Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
direttori
michele r. cataudella (resp.)
casimiro nicolosi
giovanni salanitro
comitato scientifico
géza alföldi†
filippo di benedetto
enrico flores
hans-joachim gehrke
gian franco gianotti
didier marcotte
redazione
serena bianchetti, adalberto magnelli,
carmela mandolfo, gabriele marasco†,
giuseppe mariotta, ida mastrorosa, vincenzo ortoleva,
annamaria pavano, maria rosaria petringa,
anna quartarone salanitro
Direzione
Prof. Michele R. Cataudella
Università di Firenze - Dipartimento di Storia
via San Gallo 10 - 50129 Firenze
Tel. 055 2757902/3/4/5
Redazione
Dott.ssa Anna Quartarone Salanitro
via Andrea Costa 8 - 95129 Catania
Tel. 095 532591
sileno
rivista semestrale
di studi classici e cristiani
fondata da quintino cataudella
anno xxxviii
1-2/2012
E-mail: infoagoraco@gmail.com
issn 1128-2118
SOMMARIO
Articoli
Ilenia Achilli
Diod. Sic. 20,43,7. Percorsi polibiani nella Biblioteca Storica 1
Carmen Arcidiacono
Il contributo dei Versus ad gratiam Domini alla ricostruzione
dell’ipotesto virgiliano 21
Sergio Audano
I signa del giudizio nel centone De ecclesia (AL 16 R2):
testo ed esegesi dei vv. 89-91 55
Silvia Canton
Cultura classica e ascetismo cristiano in san Girolamo: incontro o scontro? 89
Alessandra Coppola
Diodoro 16.91-93: la morte di Filippo II 109
Claudio Faustinelli
Sul valore semantico di depilati in Non. 36, 26 = Lucil. 845 M. 125
Carmela Mandolfo
Sulla Praefatio programmatica delle Formulae spiritalis intellegentiae
e sulla terminologia esegetica di Eucherio di Lione 151
Francesco Mari
La destra del Re 181
Note
Ilenia Achilli
Sullo scrittoio dello storico: in margine a D. Pausch (ed.),
Stimmen der Geschichte. Funktionen von Reden
in der antiken Historiographie 205
Carmen Arcidiacono
Il tema della fides nei Versus ad gratiam Domini 213
VII
sommario
Sergio Audano
Le molte strade del centone virgiliano cristiano:
in margine a tre recenti edizioni 225
Manuela Callipo
Nota a Τέχνη γραμματική, GG 1/1 32, 1: il nome dell’accusativo 257
Carmelo Crimi
Nazianzenica XVIII. Le donne di Massimo il Cinico 265
Paolo Fedeli
L’inno ad Ercole nella chiusa di Prop. 4,9 273
Silvia Fenoglio
Omero, l’Oceano fonte del sapere: i proemi ai commentari all’Iliade
e all’Odissea di Eustazio di Tessalonica 283
Lellida Todini
Mostri, ninfe ed elefanti a Samo: Euagon e le Neidi 297
Pietro Zaccaria
Plu. mor. 734 b e le Efemeridi di Alessandro 313
Cronache
Sergio Audano
Presentazione del centone Versus ad gratiam Domini.
(Chiavari, 13 febbraio 2012) 319
Ricordi
Umberto Bultrighini
Racconto di un Maestro: Domenico Musti (1934-2010) 325
Didier Marcotte
André Laronde (1940-2011) 351
Giovanni Salanitro
Mario Geymonat (Torino 1941 - Venezia 2012) 355
VIII
sommario
Recensioni
IX
LE MOLTE STRADE DEL CENTONE VIRGILIANO CRISTIANO:
IN MARGINE A TRE RECENTI EDIZIONI
sergio audano
1
«Supercongetturatore». Questo emblematico epiteto fu coniato da Timpanaro nei con-
fronti di Shackleton Bailey nello splendido ritratto di Scevola Mariotti in «Belfagor» 58/3,
1993, 319; in questo articolo sono discusse, e spesso contestate per il loro eccesso di arbi-
trarietà, diverse proposte testuali relative all’Anthologia Latina (307-313). Timpanaro, pur
nel dissenso, espresse sempre rispetto e ammirazione verso lo studioso anglo-americano,
definito, ad esempio, «dotto e geniale» in S. Timpanaro, Contributi di filologia greca e latina
(a cura di E. Narducci), Firenze 2005, 257; sempre in Contributi cit., 301, a proposito delle
Notes on Velleius di Shackleton Bailey scrive: «anche qui, come sempre, questo studioso
geniale ma intemperante congetturò troppo».
225
sergio audano
2
Nell’ultimo decennio, oltre alle edizioni di Salanitro che saranno in seguito menzio-
nate, sono da ricordare, per limitarci all’àmbito italiano, quelle del centone De alea di G.
