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Spesso è presente in forma asintomatica, ma se copre una parte consistente della mucosa intestinale dà
origine a diarree da malassorbimento, perché il contatto parassita-mucosa tende a modificare quest’ultima,
quindi si ha atrofia microvillare e disturba l’assorbimento. A volte dà anche forme di allergia.
Può essere coltivata in anaerobiosi, con tempi lunghi. L’uomo non è l’unico ospite, abbiamo dei serbatoi
animali, sia selvatici che domestici. La trasmissione è orofecale, per cui ci si infetta con l’acqua, i cibi poco
cotti (ad esempio le verdure crude).
Diagnosi
Microscopica: a fresco o colorate con Lugol (quello di Gram) da feci, aspirato duodenale, biopsia
Immunologica: ELISA su feci (anticorpi + sistema di rilevazione dell’avvenuto legame)
Trycomonas vaginalis
La diagnosi, anche in questo caso, può essere fatta a microscopio esaminando le secrezioni oppure sul
sedimento urinario fatto a fresco, può essere visibile fino ad un’ora dopo il protozoo che “corre” da una parte
all’altra del preparato. Coltivazione lenta.
Parassita presente anche in diverse zone d’Italia. Viene trasmesso da un insetto simile alla zanzara, ma più
piccolo, dello flebotomo, presente sulle coste. Le forme che può assumere sono amastigote e promastigote,
rispettivamente in mammifero e insetto vettore. Rimane nelle ghiandole salivari dell’artropode finché non
punge e lo trasmette con la saliva.
Si considera una zoonosi, perché i serbatoi iniziali sono soprattutto animali, canidi che la subiscono in modo
grave. Fino a poco tempo fa non erano disponibili medicine per i cani per cui morivano, inevitabilmente.
Questi contraggono la malattia andando ad annusare l’erba (i flebotomi li pungono).
Quindi cani serbatoi, vettore flebotomo femmina che porta il protozoo nella saliva in forma di promastigote,
questo punge l’uomo, viene fagocitato da macrofagi e cellule endoteliali e qui si trasforma in amastigote e
dà la malattia.
La Leishmania tropica forma ulcere localizzate sulle parti scoperte (braccia e gambe).
La Leishmania donovani forma più grave, soprattutto nei bambini piccoli (rischio mortalità), perché in qusto
caso l’infezione ha un comportamento diffusivo: dal focolaio iniziale (che regredisce) diffonde verso gli
organi interni, si moltiplica all’interno delle cellule reticolo-endoteliali dando infiammazioni e ingrassamenti
degli organi più vascolarizzati (fegato, reni e milza) e flebiti ostruttive.
La leishmaniosi centro e sud americana, invece, sostenuta da Leishmania braziliensis e altre simili (anche
nome simile, es. messicana) è un’infezione mucocutanea con invasione di mucose e cartilagini rino-oro-
faringee, dei padiglioni auricolari e dei genitali esterni. Si formano dei focolai ulcerati che dopo molto tempo
cicatrizzano con risultati di tipo erosivo e cicatriziale deturpante.
La diagnosi può essere fatta a picroscopio con colorazione Giemsa o possono essere coltivate (tempi un po’
lunghi) oppure diagnosi sierologica.
Trypanosoma
Emoflagellati. Da noi non ci sono, sono presenti in Africa e centro-sud America, sono popolazioni che hanno
subito segregazione geografica per molto tempo in senso evolutivo, per cui c’è una gran differenza tra quelli
africani e quelli americani.
Le forme americane si presentano con tre possibili morfologie: quella più semplice e le due più complesse,
quindi amastigote, epimastigote e trypomastigote. Il vettore è un artropode ematofago (cimice), che le
trasmette con le feci. La modalità con cui si contrae l’infezione è quella che abbiamo visto con le pulci e
pidocchi nel caso delle Rickettsia: è un’autoinoculazione per grattamento. La specie più importante tra questi
è il Trypanosoma cruzi.
Quelli che troviamo in Africa, invece si presentano solo con le due forme più complesse: epimastigote e
trypomastigote, per questi non si conosce la forma amastigotica. In questo gruppo c’è un’ulteriore
differenziazione: la specie è la Trypanosoma brucei¸ ma nell’ambito della specie ci sono due sottospecie che
vivono in condizioni ambientali diverse. Una è la brucei gambiense e l’altra è la brucei rodesiense. Stesso
vettore, ma in ambienti diversi.
