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L e feste di paese in estate sono meravigliose, c’è musica, buon cibo, vo-
glia di divertirsi... Quando eravamo alle scuole superiori io ed Eriko
non ce ne perdevamo una e adesso... eccoci di nuovo qui, in questo lungo
dé-jà vu.
«Sei arrivata finalmente», mi viene incontro fino al cancello. «Hai mes-
so lo yukata anche tu, stai benissimo», mi sorride e i suoi occhi tradiscono
quello che prova e che non mi darà mai la soddisfazione di ammettere.
«Anche tu stai molto bene. Dove sono le ragazze?», rispondo con non-
curanza.
«Stanno arrivando», cerca i miei occhi. «Non sei arrabbiata, vero?»
«Pensavo che fossi tu quella arrabbiata in realtà», sostengo il suo sguar-
do. «Sbaglio o non ti era andata giù l’idea che fossi andata a letto con l’ex
di tua figlia?»
Eriko si irrigidisce, il sorriso scompare dal suo volto, lasciando il posto
a ben altra espressione.
«Mamma, eccoci!», Rei si avvicina insieme a Miyuki: è felice... non l’ho
mai vista così.
«Andiamo?», mi volto indicando la macchina. In un attimo sono tutte
a bordo. Eriko si è chiusa nel suo silenzio, ogni tanto risponde a mono-
sillabi alle ragazze che invece sono su di giri. Arriviamo in un attimo in
centro e riesco a trovare parcheggio facilmente. Miyuki e Rei camminano
davanti a noi mano nella mano, ridono tra loro, indicano le bancarelle, si
fermano a guardare oggetti esposti: sono nel loro mondo.
«Bene, sembra proprio che si siano dimenticate di noi», mi sfugge, ma
non lo dico in senso negativo. Per quanto possa essere preoccupata per
Rei, questa esperienza potrebbe rivelarsi positiva per lei. Lo spero con
tutto il cuore.
«Perché mi hai detto quella cosa orribile poco fa? Ti diverti così tanto
a ferirmi?»
Mi giro verso Eriko e i suoi occhi sono lucidi, le labbra strette. Sono stu-
pita: una volta avrebbe finto indifferenza, non avrebbe cercato il dialogo...

Sei cambiata.

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«Ritsuko-san, che sorpresa vederla da queste parti», mi sento chiamare
alle spalle.
«Oh, Kato-san», mi avvicino all’uomo. «Che piacere rivederla, come
sta?», chiedo facendo un piccolo inchino verso lui e sua moglie.
«Stiamo bene. Abbiamo accompagnato nostra figlia che si è già persa
in mezzo alla gente insieme alle sue amiche»
«Anch’io ho accompagnato mia figlia. Le feste d’estate sono irresistibili
per gli adolescenti», sorrido educatamente.
«Verrò a trovarla uno di questi giorni, stiamo giusto pensando a degli
investimenti», dice fissandomi negli occhi. Io sto al gioco quel tanto che
basta da non far irritare sua moglie.
«L’aspetto», abbasso lo sguardo. «A presto allora», mi inchino di nuovo
prima di congedarmi.
Kato e sua moglie fanno la stessa cosa poi si allontanano.
«È un ottimo cliente», mi volto verso Eriko con nonchalance. «Tutto
bene?», le chiedo notando la sua espressione.
«No, per niente», distoglie lo sguardo. «Io... ti ho chiesto di venire, per-
ché...», si morde di nuovo le labbra trattenendo le lacrime e adesso sembra
così fragile che mi fa sentire un’idiota della peggior specie.
«Vieni, andiamo a bere qualcosa», le dico prendendola sottobraccio.
«Ma le ragazze?», si volta per cercare di avvisarle.
«Lasciale stare, non sentiranno la nostra mancanza, credimi», rido
conducendola in mezzo a un prato illuminato dove vendono sakè e dolci.
«Aspettami seduta qui», le indico un tavolino un po’ appartato. Quando
torno da lei con bevande e stuzzichini sembra essere più tranquilla. «Ecco,
bevi», le riempio il bicchiere di alcol.
«Non farmi esagerare col vino per favore, sai che non lo reggo»
«Un po’ di liquore non può farti altro che bene», bevo il primo bicchie-
re tutto d’un fiato. «Scusa per la battuta di prima»
«Già passato...», sfugge di nuovo il mio sguardo.
«Bene. Di cosa volevi parlarmi?»
«Delle nostre figlie», si accomoda meglio sulla sedia poi torna a guar-
darmi negli occhi. «Di quello che ci siamo dette prima al telefono»