Carbone, Napoli 2002; dell’Hippodamia a cura di P. Paolucci, Hildesheim 2006 (importan-
te per tutta una serie di notazioni di tecnica centonaria, in particolare l’elaborazione del
fenomeno combinatorio della uox propinqua) e, contemporaneamente a Sineri, un’altra
edizione di Proba, a cura di A. Badini e A. Rizzi (Proba, Il centone, Bologna 2011), un testo
purtroppo poco interessato a problemi filologici, ma con un taglio di carattere teologico e
pastorale, settore nel quale non mancano osservazioni lucide e molto pertinenti. Consta
che siano attualmente in preparazione un’edizione dell’Alcesta, a cura ancora di Paolucci,
e, per quel che riguarda i centoni cristiani, una del De ecclesia a opera di F. Formica.
226
le molte strade del centone virgiliano cristiano
stici lavori di Francesco Ermini su Proba nei primi del Novecento (il suo
Il centone di Proba e la poesia centonaria latina risale al 1909), agli studi
indubbiamente più solidi filologicamente di Rosa Lamacchia, di Marialisa
Ricci e di Giovanni Salanitro3. A quest’ultimo si deve la realizzazione di un
organico progetto di ricerca, che, iniziato con le sue edizioni dei centoni
«pagani»4, trova ora il suo pieno completamento con la recentissima pub-
blicazione, preceduta nel 2010 dal De ecclesia a cura di Adriana Damico5,
dei rimanenti tre centoni cristiani6, i Versus ad gratiam Domini (o Tityrus,
come poi lo denomineremo) di Carmen Arcidiacono, il De Verbi incarna-
tione di Eleonora Giampiccolo e il Centone di Proba di Valentina Sineri7.
3
Al fine di evitare elenchi tediosi (e inevitabilmente incompleti), mi sono limitato a
menzionare gli studiosi che hanno dimostrato una continuità di ricerca sui centoni nel
corso del tempo, soprattutto in anni nei quali il giudizio critico su questa tipologia lette-
raria non era dissimile da quello così ferocemente «epigrammatico» di Shackleton Bailey;
ovviamente non mancano contributi rilevanti di altri studiosi, seppure più episodici sull’ar-
gomento specifici, in particolare l’ottima voce I centoni di G. Polara in G. Cavallo - P. Fedeli
- A. Giardina (curr.), Lo spazio letterario di Roma antica. 3. La ricezione del testo, Roma
1990, 245-275. Tutte e tre le edizioni che saranno discusse contengono ottimi e aggiornati
repertori bibliografici ai quali ovviamente rimando.
4
Della gran messe di contributi sulla poesia centonaria di G. Salanitro, in più di un tren-
tennio di ricerche sul tema, è opportuno ricordare, per continuità di metodo con i lavori
delle sue allieve, almeno le edizioni della Medea di Osidio Geta (Roma 1981), contempora-
nea a quella teubneriana di R. Lamacchia (Leipzig 1981), dell’Alcesta (Acireale-Roma 2007)
e la Silloge dei Vergiliocentones minores (Acireale-Roma 2009): questi due ultimi volumi
appartengono alla collana Multa Paucis dell’Editore Bonanno, diretta sempre da Salanitro,
in cui sono stati pubblicati prima il De ecclesia di A. Damico nel 2010 e ora il centone di
Proba e il De Verbi incarnatione (ne costituiscono rispettivamente i voll. 6, 10 e 11).
5
A. Damico, De ecclesia. Cento Vergilianus, Acireale-Roma 2010; l’edizione ha già ri-
cevuto numerose recensioni (oltre a quella del sottoscritto in «Sileno» 37, 2011, 266-274):
S. Condorelli in «BSL» 40/2, 2010, 812-814; P. Tempone in «AL Riv» 1, 2010, 371-377; E.
Bona in «Eikasmos» 22, 2011, 473-476, e l’ampio e dotto articolo/recensione di F. Formica,
Il centone virgiliano cristiano De ecclesia, «Vichiana» 13/2, 2011, 284-303.
6
Sui centoni virgiliani cristiani è d’obbligo il rinvio al recente studio complessivo di M.
Bažil, Centones Christiani. Métamorphoses d’une forme intertextuelle dans la poésie latine
chrétienne de l’Antiquité tardive, Paris 2009, ampiamente discusso dalle tre autrici. Di qual-
che anno prima è un altro importante lavoro, incentrato sull’analisi della tecnica composi-
tiva della poesia centonaria cristiana: S. McGill, Vergil recomposed, Oxford 2005.
7
C. Arcidiacono, Il centone virgiliano cristiano «Versus ad gratiam Domini». Introdu-
zione, edizione critica, traduzione e commento, Alessandria 2011; E. Giampiccolo, De Verbi
incarnatione. Cento Vergilianus, Acireale-Roma 2011; V. Sineri, Il centone di Proba, Aci-
reale-Roma 2011.
227
sergio audano
8
Queste priorità critiche sono state formulate da Salanitro in Silloge cit., 13-14.
9
Giampiccolo, op. cit., 18.
228
le molte strade del centone virgiliano cristiano
10
Arcidiacono, op. cit., 7-8.
11
Mi pare condivisibile l’equilibrata posizione di Arcidiacono, op. cit., 46, la quale parla
di «ricerca di un compromesso tra cultura cristiana e cultura pagana, a condizione che
quest’ultima si limiti a fungere da semplice ornamento dei contenuti di fede».
