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Angelo Beolco

detto Ruzante

Bilra
piango! piango! piango! piango! piango!

rido! rido! rido! rido! rido! rido! rido! rido!

a cura di Pietro Genesini

Bilra non ama Dina per non sa


affatto la moglie che cosa vuole:
Dina, ma la vuole. sesso o denaro?

Andrnico la vuole Chi dei due lavr?


per le sue porcate Volta pagina
da vecchio... e lo saprai!

PADOVA 1530
Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 2
INDICE

IL MONDO DISPERATO DEL CONTADINO


PAVANO NELLA COMMEDIA DI RUZANTE .... 5
1. LA COMMEDIA ITALIANA NELLA PRIMA MET DEL
CINQUECENTO .......................................................... 5
2. IL MONDO DI ANGELO BEOLCO, DETTO IL RUZANTE.
QUASI UNA BIOGRAFIA .............................................. 6
3. LA BILRA ............................................................ 6
3. DENUNCIA O SPETTACOLO? ................................. 6
4. I PERSONAGGI....................................................... 7
5. IL NOME DEI PERSONAGGI .................................... 8
6. IL LINGUAGGIO VERBALE DEI PERSONAGGI .......... 9
7. FAME DI CIBO E FAME DI SESSO ......................... 11
8. TRE MONOLOGHI ................................................ 11
9. OMICIDIO IN SCENA............................................. 13
10. UN CONFRONTO CON LA MANDRAGOLA DI
MACHIAVELLI .......................................................... 13
11. UN CONFRONTO CON LA LENA DI ARIOSTO ..... 14
11. IL PUBBLICO DELLA BILRA E LA FINIS VENETIAE15
13. LA VERSIONE IN ITALIANO ................................. 16
BILRA .................................................................... 17
I PERSONAGGI ................................................... 17
SCENA PRIMA...................................................... 19
SCENA SECONDA ............................................... 19
SCENA PRIMA..................................................... 19
SCENA SECONDA ................................................. 19
SCENA TERZA .................................................... 21
SCENA TERZA .................................................... 21
SCENA QUARTA................................................. 23
SCENA QUARTA................................................. 23
SCENA QUINTA .................................................. 25
SCENA QUINTA .................................................. 25
SCENA SESTA .................................................... 26
SCENA SESTA .................................................... 26
SCENA SETTIMA ................................................ 27
SCENA SETTIMA ................................................ 27
SCENA OTTAVA.................................................. 28
SCENA NONA ...................................................... 28
SCENA OTTAVA.................................................. 28
SCENA NONA ...................................................... 28
SCENA DECIMA .................................................. 29
SCENA DECIMA .................................................. 29
NOTE ...................................................................... 30

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 3


Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 4
IL MONDO DISPERATO DEL aveva dato i natali ai padri della lingua italiana: Dan-
te, Petrarca e Boccaccio. Machiavelli fiorentino,
CONTADINO PAVANO NELLA come la stragrande maggioranza degli umanisti; Ario-
sto ferrarese, ma corregge il suo Orlando furioso
COMMEDIA DI RUZANTE tenendo presente la lingua fiorentina e le indicazioni
di Bembo.
1. La commedia italiana nella prima met del
Cinquecento Il caso pi unico e straordinario della commedia ita-
liana del primo Cinquecento costituito da Ruzante,
Nella prima met del Cinquecento la produzione di che non soltanto non italianizza il dialetto veneziano
commedie raggiunge livelli artistici straordinari, che (come poi far Carlo Goldoni a met Settecento), ma
non saranno mai pi uguagliati nei secoli successivi. usa un dialetto puro, il pavano, che poteva essere ca-
Gli autori sispirano alla produzione classica ed pito e apprezzato soltanto da gruppi ristretti di intel-
ampiamente praticata la contaminazione, cio la fu- lettuali e di spettatori: coloro che vivevano nellarea
sione di motivi e di parti delle trame di due o pi costituita da Venezia, Padova e Ferrara. Per gli altri le
commedie. Ma anche il Decameron offre continui e commedie erano assolutamente incomprensibili.
vitali suggerimenti. Per altro non si tratta di una commedia priva di radici
Gli scrittori pi importanti sono i maggiori letterati culturali. Esse ci sono e sono le stesse che hanno fatto
del tempo. Il cardinale Bernardo Dovizi da Bibiena la fortuna delle commedie di Bernardo Dovizi, di A-
(1470-1520) scrive la Calandria (1513); Niccol Ma- riosto, di Machiavelli: la commedia classica o il De-
chiavelli (1469-1527) la Mandragola (1518) e la Cli- cameron.
zia (1524-25): Ludovico Ariosto (1474-1533) la Cas- Il rifiuto della lingua vulgata, che ormai costituiva
saria (1508), i Suppositi (1508), il Negromante una dallItalia settentrionale alla
(1519-20, 1528), la Lena (1528) e gli Studenti (in- Sicilia, pu avere molteplici motivazioni: Venezia era
compiuta); Angelo Beolco, detto il Ruzante (1496ca.- uno staterello e la cultura che produceva era la cultura
1542), scrive in dialetto pavano la Prima orazione di uno staterello. I suoi mercanti avevano il monopo-
(1521), lAnconitana (1522), la Beta (1524-25), la lio delle spezie (tenuto ormai a fatica, dopo la caduta
Seconda orazione (1528), il Dialogo facetissimo, la di Costantinopoli e la scoperta dellAmerica), ma
Moscheta e il Primo dialogo (Parlamento de Ruzante modesti rapporti culturali con i mercati che frequen-
che iera vegn de campo) (1529), il Secondo dialogo tavano. Firenze invece era s uno staterello regionale,
(Blora) (1530), la Piovana (1532) e la Vaccaria ma i suoi mercanti avevano una mentalit e interessi
(1533). internazionali. Prestavano fiorini anche a sovrani.
Roma come centro della cristianit aveva una cultura
Le commedie per altro non svolgono una semplice europea ed anche un rapporto privilegiato che la col-
funzione dintrattenimento e di evasione per i nobili legava al passato. I papi erano illuminati: non ba-
spettatori. Esse costituiscono una complessa riflessio- davano a corruzione ed a spese, pur di fare affluire a
ne sulla realt dei loro autori. Roma quei capitali che servivano alla maggior gloria
Machiavelli va oltre le conclusioni a cui era perve- di Dio e della Curia romana. Michelangelo, Raffaello,
nuto nel Principe (1512-13). Ora lintelligenza frau- Bramante e poi Bernini e tanti altri artisti lavorano a
dolenta ha la meglio sullonest e sui valori di Lucre- tempo pieno per la capitale del cristianesimo proprio
zia, ma ha anche la meglio sullimpeto irrazionale e agli inizi del Cinquecento e nei decenni successivi. I
passionale con cui si doveva sbloccare la ragione in risultati sono prodigiosi ancor oggi.
stallo. La commedia dialettale, che non aveva precedenti let-
Ariosto abbandona lironia e il disincanto dellOrlan- terari, costituisce quindi una scelta teatrale del tutto
do furioso, recupera il mondo delle commedie latine particolare. Una scelta assai rischiosa, perch ridu-
ed offre un brutale spaccato della realt del suo tem- ceva il numero degli spettatori ai diretti committenti e
po: nemmeno la corte immune dalla degradazione, poteva far dimenticare repentinamente il nome del-
anche se il principe assolto; e i protagonisti cercano lautore. Come in effetti successo.
di soddisfare i loro istinti e i loro desideri, e di bar- La sfida per era da accettare: portare in scena il dif-
camenarsi sul mare accidentato della vita. ficile ed esogeno microcosmo del contadino, un mi-
Ruzante porta sulle scene il mondo contadino, da crocosmo che non occorreva andare al di l del mare,
sempre sfruttato, e usa il dialetto stretto delle classi in Oriente, per incontrare. Bastava andare alla perife-
popolari, il pavano (il dialetto parlato nella campagna ria di Padova o di Venezia. O nelle stesse citt. Quel
alla periferia di Padova) come il bergamasco. Egli microcosmo era completamente diverso e contrastan-
vede la realt rovesciata, dal punto di vista, con i va- te con la citt, con la cultura ufficiale, con la cultura
lori e gli istinti delle classi meno abbienti. dominante a Venezia e nel resto dellItalia.
La maggior parte delle commedie gira introno allas-
se culturale costituito da Firenze e da Roma, e sul po-
lo linguistico costituito unicamente da Firenze, che
Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 5
2. Il mondo di Angelo Beolco, detto il Ru- desideri. Entra in casa. 5. Giungono sbito Bilra e
zante. Quasi una biografia Pitro. Pitro bussa, mentre Bilra si mette da parte.
6. Andrnico scende e si mette sulla porta. Pitro gli
Angelo Beolco (1496ca.-1542), detto Ruzante dal no- chiede di lasciare andare la moglie di Bilra, la Dina
me del protagonista che porta sulla scena nelle sue non pentola per il suo mestolo. Andrnico si irrita e
commedie, nasce a Permunia, nel contado padovano. risponde con sarcasmo. Allora Pitro suggerisce di
figlio naturale di un medico, Gian Francesco Beol- sentire la ragazza. Andrnico accetta: Dina senzaltro
co, di famiglia nobile. educato con gli altri figli, non vorr seguire il marito. 7. Dina scende e, interro-
riceve una buona educazione ed ha la possibilit di gata, dice che non vuole assolutamente seguire il ma-
frequentare un ambiente colto. Alla morte del padre rito: si pente di averlo conosciuto, uno sfaticato e la
(1524) amministra i beni dei fratellastri e prende in riempie di botte. 8. Andrnico contento e rientra in
affitto alcuni terreni, che costituiscono la fonte della casa. Pitro irritato del voltafaccia della donna. 8.
sua sussistenza. Stringe amicizia con il nobile Alvise Poi Bilra litiga con Pitro, che non riuscito a re-
Cornaro, per il quale svolge la funzione di ammini- cuperare la moglie. Pitro se ne va, irritato di aver fat-
stratore e soprattutto quella di commediografo. Gra- to fatica per niente. 9. Bilra rimane solo. Medita di
zie alla protezione di Cornaro egli pu allestire e rap- vendicarsi. Lo vuole uccidere, cos simpossessa dei
presentare a Padova le commedie di cui scrive i testi. vestiti e poi corre via di corsa. Estrae un coltello ar-
Nella casa di Cornaro incontra intellettuali di notevo- rugginito e mima lattacco ad Andrnico. 10. Poco
le valore, come Pietro Bembo, Sperone Speroni, dopo il vecchio esce di casa. irritato per gli schia-
Francesco Berni. Tra il 1517 e il 1518 scrive in versi mazzi che aveva sentito. Si avvia per la calle, ma
la commedia La Pastoral, nella quale mescola ele- assalito e colpito da Bilra. Chiama aiuto, ma inutil-
menti letterari, contadini e goliardici. Tra il 1520 e il mente. Muore sbito. Bilra lo vede disteso per terra,
1526 a Venezia in occasione del carnevale rappre- ed soddisfatto.
senta, nella casa di famiglie patrizie e in piazza, una
serie di suoi lavori con una compagnia che aveva ap- Largomento della commedia ambiguo: la descri-
prontato. Egli per altro lattore di spicco, che fa gra- zione realistica di una storia vera? la storia di un
vitare su di s lattenzione del pubblico. Dal 1530 si- tradimento finito nel sangue? la ribellione ai sopru-
no alla morte il periodo di maggiore creativit, du- si sociali fino allora subiti? la denuncia delle tristis-
rante il quale scrive le commedie maggiori. Il prota- sime condizioni in cui versano i contadini del conta-
gonista di molte commedie il contadino pavano Ru- do? uno spettacolo per nobili guardoni che voglio-
zante, che subisce continui soprusi e sembra che cer- no divertirsi a vedere come si comporta un povero di-
chi tutti i modi per farsi ingannare o per farsi tradire sgraziato, abbandonato dalla moglie che offensiva-
dalla moglie. Gli altri protagonisti si limitano a cam- mente gli preferisce un vecchio danaroso ma impo-
biare nome e a subire la stessa sorte. Muore tente?
allimprovviso nel 1542. Il lettore deve svegliarsi, riflettere e decidere con le
sue sole forze. Per i critici...
3. La Bilra
3. Denuncia o spettacolo?
La trama della commedia questa:
Normalmente i critici considerano Ruzante uno scrit-
1. Bilra si reca a Venezia per riportare a casa la mo- tore realista, sensibile alle problematiche sociali e ca-
glie, che lo ha lasciato per seguire il ricco ma vecchio pace di denunciare le tristissime condizioni di vita dei
Andrnico. 2. Qui incontra Pitro, con cui si confida contadini. Cos essi si schierano con Ruzante o con
e a cui chiede aiuto. Questi prima gli d dei consigli, Bilra o con gli altri esclusi e condannano Andrnico,
poi gli promette dintervenire lui presso Andrnico. vecchio e sporcaccione, che ruba la moglie a Bilra.
Quindi se ne va. 3. Bilra bussa alla casa di Andrni- Il testo in proposito pi noto e pi citato il Parla-
co, esce Dina, sua moglie, che teme di esser picchia- mento di Ruzante.
ta. Bilra la rassicura e le dice che la rivuole a casa. I critici hanno preso un abbaglio. Riconoscono che
Dina si lamenta del vecchio e gli promette che con o gli spettatori e i committenti della commedia e del-
contro la volont di Andrnico lo seguir a casa. Ma lintera produzione ruzantiana sono i nobili veneziani
che parli prima con Andrnico, che deve arrivare pi ma insistono nel dire che lo scrittore vuole de-
tardi. Bilra dice che ha fame. La donna gli d alcune nunciare una situazione sociale insostenibile. Sarebbe
monete, che rendono Bilra contento. Contando le ben strano che egli voglia denunciare la condizione
monete egli va allosteria in fondo alla strada. 4. An- dei contadini proprio davanti a coloro che ne sono la
drnico arriva a casa tutto contento. Ricorda che gli causa. Si aspetterebbe forse che essi lo ascoltassero e
amici gli dicevano che chi non pensa alle donne da intervenissero per fare uscire i contadini dalla loro in-
giovane lo far da vecchio. E cos stato. Egli feli- feriorit culturale e dalla loro servit? Ma proprio su
ce e si sente ringiovanito soltanto a vederla, a baciuc- tale servit si arricchivano e vivevano i nobili vene-
chiarla, anche se la carne non sempre allaltezza dei ziani...

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 6


Se fosse veramente un riformatore sociale, dovrebbe 4. I personaggi
meglio impegnarsi nel diffondere la cultura tra i con-
tadini e nellorganizzarli politicamente e socialmente. I personaggi della commedia del primo Cinquecento
Cosa che non fa. E che non pensa affatto di fare. sono degli stereotipi, delle figure fisse, derivati dalla
Che il suo messaggio sia inoffensivo e integrato nella commedia latina (e greca). C il protagonista, un
cultura veneziana del tempo risulta dal fatto che i suoi giovane bello, innamorato ma senza denari. C il
nobili committenti e i suoi spettatori ridono assisten- vecchio bavoso e impotente, che usa il denaro per
do alle sue commedie e chiedono la replica. Ci vuole prendersi la bella di turno, e di ci si ringalluzzisce
dire che non erano affatto turbati da quanto lautore tutto. C il contadino che ora furbo, ora sciocco e
metteva in scena e dal messaggio sociale che inseriva che ha una cultura che fa ridere i cittadini. C il
nelle sue commedie. compare, che d consigli apparentemente generosi e
Senzaltro egli vedeva le condizioni tristissime e la disinteressati, ma cerca di fare i propri interessi. C
situazione di sfruttamento dei contadini. Le vedevano la donna che loggetto del contendere tra il giovane
anche i nobili. Ma si poteva essere fatalisti e pensare che povero in canna e il vecchio che ricco e in ge-
che da sempre era cos e che perci non ci si poteva nere impotente; oppure innamorata di un suo coeta-
far niente o che la colpa della povert era dei conta- neo, ma le nozze sono ostacolate; oppure una poco
dini o che si poteva vedere in futuro, cio alle calende di buono, una ruffiana o una donna allegra. E infine
greche, se ci si poteva fare qualcosa. Si poteva anche c il servo, che vale poco e parla poco ed un nulla
essere genericamente riformisti e ritenere di avere fat- vivente. Talvolta fa lastuto consigliere del padrone o
to con tale sentimento tutto il possibile per le classi del padroncino contro il labirinto e la complessit
sociali meno abbienti, generalmente abbandonate nel- della vita; talaltra il semplice, umile e servizievole
le mani del clero... esecutore degli ordini del padrone.
E latteggiamento pi aperto dei nobili veneziani ver- Eppure questi stereotipi sia nelle commedie di Ru-
so il mondo contadini, quello di generica simpatia e zante sia nelle altre commedie del Cinquecento ac-
di lasciare le cose come sono, daltra parte lo stesso quistano vita, sono personaggi vivi, sono i compo-
atteggiamento dei critici verso quel mondo: una estre- nenti della propria famiglia, i vicini di casa o gli indi-
ma curiosit, un estremo interesse e una estrema e la- vidui che sincontrano per strada o in piazza. Sono
crimosa partecipazione con invettive contro i padroni anche stereotipi sociali, appartenenti alle varie classi
sfruttatori. Ma nessuna azione concreta: le parole di sociali.
solidariet sono tutto ci che essi hanno dato e danno.
Se si lasciassero da parte questi pregiudizi e questa Nel caso della Bilra i personaggi sono, se si pu di-
sterile solidariet, si riuscirebbe a capire meglio sia il re, perfette imitazioni della realt, sono personaggi
teatro di Ruzante, sia il mondo contadino, sia il tpos iper-realisti.
del contadino stupido o sciocco (o in altri casi saccen- Bilra il contadino sfruttato e sciocco, che si fa ru-
te) sia soprattutto il contesto in cui lautore opera: bare la moglie e va in citt a riprendersela.
Venezia culturalmente emarginata, casa Cornaro per Pitro il cittadino, che vive facendo una vita di pic-
suo diletto finanza e protegge un nobile abile am- coli favori e di espedienti.
ministratore e bravo attore, per il quale allestisce un Andrnico il cittadino che ha un po di cultura e un
teatrino privato a Padova e grazie al quale costruisce po di denaro. E soprattutto vecchio.
la propria immagine di mecenate delle arti e stabilisce La Dina, moglie di Bilra, un contadina che accetta
buoni rapporti sociali con gli altri nobili. E a questo linvito del vecchio per abbandonare una vita di stenti
punto, se si vuole, ci sono i presupposti per capire e di percosse.
dove e come intervenire, per far uscire Ruzante, Bil- Il servo Zane il nulla che esiste e a cui nessuno ba-
ra, Pitro, Tonin o Zane dalle loro condizioni dinfe- da. Ed di pochissime parole.
riorit e di sfruttamento sociale.
Ruzante un grande scrittore che riesce prima a de- Il marchio di classe impresso su tutti i personaggi.
scrivere e poi a impersonare come attore il suo perso- Bilra emarginato nel suo mondo contadino, Pitro
naggio. Egli riproduce i pensieri e le azioni di Bilra in quello cittadino. Andrnico ha superato i limiti del-
e degli altri personaggi con estrema precisione. Era la povert, senza essere particolarmente ricco: ha un
vissuto da sempre a contatto con questi personaggi e po di cultura, ha qualche denaro, ha una casa, e pu
con questo mondo roerso, che non aveva alcuna pos- levarsi gli sfizi: andare nel contado e rubare la donna
sibilit di riscattarsi. I risultati sono eccellenti e sod- di qualche contadino. Le prede erano abbastanza faci-
disfano pienamente i suoi spettatori, che ridono per i li: esse pativano normalmente la fame e i mariti come
pensieri, le azioni e le reazioni rozze e istintive di un prova di affetto le picchiavano come le bestie. In citt
essere socialmente inferiore. Che cosa c di pi face- il vecchio avrebbe avuto meno successo, viste ormai
to di un villano che parla damore e a cui un nobile le sue condizioni sessuali.
cittadino ha rubato la moglie?
I personaggi della commedia per riescono anche a
delineare (e nel loro degrado) due mondi, il mondo

