UNIONE EUROPEA
CAPITOLO PRIMO
IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA:GENESI ED EVOLUZIONE
L’introduzione del modello comunitario: i Trattati istitutivi della CECA, CEE ed EURATOM
Le origini del modello comunitario risalgono alla dichiarazione del Ministro degli Esteri
francese Robert Schuman, che intende promuovere la costruzione di un’Europa
La cittadinanza dell’Unione
Il TUE prevede l’attribuzione della “cittadinanza europea”, ai cittadini degli Stati
membri,ad integrazione della cittadinanza nazionale.
La cittadinanza europea comporta il riconoscimento di alcuni diritti:
-la libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio degli Stati membri;
-il diritto di voto e di elettorato passivo alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni
comunali nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto
Stato membro;
-il diritto di petizione al Parlamento europeo.
Trattato di Lisbona
Il 13 dicembre 2007 i rappresentanti dei 27 Paesi membri dell’Unione hanno firmato il
Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1 Dicembre 2009.
Il Trattato di Lisbona riforma i precedenti Trattati, vale a dire il Trattato sull’Unione europea
(TUE) che conserva la sua denominazione, e il Trattato istitutivo della Comunità europea
(TCE), ridenominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
-Il Trattato sull’Unione europea (TUE), il cui primo articolo stabilisce che “L’Unione
sostituisce e succede alla Comunità europea”, diventa un trattato base che contiene,
cioè, le norme essenziali e stabilisce i valori, i principi fondamentali, le competenze e
l’assetto istituzionale dell’Unione;
-Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) si caratterizza, invece, come
trattato applicativo che fissa le regole di funzionamento delle istituzioni, degli organi e
degli organismi e disciplina sia le politiche interne sia l’azione esterna dell’Unione.
Il Trattato di Lisbona supera l’architettura istituzionale fondata sui tre pilastri distinti in base
al metodo di funzionamento (comunitario o intergovernativo). In particolare, oltre a
sostituire la Comunità europea con l’Unione:
-trasferisce nell’ambito dell’Unione le materie appartenenti al terzo pilastro (cooperazione
giudiziaria in materia penale e cooperazione di polizia), che vengono incluse nel cd.
“spazio di libertà, sicurezza e giustizia”;
-conferma l’assoggettamento della PESC (ex secondo pilastro) ad un regime speciale.
Ancora, il Trattato di Lisbona:
1)inserisce il Consiglio europeo a pieno titolo nell’ambito delle istituzioni europee e
prevede la creazione di un Presidente stabile dell’organo;
2)modifica la composizione del Parlamento europeo e rafforza il ruolo della istituzione,
generalizzando la procedura legislativa ordinaria (corrispondente alla previgente
procedura di codecisione);
6
CAPITOLO SECONDO
GLI AMBITI DI INTERVENTO DELL’UNIONE EUROPEA
Il principio di attribuzione
Le competenze dell’Unione si fondano sul principio di attribuzione in virtù del quale
l'Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli
Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti.
Pertanto l’Unione può agire soltanto nei settori contemplati dai trattati e per il
raggiungimento dei risultati ivi previsti.
Il principio di attribuzione si riferisce all’attività esercitata dall’Unione sia a livello interno, sia
in ambito internazionale; la funzione di delimitazione sottesa al principio di attribuzione
mira a scongiurare il rischio di una estensione delle competenze dell’Unione al di fuori
della volontà degli Stati membri: l’ampliamento dei poteri dell’Unione postula, infatti,
l’attivazione della procedura di revisione dei trattati ai sensi dell’art. 48 TUE, richiedente
l’intervento degli Stati membri.
La portata del principio incontra alcune attenuazioni riconducibili a:
-la teoria dei poteri impliciti;
-la clausola di flessibilità.
In virtù della teoria dei poteri impliciti, elaborata in via giurisprudenziale, l’Unione può
considerarsi competente all’adozione di determinate misure, pur in mancanza di una
espressa attribuzione di competenza, quando l’adozione di tali misure risulti necessaria per
l’esercizio di un potere espressamente attribuito all’Unione.
La clausola di flessibilità permette all’UE di andare al di là del potere d’azione che le è
attribuito dai trattati, se necessario per raggiungere l’obiettivo prefissato. Essa è
contenuta nell’art. 352 TFUE ai sensi del quale “Se un'azione dell'Unione appare
necessaria, nel quadro delle politiche definite dai trattati, per realizzare uno degli obiettivi
di cui ai trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti a tal fine,
il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa
approvazione del Parlamento europeo, adotta le disposizioni appropriate”.
L’ambito operativo della procedura di flessibilità incontra due limiti espressi:
-il primo riguarda i mezzi: la nuova azione non può determinare un'armonizzazione delle
disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri nei casi esclusi dai trattati;
-il secondo riguarda gli obiettivi perseguibili: la clausola di flessibilità non può applicarsi al
settore della politica estera e di sicurezza comune.
Le competenze esclusive
Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza esclusiva in un determinato
settore, solo l'Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti.
Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall'Unione oppure per
dare attuazione agli atti dell'Unione.
L’Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori:
a)unione doganale;
b)politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro;
c)definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato
interno;
d)conservazione delle risorse biologiche del mare;
e)politica commerciale comune;
L'Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali
allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell'Unione o è necessaria per
consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può
incidere su norme comuni o modificarne la portata.
Le competenze concorrenti
Quando i trattati attribuiscono all'Unione una competenza concorrente con quella degli
Stati membri in un determinato settore, l'Unione e gli Stati membri possono legiferare e
adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro
competenza nella misura in cui l'Unione non ha esercitato la propria. Gli Stati membri
esercitano nuovamente la loro competenza nella misura in cui l'Unione ha deciso di
cessare di esercitare la propria.
Tre sono, pertanto, gli aspetti caratteristici dei poteri di azione in capo agli Stati membri
nei settori affidati alla competenza concorrente dell’Unione:
-gli Stati membri conservano pieni poteri di azione finché perdura l’inerzia dell’Unione;
-man mano che l’Unione agisce, gli Stati membri perdono progressivamente i propri poteri
di azione sugli aspetti disciplinati dagli atti dell’Unione;
-gli Stati membri riacquistano i pieni poteri di azione ove l’Unione decida di cessare
l’esercizio della propria competenza.
L’art. 4 TFUE individua i settori affidati alla competenza concorrente dell’Unione e degli
Stati membri:
a)mercato interno;
b)politica sociale;
c)coesione economica, sociale e territoriale;
d)agricoltura e pesca;
e)ambiente;
f)protezione dei consumatori;
g)trasporti;
h)reti transeuropee;
i)energia;
l)spazio di libertà, sicurezza e giustizia;
m)problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica.
CAPITOLO TERZO
IL FUNZIONAMENTO DELL’UNIONE
Sezione I
L’assetto istituzionale
10
Il quadro istituzionale è unico, nel senso che non muta a seconda dei settori di intervento
dell’Unione. Viceversa, varia il ruolo assegnato alle singole istituzioni e i poteri da esse
esercitabili, anche in funzione delle diverse procedure decisionali applicabili.
Accanto al ruolo assegnato agli organi dell’Unione, il Trattato di Lisbona introduce il
contributo dei parlamenti nazionali, che contribuiscono attivamente al buon
funzionamento dell’Unione; essi:
-vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà
-partecipano alla procedura di revisione dei trattati
-sono informati sulle domande di adesione all’UE
-ricevono i progetti di atti legislativi dell’Unione
Le istituzioni dell’Unione possono essere distinte in:
-ISTITUZIONI POLITICHE: Parlamento europeo, Consiglio e Commissione che svolgono
funzioni di politica attiva, partecipando all’adozione di atti legislativi e/o amministrativi;
-ISTITUZIONI DI CONTROLLO: Corte di giustizia e Corte dei Conti, che svolgono funzioni di
controllo giurisdizionale e contabile.
La Banca centrale europea costituisce, invece, un’istituzione specializzata, atteso il suo
circoscritto ambito di operatività: agisce, infatti, soltanto nell’ambito dell’Unione
economica e monetaria (UEM).
Principi regolatori
Il quadro istituzionale dell’Unione è regolato da tre principi riguardanti i rapporti tra le
istituzioni:
-il principio di coerenza richiede che nei settori di competenza dell’Unione le istituzioni
agiscano in modo coordinato tra loro;
-il principio di equilibrio istituzionale attiene ai rapporti tra le istituzioni, imponendo a
ciascuna istituzione di esercitare le competenze ad essa spettanti nel rispetto di quelle
attribuite alle altre istituzioni;
-il principio di leale collaborazione impone la cooperazione reciproca, sia nei rapporti tra
le varie istituzioni, sia nelle relazioni tra le istituzioni e gli Stati membri.
IL PARLAMENTO EUROPEO
Ai sensi del’art. 14 TUE, il Parlamento europeo è composto di rappresentanti dei cittadini
dell’Unione.
I membri del Parlamento europeo vengono eletti in ogni Stato membro a suffragio
universale diretto, libero e segreto per un mandato di 5 anni.
L’elezione dei membri del Parlamento europeo dovrebbe avvenire “secondo una
procedura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati
membri”: l’art. 223 TFUE rimette al Consiglio l’adozione delle disposizioni necessarie,
secondo una procedura legislativa speciale.
In base alla disciplina attualmente in vigore per l’elezione dei membri del Parlamento
europeo, l’Unione:
-si limita a stabilire principi comuni;
-rimette agli Stati membri la possibilità di applicare le rispettive disposizioni nazionali nper
gli aspetti non regolati a livello dell’Unione.
I principi comuni concernono i seguenti aspetti:
-sistema proporzionale di voto;
-attribuzione a ciascun elettore di un solo voto;
-incompatibilità della carica di membro del Parlamento europeo con quella di membro
del parlamento nazionale.
Il numero complessivo di componenti del Parlamento europeo non può essere superiore a
settecentocinquanta, più il presidente. La rappresentanza dei cittadini è garantita in
11
modo degressivamente proporzionale, con una soglia minima di sei membri per Stato
membro. A nessuno Stato membro sono assegnati più di novantasei seggi.
