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2 Sulle
leggi sacre in ambito municipale, vedi da ultimo Raggi 2006.
Capitolia, cfr. Bianchi 1975, pp. 63-76; Landucci Gattinoni 1989, pp.
3 Sui
32-33; Zevi 1989, pp. 45-46; Gabba 2006, p. 577.
4 Sul contesto archeologico vedi, da ultimi, Tirelli, Cipriano 2001, pp. 37-60;
Capuis, Gambacurta, Tirelli 2009, p. 40; Cipriano, Tirelli 2009; Possenti 2009.
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della devozione: il caso di Aponus, divinità legata alle acque termali della
zona di Abano/Montegrotto Terme, è significativo a questo riguardo 12. Si
è supposto, infatti, che il latino Aponus sia la trasposizione di un teonimo
locale venetico, ma di quest’ultimo non esiste una testimonianza esplici-
ta 13. Le fonti attestanti il teonimo, infatti, sono, per il momento, tutte
latine – e non precedenti alla prima metà del I secolo d.C. – e non c’è la
possibilità di stabilire con certezza se sia stato il teonimo a determinare il
toponimo o viceversa 14. Per quanto, molto probabilmente, la sacralità del
luogo, le cui acque sulfuree e i profondi anfratti rocciosi ne avranno ali-
mentato la dimensione ctonia e oracolare, possa affondare le proprie radi-
ci in ambito pre-romano, non è ovvio che la titolarità del luogo sacro sia
rimasta la stessa 15. Se poi, come mi è sembrato proponibile, la presenza
di Gerione non è da attribuirsi ad una forma di “ideologia traspositiva”
dell’originario culto di Aponus 16, ma ad una manipolazione culturale di
età tiberiana, si dovrebbe, forse, riconoscere come la dimensione pre-
romana del culto sia sostazialmente ancora sconosciuta 17. Una situazione
per certi versi analoga è quella che riguarda l’area sacra al Timavo, laddo-
ve l’idronimo in qualità di teonimo compare solamente in iscrizioni della
fine del II secolo a.C. 18. In questo caso, l’area sacra, luogo di “mitici”
sbarchi greci e troiani la cui tradizione letteraria risale ad Omero, non è
caratterizzata da un culto al dio Temavus, ma molto probabilmente dalla
presenza di un lucus, a titolarità multipla 19. Benché l’idronimo di origine
venetica Τίµαυον/Temavus sia presente nelle fonti antiche, queste stesse
non lo considerano “titolare” dell’area sacra e nemmeno una divinità flu-
viale: l’uso dell’idronimo come teonimo si ha solamente più tardi, proba-
bilmente, in corrispondenza con l’intervento di Tuditano, che nel 129 a.C.
rifunzionalizzò l’area sacra presso il Timavo in chiave mitica ed autocele-
brativa, con esplicito richiamo alla leggenda antenorea 20.
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Cfr. Prosdocimi 2009, p.362.
22 Suquesta distinzione vedi Scheid 1999, pp. 392-393; Raggi 2006, p. 704. Vedi,
inoltre, Crawford 1996, p. 401, n. 25 (art. 64 della lex Ursonensis); Galsterer 2006 (art.
72 della lex Irnitana); Raggi 2006, pp. 701-710; Cresci Marrone 2009, pp. 131-132.
23 Questa tendenza si conferma anche in seguito alla Guerra Sociale, dopo l’89 a.C.,
cfr. Gabba 2006, p. 575.
24 Su questi aspetti, da ultima, vedi il contributo di Monica Chiabà in questo volu-
me.
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25 Sul caso del culto di Bona Mens ad Aquileia, cfr. Fontana 1997, pp. 65-76, con
bibliografia precedente.
26 Cfr. Fontana 1997, pp. 98-105 (Diovis), pp. 105-114 (Hercules), pp. 115-124
(Minerva), pp.124-136 (Fortuna), Zenarolla 2008, pp. 108-130. Su Fortuna ad Aquileia
vedi anche Fontana c.s., pp. 101-119.
27 Cfr. Facchinetti 2006, cc. 105-108; Verzár-Bass 2006, pp. 433-438; Tiussi
2009a, pp. 398-399.
28 Sulla dedica più antica, vedi Brusin 1933, p. 115=CIL I2 2822=ILLRP
306=Imagines 127=InscrAq 22. Cfr., inoltre, Bandelli 1983, p. 194, n. 4; Bandelli 1984,
pp. 192-193, n. 24; Bandelli 1988, pp. 146-147; Fontana 1997, pp. 165-167 e 180-182,
n. 6; Lettich 2003, n. 52. Sulla seconda dedica, vedi CIL I 1456 [b]=CIL V 840 [b]=CIL
I2 2196 [b]; InscrAq 21. Cfr., inoltre, Bandelli 1983, p. 193; Bandelli 1984, pp. 192-
193; Bandelli 1988, p. 146; Fontana 1997, pp. 165-167 e 182-183, n. 7.
