 2003

La popolazione del Kenya (41.609.700 nel 2015) continua a crescere a ritmi elevati: nel giro di
vent'anni è pressoché raddoppiata e molto alta è la quota di popolazione giovane, con meno di
quindici anni. La densità demografica è elevata nella regione interna degli altopiani, mentre la
fascia costiera è poco abitata, fatta eccezione per la zona di Mombasa. Il tasso
di urbanizzazione è alto, con il 45% della popolazione radunata in zone urbane che si stanno
estendendo. La popolazione urbana si addensa soprattutto nelle città di Nairobi, la capitale, e di
Mombasa, città araba sulla costa.

Etnie[modifica | modifica wikitesto]


La popolazione è suddivisa in più di settanta etnie, appartenenti a quattro famiglie linguistiche:
i bantu, i nilotici, i paranilotici e i cusciti. Un tempo il paese era abitato da gruppi stanziati lungo la
costa e, nelle regioni interne, dai masai, che oggi vivono soprattutto nelle regioni meridionali.
Attualmente l'etnia più numerosa è rappresentata dal gruppo bantu dei kikuyu (21% della
popolazione); altri gruppi relativamente numerosi sono i luhya (14%), i kamba (11%), tutti di
lingua bantu, i luo (13%), di lingua nilotica, e i kalenjin (11%), paranilotici. Nel paese vivono
inoltre esigue minoranze di asiatici, europei e arabi.

Religione[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa cattolica in Kenya.

L'appartenenza religiosa è così composta: presbiteriani, altri protestanti


e quaccheri 45%, cattolici e ortodossi 35%, musulmani 11%, religioni tradizionali 9%. Altri
includono induismo, animismo, sikhismo, giainismo e il credo di bahá'í. Il Kenya contiene il più
grande gruppo di quaccheri in una singola nazione.

Lingue[modifica | modifica wikitesto]


Le lingue ufficiali del Kenya sono l'inglese e lo swahili. Tutti gli atti dell'Assemblea Nazionale
possono essere scritti in una o entrambe queste lingue.[9]
I diversi gruppi etnici del Kenya in genere parlano le loro lingue madri all'interno delle proprie
comunità. In totale in Kenya si parlano 68 lingue. Le due lingue ufficiali sono utilizzate per la
comunicazione tra le diverse popolazioni. L'inglese è maggiormente diffuso negli scambi
commerciali, nel mondo della scuola e a livello istituzionale. Gli abitanti delle periferie urbane e
delle zone rurali sono meno multilingue, molti parlano solo la propria lingua natale.
L'inglese britannico è la variante più diffusa, anche se si è sviluppata una versione di inglese
keniano contenente caratteristiche univoche derivate dalle lingue locali Bantu (in primis swahili
e Gikuyu).
A Nairobi nasce lo Sheng per poi diffondersi nelle principali città. Si tratta di un patois composto
da una miscela di kiswahili, inglese e bantu[10].
Nel 2009 la pubblicazione Ethnologue classifica la lingue di origine africana parlate in Kenya in
due famiglie linguistiche e ne riporta le principali comunità di madrelingua come segue:

 Lingue niger-kordofaniane
 Bantu
 Kikuyu 8 milioni
 Kamba 3.9 milioni
 Ekegusii 2.12 milioni
 Meru 1.74 milioni
 Luhya
 Pokomo
 Kigiryama 0.62 milioni
 Kiembu 0.43 milioni
 Lingue nilo-sahariane
 Lingue nilotiche
 Luo 4.27 milioni
 Nandi 1.6 milioni
 Masai 0.59 milioni
 Turkana 0.45 milioni

Ordinamento dello stato[modifica | modifica wikitesto]


Suddivisione amministrativa[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Contee del Kenya e Subcontee del Kenya.