Per la legislatura precedente (2009-2014) , si è tuttavia resa necessaria l’adozione di una
disciplina transitoria a livello dell’unione, al fine di confermare la composizione totale di
754 membri, considerato che al momento delle votazioni la disciplina relativa al numero
massimo dei componenti del Parlamento europeo non risultava applicabile, in quanto il
Trattato di Lisbona non era ancora entrato in vigore.
Nella legislatura in corso (2014-2019) il numero dei parlamentari è tornato a 751, secondo
quanto stabilito dal citato art. 14 TUE.
Il Parlamento europeo dispone di due organi interni:
-il Presidente, che dirige l’insieme dei lavori del Parlamento e lo svolgimento delle sue
sedute, rappresenta l’istituzione nelle relazioni internazionali, nelle cerimonie, negli atti
amministrativi e giudiziari;
-l’Ufficio di Presidenza, composto dal Presidente del Parlamento e dai vice-presidenti che
lo assistono, che svolge compiti di organizzazione e di amministrazione interna.
Salvo diverse disposizioni dei trattati, le deliberazioni del Parlamento europeo sono
adottate a maggioranza dei suffragi espressi. Il quorum per la validità delle sedute è pari
ad un terzo dei membri del Parlamento.
Funzioni e poteri
Il Parlamento europeo:
1.esercita, congiuntamente con il Consiglio, la funzione legislativa e quella di bilancio;
2.esercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati;
3.elegge il Presidente della Commissione.
Sono dunque tre le funzioni essenziali:
-funzione legislativa;
-funzione di bilancio;
-funzione di controllo politico.
La funzione legislativa condivisa con il Consiglio viene esercitata attraverso due tipologie
di procedure: la procedura legislativa ordinaria e la procedura legislativa speciale.
Mentre nella prima il Parlamento ed il Consiglio sono posti sullo stesso piano e c’è, quindi,
l’adozione congiunta dell’atto, nella seconda si configura l’adozione dell’atto da parte
del Parlamento con la partecipazione del Consiglio o da parte di quest’ultimo con la
partecipazione del Parlamento.
La funzione di bilancio è parimenti condivisa con il Consiglio e consiste nella piena
partecipazione al procedimento di formazione ed approvazione del bilancio dell’Unione.
Le funzioni di controllo politico consistono nel controllo sull’operato delle istituzioni (in
particolare della Commissione) o degli altri organi dell’Unione.
La funzione di controllo risulta ulteriormente approfondita dall’attribuzione al Parlamento
del potere di eleggere il Presidente della Commissione e di rivolgere interrogazioni e
raccomandazioni nei confronti delle altre istituzioni.
Le funzioni di controllo politico riguardano, in particolare, l’operato della Commissione nei
cui confronti può adottare una mozione di censura, la cui approvazione obbliga i membri
della Commissione alle dimissioni. Quanto alla procedura di approvazione della mozione
di censura:
-il Parlamento europeo non può pronunciarsi su tale mozione prima che siano trascorsi
almeno tre giorni dal suo deposito e deve pronunciarsi con scrutinio pubblico;
-la mozione di censura deve essere approvata a maggioranza di due terzi dei voti espressi
e a maggioranza dei membri che compongono il Parlamento europeo.
Infine, il Parlamento europeo partecipa alla procedura per la conclusione di accordi
internazionali, tranne quando l’accordo riguardi esclusivamente la politica estera e di
sicurezza comune.
12
IL CONSIGLIO EUROPEO
Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato e di governo degli Stati membri, dal suo
Presidente e dal Presidente della Commissione.
Esso si riunisce due volte a semestre su convocazione del Presidente, che può convocare
anche riunioni straordinarie, se la situazione lo richiede.
Funzioni
Il Consiglio europeo svolge una funzione di mero indirizzo politico dell’Unione ma detta
funzione di indirizzo non può, tuttavia, tradursi nell’adozione di atti di carattere legislativo.
Di conseguenza, gli atti assunti nello svolgimento della sua funzione di indirizzo presentano
carattere meramente politico: non sono idonei alla produzione di effetti giuridici nei
confronti di terzi e, pertanto, non sono suscettibili di impugnazione innanzi alla Corte di
giustizia ex art. 263 TFUE.
Con il Trattato di Lisbona, il Consiglio assume ulteriori competenze:
-svolge un ruolo determinante nella nomina di organi monocratici quali il Presidente della
Commissione, l’Alto rappresentante ed il Presidente dello Stesso Consiglio europeo;
-è in alcuni casi dotato di poteri decisionali finalizzati all’integrazione o attuazione di
determinate disposizioni dei trattati;
-è dotato di poteri decisionali nel quadro delle procedure di revisione dei trattati i9n forma
semplificata.
Nel novero delle competenze attribuite dal Trattato di Lisbona risultano, quindi, inclusi
compiti di carattere decisionale con la conseguenza che gli atti assunti in tale ambito dal
Consiglio europeo:
-non si configurano come atti di valore meramente politico:
-sono suscettibili di impugnazione innanzi alla Corte di giustizia dell’UE mediante il ricorso
di annullamento.
Modalità di deliberazione
Se non è diversamente previsto dai trattati, il Consiglio europeo delibera per consenso: il
consenso si forma, senza necessità di votazione, quando nessun componente si oppone
al testo presentato dal Presidente dell’istituzione.
13
sono rappresentati di volta in volta dal ministro competente per la materia iscritta
all’ordine del giorno.
Solo due formazioni sono previste direttamente nel TUE:
-il Consiglio «Affari generali» che assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del
Consiglio. Esso prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in
collegamento con il presidente del Consiglio europeo e la Commissione.
-il Consiglio «Affari esteri» che elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee
strategiche definite dal Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione.
La Presidenza
La Presidenza è esercitata secondo un sistema di rotazione paritaria.
Più in dettaglio, essa -ad eccezione del Consiglio “Affari esteri” che è presieduto dall’Alto
rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza- è esercitata da
gruppi predeterminati di 3 Stati membri per un periodo di 18 mesi.
Funzioni
Il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento europeo, la funzione legislativa e la
funzione di bilancio. Esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle
condizioni stabilite nei trattati.
Queste, dunque, le principali funzioni del Consiglio:
-esercizio del potere legislativo e di bilancio, unitamente al Parlamento europeo;
-definizione delle politiche economiche generali degli Stati membri e coordinamento
delle azioni degli Stati stessi.
Vi sono poi due ulteriori funzioni:
-conclusione di accordi internazionali tra l’Unione ed uno o più Stati ovvero organizzazioni
internazionali;
-elaborazione della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea sulla base
degli orientamenti generali del Consiglio europeo.
Modalità deliberative
Il Consiglio può assumere le sue deliberazioni in tre modi:
-la maggioranza qualificata, che rappresenta il modo ordinario di deliberazione da parte
del Consiglio;
-la maggioranza semplice, prevista per le deliberazioni in ordine a questioni procedurali,
per l’adozione del regolamento interno del Consiglio e per le deliberazioni in merito
all’organizzazione del segretariato generale;
-l’unanimità è prevista solo per alcune materie quali, ad esempio, la politica ambientale,
la politica estera e di sicurezza comune o per l’adozione di provvedimenti opportuni per
combattere le discriminazioni.
14
-al contempo si impedisce, introducendo il parametro fondato sul dato demografico, che
quindici Stati di ridotta dimensione possano da soli adottare una decisione in seno al
Consiglio.
Il sistema di calcolo della maggioranza qualificata introdotto dal Trattato di Lisbona può
essere assoggettato ad un regime transitorio, su richiesta di un componente del Consiglio,
fino al 31 Marzo 2017; detto regime transitorio corrisponde al sistema delineato nel Trattato
di Nizza (che ha operato fino al 1 Novembre 2014), basato sul concorso di 3 condizioni:
-il raggiungimento di una soglia minima di voti ponderati;
-il voto favorevole di almeno la maggioranza degli Stati membri, qualora le deliberazioni
debbano essere prese, in virtù dei trattati, su proposta della Commissione (negli altri casi
occorre il voto favorevole di almeno due terzi degli Stati membri);
-gli Stati membri che compongono la maggioranza qualificata devono rappresentare
almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione.
LA COMMISSIONE EUROPEA
Essa è un organo di individui, in quanto i Commissari non rappresentano gli interessi degli
Stati da cui provengono, ma agiscono nell’esclusivo interesse dell’Unione.
I membri della Commissione sono scelti in base alla loro competenza generale e al loro
impegno europeo e tra personalità che offrono tutte le garanzie di indipendenza.
La Commissione esercita le sue responsabilità in piena indipendenza: i suoi membri non
sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o organismo. Essi
si astengono da ogni atto incompatibile con le loro funzioni o con l'esecuzione dei loro
compiti.
Fino al 31 0ttobre 2014 la Commissione era composta da un cittadino di ciascuno Stato
membro, compreso il Presidente e l’Alto rappresentante, che è uno dei vicepresidenti.
A decorrere dal 1 novembre 2014, la Commissione è composta da un numero di membri,
compreso il presidente e l'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica
di sicurezza, corrispondente ai due terzi del numero degli Stati membri, a meno che il
Consiglio europeo, deliberando all'unanimità, non decida di modificare tale numero.
Nomina
La Commissione è nominata secondo una procedura articolata nelle seguenti fasi:
-il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza qualificata, individua il candidato alla
carica di Presidente, tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo;
-il Parlamento europeo, ricevuta la proposta del Consiglio europeo, elegge il candidato
Presidente, con l’approvazione della maggioranza dei membri che lo compongono;
-gli Stati membri presentano proposte in merito alle personalità da nominare come
componenti della Commissione;
-il Consiglio, di comune accordo con il Presidente eletto, forma un elenco delle
personalità da proporre per la nomina a membri della Commissione, selezionandole in
base alle proposte presentate dagli Stati membri;
-il Consiglio europeo, con l’accordo del Presidente della Commissione, nomina l’Alto
rappresentante che diventa uno dei vicepresidenti della Commissione;
-il Presidente, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
e i membri indicati nell’elenco formato dal Consiglio sono soggetti ad un voto di
approvazione del Parlamento europeo;
-in seguito a tale approvazione, il Consiglio europeo, deliberando a maggioranza
qualificata, nomina la Commissione.
