Sei sulla pagina 1di 3

Ritiro del clero della Chiesa di Velletri-Segni 17 novembre 2017

Come il convegno diocesano interroga il presbiterio


e come il presbiterio è chiamato a rispondere
Alcuni elementi emersi dal convegno:
1. A livello della nostra realtà diocesana:
a. La Chiesa è chiamata a prendersi cura della formazione alla vita cristiana dei suoi figli;
b. Ciò avviene, ora, attraverso i percorsi di catechesi in preparazione alla celebrazione dei
sacramenti;
c. Dai “risultati” di questi sforzi bisogna trarre la conclusione che “il gioco non vale la
candela”, nel senso che, guardando alla realtà di tutta la diocesi, solo per una minima parte
dei ragazzi affidati alla parrocchia si può dire che il catechismo porta frutto (il caso di quei
ragazzi che continuano a frequentare la parrocchia anche dopo la celebrazione del
sacramento della cresima);
d. In alcune parrocchie i risultati sono migliori che in altre, ma guardando a tutta la diocesi,
pensandola come un’unica Chiesa, il “saldo” è negativo e quindi il problema si pone;
2. A livello della nostra realtà sociale:
a. Rispetto a due/tre generazioni fa la cultura e la società sono cambiate;
b. È inutile ragionare se questo cambiamento è in positivo o in negativo, di fatto c’è e non si
può che prenderne atto;
3. Prendendo spunto dall’analisi fatta dal relatore al convegno:
a. Prima si viveva in un ambiente in cui lo stile cristiano era veicolato un po’ da tutte le
agenzie sociali ed educative:
i. In famiglia si trasmettevano i rudimenti, se non della fede, almeno delle preghiere
fondamentali (il segno della croce, il Padre nostro e l’Ave Maria, alcune famiglie
abituavano a fare la “preghierina” prima di andare a letto, il Natale era il giorno in
cui nasceva Gesù bambino, ecc.);
ii. Nella scuola si trovavano ancora delle maestre (anche non di religione) che
facevano fare la preghiera all’inizio delle lezioni; in tutte le classi c’era il crocifisso;
le feste di Natale e Pasqua erano occasioni per spiegare i misteri cristiani che
venivano celebrati;
iii. Nelle altre istituzioni sociali il crocifisso era presente; si faceva il precetto pasquale;
b. Ciò non vuol dire che prima la società era cristiana, nel senso che viveva fino in fondo i
valori del cristianesimo, ma comunque chi viveva nelle nostre città e paesi sapeva almeno
che cosa era il cristianesimo e la fede;
c. Adesso l’ambiente sociale è totalmente diverso:
i. In famiglia non si insegna più neanche il segno della croce, figuriamoci le preghiere;
Il Natale è la festa di Babbo Natale e la Pasqua la festa del coniglietto pasquale;
ii. Nella scuola è entrata la prassi della laicizzazione (e non della laicità);
iii. Idem nel resto delle istituzioni sociali;
iv. Inoltre, la moltiplicazione degli impegni a cui le famiglie e i ragazzi sono sottoposti
toglie spazio per tutto il resto (la vita scolastica, per esempio, ha invaso quasi tutto
il tempo della giornata, con rientri, campi scuola o campi vacanze invernali) e il
resto del tempo è occupato da almeno due/tre attività sportive portate avanti in
contemporanea;
d. Al solito, ciò è vero guardando in generale a tutto il territorio della diocesi, mentre se si
guardasse alle singole realtà parrocchiali o cittadine le cose potrebbero essere migliori (o
peggiori);

1
Ritiro del clero della Chiesa di Velletri-Segni 17 novembre 2017

Alcune riflessioni alla luce delle cose emerse dal convegno:


1. Domanda retorica: Il passaggio dalla società di ieri a quella di oggi è un problema? Oppure
un’occasione?
a. Se si volesse ricercare nella storia della Chiesa una situazione simile a quella odierna,
arriveremmo a fissare lo sguardo sulla Chiesa dei primi secoli, cioè tra quella Apostolica e
quella del IV/V secolo, cioè quando la religione cristiana era considerata religio illicita, e
perseguitata; quando il mondo era pagano e non cristiano, quando in famiglia non veniva
insegnato il segno della croce;
b. Guardando alla società di due/tre generazioni fa, quindi, esclameremmo con Gesù:
«all’inizio non fu così!» (Mt 19,8);
c. In quella società dei primi secoli non c’era nessuna “collaborazione” tra le comunità
cristiane e le “agenzie” sociali, ma ciò non ha ostacolato la trasmissione della fede e le
conversioni, anzi, quella situazione ha prodotto i grandi santi-martiri della Chiesa;
d. All’inizio la Chiesa, quindi, aveva la piena e unica responsabilità di educare sia alla vita
cristiana che alla celebrazione dei sacramenti;
e. Dal momento in cui la società viene considerata cristiana, invece, la Chiesa ha tenuto per sé
la preparazione ai sacramenti, lasciando la preparazione alla vita cristiana alla famiglia e al
resto delle agenzie educative e sociali;
f. Per cui la situazione odierna non è da considerarsi un problema, ma un’occasione:
l’occasione per recuperare lo stile della Chiesa dei primi secoli e recuperare, quindi, il
compito di essere preparatrice ai sacramenti e educatrice alla vita cristiana in generale, non
delegando necessariamente, ma sentendo tutta la responsabilità dell’educazione;
2. Qual era questo stile della Chiesa dei primi secoli?
a. Chi educa alla fede e alla vita cristiana è tutta la comunità, direttamente (attraverso la vita
in comune, specie quella sacramentale e la testimonianza di vita dei suoi membri) e
attraverso dei suoi delegati (i catechisti, i padrini, ecc.);
b. Le persone erano accompagnate dall’inizio del loro percorso di iniziazione e venivano
seguite e accompagnate anche dopo;
c. C’era una comunanza di intenti e di appartenenza, forse anche dovuta al clima di
persecuzione, per cui il senso di unità e appartenenza sosteneva la vita dei cristiani;
d. I percorsi di iniziazione non erano pensati per “accontentare”, ma mettevano “in crisi” con
la loro radicalità;
e. L’idea di appartenere e vivere in una comunità in cui tutti erano considerati fratelli era
forte;
f. Forse ci si preoccupava di meno dei concetti da trasmettere e di più del modo di vivere;

2
Ritiro del clero della Chiesa di Velletri-Segni 17 novembre 2017

Cosa si può fare come presbiterio?


1. Per prima cosa essere d’accordo sul fatto che c’è bisogno di trovare delle strategie e degli stili che
possano rispondere alle situazioni sociali odierne;
2. Rendersi conto che ciò che ha funzionato ieri non debba per forza funzionare anche oggi;
3. La cosa forse più importante: Entrare nell’ottica di una Chiesa che sappia accompagnare il mondo,
con lo stile del Buon Samaritano e del Cireneo, che si carica sulle spalle le fatiche e le ferite del
malcapitato e del condannato a morte (non tanto un sancire con la condanna dal pulpito, quanto
un aiutare a correggere mettendosi accanto); Ciò non è direttamente collegato al compito
dell’educazione, ma permette alla Chiesa di recuperare quella credibilità che poi potrà “giocarsi”
anche nell’educazione alla vita cristiana (nel senso che una Chiesa credibile è anche più
convincente, specie se sa comprendere le difficoltà che le persone debbono affrontare).

Potrebbero piacerti anche