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NONA

Qfwfq era l’ultimo dinosauro rimasto. Egli, fuggendo su un altipiano deserto, era sopravvissuto
all’estinzione della specie.
Quando ridiscese, si accorse che il mondo era cambiato: ci abitava gente mai vista, i cosiddetti
“Nuovi”, che ormai erano terrorizzati dai dinosauri, dei quali rimanevano solo racconti. Nessuno lo
riconobbe come dinosauro, perché in quell’epoca di mutazioni quasi tutti erano diversi tra di loro.
Fu così che Qfwfq si stabilì in un villaggio di Nuovi e lavorando riuscì a farsi apprezzare. In quel
periodo conobbe Fior di Felce, che gli raccontava spesso dei suoi sogni sui dinosauri, e della quale
egli si innamorò. Suo fratello non lo vede di buon occhio, ma si ricrede dopo che venne sconfitto in
un combattimento. Giunse un giorno la voce dell’imminente invasione di presunti dinosauri, e in
questa situazione Qfwfq venne eletto capo del villaggio. Combattuto tra il voler rimanere al
villaggio e il voler ricongiungersi con i suoi simili, egli fuggì e andò a verificare che quelli fossero
veramente dinosauri, ma scoprì che erano solamente rinoceronti. Questo evento rassicurò gli
abitanti del villaggio, che cominciarono a non temerli più, e si permisero perfino di raccontare
barzellette.
Un giorno un vecchio trovò un cadavere di dinosauro che si era disgelato, ma nessuno dei
presento notò le somiglianze tra la salma e Qfwfq. Egli decide quindi di seppellirlo e di tenere per
sé il segreto del dinosauro. Prima di andarsene dal villaggio, egli ebbe un figlio da Mulatta, nella
quale egli rivedeva il sangue di dinosauro.

DECIMA
Qfwfq cadeva continuamente, ma non come la intendiamo noi adesso. Innanzitutto perché non
essendoci punti di riferimento, non si poteva stabilire se si cadeva o se si era fermi, oppure se si
stava salendo.
Insieme a lui “cadevano” anche Ursula H’x e il tenente Fenimore. Viaggiavano tutti e tre alla stessa
velocità lungo linee parallele, senza toccarsi mai.
Qfwfq piaceva osservare Ursula H’x ed era geloso quando il tenente la osservava. Lei non
guardava nessuno se non se stessa. I due uomini cercavano di attirare la sua attenzione, ma con
nessun successo.
C’era un grande problema che perseguitava Qfwfq: le linee da loro percorse non si avvicinavano
mai. Concentrandosi capì che erano linee rette, ma attorcigliate tra di loro come una scrittura in
corsivo. Con questa scoperta riuscì ad entrare in contatto con il tenente cercando di ucciderlo, ma
soprattutto riuscì a sovrapporre la sua retta con quella di Ursula H’x, appartandosi con lei in una
nicchia di spazio.
UNDICESIMA
Un giorno, osservando il cielo, Qfwfq si accorse che qualcuno in una galassia aveva posto un cartello con
scritto “ti ho visto”. Egli capisce che alludeva ad un fatto che preferisce non raccontare, successo 200
milioni di anni prima. Dopo aver esposto un cartello “e con ciò?”, egli si accorse che in altre galassie erano
apparsi cartelli simili. Inizialmente non ne fu scontento, perché in questo modo , avendo degli osservatori,
nulla di ciò che faceva andava perduto; egli creò tre cartelli, uno che indicava se stesso, per i momenti in cui
voleva essere osservato, uno che indicava altrove, per quando non voleva essere notato e un terzo che
serviva ad annullare i due cartelli precedenti.

Si rese conto che una pacificazione poteva venirgli solo dal momento in cui a quell’arbitraria Si rese
conto che una pacificazione poteva venirgli solo dal momento in cui a quell’arbitraria registrazione di

malintesi non ci fosse più stato nulla da aggiungere e da togliere, e le galassie che via via si riducevano
all’ultima coda del raggio luminoso svoltato fuori dalla sfera del buio gli pareva che portassero con
loro l’unica verità possibile su se stesso, e Qfwfq non vedeva l’ora che a una a una tutte seguissero
questa via

DODICESIMA
Nella sua gioventù Qfwfq fu anche un mollusco, attaccato ad uno scoglio per succhiare le particelle
che gli venivano portate dall’acqua. Non si sapevala sua forma, perché non la vedeva; non
pensava, perché non aveva un cervello; ma al contrario di quello che potrebbe sembrare, era
contento di quello che era, perché avere una forma significa non avere tutte le altre.
Filtrando l’acqua, un giorno, avvertì che esistevano gli altri e anche le altre. In particolare una di
loro sembrava essere in sintonia con lui. Allora decise di fare qualcosa; non era importante
cos’era, ma che fosse fatto, perché da mollusco non aveva mai fatto nulla.
Iniziò a secernere delle sostanze, che man mano s’indurivano formavano uno strato duro sopra di
lui: stava costruendo una conchiglia.
Una volta terminata, ebbe una sensazione nuova: con le parole si può solo dire che si sentono
degli occhi che si aprivano ed iniziavano a guardare e capì che era stato lui a farli aprire perché
aveva fornito loro qualcosa su cui posare lo sguardo.

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