15
Mandato
Il mandato dei membri della Commissione dura 5 anni.
Tuttavia può terminare anticipatamente, oltre che nell’ipotesi di dimissioni volontarie, in tre
casi:
-approvazione di una mozione di censura da parte del Parlamento europeo;
-dimissioni d’ufficio si qualsiasi membro, pronunciate dalla Corte di giustizia, su istanza del
Consiglio o dalla Commissione stessa, in caso di violazione degli obblighi derivanti dalla
carica di membro dell’istituzione, perdita delle condizioni necessarie all’esercizio delle
funzioni o commissione di una colpa grave;
-dimissioni obbligatorie di un membro, su richiesta del Presidente della Commissione.
Funzioni
Le deliberazioni della Commissione sono assunte a maggioranza dei suoi componenti.
Alla Commissione competono:
-una funzione di iniziativa legislativa, che si sostanzia nella presentazione di progetti di atti
legislativi al Consiglio e al Parlamento. La proposta della Commissione può essere di
regola emendata dal Consiglio solo all’unanimità e può essere sollecitata:
1.la cittadinanza dell’Unione (corrispondente a “cittadini dell'Unione, in numero di almeno
un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri,
possono prendere l'iniziativa d'invitare la Commissione europea, nell'ambito delle sue
attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali
cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione ai fini dell'attuazione dei
trattati”);
2.altre istituzioni dell’Unione, come il Parlamento europeo, il Consiglio ed il Consiglio
europeo.
-una funzione di gestione finanziaria, che si sostanzia nell’esecuzione del bilancio annuale,
approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo una procedura legislativa
speciale cui la stessa Commissione partecipa in veste di proponente. Tale istituzione,
infatti, redige il progetto di bilancio annuale.
-una funzione di controllo, che si sostanzia nella verifica sulla corretta osservanza degli
obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione.
La Commissione vigila sull’applicazione dei trattati e degli atti adottati dalle istituzioni in
virtù dei trattati, assumendo così il ruolo di custode della legalità nell’ambito dell’Unione.
16
La Corte di giustizia
La Corte è composta da un giudice per ciascuno Stato membro e 8 avvocati generali. Il
numero di questi ultimi può essere elevato su richiesta della Corte con delibera unanime
del Consiglio. Su tale base, con decisione del Consiglio del 25 Giugno 2013, il numero
degli avvocati generali è stato elevato a 11, a decorrere dal 7 Ottobre 2015.
I giudici e gli avvocati sono nominati di comune accordo tra gli Stati membri, previa
consultazione di un comitato speciale (cd. comitato di valutazione, composto da sette
personalità scelte tra ex membri della Corte e del Tribunale, membri dei massimi organi
giurisdizionali nazionali e giuristi di notoria competenza) istituito appositamente per fornire
pareri sull’adeguatezza dei candidati.
17
Funzionamento
Il Presidente è eletto tra i giudici e dura in carica 3 anni, con mandato rinnovabile.
Gli avvocati generali svolgono una funzione ausiliaria, che si traduce nella presentazione
di conclusioni motivate per ciascuna causa presentata alla Corte, contenenti un parere
su come dovrebbe essere risolta la questione sottoposta al giudizio della Corte che,
comunque, può decidere di giudicare la causa senza l’intervento dell’avvocato
generale, ove ritenga che la stessa non sollevi questioni di diritto.
Il funzionamento della Corte di basa sull’articolazione dell’attività di giudizio in 3
formazioni differenti:
-sezioni composte da 3 o 5 giudici, quale formazione ordinaria di giudizio;
-grande formazione, composta da 11 giudici, qualora lo richieda uno Stato membro o
una istituzione dell’Unione che è parte in causa;
-seduta plenaria, che comporta la partecipazione di tutti i giudici. Può essere convocata
in ipotesi determinate (giudizi per la rimozione di un membro della Commissione o della
Corte dei Conti o rimozione del Mediatore europeo), o qualora la Corte stessa “reputi che
un giudizio pendente dinanzi ad essa rivesta un’importanza eccezionale”.
Funzioni
La Corte di giustizia svolge due tipi di funzioni:
-funzioni giurisdizionali;
-funzioni consultive.
Per quel che riguarda le prime, la Corte è competente a giudicare sui seguenti ricorsi:
1)ricorsi per infrazione, proposti avverso uno Stato membro accusato di aver violato gli
obblighi derivanti dai trattati;
2)ricorsi di annullamento con cui si contesta la legittimità degli atti adottati dalle istituzioni
dell’Unione;
3)ricorsi in carenza che mirano alla constatazione del carattere illegittimo delle omissioni
addebitabili ad una istituzione dell’Unione;
4)ricorsi per risarcimento, aventi ad oggetto le controversie in materia di responsabilità
extracontrattuale elle istituzioni e degli agenti dell’Unione
La Corte è altresì legittimata a pronunciarsi in via pregiudiziale sulla validità e
l’interpretazione dei trattati e sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle
istituzioni dagli organi o dagli organismi dell’Unione.
La Corte svolge altresì funzioni di natura consultiva: in alcuni casi, espressamente
individuati, è chiamata ad esprimere un parere che assume valore potenzialmente
vincolante.
L’ipotesi di maggiore rilevanza è rappresentata dalla materia degli accordi internazionali
dell’Unione: la Corte può, infatti, ricevere un’apposita richiesta di parere in merito alla
compatibilità di un accordo internazionale con i trattati; il parere negativo della Corte
non impedisce di per sé l’entrata in vigore dell’accordo: rende, tuttavia, necessario
ricorrere alla procedura di revisione dei trattati di cui all’art. 48 TUE, ove non si intenda
modificare l’accordo previsto in senso conforme al parere della Corte.
18
Il Tribunale dell’Unione
La composizione del Tribunale dell’Unione è simile a quella della Corte di giustizia: esso è
composto “di almeno un giudice per ogni Stato membro”.
Lo Statuto della Corte di giustizia attualmente in vigore prevede che i giudici del Tribunale
siano 28.
La nomina dei componenti del Tribunale avviene di comune accordo tra i governi degli
Stati membri, per un periodo di 6 anni rinnovabili; ogni tre anni si procede ad un rinnovo
parziale.
Funzioni
Il Tribunale svolge funzioni esclusivamente di tipo giurisdizionale:
-di regola opera come giudice di primo grado;
-agisce come giudice di secondo grado rispetto alle controversie assegnate alla
competenza dei Tribunali specializzati.
Il Tribunale è competente a conoscere in primo grado:
-dei ricorsi presentati dalle persone fisiche o giuridiche contro le istituzioni o gli altri organi
dell’Unione (ad eccezione dei settori attribuiti alla competenza in primo grado di un
tribunale specializzato appositamente istituito);
-dei ricorsi di annullamento e ricorsi in carenza proposti da uno Stato membro avverso la
Commissione;
-dei ricorsi di annullamento proposti da uno Stato membro nei confronti del Consiglio,
aventi ad oggetto atti specifici, in particolare:
1.decisioni in materia di aiuti di Stato alle imprese;
2.atti adottati in forza di un regolamento contenente misure di difesa commerciale;
3.atti di esercizio di competenze di esecuzione.
Restano interamente riservati alla Corte di giustizia i ricorsi proposti dalle istituzioni, sia nei
confronti di uno Stato membro sia avverso un’altra istituzione dell’Unione.
Le pronunce del Tribunale sono soggette ad impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia
per soli motivi di diritto, in genere entro il termine di due mesi dalla notifica della decisione
da impugnare.
Il Tribunale opera, inoltre, come giudice di secondo grado rispetto alle controversie
attribuite alla competenza dei tribunali specializzati. Il TFUE stabilisce che le decisioni dei
tribunali specializzati possono essere oggetto di impugnazione per i soli motivi di diritto o,
qualora il regolamento sull'istituzione del tribunale specializzato lo preveda, anche per
motivi di fatto, dinanzi al Tribunale.
È altresì ammessa la possibilità di attribuire al Tribunale una competenza di tipo
pregiudiziale, avente ad oggetto l’interpretazione dei trattati e la validità ed
interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni dagli organi o dagli organismi
dell’Unione: l’art. 256 TFUE rimette allo Statuto la scelta in merito alla determinazione delle
relative materie di attribuzione. Nella sua formulazione attuale, lo Statuto non prevede
alcuna attribuzione di materia, pertanto al momento il Tribunale non dispone in concreto
di competenza pregiudiziale.
I tribunali specializzati
Trattasi di organismi incaricati di conoscere in primo grado di alcune categorie di ricorsi
proposti in materie specifiche.
Il procedimento di istituzione di un tribunale specializzato consiste in una deliberazione del
Consiglio e del Parlamento europeo, assunta secondo la procedura legislativa ordinaria,
destinata a concretizzarsi nell’adozione di un regolamento.
Il regolamento istitutivo del tribunale specializzato ne disciplina altresì la composizione,
specificando la portata delle competenze ad esso spettanti. I suoi membri sono nominati
dal Consiglio, che delibera all’unanimità.
19
Le decisioni dei tribunali specializzati possono essere oggetto di impugnazione per i soli
motivi di diritto o, qualora il regolamento sull'istituzione del tribunale specializzato lo
preveda, anche per motivi di fatto, dinanzi al Tribunale.
La decisione del Tribunale esaurisce normalmente i gradi di giudizio, salve ipotesi
eccezionali, coincidenti con la ricorrenza di “gravi rischi che l’unità o la coerenza del
diritto dell’Unione siano compromesse”: è ammesso un terzo livello di giudizio, consistente
nel riesame innanzi alla Corte di giustizia, alle condizioni ed ai limiti previsti dallo Statuto.
Il Mediatore europeo
Il Mediatore europeo si identifica in una persona incaricata di esaminare le denunce in
merito a casi di cattiva amministrazione nello svolgimento dell’attività di istituzioni, organi
o organismi dell’Unione.
20
È un organo monocratico su base individuale: non rappresenta gli interessi degli Stati
membri, essendo chiamato ad agire nell’interesse generale dell’Unione.
