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1 Richiami di algebra 3
1.1 Tensori di rango 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
1.2 Tensori antisimmetrici e vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
1.3 Prodotto diadico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
1.4 Proiettori ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.5 Prodotto scalare tra tensori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19
1.6 Tensori ortogonali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20
1.7 Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1
2 INDICE
Capitolo 1
Richiami di algebra
La meccanica classica oggetto di questo corso poggia sulle tre nozioni di spazio,
di tempo e quella di movimento, quest’ultima fungendo un po’ da tramite tra le
prime due visto che il moto di un sistema può essere visto come una funzione
che ad ogni istante t associa l’insieme delle posizioni nello spazio occupate dal
sistema al medesimo istante. In questo capitolo introduttivo proponiamo una
formalizzazione matematica delle strutture spazio-temporali. Il tempo nella
meccanica classica è indipendente dallo stato di moto dell’osservatore: in questo
senso esso è assoluto, cioè slegato dallo stato di moto di chi compie le misure
temporali. Descriviamo il tempo come una variabile scalare t a valori reali e
stabiliamo una corrispondenza biunivoca tra gli istanti di tempo ed i punti della
retta reale su cui viene assunta un’origine O arbitraria che può, ad esempio,
coincidere con l’istante iniziale a partire dal quale viene compiuta l’osservazione
dell’evoluzione di un particolare sistema.
La struttura spaziale richiede un poco più di cura. Un poco di riflessione
porta a concludere che i vettori con cui si opera nella fisica possono essere
interpretati come funzioni di tipo molto speciale che spostano punti in altri punti
dello spazio. Ciò giustifica la seguente nozione di spazio euclideo tridimensionale
che indicheremo con E.
Definizione 1.1 Un insieme E—i cui elementi saranno detti d’ora innanzi
punti—è detto spazio euclideo tridimensionale se esiste uno spazio vettoriale
V di dimensione 3, detto spazio delle traslazioni, i cui vettori v godono delle
seguenti proprietà:
v : E 7→ E v(P ) = Q P, Q ∈ E
3
4 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
R ≡ u(Q) ≡ u(v(P ))
u+v
u
P Q ≡ v(P )
R ≡ b(P )
P Q ≡ a(P )
a
Figura 1.2: Elementi per la definizione di prodotto scalare e vettoriale tra due
vettori a e b.
a · (b1 + b2 ) = a · b1 + a · b2 e a · b = b · a.
Se a e b non sono il vettore nullo, allora l’annullarsi del prodotto scalare tra a e
b è sinonimo dell’ortogonalità tra i segmenti Q − P ed R − P e, per estensione,
è sinonimo di ortogonalità tra i vettori a e b. Notiamo anche che ϑ = 0 quando
a = b ed in questo caso abbiamo
√
|a| = a · a
che è una definizione alternativa del modulo di un vettore. I vettori a tali che
|a| = 1 sono detti versori. Il prodotto scalare tra due versori e e n è
e · n = cos ϑ.
Il prodotto scalare che utilizzeremo è quello standard, che si identifica nel ca-
so tridimensionale con quello definito in modo intuitivo in precedenza. Sia
6 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
{e1 , e2 , e3 } una base ortonormale di V, cioè una base che soddisfi i requisiti
1 se i = j
ei · ej = (1.3)
0 se i 6= j
dove
a = a 1 e1 + a 2 e2 + a 3 e3 b = b 1 e1 + b 2 e2 + b 3 e3 . (1.5)
Utilizzare una base ortonormale come {ei } ha il vantaggio di poter determinare
facilmente i coefficienti degli sviluppi dei vettori a e b perché si verifica che
a i = a · ei b j = b · ej .
Nel seguito adoperermo sempre questo prodotto scalare, salvo avviso contrario.
Una seconda operazione tra vettori è il loro prodotto vettoriale
Definizione 1.4 Il prodotto vettoriale tra i vettori a e b dello spazio delle tra-
slazioni V è un’operazione, indicata con a ∧ b, che associa alla coppia ordinata
di vettori (a, b) il vettore a ∧ b tale che
1. |a ∧ b| = |a||b| sin ϑ, dove ϑ ∈ [0, π] è l’angolo tra Q − P = a(P ) − P e
R − P = b(P ) − P , orientato positivamente nel verso che fa passare da a
a b (figura 1.2);
2. ha direzione ortogonale al piano individuato dai punti P , a(P ) e b(P );
3. verso definito in base alla regola della mano destra.