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 7


del contado e il mondo della citt. I due mondi sono Poi c Dina. Il nome un diminutivo, che poi stato
contrastanti. In genere la citt sfruttava la campagna, semplificato. Non ha soprannome: le donne non sono
e paradossalmente il contadino poteva trovare pi ci- importanti. Nessuno fa caso a quel che dicono e a
bo in citt che nella campagna dove si produceva. Bi- quel che fanno: sono oggetti senza volont in mano
lra inesperto del mondo. Perci, quando giunge in ad altri.
citt, deve chiedere aiuto. Lo chiede a un cittadino
socialmente emarginato come Pitro, che tuttavia, A un livello inferiore anche a quello delle donne c
non ostante questo, si trova su un gradino sociale e su il servo: Zane, Iohannes, Gione, Gioni, Gini, Gio-
un gradino di esperienza pi alto del suo. Andrnico vanni, lunico nome ecclesiastico. Neanche lui so-
a un livello relativamente pi alto: ha un po di de- prannome. Ma chi si preoccupa dei servi? Ce nerano
naro, ma escluso dalla vita attiva sia commerciale tanti e a basso prezzo. Ed erano autmata, oggetti
sia culturale. Non accenna mai alle sue fonti di reddi- provvisti di vita autonoma, capaci di essere servizie-
to. E decide di fare quel che non ha avuto il tempo, la voli nei confronti dei loro padroni. E di poche prete-
voglia o il coraggio di fare da giovane: prendersi una se. Nel Settecento si vantavano della livrea che li ren-
mammola con cui divertirsi. deva superiori al volgo. Essi stessi si consideravano
cosa vile.
5. Il nome dei personaggi Il problema del nome molto complesso. Nel Medio
Evo valeva lidea che nomen est omen (il nome una
I nomi dei personaggi sono del tutto funzionali agli previsione sul futuro). E si dava quel nome che pi
stereotipi che rappresentano. sembrava confacente al nascituro (o in cui si voleva
Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannome che il nascituro si realizzasse). Insomma si cercava di
Bilra (il nome molto probabilmente piano) indica dare una mano al destino e di favorire che il nome si
la donnola, un animale particolarmente subdolo, ag- realizzasse.
gressivo e sanguinario. Bilra potrebbe avere il profi- Si poteva per procedere anche nel senso opposto: si
lo animalesco e affilato di una donnola. Le occasioni dava il nome che per ironia della sorte era tutto
per mangiare in abbondanza sono rarissime. La vita lopposto dellindividuo che lo portava. Il fatto che
in campagna e lo scarso contatto con la citt e con le i nomi ufficiali erano pochi e riservati alle classi ele-
regole sociali lo hanno reso un uomo selvatico e de- vate: prenomen, nomen, cognomen erano ricordi di un
nutrito, e la manifestazione di forze della natura pri- lontano passato. Mille o pi anni prima. Al presente,
mordiali e istintive. cio fino al Cinquecento (e oltre), cera il nome (Pie-
tro, Paolo, Giovanni, Filippo, Tommaso, insomma i
Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannome nomi degli apostoli e poco pi in l), che veniva dato
Pitro (il nome certamente piano) indica il cesto o il al fronte battesimale. Quindi cera il secondo nome, il
vaso di terra. Pitro rotondo come un cesto oppure nome vero, quello che lindividuo si conquistava nei
un vaso di scienza o un vaso per il cibo. primi o nei secondi anni di vita, cio quando manife-
stava una caratteristica o un comportamento che lo
In ogni caso il nome allude al carattere o allaspetto differenziasse dagli altri individui o dai suoi coetanei.
del personaggio. Ma in genere il carattere e laspetto Il secondo nome, il soprannome era attribuito quando
del personaggio sidentificano. Il motivo semplice: si poteva controllare il risultato dellincontro (o dello
la cultura o la mancanza di cultura, le esperienze di scontro) fra carattere originale e ambiente in cui
vita, il tenore di vita trovano il loro sfogo e la loro linteressato doveva vivere. Lambiente laveva pla-
manifestazione esteriore nellaspetto del personaggio. smato o egli si era inserito nellambiente o cera stato
Ippocrate, che rivolgeva tanta attenzione allaspetto, un plasmarsi reciproco. Era comune convinzione me-
non aveva pensato invano, ed era letto giustamente dioevale che il nome indicasse lessenza della realt
con attenzione nel Cinquecento. sia per le cose sia per gli uomini.
Bilra e Pitro sono soprannomi, cio sono secondi
Andrnico invece un nome eroico ed elevato, addi- nomi. Sono nomi sociali, dati agli interessati da chi
rittura straniero. Ci dava pi prestigio. un nome viveva con loro, li conosceva, li valutava e li sempli-
civile, cittadino. Deriva dal sostantivo greco , ficava: il soprannome indicava una unica caratteristi-
, uomo + laggettivo , , , ca, il resto passava in secondo piano. Bilra ha il mu-
vincitore. Insomma significa uomo vincitore. Nella so affilato ed aggressivo. Forse esprime la violenza
commedia si vedr quanto questo vecchio erotomane che ha in animo o forse la trattiene. Ma un uomo
sia vincitore... impotente per motivi di et e ci la- violento. Non ci sono argini alla sua violenza. O me-
scia la pelle! Bilra storpia il nome e lo trasforma in glio talmente abituato alla violenza (in genere a su-
Andrchene. A Venezia cerano molti nomi greci. I birla), che non ci fa nemmeno caso.
contatti commerciali con la Grecia e lOriente lo giu- Nel mondo contadino ci sono i soprannomi: i conta-
stificavano. dini hanno tempo e spazio da dedicare agli altri con-
tadini. Il secondo nome un modo per farsi com-
pagnia, per gli interessati. Questa la cultura che essi

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 8


costruiscono e con cui si avvolgono come un baco di intellettuali censiscono i termini e li rapportano agli
seta. unanticultura, che ha le sue regole e i suoi oggetti che i termini devono definire. chiaro che
stereotipi e che si sostituisce alla cultura ufficiale. Il pi la rete grande e ha le maglie fitte, pi capace
soprannome un modo per capire sbito la caratteri- di prendere la realt e di fornire allindividuo la capa-
stica peculiare dellinterlocutore per chi lo usa. Se cit e il potere di dominare la realt. Ugualmente
uno ha il soprannome di donnola, vuol dire che ha il chiaro che lindividuo allarga e perfeziona la sua rete
volto affilato come quello di una donnola, oppure che dalla nascita in poi grazie allesperienza di vita e ai
o vuol essere una donnola, cio aggressivo. Anche contatti con la cultura.
tutte e due le cose: per Ippocrate laspetto rivela di I personaggi della Bilra conoscono e usano corret-
carattere di un individuo come di un animale. tamente (o scorrettamente) il linguaggio in relazione
In questo modo ognuno aveva ed era il suo, il proprio alla classe sociale a cui appartengono. Anzi il lin-
doppio. Non doveva pi avere paura della solitudine guaggio un elemento determinante, che li fa appar-
o della debolezza: erano in due, lui e il suo doppio, ad tenere a questa o a quella classe sociale. Insomma il
affrontare la realt. linguaggio rivela la classe sociale di appartenenza, la
Il doppio nome rivelava una potenza che nascondeva classe sociale si esprime inevitabilmente con quel de-
il suo opposto, limpotenza. Ma la potenza e limpo- terminato linguaggio.
tenza erano su piani diversi: limpotenza materiale Nella commedia si pu operare una netta divisione tra
dava luogo ad un recupero o a una esplosione di po- il linguaggio di Bilra e Pitro da una parte e il lin-
tenza sul piano simbolico, sul piano dellimmagina- guaggio di Andrnico dallaltra. Il primo un lin-
rio. Gi qui ci sono tutti i presupposti per la nascita guaggio popolare, il secondo un linguaggio cul-
delle streghe e degli stregoni. La vita normale, quoti- turale, dotto, artificiale, cittadino. Un aspetto mostra
diana, era cannibalizzata dalla vita dei simboli, dalla in modo semplice e immediato le differenze lingui-
vita che si svolgeva nel mondo immaginario. Ci era stiche e di classe: i primi due personaggi riempiono i
anche una chiara (e modesta) rivincita sulla realt, loro discorsi con espressioni vuote, senza significato
che si presentava come immutabile ed eterna sopraf- o che hanno perduto il significato iniziale (orbentena
fazione. ecc.); il terzo personaggio impreziosisce il suo lin-
guaggio con intercalari latine che sono significative:
Da questo mondo di esseri soprannaturali e superdo- tamen ecc.
tati erano escluse inevitabilmente le donne. Il loro no- La differenza (intercalari senza significato nel primo
me semplice, piano e senza sapore. Esse hanno un caso, sempre provviste di significato nel secondo)
unico nome, spesso decaduto. In questo caso il nome permette di gettare uno sguardo sui diversi rapporti
primitivo era un altro. Poi, per maneggevolezza sta- che esistono tra linguaggio e realt nel primo caso
to semplificato ed divenuto Dina. Da Bernardina? come nel secondo.
Da Ubaldina? un diminutivo, un vezzeggiativo af- Il livello pi semplice del linguaggio quello descrit-
fettuoso. tivo: una parola indica o designa un oggetto. Un livel-
lo pi elevato quando il linguaggio non designa pi
Ugualmente e necessariamente nessuno tocca il nome le cose (che sono semplici, indicabili, percepibili), ma
dei servi. Arriva un certo Zane o Tonin, letteralmente le relazioni tra oggetti (le relazioni sono invisibili).
morti di stenti, si promette un tetto, una livrea e un Bilra (soprattutto) e Pitro infarciscono il loro lin-
tozzo di pane, gli avanzi della tavola, e li si assumeva guaggio con espressioni che non indicano alcun og-
al proprio servizio. Laffare era fatto. Non si sa bene getto corrispondente, che quindi non hanno oggetto,
affare per chi, vista la bassissima o nulla produttivit che sono prive di significato. Potta di Crbele po-
degli interessati. Ma almeno i padroni potevano van- trebbe essere un esempio, ma tutte le imprecazioni
tarsi di avere dei servi o di lottare di tasca propria e di hanno la stessa caratteristica. Il linguaggio quindi di-
tasca privata contro la disoccupazione sociale. venta una mera espressione di voce, una intercalare
inutile, che gonfia il discorso. Ma tutta apparenza.
Comunque sia, il nome costantemente in sintonia Bilra (soprattutto) e Pitro ritengono che basti dire
con la classe sociale e con i bezzi (ma la parola usa- una parola, per evocare loggetto o il fatto corrispon-
ta soltanto nelle commedie di Goldoni...), di cui gli dente, basti combinare una serie di parole, per avere il
interessati potevano disporre. fatto o lazione corrispondente. Non capiscono che il
linguaggio corretto, il linguaggio che permette din-
6. Il linguaggio verbale dei personaggi dagare, di conoscere, di dominare la realt il lin-
guaggio provvisto di significato, il linguaggio univo-
Il linguaggio la rete con cui si cattura la realt. Esso co, che abbina costantemente lo stesso termine allo
costruito, inventato, limato, perfezionato dagli intel- stesso oggetto. Insomma il linguaggio curato e limato
lettuali e dagli scrittori. Possono dare qualche contri- nelle stamperie e dalla cultura ufficiale.
buto anche altre classi sociali: il popolo (pochi), le Nei loro discorsi si sente sia una modesta conoscenza
altre classi sociali (qualcuno in pi, e sempre nella del mondo in cui essi pure vivono, sia una inadeguata
misura in cui usano la cultura che possiedono). Gli conoscenza del funzionamento del linguaggio. Sono

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 9


accecati dalle forze istintuali della fame di cibo e di Il potere del linguaggio sta altrove, non in se stesso,
sesso. E si sente anche che su di loro caduto qual- ma nella sua capacit di essere rete ampia, resistente,
che termine o qualche espressione della cultura uffi- con le maglie sottili, perci capace di pescare la real-
ciale, lhanno orecchiato e hanno cercato di applicar- t.
lo, ma sono riusciti a farlo soltanto in modo appros- superfluo osservare che la stragrande maggioranza
simativo. Daltra parte non potevano fare meglio o delle intercalari riguarda larea del sesso: pota (vagi-
diversamente. na), totani (testicoli o, meglio, palle), culo, merda,
La cultura dei due estremamente limitata: Bilra smerdare ecc. Ma c anche un fantastico pota alla-
commette un omicidio senza pensarci troppo. Si pre- more, un assemblaggio rituale di termini, intraducibi-
occupa di vendere il tabarro in cambio di un cavallo le perch privo di significato...
(uno scambio impossibile, ma egli non ha esperienza E unaltra riguarda larea religiosa: Domine Crbele
di compravendita). Pitro ha una qualche vaga idea di (Dio Cristo!), al sangue di Dominesteco o Domine-
che cosa sia la captatio benevolentiae. In proposito d steche (Per il sangue di Dio con te!), Dio ben (Sia
consigli a Bilra (ad Andrnico deve dare dellIllu- fatta la volont di Dio!), Santa Margherita, Criste-
strissimo ecc.), ma poi egli stessi si dimentica di farlo lison (O Cristo, piet!) ecc.
(e d dellimpotente ad Andrnico, gli dice chiara- La fusione tra le due aree prevedibile: potta di Cr-
mente che la donna non una pentola per il suo me- bele... Le imprecazioni contro la religione, cio con-
stolo). Certamente pi avveduto, e lo scarica in tro la Chiesa di Roma, avrebbero fatto particolare
tempo, prima di esser coinvolto in uno stupido delit- piacere agli spettatori, nobili come popolani...
to. Stupido per lui e per il suo mondo di citt, che comprensibilmente presente anche laltro polo del
sanno pensare alle conseguenze implacabili che esco- mondo del contado, cio il cibo, anzi la fame insazia-
no dalle azioni compiute o decise. ta e insaziabile di cibo: al sangue del mal della lupa.
Le parole senza significato che sembrano provviste di La lupa sempre affamata.
significato sono: orbentena, canchero ecc. Ad esse si Unaltra area quella delle malattie e della morte:
aggiungono le numerose imprecazioni, che costitui- canchero rimanda al cancro, al sangue di... rimanda
scono lessenza del linguaggio delle classi meno ab- alle stragi, soprattutto in battaglia, che caratterizzava-
bienti. Vale la pena dindicare anche un avverbio, fie- no la vita quotidiana, ma anche al sangue di Cristo,
ramente, che rafforza e rende pi viva lazione. O celebrato nel rito della messa, che diviene lentamente
almeno dovrebbe farlo: labuso che ne vien fatto lo ha oggetto di culto (il culto del Preziosissimo Sangue).
snervato. E il verbo dotto favellare.
Inizialmente i termini o le espressioni potevano avere Andrnico il cittadino con una discreta fortuna di
un significato (o nel linguaggio corretto hanno o con- denaro e di parole. Egli usa correttamente la lingua (o
tinuano ad aver un significato). Nel linguaggio popo- il dialetto) ufficiale, ma si diletta e si vanta di poter
lare esse sono usate in modo approssimativo o impro- impreziosire il suo linguaggio con parole o massime
prio: sono fraintese e subiscono un processo di corru- latine. Proprio come faceva Machiavelli nel Princi-
zione sia al livello di suono sia al livello di significa- pe... Il latino di modesto livello e di poco conto: in
to. La convinzione che il suono o la parola possa evo- summa summario, anzi in suma sumario (senza le
care loggetto si trasforma nella convinzione che pi doppie), breviter, concludendo, tamen ecc. Si tratta di
parole assemblate diventino magicamente pi potenti vaghi ricordi scolastici o di termini appresi nel-
di una sola. Questo il processo che conduce alla lambiente di lavoro. Gli amici di Andrnico hanno
formazione e alluso dellintercalare pi comune: or- pure il cognome Nicoletto degli Allegri e Pantasileo
bentena, che deriva da ora + bene + tiene. Le due pa- da Bucinoro , sono dunque persone altolocate! Non
role ora + bene hanno dato luogo a orbene anche nel avranno fatto la serrata del Gran Consiglio del 1297,
linguaggio ufficiale. La forma verbale tieni, usata per...
come in modo improprio, per richiamare lattenzione,
assemblata con laltra espressione e i risultati sono Del linguaggio della Dina non serve dire niente: essa
una parola lunga, perci con capacit magiche ed e- succuba del mondo e della cultura di Bilra e usa un
vocative pi forti. Unaltra forma assemblata caca- linguaggio che ha le stesse caratteristiche di quello
sangue, presente anche nella Mandragola (1518) di adoperato dal marito.
Machiavelli. Gli assemblaggi sono contemplati e pra- pi interessante pensare al linguaggio parlato dal
ticati dalla lingua ufficiale del tempo, dallitaliano servo Zane (nome veneziano) o, meglio Tonin (nome
come dal veneziano. Tuttavia quando sono fatti al li- potenzialmente non veneziano, bergamasco). Zane o
vello di cultura popolare essi rivelano limperizia del- Tonin parla bergamasco nelle poche occasioni in cui
lesecutore, che interpreta il principio in modo esage- interviene. Una cosa insomma il linguaggio ( la
rato, ed assembra senza criterio e un numero eccessi- rete che designa oggetti o relazioni), unaltra la lin-
vo di parole. Il risultato non pi unespressione co- gua (litaliano, il francese, il tedesco, il dialetto pava-
moda e maneggevole, ma un mostro linguistico inuti- no, veneziano ecc.).
lizzabile e senza significato. Nella commedia quindi ci sono una lingua o, meglio,
un dialetto, cio il pavano di Bilra e di Dina, e il pa-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 10