Il Mediatore esercita le sue funzioni in piena indipendenza. Nell'adempimento dei suoi
doveri, egli non sollecita né accetta istruzioni da alcun governo, istituzione, organo o
organismo. Per tutta la durata del suo mandato, il Mediatore non può esercitare alcuna
altra attività professionale, remunerata o meno.
Il Mediatore è nominato dal Parlamento europeo all’inizio di ciascuna legislatura, subito
dopo l’elezione del Parlamento stesso.
Il Mediatore può essere dichiarato dimissionario dalla Corte di giustizia, su richiesta del
Parlamento europeo, qualora non risponda più alle condizioni necessarie all'esercizio
delle sue funzioni o abbia commesso una colpa grave.
Funzioni
Il mediatore europeo è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione o
di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato
membro, e riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni, degli
organi o degli organismi dell'Unione, salvo la Corte di giustizia dell'Unione europea
nell'esercizio delle sue funzioni giurisdizionali.
Il Mediatore, di propria iniziativa o in base alle denunce che gli sono state presentate
direttamente o tramite un membro del Parlamento europeo, procede alle indagini che
ritiene giustificate, tranne quando i fatti in questione formino o abbiano formato oggetto
di una procedura giudiziaria.
Qualora il Mediatore constati un caso di cattiva amministrazione, egli ne investe
l'istituzione interessata, che dispone di tre mesi per comunicargli il suo parere; sulla base
del parere ricevuto, elabora un’apposita relazione, trasmessa al Parlamento europeo e
all'istituzione, all'organo o all'organismo interessati.
Il Mediatore europeo non dispone di poteri coercitivi in senso autonomo: può solo
sollecitare l’azione correttiva dell’istituzione interessata o, in difetto, l’intervento del
Parlamento europeo.
Le agenzie
L’apparato istituzionale dell’Unione si avvale di organismi con competenze tecniche e di
supporto informativo: le agenzie indipendenti, chiamate a svolgere essenzialmente un
ruolo strumentale all’attività dell’Unione.
22
SEZIONE II
Le procedure decisionali
Classificazione
Le procedure decisionali rinvengono la loro fonte direttamente nelle disposizioni dei
trattati, che prevedono le singole procedure applicabili e ne disciplinano modalità e
contenuto.
Il Trattato di Lisbona introduce un sistema di classificazione delle procedure decisionali
fondato sulla natura del potere esercitato dalle istituzioni coinvolte nella procedura e sulla
natura dell’atto finale adottato.
In tale ottica, distingue tra:
-procedure legislative, finalizzate all’adozione di atti di carattere legislativo (regolamenti,
direttive o decisioni), la cui assunzione richiede il coinvolgimento del Parlamento europeo
e del Consiglio, nonché l’iniziativa della Commissione;
-procedure non legislative, accomunate dal dato negativo concernente l’assenza di
valore legislativo dell’atto da adottare. Tra esse assumono particolare rilevanza le
procedure di adozione degli atti del Consiglio europeo, le procedure decisionale nel
settore della PESC, la procedura per la conclusione di accordi internazionali e la
procedura per la instaurazione di una cooperazione rafforzata.
23
Proposta
La Commissione presenta una progetto di atto legislativo, indirizzato sia al Consiglio sia al
Parlamento europeo.
Il potere di proposta legislativa non spetta alla Commissione in modo esclusivo: “Nei casi
specifici previsti dai trattati, gli atti legislativi possono essere adottati su iniziativa di un
gruppo di Stati membri o del Parlamento europeo, su raccomandazione della Banca
centrale europea o su richiesta della Corte di giustizia o della Banca europea per gli
investimenti”.
Più numerosi sono i casi in cui è il Consiglio a decidere con la partecipazione del
Parlamento europeo.
La partecipazione dell’istituzione che non è titolare del potere di adozione dell’atto può
seguire due modelli:
-la procedura di consultazione;
-la procedura di approvazione.
La procedura di consultazione postula la titolarità del potere di adottare atti legislativi in
capo al solo Consiglio (nella maggior parte dei casi) e si sostanzia nell’assunzione del
parere consultivo del Parlamento europeo.
Il parere espresso del Parlamento si configura come obbligatorio, ma mai vincolante: il
Consiglio può decidere di non seguirlo.
La procedura di approvazione si sostanzia, viceversa, nella sottoposizione dell’atto
legislativo, deliberato dal Consiglio, all’approvazione del Parlamento (es. ammissione di
nuovi Stati): l’atto non può ritenersi adottato senza l’approvazione del Parlamento.
di un parere favorevole del Parlamento, l’atto non può essere adottato.
Le procedure legislative nel settore relativo allo spazio di sicurezza, libertà e giustizia
Nel settore in questione operano entrambi i tipi di procedura legislativa (ordinaria e
speciale).
Due sono le varianti rispetto al modello della procedura legislativa ordinaria ed allo
schema delle procedure legislative speciali:
-il potere di iniziativa legislativa non spetta soltanto alla Commissione, ma anche ad un
quarto degli Stati membri;
-sono previsti strumenti a disposizione di uno o più Stati membri, contrari al progetto di atto
legislativo, finalizzati a determinare il rinvio del progetto di atto al Consiglio europeo, e
destinati ad operare sia nei casi di procedura ordinaria che di procedure speciali.
Ad esempio, qualora uno Stato membro ritenga che un progetto di atto incida su aspetti
fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale, può chiedere che il Consiglio
europeo sia investito della questione. In tal caso la procedura legislativa ordinaria è
sospesa:
-in caso di approvazione dell’atto per consenso da parte del Consiglio europeo entro i
successivi quattro mesi, il progetto è rinviato al Consiglio e la procedura legislativa
ordinaria riprende il suo corso;
-in caso contrario, su iniziativa di almeno nove Stati membri può essere instaurata una
cooperazione rafforzata sulla base del progetto di direttiva in questione.
Procedure specifiche
Esse sono:
-la procedura per la instaurazione di una cooperazione rafforzata (vedi di seguito);
-la procedura per la conclusione di accordi internazionali (vedi di seguito).
-gli atti giuridici suscettibili di adozione (gli orientamenti generali assunti dal Consiglio
europeo e le decisioni del Consiglio) che non possono avere natura legislativa;
-le procedure decisionali applicabili, considerato che la politica estera e di sicurezza
comune è soggetta a procedure specifiche.
La disciplina delle procedure decisionali seguite dal Consiglio europeo e dal Consiglio
appare scarna e sommaria.
Le procedure decisionali del Consiglio europeo
Il TUE contiene una sola regola procedurale, concernente le modalità di assunzione delle
delibere da parte dell’istituzione: in particolare, è prevista la regola dell’unanimità.
Il TUE non contiene alcuna disposizione in merito alla fase dell’iniziativa: si ritiene che il
Consiglio europeo possa deliberare di propria iniziativa, o su proposta degli altri soggetti
che risultano coinvolti nell’azione dell’Unione nel settore della PESC (Consiglio, Alto
rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Stati membri).
28
CAPITOLO QUARTO
L’ORDINAMENTO GIURICO DELL’UNIONE EUROPEA
SEZIONE I
LE FONTI
29
In base alla natura giuridica, si distingue poi tra atti legislativi ed atti non legislativi; la
distinzione si fonda sul tipo di procedura decisionale:
-quando è prevista l’adozione mediante una procedura decisionale qualificata come
procedura legislativa (ordinaria o speciale), l’atto adottato assume valore legislativo;
-la categoria degli atti non legislativi e quindi definita per esclusione.
In base alla struttura, gli atti rientranti nel diritto secondario si distinguono in:
-atti tipici, corrispondenti ai tipi elencati nell’art. 288 TFUE;
-atti atipici, ove previsti nei trattati ma non riconducibili ai tipi codificati nel detto art. 288.
Gli atti tipici qualificabili come fonti del diritto in ragione dell’idoneità alla produzione di
effetti vincolanti sono rappresentati da regolamenti, direttive e decisioni. Non vi rientrano
le raccomandazioni ed i pareri, in quanto definiti con atti non vincolanti.
L’elencazione contenuta nell’art. 288 TFUE non ha carattere tassativo: a titolo
esemplificativo, si può richiamare l’atto con cui il Parlamento europeo ed il Consiglio
stabiliscono il bilancio annuale dell’Unione, che è qualificabile come atto legislativo in
conseguenza della procedura decisionale necessaria (procedura legislativa speciale),
pur non essendo riconducibile alle ipotesi tipiche di atti giuridici dell’Unione (regolamenti,
direttive e decisioni).
I trattati
Tale fonte è rappresentata, a partire dal Trattato di Lisbona, da:
-il Trattato sull’Unione europea (TUE);
-il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)
Orbene, mentre nel TUE sono confluite le disposizioni di natura costitutiva ed organizzativa,
nel TFUE sono confluite sia le disposizioni applicative del TUE sia le disposizioni per le singole
politiche dell’Unione.
Questione assai dibattuta è quella della natura giuridica dei trattati. Sin dalle origini, i
trattati sono stati conclusi nelle forme e secondo i procedimenti di un normale trattato
internazionale.
Tuttavia, mentre i normali trattati di diritto internazionale si limitano a creare un sistema di
obblighi reciproci gravanti sugli Stati membri, i trattati dell’Unione stabiliscono il complesso
di norme fondamentali dell’ordinamento giuridico dell’Unione definendo le competenze
spettanti all’Unione, la sua struttura istituzionale, le procedure decisionali per l’adozione di
atti di diritto derivato e le caratteristiche degli atti adottabili dalle sue istituzioni e
prevedendo altresì una serie di norme che dettano i principi e le norme di base applicabili
ai vari settori attribuiti alla competenza dell’Unione.
30
La procedura ordinaria
Il governo di qualsiasi Stato membro, il Parlamento europeo o la Commissione possono
sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati.
Tali progetti sono trasmessi dal Consiglio al Consiglio europeo e notificati ai Parlamenti
nazionali.
Qualora il Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento europeo e della
Commissione, adotti a maggioranza semplice una decisione favorevole all'esame delle
modifiche proposte, il Presidente del Consiglio europeo convoca una convenzione
composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei capi di Stato o di governo degli
Stati membri, del Parlamento europeo e della Commissione.