29 Sulla situazione topografica cfr. Maggi, Oriolo 2004, p. 228; Facchinetti 2006,
c. 105; Tiussi 2009a, p. 398. Per il luogo di rinvenimento della seconda iscrizione, legger-
mente più recente, cfr. Facchinetti 2006, cc. 105-107, con bibliografia precedente. Anche
se la prima iscrizione risultasse effettivamente reimpiegata nella struttura del ponte, è
lecito supporre che il luogo del suo impiego primario non fosse di molto distante. Cfr.
Tiussi 2009a, p. 398, nt. 75, e p. 399.
30 Sulle varie ipotesi, altare, donario o podio di un tempio, cfr. Verzár-Bass1983,
p. 206; Verzár-Bass 1984, p. 228; Verzár-Bass 1991, p. 271; Zaccaria 1999, p. 197, nt.
36; Verzár-Bass 2006, p. 431; Facchinetti 2006, cc. 107 e 109; Tiussi 2009a, pp. 399-
400.
31 Sulla questione vedi l’esauriente discussione in Facchinetti 2006, con biblio-
grafia precedente.
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Cfr. Facchinetti 2006, c. 111., con bibliografia precedente.
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Vedi Verzár-Bass 1983, pp. 206-207; Verzár-Bass 2006, pp.432 e 437 (culto
pre-romano); Bandelli 1984, pp. 203-204; Bandelli 1988, p. 86; Adam 1991, p. 66;
Zaccaria 1999, p. 209 (culto epicorico).
34 Cfr. Laffi 2001, p. 542; Facchinetti 2006, cc. 111-112 e 127, nt. 49.
35 Cfr. Facchinetti 2006, cc. 117-118.
36 Iscrizione di Lanuvium, CIL XIV, 2088=ILS 316. Cfr. Facchinetti 2006, c. 115.
37 Anche se con dona si intendono le offerte votive, ciò non significa che tali offer-
te dovessero essere già conservate in precedenza nel tesoro del tempio – e alienate in
seguito; le offerte potevano anche essere appositamente acquisite allo scopo di effettuare
un intervento “sacro”. Sul significato di dona, cfr. Panciera 1997, p. 257, nt. 35 (lex aedis
Furfensis). Vedi, inoltre, Facchinetti 2006, c. 111.
38 Risulta di assoluta chiarezza nelle leges sacrae l’obbligatorietà da parte dei
magistrati locali, in questo caso edili, del re-investimento del ricavato dalla vendita di beni
sacri nelle celebrazioni religiose o nelle strutture santuariali, cfr. Facchinetti 2006, cc.
111-112; Raggi 2006, p. 710.
39 Pur trattandosi di un argumentum ex silentio, questa considerazione pare suppor-
tata dall’assenza di materiale “sacro” pre-coloniale di contro ad una cospicua presenza di
elementi decorativi datati tra II e I secolo a.C., cfr. Bertacchi 1979, p. 271; Verzár-Bass
2006, p. 433; Tiussi 2009a, pp. 399-401. Sulla pertinenza delle due iscrizioni al medesimo
luogo sacro vedi le considerazioni in Facchinetti 2006, c. 119.
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e che portarono al supplementum del 169 a.C. un luogo sacro posto fuori
dalle mura cittadine non avrebbe avuto facile vita 40. L’ipotesi più persua-
siva, in effetti, appare quella già avanzata da Maria José Strazzulla, ovve-
ro che il finanziamento dell’opera pubblica sia il frutto di una contribuzio-
ne volontaria collettiva, affidata ai magistrati della colonia per l’esecuzio-
ne di un monumento sacro di un chiaro valore rappresentativo per la
comunità 41. Un’operazione di questa importanza simbolica si colloche-
rebbe bene proprio nell’ambito della ri-fondazione della città latina nel
169 a.C., nel corso della quale furono, molto probabilmente, effettuati
interventi urbanistici ed amministrativi di tipo strutturale e in seguito alla
quale la città prese possesso più sicuro anche dell’area periurbana 42. Se
poi si accetta la cronologia proposta per il tempio “trionfale” di
Monastero 43, eretto in quegli anni, potremmo avere un’idea più vivida
della consistenza degli interventi successivi al supplementum e della por-
tata della ri-pianificazione urbana che questo comportò per Aquileia pochi
decenni dopo la fondazione; è possibile, come è già stato proposto, che le
dediche siano riferibili all’edificazione, in due tempi, di un luogo sacro,
collegabile all’area periurbana della colonia latina, interessata dal comple-
tamento della via Annia avvenuto in quegli anni 44.
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