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«Ti riferisci al fatto che non voglio fornirgli spunti per fare sesso di
continuo?», chiedo a bruciapelo, lasciando Eriko di nuovo contrariata.
«Quando esordisci con certe frasi saresti da prendere a schiaffi», assot-
tiglia gli occhi.
«Davvero?», mi avvicino a lei sfiorandole i capelli con le dita. «Potreb-
be essere... eccitante»
«Stupida!», Eriko si fa indietro e il suo volto sembra prendere fuoco.
«Così sensibile...», rido.
«Ascoltami bene», cerca di darsi un tono. «Io penso che se vogliono
farlo, lo faranno comunque»
«Questo non significa che dobbiamo incoraggiarle», ribatto tornando seria.
«Preferisci lo facciano a nostra insaputa a scuola, nascoste chissà dove,
o in qualche posto che noi non conosciamo? Col rischio oltretutto che
possano essere scoperte o che qualcuno le importuni»
Rimango in silenzio.
«Non credi sia meglio in casa a questo punto?»
«A te non da fastidio?»
«No... assolutamente», ribatte decisa. «Ho avuto anch’io diciassette
anni, so cosa si prova a desiderare di fare l’amore con chi si ama», stavolta
mi colpisce dritta al cuore.
«Capisco», abbasso gli occhi.
«Perché ti da così fastidio? Puoi spiegarmelo?»
«Il fatto è che... per prima cosa ai miei occhi Rei è ancora una bambina,
anche se ormai è evidente non lo sia più. Devo abituarmi», sospiro rumo-
rosamente. «E poi, lo sai... ho paura che possa soffrire», dico sincera.
«Pensi che Miyuki, perché è mia figlia, le spezzerà il cuore?»
«Sì», ammetto e questa volta è Eriko a incassare.
«Ritsuko... anche tu mi hai spezzato il cuore», dice a quel punto senza
remore e i suoi occhi si gonfiano di nuovo di lacrime.
«Io?», mi sfugge una risata isterica. «Ma che stai dicendo? Sei sempre
scappata e lo stai facendo anche adesso!», sento salire la rabbia.
«Sto scappando? A me sembra di essere seduta a un tavolo a bere sakè
con te»

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«Non ti azzardare», ribatto acida. «Non sono stata io a chiamarti per
dirti di essere rimasta incinta!»
«Sono crollata dopo aver letto il giornale che annunciava il tuo matri-
monio», replica lei.
«Questa è una stupida scusa, Eriko, lo sai bene! Uscivi con Ikeda già da
prima!»
«Con Yuki non c’è stato mai niente fino a quel giorno... anche se è vero
che mi corteggiava. Chi ti ha detto che uscivo con lui?»
Vuoto. Possibile che fosse questa la verità?
«Tu avevi deciso di farti indietro... mi sono sentita abbandonata», confesso.
«Lo so. Ma cosa potevo fare? Tuo padre aveva delle aspettative su di te,
non ero in grado di darti quanto meritassi»
«Mi bastava che tu mi stessi vicina!»
«Avevo diciotto anni, Ritsuko! Senza un soldo e con solo un posto da
aiutante nella pasticceria di famiglia in un luogo sperduto. Perché pensi
che i miei mi abbiano spedito lì?», prende una pausa. «Tuo padre è venuto
a parlare anche con loro!»
«Questo non lo sapevo...», rimango senza parole.
«Ho capito perché tu e Asakawa vi siete sposati, non sono stupida! En-
trambi figli unici di due importanti imprenditori... Sposarsi così giovani
solo perché... volevate la vostra indipendenza», continua lasciandomi di
nuovo spiazzata.
«Perché mi dici adesso tutte queste cose?»
«È semplice», si asciuga gli occhi con la punta delle dita. «Voglio che
Rei e Miyuki vivano la loro storia appieno. Non voglio che abbiano rim-
pianti un giorno. Hai visto quanto sono felici?»
«Sì... l’ho visto», ammetto ed è così doloroso vederla piangere. Vorrei
stringerla tra le braccia ma lei sarebbe così comprensiva con me, come lo
è con le nostre figlie?
«Il tempo ci saprà dire se è una semplice cotta o se è qualcosa di più ma
non voglio che abbiano costrizioni esterne»
«E se una delle due un giorno capisse che vuole qualcosa di diverso
dalla sua vita? Magari dei figli o una famiglia come tutti»