La convenzione esamina i progetti di modifica e adotta per consenso una
raccomandazione a che si riunisca una conferenza dei rappresentanti dei governi degli
Stati membri allo scopo di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai
trattati. In tale contesto è necessario il consenso unanime di tutti gli Stati membri.
In alternativa alla convocazione di una convenzione, il Consiglio europeo può decidere a
maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare
una convenzione qualora l'entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, il
Consiglio europeo definisce il mandato per una conferenza dei rappresentanti dei
governi degli Stati membri.
Segue il processo di ratifica delle modifiche da parte di tutti gli Stati membri, secondo le
rispettive norme costituzionali, al termine del quale le modifiche entrano in vigore.
31
-quando il TFUE prevede che il Consiglio adotti atti legislativi secondo una procedura
legislativa speciale, il Consiglio europeo può adottare una decisione che consenta
l'adozione di tali atti secondo la procedura legislativa ordinaria.
Il procedimento di adesione
Ai sensi dell’art. 49 TUE, così come riformulato dal Trattato di Lisbona, ogni Stato europeo
che garantisce il rispetto della dignità umana, dei principi di libertà e uguaglianza, della
democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali dell’uomo può chiedere di
diventare membro dell’Unione.
La domanda di ammissione è presentata al Consiglio che si pronuncia deliberando
all’unanimità, previa consultazione della Commissione e con la approvazione del
Parlamento europeo che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono.
Le condizioni per l’ammissione e gli eventuali adattamenti tecnici da apportare ai trattati
in conseguenza dell’adesione del nuovo Stato sono stabilite con un accordo tra lo Stato
richiedente e gli Stati membri, che viene sottoposto alla ratifica di tutti gli Stati contraenti
conformemente alle rispettive norme costituzionali.
Il diritto di recesso
Si tratta di una facoltà introdotta dal Trattato di Lisbona.
L’art. 50 TUE stabilisce che ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie
norme costituzionali, di recedere dall'Unione.
Lo Stato interessato deve notificare la sua intenzione di ritirarsi dall’Unione al Consiglio
europeo; quest’ultimo formula degli orientamenti in materia sulla base dei quali l’Unione
avvia i negoziati e conclude con lo Stato recedente un accordo che definisce sia le
modalità di recesso, sia i suoi futuri rapporti con l’Unione. L’accordo è concluso dal
Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione del Parlamento
europeo.
La CEDU
L’attribuzione di un valore giuridico equivalente a quello dei trattati non concerne,
viceversa, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali (CEDU); l’art. 6, par. 2 del TUE stabilisce che “l’Unione aderisce a tale
Convenzione”, specificando tuttavia che “tale adesione non modifica le competenze
dell’Unione definite nei trattati”.
Allo stato attuale, il percorso di adesione ha subito una battuta di arresto, a seguito
dell’adozione del parere in senso negativo reso dalla Corte di giustizia (18 Dicembre 2014,
par. 2/13) sul progetto di accordo di adesione presentato dalla Commissione: in
particolare, la Corte ha ritenuto non compatibile con il sistema dei trattati l’approccio
adottato nel progetto di accordo, consistente nell’equiparare l’unione ad uno Stato
riservando ad essa un ruolo del tutto identico a qualsiasi altra parte contraente, senza
tenere in debita considerazione la natura intrinseca dell’Unione.
32
Regolamenti
Il regolamento:
1.ha portata generale in quanto ha come destinatari tutti i soggetti giuridici dell’Unione:
Stati membri e persone fisiche e giuridiche degli Stati stessi. Tale carattere distingue il
regolamento dalle direttive, che hanno come destinatari gli Stati membri, e da quelle
decisioni che, designando i propri destinatari, si rivolgono esclusivamente ad essi.
2.è obbligatorio in tutti i suoi elementi e, pertanto, deve essere applicato in modo
completo. Diversamente la direttiva è obbligatoria solo nel fine che intende perseguire.
3.è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Esso acquista infatti efficacia
negli Stati membri senza che sia necessario alcun atto interno di recepimento da parte
dei singoli ordinamenti statali.
I regolamenti si inseriscono direttamente negli ordinamenti legislativi. Essi, infatti, entrano in
vigore, per il semplice fatto della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione
33
europea, alla data da essi stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno
successivo alla pubblicazione.
La diretta applicabilità dei regolamenti non esclude, tuttavia, l’adozione di provvedimenti
nazionali in funzione integrativa: gli Stati membri adottano misure dirette alla integrazione
della disciplina contenuta nel regolamento, ove richiesta dal regolamento stesso
(qualora, ad esempio, il regolamento rimetta agli Stati membri la previsione delle sanzioni
da comminare in caso di violazione delle norme contenute nel regolamento stesso).
Le direttive
Esse vincolano lo Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e
ai mezzi necessari per conseguirlo.
Dunque le direttive:
-hanno come destinatari gli Stati membri. Di solito la direttiva è rivolta a tutti gli Stati,
pertanto assume portata generale ed in questo caso è soggetta al regime di
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma può rivolgersi anche ad un solo Stato (o a più Stati
membri), acquisendo in tal caso portata individuale;
-non sono obbligatorie in tutti i loro elementi, poiché vincolano lo Stato solo in relazione al
risultato da raggiungere, lasciando libero lo stesso di adottare le misure ritenute
opportune. Tale libertà è però limitata da una serie di obblighi incombenti sugli Stati
membri, enucleati nel corso degli anni dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’UE;
essi, infatti, devono scegliere le forme e i mezzi più idonei a garantire la reale efficacia
della direttiva alla luce della lettera e dello scopo della stessa.
La direttiva impone, dunque, agli Stati membri un obbligo di attuazione dello scopo in
essa stabilito, che deve essere adempiuto entro il termine fissato dalla direttiva stessa,
avente valore perentorio.
In mancanza, lo Stato è ritenuto inadempiente ad un obbligo incombente in virtù dei
trattati e pertanto il suo comportamento è censurabile mediante ricorso innanzi alla Corte
di giustizia (cd. ricorso per infrazione).
Le direttive che abbiano carattere legislativo (adottate con procedura legislativa
ordinaria o speciale) devono essere firmate dal presidente dell’istituzione che le ha
adottate e pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’UE; entrano in vigore alla data da esse
stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione.
Lo stesso vale per le direttive non aventi carattere legislativo ma rivolte a tutti gli Stati
membri.
Le direttive, invece, che designano i destinatari cui sono rivolte, sono notificate ai
destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione.
Le decisioni
La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi; se designa i destinatari è obbligatoria
soltanto nei confronti di questi.
L’obbligatorietà in tutti i suoi elementi indica la forza vincolante dell’atto, che deve essere
rispettato nella sua interezza.
34
Essa può essere indirizzata a qualsiasi o a tutti gli Stati membri, a imprese o a singoli
individui.
Le decisioni a carattere legislativo devono essere firmate dal presidente dell’istituzione
che le ha adottate e pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’UE; entrano in vigore alla
data da esse stabilita oppure, in mancanza di data, il ventesimo giorno successivo alla
pubblicazione. Lo stesso vale per le decisioni non aventi carattere legislativo nel caso in
cui non designino i destinatari cui sono rivolte.
Le decisioni non aventi carattere legislativo che, invece, designano i destinatari cui sono
rivolte, sono notificate ai destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione.
Raccomandazioni e pareri
Le raccomandazioni e i pareri sono atti non vincolanti nei confronti dei loro destinatari.
In particolare:
-le raccomandazioni rivolgono al destinatario un invito a tenere un preciso
comportamento giudicato più rispondente agli interessi comuni, senza porre alcun
obbligo di risultato;
-i pareri svolgono la funzione di far conoscere il punto di vista dell’Unione in merito a
determinate questioni, a seguito di apposita richiesta del destinatario (istituzione, Stato
membro o soggetto privato).
È importante ricordare che, mediante il parere, sia il Parlamento europeo che le altre
istituzioni partecipano alla procedura legislativa speciale.
Generalità
L’adattamento dell’ordinamento italiano al diritto dell’Unione concerne l’attività dello
Stato volta all’adempimento degli obblighi derivanti dall’ordinamento dell’Unione.
La necessità di adattamento da parte del singolo ordinamento nazionale discende dal
principio di leale collaborazione: “Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere
35
generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati
o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione”.
Orbene, l’adattamento riguarda sia il diritto primario dell’Unione, che il diritto secondario
o derivato.
36
Il potere sostitutivo
L’esercizio del potere sostitutivo viene regolato mediante la previsione di due meccanismi:
-l’art. 41 della legge n. 234/2012 stabilisce un meccanismo di sostituzione preventiva,
riconoscendo il potere sostitutivo in capo allo Stato, al fine di porre rimedio all’eventuale
inerzia delle Regioni nel dare attuazione alle direttive concernenti materie di competenza
regionale. Il provvedimento statale trova applicazione solo dalla data di scadenza del
termine previsto per l’adempimento dell’obbligo di attuazione fissato nella direttiva. Le
disposizioni contenute nell’atto statale perdono efficacia a partire dalla data di entrata in
vigore delle norme di attuazione da parte della Regione;
-viceversa, la legge n. 131/2003, nel disciplinare le modalità di esercizio del potere
sostitutivo dello Stato ai sensi dell’art. 120 Cost. (“Il Governo può sostituirsi a organi delle
Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato
rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria”), prevede un
meccanismo di sostituzione successiva, richiamato anche dalla legge n. 234/2012:
decorso inutilmente il termine per l’adozione degli atti necessari da parte della Regione, il
Consiglio dei Ministri provvede direttamente o nomina un’apposita commissione.
SEZIONE II
I rapporti con gli ordinamenti nazionali: l’incidenza del diritto dell’Unione
Considerazioni introduttive
Il diritto dell’Unione è idoneo a produrre effetti negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati
membri, anche a prescindere dall’eventuale attività di trasposizione da parte del
legislatore nazionale.
L’attitudine del diritto dell’Unione a produrre effetti diretti in seno agli ordinamenti giuridici
nazionali deriva, in particolare, dalla limitazione della sovranità nazionale in settori
37
determinati, cui gli Stati membri hanno consentito mediante l’adesione ai trattati istitutivi
dell’Unione.