vano-veneziano di Pitro e ancora di Bilra e di Dina. Bilra dominato da due forze istintuali, la fame di
Insomma c il dialetto popolare che si parla in cam- cibo e la fame di sesso. La seconda pu anche aspet-
pagna e in citt. C un altro dialetto, quello berga- tare, la prima no. Cos nel monologo iniziale riflette e
masco del servo. C il dialetto veneziano di Andr- commenta su che cosa fa fare a lui e, in genere, agli
nico, che per la sua complessit e per la sua articola- uomini, la forza vitale e istintuale dellamore o del
zione si avvicina alla condizione di lingua. Infine ci sesso. Ha perso la sua donna, e ha deciso di andarsela
sono reliquie di una lingua morta, ma di grande im- a riprendere. Nel seguito egli non fa alcuna riflessio-
portanza culturale, il latino, che il veneziano recupera ne sulle cause che hanno spinto la donna a seguire il
dai suoi studi giovanili o dai suoi contatti con il mon- vecchio veneziano; invece confronta la sua potenza
do delle lettere. sessuale di rendere servizi alla donna con limpotenza
del vecchio danaroso.
Finora si parlato di linguaggio, di lingua e di dialet- Anche Pitro insiste sulla dimensione del sesso: il
to. In realt una commedia vive anche (o soprattutto) vecchio si levata la voglia della ragazza, che la con-
sulla mimica dei personaggi, e soprattutto sulla mimi- segni al legittimo proprietario. Non pentola per il
ca del protagonista (che Ruzante riservava a s e in- suo mestolo.
terpretava di persona), che era normalmente il punto In un mondo ai limiti della sopravvivenza come quel-
forte della commedia. Labilit dellattore era sempre lo del contadino pavano e del mediatore veneziano il
pi importante della qualit del testo. Egli doveva far sesso uno dei pochi valori ammissibili e praticabili.
sganasciare dalle risate i nobili spettatori. Che cosa E la potenza sessuale era un elemento, una delle po-
c di pi ridicolo di un contadino di campagna a cui che cose di cui ci si poteva vantare.
un nobile o un cittadino veneziano ha portato via la La fame di sesso aveva un unico concorrente: la fame
moglie? E chi assisteva allo spettacolo era nobile, ve- di cibo. I contadini erano costantemente sottoalimen-
neziano, cittadino, e andava di persona nei campi tati, morti di fame. E, quando incontra Dina, Bilra si
dellentroterra a riscuotere le tasse dai contadini ed preoccupa sbito di scroccarle un tozzo di pane (si
aveva perci esperienza diretta di quei tipi, di quegli accontenta di poco). Fa anche le sue riflessioni: la fu-
stereotipi che il commediografo era riuscito abilmente ga della moglie gli pu ritornare utile, ci pu scappa-
a portare in scena. re un qualche guadagno. E, quando riceve alcune mo-
nete, si mette a contare con avidit, decide quale
Il linguaggio di tutti i personaggi rivela lorigine di spendere (una) e quali risparmiare (tutte le altre).
classe anche agli altri livelli: la grammatica, la sin- Il denaro, la ricchezza, il possesso di qualcosa sono il
tassi, lampiezza del lessico, i contenuti ecc. Ma un terzo valore che compare nella commedia. Un valore
discorso anche su questi altri aspetti sarebbe troppo per che compare soltanto, che desiderato, ma che il
lungo e non aggiungerebbe molto a quanto stato fi- protagonista e il suo protettore non possono praticare.
nora detto. La conclusione una sola, e tragica: il lin- Bilra non conosce nemmeno il denaro in corso e alla
guaggio approssimativo, la cultura inesistente, lespe- fine della commedia fantastica sui vantaggi che gli
rienza insignificante della realt si sovrappongono, si pu portare la morte di Andrnico: un mantello, che
rafforzano reciprocamente e congiurano contro il egli pensa di vendere per comperarsi un cavallo, il
contadino, il cui destino inevitabilmente quello di mezzo di trasporto del tempo.
essere emarginato e sfruttato.
8. Tre monologhi
7. Fame di cibo e fame di sesso
La commedia presenta tre monologhi, disposti ordi-
Con questa come con le altre commedie Ruzante e- natamente agli inizi (Bilra entra in scena, fa il mono-
splora il mondo miserabile del contadino pavano. Ma logo e, facendolo, informa anche il pubblico dellan-
i contadini delle altre regioni dItalia non erano da tefatto)(scena prima), un altro allentrata in scena di
meno. La vita era durissima, il lavoro o il campicello Andrnico che rivanga il suo passato e il presente
incapace di sostenere la famiglia, la fame era la nor- (scena quarta), il terzo alla fine (scena decima), quan-
ma. Le case erano stamberghe di legno, che di tanto do Bilra medita lomicidio e lo mima.
in tanto il fuoco ripuliva e disinfettava fin dalle fon- Il primo monologo celebra la potenza dellamore.
damenta. Gli eserciti al loro passaggio razziavano e stato lamore che ha spinto Bilra a Venezia, un po-
distruggevano. E linverno mieteva inesorabilmente i sto pericoloso e sconosciuto. stata la volont di ri-
pi deboli. Era impossibile uscire da questo mondo. trovare la sua cristiana che gli ha fatto superare osta-
Chi abitava a Venezia o in citt aveva qualche possi- coli inenarrabili: tutto ieri, tutta la notte e tutta la mat-
bilit in pi: laria della citt rendeva liberi e capaci tina andato per boschi, per siepi e per sterpaglie. In-
di pensare. Se non altro non si moriva di fame: qual- somma lamore tira pi di un paio di buoi. Lamore
che elemosina era sempre possibile e poi si poteva nei giovani, ma pizzica anche i vecchi, come quel
contare sullassistenza religiosa e talvolta anche pri- vecchio di... (egli non ricorda il nome), che gli ha
vata. portato via la sua donna. Voleva andare a tirare bar-
che, e qualcuno gli ha tirato fuori di casa sua moglie.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 11


Non vede lora di trovarla e di chiederle un pezzo di donna? Neanche un po. Fa parte di quella fauna ma-
pane, perch ha fame. schile che prova piacere a farsi comandare dalle don-
Fin dal monologo emergono i due valori unici e su- ne. Vuol essere amato e, possibilmente, maltrattato.
premi della vita del protagonista: lamore, cio il ses- La donna gli deve fare qualche moina, qualche carez-
so, e la fame. za, deve essere sempre disponibile ai suoi sbaciuc-
Il monologo di Bilra apparentemente istintivo. Si chiamenti e ai suoi vani tentativi di amplesso, e gli
pu apprezzare per soltanto tenendo presente che lo deve dare anche qualche pena, qualche rimprovero,
scrittore vuole far vedere al pubblico il tema del- qualche schiaffo.
lamore visto dagli occhi di un essere incivile e semi La Venezia del tempo era piena di donne volitive e
selvaggio come il contadino pavano. Il testo cita e quanti nobili erano comandati e malmenati dalle mo-
contemporaneamente fa la celia allamore cantato gli! Qui Ruzante presenta un personaggio che posto
dalla cultura letteraria ufficiale e classica. In poche ad una certa distanza sociale rispetto ai nobili spetta-
righe lo scrittore cita lamore come pena, cio come tori. Cos essi si riconoscono discretamente e fanno
briga, di Andrea Cappellano (sec. XIII), la potenza sbito opera di trasferimento: non sono essi il vec-
dellamore di Virgilio (Omnia vicit amor, et nos ce- chio impotente e bavoso, che vive dieci gradini pi
damus amori) o del Dolce stil novo (allamore non si sotto nella scala sociale; n, tanto meno, il bifolco
pu resistere). E linnamorato preso da mistica fol- pavano, che si fa cornificare e rubare la moglie da un
lia (lamore folle della poesia provenzale del sec. vecchio impotente... La fabula parla di altro e di altri!
XIII). Il paragone per moderno (le armi da fuoco Ma la vecchiaia spietata, e colpisce gli abitanti del
appaiono a met Quattrocento): neanche una bombar- contado come quelli della citt, i Pitro come i Tron o
da (il proiettile di una bombarda) si ficcherebbe dove i Cornaro o i Gradenigo.
linnamorato si ficca, spinto dallamore.
A questo monologo andrebbe aggiunto il quasi mono- Il monologo finale messo in bocca a Bilra abile,
logo di Bilra che, rimasto solo, si mette a contare i paradossale, farsesco: il protagonista compie un omi-
denari datigli poco prima dalla Dina (scena terza). cidio senza rendersi conto di quel che fa. Il tentativo
di recuperare la moglie fallito: egli non era affatto
Il monologo di Andrnico petrarchesco: il perso- sicuro di riuscire nellimpresa, anche se riesce a
naggio va con il pensiero alla sua giovinezza e ai suoi strapparle la promessa che avrebbe lasciato il vec-
amici, che gli dicono, tra il rimprovero e laffetto, che chio. Lidea di far decidere alla donna, nella convin-
ha la testa tra le nuvole e che deve scendere per terra. zione che mantenesse la promessa, si rivela fallimen-
E gli danno i buoni consigli: prenditi una donna e di- tare. Le minacce o le offese al vecchio non erano ser-
vertiti con lei. Queste cose, se non si fanno da giova- vite. Neanche prendersela con Pitro, che non era riu-
ni, si fanno da vecchi, vedrai! E adesso, che vec- scito nel suo compito. La colpa di tutto del vecchio,
chio, il protagonista lo riconosce: alla natura non si dunque Bilra pensa di prendersela con il vecchio,
comanda, ed egli si preso una mammola, anche se la che gli ha rovinato la vita. Cos su due piedi decide di
sua potenza sessuale non pi comera un tempo. farlo fuori e di toglierselo dai piedi, anche se ha pau-
Brutta cosa diventar vecchi! Senectus ipsa morbus ra che limpresa non gli riesca bene. Cos fa tutti i
(La vecchiaia stessa una malattia) diceva M. Tul- preparativi e simula lomicidio. Tira fuori il coltello
lio Cicerone. E anche lui riconosce che lamore fa fa- di tasca, controlla se affilato ( arrugginito...), si
re grandi cose. E quindi racconta per lennesima volta sdoppia e fa le due parti di se stesso e del vecchio.
a se stesso (o per la prima volta al pubblico) come ha Vuole allenarsi ad eseguire lomicidio. Lo fa sotto la
portato via la mammola a suo marito. indubbiamen- casa o meglio sotto le finestre di chi vuole uccidere e
te una donna letteraria: sembra un angelo cherubino fa uno strepito enorme, tanto che Andrnico uscendo
(la paragona al coro angelico pi elevato) ed ha una di casa impreca contro quella bestia che a quellora
boccuccia che fa venir voglia di baciare. Ora ne in- va a fare chiasso per strada. Nel simulare
namorato, le vuol bene ed felice. La donna pu laggressione e lomicidio, Bilra pensa anche al suo
spendere e spandere, che lui non le dice niente. Teme tornaconto: toglier la gonnella al vecchio, poi la
soltanto che il marito voglia venire a riprendersela. vender e comprer un cavallo, poi si far soldato,
Soltanto se va a trescare con lei, egli riesce a fare be- poi andr al campo, poi... Il suo pensiero va dove lo
ne i suoi affari. Lamore lo ha fatto ringalluzzire e ha porta il desiderio, non dove dovrebbe portarlo il ra-
dato nuovo vigore al suo corpo: potrebbe ballare i gionamento: un omicidio significa che deve fuggire
quattro tempi del gioioso e ballare anche la rosi- quanto prima, per evitare di finire in mano ai Signori
na. Ed ha due precisi programmi con la donna per il della Notte e quindi in galera. Ma egli non conosce la
futuro: 1) mi curer quando mi viene il mio catarro realt, n le regole sociali che sono fatte rispettare
e anche quando sar infastidito; 2) avr con chi dallo Stato con la forza e con la pena capitale.
sfogarmi e dire i fatti miei (scena quarta, monologo). Quando il vecchio esce, egli si mette in agguato. Ha
Una visone della donna nella media del tempo o forse deciso che deve aspettarlo fuori delluscio. Il vecchio
anche superiore alla media. forse un moderno esce imprecando, scambia alcune battute con il servo,
femminista che vuole la parit dei diritti tra uomo e resta solo. A questo punto Bilra lo colpisce e lo uc-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 12


cide. tutto soddisfatto: Dammi la mia femmina. La rante di un fiume fangoso giunto ormai alla foce. Da
dovevi lasciar stare [...] Ha cagato i graspi, lui! Te parte loro i contadini morivano di fame, erano assolu-
lavevo detto?, cos commenta parlando tra s e s e tamente incapaci sia di protestare sia di rivoltarsi con-
finendo il monologo (scena decima). tro il potere costituito. Non ne avevano le capacit.
Soltanto nella battuta finale egli ha addotto a se stesso Non erano tanto preoccupati della rappresaglia che
una giustificazione per lomicidio: Andrnico col- sarebbe senzaltro giunta, semplicemente non cono-
pevole di avergli preso la donna. Doveva lasciarla scevano bene n il linguaggio, n le loro condizioni
stare. Nessun rimprovero a se stesso, che se lera la- di sfruttamento, n i modi per uscire da tali condizio-
sciata scappare a causa delle misere condizioni di vita ni. Si facevano anche fregare la moglie, che giudizio-
in cui la teneva ed anche a causa delle solenni battute samente preferiva un cittadino con un po di denaro
di cui la onorava. anche se impotente, piuttosto che morire di stenti in
qualche topaia, battuta dal marito.
A questo punto per la delizia dei critici e dei filologi Lomicidio con cui Bilra pone fine al furto della mo-
si pu discutere se lazione di Bilra un omicidio o glie (gli altri contadini preferivano il furto del be-
una rivalsa contro tutti i soprusi sociali che ha subto, stiame) un atto unico, che esce soltanto dalla mente
lultimo il furto della moglie fatto da un cittadino be- colta e acculturata di un cittadino, di un teatrante, di
nestante. Si pu dimostrare quel che si vuole, dimen- Ruzante, il quale professionalmente deve esplorare
ticando che il carattere fondamentale della realt non vie logiche che la realt pu percorrere e che forse
la struttura matematica (Galilei giunge a Venezia non percorrer mai, ma che sono sempre l, pronte, in
nel 1592), bens la non trasparenza, lambiguit. E si agguato. Sono una spina nel fianco della ragione,
pu vedere il rapimento della donna con gli occhi del- come il coltello, per quanto arrugginito, che ha trafit-
la donna, con gli occhi del marito, con gli occhi del to il corpo di Andrnico, come lo spino amoroso che
vecchio (ma anche con gli occhi di Pitro, di Zane, si piantato nei glutei sempre di Andrnico, uno spi-
dei Signori della Notte; ed anche con gli occhi di un no che lo ha portato imprevedibilmente a tirare i la-
narratore onnisciente, con gli occhi nostri...). Gi cos chiti (scena decima).
appaiono tre realt e tre verit diverse (pi tutte le al-
tre). La stessa cosa si deve fare con lomicidio finale. 10. Un confronto con la Mandragola di Ma-
Questo poi, a differenza del primo fatto, interessa an- chiavelli
che lordine pubblico e dovrebbe far intervenire an-
che lo Stato, che dovrebbe garantirlo, almeno in casi opportuno confrontare brevemente la Bilra (1530)
cos vistosi di reato commesso da un singolo privato con la Mandragola (1518) di Machiavelli. Le due o-
contro un altro singolo privato. E questi reati sono pere sono quasi contemporanee, ma mostrano due
quelli pi facili da perseguire e da punire... mondi completamente diversi: Venezia e la modesta
cultura veneziana; Firenze e la grande cultura fioren-
9. Omicidio in scena tina. Il respiro o lansito locale della cultura venezia-
na, il respiro sovraregionale, nazionale ed internazio-
Lomicidio in scena non aveva precedenti. Si tratta nale della cultura fiorentina. Le cose erano cos nel
quindi di una genuina invenzione di Ruzante. Non Quattrocento e nel Trecento e continueranno cos sino
aveva precedenti proprio per il carattere edonistico, di alla caduta della Serenissima (1797) ed anche oltre.
evasione e dintrattenimento che ha la commedia. Un Eppure non mancano a Venezia le tipografie e non
omicidio, per quanto a conclusione dellopera, signi- mancano nemmeno gli intellettuali. Ma la cultura non
fica far entrare anche nellevasione, nel mondo considerata un investimento produttivo, che favoris-
dellintrattenimento, nel mondo dellimmaginario la se limmagine della citt e dello Stato.
forza brutale della realt e della storia. Lo scrittore ha
questa forza di pensiero e questo lampo creativo. La trama della Mandragola semplice: Callimaco
Daltra parte era inutile fingere che almeno nelleva- un giovane trentenne che vive a Parigi. Sente parlare
sione le cose e la vita potessero andar bene. Dal 1494 delle bellezze di Lucrezia, una fiorentina. Si reca a
le cose in Italia andavano male, cerano guerre e in- Firenze e con laiuto di un consigliere, Ligurio, sfrut-
vasioni continue, ed ormai si capiva che i forti Stati ta le circostanze (i due coniugi vogliono avere un fi-
stranieri si sarebbero stanziati come a casa loro. E gli glio), aggira tutti gli ostacoli (il marito e soprattutto
Stati italiani non riescono a trovare un minimo di ac- lonest della donna) per possederla. Alla fine riesce
cordo nemmeno davanti ad un nemico o, meglio, a nello scopo, anzi i due diventano amanti.
molti nemici comuni. Potenza della stupidit politica, A prima vista la commedia sembra una semplice e di-
di ieri come di oggi! vertente storia di corna: il giovane intraprendente ha
Le rivolte dei contadini sfruttati erano possibili ma la meglio sul marito vecchio, stupido e ormai poco
assolutamente irreali: la dominazione straniera sareb- sensibile ai piaceri del sesso. In realt si tratta di
be stata in ogni caso peggiore. Questo quello che unopera senza bavagli, in cui lautore riprende e ap-
pensavano le classi politiche pi ciniche o pi avve- profondisce le riflessioni svolte nel Principe. Nello-
dute. E cos la vita continuava con la lentezza esaspe- pera del 1512-13 aveva sostenuto che il principe ha il

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 13


dovere dinfrangere la morale comune, in nome di un maggiormente rivolta verso le altre grandi citt della
fine pi alto, la difesa e il consolidamento dello Stato. penisola e verso lEuropa.
Qui egli scopre che anche i privati possono arrogarsi
il diritto dinfrangere la morale comune e di compor- 11. Un confronto con la Lena di Ariosto
tarsi come il principe, per conseguire i loro fini parti-
colari. Ma i risultati sono socialmente distruttivi: i Un confronto opportuno si pu anche fare con la Le-
valori positivi che stanno alla base della societ ven- na (1528) di Ariosto, pressoch contemporanea. La
gono minati e demoliti; resta soltanto linganno e la Lena scritta in versi, ma la cosa non disturba pi di
corruzione a regolare i rapporti tra gli individui. tanto. La trama molto pi complessa.
Dopo la Mandragola lautore non andato oltre con Flavio, figlio di Ilario, ama Licinia, figlia di Fazio.
la riflessione filosofica. Si trovava in una difficolt Per avere la fanciulla, chiede aiuto a Lena, una ruf-
estrema: da una parte pensava che lideale supremo fiana, amante di Fazio. Il marito, Pacifico, la aiuta. Il
del principe fosse quello di conseguire fama e gloria regista della trama Corbolo, che deve persuadere
militare, dallaltra vedeva le estreme conseguenze del Flavio a sborsare il denaro per persuadere Lena a
mondo immorale, che egli aveva portato alla luce, la svolgere il suo compito. Ma Corbolo esagera: per
distruzione delle basi su cui si regge la societ. Met- persuadere Flavio a sborsare altro denaro, inventa che
tere daccordo i desideri di gloria del principe e la ri- Pacifico ha sorpreso Flavio insieme con la Lena. Fla-
cerca di una societ stabile era impossibile. Meglio vio avverte Fazio, che si arrabbia. Ma alla fine tutto si
abbandonare la riflessione. Laltra alternativa era chiarisce, i due giovani si sposano, la Lena ottiene il
quella dimporre in primo luogo ai cittadini e sbito denaro e fa la pace con Fazio, il suo maturo amante.
dopo anche al principe il dovere di rispettare i valori
su cui si reggeva la societ, insomma imporre limiti e La commedia rivela un Ariosto ben diverso dalle nu-
vincoli morali allazione del principe... O almeno ri- gae delle satire e dalla compostezza classica di cui
solvere con un colpo di genio la difficolt o limpos- pervade lOrlando furioso. Nel canto XXIII egli in-
sibilit di conciliare i due termini, libert di agire del terrompe la storia della pazzia di Orlando per non di-
principe e solidit e compattezza della societ grazie sturbare il lettore. Eppure nel poema esiste la morte in
ai valori morali, cio ai valori sociali. Nella Politica e grande quantit. I saraceni ma anche i cristiani cado-
nellEtica a Nicomaco Aristotele (recepito da Tom- no a bizzeffe sotto le mura di Parigi, come se fossero
maso dAquino) non aveva detto cose insulse in pro- soldatini di marzapane. Eppure, non ostante le stragi
posito. Da parte sua Tommaso aveva scritto De regi- e le morti, anche di personaggi importanti (cos la
mine principum (1263). vita), non si respira quellaria plumbea, pessimistica e
rassegnata della commedia. Eppure la commedia ha
La Mandragola poi il pi grande esempio letterario un lieto fine: tutto ritorna comera, la Lena ritorna a
di blitzkrieg e di strategia militare: gli ostacoli sono quel rapporto di amore, odio e insofferenza con
attaccati e aggirati seconda le caratteristiche che pre- lamante che mantiene lei e il marito. Ma lamante
sentano e con le soluzioni pi adeguate. meglio del marito, il marito un semplice scroccone,
un mantenuto, da tenere in giro per la casa. Tuttavia
La Bilra non niente di tutto questo. Bilra va a la situazione bloccata: anche se il marito se ne an-
Venezia a recuperare, se possibile, la moglie fuggita dasse al creatore, il rapporto con lamante non po-
con un vecchio impotente ma ricco. La moglie non trebbe cambiare. Insomma non ci sono speranze per il
vuole tornare, perch egli non ama lavorare, le offre futuro. Forse per tutti conviene dimenticare le proprie
soltanto una vita di stenti e la batte, mentre con il pene e sperare che le nuove generazioni abbiano una
vecchio lei servita e riverita. Ed egli uccide il vec- vita pi soddisfacente. Unillusione!
chio. Cos pu recuperare un po di denaro e forse
anche la moglie (che ora, giustizia permettendo, non In Ruzzante non c questa problematica matura, che
pu fare a meno di seguirlo; o forse egli la deve ab- riguarda la coppia, luomo, la donna, il tempo che
bandonare, deve scappare e farsi soldato). passa, i figli, gli amori dei figli. In Ariosto si sente
maggiormente linflusso degli intrecci classici, ma si
La differenza di trama assoluta. quella che passa sente anche che la corte ferrarese produce cultura con
tra paese e citt, tra citt piccola e citt cosmopolita. un respiro ben pi vasto. Anche qui come se il
La colpa non affatto di Ruzante, che anzi sa fare e- commediografo pavano parlasse di problemi del con-
gregiamente il suo mestiere di scrittore e di attore; tado, quando esiste gi una cultura cittadina che ha il
del luogo culturalmente, politicamente e monetaria- vento in poppa. Venezia non aveva capito limportan-
mente modesto in cui vive: Padova, che pure ha lu- za della cultura n aveva rimediato al fatto di non a-
niversit e non digiuna di cultura; e Venezia che ne vere alle spalle i grandi scrittori fiorentini del Trecen-
priva, perch non vuole essere disturbata dai com- to e la grande cultura latina (e greca) del passato. Non
portamenti goliardici e chiassosi degli studenti. Gi la era per necessario essere Roma, per avere a disposi-
corte di Ferrara respirava unaria pi internazionale, zione la cultura classica. Bastava andare per le biblio-
teca, come aveva fatto Petrarca. Anzi essa aveva un