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«Chi ti ha detto che non potranno avere una famiglia?», mi fissa decisa
e i suoi occhi di giada risplendono di una luce candida. «Io le supporterò
sempre e se un giorno tua figlia lascerà la mia distruggendole il cuore, la
consolerò, le starò vicina... non mi azzarderò mai a farle leggere un gior-
nale che riporta le nozze della persona che ama con qualcun altro», dice
seria mentre le lacrime continuano a rigarle le guance.
«Eriko...», le allungo un fazzoletto. «Ma allora perché mi hai allontana-
to di nuovo quando abbiamo ripreso a frequentarci?»
«L’ho fatto perché stavo per perdere il controllo», si asciuga gli occhi.
«Quando mi hai stretta tra le braccia in piscina quel giorno io... non so
cosa sarebbe potuto accadere. Ho lottato con tutte le mie forze per non
cedere»
«Perché?»
«Non voglio essere solo un’amante per te, lo capisci?», esplode. «Se non
ci fossero state le bambine quel giorno, ti avrei strappato il costume di
dosso. Lo sai come sono fatta», mi affronta. «Sei troppo irresistibile ai
miei occhi. Se adesso non fossimo qui, in mezzo a così tanta gente, sai che
non mi avresti lasciato il tempo di parlare... e io non mi sarei opposta»,
conclude insofferente.
«Quindi, hai preferito e preferisci soffocare i tuoi sentimenti, per non
tradire tuo marito, è così?», continuo irriverente.
«Non lo faccio per lui. Il nostro matrimonio è alla deriva da anni or-
mai. Io non posso soddisfarlo e lui cerca affetto altrove», mi guarda con
biasimo. «Davvero pensavi che fosse questo il motivo?»
«Ma allora...», non riesco a capire.
«Non voglio infangare quello che provo per te. Non voglio odiarti nel
saperti al fianco di Asakawa e non voglio neppure immaginare le persone
con le quale andrai a divertirti dopo essere uscita dal mio letto», abbassa
la testa al limite. «Preferisco poterti rimanere accanto da amica, se puoi
darmene la possibilità, ancora una volta», riprende il suo pianto sommes-
so e il mio cuore cede di nuovo.
«Eriko...», le prendo le mani allungandomi sopra il tavolo. «Non pos-
so esserti solo amica. Perché ti amo», le dico sincera. Lei sussulta, le sue

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guance sono di nuovo rosse. «Guardami ti prego», rialza la testa e i suoi
occhi sono così belli, anche gonfi di lacrime.
«Provo la stessa cosa anch’io Ritsuko», avvicina la mia mano alle sue
labbra e la bacia.
Vorrei portarla a casa adesso, spogliarla, fare l’amore con lei e addor-
mentarmi al suo fianco. Possibile che sia tutto così complicato? Quanto
dobbiamo soffrire ancora?

***

Quell’inverno ricevetti una telefonata da Eriko che mi lasciò sorpresa.


Durante quei dieci anni mi aveva chiamato qualche volta per le ricorrenze
importanti e mi aveva mandato delle cartoline di buon anno ma non mi
aveva più chiesto di rivederci. Tranne in quell’occasione.
«Ti trasferisci a Tokyo?»
«Esatto», rispose felice. «Stiamo finendo di arredare la pasticceria.
Come sai i miei si sono trasferiti qui a Kamakura e hanno venduto la casa
che avevamo a Tokyo. Ho investito quei soldi e adesso ho comprato un
fondo a Shibuya con appartamento annesso»
«Accidenti, a Shibuya, complimenti»
«Sì, sono soddisfatta. Abbiamo anche un piccolo giardino sul retro,
è proprio quello che desideravo», cinguettò. «Verrai a trovarmi quando
apriremo?»
«C-certo», risposi incerta.
Era un invito di cortesia o desiderava davvero rivedermi?
Quando arrivò la primavera e il negozio fu inaugurato, decisi di met-
termi di nuovo alla prova e andarla a trovare. Ero davvero curiosa di ve-
dere l’effetto che poteva farmi Eriko dopo così tanti anni e con tutto quello
che avevo ormai sulle spalle.
«Così tu e Miyuki siete capitate nella stessa classe?», chiesi a mia figlia
mentre parcheggiavo la macchina nei pressi del negozio.
«Già»
«E vi siete riconosciute?»