Il primato del diritto del’Unione e l’assetto dei rapporti tra il diritto dell’Unione e il sistema
giuridico interno: tesi a confronto
In merito ai rapporti tra gli ordinamenti giuridici, due sono le tesi che si contendono in
campo:
-la concezione monista (da sempre propugnata dalla Corte di giustizia), per la quale le
fonti appartenenti all’ordinamento dell’Unione e quelle nazionali risultano integrate in un
unico sistema;
-la concezione pluralista (accolta dalla Corte Costituzionale), per la quale l’ordinamento
dell’Unione e il sistema giuridico nazionale si configurano come ordinamenti giuridici
distinti e separati, ancorché collegati da un rapporto di coordinamento fondato sulla
ripartizione di competenze ad opera del Trattato istitutivo della Comunità.
comunitaria sulla norma interna con essa contrastante, individuando nel giudice
nazionale l’organo incaricato di assicurare il primato del diritto comunitario, provvedendo
alla disapplicazione di propria iniziativa di qualsiasi disposizione nazionale (preesistente o
successiva all’entrata in vigore della norma comunitaria,) contrastante con il diritto
comunitario, “senza doverne richiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o
mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”.
39
40
rilevanza alla scadenza del termine, ove lo Stato membro abbia omesso di attuarla,
oppure l’abbia fatto tardivamente in modo inadeguato ed insufficiente.
Direttive
La Corte di giustizia, valorizzando il dato che condiziona l’insorgenza della efficacia
diretta delle norme previste in una direttiva alla violazione dell’obbligo di attuazione
gravante sullo Stato membro, circoscrive la portata soggettiva della efficacia diretta,
limitandola ai soli rapporti verticali, in cui la norma contenuta in una direttiva dell’Unione
(in caso di omessa, tardiva o erronea trasposizione da parte dello Stato membro) è
invocata da un soggetto privato contro un soggetto pubblico.
Dunque le direttive con effetto diretto non trasposte entro il termine nell’ordinamento
nazionale possono essere fatte valere dal cittadino solo nei confronti dello Stato (effetto
diretto verticale).
Diversamente, l’efficacia diretta delle norme contenute in una direttiva non può operare:
-nelle relazioni tra privati (rapporti orizzontali);
-nei rapporti tra privato e soggetto pubblico, qualora la direttiva sia invocata dal
soggetto pubblico avverso il privato (cd. rapporti verticali invertiti). Una direttiva non può,
infatti, creare di per sé, indipendentemente da una norma interna di recepimento,
obblighi a carico di un singolo.
Trattati
Diversamente, l’efficacia diretta riconosciuta ad una norma contenuta nei trattati non
incontra limiti, potendo valere:
-sia nei rapporti tra soggetti privati (rapporti orizzontali);
-sia nei rapporti tra un soggetto privato ed un’autorità pubblica (rapporti verticali).
La possibilità di invocare la norma nei confronti di un altro soggetto privato discende dalla
formulazione della previsione contenuta nei trattati, ove il precetto normativo sia definito
in termini generali e non risulti destinato in modo particolare agli Stati membri.
42
CAPITOLO QUINTO
IL SISTEMA DI TUTELA GIURISDIZIONALE DELL’UNIONE
Generalità
L’ordinamento giuridico dell’Unione include un sistema di tutela giurisdizionale, teso ad
assicurare la protezione delle posizioni giuridiche derivanti dalle norme dell’Unione.
Il sistema di protezione è articolato su due piani:
-la tutela innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione;
-la tutela dinanzi agli organi giurisdizionali degli Stati membri.
44
Fase preliminare
La fase preliminare è regolata diversamente a seconda del soggetto che assume
l’iniziativa.
La disciplina del procedimento su attivazione della Commissione è contenuta nell’art. 258
TFUE: la Commissione, nell’esercizio del suo compito di vigilanza, quando reputa che uno
Stato membro abbia violato gli obblighi derivanti dai trattati, emette un parere motivato;
qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere entro un termine fissato dalla
Commissione, questa può adire la Corte di giustizia.
Occorre dunque distinguere una fase preliminare ed una fase contenziosa.
La fase preliminare si articola in tre momenti:
-invio allo Stato membro di una lettera di messa in mora, contenente la contestazione di
determinati comportamenti tenuti dallo Stato e l’assegnazione di un termine per la
presentazione di osservazioni;
-eventuale presentazione di osservazioni da parte dello Stato;
-emissione di un parere motivato ad opera della Commissione contenente l’esposizione
degli addebiti mossi allo Stato e l’invito a conformarsi entro un termine determinato.
Qualora lo Stato interessato non si sia conformato in tempo utile al parere motivato, viene
avviata la fase contenziosa, con la proposizione del ricorso innanzi alla Corte di giustizia
dell’Unione.
La disciplina del procedimento su attivazione di uno Stato membro è contenuta nell’art.
259 TFUE: “Ciascuno degli Stati membri può adire la Corte di giustizia dell'Unione europea
quando reputi che un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui
incombenti in virtù dei trattati”.
Lo Stato deve rivolgersi prima alla Commissione, affinché attivi il procedimento nei
confronti dello Stato membro.
La Commissione emette un parere motivato dopo che gli Stati interessati siano posti in
condizione di presentare in contraddittorio le loro osservazioni scritte e orali.
Qualora la Commissione non abbia formulato il parere nel termine di tre mesi dalla
domanda, lo Stato membro può adire in via diretta la Corte, proponendo un ricorso per
infrazione.
Diversamente, ove la Commissione decida di assumere l’iniziativa promossa dallo Stato
membro, la procedura segue le forme previste dall’art. 258 TFUE.
Fase contenziosa
A differenza della fase preliminare, la fase contenziosa presenta un contenuto identico, a
prescindere dal soggetto proponente (Commissione o Stato membro).
Il giudizio è destinato a concludersi con una sentenza di mero accertamento: la Corte,
ove accolga il ricorso, si limita a riconoscere che lo Stato membro ha mancato ad uno
degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati.
Essa, in altri termini, non può indicare le misure necessarie per far cessare
l’inadempimento o stabilire misure per il risarcimento dell’eventuale danno: lo Stato è solo
tenuto a garantire, attraverso la libera scelta dei mezzi da adottare, l’effettiva riparazione
dell’illecito.
Il ricorso di annullamento
Esso si sostanzia in una forma di controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti
dell’Unione e mira ad ottenere l’eliminazione dell’atto giuridico oggetto di impugnazione,
in ragione del so carattere illegittimo, derivante dalla sussistenza di un vizio di invalidità,
destinato ad inficiare l’atto stesso.
Legittimazione attiva
La legittimazione a proporre ricorso alla Corte di giustizia è attribuita a:
-Parlamento europeo, Consiglio, Commissione e Stati membri, che sono ricorrenti
privilegiati in quanto possono agire in qualunque situazione, non essendo necessario che
un atto illegittimo li tocchi direttamente;
-Corte dei Conti, Comitato delle Regioni e BCE, legittimati a proporre ricorso solo per la
salvaguardia delle proprie prerogative;
-qualsiasi persona fisica o giuridica (ricorrenti non privilegiati), che può proporre ricorso,
peraltro non alla Corte ma al Tribunale specializzato, contro gli atti adottati nei suoi
confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti
regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura
d'esecuzione.
Orbene:
-l’interesse diretto si sostanzia nella dimostrazione che il ricorrente risulta pregiudicato in
via immediata dall’atto impugnato, per cui la fonte della lesione alla sua sfera giuridica
deve individuarsi direttamente nell’atto;
-l’interesse individuale è rappresentato dall’incidenza dell’atto nella sfera giuridica del
ricorrente in termini idonei a qualificare la sua posizione in senso differenziato rispetto alla
generalità dei soggetti, assimilandola a quella dei destinatari.
Vizi di legittimità
Quattro sono i vizi di legittimità prospettabili dai ricorrenti vizi:
-incompetenza, quando l’istituzione che ha emanato l’atto non ne aveva il potere;
-violazione delle forme sostanziali, cioè mancanza di un requisito di forma essenziale per la
formulazione dell’atto (ad esempio, il Consiglio non chiede il parere del Parlamento
europeo quando ciò sia previsto dai trattati);
-violazione dei trattati e delle norme giuridiche relative alla loro applicazione, che si
sostanzia nell’inosservanza di una norma giuridica di rango superiore rispetto all’atto
46
adottato dalle istituzioni (ad esempio, il Consiglio emana un regolamento in una materia
in cui i trattati imponevano, invece, di emanare una direttiva);
-sviamento di potere, ovvero esercizio del potere per un fine diverso da quello per cui era
stato conferito.
Il ricorso in carenza
Al pari del ricorso di annullamento, il ricorso in carenza costituisce una forma di controllo
giurisdizionale in ordine alla legittimità della attività esercitata dalle istituzioni.
Nel caso in cui il comportamento delle istituzioni abbia rilievo sotto il profilo omissivo, si
parla di ricorso per carenza, che consiste nella constatazione, da parte della Corte di
giustizia, della omissione di atti dovuti da parte delle istituzioni che a ciò erano tenute.
Ai sensi dell’art. 265 TFUE, “Qualora, in violazione dei trattati, il Parlamento europeo, il
Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione o la Banca centrale europea si astengano
dal pronunciarsi, gli Stati membri e le altre istituzioni dell'Unione possono adire la Corte di
giustizia dell'Unione europea per far constatare tale violazione. Il presente articolo si
applica, alle stesse condizioni, agli organi e organismi dell'Unione che si astengano dal
pronunciarsi”.
Oggetto
L’oggetto del ricorso si compone, pertanto, di due aspetti:
-l’esistenza di un obbligo di agire a carico dell’istituzione;
-la violazione dell’obbligo stesso.
L’obbligo di agire si configura come dovere di pronunciarsi, che rinviene la sua fonte nelle
disposizioni dei trattati.
La violazione dell’obbligo si sostanzia nella mancata emanazione di un atto o, più in
generale, nell’omessa presa di posizione da parte dell’istituzione gravata dal dovere di
pronunciarsi.