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 14


rapporto privilegiato con la Grecia e lOriente, ma si Machiavelli dietro la storia salace mostra la violenza
era preoccupata di stabilire rapporti commerciali, mai e la corruzione che domina la vita politica, compresa
rapporti culturali. Un suicidio culturale e politico. la Chiesa. Lucrezia era onesta, ma tutto ha tramato
Eppure alcuni elementi sono gli stessi: il vecchio in- Callimaco, Ligurio, il marito, la madre e il confessore
namorato, il marito cornuto, il servo ecc. Ma Fazio , per farla cadere nelladulterio.
un uomo geloso e volitivo, mentre Andrnico una
mezza tacca, che vive di ricordi e si fa in tarda et 11. Il pubblico della Bilra e la finis Venetiae
lamante. Pacifico indifferente al tradimento della
moglie nomen omen est... , ben contento di farsi Il pubblico delle commedie di Ruzante costituito
mantenere da lei. La Lena una donna volitiva, che dai nobili veneziani, anzi dalla parte pi progressista
non si fa pestare o piegare neanche da Fazio, che pure della nobilt veneziana, quella che faceva capo a
la mantiene. Corbolo un servo astuto e intrapren- Cornaro, che era il protettore, il committente e lo
dente, forse troppo intraprendente. Nella commedia di spettatore dello scrittore. Cornaro aveva adibito a tea-
Ariosto poi ci sono i due giovani innamorati o qual- tro la ricca casa di Padova. Daltra parte a teatro pote-
cosa di simile: Flavio vuole godersi la ragazza e lei vano andare soltanto loro. Altre classi sociali, se fos-
disponibile; ma, scoperto il rapporto, i genitori li co- sero andate a teatro, si sarebbero viste rappresentate.
stringono prima a sposarsi. Certamente non si sarebbero divertite n avrebbero
La trama della Lena quindi molto pi complessa (il capito il comportamento dello sponsor, che spendeva
meccanismo della commedia considerato impor- denaro a vedere sulla scena ci che poteva vedere
tante) e mostra la contaminazione di pi commedie senza fatica e gratuitamente in una calle o in un cam-
classiche ed anche di altre fonti. I personaggi sono piello. O nei suoi campi lungo il fiume Brenta.
molto pi numerosi. La Bilra invece ha una struttura Il problema del protettore o del committente per
e intendimenti molto pi semplici, e i personaggi so- soltanto un problema che riguarda la commedia, la
no soltanto cinque. trama, il contenuto, la scelta del dialetto, la conclu-
Anche qui il motivo di risultati cos diversi lo stes- sione finale. Lo scrittore deve fare spettacolo. Questo
so: Ferrara era inserita nelle maggiori correnti lettera- il suo primo imperativo categorico. Ma pu farlo in
rie del tempo. Venezia era invece una citt cultural- infiniti modi diversi, che si possono ridurre a due:
mente emarginata. Nel 1592 viene a darle lustro fino pu farlo evadendo dalla realt, pu farlo tentando
al 1610 un pisano, Galileo Galilei. dinterpretare la realt (politica, sociale ed economi-
ca) con le sue forze e i suoi strumenti. Ruzante, come
Qualcosa per accompagna le due, anzi le tre com- Machiavelli e come Ariosto (e gli altri scrittori del
medie: il realismo sociale o, meglio, lattenzione ver- Cinquecento), tenta questa seconda via. La commedia
so la societ e lambiente sociale in cui si vive. Ario- non evasione, specchio della realt. Uno specchio
sto parla della corte e della societ ferrarese e lo fa che mostra realmente la realt, anche quando la de-
con totale disincanto e con totale disillusione. Questa forma.
realt squallida, gli individui sono meschini e dediti Guardando la commedia questa come le altre , ci
al furto, la giustizia non funziona e i ladri sono garan- si pu divertire e si pu evadere o, almeno, illudere di
titi. La corte rivela livelli infiniti di degrado fisico e evadere dalla realt. In realt questo modo di leggere
morale, davanti al quale per altro gli spettatori scop- o di vedere la commedia superficiale, inutile, bana-
piano a ridere, anche se si vedono rappresentati. Si le. Lattore una maschera, indossa la maschera, cio
preoccupano di capire chi va a colpire lallusione im- recita un altro personaggio sulla scena (le maschere e
plicita nel testo, nella scena o nel personaggio. Sol- la Commedia dellarte appaiono in seguito). Egli
tanto il principe si salva, ma unicamente per finzione perci il personaggio pi capace a togliere la masche-
letteraria. ra alla societ, ben inteso non la piccola maschera de-
Beolco parla non di Venezia e dei nobili ( troppo pe- gli odi, dei piccoli inganni, dei dispetti e delle ripic-
ricoloso), ma delle miserabili condizioni dei contadini che. Troppo banale. Bastavano i preti. Ma quella
che vivono sulla terraferma, e che Venezia non riesce grande maschera in cui il nostro io sociale di fronte
o, meglio, non vuole trasformare in sudditi che goda- a se stesso e non pu ingannare se stesso.
no di un tenore di vita migliore, che paghino pi tasse Venezia era fallita, Venezia era un disastro, Venezia
e che diventino partecipi alla vita politica. E doveva era gi morta, anche se il denaro girava in citt (ma
introdurli sulla scena politica non per motivi di gene- non nel contado). I veneziani potevano sentirsi vivi e
rosit, ma per motivi concreti: la situazione nazionale onnipotenti perch facevano la bella vita nelle ville
italiana e internazionale europea e medio-orientale lo lungo il Brenta e perch le ville sorgono e continuano
richiedeva. A Costantinopoli erano arrivati i turchi a sorgere. Ma sono le ultime energie di chi vuole cre-
(1453), si apriva il fronte dei commerci con lAmeri- dersi in vita quando gi morto. La spina nel fianco
ca (1492), lItalia era divisa e invasa da eserciti stra- l pronta a farsi sentire. Il coltello arrugginito basta
nieri (1494). Invece loligarchia veneziana lascia vi- un coltello arrugginito per uccidere in agguato.
vere i contadini come animali. Basta un proprio contadino per usarlo contro il suo
nobile datore di lavoro. Certo il contadino non lo fa

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 15


n lo far, ma perch ignorante e perch, anche se tanto ascoltando i diversi linguaggi parlati dai diversi
sapesse, non riuscirebbe a trovare una soluzione ca- personaggi. Ci vale per tutte le commedie del tempo,
pace di tirare n se stesso n Venezia fuori dei guai. e vale soprattutto per una commedia che ha scelto il
Non ci sono riusciti neanche coloro che hanno fatto la dialetto come linguaggio ufficiale. Oltre a ci il lin-
serrata del 1297 n i loro successori. guaggio normale o normalizzato un linguaggio pre-
Cos si pu fare la bella vita, continuare a sfruttare i ciso, che delinea sempre e in modo preciso sia i con-
contadini e a insidiare le loro donne. Ma la spina nel cetti sia gli oggetti. un linguaggio proprio. Il lin-
fianco, la minaccia resta. Ci si pu ubriacare di feste guaggio dei vari personaggi popolari costantemente
in villa o di spettacoli, ma la minaccia resta. E la mor- un linguaggio improprio, approssimativo, che nella
te arriver repentina e vergognosa. versione acquista le caratteristiche del linguaggio
normale o normalizzato. Ci pu portare al rischio di
ovvio: per darle un senso, basta riuscire a vedere la fraintendere i personaggi, il loro linguaggio e la loro
commedia nella complessit che presente in essa, cultura.
voluta o non voluta dallautore. Niente impedirebbe Ma il testo a fianco permette di cogliere immediata-
di leggerla con i quattro sensi delle scritture, con cui mente il mondo linguistico che caratterizza il ricco
Dante e il Medio Evo leggeva la cultura antica. Nien- cittadino Andrnico, i tre popolani Bilra, Pitro e
te impedirebbe di leggerla nel modo pi recente e pi Dina, il servo semi straniero.
grossolano attuato dagli umanisti e recepito da Ma- Per altro allinterno di questa gerarchia linguistica
chiavelli nel Principe, che attribuivano agli antichi un (culturale e di carattere) ci sono altre gerarchie: Pitro
parlar velato, un parlare per allegorie. si avvicina al mondo di Andrnico ( cittadino come
Lopera di Beolco, come ogni opera, non vive in s lui), Bilra si avvicina alla moglie, e la moglie tende
ma nellintelligenza, nella sensibilit, nella malizia e ad abbassarsi al livello del servo.
nellaccortezza del lettore o del pubblico. La traduzione in parte ha mantenuto le intercalari sen-
za significato, in parte le ha tradotte, nel tentativo di
13. La versione in italiano dare unidea, per quanto approssimativa, dellorigi-
nale. La versione per si propone di essere un sem-
La versione in italiano non deve stupire: si tratta del plice strumento per avvicinarsi alloriginale. E come
dialetto pavano del Cinquecento, assolutamente in- tale va usata.
comprensibile anche per coloro che oggi parlano il
dialetto patavino. Per un primo incontro con la commedia italiana del
Qualche parola o qualche espressione dialettale sta- primo Cinquecento si pu ricorrere a Il teatro italia-
ta intenzionalmente lasciata. Ad esempio: orbentena, no. II. La commedia del Cinquecento, a cura di G.
barba, favellare. Il motivo che non ci si deve mai Davico Bonino, Einaudi, Torino 1977, tomo I, che
dimenticare il linguaggio dei personaggi. Esso contiene:
lindicazione diretta e brutale delle origini di classe Bernardo Dovizi da Bibiena, Calandria
dei quattro protagonisti. Inoltre lautore, come i com- Niccol Machiavelli, Mandragola
mediografi contemporanei, rivolge una particolare Ludovico Ariosto, Lena
cura a costruire una lingua specifica per le varie classi Ruzante, Moscheta
sociali e per i vari personaggi che le costituiscono. E Anonimo, Venexiana
proprio nel linguaggio si vede lappartenenza di Bil-
ra (e di Pitro) ad una classe sociale inferiore: essi Lopera completa di Ruzante, con unampia introdu-
non conoscono il linguaggio, non conoscono n il pa- zione e bibliografia, pubblicata in RUZANTE, Tea-
vano n il linguaggio ufficiale parlato da Andrnico. tro. Prima edizione completa. Testo, traduzione a
Essi non hanno mai imparato bene la lingua, non so- fronte e note a cura di Ludovico Zorzi, Einaudi, Tori-
no mai riusciti a stabilire un rapporto diretto, esplicito no 1967, 19692.
e univoco tra parola e oggetto (o relazione). Cos essi
usano molte espressioni che a loro avviso designano
qualcosa o vorrebbero designare qualcosa e che inve-
ce non dicono niente. Orbentena, cagasangue, cn-
chero, al sangue di..., potta di questo, potta di quello
e tutte le altre imprecazioni ne sono un esempio. Essi
in molti casi usano espressioni o assemblano suoni
credendo di poterlo correttamente fare e credendo che
lassemblaggio che hanno fatto abbia un significato e
dica qualcosa.

La traduzione ha uniformato il linguaggio dei per-


sonaggi che lautore ha voluto diverso. Questo il
suo limite: la commedia costruita e si apprezza sol-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 16


BILRA

I PERSONAGGI

BILRA, villano

PITRO, villano

DINA, moglie di Bilra

MESSER ANDRNICO, [vecchio] veneziano,


amante di Dina

ZANE [o TONIN], bergamasco, servo di Andrnico

[La commedia si svolge a Venezia]

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 17


1530
Leggenda:

Calle di Venezia
A sinistra, casa di Andrnico
In fondo alla via, osteria

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 18


SCENA PRIMA SCENA PRIMA

BILORA, solo. BILORA 1 , solo.

Orbntena, on on va uno inamor, e on no se fica; Orbntena 2 , dove non va un innamorato, e dove non si
el no se ghe ficherae gnan na sbombarda. Pota an ficca; non vi si ficcherebbe neanche una bombarda.
lamore. Chi harae m dito che lamore mhaesse Potta anche allamore 3 . Chi avrebbe mai detto che
tir s fieramn, che l me haesse men in zente lamore mi avrebbe trascinato cos fieramente 4 , che mi
cha no viti m, e fuora de c mia? Cha no s on avrebbe condotto tra gente che non ho mai visto e fuori
supia mi. I dise che lamore no p fare o che l no di casa mia? Non so neanche dove sono 5 . Dicono che
sa fare: mo a vezo che l sa fare z che l vuole. Mo lamore non pu fare o che non sa fare 6 . Ma vedo che
mi, che na fi mi a vu dire de mi, se no foesse st sa fare ci che vuole. Ma io, che una volta tanto voglio
lamore de vegnr a vere sa cato la me cristiana, parlare di me, se non fosse stato per lamore di venire
cha no sarae vegn tuto ieri, tuta sta note, e tuta sta a vedere se trovo la mia cristiana 7 , non sarei venuto
dimn, per buschi, per ciese, e per scatarn, cha tutto ieri, tutta stanotte e tutta stamani, per boschi, per
son tuto inscurent, cha non posso p de la vita. siepi e per sterpaglie, che son tutto nero dai lividi, che
Lagn pur dire, lagn pur anare, che el tire p non ne posso pi della vita 8 . Lasciamo pure dire, la-
lamore a uno che supia inamor, che non fa tre pa- sciamo pure andare, che tira di pi lamore a uno che
re de bu. Cncaro, a he bio brombe. L na male sia innamorato, di quanto non facciano tre paia di
brega lamore. El ghe n an che dise che lamore buoi 9 . Cnchero 10 , ne ho avuto delle susine 11 . una
se fica lom in zene, e che l fa nare in varegagia cattiva briga lamore 12 . Ce n uno che dice che
lom i zene: a vezo pure mi che l ghe va an di lamore si ficca soltanto nei giovani, e che fa andare in
viegi. E s a scherzo che se l nhaesse bu el vern al fregola soltanto i giovani. Vedo pure io che va anche
culo che l no mharae men via la me fmena che dai vecchi 13 . E cos credo che, se non avesse avuto uno
ghel cavasse. Chasselo cav el cuore, viegio de- spino nel culo, non mi avrebbe condotto via la mia
sboroz. Cncaro el magne elo, e chi el men in femmina perch glielo levasse. Che gli avessero levato
quela vile, usularo che l! Che no psselo m haere il cuore, vecchio sfinito. Che il cnchero lo mangi, lui e
legreza di su dinari, n gnan galdimento p co l chi lo ha portato in quella citt, usuraio che 14 ! Che
me laga haer mi de me mogiere. Tamentre, al san- non possa mai avere allegria dei suoi denari, n gra-
gue del cncaro, a nhe squasso male che no me sta- dimento come lui non ne lascia avere a me di mia mo-
ghe ben. A volea pur anare a tirar barche, e de d e glie. Eppure, al sangue del cnchero, non c quasi
de note, e altri me ha tir me mugir fuora de c a male che non mi stia bene. Volevo pure andare a tirar
mi, che Dio el sa se m p la por vere. Harae fato barche 15 , di giorno e di notte, e un altro mi ha tirato
miegio har tir a c, ch ghe besognava p. Oh mia moglie fuori di casa, a me, che Dio sa se mai pi la
cncaro, mo a me vezo pur impaz. A muoro de potr vedere. Avrei fatto meglio ad avere tirato a casa,
fame e s a nhe pan, e s a nhe gnin dinari de perch ne avevo pi bisogno. Oh cnchero, ma mi vedo
comprarme. Mo almanco saesse on la st e on el proprio nei guai. Muoio di fame, e non ho pane e non
lha men: che la pregherae pur tanto che la me ho denaro per comprarlo 16 . Ma almeno sapessi come
darae un pezato de pan. sta e come egli lha condotta: la pregherei tanto che mi
darebbe un pezzo di pane 17 .

SCENA SECONDA SCENA SECONDA

PITARO, BILORA. PITARO 18 , BILORA.

PITARO Oh cagasangue, mo situ ch? PITARO O cagasangue 19 , ma sei qui?