12
Sineri, op. cit., 27.
13
Giampiccolo, op. cit., 24, la quale nella n. 61 richiama l’inquadramento teorico offerto
dagli studi di M. G. Bonanno, L’allusione necessaria. Ricerche intertestuali sulla poesia greca
e latina, Roma 1990.
229
sergio audano
14
Arcidiacono, op. cit., 51.
15
L’ipotesi di considerare il centone come un genere letterario autonomo era stata avan-
zata da Carbone, op. cit., 25-30, la quale ne sottolinea la caratteristica della «trasversalità»;
tuttavia questa possibilità non è stata recepita dalle curatrici che parlano comunemente
di «tecnica centonaria». Una decisa presa posizione negativa, invece, in Bažil, op. cit., 12,
il quale, a proposito del centone, ritiene che «ce terme ne désigne pas un simple genre
littéraire, mais une technique d’écriture particulière, et éventuellement aussi un corpus de
textus, unis par un semblable mode de naissance (à partir de citations) plutôt que par des
parallèles au niveau du contenu, du mode de narration, etc)».
16
La rilevanza della funzione delle Georgiche è stata individuata da M. L. Ricci, Motivi
arcadici in alcuni centoni virgiliani cristiani, in Atti del Convegno virgiliano sul bimillenario
delle Georgiche, Napoli 1977, 489-496, e, più di recente, da Bažil, op. cit., 144-147.
230
le molte strade del centone virgiliano cristiano
17
Su tutta la problematica relativa all’interpretazione di questo testo, con ampia e ar-
gomentata discussione di larga parte della bibliografia precedente, rimando a Sineri, op.
cit., 13-15 (in particolare 15, n. 9): come noto, alcuni studiosi (come Sivan, Mastandrea e
Corsaro) ritengono che il destinatario sia da identificare con Arcadio, datando il carme tra
il 395 e il 397, mentre Cameron posticipa al 430, ritenendo, invece, che il testo sia indiriz-
zato a Teodosio II.
18
Vv. 12-15: haec relegas seruesque diu tradasque minori / Arcadio, haec ille suo semini,
haec tua semper / accipiat doceatque suos augusta propago.
19
La notorietà del testo di Proba in Oriente «può ben far supporre che la composizione
dei centoni omerici, in parte attribuibili all’imperatrice Eudocia, moglie di Teodosio II,
sia stata ispirata proprio dal modello di Proba» (Sineri, op. cit., 16, n. 10). La vivacità di
scambi letterari tra le diverse parti dell’impero è evidenziata opportunamente anche da
P. Mastandrea, L’epigramma dedicatorio del Cento Vergilianus di Proba (AL 719d Riese):
analisi del testo, ipotesi di datazione e identificazione dell’autore, «BSL» 31, 2001, 579. Su
affinità e differenze tra i centoni di Proba e di Eudocia cfr. C. Mazzucco, Donne e Bibbia nel
cristianesimo tra II e V secolo, in A. Valerio (cur.), Donne e Bibbia: storia ed esegesi, Bologna
2006, 23-49 (soprattutto 40-47).
20
L’ipotesi di una fruizione anche ascoltata, e non solo letta, del centone di Proba (ma è
congettura estendibile a tutti i centoni cristiani) mi pare evincibile anche dal v. 55: matres
atque uiri, pueri innuptaeque puellae. Un’osservazione interessante, che offre argomenti
per un utilizzo più ampio (anche «para-liturgico») del centone di Proba (che forse si può
estendere a tutti i centoni), proviene dal commento di Badini e Rizzi (op. cit., 155), secon-
do le quali «è chiaro che comunque Proba si rivolge a un pubblico di laici e in particolare,
231
sergio audano
232
le molte strade del centone virgiliano cristiano
22
Giampiccolo, op. cit., 20 n. 36.
23
Polara, I centoni cit., 268.
24
Mi riferisco al titolo del par. 4 dell’Introduzione, Osservazioni sulla tecnica centonaria
di Proba: le molte vie dell’allusione, 26.
233
sergio audano
25
Bažil, op. cit., 178, dopo aver fornito la definizione di questa modalità a 116.
26
Sineri, op. cit., 27.
234
le molte strade del centone virgiliano cristiano
27
Si tratta dell’intero par. 3 della Parte seconda in Arcidiacono, op. cit., 63-75, che ha
come titolo Il riuso delle unità virgiliane a contenuto autonomo: la ‘tecnica dell’impronta’.
28
Arcidiacono, op. cit., 63.
29
Arcidiacono, op. cit., 73.
235
sergio audano
30
Arcidiacono, op. cit., dedica l’intera Parte seconda (57-127) alla tecnica compositiva
del suo centone; Giampiccolo il secondo capitolo (16-36) dal titolo Aspetti di tecnica cento-
naria nel De Verbi incarnatione.
31
Giampiccolo, op. cit., 25.