Come conseguenza dalla definizione si ha che
b ∧ a = −a ∧ b
e che due vettori a e b diversi entrambi dal vettore 0 hanno prodotto vettoriale
0 se e solo se essi sono paralleli, cioè se
b = λa con λ ∈ R.
a ∧ b · c.
a ∧ b · c = b ∧ c · a = c ∧ a · b.
Al contrario, è b ∧ a · c = −a ∧ b · c e
b ∧ a · c = a ∧ c · b = c ∧ b · a.
Questa invarianza permette di concludere che, se vale (1.6), allora valgono anche
le relazioni
e2 ∧ e3 = e1 e e3 ∧ e1 = e2 .
È poi possibile iterare l’operazione di prodotto vettoriale, formando il doppio
prodotto vettoriale di tre vettori a, b e c. Ora però le operazioni (a ∧ b) ∧ c e
a∧(b∧c) danno in generale luogo a risultati diversi. Infatti è possibile mostrare
che
a ∧ (b ∧ c) = (a · c) b − (a · b) c (1.7)
mentre
(a ∧ b) ∧ c = (a · c)b − (b · c)a (1.8)
che coincide con il risultato precedente solo se a e c sono paralleli.
Siano dati due vettori a e b, vogliamo trovare se esistono dei vettori x che
risolvono l’equazione
x∧a=b (1.9)
ovvero vogliamo caratterizzare gli inversi di a per l’operazione di prodotto
vettoriale. Premettiamo la considerazione di alcuni casi degeneri.
Teorema 1.3 Ogni tensore L si può scrivere in un unico modo come somma
di un tensore S simmetrico e di un tensore W antisimmetrico:
L = S +W, (1.12)
dove
S= L + LT
1
2
(1.13)
W = 1 L − LT .
2
S+W = S+W
ovvero
S − S = W − W =: A . (1.15)
Poiché la differenza di due tensori simmetrici è un tensore simmetrico e la diffe-
renza di due tensori antisimmetrici è un tensore antisimmetrico, la (1.15) afferma
che A deve essere simultaneamente simmetrico ed antisimmetrico, per cui
A = AT e A = −AT
10 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
Ovviamente, ad ogni tensore corrispondono infinite matrici, una per ogni scelta
della base {e1 , e2 , e3 }. Grazie al teorema 1.2 ed alla commutatività del pro-
dotto scalare possiamo verificare che la matrice [S] associata ad un tensore S
simmetrico è una matrice simmetrica. Infatti abbiamo
W (w)v = w ∧ v .
W (w)w = w ∧ w = 0 :
(a ⊗ b) v := (b · v) a . (1.21)
12 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
(a ⊗ b) (u + v) = (b · (u + v)) a .
(b · (u + v)) a = (b · u) a + (b · v) a
(b · u) a + (b · v) a = (a ⊗ b) u + (a ⊗ b) v .
In definitiva,
(a ⊗ b) (u + v) = (a ⊗ b) u + (a ⊗ b) v
che soddisfa la (1.11)1 .
Ex.3 Verificare la (1.11)2 , vale a dire che (a ⊗ b) (λv) = λ (a ⊗ b) (v), con
λ ∈ R.
[a ⊗ b]ij = ei · (a ⊗ b) ej (1.22)
ei · (a ⊗ b) ej = ei · (b · ej )a = (ei · a) (b · ej ) = ai bj
[a ⊗ b]ij = ai bj . (1.23)
tr (a ⊗ b) = tr [a ⊗ b] = a1 b1 + a2 b2 + a3 b3 = a · b , (1.24)
dove l’ultimo passaggio segue dalle definizioni di prodotto scalare, di base orto-
normale e da (1.5).
Un altro importante invariante scalare è il determinante di un tensore che si
annulla se e soltanto se il tensore non è invertibile. Per una diade abbiamo
det (a ⊗ b) = 0 . (1.25)
1.3. PRODOTTO DIADICO 13
(b · v) a = 0 .
(a ⊗ b)T = (b ⊗ a) . (1.26)
Poiché
(b · u) (a · v) = ((a · v) b · u) ,
applicando ancora la (1.21) segue
T T
u · (a ⊗ b) v = (a ⊗ b) v · u = (b ⊗ a) v · u . (1.27)
L’insieme L(V) dei tensori di rango 2 può essere dotato di una struttura di
spazio vettoriale, definendo la somma di due tensori A e B come
(A + B)v := Av + Bv ∀v ∈ V
(λA)v := λ(Av) ∀v ∈ V.