BILORA A no volea gnin altri che vu, barba Pita- BILORA Non volevo altri che voi, barba 20 Pitro, vede-
ro, vi. te.
PITARO Ben, an, an... PITARO Bene, eh, eh... 21
BILORA Mo aldissi dire laltro d de quela noela, BILORA Ma avete sentito dire laltro giorno di quella
savu? novit, sapete?
PITARO Se Di ma, no, s te no l d. PITARO Che Dio mi aiuti, no, se non me lo dici 22 .
BILORA Poh, a no sa un ttene de quela facenda... BILORA Poh, non sapete un cazzo 23 di quella faccen-
de... de (aimelo a dire) de messer Androtene, cha da... di... di (aiutatemi a dire) di messer Androtene 24 ,
men via la me fmena; de quel viegio, de quel che ha condotto via la mia femmina; di quel vecchio, di
zentilom de fuora. quel gentiluomo di fuori.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 19


PITARO S, s, de vera. Vah cncaro, di pian, chel PITARO S, s, davvero 25 . Ehi, cnchero, di piano, che
st chialondena vtu chel no taldisse. Chi tha abita qui vedi? che non ti senta. Chi ti ha condotto
men chialondena? qui?
BILORA A ghe son vegn mi, mi. Negn no me BILORA Sono venuto io, io. Nessuno mi ha condotto. E
gha men elo. E s, st chialondena? Onve? in cos abita qui? Dove? In questo uscio?
stusso? PITARO Ma s, qui. Bene, che cosa vuoi fare? Che te la
PITARO Ma s, chial. Ben: che vutu fare? che l dia indietro? O che vuoi fare?
te la daghe in drio? O che vutu fare? BILORA Ma vi dir il vero, io. Perch non mi piace
BILORA Mo a ve dir el vero mi. Perch nhe pia- questionare, come sapete, io mi accorderei volentieri
cere de costionezare, com a sa, mi a macorderae piuttosto che far lite [in tribunale], e cos farei che quel
ontiera p tosto che far litia, e s a far che quel che che stato, stato, purch mi desse qualche marcheto
xe and, supia and una bota, purch el me daesse e la femmina, intendete 26 ? Perch non mi varrebbe for-
qualche marcheto e la femena, intendvu? Perch el se fare il bravaccio qui. Certo che, se fossimo di fuori,
no me varae fuorsi chialondena sbraosare. Bess andrebbe in un altro modo; ma qui non conosco nessu-
che sta fossm de fuora, lanarae a naltro mu; ma no. Mi farebbe forse affogare in uno di questi fossati 27 ,
chialondena a no cognosso negn. El me farae fuor- e cos avrei guadagnato anche questo.
si sofegare in tun de sti foss, e s harae guagn po. PITARO Ma dici ben vero, vedi. un uomo fastidio-
PITARO Mo te di ben vero, vitu. L nomo fasti- so 28 . Cnchero, va pure con le buone da lui: Messr
bioso. Cncaro vaghe pur con le bone. Messir bello di qua, messr caro di l 29 .
belo de qua, messir caro de l. BILORA Che ha nome messr bello? Ma mi era stato
BILORA Che l ha lom messir belo? Mo l detto che aveva nome Ardchene, uno strano nome 30 .
miera st dito che lhaea lom Ardochene, una PITARO No, tu non intendi. Ha nome come dici, ma
stragna lome. non dico cos io. Dico che tu gli faccia carezze, che va-
PITARO No, te no intiendi. Lha ben lom com te da da lui con le buone. Dagli della Vostra Eccellen-
di, ma a no dighe coss mi. A dighe che faghi care- za, della Paternit Illustrissima; Riverisco, caro
ze, che te ghe vaghi con le bone. Daghe de la Vuo- messr, datemela. Intendi? Non fare il bravaccio 31 .
stra stilenzia, della spaternit lostrissima; a me BILORA Ah, ah, intendo bene, cnchero. E cos fasti-
rebuto, caro missir, demela. Intienditu? No sbrao- dioso fieramente, eh! fastidioso che picchia oppure
sare. che grida 32 ?
BILORA Ah, ah, ben a intendo, cncaro. E s l PITARO Picchia, cnchero, picchia gi, lui, alla bella,
fastidioso fieramn an. Elo mo fastibioso che l da- vedi.
ghe, o pur che l crie? BILORA Ma allora un brutto tipo. Dunque pic-
PITARO El d, cncaro, el mena z elo ala polite chierebbe in terra, come non farebbe neanche sul mu-
vto. ro, lui, non vero? Voglio dire a un uomo? Potta di chi
BILORA Mo, a sto mu l un mal mato. Donca el lha cagato. Ma sono sicuro che lo manderei per terra
darae cosi in tera, co l farae gnan in lo muro elo, con uno sputo. E cos picchia, eh? Il cnchero lo man-
n vero? Vuossi dire a un om? Pota de chi lha gi, dunque. Ah! Ma insegnatemi un po come devo fare
cag. Mo l m doiso cha l trarae in tera con un a prenderlo con le buone, in modo che non ci picchia-
spuazo. E s d an? Cncaro el magne donca. Ah! mo. Sapete se in casa, o non ancora tornato dalla
mo insegnme un pu com dego fare a tuorlo de piazza 33 ?
bona, ch no se dassm. Sau se elo l in c, elo PITARO No, non venuto. Senti, che ti voglio insegna-
ancora vegn de plaza? re un bel modo, al sangue della saetta 34 !
PITARO No che l n vegn. Aldi, che te vu BILORA Ah, ah, dite pure, e lasciate fare a me.
insegnare un bel trato, al sangue de la site. PITARO Ma senti: va e batti che c soltanto la Dina
BILORA Ah, ah, di pure, e lagh fare a mi. in casa, e non farti vedere sospettoso con lei, chiamala
PITARO Mo aldi: va, sbati che l gh lom la Dina pure gi, e mostra che il fatto non sia neanche tuo 35 .
in c, e no te far deveoso con ela, cimala pur de BILORA No, no, lasciate pure fare a me.
z, e mostra che l fato ne supia gnan to. PITARO E dille: Sorella, su, vuoi venire a casa? Tu
BILORA No, no, lagh pur far a mi. mi hai lasciato. Ma come sapresti fare tu.
PITARO E dghe serore, na bota, vuto vegnire a BILORA S, s, buone parole, insomma. Ma volete che
ca? Te mhiessi pur lag. Madess con te sar s glielo dica qui sulluscio? o che vada dentro?
fare. PITARO No, sulluscio, qui di fuori, cnchero, che non
BILORA S, s, bone parole, na bota. Mo on volu ti sorprenda in casa e che non ti faccia dare un buon
cha ghe faele, in su lusso chivel? o cha vaghe fracco di botte 36 .
entro?
PITARO No, in su lusso, ch de fuora, cncaro,
che l no tarciapasse in c e che l tin fesse tare na
bona sciavina.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 20


BILORA An? Ma che cru vu, cru che la vegner a BILORA Eh? Ma che credete voi, credete che verr a
ca? casa?
PITARO A no s, fuorsi anca s: tamentre lha PITARO Non saprei, forse anche s. Per ha fieramente
fieramn bon tempo con elo. La lha p n briga n buon tempo con lui. Non ha pi n briga n fatica nes-
faiga neguna. Ben da bvere e ben da mangiare e suna. Ha ben da bere e ben da mangiare ed ben ser-
ben serva. vita 37 .
BILORA Mo de serva, se Di ma, no scherzo m BILORA Ma a servirla, che Dio mi aiuti, non credo mai
che l la serve ben com a fago mi, che el no p fare che la serve bene come faccio io, che non pu fare un
un servizio elo. certo servizio, lui 38 .
PITARO No, gi ha un famegio, cncaro, che i serve PITARO No, hanno un famiglio, cnchero, che li serve
tuti e du. tutti e due.
BILORA A volea ben dir. Mo an, n miegio cha BILORA Volevo ben dire. Ma, eh, non meglio che va-
vaghe? Ghe cavarae qualcuosa dale man inanzo che da? Le lever qualcosa dalle mani prima che vada a
l vaghe a c elo. E s, no gh negn in c lom la casa lui. E cos, non c alcuno in casa, soltanto la Di-
Dina? na?
PITARO No, te dighe. Pota, crto cha te l diesse? PITARO No, ti dico. Potta, credi che te lo direi? Va
Va pure, cha vu nare an mi col oltra in tun ser- pure, che voglio andare anchio l in fondo per un ser-
visio, che com a torne, a torner de ch, a vere com vizio 39 che, quando torno, torner di qui, per vedere
thaver fato. Ma no star p, va via. come avrai fatto. Ma non restare pi, va via.
BILORA Mo, an, cha vaspeto agno mu, vi. Oh BILORA Via, andate, che vi aspetto in ogni modo, ve-
pota del cncaro, Dio sa a che mu lander; mo dete. Oh potta del cnchero, Dio sa in che modo andr
pota s. Tamentre a vu sbtere agno mu, sta a finire; ma potta pure cos 40 . Ora per voglio battere
creesse desser fato p in sonde e in bocn che fo in ogni modo, anche se credessi dessere fatto pi a
m rao. Mo che s; che sa sbato, che l me sar pezzi e a bocconi di quanto non fu mai una rapa. Certo
sbat fuorsi le clzere a cerca, e s van an fuorsi a che, se batto, forse mi saranno battuti i panni 41 addos-
prgolo, se ben a no dego havere, de scudere. Va- so, e si va anche forse a rischio, anche se non devo ri-
ghe mo com cncaro se vuogia, a me sento a mu- cevere, di riscuotere. Vada pure come cnchero voglia,
vere lamore e revlgerme el bati e le coragie e l io mi sento muovere lamore e rivoltarmisi il cuore, le
polmn in la panza, cha ghe un remore che l sona budella e i polmoni nella pancia, che c un rumore
un fvero che recalze un gomiero. Meh s, a me de- che sembra un fabbro che rincalzi il vomere 42 . Ma s,
spiero mi sa no sbato. Oh, dale c...! Gh negn io mi dispero se non batto. Oh della casa...! Non c
chial? A dighe... Gh negn? nessuno qui? Dico... C nessuno?

SCENA TERZA SCENA TERZA


DINA, BILORA. DINA, BILORA.

DINA Chi quelo che sbate? Su poareto? An con DINA Chi quello che batte? Siete un poveretto? An-
Dio. date con Dio.
BILORA Sen ben a son poareto, a no anar z BILORA Sebbene sia un poveretto, non andr neanche
gnin via per questo. A son amigo. Arvi cha son via per questo. Sono un amico. Apri, che sono io.
mi. DINA Chi siete? Chi quellamico? Non c messr in
DINA Chi svu? Chi quelamigo? El no gh casa. Andate pure con Dio.
missir in c. An per con Dio. BILORA Eh, Dina, vienimi un po ad aprire, che sono
BILORA An Dina, vinme un pu avrir, cha son io, che il cnchero ti mangi. Non mi riconosci, non
mi, cncaro te magne. Te no me cognussi n vero, vero, matta 43 ?
mate? DINA Dico: Toglietevi via di qui che non vi conosco,
DINA A dighe: tove via de ch cha no ve co- che messr non in casa, e andate a fare i fatti vostri,
gnosso, che messir n in c, e and e fe i fati se non avete voglia di attaccar briga.
vuostri, se nha volont de briga. BILORA Poh, sei ben infuriata fieramente. Senti, vieni
BILORA Poh, ti ben imbav fieramn. Aldi, vin qui, che ti voglio un po favellare 44 con creanza. De-
ch, cha te vu un pu faelare de crenza. Indgnate gnati un poco. Sono proprio io, eh, Dina. Sono Bilra,
un puoco. A son pur mi, an Dina. A son Bilora, v- vedi? Sono il tuo cristiano 45 .
tu? A son el to cristin. DINA O povera me, sentite, eh. Ma che cosa siete venu-
DINA Deh, grama mi, aldu an. Mo che s vegn a to a fare qui 46 ?
fare chial? BILORA Ebbene, che dici? Vieni un po gi, che ti ve-
BILORA Ben, che dtu? Vien un pu z, cha te ve- da.
ga.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 21


DINA A vegno. DINA Vengo 47 .
BILORA D pur mente cha ghe caver qualche BILORA D pur mente che le caver qualche susina 48
bromba dale man mi, qualche soldarelo. Fuorsi dalle mani, io, qualche soldarello 49 . Forse sar la mia
serato mo la mia venture, e s molea desperare. fortuna, e cos mi volevo disperare.
DINA Mo me daru se arvo? DINA Ma mi picchierete, se apro 50 ?
BILORA Perch vutu cha te daga? Na fi, te no BILORA Perch vuoi che ti picchi? Non ci sei andata
ghi and ontiera ti! Vi fuora: sora dela mia f volentieri, tu 51 ! Vieni fuori: sopra la mia fede 52 che ti
cha te torae coss ancora per bona e per care com prender cos ancora per buona e per cara come ti a-
te haea inanzo, mi. vevo innanzi, io.
DINA Bona sera. Mo a che mu su m vegn chia- DINA Buona sera. Ma in che modo siete mai venuto
l? Com sto? Sto ben? qui? Come state? State bene?
BILORA Ben mi; e ti? T he s bona ciera ti! BILORA Bene, io; e tu? Sei in buona cera, tu!
DINA Se Dio ma, a no me sento gnin tropo ben, DINA Che Dio mi aiuti, non mi sento neanche troppo
sa vol che ve dighe el vero. A son meza stufa de bene, se volete che vi dica il vero. Sono mezza stufa di
sto viecio, mi. questo vecchio, io 53 .
BILORA A te l cherzo mi, el no se pu muovere. BILORA Ti credo, io, non si pu muovere. E poi giova-
E po zene con i veci no saven. A savegnm mie- ni con vecchi non si capiscono. Ci capiamo meglio tu
gio mi e ti. ed io 54 .
DINA Poh, l mezo amal, tuta la note el sblsega, DINA Poh, mezzo ammalato, tutta la notte tossisce,
che l sona na pigora marza. M el no drome, che sembra una pecora marcia. Mai non dorme, ad o-
dagnora el me st inroegi a cerca e me ten sba- gni ora mi salta addosso e mi vuole baciucchiare e
suz che el cre ben che habie gran desiderio d i su crede proprio che abbia un gran desiderio dei suoi ba-
basi. Se Di ma, che no l vorae m vere, s me- ci. Che Dio mi aiuti, non lo vorrei mai pi vedere, cos
lo vegn in disgrazia. mi venuto in disgrazia 55 .
BILORA Po el ghe spuza el fi p che no fa un BILORA Poi gli puzza il fiato pi che non fa un leta-
loamaro. El s da muorto a mile megia, e s ha tanta maio. Sa da morto a mille miglia, e ha tanta vergogna
vergogna al culo, tamentre la ghe d esser and da al culo 56 , ma gli deve essere andata da unaltra parte,
un l, n vera? non vero 57 ?
DINA Fievra ve magne, a di lom qualche sporca- DINA La febbre vi mangi, sapete dire soltanto delle
ria. porcherie.
BILORA Beh, dighe mi... An digo mi: vuto vegni- BILORA Beh, dico io... Eh, dico io: vuoi venire a casa
re a c toa? Opur me vuto lagr stare, e star con tua? Oppure mi vuoi lasciar stare, e stare con questo
sto viegio chial? vecchio qui 58 ?
DINA Mi a ghe vorae ben vegnire mi, mo no vuole DINA Io ci vorrei ben venire, io, ma non vuole lui 59 .
elo. A crezo che l no vuogie mi ch a che vegna. S Credo che non voglia che ci venga. Se vedeste le ca-
a veess le careze che l me fa, sora delanema mia, rezze che mi fa, sopra lanima mia 60 , non vi potreste
a no ve poss dar pase. Fivera, mo l me vu dar pace. Per la febbre, ma mi vuol fieramente bene.
fieramn ben. A ghe fieramn bon tempo con elo Ho fieramente buon tempo con lui, io 61 .
mi. BILORA Ma che vuoi venirmi a dire che egli non vuo-
BILORA Mo che vutu guardare e dire che elo non le? Cnchero, mi farai uscire ben dal manico 62 . Anche
vuogia? Cncaro, la insirae ben del manego. Se ben se egli non vuole, non vuoi tu? Tu mi faresti ben tirar
elo non vu, no vutu ti? Te me farissi ben catare la gi i santi 63 . Dico, che dici?
anconeta. An dighe, che dtu? DINA Non so, io, in fede: vorrei e non vorrei 64 .
DINA A no s mi, ala f: vorae e s no vorae. BILORA Poh, Dio me la mandi buona, stasera. Star
BILORA Poh Dio me la mande bona sta sera. Sta- molto a venire a casa? Verr sbito?
rlo ass a vegnire a c? vegnerlo tosto? DINA Tra poco. Non pu stare senza venire. In fede
DINA De boto. El no p star che l no vegne. Ala non vorrei che mi vedesse qui a discorrere con lui, io 65 .
f a no vorae z che l me veesse chial a rengare Andate via, caro fratello. Sentite, tornate quando c,
con esso mi. Tove via, caro frelo. Ald, torn inan- che forse vi accorderete.
zo col ghe supia che fuorsi vacordero. BILORA S, ci accorderemo nel culo. Guarda che non
BILORA S, a saccordern in lo culo. Guarda cha ci accordiamo, sangue, che non tiro gi i... Domine
sacordn, sangue, cha no cato... Domene Cribele! Crbele 66 ! Se mi ci metto, far peggio di quanto non fa
Se me gha meto a far piezo cha no fa un sold. A un soldato 67 . Sento bene anche te, io, che tiri il culo in-
te sento ben an ti mi, che te tiri el culo indro: mo dietro. Ma non devi mica fare cos con qualcun altro,
no di miga far coss con qualcun altro, che te vegna che ti venga il cnchero, schifosa che sei 68 !
el cncaro, stomegosa che ti ben!

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 22


DINA A guagnar de queste mi, vi, con vu. Te par DINA Guadagner di queste 69 , io, vedete, a starmene
che l supie imbav! Ald, sora de mia f cha no con voi. Ti sembra che sia rabbioso! Sentite, sopra la
sbertezo: d de volta insina un pezato che l ser ve- mia fede, che non scherzo: aspettate un po finch sar
gn, e sbat, e dis cha vol faelare a missiere, e venuto, e battete, e dite che volete favellare a missiere,
dighe na bota cha vol che a vegne a c, e vi z che e ditegli sbito che volete che venga a casa, e vedete
ve l vu dire: e se l vor, Dio con ben, e an col ci che vi vuole dire: e, se vorr, fatta la volont di
no vuogia, e far com vor vu mi. Dio, e anche se non vorr, far come vorrete voi, io 70 .
BILORA Ala f, vegnertu po se ben el no vor? BILORA In fede, verrai poi anche se non vorr?
DINA S, ve dighe: sore questa f che a he a sto DINA S, vi dico: sopra questa fede che ho a questo
mondo. Oss, an mo via, che l no ve catasse. mondo. Ors, andate ora via, che non vi trovi.
BILORA Mo dighe mi: harstu m un pezato de pan BILORA Ma dico io: non avresti un pezzo di pane da
da darme? Ch, ala f, a muoro de fame. A n he darmi? Ch, in fede, muoio di fame. Non ho mangiato
magn da arsera in qua, da che vegn via da c. da iersera in qua, da quando sono venuto via da
DINA Mo se a voss, a ve dare dinari mi p ontiera, casa 71 .
e s anar chial de cao de sta via, che i ghe ten DINA Ma, se voleste, vi darei denari io pi volentieri, e
ostaria, e s a magnar e s bever a vuostrasio; cha cos andreste qui allinizio di questa via, dove c
no vorae chel simbatesse a vegnire, e verme a unosteria, e cos mangerete e berrete a vostro agio;
dar gniente fuora de c. che non vorrei che capitasse di ritorno, e mi vedesse
BILORA Miedo, d pur chial. On stlo quest, dare niente fuori di casa 72 .
stlo liunzi? BILORA Per Dio, d pur qui. Dove sta questoste, sta
DINA No, no, ch in cao; con supi col oltra, vol- lontano?
zve a sta man. DINA No, no, qui allinizio; quando siete l in fondo,
BILORA Orbentena, gran fato cha nol cate? An voltatevi a questa mano.
dighe mi... Mo, lha ser ela. A he tanto desierio BILORA Orbntena, gran fatto che non la trovo 73 ? Di-
de magnare che no me son gnin record de dirghe co io... Via, ha chiuso, lei. Ho tanto desiderio di man-
sa dego indusiare ass o puoco a vegnire. Mo, a giare che non mi sono nemmeno ricordato di dirle se
vu anare a magnare, cha ogni mu, inanzo cha devo indugiare molto o poco a venire. Ora voglio an-
mhab cav lapettolo, a cherzo che l ser vegn. dare a mangiare, che ad ogni modo, prima che mi sia
A vu pur vere quanti la me nha d. Orbentena, levato lappetito, credo che sar venuto. Voglio pure
che cncaro questo? Comenzanto da questo a no vedere quanti me ne ha dati. Orbntena, che cnchero
s quel chel supia. Ben, cncaro, s da vera: l un questo? Cominciando da questo, non so quel che
cotale da du, s. A nol cognossea, e s l la prima sia 74 . Bene, cnchero, s davvero: un pezzo da due, s.
monea, che a spend quando che me commenci a Non lo riconoscevo, e s la prima moneta, che ho spe-
inamorare. Questa una moragia. E staltro! Pota so quando incominciai a innamorarmi. Questa una
mo l grosso e grande. L mar de sti altri. Ca- moraglia. E questaltro! Potta, ma grosso e grande.
gasangue, el valass questa, e si no me ven in boca maggiore di questi altri. Cagasangue, vale molto que-
che l supie... Mo... che s, che l un cornachin. E sto, e non mi viene in bocca che cosa sia... Ma... s,
s a cherzo quel sin cate p de gi altri dinari. Mo a un cornacchione. E credo che se ne trovino pi che de-
vu nare a magnare mi. Questa la porta, na bota: gli altri denari. Ma voglio andare a mangiare, io. Que-
ghe saergio vegnire cha no la perda? Tamentre sta la porta: ci sapr venire che non la perda? Ma
lgame un puoco vere sti soldi. Questa una mo- lasciami vedere ancora un po questi soldi. Questa
nea da du; e na moragia, che vuol dir quatro; e un una moneta da due; e una moraglia, che vuol dire 4; e
cornachin, che vuol dir cinque; e un cha vu te- un cornacchione, che vuol dire 5; e uno che voglio te-
gnir per mi, che sie; e un min romn da spendere nere per me, che fa 6; e uno che mi rimane da spende-
che vu dir sete; com serae a dir che l me manca re che vuol dire 7; come sarebbe a dire che mi manca-
desnuove marchiti a andare a un tron. no 19 marchetti per arrivare a un trono.