Trypanosoma brucei gambiense si trova in zone umide, quindi nelle foreste e lungo i fiumi. L’unico serbatoio
è l’uomo, probabilmente esistono altri animali, ma non si conoscono. Il vetrore è costituito dalla glossina,
comunemente chiamata mosca tze tze, anche se corrisponde non ad una mosca, ma ad un tafano; la malattia
causata è la cosiddetta malattia del sonno, che in realtà è un’encefalite, malattia cronica.
Trypanosoma brucei rodesiense, invece, vive nelle zone aride, nella savana. Qui si conoscono diversi serbatoi
sia tra gli animali domestici che selvatici (animali da allevamento e antilopi); il vettore è sempre lo stesso e la
malattia è più o meno la stessa, anche se in questo caso ha un’evoluzione più rapida, più acuta e più mortale.
La mosca tze tze si infetta succhiando il sangue infetto, con il sangue si infettano le ghiandole salivari e
quando punge il nuovo ospite trasmette il Trypanosoma. Inizialmente si determinano degli ingrossamenti dei
linfonodi retroauricolari segno particolare che viene indicato come segno di winterbottom, dopodiché il
parassita sfugge ai linfonodi e diffonde con il sangue, arriva al SNC e provoca questa encefalite, si ha
infiammazione, edema cerebrale ecc. gli effetti sono sintomi neurologici, inizialmente irritabilità, disturbi del
sonno, depressione e un progressivo deterioramento mentale con queste forme di letargia (che hanno
contribuito a dare il nome alla malattia) fino al coma e poi alla morte.
Diversa è la situazione delle forme americane, tra cui il Trypanosoma cruzi è la principale. Di nuovo serbatoio
umano e animali vari, ma il a trasmettere non è un artropode che vola, ma una cimice (che cammina), detta
triatoma. Le condizini in cui si verificano queste infezioni sono quelle di povertà, ambienti rurali, case
costruite con muri di fango, insomma, ambienti in cui le cimici possono nascondersi durante il sonno.
Pungono e in corrispondenza del punto stesso defecano, il resto lo fa la persona stessa grattandosi o
toccandosi la rima congiuntivale e in questo modo si autoinocula il parassita. Anche questo c’è un segno
caratteristico, il cosiddetto chagoma, un gonfiore all’occhio che si determina nella posizione in cui la persona
ha grattato. In questo caso i parassiti sono più evidenti nel sangue (semplice striscio), dove si evidenziano le
due forme più complesse, epi- e trycomastigote; ma l’infezione evolve e il parassita va ad annidarsi nei
tessuti, soprattutto quelli muscolari, sia striati che lisci, e formano dei “nidi” o “cisti” all’interno dei quali
assume la forma amastigote.
La lesione precoce prende il nome di chagoma, nella fase iniziale il parassita diffonde con il sangue e invade
le cellule del reticolo-endotelio e causa una forte reazione infiammatoria all’interno dell’organo che causa
un ingrossamento di alcuni organi, cuore (megacardio), colon ed esofago. Tende a cronicizzare e i parassiti
vengono eliminati dal sangue, ma trasformandosi nella forma amastigotica che è quella più resistente al
sistema immunitario e si annidano nelle cellule, provocando problemi; al cuore causa miocarditi interstiziali
e può interferire con il sistema di conduzione, per cui una percentuale significativa di soggetti muore per una
condizione che simula quella dell’infarto (anche in soggetti giovani).
La diagnosi si può fare nella fase acuta al microscopio, osservando uno striscio di sangue o con un preparato
detto a goccia spessa, in cui il dosaggio del colorante è talmente alto da far esplodere i globuli rossi, in questo
modo il campo si schiarisce e in questo modo si può avere una maggiore sensibilità per il protozoo. Oppure
una diagnosi sierologica.
Si può usare anche una xenodiagnosi: si allevano cimici in laboratorio sane e nel caso sia difficile la diagnosi
con i metodi precedenti si fa pungere il paziente con la cimice e si tiene in osservazione finché non si uccidono
per vedere se si notano i segni dell’infezione.
È possibile anche coltivare il protozoo.
Amebe
Protozoi non dotati di ciglia e/o flagelli, ma che si muovono per pseudopodi.