32
P. F. Moretti, Proba e il Cento nuptialis di Ausonio, in P. F. Moretti – C. Torre – G.
Zanetto (curr.), Debita dona. Studi in onore di Isabella Gualandri, Napoli 2008, 317-347.
33
Sineri, op. cit., 25-26.
34
Giampiccolo, op. cit., 37.
236
le molte strade del centone virgiliano cristiano
35
Giampiccolo, op. cit., 83.
36
Non comprendo, però, come mai la studiosa abbia tradotto l’espressione comitem
complector in omnis con «ti voglio compagno per ogni cosa» (Giampiccolo, op. cit., 53),
lasciando presumere di leggere la variante in omnia di Schenkl. La studiosa nel commento
(op. cit., 83) pensa che si debba «sottintendere il sostantivo mancante», ovvero casus
(ricavato, come tutto il secondo emistichio del v. 37, da Aen. 9.277): tuttavia mi domando
se non sia più intuitivo ipotizzare una ripresa del dies del precedente v. 36, giocando sulla
somiglianza formale tra nominativo singolare e accusativo plurale e, quindi, interpretando
nel senso di «ti stringo come compagno per tutti i tempi», a conferma dell’eterna identità
tra le persone del Padre e del Figlio.
37
Aen. 1.665 nate [patris summi qui tela Typhoia temnis] + Aen. 9.281 [Euryalus me]
nulla dies [tam fortibus ausis] + Aen. 1.642 [per tot ducta uiros antiquae] ab origine gentis: le
modifiche riguardono l’aggiunta di mihi quem e la sostituzione di rerum a gentis; per tutto
lo status quaestionis cfr. Giampiccolo, op. cit., 82.
38
Giampiccolo, op. cit., 30.
237
sergio audano
39
Il commento ad loc. di Giampiccolo (op. cit., 69) è interessante perché offre anche una
serie di spunti di contatto, proprio grazie all’uso di castus in riferimento alla Vergine, con
altri poeti coevi, come Paolino da Nola (carm. 6.112: seruabat casta pudorem) o Giovenco
(euang. 1.55: abdita uirgineis caste pubescere tectis).
40
«Le norme tecniche preposte alla stesura di un carme centonario sono fissate da
Ausonio nella lettera proemiale al Cento nuptialis» (Arcidiacono, op. cit., 4).
41
Arcidiacono, op. cit., 114.
238
le molte strade del centone virgiliano cristiano
uerba Parentis): l’intero verso ricalca Aen. 8.155, ma nel contesto d’arrivo
la formula accipio agnoscoque indica l’atto di comprensione mentale che
Melibeo compie verso le parole di Titiro, assimilate a quelle divine, mentre
nell’ipotesto esprime il gesto dell’accoglienza fisica di Evandro nei con-
fronti di Enea, provocato anche dalla somiglianza fisica di quest’ultimo col
padre Anchise. Ma l’operazione compiuta da Pomponio è più sofisticata,
come ben messo in luce da Arcidiacono42, la quale ricorda in che modo il
centonario, nel suo processo di risemantizzazione, abbia molto probabil-
mente tenuto presente un altro luogo virgiliano, Aen. 12.260 (accipio agno-
scoque deos; me, me duce ferrum), dove la medesima formula appare già
variata nel senso di «riconoscere il volere divino». Si tratta, quindi, di un
interessante esempio in cui il centonario modifica Virgilio con Virgilio, un
aspetto che, più avanti, richiederà qualche ulteriore osservazione43. Il terzo
livello, infine, quello forse più radicale, presenta vocaboli risemantizzati
secondo un’accezione già riscontrabile nel latino cristiano; il caso più em-
blematico tra quelli addotti dalla studiosa mi pare quello di Tit. 64 (prae-
mia digna ferunt. Freti pietate per ignem), dove il secondo emistichio è ri-
cavato da Aen. 11.787 (pascitur et medium freti pietate per ignem): la ben
nota valenza classica di pietas appare, ormai, pienamente declinata nel suo
valore cristiano, al tempo del centonario largamente diffuso e riscontrabile
fin dalle origini cristiane, come conferma l’esempio portato dalla studiosa
di un passo della paolina Prima lettera a Timoteo (4.7-8)44.
42
Arcidiacono, op. cit. 118.
43
La medesima operazione ritorna anche nel De Verbi incarnatione, dove al v. 29 si ri-
trova lo stesso emistichio (accipio agnoscoque libens: sequor omina tanta), con riferimento
all’accettazione da parte di Maria delle parole di Gabriele. In questo caso la modalità dell’u-
tilizzo di «Virgilio con Virgilio» appare declinata in maniera decisa sul versante teologico:
la Vergine col suo atto accoglie intellettualmente i dicta divini, grazie a cui si farà concre-
tamente sarx il Verbum di Cristo. La doppia prospettiva virgiliana (accoglienza fisica di un
figlio simile al padre e riconoscimento del valore divino) trova, quindi, un’ulteriore ap-
plicazione anche in questo centone. Dal punto di vista testuale tanto Giampiccolo quanto
Arcidiacono stampano giustamente agnosco e non l’adgnosco dell’ipotesto: come si vedrà in
seguito più in dettaglio, le due studiose non si lasciano tentare dal facile gioco di adeguare il
testo dei loro centoni alla vulgata virgiliana, ma, al contrario, dimostrano di saper valutare,
in maniera ponderata, il riflesso della tradizione virgiliana sulla lexis dei loro autori (la va-
riante agnosco, come conferma l’apparato di Geymonat2 ad loc., è del resto attestata in au-
torevoli testimoni di Virgilio, come il Vaticanus Latinus 3867, detto «romano» e siglato R).