SCENA QUARTA
SCENA QUARTA
ANDRONICO, ZANE.
ANDRONICO, ZANE 75 .
ANDRONICO Or tandem el xe pur la veritae, al
corpo de mi, che chi no fa so puerizia in zovente, ANDRONICO Ora tandem 76 pure la verit, al corpo
el besogna farla in so vecieza. Mi a me arecordo al di me, che chi non fa la sua puerizia in giovent, la fa-
mio tempo, quando quele bone memorie, massime r da vecchio 77 . Io mi ricordo al mio tempo, quando
missir Nicoleto di Aliegri e messir Pantasileo da quelle buone memorie, specie missir Nicoletto degli
Bucentoro, le so magnificienzie me diseva: Allegri e messir Pantasileo da Bucintoro, le Loro Ma-
gnificenze mi dicevano:

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 23


Che vuol dir Andronico che ti st cuss perso, de Che vuol dire, Andrnico, che stai cos perso, di mala
male voia? Che diavolo no te trvistu una fa, a dar- voglia 78 ? Perch diavolo non ti trovi una figlia, e non ti
te piasere con essa? Quando vorstu aver piaser, n dai piacere con lei? Quando vorrai aver piacere e
bon tempo; quando non ti por p? Te me par un buon tempo; quando non potrai pi? Mi sembri un uo-
omo a no so che muodo mezo incantao. Mo tiente a mo (non so in che modo) mezzo incantato. Ma tienti a
mente v: e recrdate che in to vecieza ti far qual- mente, veh!, e ricrdati che nella tua vecchiaia farai
che matera per amor pu. Com che xe anche stao. qualche sciocchezza, per amore, poi. Com anche
E s sarve squasi p contento esser inamorao ades- stato. E cos sarei quasi pi contento desser innamo-
so che quando giera zvene, si l no fosse per una rato adesso che quandero giovane, se non fosse per
cosa che purass fiae me vasta el dessegno, ch non una cosa che molte volte mi guasta il disegno, perch
respondent ultima primis. Oh, diavolo, el xe una non respondent ultima primis 79 . Oh, diavolo, una
male cossa vegnir veci; tamen el me bastarve la- brutta cosa diventar vecchi, ma mi basterebbe ancora
nemo ancora. Basta, mo no p; perch in efeto a no lanimo. Basta, ma non pi 80 ; perch in effetti non sono
son nianche vecio in decrepitae. Lamor fa far de neanche vecchio decrepito. Lamore fa fare grandi co-
grande cosse Ald a che modo ho menao via st se. Sentite in che modo ho condotto via questa mammo-
mamola e tolta da so mar, e s son stao a percolo la 81 e lho tolta a suo marito, e s sono stato in pericolo
de lassarghe la vita per haverla, tanto ghe son im- di lasciarci la vita per averla, tanto ne sono inna-
bertonao e tanto ben ghe voio. Ma in efeto la xe an- morato e tanto bene le voglio. Ma in effetti anche una
che una fia breviter concludendo che la par un an- figlia breviter concludendo 82 che sembra un angelo
zolo cherubn, e s la ha un bochn che fa volontae cherubino, e ha una boccuccia che fa voglia di bacia-
de basr. In suma sumario me dubito s nom de re 83 . In somma sommario 84 ho paura soltanto di una
una cossa, e s che nho cordoio; che qualcun d i cosa (mi viene laffanno!), che qualcuno dei suoi me la
soi no me la vegna a domandar, chel sar el mal venga a domandare, che sar il mal venuto, il mal tro-
vegno, el mal trovao: perch ho deliberao de gal- vato: perch ho deciso di godermela, io. Non man-
derla mi. No mancando de essa, e pagando el so de- cando di essa e pagando il suo debito, le far anche tal
bito, a ghe far anche tal parte del mio che la se po- parte del mio che potr forse essere contenta, e non di-
r farsi acontentar, e s no digo minga a mena, a co mica al minuto, dico in grosso, e fino ad ora ne ha
digo in grosso, e s insina adesso la ghe nha bona una buona caparra, perch maneggia il mio in quel
capara, che la maniza el mio a che muodo la vuol modo che vuole lei, e pu spendere e spandere dentro e
essa, e s puol spender e spander dentro e fuora de fuori di casa, che non le dico niente, e neanche a nes-
case, che no ghe digo niente, e nianche nessun no suno non ha da rendere conto, che una bella cosa es-
ha da darghe rasn, che xe una bela cossa esser ser donna e madonna 85 . Fa alto e basso e comanda 86 , e
done e madona. La fa alto e basso e comanda, che non ha altra fatica che quella di aprir bocca, e beata
la non ha fadiga s nom de avrir la boca, e bi essa lei se ci sapr fare con me. Oh, che cosa pagherei che
si saver far con mi. Oh, che paghervio che la me mi avesse un poco ascoltato, perch vedesse lanimo
havesse un puoco ascoltao, perch la vedesse lane- mio! Ors, voglio andare su a vederla un poco, perch
mo mio! Ors, a voio andar de suso a vederla un mi ha messo tanto in festa, in delizia, che, se non vado
poco, ch la me ha messo tanto in su le gale, in su a trescare con essa, sono impacciato e far male i fatti
le pavarine che si no vago a trescar con essa, a son miei. E dico che sono cos in gamba che mi basterebbe
impazao e far mal i fati mi. E digo che son s su lanimo di ballare quattro tempi del gioioso, e farlo
la gamba che me basterve lanemo de baler quattro anche strisciato, e anche la rosina 87 , e farla tutta in
tempi del zoioso, e farlo strapassao ancora, e anche figure, che non sarebbe minga poco. Poh, s, sar buo-
la rosina, e farla tuta in fioreti, che no sarve minga na per mille cose, questa figlia. Una, mi curer quando
puoco. Poh, s, la ser bona de mile cosse sta fa. mi viene il mio catarro e anche quando sar infastidito.
Una, la me restaurer quando me vin el mio cataro, Laltra, avr con chi sfogarmi e dire i fatti miei. Ehi.
e quando anche sar fastidiao. Laltra, haver con Tira 88 . Dio sa se il fante giunto con la barca.
chi sborr e dir i fati mi. Sbio. Tira. Dio sa nianche ZANE Chi quel che batte?
sil fante xe ancora zonto con la barca. ANDRONICO Tira, figlia bella... Tira, bestia 89 ! Dia-
ZANE Chi quel che sbat? volo, credevo che fosse lei. Tu non senti, eh?
ANDRONICO Tira, fa bela... Tira, bestia! Diavo- ZANE Che vi piace 90 ?
lo, credeva che la fosse essa. Aldistu an? ANDRONICO Hai acceso il fuoco nel mezzanino 91 ?
ZANE Che ve pis?
ANDRONICO Hastu impiao fuogo in tel mezao?

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 24


SCENA QUINTA SCENA QUINTA

BILORA, PITARO, DINA. BILORA, PITARO, DINA.

BILORA Pota, mo a v mu a son cat tuti du BILORA Potta, ma vedo che ci siamo ritrovati tutti e
chialondena. due qui 92 .
PITARO Beh... Htu ben magn? Lhan un bon PITARO Beh... Hai mangiato bene 93 ? Hanno un buon
vin, n vero? vino, non vero?
BILORA S, elo, barba Pitaro! Cncaro, l bon. A BILORA S, il vino, barba Pitro! Cnchero, buono.
ve se dire che a son pin, che se me sbaterae na falza Vi so dire che sono cos pieno, che mi si potrebbe bat-
sul magn. tere una falce sullo stomaco.
PITARO Ben... che vutu cha faghe? Vutu che PITARO Bene... che vuoi che faccia 94 ? Vuoi che fa-
faeln a sto viegio e cha vezm presto e belo che l velliamo a questo vecchio e che vediamo presto e bello
vu dire, e cavnsene i pi tosto entro o fuora. Na che cosa ci vuol dire, e ci leviamo sbito dai piedi,
fi te di che la tosa vegner se ben el no vu... dentro o fuori. Gli dici sbito che la tosa verr via an-
BILORA La mha ben dito coss, se la no fosse mo che se lui non vuole... 95
mu danemo. La an ela coss un pu gregiara, BILORA Mi ha ben detto cos, se ora non ha cambiato
intendu? De so cao. idea. anche lei cos un po grezza, intendete? Di te-
PITARO A intendo ben mi... Mo na fi con p tosto sta.
a sin desbratm, tanto miegio per nu. A che mu PITARO Intendo bene io... Ma pi presto ce la sbri-
vutu ch aghe faele? mi per ti, o vutu cha ghe ghiamo, tanto meglio per noi. In che modo vuoi che gli
faelm tuti du de brig? favelli? Io per te, o vuoi che gli favelliamo tutti e due
BILORA No, mo faelaghe pur vu, che sav miegio insieme?
dire. E ald; sa vi chel se tire indrio, di vu: Al BILORA No, favellategli pure voi, che sapete dire me-
sangue de Crbele, che lha un maro che l un mal glio 96 . E, sentite, se vedete che si tira indietro, ditegli:
cncaro, che se no ghe la d, el vamazer; e dighe Al sangue di Crbele 97 , che ha un marito che un
cha son st sold, che fuorsi harlo paura. brutto cnchero, che se non gliela date, vi ammazze-
PITARO Or ben, laga far a mi. r; e ditegli che sono stato soldato 98 , che forse avr
BILORA Mo ald. Dighe pur cha son sbraoso e paura.
biastem, e dighe cha son st sold, no ve l de- PITARO Va bene, lascia fare a me.
smentegh, vi. BILORA Ma sentite. Ditegli pure che sono un bravac-
PITARO Mo, trate da un l, che l no te vega, che cio e bestemmiate, e ditegli che sono stato soldato 99 ,
a sbatar. Lgame pur far a mi, cha ghe far un non dimenticatevi, veh.
sprlico che l me intender. PITARO Via, trati da parte, che non ti veda, che batto
BILORA Vaghe con cncaro se vuogie: s l me la alla porta. Lasciami pure fare a me, che gli far uno
d, Dio con ben; se anca no, al sangue della Ver- sproloquio 100 che mintender.
ghene Malgatera, che ghe parer el vern dal culo. BILORA Vada come il cnchero vuole: se me la d,
Cass ch a ghe fago muzar la lesca per le gambe in fatta la volont di Dio; se non me la d, al sangue della
ti scossn. Vergine Margherita, gli strapper lo spino dal culo.
PITARO Mo tasi, no anr p drio scalognanto. Tu- Cos gli faccio fuggire la lisca per le gambe fin nelle
te via, lgame sbatere. Com ditu che lha lome? calze 101 .
BILORA Mo a no s a che mu, cncaro, i ghe PITARO Ma taci, smettila dimprecare 102 . Levati via,
dighe mi. A crezo che lha lome missir Ardochene. lasciami battere. Come dici che ha nome 103 ?
A no s a che mu. messir Ardo, messir Ardoche, BILORA Ma non so in che modo, cnchero, lo chia-
s, s, s... mino, io. Credo che ha nome missir Ardchene. Non
PITARO S, s, da vera s. Oh de la c! so in che modo. Messr Ardo, messr Ardoche, s, s,
DINA Chi sbate? s...
PITARO Amigo, figiola. Di cha vorae dire na pa- PITARO S, s, davvero s. Oh di casa!
role a messiere. DINA Chi batte?
DINA Chi svu? PITARO Un amico, figliola. Di che vorrei dire una
PITARO Di pur cha son mi, cha ghe vu faelare, parola a messiere 104 .
e lintender ben elo. DINA Chi siete?
DINA El vegnir z adesso. PITARO Di pure che sono io, che gli vuole favel-
BILORA Ald: dighe cha nhe maz no so quanti, lare 105 , e intender bene, lui.
cha son sbandiz, sau? DINA Verr gi adesso.
PITARO Mo, mo tasi! Tute vie. A m hetu BILORA Sentite: ditegli che ne ho ammazzati non so
instornio. quanti, che sono un bandito, sapete 106 ?
PITARO Via, via, taci! Togliti via. Mi hai stordito.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 25


SCENA SESTA SCENA SESTA

ANDRONICO, PITARO. ANDRONICO, PITARO.

ANDRONICO Chi xe quelo? Che dstu? ANDRONICO Chi quello 107 ? Che dici?
PITARO Bona sera messiere, la Stelenzia vuostra. PITARO Buona sera, messere, allEccellenza Vostra.
ANDRONICO Ben vegna Pitaro. Che dstu? ANDRONICO Ben venuto, Pitro 108 . Che dici?
PITARO A vorae un pu dirve diese parole da PITARO Vorrei un po dirvi dieci parole in confiden-
crenza, messiere, sa voss, da mi a vu. Tirve un za 109 , messere, se volete, da me a voi. Tiratevi un po
pu in qua. in qua.
ANDRONICO Che vstu? Di su, presto. ANDRONICO Che vuoi? Di su, presto.
PITARO Mo a ve l dir mi, messiere: na fi chi- PITARO Ora ve lo dir io, messere. Tanto, qui non va-
velondena no ghe vale sconderse in pr seg. A sa le nascondersi in un prato falciato. Sapete che laltro
che laltro d a meniessi via quela tosa, la mogiere giorno portaste via quella tosa, la moglie di quel pove-
de quel puovero toso de Bilora, che l mezo despe- ro toso di Bilra, che mezzo disperato. Orbntena,
r. Orbentena, con a ve dego dire... a ve vu prega- come vi devo dire... vi voglio pregare la Vostra Eccel-
re la vostra Stelenzia de vu, da so parse delo, cha lenza di voi, da parte di lui, che gliela ridiate; perch,
ghe la dagh; perch arpenseve, caro messir caro, pensateci, caro messir caro 110 , pensateci da voi agli
arpenseve da vu a gi altri, che verse tuore la muge- altri 111 , che vedersi prendere la moglie fieramente
re el pare fieramn da stragno. Agno mu vu a vin una cosa strana 112 . Ad ogni modo voi dovete esservi
di havr cav la vuogia e el peteto, e s a ve nha levata la voglia e lappetito, e ve ne siete potuto stufa-
poss stufare. E po a darve un bon consegio da re. E poi, a darvi un buon consiglio da amico, messere,
amigo, missiere, la n pignata per lo vostro mene- non pentola per il vostro mestolo 113 . Voi siete vec-
straoro. Vu si vecio, ela zvene. Pardoneme par- chio, lei giovane. Perdonatemi per giunta se vi parlo
zontena sa ve parlo avertamn, missiere. apertamente, messere.
ANDRONICO Vstu che te digha la veritae? No ANDRONICO Vuoi che ti dica la verit? Non voglio
voio farne niente, perch no la porave mai lassar. farne niente, perch non la potrei mai lasciare. Mi hai
Me hastu mo inteso? E son deliberao de far la mia inteso? E sono deciso di far la mia vita con lei. Che
vita con essa. C diavolo? Me consergierstu ti che diavolo? Mi consiglieresti che lasciassi ritornare que-
lassesse vegnir sta fia in vile a stentar con quel pol- sta figlia nel contado a stentare con quel poltrone di
tronzon de Bilora, che la fa manzr p bastonae che Bilra, che le fa mangiare pi bastonate che pane 114 ?
pan? E che mi fosse privo de essa? No, no, maden. E che io fossi privo di essa? No, no, proprio no. Che le
Che ghe voio tuto el mio ben, e nol farve mai, che voglio tutto il mio bene, e non lo farei mai, perch mi
me tegnirve cargo de conscienzia a lassar andar in sentirei un peso sulla coscienza a lasciar andare in
bocca a porci nose muschiae. Nol crdistu anche ti, bocca ai porci noci moscate 115 . Non lo credi anche tu,
che non lhaverve men via al muodo che ho fato che non lavrei condotta via al modo che ho fatto per
per lassarla coss imediate? Che ho portao la lasciarla cos immediate 116 ? Ho portato la corazzina e
corazina e la falda tuto stinstue, arm a mu un la falda 117 tutta questestate, armato come un san
San Zorzi, e star in sul armizar de d e de note, e s Giorgio 118 , e sono stato in armi giorno e notte, e ho
ho fato, tante stente a pericolo de esser un zorno sopportato tanti stenti, con il pericolo di essere un
malmenao per haverla. S che, fio belo, di pur a Bi- giorno malmenato, per averla. Sicch, figlio bello, di
lora che proveda per altra via a i fati soi. pure a Bilra che provveda per altra via ai fatti suoi.
PITARO Mo, messiere, el gi far male i fati su a PITARO Ma, messere, li far male i fatti suoi in questo
sto mu. A vego che a no vol che l gi faghe tropo modo. Vedo che non volete che li faccia troppo bene
ben mi. neanchio 119 .
ANDRONICO Mo no mi in sto conto, si dovesse ANDRONICO Ma non io in questo conto, neanche se
spender meza la mia facultae, e si dovesse tuor dovessi spendere met delle mie sostanze e se dovessi
bando de sta tera. essere bandito da questa terra.
PITARO Pota del mal del cncaro! Mo che volu PITARO Potta del mal del cnchero! Ma che volete che
che l faghe? Volu che l se despiera? faccia? Volete che si disperi 120 ?
ANDRONICO A no voio che l se despiera niente ANDRONICO Non voglio che si dispiedi per niente, io.
mi. S l xe despierao che l se faga impirr in tun Se di... spiedato 121 , che si faccia infilare uno spiedo
speo de rosto. Ald che diavolo de cossa! El se de- di arrosto. Senti che diavolo di cosa! Si disperer. Che
sperer. Che vsto che te faze mi? Ti me fa fastidio vuoi che ti faccia, io? Tu mi dai fastidio a me ormai.
mi oramai. Presto presto ti me farve andar in co- Presto presto tu mi farai andare in collera. Va al dia-
lera. Vah diavolo! Ors, baste, no p, che me vien le volo! Ors, basta, non pi, che mi vengono le fu-
fumane. mane 122 .