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«No, l’ho capito solo perché stavano parlando della pasticceria in clas-
se», si voltò verso di me un po’ contrariata. «Non mi avevi detto niente»
«Volevo farti una sorpresa, tesoro», le sorrisi facendole cenno di scen-
dere dalla macchina.
«Mh... Forse te ne sei dimenticata?»
«Oh, andiamo. Non sarai arrabbiata per questo, vero?», allungai il pas-
so. «Da piccole andavate così d’accordo, sono sicura che tornerete ad esse-
re ottime amiche»
Rei non rispose, si limitò a seguirmi in silenzio ma io non detti peso
al suo comportamento, ero troppo concentrata a tenere sotto controllo la
mia ansia.
Come varcai la soglia della pasticceria non potei che rimanere impres-
sionata dalla somiglianza di Miyuki con sua madre, poi vidi Eriko alle sue
spalle e il mio cuore si fermò:
«Eriko...»
«Quanto tempo!», esclamò lei oltrepassando il bancone del bar.
Mi bastò specchiarmi nei suoi occhi di giada, sentirla ridere, vedere le
sue mani accompagnare i capelli dietro l’orecchio, per capire che non era
cambiato niente... assolutamente niente.
«Ma guardati, sei diventata una donna bellissima», mi sfuggì mentre
bevevo il mio tè davanti a lei.
«Che dici? Quella bella sei sempre stata tu», sorrise sostenendo il mio sguar-
do. Da lì notai qualcosa di diverso in lei: era diventata più sicura, più serena.
Era riuscita a dimenticare quei sentimenti?
Non ne ero sicura ma in ogni caso non volevo rovinare tutto di nuovo.
Decisi quindi di rimanere su quella linea. Di frequentarla ma con un certo
distacco. All’inizio sembrò funzionare ma poi mi chiese di andare in va-
canza con lei in un centro termale:
«Sarà divertente. Noi quattro insieme», rise felice come una bambina.
«Ti prego Ritsuko, verrai?»
Come potevo dire di no? Accettai con un po’ di difficoltà, ma alla fine
mi convinsi che sarebbe andato tutto bene, che ci saremmo divertite e
avremmo trovato anche un po’ di tempo per noi.

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Mi ero sopravvalutata.
«Scusate il ritardo», Eriko indicò qualcuno all’ingresso della sala. «Ho
incrociato un cliente e mi sono trattenuta qualche minuto con lui», con-
cluse sedendosi al mio fianco: il suo abito scuro le stava così bene che era
impossibile toglierle gli occhi di dosso.
«Un cliente?», le chiesi assottigliando lo sguardo. Lei mi guardò sorpresa:
«Certo... perché?», mi fece un sorrisetto.
Ero gelosa. Avevo visto come la guardava “quel” cliente. Mi morsi le
labbra e tentai di lasciar scivolare via il mio turbamento: come potevo
essere ancora così instabile quando si trattava di lei?
«Un altro sorso di champagne?», mi incitò Eriko e io non me lo feci
ripetere. Quella sera cercai in tutti i modi di ribellarmi a quei vecchi sen-
timenti ma più mi sforzavo, più mi sentivo un laccio al collo.
«Ritsuko, guarda come sono belle Miyuki e Rei», richiamò la mia at-
tenzione Eriko. Quando volsi lo sguardo verso le ragazze che stavano
ballando insieme, il senso di oppressione invece di alleggerirsi aumentò
ancora di più: gli occhi di Rei rispecchiavano qualcosa che andava oltre la
semplice amicizia e la stessa cosa valeva per la piccola Miyuki.
Di colpo fui presa dal panico: non poteva succedere davvero.
Il mio bicchiere si riempì per l’ennesima volta e finalmente l’euforia mi
pervase, spegnendo tormenti e paure, lasciando spazio però ad altri stati
d’animo.
«Che serata», rise Eriko rientrando in camera. «Ho davvero esagerato
col vino», si appoggiò un attimo alla parete poi si tolse i sandali col tacco e
li lasciò cadere a terra, camminando scalza sulla moquette. «Ritsuko, vie-
ni a vedere che bello!», mi richiamò spegnendo la luce e tirando le tende
dell’ampia finestra che dava sul cortile dove si stava tenendo la festa.
Mi avvicinai a lei: c’era ancora molta gente fuori a ballare e le luci co-
lorate che si alternavano lungo il perimetro della pista da ballo donavano
un tocco magico a tutto quanto.
«Sei sicura di non voler approfittare di questa serata ancora un po’?», le chiesi
con tono innocente ma, quando vidi i suoi occhi spalancarsi, capii che forse la
mia frase le era suonata ambigua. «Intendevo... di tornare giù alla festa», chiarii.