44
Arcidiacono, op. cit., 241.
239
sergio audano
45
Per un esempio virgiliano (Aen. 6.823) di riuso di precedenti materiali per la conia-
zione di un nuovo verso mi permetto di rimandare al mio contributo Agostino tra Bruto,
Livio e Virgilio (civ. 3,16; 5,18), in F. Gasti – M. Neri (curr.), Agostino a scuola: letteratura
e didattica, Pisa 2009, 105-109.
46
Per Proba cfr. Sineri, op. cit., 127; per il De ecclesia cfr. Damico, op. cit., 63-64; per il
De Verbi incarnatione cfr. Giampiccolo, op. cit., 106.
47
La struttura a chiasmo del verso è stata notata da Giampiccolo, op. cit., 106.
240
le molte strade del centone virgiliano cristiano
48
Sineri, op. cit., 127.
241
sergio audano
Da questa prima rassegna emerge con chiarezza gli spunti che le tre stu-
diose hanno saputo ricavare al fine di dimostrare il grado di originalità di
ciascuno degli autori affidato alle loro cure. Come visto, si sono mosse spa-
ziando con ampiezza di prospettiva su vari versanti, alcuni dei quali non
esenti da implicazioni di natura teorica, come la riflessione sul tema dell’al-
lusività e della intertestualità; uguale attenzione è stata riservata a problemi
di ordine squisitamente tecnico, ad esempio la modalità compositiva nel
rapporto col modello virgiliano, su cui, come visto, sono stati forniti ele-
menti innovativi e sistematici, che permettono di entrare con maggior no-
zione di causa all’interno dell’ «officina» poetica di ciascun centonario, che
viene così individuato, se non nella sua sfuggente dimensione biografica,
almeno nella specificità della sua tecnica artistica. Ma un contributo rile-
vante è offerto anche all’altro punto di criticità che era stato sollevato da
Salanitro, ovvero la valutazione dell’apporto fornito dai centoni cristiani
49
Anche da Giampiccolo (op. cit. soprattutto 63-64) è sostenuta la dipendenza del De
Verbi incarnatione dal più noto centone probiano, da cui ricava non solo un blocco di versi
della parte finale, ma anche la stessa propositio materiae. Tuttavia a me pare plausibile l’ipo-
tesi di una mediazione intermedia del De ecclesia dove si assiste al ridimensionamento della
figura dell’autore nella sua specificità artistica: non è un caso che egli si manifesti alla prima
persona solo al penultimo verso (a meno che non si intenda recuperare, secondo l’ipotesi
formulata dalla studiosa, al v. 6 incipiam), solo per domandare la ricompensa celeste.
242
le molte strade del centone virgiliano cristiano
alla tradizione indiretta virgiliana e alla stessa constitutio textus del poeta.
Ciò spiega una delle motivazioni di queste nuove edizioni: la ricostruzione
in maniera scientifica dei Vergiliocentones, di fatto trascurati da quasi un
secolo dagli studiosi, permetterà agli editori di Virgilio di poterli «legitti-
mamente utilizzare per contribuire a fissare il testo virgiliano»50, ma anche
consentirà di disporre di edizioni aggiornate e affidabili, depauperate final-
mente da approcci critici quanto meno discutibili, come il gusto di emen-
dare meccanicamente il testo dei centoni sulla base della vulgata virgiliana
(in particolare, ma non solo, per correggere presunte infrazioni di ordine
metrico-prosodico, che in realtà rispondono a uno stadio linguistico di-
verso da quello dell’età classica).
Mi pare molto interessante la prospettiva ancora più «a monte» da cui
parte Giampiccolo e che unisce bene, a mio parere, proprio nel nome della
ricezione virgiliana, la questione dell’originalità artistica dei centoni al giu-
dizio del loro valore come documento filologico: la studiosa, prendendo
spunto dalla metafora ausoniana, definisce la composizione centonaria un
negotium memoriae, che richiede al poeta «l’abilità a dividere mentalmente
il testo virgiliano in membra»51. Un ruolo decisivo viene, quindi, affidato
alla mnemotecnica, anche se appare altrettanto verosimile, come del resto
viene ammesso dalla stessa curatrice, che un testo scritto di Virgilio possa
aver rappresentato un supporto altrettanto significativo. Sarebbe interes-
sante poter almeno ipotizzare la forma di questo testo: non è da escludere
che fosse un esemplare virgiliano già corredato di varianti, come anche re-
centemente è stato sostenuto52. Memoria e testo scritto, quindi, agiscono in
compresenza se non talora pure in concorrenza: la tecnica combinatoria,
infatti, presuppone, almeno in prima battuta, l’abilità mnemotecnica del
centonario, in questo agevolato, come sopra detto, dalla stessa prassi com-
positiva di Virgilio il quale molte volte ama praticare una modalità di tipo
combinatorio, assimilabile alla «formularità» dell’epos omerico, che molto
probabilmente già i centonari, senza disporre di strumenti moderni come
le concordanze, avevano pienamente individuato (e forse anche collocato
tra le forme stesse della loro imitatio).