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 26


PITARO No, no, messiere: no ve scoraz. Ald, PITARO No, no, messere: non vi arrabbiate. Sentite,
fagm a sto mu: ciamm la tosa chialondena e facciamo in questo modo: chiamiamo la tosa qui e ve-
vem zo che la disc. Se la vu vegnire laghla ve- diamo ci che dice. Se vuole venire, lasciatela venire.
gnire. Se la no vu, tolivela e fvene che save a vo- Se non vuole, tenetevela e fatevene il sugo che vole-
l. Che dvu? te 123 . Che dite?
ANDRONICO Infina da mo ti parl ben. Mo varda ANDRONICO Ora parli bene. Ma guarda di non pen-
no te pentir v, che credo certo che romagnar ape- tirtene, veh, che credo certo che rimarrai appiedato 124 .
tao. Questo sarave ben qualcosa. La me ha dito Questo sarebbe ben qualcosa. Mi ha detto adesso che
adesso che la no me lassarave mi per quanti omeni non mi lascerebbe per quanti uomini ci sono al mondo;
xe al mondo; varda mo sti vuol che la sia cos guarda un po se vuoi che abbia cambiato idea cos
presto mu de animo. E te voio far sto servizio, e s presto. E ti voglio far questo servizio, perch non starei
no starve col cuor contento si no vedesse a che con il cuore contento se non vedessi come andr a fini-
muodo la va. E se questo xe la veritae, el ben che la re e se vero il bene che mostra di volermi. Ehi, senti,
me mostra de voler. Sbio. Aldistu an? Ti no me eh? Tu non mi senti? Di, figlia bella, senti?
alai? Di, fia bela, ldistu?
SCENA SETTIMA
SCENA SETTIMA
ANDRONICO, PITARO, DINA.
ANDRONICO, PITARO, DINA.
DINA Mi chiamate me, messere 125 ?
DINA Me ciamvu mi, messiere? ANDRONICO S, s, figlia, vieni un po gi. Direi bene
ANDRONICO S, s, fa, vien un puoco zoso. E che le donne hanno poco cervello, bench la maggior
dirve ben che le done havesse puoco cervelo, ben- parte delle persone ne abbia poco, se costei avesse
ch la mazor parte ghe nha puoco, se coss facil- cambiato idea cos facilmente.
mente custie havesse mu preposito. PITARO Vedetela qui, messere, che venuta.
PlTARO Vla ch, missiere, che l vegna. ANDRONICO Beh, figlia bella, che dici?
ANDRONICO Beh, fa bela, che dstu? DINA Di che cosa, messere? Non so, io. Non dico nien-
DINA De che, messiere? A mo s mi, a no dighe te, io 126 .
gnente mi. ANDRONICO Senti: questo bravuomo venuto a do-
ANDRONICO Aldi: stomo da ben te xe vegno a mandarti indietro da parte di tuo marito, e cos abbia-
domandar da parte de to maro, e s havemo fato un mo fatto un patto che, se tu vuoi andare, che ti lasci
pato, che sti vuol andar, che te lassa andar; si an andare; se vuoi restare, che tu resti. Tu sai bene quel
che ti vuol restar, che ti resti. Ti sa ben quel che ti che tu hai con me e se ti lascio mancare qualcosa. Fa
ha con mi e si te lasso mancar. Fa mo co ti vuol e come vuoi e come ti piace. Io da parte mia non ti dico
com te piase. Mi una volta no te digo altro. altro.
DINA Che mi vaga con me maro? Mo on volo DINA Che io vada con mio marito? Ma dove volete che
cha vaghe? A har agno d dele baston. Ma de in vada? Avr ogni giorno delle bastonate. Ma, in buona
bona f no, cha no ghe vo anare. Che se Di ma fede, no che non ci voglio andare. Che Dio mi aiuti,
a no l vorae m har cogness, che l coss fin non vorrei averlo mai conosciuto, che cos poltrone,
poltron, com negn altro che magne pan. Miedio in come nessun altro che mangia pane. Mio Dio, in buona
bona f no. Messir no, cha no ghe vu anare, che fede, no. Messr, no, che non ci voglio andare, che,
col vego, m deviso che vega el lovo. quando lo vedo, mi pare di vedere il lupo 127 .
ANDRONICO Basta, baste, baste. Vu me hav mo ANDRONICO Basta, basta, basta. Voi mi avete inteso.
inteso. Su satisfato? Quando ve digo mi che no la Siete soddisfatto? Quando io vi dicevo che non voleva
voleva vegnir, vu no me l volevi creder venire, voi non mi volevate credere.
PITARO Mo ald, messiere: el me ven lom ire dela PITARO Ma sentite, messere: mi fa venire soltanto
cavestrela; che el n mezora, puoco inanzo cha rabbia, questa scapestrata; perch non mezzora, po-
vegness a c, che lha dito a Bilora che la ghe co prima che veniste a casa, che ha detto a Bilra che
volea vegnire, se ben vu a no volivi. voleva venire via, anche se voi non volevate.
DINA Che? A ghe mi dito che a ghe volea venire? DINA Che? Io gli ho detto che ci volevo venire? Gli
A ghe dito... che me lha squaso fato dire (com ho detto... me lo avete quasi fatto dire (come disse la
disse la bona femena), a ghe dito un ttene. Lagh- buona femmina), gli ho detto un cazzo. Lasciatelo pure
lo pur dire, che l se lha pens. dire, perch se lo pensato lui 128 .
ANDRONICO Va pur in camera, e no criemo p. ANDRONICO Va pure in camera, e non gridiamo pi.
Basta, and con Dio. Che ve par mo? Mi laverae Basta, andate con Dio. Che vi pare ora? Lavrei giura-
zurao che la no sarve vegna. Volo altro? to che non sarebbe venuta. Volete altro?

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 27


PITARO Messir no, mi, che volvu cha vuogia? PITARO Messir no, io, che volete che voglia? Voglio
A vu dire che Bilora un mal uomo, e che lha dire che Bilra un brutto tipo, e che ha poca volont
puoca volont de far ben, e che a fass miegio a di far bene e che fareste meglio a dargliela 129 .
drghela. ANDRONICO Beh, che cosa vuol dire questo discorso?
ANDRONICO Beh, che vuol dire ste parole? E Credo che ne avremo abbastanza, tra poco. Mi vuoi
credo che ghe nhaveremo, mi, de boto. Che me vu- minacciare? Non farmi andare in collera, che dico sul
stu menazar? No me far andar in clera, che digo da serio, che ce la daremo gi per la testa da vero. Mi
seno, che se daremo z per la testa da bon seno. Ti sembri una bestia, a me, a dirtela in poche parole, e
me pari una bestia mi, a spazarte in puoche parole, va via di qua, e levati di torno, presto, che questa
e va via de qua, e ntate presto che questa xe una una massima che non ti voglio dare. Mi hai inteso? A-
maxima che no te la voio dar. Me hastu mo inteso? desso voglio uscire di casa, non lasciarti trovare, che ti
Che voio adesso in sr de casa, no te lassar trovar, pu capitare forse... Basta. Non pi 130 .
che intravegner forsi... Basta. No p. PITARO Ma andate al vento, che non vi veda mai
PITARO Mo an in vento, cha no ve vega m p. pi 131 .

SCENA OTTAVA SCENA OTTAVA

BILORA, PITARO. BILORA, PITARO.

BILORA Mo al sangue de Domenesteche! a sa ben BILORA Ma al sangue di Dominesteche 132 ! Sapete ben
dire. A on gha cri, n dito che a supia sbandiz, e dire. Non gli avete gridato, n detto che sono stato
s n ha biastem, n niente, vu! Miedio, sangue bandito, e non avete bestemmiato, n niente, voi! Per
del mal dela lova, da che cnchero svu? Shaess Dio, al sangue del mal della lupa 133 , di che cnchero
biastem, e se haess dito cha giera sbandiz, a te- siete buono? Se aveste bestemmiato e se aveste detto
gno fremamn che l me lharae d, perch com a che ero bandito, tengo fermamente 134 che me lavrebbe
ghe disissi che giera un mal omo e che haea puoco data, perch, come gli dicevate che ero un brutto tipo e
desierio de far ben, el ghe scomenz a tremolare el che avevo poca voglia di far bene, incominciava a tre-
sbarbuzale, che l no veva lora de ficarse in c. molargli la bazza 135 , che non vedeva lora di ficcarsi in
PITARO Mo te ghe divi vegnr un pu ti, perch te casa.
sbravi! Te me nincaghi ancora. N vero? PITARO Ma dovevi venirci un po, tu, che adesso urli
BILORA Mo a no ve nincago miga, mo a ve nhe come un bravo! Te la prendi con me ancora, non ve-
s puoco gra, che l ben puocco. ro?
PITARO Mo a dighe ben. Mo, mo, vutu vegni- BILORA Non me la prendo mica con voi, ma ve ne so-
re? no poco grato, molto poco.
BILORA No mi. An pure, cha ve s dire cha PITARO Ma dico bene 136 ! Basta, basta. Vuoi venire?
mha servo. BILORA Io no. Andate pure, che vi posso dire che mi
avete servito.

SCENA NONA
BILORA, solo. SCENA NONA
BILORA, solo.
Al sangue del mal de la zopa, le me va tutte pure
ala roessa. Mo... cass... cha l roesso elo con le Al sangue del mal della zoppa 137 , mi vanno tutte alla
scarpe in su. Mo... cass, cha l faghe insmerdare rovescia. Ma... lo rovescio io con le scarpe in su. Ma...
dal rise, cha ghe faghe lagare i zucoli e la bereta lo faccio smerdare dal ridere, gli faccio lasciare qui gli
chivel. Agno mu che vugie fare? A son deruin, zoccoli e il berretto. Ad ogni modo che voglio fare?
cha nhe dela vita. L miegio chal faghe fuora e Sono rovinato, per tutta la vita. meglio che lo faccia
che a min cave i pi. Tamentre supiando s arabi a fuori e che me lo tolga dai piedi. Ma, arrabbiato come
no vorae che la no butasse ben. Tramentrena a s sono, non vorrei che non buttasse bene 138 . Ma so ben io
ben mi z che a mhe pens. Com vega che l vegne ci che ho pensato. Come vedo che viene fuori, gli sal-
fuora, a ghe sborir adosso de fato, e s a ghe me- ter sbito addosso, lo colpir sulle gambe, e lui cadr
nar su le gambe, e lui cair in tera de fato ala bela sbito in terra al primo colpo, e allora gi, addosso,
prima, e man z per adosso, per longo e per traerso. per lungo e per traverso. gi molto che non gli fac-
Gran fato cha no ghe faghe borr gi uogi e la vita. cia uscire gli occhi e la vita 139 . Poh, s! Ma, s! Avr
Poh, s! Meh, s! lhar paura se a fago a sto mu. E paura se faccio in questo modo. E poi faveller da sol-
po a faeler da sold spagnaruolo che i soner p dato spagnolo che sembreranno pi di otto. meglio
doto. L miegio che proa un p a che mu a far. che provi un po in che modo farei. Orbntena, tirer
Orbentena, a cavar fuora la cortela. fuori il coltello 140 .

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 28


Lgame vere se la luse. Cncaro, la n tropo lusen- Lasciami vedere se luccica. Cnchero, non troppo lu-
te. El nhar tropo paura. E po a meto verbo gra- cente 141 . Non avr troppo paura. E poi metto, verbigra-
zia che questo cotale supie elo, e mi supie mi, Bi- zia 142 , che questo tale sia lui e che io sia io, Bilra, che
lora, che sa ben menare quando el vuole. E s a sa picchiare bene quando vuole. E cos incomincerei a
scomenzer a biastemmare e a catare quanti Criste- bestemmiare e a tirar gi quanti Cristelison 143 ci sono
lisone in Pava, e la Madrebeata e il Domineste- a Padova, e la Madre beata e il Dominesteco 144 . Potta
co. Pota chi te inzender e de que zodo, vecio sgu- di chi ti gener e di quel vecchio giudeo impotente ma-
reguro maledeto. Che puostu abavare, com a saer- ledetto 145 . Che ti possa arrappare come non sarai mai
ve m bon. Adesso te vu cavare el reore del culo. buono. Adesso ti voglio levare lo spino dal culo 146 . E
E mena, e di, tanto che lhar amaz, e po a ghe mena, e di, fin tanto che lavr ammazzato. Poi gli le-
caver la gonela e a ghe la tor mi, e s al despo- ver la gonnella e gliela prender io, e cos lo spo-
giar da un l e laltro mi... e man via corando. E s glier da capo a piedi, io... e poi via di corsa 147 . E cos
a l lagher chialondena stravac a mu un gran lo lascerei qui stravaccato come un grande caca di
boazn. E s a vender po l tabaro mi, e s me com- mucca 148 . E cos vender poi il tabarro, io, e cos mi
prer un cavalo mi, e s a far un sold mi, e s comprer un cavallo 149 , io, e cos mi far soldato, io, e
andar in campo: agno mu a ghe puoca volont cos andr al campo 150 : ad ogni modo ho poca voglia
de star a c. Mo, a me conzar chivelandena mi. A di stare a casa. Via, mi apposter qui, io. Vorrei che
vorae che l vegnisse fuora mi. A no vorae che l venisse fuori, io. Non vorrei che ci mettesse tanto tem-
stesse p. Tas. Vnlo? Elo vegn fuora? S. Oh po. Taci 151 . Viene? venuto fuori? S. Oh il cnche-
cncaro te magne vecio strassin... Pota de Cribele, ro 152 ti mangi, vecchio strascinato 153 ... Potta di Crbe-
mo on elo? A no lo gnan vegn? Mo he ben gua- le, ma dov? Non neanche venuto gi? Ho fatto un
gn mo. Guarda che l non ghe vegne p. Tas... Ala bel guadagno, eh. Vuoi vedere che non viene pi. Ta-
f me sona che l senta vegnire. El ven, s. A no me ci... In fede mi sembra di sentirlo venire. Viene, s. Non
garciaper p. Faze cha no ghe vu borire adosso minganner pi. Faccio che non voglio saltargli ad-
insina chel nha ser lusso. dosso finch non ha chiuso luscio.

SCENA DECIMA SCENA DECIMA


ANDRONICO, ZANE, BILORA. ANDRONICO, ZANE, BILORA.
ANDRONICO Chi diavolo xe sta bestia che va da ANDRONICO Chi diavolo questa bestia che va a
ste ore smorbizando per le contrae? Qualche im- questora a far chiasso per le strade? Qualche ubria-
briago? Col maln che Dio ghe dia, e la male pa- co? Che Dio gli dia il malanno e la mala Pasqua 154 , mi
squa, che i me ha fato muover quanto sangue ho hanno fatto muovere quanto sangue ho addosso. Pa-
adosso. Che pagherae una bela cossa esser signor gherei una bella somma per essere Signore di Notte 155 ,
de note, e catarli, ch ghe darae ben altro che susi- e trovarli, perch darei loro ben altro che susine. Sen-
ne. Aldistu? Ti no alai, Zane? ti? Tu non senti, Zane?
ZANE A son chiloga. ZANE Sono qui 156 .
ANDRONICO No vegnr. Resta a casa, fa compa- ANDRONICO Non venire. Resta a casa, fa compagnia
gnia a Dina, e vinme a tur pu ale quatrore e a Dina, e vienimi a prendere poi alle quattro 157 e porta
porta el ferl, sastu? il fanale, sai?
ZANE A vegnir ics press quant a por, naf d fa- ZANE Verr pi presto che potr, non datevi pensiero.
stidi. ANDRONICO meglio che vada di qua, perch passe-
ANDRONICO El xe meio che vaga de qua, perch r il traghetto laggi, e sar di l in un momento. Za-
passer el tragheto col, e s sar l in un trato. ne, chiudi la porta.
Zane, sera la porta. BILORA Ah, ti mangi il morbo, vecchio strascinato 158 ,
BILORA Ah, te magne el morbo, vecio strassin, prendi questo... prendi...
tu... tu... ANDRONICO Oh! figlio bello, oh! figlio bello... Ohi-
ANDRONICO Oh! fio belo, oh! fio belo... Ohim, m, ohim, al fuoco 159 , fuoco, fuoco! che sono morto...
ohim, fuogo, fuogo, fuogo! che son morto... Oh Oh traditore! Fuoco, fuoco... Ohim che muoio e sono
traditor! Fuogo, fuogo... Ohim che muoro e son morto...
morto... BILORA Fuoco, fuoco! Te lo caccer ben io dal culo il
BILORA Fuogo, fuogo! A te l parer ben dal culo fuoco. Dammi la mia femmina. La dovevi lasciar stare.
mi el fuogo. Dame mo la mia fmena. Te la divi la- Poh, via, credo che sia morto, io. Ma non batte pi n
gr stare. Poh, mo a cherzo che l sea morto mi. piedi n gambe. Poh, ha tirato le cuoia, lui. Mio Dio,
Mo no l sbate p n p n gamba. Poh, lha tir i buongiorno. Ha cagato i graspi 160 , lui! Te lavevo det-
lachiti elo. Miedio, bond. Lha cag le graspe, elo! to 161 ?
Te lhgi dito?

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 29


Note
si mette a parlare tra s e s a voce alta. In realt la paura
1
Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannome Bi- non verso il passato, ma verso ci che lo attende: si trova
lra indica la dnnola, un animale particolarmente subdo- in una citt sconosciuta, che cosa deve fare?
9
lo, aggressivo e sanguinario, che ama assalire i pollai e far Qui, ma anche per tutto il monologo, Ruzante sviluppa il
strage delle galline. Il nome molto probabilmente piano: tema virgiliano che omnia vicit Amor, et nos cedamus
Bilra, come Pitro. amori (Egloghe X, 69-70). Il paragone agricolo con-
2
Corruzione di Orbene, tieni. Il significato originale per veniente, ed entrato nei proverbi. I precedenti letterari
andato perduto e lespressione divenuta una intercalare. pi vicini si trovano sempre nella Nencia da Barberino di
Il monologo di Bilra che entra in scena si pu capire ed Lorenzo de Medici (1447-1492) e nella produzione let-
apprezzare se si tiene presente il successivo monologo che teraria toscana del Quattrocento.
10
Andrnico fa quando a sua volta entra in scena (scena Cnchero, come pi sopra cagasangue, un modo ami-
quarta): Bilra si lamenta che lamore prende non soltanto chevole e quasi affettuoso di chiamare o di rivolgersi a
i giovani, ma anche i vecchi; Andrnico contento perch qualcuno. Cnchero fa riferimento allomonima malattia;
non ha provato lamore in giovent e lo prova adesso che cagasangue invece alle emorroidi, una quasi malattia. Tut-
vecchio. Il monologo di Bilra particolarmente esilarante te cose comuni. Labuso delle due parole ha fatto perdere
per i nobili spettatori, perch tutto intessuto di citazioni il significato iniziale: sono divenute due semplici emissioni
dotte, che rimandavano alle varie teorie dellamore della di voci, che non sono sentite come offese da chi interpel-
letteratura ufficiale presente e passata: lamore onnipotente lato in tal modo.
11
di Ovidio, lamore come pena di Andrea Cappellano, il Batoste. Qui Bilra le prende addirittura dal dio Amore,
folle amore della poesia provenzale, lamore a cui non si un concetto personificato. Egli si sente come un cane ba-
pu resistere del Dolce stil novo. C anche la confutazio- stonato, che ad ogni momento ha paura di prenderle.
12
ne dellamore di terra lontana di Jaufr Rudel: Bilra va Lo scrittore fa il verso alla teoria dellamore come pena
a Venezia a prendersi la moglie che gli era stata rapita cantato da Andrea Cappellano (sec. XIII) e ripreso da tanti
3
Al diavolo anche lamore! Un accidente anche al- altri autori del suo tempo.
13
lamore! Bilra si sente oppresso dallamore Potta pe- Il ragionamento lineare, lamore, i giovani, il vecchio.
r la vagina, che divenuta una delle tante intercalari del Cos appare largomento o lantefatto della commedia: il
discorso. Ancor oggi essa compare in imprecazioni simili. vecchio gli ha portato via la moglie. Lha portata in citt.
Nel dialetto del protagonista le parole provengono dallal- Nella Mandragola (1518) di Machiavelli c un presenta-
to, dallesterno del suo mondo, sono recepite in modo ap- tore che, svolta la sua funzione, scompare sbito; e lante-
prossimativo e distorto, e diventano in molti casi semplici fatto viene fatto conoscere agli spettatori dal dialogo tra il
intercalari senza significato. Il termine si trova anche nella protagonista Callimaco e il suo servo.
14
coeva Mandragola di N. Machiavelli (II, 6). Il termine usato in modo offensivo. Ma sbito dopo il
4
Veramente. Lavverbio un rafforzativo, per lo pi inuti- motivo si spiega: il vecchio pieno di denari.
15
le. Esso una intercalare, che al protagonista serve come Lungo i canali dellentroterra veneziano. Era il lavoro
identificazione linguistica e come dimostrazione di cultura. che i contadini facevano piuttosto che rimanere disoccupa-
La sua lunghezza contrasta con le parole sincopate del dia- ti. Il lavoro era durissimo, ma era meglio che morire di fa-
letto. Limpotenza reale si trasforma in rivalsa a livello lin- me Il paragone o lassociazione didee che segue (mo-
guistico: il protagonista orgoglioso e spavaldo, perch glie-barche) grottesca ed esilarante.
16
conosce una parola difficile, che usa per infiorare il lin- Il vecchio ricco, il protagonista povero, senza nean-
guaggio che adopera. che un denaro, e affamato. Fame di cibo e fame di sesso
5
Bilra sa di essere a Venezia: vi andato per riportare a sono i punti di riferimento unici e costanti della vita del
casa la moglie. Ma non conosce la citt e ne intimidito. protagonista e del mondo contadino a cui appartiene.
17
abituato alla realt della campagna. La fame ha la meglio sullamore. Ben inteso, lidea di
6
Il protagonista parla dellamore di cui ha sentito parlare. pagare non nemmeno presa in considerazione: in tasca
Un argomento strano, che egli interpreta a suo modo. Qui non ha denari e normalmente non sa che cosa siano.
18
lo scrittore celia con lamore dotto: fa calare su un conta- Nel dialetto pavano il nome o, meglio, il soprannome
dino ignorante lonnipotenza dellamore. I risultati, per i Pitro indica il cesto o il vaso di terra. Lallusione al ca-
nobili spettatori, sono straordinariamente comici. I prece- rattere o allaspetto del personaggio. Il nome certamente
denti letterari della commedia si trovano nella cultura to- piano.
19
scana del Quattrocento, ad esempio nella Nencia da Bar- Pitro sorpreso di vedere Bilra a Venezia, ed esce con
berino di Lorenzo de Medici (1447-1492). quellespressione. Non si aspettava di trovarlo. Lespres-
7
La mia donna, la mia poveretta. C un senso di affetto sione amichevole e si usa tra amici. Si trova gi nella
nellespressione. Ma non si va pi in la di questo po di Mandragola (1518) di Machiavelli. Lespressione indica
affetto verbale. Il linguaggio diventa improprio appena il una esperienza molto comune tra la popolazione, aristocra-
protagonista esce dal suo mondo reale e linguistico. Egli tica o popolare che sia: le emorroidi che si gonfiano, fanno
usa una terminologia presa dal contesto religioso da cui soffrire e sanguinano. In questo modo le feci erano fram-
stato colonizzato. miste a sangue.
20
8
Il viaggio dal contado di Padova a Venezia circa 40 Zio. Bilra cerca di risolvere il suo problema non ri-
chilometri vissuto in termini drammatici ed epici: volgendosi a qualche istituzione statale, ma per via privata,
limpresa lo ha reso stanco di vivere, lo ha stroncato. Cos rivolgendosi a suo barba. Il termine usato in senso lato