Prima della riforma costituzionale del 2010, l'organizzazione territoriale del Paese era basata su
una struttura a 5 livelli. La suddivisione di primo livello era costituita da
8 province(province in inglese); queste erano a loro volta suddivise in 71 distretti (district in
inglese, wilaya in swahili), suddivisi in 262 divisioni (division in inglese, tarafa in swahili), e le
divisioni suddivise in 2427 località (location in inglese, kata in swahili) suddivise ulteriormente in
6.612 sottolocalità (sublocation in inglese, kata ndogo in swahili).
La riforma costituzionale approvata nel 2010 ha invece disposto, al capitolo 11 ("Devolved
Government"), che l'unità amministrativa di primo livello sia contea (inglese county,
plurale counties). La riforma ha avuto pieno effetto con il County Governments Act nº 17 del
2012 e le successive elezioni generali del 2013; le 47 contee sono venute a coincidere, dal punto
di vista territoriale, con le subcontee. Ulteriori suddivisioni sono infine le aree urbane, i Ward, i
villaggi e le altre unità territoriali eventualmente disposte dal governo della contea[11].

Province[modifica | modifica wikitesto]

Province del Kenya

1. Centrale 5. Nordorientale
2. Costiera 6. Nyanza
3. Orientale 7. Rift Valley
4. Nairobi 8. Occidentale

Le province, ancora usate come riferimento geografico, hanno perso i propri poteri amministrativi
a favore delle contee, che corrispondono a accorpamenti degli ex distretti.

Provincia Popolazione[12] Area (km²) Capoluogo

Centrale 3.724.159 13.191 Nyeri

Costiera 2.487.264 83.603 Mombasa

Orientale 4.631.779 159.891 Embu

Nairobi 3.138.369 10.567 Nairobi

Nordorientale 962.143 126.902 Garissa


Provincia Popolazione[12] Area (km²) Capoluogo

Nyanza 4.392.196 16.162 Kisumu

Rift Valley 6.987.036 173.854 Nakuru

Occidentale 3.358.776 8.361 Kakamega

Istituzioni[modifica | modifica wikitesto]


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Economia[modifica | modifica wikitesto]


L'economia del Kenya, dopo un periodo di benessere (anche a causa
della colonizzazione dell'Inghilterra), cadde in una profonda crisi, che peggiorò durante gli ultimi
anni della dittatura Moi. Oggi, il Kenya ha una crescita che oscilla tra il 5 e il 6% annuo. Diversa è
però la distribuzione del reddito. Il benessere di pochi (2%), infatti, è pagato con la miseria di
molti (circa il 50% della popolazione vive sotto il livello di povertà).[senza fonte]
Attualmente, l'economia si basa sulle esportazioni soprattutto agricole e sul turismo. Buona è la
crescita dell'economia, che si concentra nella capitale Nairobi, ma che si sta sviluppando in altre
città.

Agricoltura e allevamento[modifica | modifica wikitesto]


Durante il periodo coloniale le coltivazioni industriali, destinate all'esportazione, sostituirono le
vecchie colture di sussistenza, impoverendo il suolo troppo sfruttato.
Le coltivazioni di mais, sorgo, miglio e patate non bastano al fabbisogno interno, e il Kenya cerca
di evitare i rischi della monocoltura sfruttando i vari ambienti del suo territorio.
Le piantagioni forniscono, sull'altopiano: caffè, tè e piretro (una pianta utilizzata per insetticidi e
prodotti antiparassitari di cui il Kenya è il maggiore esportatore mondiale con circa 8.000
tonnellate l'anno). Sulla costa invece sono molto diffuse le piantagioni di palma da olio e
da cocco. Viene praticato l'allevamento di ovini e caprini.

Industrie[modifica | modifica wikitesto]


Le maggiori industrie si concentrano nella capitale Nairobi, e si basano sulle industrie di tipo
agro-industriale. Attualmente si stanno diffondendo in altre città. Le industrie più sviluppate sono
quella chimica, petrolchimica, metalmeccanica, del cemento e della trasformazione di prodotti
agricoli. Le maggiori risorse minerarie del Kenya sono la fluorite, l'oro, il sale e pietre preziose.

Trasporti[modifica | modifica wikitesto]


Lo stesso argomento in dettaglio: Trasporti in Kenya.

I trasporti kenioti sono abbastanza sviluppati in tutte le zone abitate del Kenya, tramite mezzi di
trasporto pubblici e privati. La metropolitana è assente, mentre i filobus sono inesistenti in tutta
l'Africa. Discreta è la rete ferroviaria.

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