50
Salanitro, Silloge dei Vergiliocentones minori, cit., 13-14.
51
Giampiccolo, op. cit., 19.
52
P. F. Moretti, Proba e la tradizione di Virgilio. Qualche riflessione, «Acme» 61/1, 2008,
61-86.
243
sergio audano
Con quale criterio devono, però, essere valutate le varianti? È chiaro che
non tutte le lezioni hanno lo stesso valore e, di conseguenza, è opportuna
una loro scrematura: nel caso specifico della centonaria cristiana mi sem-
brano ragionevoli le posizioni di Sineri, secondo cui «laddove la variante
non appaia funzionale al mutato contesto si può supporre che essa derivi
direttamente dall’esemplare virgiliano noto al centonario»53. Naturalmen-
te il vaglio deve presupporre vari passaggi: la genesi dell’errore può collo-
carsi a valle ed essere dunque attribuibile alla socordia del copista oppure
situarsi a monte, ad esempio sotto forma di lapsus di memoria dell’autore.
In ogni modo è necessario disporre di una visione storicamente ampia,
che deve necessariamente fondarsi sull’uso linguistico, ma anche sull’inte-
ro contesto culturale.
Mai come in casi del genere la prudenza è d’obbligo, virtù di cui, ad
esempio, dà prova Giampiccolo discutendo il v. 16 del De Verbi incarna-
tione, che nella sua edizione suona così: spiritus intus alit et casto se cor-
pore miscet. Si tratta un verso molto problematico che si caratterizza per
la presenza di una sillaba in più: Giampiccolo segue, sulla scorta anche di
un lavoro di La Bua54, la prima edizione di Riese, che a sua volta si attiene
alla paradosi dell’unico testimone, mentre altri editori hanno variamente
emendato, in particolare eliminando la congiunzione et. Ma, a prescindere
dall’ipermetria più o meno giustificabile, ai fini del rapporto con la tra-
dizione virgiliana risulta difficoltosa la presenza di casto. Si tratta, infatti,
dell’unica modifica che il centonario adotta rispetto al modello: il verso
deriva dalla sommatoria del primo emistichio di Aen. 6.726 unito al se-
condo emistichio del verso seguente, ma con la variazione in questo punto
di magno dell’ipotesto in casto. Geymonat, nella seconda edizione, ha ipo-
tizzato che questa lezione potesse avere titolo per rientrare nell’elenco di
addenda et corrigenda del suo apparato critico, ma prudentemente Giam-
piccolo osserva, col conforto di numerosi esempi (da Paolino di Nola a
Prudenzio), come castus sia un aggettivo ricorrente nella poesia cristiana
in associazione alla Madonna, ragion per cui è forse più prudente supporre
un influsso, o meglio un adeguamento del centonario al lessico poetico
ormai affermato.
53
Sineri, op. cit., 31.
54
G. La Bua, Revisione al testo dei centoni cristiani, «GIF» 43, 1991, 105-118 (sul punto
cfr. 115).
244
le molte strade del centone virgiliano cristiano
55
Per la discussione del verso rimando al commento: cfr. Giampiccolo, op. cit., 99.
56
L’emistichio finale è attestato concordemente con priorum in tutti e quattro i centoni
cristiani: oltre che in Proba, ricorre nel De ecclesia (v. 27), nel De Verbi incarnatione (v.
44) e nel Tityrus (v. 7). A proposito di quest’ultimo, la posizione di Arcidiacono in merito
appare più articolata: la studiosa nota, ovviamente, l’afferenza del testo al filone del Pala-
tino, ma questo non indica come unica conseguenza il fatto che Pomponio disponesse di
un esemplare virgiliano ricavato da questa fonte, poiché si potrebbe «anche implicare che il
poeta conoscesse entrambe le varianti tradite, tra le quali avrebbe scelto quella a lui più con-
veniente» (Arcidiacono, op. cit., 162). Merita, inoltre, attenzione l’ipotesi di Sineri (op. cit.
208) secondo cui la variante del Mediceo avrebbe giocato la sua influenza sulla tradizione
del centone, dal momento che il codice P (un manoscritto del XII secolo, ora conservato a
Parigi) riporta piorum che «potrebbe esser frutto di una correzione virgilianizzante basata
sulla tradizione del Mediceo».
245
sergio audano
57
Sineri, op. cit., 32.
58
Moretti, Proba e la tradizione cit., 76.
246
le molte strade del centone virgiliano cristiano
59
Sineri, op. cit., 158.
60
Arcidiacono, op. cit., 285, ma per l’intero commento al v. 103 cfr. 285-286.