Questo fatto non sorprende se si pensa che le matrici quadrate n×n formano uno
spazio vettoriale di dimensione n2 e che ogni tensore corrisponde ad una matrice
soltanto, una volta che si sia fissata una base ortonormale su cui svilupparlo.
In effetti è possibile mostrare che, se {e1 , e2 , e3 } è una base ortonormale di V,
i nove tensori
{ei ⊗ ej } ∀i, j = 1, ..., 3
14 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
costituiscono una base di L(V). Per convincersi di ciò è sufficiente osservare che
la matrice associata ad ei ⊗ ej ha tutti gli elementi nulli fuorché quello posto
all’incrocio della i-esima riga con la j-esima colonna, che vale 1. Ricordando che
le matrici di questo tipo formano nel loro complesso (facendo cioè assumere ad
i e j i valori 1,2,3) una base dello spazio vettoriale delle matrici 3 × 3, possiamo
concludere che l’asserto è valido.
Poiché l’immagine di un vettore sotto l’azione di un tensore è ancora un
vettore, ha senso moltiplicare tra loro due tensori utilizzando la seguente defi-
nizione
Definizione 1.10 Dati due tensori A e B, il loro prodotto AB è il tensore
tale che
(AB)v := A(Bv) ∀v ∈ V. (1.29)
Osserviamo che, in generale, AB 6= BA.
i) sono simmetrici, P = PT
ii) sono idempotenti, P2 = P .
Siamo interessati a due tipi di proiettori, quelli lungo una direzione assegnata
e quelli su un piano assegnato. Sia n un versore e sia v un qualsiasi vettore. Il
versore n individua una direzione (cfr. Figura 1.3): il proiettore nella direzione
di n è l’applicazione che associa a v la sua componente lungo n.
Pn v
Figura 1.3:
Pn v = (n · v) n = (n ⊗ n) v (1.32)
π
e3
Pπ v
Figura 1.4:
Pπ v = v − (e3 · v) e3 = (I − e3 ⊗ e3 ) v. (1.33)
Pu = u1 e1 + u2 e2 . (1.34)
(n ⊗ n) u = (u · n) n . (1.35)
u1 e1 + u2 e2 = α (u · n) e1 + β (u · n) e2 .
1.4. PROIETTORI ORTOGONALI 17
che non impone restrizioni sul coefficiente u3 . Questo fatto ha un chiaro signi-
ficato geometrico evidenziato dalla Figura 1.4: se un vettore u è soluzione del
problema, modificandone la componente lungo e3 si ottengono altre soluzioni
del medesimo problema. La (1.36) invece precisa come deve essere orientato u
rispetto ad n: u deve appartenere al piano contenente n ed e3 .
Esempio 5 Verificare che (AB)T = BT AT , per ogni coppia di tensori A e B.
Applicando la definizione di tensore trasposto, abbiamo
T
u · (AB) v = (AB) u · v = A (Bu) · v = Bu · AT v = u · BT AT v
Inseriamo allora la (1.38) nella (1.37) e sfruttiamo la linearità dei tensori per
trasformare la (1.37) in
3
X 3
X
[AB]ij = (Bej · ek ) (ei · Aek ) = [A]ik [B]kj
k=1 k=1
Gli esempi precedenti dimostrano che proprietà ben note nell’ordinario calcolo
matriciale valgono anche se riferite ai tensori di cui le matrici sono soltanto
utili rappresentazioni, una volta che sia stata fissata una base ortonormale nello
spazio delle traslazioni V.
Chiudiamo questo paragrafo segnalando la definizione di tensore aggiunto ad un
tensore invertibile L.
18 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
Lu ∧ Lv · Lw = (detL) u ∧ v · w (1.40)
∀w ∈ V per cui
−1
(detL) LT (Lu ∧ Lv) = u ∧ v . (1.42)
Se L è invertibile anche il suo trasposto lo è dal momento che le operazioni di
trasposizione e inversione si possono scambiare tra di loro. Dalla (1.42) segue
T
(Lu ∧ Lv) = (detL) L−1 (u ∧ v)
che è la tesi.
Osservazione. La (1.41) può essere usata come definizione di aggiunto di un
tensore arbitrario L anche quando L non è invertibile e dunque non vale la
rappresentazione (1.39).
Ex.5 Ricordando l’identità vettoriale
a ∧ (b ∧ c) = (a · c) b − (a · b) c
mostrare che
a ∧ (b ∧ c) = (b ⊗ c) a − (c ⊗ b) a .