Tale violazione è suscettibile di ricorso a determinate condizioni, giacché il ricorso è
ricevibile soltanto quando l'istituzione, l'organo o l'organismo in causa siano stati
preventivamente richiesti di agire. Se, allo scadere di un termine di due mesi da tale
47
richiesta, l'istituzione, l'organo o l'organismo non hanno preso posizione, il ricorso può
essere proposto entro un nuovo termine di due mesi.
Due sono, dunque, le condizioni:
-la richiesta di agire (o messa in mora);
-la mancanza di una presa di posizione entro due mesi dalla richiesta.
Legittimazione attiva
Sono legittimati a ricorrere:
-gli Stati membri e le istituzioni diverse da quelle imputate di carenza (cd. ricorrenti
privilegiati);
-le persone fisiche e giuridiche (ricorrenti non privilegiati), se l’atto le riguarda
direttamente e se non si tratta di raccomandazioni o pareri.
Legittimazione passiva
I soggetti contro cui può essere proposto il ricorso in carenza sono:
-le istituzioni (il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, il Consiglio, la Commissione e la
Banca centrale europea);
-gli altri organi e organismi dell'Unione.
Il procedimento
Il procedimento si articola in due fasi:
-una fase preliminare alla proposizione del ricorso (fase precontenziosa obbligatoria);
-la fase contenziosa innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione.
La fase precontenziosa presenta carattere obbligatorio: la richiesta di agire (messa in
mora o diffida), presentata dall’interessato all’istituzione, organo o organismo dell’Unione,
e la omessa presa di posizione entro il termine di 2 mesi dalla richiesta, costituiscono
condizioni di ricevibilità del ricorso in carenza.
La fase contenziosa si apre con la presentazione del ricorso, che deve essere proposto
entro il termine di 2 mesi, decorrente dalla scadenza del termine stabilito nell’ambito della
fase precontenziosa per la presa di posizione dell’istituzione, organo o organismo.
In caso di accoglimento del ricorso, la Corte di giustizia adotta una sentenza di
accertamento, in cui dichiara che l’astensione dal pronunciarsi dell’istituzione, organo o
organismo in causa, è contraria ai trattati.
48
nel caso in cui i pregiudizi siano cagionati dalla BCE o dai suoi agenti, il soggetto
responsabile non si identifica nell’Unione, bensì direttamente nella BCE.
La competenza della Corte di giustizia riveste un particolare interesse, oltre che per il suo
carattere esclusivo, sotto il profilo del diritto che la Corte è chiamata ad applicare. Tale
diritto, infatti, deriva da una fonte estranea ai trattati: la legislazione degli Stati membri,
che viene richiamata non nella sua interezza, ma solo in relazione ai principi comuni ai
vari Stati in materia di responsabilità extra contrattuale.
Presupposti
I presupposti della responsabilità dell’Unione sono:
1)illegittimità del comportamento tenuto dalle istituzioni (o agenti) dell’Unione;
2)reale esistenza del danno;
3)nesso di causalità tra il comportamento stesso ed il danno lamentato.
Il rinvio pregiudiziale
La Corte di giustizia dell'Unione europea è competente in via esclusiva a pronunciarsi, in
via pregiudiziale:
a) sull'interpretazione dei trattati;
b) sulla validità e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli
organismi dell'Unione (cd. diritto derivato).
Il rinvio pregiudiziale si sostanzia in uno strumento invocabile dal giudice nazionale per il
deferimento alla Corte di questioni concernenti il diritto dell’Unione; esso, pertanto,
individua una competenza della Corte:
-di tipo indiretto, giacché il suo esercizio è rimesso all’iniziativa del giudice nazionale,
anziché delle parti interessate;
-limitata, essendo circoscritta all’esame delle questioni di diritto sollevate dal giudice
nazionale, che resta competente a pronunciarsi su tutti gli altri profili della controversia.
Funzione
Il rinvio pregiudiziale assolve ad una duplice funzione: garantisce la corretta applicazione
e l’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione europea.
Il rinvio pregiudiziale è destinato ad assumere una funzione aggiuntiva (e specifica) ove
abbia ad oggetto una questione di validità: in tale ipotesi, lo strumento del rinvio mira ad
assicurare un controllo giurisdizionale sulla legittimità degli atti dell’Unione.
Tale competenza è infatti sottratta ai giudizi nazionali, che dispongono del solo potere di
disapplicazione delle norme interne incompatibili con il diritto dell’Unione, non anche del
potere di dichiarare invalido o di disapplicare un atto dell’Unione assunto come viziato.
La competenza pregiudiziale implica che, nell’ipotesi in cui sorga un dubbio
sull’interpretazione di una disposizione di diritto dell’UE o sulla validità di un atto in un
processo nazionale, è necessaria una pronuncia della Corte prima che un giudice
nazionale possa concretamente risolvere una controversia.
In questi casi si prevede che il giudice nazionale sospenda il processo e operi un rinvio alla
Corte di giustizia.
Solo dopo che sia stata emanata la sentenza, viene riaperto il processo inverso e il
giudice nazionale decide con propria sentenza il caso, conformandosi alla sentenza della
Corte di giustizia.
49
Rinvio facoltativo
L’ipotesi in cui il rinvio sia disposto da un giudice le cui decisioni siano suscettibili di
impugnazione a livello interno, è regolata dall’art. 267 TFUE per il quale “quando una
questione di interpretazione e validità degli atti dell’Unione è sollevata dinanzi ad un
organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può (ha la
facoltà), qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo
punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione”.
La valutazione del giudice non di ultima istanza sulla necessità o meno di operare un
rinvio pregiudiziale alla Corte è, dunque, pienamente discrezionale.
La facoltà di rinvio ad opera del giudice nazionale è pertanto subordinata ad un duplice
requisito:
-necessità del rinvio per la decisione della controversia oggetto del processo innanzi al
giudice nazionale;
-rilevanza della questione di diritto sottoposta all’esame della Corte per la decisione da
parte del giudice nazionale.
Rinvio obbligatorio
Diversamente, il rinvio assume carattere obbligatorio ove l’organo giurisdizionale
nazionale sia un giudice di ultima istanza: “quando una questione del genere è sollevata
in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui
decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno (giudice di ultima
istanza), tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte”.
Nell’ambito dell’ordinamento italiano, sono considerati giudici di ultima istanza:
-la Corte di Cassazione;
-il Consiglio di Stato;
-la Corte Costituzionale.
Tuttavia l’obbligo per il giudice di ultima istanza di rivolgersi alla Corte non è assoluto ed
inderogabile; alcune sentenze della Corte hanno, infatti, attribuito dei margini di
discrezionalità quando:
-un’identica questione sia già stata oggetto di pronuncia da parte della Corte in un
precedente procedimento o si sia formata sul punto una giurisprudenza costante;
-le norme hanno un senso chiaro ed univoco, che rende non necessario richiedere
un’interpretazione pregiudiziale della Corte. Si tratta della cd. teoria dell’atto chiaro.
Il rinvio assume, in ogni caso, carattere obbligatorio qualora il giudice nazionale constati
la necessità di ottenere una pronuncia della Corte sulla validità di un atto dell’Unione che
dovrebbe trovare applicazione nella controversia dinnanzi a lui pendente.
Pronuncia
Per ciò che riguarda gli effetti della sentenza interpretativa, è opportuno chiarire che:
-la sentenza vincola il giudice nazionale, che è tenuto a decidere il caso in conformità
alla pronuncia della Corte;
-il suo valore vincolante si impone anche ai giudici che dovessero esaminare il caso in una
fase successiva della procedura i quali tuttavia possono, qualora lo ritengano opportuno,
riproporre una questione pregiudiziale;
-esplica i suoi effetti ex tunc, vale a dire dal momento dell’entrata in vigore delle norme
interpretate;
-avrà efficacia anche al di fuori del contesto che l’ha provocata, costituendo un
precedente giurisprudenziale vincolante nei confronti di altri giudici -anche di Paesi
diversi- che saranno tenuti, in futuro, ad applicarla.
Ovviamente la linea interpretativa della Corte può essere sempre rivista in un momento
successivo.
50
Quanto, invece, alla sentenza sulla validità dell’atto, essa produce solo una “invalidità”
dello stesso, con la conseguenza che esso non viene eliminato dall’ordinamento. Difatti,
soltanto l’istituzione che lo ha emanato è competente a procedere al suo annullamento.
Tuttavia detta sentenza, oltre ad essere vincolante per il giudice del rinvio, costituisce per
qualsiasi altro giudice un motivo sufficiente per considerare tale atto non valido ai fini di
una decisione che anch’esso debba emettere.
CAPITOLO SESTO
LE POLITICHE DEL’UNIONE
Azione esterna
L’azione esterna dell’Unione assume i seguenti contenuti:
-conclusione di accordi internazionali e cura delle relazioni con le altre organizzazioni
internazionali;
-conduzione di una politica commerciale comune e di una politica nel settore della
cooperazione con i Paesi terzi e di aiuto umanitario;
-definizione ed attuazione della politica estera e di sicurezza comune;
51
-attuazione della clausola di solidarietà ex art. 222 TFUE che prevede la prestazione di
assistenza da parte dell’Unione in favore di uno Stato membro qualora questi sia oggetto
di un attacco terroristico o di una calamità naturale.
52
Ove tali strumenti non possano trovare applicazione, la normativa nazionale viene
valutata alla stregua dei parametri elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia,
per verificarne l’ammissibilità o viceversa la riconducibilità al divieto di misure equivalenti
alle restrizioni quantitative;
-divieto di imposizioni (sul piano fiscale) interne discriminatorie o protezionistiche, ed in tal
senso l’art. 110 TFUE stabilisce che “Nessuno Stato membro applica direttamente o
indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia
natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali
similari. Inoltre, nessuno Stato membro applica ai prodotti degli altri Stati membri
imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni”. Detta
disposizione riconosce implicitamente il potere di ciascuno Stato membro di tassare i
prodotti provenienti da altri Stati membri, tuttavia ne prevede una limitazione, vietando
agli Stati membri di colpire i prodotti importati in modo discriminatorio o per finalità
protezionistiche.