61
F. Ragni, Due lievi ‘ritocchi’ alla lezione virgiliana nel centone ‘Versus ad gratiam
Domini’ (719a Riese), in «AL Riv» 1, 2010, 181-188.
247
sergio audano
non solo adotta il singolare, ma, ritenendo quella mosaica la «Legge» per
antonomasia, impiega l’iniziale maiuscola, suffragando la sua interpreta-
zione con una serie di occorrenze bibliche dove lex designa appunto la
Legge di Mosè.
Non mancano, infine, esempi in cui sono formulate nuove proposte di
variante virgiliana antica: mi pare interessante quello fornito dal v. 53 del
Tityrus (quam minime re<ris> fato Prudentia maior): si tratta di uno dei
versi più oscuri e tormentanti del centone, anche a causa del pessimo stato
della tradizione manoscritta (il codex unicus tramanda quam minime re-
fato, cui fa seguito prima uno spazio di circa quattro lettere e poi il nesso
prudentia maior). Naturalmente le proposte di correzioni sono state mol-
teplici e si sono fondate, in primo luogo, sul ricorso all’ipotesto che, nel
caso del primo emistichio, è stato identificato in Aen. 6.97 (quod minime
reris Graia pandetur ab urbe): alcuni editori, come Bursian e Riese, hanno
recepito la vulgata virgiliana, inserendo quod al posto di quam, ma Schenkl
ripristina quest’ultima lezione, motivando la scelta col fatto che si tratta di
una lectio singularis tramandata in un codice Guelpherbytanus di Servio
(ad Aen. 8.131), anche se in apparato non si esime dall’avanzare un’ulte-
riore ipotesi, l’avverbio qua. Arcidiacono discute in maniera molto esau-
riente lo status quaestionis, accettando alla fine la proposta di Schenkl, pur
variando leggermente, rispetto a quest’ultimo, il sistema di punteggiatura.
Ma è del tutto condivisibile l’impostazione metodologica che enuncia nel
commento: da un lato la studiosa dichiara il suo scetticismo sull’uso indi-
scriminato della correzione su base virgiliana, contestando gli interventi
normalizzatori di scarti sintattici o di costrutti forzati che sono tipici della
prassi compositiva, ma anche del processo di risemantizzazione cristiana
dell’ipotesto; dall’altro, nel caso di merito, «non può assolutamente igno-
rarsi che la lezione del Palatinus risulta attestata nella tradizione indiretta
di Aen. 6.97, così da potersi ricondurre a variante virgiliana antica, piutto-
sto che a fallo del copista o ad un lapsus memoriae dell’imitatore»62.
62
Arcidiacono, op. cit., 224 (per la discussione completa del v. 53 cfr. 221-225).
248
le molte strade del centone virgiliano cristiano
63
Un sintetico Index locorum Scripturarum (inteso però solo come «una sorta di
‘canovaccio’», come la studiosa precisa a 10) si trova solo in Sineri, op. cit., 325.
249
sergio audano
64
Sineri, op. cit., 121.
65
Sineri, op. cit., 121.
66
Merita di essere riportata la motivazione avanzata da F. Ermini, Il centone di Proba e la
poesia centonaria latina, Roma 1909, 15: la rinuncia sarebbe dovuta al fatto che la poetessa
comprende che «quella guerra di tradimenti e d’inganni dell’ambizioso Magnenzio contro
i figli di Costantino non meritava l’onore dell’epopea».
250
le molte strade del centone virgiliano cristiano
gnatas acies (v. 4), con gli scudi contaminati dalla caede parentum (vv. 4-5)
e le città svuotate di innumeris ciuibus (v. 7). Tutta la critica è concorde
nell’individuare in filigrana l’adozione del modello di Lucano: oltre alla
puntuale ripresa di alcune iuncturae dalla Pharsalia (ad esempio i foedera
pacis del v. 1 che hanno un doppio puntuale corrispettivo nel IV libro luca-
neo, precisamente al v. 205 e al v. 365)67, Sineri dimostra come Proba abbia
«ricalcato esattamente il proemio di Lucano», ponendo al centro (ovvero
al v. 4, elemento comune tra i due testi, anche per posizione metrica) il
nesso cognatas acies. Ma la studiosa intreccia questo elemento con la fattu-
ra virgiliana di alcuni versi: in particolare al v. 3 il sintagma diuersas neces
potrebbe alludere alle caedes diuersas di Aen. 12.500; non è forse un caso, si
potrebbe aggiungere, che si tratta di versi, a loro volta, dal colore «lucaneo»
poiché inseriti in una invocazione a un generico deus (vv. 500-503), affin-
ché esponga coi versi le innumerevoli stragi provocate, nell’imminenza del
loro duello decisivo, tanto da Turno quanto da Enea68.