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«Oh, no. Davvero, sto bene così», scosse la testa e tornò a guardare
fuori.
«Come vuoi», mi allontanai.
«Ritsuko...», sentii la sua mano stringersi intorno al mio polso. «Gra-
zie», mi sorrise. I suoi occhi risplendevano nella penombra come pietre
preziose.
«Non devi ringraziarmi», cercai di sfuggirle ma Eriko non sembrava
intenzionata a lasciarmi andare.
«Dico sul serio», intrecciò le sue dita con le mie. «Non dimenticherò
mai questa vacanza», mi rivolse di nuovo un sorriso accattivante.
La sua frase era stata innocente quanto la mia, nessuna provocazione,
nessuna malizia... eppure... Lei, i suoi sguardi, il vestito che le lasciava
scoperta la schiena e la rendeva estremamente sexy... non potevo far finta
che non fosse un mix esplosivo e seducente.
«Davvero?», l’avvicinai a me con audacia, liberandomi da tutte le co-
strizioni che mi ero imposta. «Vogliamo renderla sul serio indimenticabi-
le?», mormorai prendendole il mento tra il pollice e l’indice.
Eriko non emise fiato ma le sue labbra si dischiusero in un inconsape-
vole invito che non potei ignorare: la baciai e lei mi ricambiò.
Fu un attimo... un intenso attimo.
«Perché lo hai fatto?», chiese fissandomi. I suoi occhi erano leggermen-
te lucidi a causa dell’alcol.
«Mi dispiace», dissi riprendendo la distanza. «Potremo fingere che non
sia successo niente, che sia stato il vino e...», mi morsi le labbra. «Eriko,
credimi. Non voglio che succeda la stessa cosa di dieci anni fa»
«No...», si avvicinò di nuovo. «Non succederà», mi tirò a sé a baciando-
mi con passione, stupendomi.
Il mio cuore sembrò esplodere e in quel momento mi resi conto di es-
sere viva o, per meglio dire, di essere tornata a vivere.
«Sei bellissima con questo vestito ma...», sussurrò al mio orecchio.
«Vorrei vederti senza», mi baciò il collo facendo scendere la lampo lungo
il fianco del mio abito.
«Il vino ha uno strano effetto su di te», risi continuando a baciarla.

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«Non è il vino, sei tu», mi spinse sul letto spogliandomi. «Mi togli il
fiato», disse con voce accaldata, fissandomi.
«Vieni...», la trascinai sopra di me. «Voglio ridartelo», la baciai di nuo-
vo, respirando dalla sua bocca, facendola mugolare.
«Ti prego», mi strinse a sé. «È troppo che aspetto», scese lungo il mio
collo e ancora più giù, marchiandomi coi suoi baci, con le sue labbra mor-
bide. «Finalmente...», mi liberò dagli slip, sprofondando tra le mie gambe.
Il mio corpo si tese di colpo, riconoscendo un piacere mai dimenticato.
«Eriko...», mormorai mentre la sua lingua mi accarezzava e penetrava
dolcemente. Mi sentii sciogliere. Intrecciai le dita tra i suoi capelli, strin-
gendoli con delicatezza. «Sto per...», mi morsi le labbra mentre il mio cor-
po esplodeva nell’estasi.
«Sei così bella», le sentii dire con voce accaldata mentre si portava di
nuovo sopra di me.
«Vieni qui», la liberai dal suo abito scuro. «Ti voglio», ansimai scivo-
lando dentro di lei facendola gemere, accarezzandole poi il seno con le
labbra, avvertendo il suo piacere crescere. Mi fermai a guardarla: il suo
volto reclinato di lato, i capelli sparsi sul cuscino, gli occhi chiusi, la bocca
ansante... era la donna più bella che avessi mai visto in vita mia. Sexy e
dolce allo stesso tempo.
Avere di nuovo tra le braccia Eriko era un dono che non avrei mai più
osato sperare di riavere.
«Ritsuko... ti prego», le sue mani si strinsero dietro la mia schiena men-
tre dalla sua bocca le sfuggiva un nuovo lamento.
«Brava, non trattenerti», mormorai riprendendo a baciarla sulle labbra e in
un attimo la sentii tremare forte contro di me. «Abbiamo appena iniziato...»
Le sue mani su di me tutta la notte, le mie mani su di lei tutta la notte.
Baci, carezze, respiri spezzati. I nostri nomi ripetuti. I nostri corpi stretti.
I nostri sguardi intrecciati. La sua pelle morbida, vellutata. La nostra pas-
sione. Il nostro desiderio. Il nostro amore.

Ti voglio ancora... ancora... ancora...

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Orange Cream - Flavoured
di Scarlett Bell
con i disegni di Aeryn Sun

CONTINUA...
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