Cittadinanza dell’Unione
La cittadinanza dell’Unione comporta il riconoscimento di alcuni diritti, oltre la libertà di
circolazione e di soggiorno del territorio degli Stati membri, che attengono al profilo
istituzionale (diverso da quello in considerazione, che viceversa concerne il diritto
materiale dell’Unione). Tra questi è opportuno ricordare:
-il diritto di voto e di elettorato passivo alle elezioni del Parlamento europeo ed alle
elezioni comunali nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di
detto Stato membro;
-il diritto di petizione al Parlamento europeo e di ricorso al Mediatore europeo.
È cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro; la
cittadinanza dell'Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non sostituisce
quest'ultima.
Acquis di Schengen
La dimensione ampia assunta dalla libertà di circolazione delle persone rileva anche
nell’ottica dell’eliminazione delle barriere fisiche tra Stati membri, destinata ad incidere sui
controlli alle frontiere.
Tale aspetto è regolato nell’accordo di Schengen, sottoscritto nel 1985 tra cinque Stati
(Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi), che rappresenta una
dichiarazione di impegno degli Stati aderenti all’eliminazione graduale dei controlli alle
frontiere comuni.
L’accordo è stato oggetto di successive adesioni ad opera di altri Stati tra cui l’Italia nel
1993 e, con l’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, è stato incorporato nel quadro
giuridico ed istituzionale dell’Unione.
53
Il principio della libera circolazione dei servizi incontra due eccezioni. In particolare, non si
applica alle seguenti ipotesi:
-le attività che partecipano, anche occasionalmente all’esercizio dei pubblici poteri;
-le attività esercitate dai cittadini stranieri per cui è previsto un regime peculiare in base a
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, giustificate da “motivi di ordine
pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica”.
delle eccezioni al divieto ex art. 101, par. 3, TFUE sono legittime senza necessità di una
preventiva valutazione ad opera della Commissione o di latra istituzione dell’Unione.
Ma il rafforzamento del ruolo degli Stati membri non si limita alle modalità di applicazione
delle esenzioni al divieto di intese, investendo in generale l’applicazione della disciplina
comunitaria in materia di concorrenza: si riconosce sia alle autorità garanti della
concorrenza degli Stati membri sia alle giurisdizioni nazionali il potere di applicare
pienamente la disciplina in materia di concorrenza di cui agli artt. 101 e 102 TFUE.
Ma ciò non si traduce certo nell’eliminazione del potere di controllo da parte della
Commissione, che perde la sua connotazione preventiva ed assume carattere
successivo.
57
La politica economica
L’art. 121 TFUE stabilisce che “Gli Stati membri considerano le loro politiche economiche
una questione di interesse comune e le coordinano nell'ambito del Consiglio”.
La politica economica dell’Unione si realizza mediante l’adozione di indirizzi di massima
da parte del Consiglio, espressi in forma di raccomandazione, quale strumento inteso a
realizzare il coordinamento tra le politiche economiche degli Stati membri.
Qualora si accerti che le politiche economiche di uno Stato membro non sono coerenti
con gli indirizzi di massima o rischiano di compromettere il buon funzionamento dell'unione
economica e monetaria, la Commissione può rivolgere un avvertimento allo Stato
membro in questione; viceversa, il Consiglio, su raccomandazione della Commissione,
può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni, decidendo
eventualmente di renderle pubbliche, su proposta della Commissione.
Misure di assistenza
Il coordinamento tra le politiche economiche è realizzato altresì mediante la previsione di
misure di assistenza che trovano fondamento nello spirito di solidarietà tra Stati membri:
tali misure sono destinate ad operare in specifiche situazioni di difficoltà di uno Stato
membro. Due dono le ipotesi che legittimano l’adozione di siffatte misure di assistenza:
-gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore
dell'energia;
-difficoltà o seria minaccia di difficoltà derivante da calamità naturali o da circostanze
eccezionali che sfuggono al controllo dello Stato membro.
In queste ipotesi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere un'assistenza
finanziaria dell'Unione allo Stato membro interessato; il presidente del Consiglio informa il
Parlamento europeo in merito alla decisione presa.
La politica monetaria
La politica monetaria è connessa all’adozione di una moneta unica: il 1 gennaio 2002 è
entrata in circolazione l’euro, quale moneta unica avente corso legale.
Allo stato attuale, dei 28 Stati membri dell’Unione europea hanno aderito all’eurozona 19
paesi (da ultimo: la Lettonia con decorrenza dal 1° gennaio 2014 e la Lituania con
decorrenza dal 1° gennaio 2015).
La partecipazione all’eurozona postula il controllo delle politiche di bilancio degli Stati
membri, secondo quanto stabilito dal Patto di stabilità e crescita, consistente in un
accordo tra gli Stati aderenti (stipulato nel 1997 ed entrato in vigore nel 1999), teso al
rafforzamento delle politiche di vigilanza sui livelli di deficit e debito pubblico nazionali.
La politica monetaria mira al raggiungimento di 2 obiettivi:
-il mantenimento della stabilità dei prezzi;
-il sostegno delle politiche economiche generali dell’Unione.
La politica monetaria involge la partecipazione della Banca centrale europea, quale
istituzione specializzata, che svolge 2 funzioni essenziali:
-ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione dell’euro;
-partecipa alla conduzione della politica monetaria dell’Unione, in seno al Sistema
europeo di banche centrali (SEBC, composto dalla Banca centrale europea e dalle
banche nazionali degli Stati membri che adottano l’euro), che svolge una serie di
compiti, tra cui assume specifico rilievo la definizione ed attuazione della politica
monetaria: la sua attività persegue l’obiettivo principale del mantenimento della stabilità
dei prezzi.
Il MES costituisce una istituzione finanziaria internazionale con sede a Lussemburgo, volta a
fornire sostegno alla stabilità della zona euro attraverso strumenti di assistenza finanziaria
in favore di quegli Stati membri colpiti o minacciati da seri problemi di finanziamento.
Unione bancaria
A partire dalla seconda metà del 2012 ha poi preso avvio un percorso diretto alla
creazione di un’unione bancaria fondata su 3 pilastri:
-un meccanismo unico di vigilanza sulle banche, istituito con il regolamento del 15 ottobre
2013 n. 1024, che si sostanzia nella attribuzione alla BCE di compiti specifici in materia di
vigilanza sugli enti creditizi, tra cui la vigilanza diretta sulle banche di grandi dimensioni, in
collaborazione con le Autorità nazionali di vigilanza;
-un quadro unitario per quanto concerne i sistemi di garanzia dei depositi, basato sulla
fissazione di requisiti comuni, al fine di ridurre le distorsioni competitive legate alle diverse
forme di protezione e al differente funzionamento dei sistemi in ciascuno Stato membro,
assicurando altresì una adeguata tutela dei depositanti a fronte di situazioni
pregiudizievoli legate all’insolvenza dell’ente creditizio;
-un meccanismo unico europeo per la risoluzione delle crisi bancarie, istituito con
regolamento del 15 luglio 2014 n. 806, con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria
dell’eurozona mediante una gestione centralizzata delle procedure di risoluzione delle
banche in crisi, affidata ad una autorità unica (Comitato di risoluzione unico) con
decorrenza dal 1 gennaio 2016.
60
Politica sociale
La politica sociale, al pari di quella economica e della politica in materia di occupazione,
si sostanzia in un mero coordinamento delle politiche nazionali, inteso ad assicurare la
promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, una
protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a
consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l'emarginazione.
Il raggiungimento degli obiettivi di promozione dell’occupazione e miglioramento del
tenore di vita delle persone è assicurato anche mediante misure di sostegno finanziario,
attuate mediante la gestione di un fondo strutturale, il cd. Fondo sociale europeo, che ha
l'obiettivo di promuovere all'interno dell'Unione le possibilità di occupazione e la mobilità
geografica e professionale dei lavoratori, nonché di facilitare l'adeguamento alle
trasformazioni industriali e ai cambiamenti dei sistemi di produzione, in particolare
attraverso la formazione e la riconversione professionale.
La politica dell’ambiente
La politica in materia ambientale trova fondamento nell’attribuzione in favore dell’Unione
di una competenza in forma concorrente, ripartita con gli Stati membri.
La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
-salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente,
-protezione della salute umana,
-utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali,
-promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi
dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i
cambiamenti climatici.
La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo
conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata su tre
principi:
-i principi della precauzione e dell'azione preventiva, che determinano l’esigenza di
prevenire non solo il danno ragionevolmente certo, ma anche il danno eventuale ove si
prospetti come grave e irreversibile;
-il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente,
teso ad eliminare o quantomeno a ridurre le conseguenze dannose per l’ambiente,
intervenendo in via prioritaria sulla fonte del danno;
-il principio «chi inquina paga», che identifica nell’autore del danno il soggetto tenuto a
sostenere i costi per la riparazione del danno ambientale.
Ai sensi dell’art. 216 TFUE, l'Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o
organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un
accordo sia necessaria per realizzare, nell'ambito delle politiche dell'Unione, uno degli
obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell'Unione, oppure
possa incidere su norme comuni o alterarne la portata.
64
La competenza dell’Unione nel settore della PESC non esclude, pertanto, il potere di
intervento degli Stati membri. In particolare:
-gli Stati membri sono tenuti ad evitare comportamenti difformi dalla linea di azione
intrapresa dall’Unione (obbligo di coerenza);
-gli Stati membri sono tenuti a consultarsi reciprocamente sia su questioni di interesse
generale per la definizione di un approccio comune sia in via preliminare all’avvio di
azioni o all’assunzione di impegni ove potenzialmente lesivi degli interessi dell’Unione
(obbligo di coordinamento).
Le peculiarità connaturate alla competenza nel settore della PESC riguardano, altresì, la
natura degli atti, le procedure decisionali e l’operatività delle istituzioni.
La politica estera e di sicurezza comune è infatti soggetta a norme e procedure
specifiche. Essa è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano
all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente; è esclusa l'adozione
di atti legislativi.
L’attuazione della PESC postula l’intervento di una carica istituzionale appositamente
deputata alla guida di tale settore (l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e
la politica di sicurezza), quale soggetto nominato dal Consiglio europeo e destinato ad
agire, nel ruolo di responsabile dell’attuazione della PESC, come “mandatario” del
Consiglio stesso.
65