Anche nel Tityrus gli interventi della curatrice sono finalizzati a una di-
versa sistemazione della punteggiatura che permette (ad esempio al v. 5,
con l’inserzione di una virgola dopo la cesura pentemimera) di ottenere
una maggiore pienezza di senso col minimo di intervento sul testo. Più di
rado Arcidiacono suggerisce in apparato (e largamente discute nel com-
mento) delle proposte alternative senza, tuttavia, accoglierle direttamente:
si prenda il caso del v. 12 (quem qui scire uelit, diuinum aspiret amorem),
dove il secondo emistichio è mutuato da Aen. 8.373, nel quale però com-
pare l’indicativo adspirat. Nota la studiosa che la variazione è probabil-
mente dovuta a un’innovazione consapevole di Pomponio, il quale «avreb-
be impresso alle parole di Titiro una sfumatura esortativa piuttosto che
descrittiva»69, ma riscontra come l’indicativo in questa sede troverebbe, in
realtà, pieno significato poiché l’intera sezione del centone descrive Dio
67
Per un puntuale commento di questi versi rimando al commento di P. Esposito in
Marco Anneo Lucano, Bellum civile (Pharsalia). Libro IV, Napoli 2009, 135 (per il v. 205)
e 189 (per il v. 365).
68
A commento di questi versi, che si concludono con l’interrogazione del narratore (vv.
503-504: tanton placuit concorrere motu, / Iuppiter, aeterna gentis in pace futuras?), E. Nar-
ducci (Lucano. Un’epica contro l’impero, Roma-Bari 2002, 33) nota acutamente come «la
guerra tra troiani e latini (con i loro alleati italici) evocava senza dubbio nel lettore romano
il ricordo del recentissimo conflitto civile», sottolineando come sia proprio Virgilio con
questi versi a suggerire «esplicitamente l’accostamento».
69
Arcidiacono, op. cit., 168.
251
sergio audano
252
le molte strade del centone virgiliano cristiano
alla tradizione del genere bucolico, proprio grazie all’utilizzo variegato dei
materiali che impediscono il rischio di una monotona uniformità. Titiro,
quindi, si presenta nelle vesti del vecchio saggio, portatore delle verità della
fede, che assomma al ruolo tradizionale quello del maestro dell’anima; a
lui si rivolge Melibeo, che desidera ardentemente intraprendere un per-
corso di perfezionamento spirituale: pur continuando a rivestire il ruolo di
«spalla» che già aveva nel modello, il Melibeo di Pomponio diverge dall’o-
monimo personaggio virgiliano per «la progressiva conoscenza in materia
di fede, acquisita nel corso del dialogo, e l’incontenibile gioia per la con-
dizione raggiunta»70, elementi che lo contrappongono, come argomenta
persuasivamente Arcidiacono, all’«ingenuo pastore» della prima Ecloga.
Il riflesso del retaggio bucolico sull’esigenza di un approfondimento in-
teriore della fede induce la studiosa a vedere nel centone il primo esem-
pio di «ecloga spirituale», un genere che godrà poi di larga fortuna in età
carolingia. Un altro elemento, a mio avviso, significativo che emerge da
questa edizione è l’analisi puntuale che lega il Tityrus agli altri due cento-
ni. Per quanto riguarda il rapporto con Proba, le strette consonanze tra i
due testi erano state notate già da tempo dagli studiosi, che hanno spesso
accusato Pomponio di aver pesantemente emulato la poetessa, arrivando
quasi a «saccheggiarne» i materiali: finora l’accusa era motivata con l’in-
capacità artistica del nostro autore, ma più di recente, grazie in particolare
agli studi di McGill e di Bažil, ma con conferme ulteriori fornite proprio
da Arcidiacono, ha messo in luce come Proba funga in realtà da «filtro»
per il nostro centonario nel rapporto col modello virgiliano. Il centone
della poetessa, in virtù della sua ormai acclarata valenza esemplare, pote-
va offrire la garanzia della compiuta risemantizzazione cristiana dell’ipo-
testo virgiliano: questo peculiare utilizzo, che non è quindi un mediocre
riciclo, spiega, ad esempio, la ragione per cui i paralleli tra i due centoni
aumentino nelle parti in cui Titiro si addentra maggiormente nel racconto
della storia sacra. Non sono, inoltre, mancate osservazioni circa lo stretto
rapporto che intercorre tra il Tityrus e il De Verbi incarnatione: lo stato
d’incompiutezza del primo, che termina nel monco v. 132 costituito dalla
singola parola Omnipotens, il fatto che il De Verbi incarnatione cominci
con questa stessa parola, la presenza del tema dell’incarnazione, che è il
suo argomento specifico, anche alla conclusione del Tityrus sono indizi di
un rapporto tra i due centoni che però sfugge a una precisa definizione.
70
Arcidiacono, op. cit., 37.
253
sergio audano
71
Arcidiacono, op. cit., 34.
72
Giampiccolo, op. cit., 59-60: gli esempi addotti spaziano da Prudenzio a Paolino di
Pella e a Prospero d’Aquitania.
254
le molte strade del centone virgiliano cristiano
255
questo volume è stato composto con i caratteri minion
disegnati da robert slimbach nel 1990 per adobe systems
e stampato presso la tipografia digital print service s.r.l. di milano
nel mese di novembre del 2011