Non sono molte le specie patogene per l’uomo, la più importante è un’ameba che vive nell’intestino e si
chiama Entamoeba histolytica. Si localizza nel grosso intestino e ha trasmissione oro-fecale. È un’ameba che
vive, si nutre e si divide solo all’interno dell’intestino, quando esce nell’ambiente esterno sopravvive solo se
ha avuto modo di trasformarsi nella forma più resistente, che è quella cistica. Quindi parassita obbligato
dell’uomo e degli animali. Causa una malattia che prende il nome di amebiasi (o amebosi) intestinale che è
una malattia importante perché sebbene da noi quasi non esista, non ci sia circolazione di quest’ameba, nel
mondo determina parecchi milioni di infezioni: seconda causa di morte per parassitosi protozoarie (la prima
è la malaria). Le altre amebe, che provocano relativamente poche malattie, sono a vita libera, saprofiti che
vivono nell’acqua e appartengono ai generi Negleria (soprattutto la specie fowleri) e Acanthamoeba (diverse
specie che possono infettare). Vivono nelle acque, occasionalmente possono infettare l’uomo e causano però
malattie molto gravi: encefaliti, meningoencefaliti oppure anche solo infezioni oculari.
Entamoeba histolytica
È l’unica specie veramente patogena per l’uomo: nell’intestino dell’uomo, così come degli animali, ci sono
molte specie di amebe commensali.
È morfologicamente indistinguibile da un’ameba commensale che si chiama Entamoeba dispar al punto che
la distinzione tra le due è stata chiarita solo di recente, con la biologia molecolare, fino ad allora si pensava
che queste fossero due forme della stessa specie, una aggressiva e l’altra no, ma in realtà sono due specie
differenti. Morfologicamente, l’unica distinzione è che l’E. histolytica fagocita i globuli rossi: erode la mucosa,
provoca fuoriuscita di sangue e fagocita attivamente i globuli rossi.
L’uomo non è l’unico ad ammalarsi, ma anche vari animali.
Nell’intestino troviamo la forma vegetativa (cieco-colon) attivamente fagocitante, aggressiva nei confronti
della mucosa. Il trofozoita si trova anche nelle feci diarroiche.
Nelle feci emesse, feci mature, troviamo la forma cistica. La cisti è tetranucleata anche in questo caso.
Sopravvive per un po’ di tempo (circa due settimane), in attesa di essere ri-ingerita. In questa forma riesce
solo a infettare. Tetranucleate e infatti, una volta ingerita, si escista nel tenue e dà origine a 4 amebule
metacistiche che poi si dividono di nuovo fino ad arrivare nel crasso, che colonizzano.
Il ciclo di trasmissione parte dalle feci, da queste, attraverso cibi, bagni, mosche e rapporti sessuali vengono
trasmesse le cisti, che ingerite si escistano, producono le forme trofozoitiche ecc.
Trasmissione da 4 F: food, fingers, flies and fornication.
Negleria fowleri
Abbastanza curiosa, anche questa è polimorfa. In particolare quando si trova in condizioni isotoniche ha un
aspetto tipico di una mela; in ambienti ipotonici la morfologia cambia ed emette dei flagelli, diventa molto
mobile, tanto che questa è una delle modalità per riconoscere l’ameba: si mette il microrganismo in acqua
distillata e dopo un po’ di tempo si controlla se è cambiata; terza forma in ambienti sfavorevoli,
tendenzialmente quando disidratata, forma quasi cistica, con involucri rotondeggianti e ben definiti.
La porta di entrata è tendenzialmente il naso, durante il bagno in acque infette e penetra attraverso la lamina
cribrosa dell’etmoide, quindi seguendo a ritroso il decorso del nervo olfattivo, attraverso le guaine. Arriva
all’encefalo e si moltiplica e causa una meningite amebica primaria (MEAP), tempo di incubazione circa una
settimana, con decorso rapido, fulminante.
Acanthamoeba
Si riconosce perché ha pseudopodi che sembrano delle spine, detti acantopodi, perché tipici di questa specie.
Di questa si conoscono solo due forme: la torfozoitica che assume in acqua e la forma cistica che ha in
ambienti di tendenziale disidratazione.
Può penetrare attraverso il naso, ma più frequentemente entra attraverso la cornea. In alcuni casi si limita a
dare delle infezioni oculari, delle cherato-congiuntiviti, in altri casi invece continua il percorso e attraverso
le fibre del nervo ottico penetra l’encefalo e provoca un’encefalite granulomatosa amebica (GAE), questa si
presenta più nel caso di pazienti immunodepressi.