1.5. PRODOTTO SCALARE TRA TENSORI 19
e
(B11 , B12 , B13 , B21 , B22 , B23 , B31 , B32 , B33 )T .
Come per i vettori, è possibile definire il modulo di un tensore |A| come
√
A = A · A.
(a ⊗ b) · (u ⊗ v) = (a · u) (b · v) (1.45)
(a ⊗ b) · (u ⊗ v) = ai bj ui vj = (ai ui ) (bj vj ) = (a · u) (b · v)
u · Sv = S · u ⊗ v (1.46)
u · Sv = ui [S]ij vj
20 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
Pe · Pf = 0 .
Qu · Qv = u · v (1.47)
u · v = u · QT Qv ∀u, v ∈ V
QT Qv = v ∀v ∈ V
cioè
QT Q = I. (1.48)
T
Poiché vale anche QQ = I concludiamo che per i tensori ortogonali l’inverso
di un tensore ortogonale esiste e coincide con il suo trasposto
Q−1 = QT . (1.49)
det(QT Q) = (detQ)2 = 1
cioè che i tensori ortogonali hanno detQ = ±1. In particolare, i tensori or-
togonali con determinante pari a +1 sono detti tensori ortogonali speciali e
coincidono con le rotazioni. Per i tensori ortogonali speciali vale il seguente
teorema, dovuto ad Eulero.
Teorema 1.7 Dato un tensore Q ortogonale speciale, esiste un versore n, detto
asse di rotazione, tale che
Qn = n.
1.6. TENSORI ORTOGONALI 21
Per i tensori ortogonali speciali vale una formula di rappresentazione che ora
dimostriamo.
Teorema 1.8 Sia Q un tensore ortogonale speciale cui corrisponde l’asse di
rotazione e e sia W (e) il tensore antisimmetrico associato ad e. Esiste un
parametro ϑ ∈ [0, 2π[ tale che
Q = I + sin ϑW(e) + (1 − cos ϑ)W2 (e) (1.50)
Dim. Diamo una dimostrazione geometrica della (1.50), avvalendoci della Fi-
gura 1.5.
p∗
p
v Qv
p∗
ϑ e∧v
e v′
W2 (e)v
p
ϑ W2 (e)v ϑ e∧v
v′ = |v′ | sin 2
+ |v′ | cos . (1.53)
2 |W (e)v| 2 |e ∧ v|
Dall’equazione (1.51) segue che le componenti di v e W2 (e)v sul piano ortogo-
nale ad e sono opposte per cui e ∧ v = −e ∧ W2 (e)v e poiché e e W2 (e)v sono
ortogonali abbiamo
|e ∧ v| = W2 (e)v .
22 CAPITOLO 1. RICHIAMI DI ALGEBRA
1.7 Esercizi
Esercizio 1.1 Sia e un versore e W(e) il corrispondente tensore antisimme-
trico. Dimostrare che
S·W = 0
per cui
[S]i0 j0 [W]i0 j0 + [S]j0 i0 [W]j0 i0 = 0.
Ripetendo lo stesso ragionamento su tutte le coppie di indici possibili, arriviamo
alla tesi. Quanto alla seconda parte dell’esercizio, produciamo un controesempio
in cui
S·A= 0
per un tensore S simmetrico, senza che A sia antisimmetrico. Scelto S = I
sappiamo che
S · A = I · A = trA
ed esistono infiniti tensori a traccia nulla che non sono antisimmetrici.
Esercizio 1.3 Trovare entro quali limiti varia la traccia di un tensore Q or-
togonale speciale. Come cambia il risultato se il tensore è ortogonale, ma non
speciale?
trQ = 1 + 2 cos ϑ
dal momento che trW(e) = 0 e trW2 (e) = −trPe = −2, in virtù della (1.51).
Variando l’angolo di rotazione in [0, 2π) otteniamo che trQ ∈ [−1, 3]. Se Q ∈
O(V) \ SO(V) allora −Q ∈ SO(V) e dunque
−1 ≤ tr(−Q) ≤ 3
Esercizio 1.6 Sia dato un tensore L definito positivo. Quale, tra le afferma-
zioni seguenti, risulta corretta:
La parte simmetrica di L è definita positiva.
La parte simmetrica di L ha almeno un autovalore negativo.
La parte antisimmetrica di L è definita positiva.
La parte antisimmetrica di L può avere un autovalore positivo.
u · Lu > 0 ,
u · Lu = u · Su + u · Wu .
u · Lu = u · Su