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Nuova Umanit

XXVIII (2006/2) 164, pp. 151-154

LA STORIA COME VERIT

Le riflessioni sviluppate intorno al rapporto tra filosofia e


storia della filosofia 1 mi sollecitano ad approfondire ulteriormen-
te il concetto di verit nel suo intrinseco legame con la storia.
In senso classico, la verit viene intesa come ladesione della
mente alla realt, e, se espressa verbalmente, come la corrispon-
denza tra la parola e lessere.
Una tale concezione rispecchia un senso della verit pura-
mente fenomenico, che la coglie cio non nella sua radice profon-
da, ma nel suo apparire esteriore. Diciamo, ad esempio, che un
uomo veritiero quando costatiamo che le sue parole corrispon-
dono allessere che intendono esprimere.
In realt, al di l di ci che a noi si presenta come verit e che
qualifichiamo come tale, deve esserci qualcosa che verit, e che
scoperta della luce: lessere che diventa luminoso, lesistenza
che si fa pensiero ed esprime a se stessa ci che .
Questa la verit filosofica, che poi si attua in varie forme fe-
nomenologiche di trasmissione i concetti, gli scritti... , attra-
verso le quali giunge a noi.
Che cosa, dunque, arriva a noi? Di fatto, arriva ci che al di
l di quanto detto e raccontato e che , appunto, quel tanto di
essere, di esistenza vera che quasi inconsciamente colgo, non per
ragionamento ma come abbeverandomene.
Qui il punto in cui filosofia e storia coincidono, ove lac-
quisizione della verit si identifica con il mio tendere alla luce,

1
P. Foresi, Filosofia e storia della filosofia, in Nuova Umanit, XXVIII
(2006/1) 163, pp. 17-24.
152 La storia come verit

quale tensione esistenziale del mio stesso essere al vero che, ipso
facto, lo coglie, lo recepisce in profondit e, per una sorta di con-
naturalit che vi ritrova, lo fa s.

Ma pu accadere che, una volta acquisita una verit, mi ac-


corga che essa non mi soddisfa pi.
Il fatto che io vado crescendo in umanit, in un di pi, per
cos dire, di essere, cui si accompagna il bisogno continuo di au-
toconoscersi adeguatamente. E un tale bisogno di crescita nella
verit, commisurata alla crescita nellessere, genera in me un tra-
vaglio.
Se ora guardo in che cosa consiste realmente questo mio cre-
scere, mi accorgo che esso non tanto un aumentare quantitati-
vo, anche se inteso in senso figurato, quanto un progredire del
mio essere, che avanza perch qualcosa lo attrae.
Allora, la verit finora acquisita non mi soddisfa pi perch
c una verit pi grande che mi sta attirando: e che in fondo la
Verit stessa esistente, Dio, il Dio Uomo incarnato.
In realt, in quanto uomo, io sono attirato non verso lessere-
Dio, che mi supera e sempre mi superer infinitamente, ma verso
lessere-me, quel me che io devo diventare. Ci che pu attirarmi
, quindi, s, qualcosa che fuori di me in quanto ancora da me
non raggiunto , ma che, al tempo stesso, dentro di me. Questo
qualcosa, dunque, non pu essere che lessere-Dio fatto uomo,
Ges. Ed egli essendo in me mi spinge a diventare me.
Tutto ci impone di ripensare in profondit il concetto di
tempo.
Comunemente applichiamo tale concetto alla serie di feno-
meni che, nel succedersi luno allaltro, scandiscono il cammino
dellumanit.
Ora, avendo scoperto che la ragione pi vera del mio avanza-
re non tanto nellessere io sospinto in avanti dallumanit che
mi ha preceduto, quanto dallessere io attratto dalla Verit, che
fuori di me e anche prima di me, parimenti scopro che ogni por-
zione di umanit ha progredito e si realizzata perch attratta da
quella stessa Verit che era prima di lei e che, di fatto, lha resa
poi capace di segnare una tappa nellavanzamento dellintera
La storia come verit 153

umanit. Verit che, per lumanit, come per me, coincide, come
abbiamo detto, con Ges.
In tale prospettiva il concetto di tempo muta radicalmente.
Esso si manifesta come ci che intercorre fra lessere io den-
tro e lessere io fuori, e nel quale vado realizzandomi. Il tempo,
allora, di per s non che pura apparenza, realt inesistente.
Vi per un momento della storia in cui il tempo si fatto
realt: nella Palestina di duemila anni fa.
Per esperire il tempo reale dovrei allora, per cos dire, riper-
correre retroattivamente tutta la distanza che mi separa da quel
momento, ove avvenuto, nella persona dellUomo Dio, il con-
giungimento perfetto dellessere dentro e dellessere fuori.
Ma in quel Dio incarnato, morto e risorto, in cui il tempo si
compiuto, il tempo si anche proletticamente aperto verso il
compimento escatologico.
Da qui il mio essere, per Lui, nel tempo e fuori del tempo.
Da qui lo stupore che nasce: stupore dellessere che ancora non .

Questo apparente paradosso si scioglie guardando allattimo


presente.
Se, infatti, posso dire di non vivere nel tempo, posso dire pe-
r di vivere nellistante in cui sono, in quanto sono quel tanto di
essere che sono in questo presente temporale, fermo restando
che, proprio per quel tanto che sono nel tempo, sono gi fuori del
tempo.
Grandi maestri dello spirito, santi e testimoni della fede han-
no evidenziato il valore morale e spirituale dellattimo presente.
Qui vorrei rilevarne anche il profondo valore metafisico.
Lattimo presente lunica possibilit di vivere la vera esi-
stenza, che atemporale. La mia esistenza temporale, infatti, non
esiste; pura apparenza psicologica di un susseguirsi di atti verso
un futuro che, in realt, in s passato, perch compiutosi in Ge-
s. Ma un passato che , comunque, anche futuro, perch non
ancora presente in me nella congiunzione fra lessere che io sono
e lessere che dovr diventare e verso cui io tendo.
Qui il mistero del nostro vivere nel mondo vivendo fuori del
mondo, del nostro essere nel tempo essendovi atemporalmente.
154 La storia come verit

Cos allora la storia?


La storia il niente che c dietro di me ed il tutto che in
me e nellumanit di adesso.
In tal senso si pu parlare della storia come verit.

PASQUALE FORESI

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