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 30


ed esprime rispetto per la persona, che pi importante di ma ha paura che il vecchio se la prenda con lui o lo faccia
chi parla e alla quale si chiede aiuto. Sotto la parola c affogare in qualche canale. Perci chiede aiuto a Pitro.
27
una captatio benevolentiae, espressa anche da tutta la fra- Sono i canali di Venezia, putridi e inquinati, usati per
se: tu sei pi capace e pi forte di me, aiutami, sono sicuro scaricare rifiuti di tutti i tipi. La morte era sicura...
28
che mi puoi aiutare. Bilra d del voi a Pitro, invece Pit- Suscettibile.
29
ro gli d del tu. Ugualmente la Dina d del voi al marito, Pitro d i suoi consigli, ma Bilra non capisce, non sa
che invece le d del tu. I rapporti sociali e i rapporti di for- che cos la captatio benevolentiae. Pitro non dice il no-
za si vedono anche da questi piccoli particolari. me del vecchio: non lo conosce, perci lo chiama messer
21
Pitro non gradisce lincontro e non sa che cosa dire. bello, messer caro. Bilra fraintende, e non riesce a capire
Bilra una persona da evitare: capace soltanto di chie- che linterlocutore d consigli generici e non ha informa-
dere e mai di contraccambiare. zioni precise sul vecchio.
22 30
Bilra si aspetta che Pitro gli legga nel cervello, ma Andrchene corruzione e storpiamento di Andrnico,
questi cade dalle nuvole e gli chiede di che cosa si tratta. un nome eroico ed elevato, addirittura straniero: dava pi
Bilra pensava che tutti sapessero quel che gli era succes- prestigio. Deriva dal sostantivo greco , , uo-
so: pensa inconsapevolmente che il suo mondo sia il mon- mo + laggettivo , , , vincitore. Insom-
do di tutti e che esista soltanto il suo mondo e i problemi ma significa uomo vincitore. Nel seguito si vedr quanto
del suo mondo. Non riesce a capire che esiste anche e Andrnico sia vincitore ( impotente e ci lascia la pelle)!
soprattutto il mondo degli altri, anzi che ognuno ha il suo Forse gli spettatori risalgono al nome, forse no. Intanto ri-
mondo e i suoi problemi. Non capisce nemmeno che il suo dono e poi vengono a sapere il nome corretto del vecchio
mondo insignificante sia rispetto a tutti gli altri mondi veneziano.
messi insieme, sia rispetto ad un mondo qualsiasi di chi 31
Lo zio, che pi esperto della vita, d i consigli: vai a
pi importante di lui. Forse le stesse cose si potrebbero di- chiederla con le buone maniere e mostrandoti rispettoso...
re in un modo pi pregnante. Egli confonde e mescola il Ma per ora non si vuole coinvolgere in prima persona. Pre-
suo mondo interno e il mondo a lui esterno. E fa questo vede gi che Bilra gli chieder aiuto
ragionamento: se io so una cosa, la devono sapere anche 32
La cosa importante: uno che si limita a gridare o
tutti gli altri; se io ho dimenticato una cosa, basta che la uno che si mette a picchiare? Bilra ha una grande espe-
chieda agli altri. Questo modo di pensare si spiega facil- rienza delle susine, cio delle batoste, dalla vita.
mente: il personaggio non ha costituito nessun diaframma 33
Piazza san Marco, luogo dincontri e di contrattazioni.
tra il suo mondo interno ed il mondo interno. I due mondi 34
Anche qui Pitro risponde con le informazioni che de-
si mescolano senza ordine. La confusione del suo mondo sume da Bilra o con ci che Bilra si aspetta di sentirsi
interno dimostrata anche dal continuo ragionare con se dire. Lespressione di Pitro una mezza imprecazione,
stesso e, in sguito, dal fatto che si sdoppia: egli stesso e il che divenuta una intercalare. Come tante altre intercalari
suo avversario veneziano (scena nona). ha perso qualsiasi riferimento alloggetto che doveva in-
23
Ttene o ttano un uccello palustre dal collo molto dicare. Si trasformata in una semplice emissione di voce.
lungo. Il termine usato in sostituzione di un termine sog- Faceva senzaltro riferimento al sangue di Cristo, che rice-
getto a interdizione sessuale. Ma con poco successo: i t- veva una particolare attenzione durante la Settimana Santa.
tani diventano ben presto i testicoli. Lequivalente odierno Il sangue si trova per anche in unaltra mezza impreca-
ha le stesse caratteristiche di eufemismo: le palle. Ed u- zione: cagasangue. Il linguaggio contadino non riesce ad
nisex: ragazzi e ragazze invitano a non rompere loro le uscire dal suono delle parole. Assomiglia ad un buco ne-
palle. Qualcuna, che ha lanimo della filologa e che odia i ro, che risucchia quanto incontra e non fa uscire nulla da
discorsi approssimativi dice le ovaie. La sostanza non cam- s. Il linguaggio corretto, proprio, ufficiale invece del
bia, il discorso e resta sul piano metaforico. tutto opposto: il termine indica un oggetto e soltanto quel-
24
Bilra non ha mai sentito un nome cos, perci lo ricorda lo; lo indica in un modo specifico ed univoco. Non esisto-
e lo riferisce storpiandolo. Per altro cos disorganizzato, no sinonimi in senso assoluto, ogni termine sottolinea
che non ha memorizzato bene neanche il nome di chi gli ha unarea o un aspetto specifico delloggetto indicato. Pro-
portato via la moglie. Poteva soltanto memorizzare il no- prio nel Quattrocento in seguito allo sviluppo delle stam-
me: non sapeva certamente scrivere. Lequivoco e la stor- perie e alla necessit di fare traduzioni i vocabolari bilingui
piatura delle parole difficili sono le occasioni che nessuno o trilingui hanno uno sviluppo enorme.
scrittore di teatro si lascia sfuggire e che anzi si crea inten- 35
Fingi di niente, che la cosa non ti riguardi. Un grande
zionalmente per far ridere gli spettatori. consiglio.
25 36
Pitro non conosce il fatto n conosce Andrnico. Si li- La s-ciavina la sopravveste o una coperta pesante. Per
mita a confermare quel che gli sembra di avere capito dalle traslato in gergo diventa il cappotto di botte.
parole di Bilra, che il rubamogli abita in quel portone. 37
Dina ha seguito il vecchio, perch pu mangiare, bere ed
26
Bilra non vuole litigare, non vuole portare la questione essere ben servita e riverita come dice unaltra espres-
in tribunale. Si accontenta di riavere indietro la moglie. E sione del linguaggio popolare. I popolani potevano man-
un giusto compenso pochi marchetti, una moneta di scar- giare poco, non erano serviti, dovevano servire e riverire.
so valore per i servizi sessuali che questa ha reso al vec- Di qui questi ideali di vita irraggiungibili. Pitro ricostrui-
chio (glieli addebita anche se prima lo aveva considerato sce immediatamente quello che successo e perch. aiu-
impotente, ma gli affari sono affari). Farebbe il bravaccio, tato anche dalle poche informazioni che ha sul vec-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 31


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chio, che conosce almeno di vista: lo avr incrociato pi Bilra pensa a quel che pu guadagnarci: qualcosa, qual-
volte percorrendo quella strada. che denaro. la terza volta che lo dice. La fuga della mo-
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Bilra vuole fraintendere: il vecchio non pu farle i ser- glie pu diventare la sua fortuna economica: bisogna sape-
vizi sessuali che sa fare lui. Pitro precisa: c un servo che re sfruttare le occasioni favorevoli... La fame di cibo e la
li serve tutti e due. povert economica gli fanno dimenticare tutto, il motivo
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Va a orinare. Cos ha la possibilit di sganciarsi da Bil- per cui venuto a Venezia e le capacit amatorie di cui si
ra e di non perdere tempo. Poteva ritornare e poteva fare a era vantato poco prima. Egli capace di pensare soltanto
meno: lavrebbe deciso poi. Il motivo di questo andarsene una cosa alla volta, non riesce a pensare in modo organiz-
emerge chiaramente in seguito. Qui e altrove Pitro con- zato e a largo respiro. Ad esempio: convinco mia moglie a
ferma sempre ci che Bilra vuole sentirsi dire: Andrnico tornare a casa e, gi che ci sono, cerchiamo insieme di de-
impotente, c soltanto Dina in casa... Bilra non si ac- rubare i vecchio.
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corge mai che lui la fonte delle notizie del bugiardo Pit- La donna senza volont: pensa di dovere ubbidire, co-
ro. me al solito. Ma teme di essere picchiata per quel che ha
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Potta del cnchero unespressione oscena, ma anche fatto.
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una combinazione senza senso di parole. Ma potta pure Bilra la rassicura e trova una giustificazione per lei, ma
cos significa ma vada pure cos. Nel linguaggio nor- anche per lui: non sei andata via volentieri con il vecchio.
malizzato le parole hanno un significato diretto e descritti- Nessun riferimento al fatto che lei faceva la fame e che lui
vo, cio sono usate in senso proprio, anche se permettono per di pi la batteva. Ma i panni sporchi si lavano in fami-
poi un oculato uso improprio; in quello dialettale hanno glia! Unaltra omissione costituita dalle corna che il pro-
invece un significato per lo pi indiretto ed emotivo. Qui tagonista si prende o gli vengono messe in testa. Non se ne
come altrove emerge la pratica scorretta del linguaggio da parla mai. Ma, quando lo stomaco brontola di fame, non si
parte di un appartenente al popolo: la convinzione che le pu guardare a particolari insignificanti come questo. Non
parole si possano assemblare tra loro senza nessun limite e c tempo per il delitto donore.
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senza nessun divieto. Questa pratica presente anche in Ti giuro sopra la mia fede... La fede chiaramente la
seguito. fede in Dio. La cultura contadina deve molta alla cultura
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Le clzere sono i piumini per le coperte. abituato a ecclesiastica. Il rapporto con la religione per ancipite:
prenderle. accanto alle invocazioni ci sono le imprecazioni. E in pro-
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Trema dalla paura. posito Bilra, ma anche Pitro ci sanno fare! I loro discorsi
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In senso affettuoso. sono pieni dintercalari che uniscono il nome di Dio e dei
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Parlare. La favella la lingua, il parlato. Letimologia santi con termini sessuali.
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latina: fabulor, parlo. Il termine popolare. In italiano di- La donna indica i difetti del vecchio. Li dice al marito,
venta confabulo, parlo con qualcuno. per non toccare i motivi per cui se n andata da casa e per
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Sopra laveva chiamata la mia cristiana, qui si presenta non dire che l sta meglio. Tutto ci avrebbe potuto irritare
come il tuo cristiano. Il termine cambia per significato: la il manesco Bilra. I difetti sono veri, come risulta anche
mia poveretta (in senso affettuoso) diventa colui che ti dal monologo di Andrnico (scena quarta) e la disturbano,
vuol bene. ma li usa anche istintivamente per sviare il discorso e per
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Dina si preoccupa della presenza di Bilra, ma sbito farsi compatire. Ha per la testa i piccoli problemi della
dopo gli ubbidisce. Labitudine alla sottomissione ha il so- nuova casa, mentre del marito ricorda soltanto che la pic-
pravvento. La moglie da del voi al marito, mentre Bilra le chiava.
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d del tu. A partire da questa battuta Bilra cerca di persuadere la
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La donna obbedisce sbito. Tra i due non c n litigio moglie a tornare a casa. Largomentazione indiretta (i
per la fuga della donna (e per i motivi che lhanno portata giovani non si capiscono con i vecchi ). Dina non lo ascol-
alla fuga) n alcuna manifestazione visibile di affetto. I ta e continua con il filo dei suoi pensieri (il vecchio le fa
contadini non ci sanno fare. Non ci sono abituati. Per far schifo). Bilra allora entra nel discorso di Dina (il vecchio
ci, serve cultura. Non ce lhanno. un letamaio). La donna sinalbera (sa dire soltanto cose
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D pure per scontato che la costringer a darmi qual- sporche). Bilra riprende lopera di persuasione con un
cosa. Bilra parla tra s e s. La susina un frutto, ma qui altro argomento, che non privo di una sottigliezza psico-
indica qualche soldo, come detto sbito dopo, o qualche logica (vuoi ritornare a casa tua?). La donna dice che lei
vantaggio. Altrove indica le batoste che Bilra si preso vorrebbe ma che lamante non vorrebbe, e riprende a dire
(scena prima). Questo uno dei tanti casi in cui il linguag- quel che lamante le fa. Bilra insiste (ma tu vuoi o non
gio usato in modo non normalizzato, improprio, metafo- vuoi?). La donna d una risposta ancipite (vorrei e non
rico. Dina si comporta allo stesso modo. Poco dopo ri- vorrei). Allora Bilra devia il discorso sullamante. La
sponde con un Buonasera!, che significa Non ci credo donna lo invita ad andare via (caro fratello, andate via...).
proprio!. Il potere e lefficacia sulla realt del linguaggio Bilra non dice le parole che la controparte vorrebbe sen-
normalizzato sono legati proprio al suo uso diretto (ogni tirsi dire (ti voglio bene, ti amo pi di lui, a casa nostra stai
termine indica un unico oggetto) e alla normalizzazione meglio), perch non le sa dire e perch vero proprio il
del suo uso indiretto (le figure retoriche). In tal modo si contrario.
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elimina qualsiasi fraintendimento fra chi parla e chi ascol- Dina ha anche bisogno di sfogarsi, perch caduta dalla
ta. padella alla brace. Lo pu fare soltanto con Bilra, lunica

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 32


persona che conosce a Venezia. Se poteva scegliere, la- considera un semplice oggetto, come se non avesse volont
vrebbe fatto con unaltra donna. e come se la decisione non la riguardasse.
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La vergogna o, meglio le vergogne sono gli organi geni- Con Bilra. Dina ha abbassato la voce e parla tra s e s.
tali. Luso traslato si trova gi in Omero (Odissea, VI, A parole ha ceduto al marito, ma di fatto sceglie di rimane-
129). Qui per il termine per metonimia indica la merda, re con il vecchio. Forse ha pensato che di l a poco poteva
che il soggetto della frase successiva: ...ma [la merda] morire e lasciarla unica erede del patrimonio.
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gli deve essere andata da unaltra parte, non vero?. Da Crbele vale Cristo. Crbele una deformazione eufemi-
unaltra parte, cio nel membro di Andrnico. Bilra in- stica di Cristo, che deriva dal tardo latino criblum (<cri-
tende alludere allimpotenza del veneziano e, indirettamen- brum). Nei dialetti settentrionali ha dato cribbio, in france-
te, al suo vigore sessuale. se crible, una imprecazione che non tale.
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Bilra, che non ha capito la piccola strategia della mo- Il soldato un campione di forza, di coraggio e di spa-
glie, rincara la dose, ma la donna lo ferma: si comporta valderia. Ha anche uno status symbol, larma con cui com-
male come sempre. Poco dopo la donna gli dice che An- batte. Per un contadino, che si trovava nellinfimo grado
drnico le vuole bene. Bilra, che ancora non capisce, le della scala sociale, anche la posizione di un soldato, che
chiede un tozzo di pane. La donna si prende unultima era di poco superiore alla sua, diventava appetibile e un
vendetta... ideale di vita. Negli eserciti del tempo e dei secoli succes-
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Nessuna scenata: vuoi tornare a casa o vuoi rimanere sivi i soldati erano sempre richiesti, ma la domanda era
qui? Bilra si comporta come se la cosa non lo riguardas- sempre superiore allofferta: la disciplina era dura e il sala-
se. Altrove Pitro gli aveva detto di comportarsi come se la rio modesto. E si moriva non in battaglia ma di una delle
fuga della moglie non lo riguardasse (scena seconda). Il infinite epidemie o malattie possibili, che erano endemiche
comportamento di Bilra comprensibile: non mai stato negli accampamenti.
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protagonista nella vita, non riesce a capire la realt, n la Sembra che Bilra capisca che la moglie gli preferisce il
moglie, n Pitro, n il vecchio. vecchio, con cui ha un migliore tenore di vita. Perci la
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La donna non ha una volont propria: il vecchio non accusa di tirare indietro il culo, cio di fare marcia indie-
vuole che lei se ne vada, perci neanche lei vuole andarse- tro, di voler restare con il vecchio e di non volerlo seguire.
ne. Per di pi servita e riverita... Di qui anche limprecazione finale Schifosa che sei! ,
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Lo giuro sopra lanima mia. Il dialetto e chi parla il dia- quando si accorge che la moglie si ritirata in casa e gli ha
letto ricorre alle ellissi al di l del ragionevole. La lingua chiuso la porta in faccia.
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ufficiale invece fa il contrario: gi normalmente le cose La donna fa un cenno con la mano. Bilra la picchiava.
sottintese sono troppe, e possono dar luogo ad inconve- La societ se la prendeva con lui, ed egli si scaricava sulla
nienti. Se poi si va nella direzione opposta di aumentarle... moglie. La donna preoccupata di prendere batoste, ma
La differenza tra interlocutori normali e interlocutori dia- rassegnata. Prenderle faceva parte della sua condizione
lettali questa. I primi sanno che nella comunicazione c femminile e dei doveri coniugali. Poteva anzi preoccuparsi
una fonte emittente e una fonte ricevente e che conviene se il marito non la picchiava...
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essere chiari, cio ridurre al minimo i rumori, le espressio- La donna esegue la volont altrui e si sottomette alluo-
ni ambigue, i fraintendimenti, sempre in agguato e sempre mo senza opporre resistenza. talmente abituata a sotto-
pericolosi. I secondi fanno il contrario, credono alla lettura mettersi e a pensare con la testa altrui, che non si accorge
del pensiero, e sono costantemente convinti che quel che della contraddizione in cui cade: far quel che vorr An-
pensano, quel che sanno e quel che vogliono sia immedia- drnico o, in ogni caso, far quel che volete voi. Se le pa-
tamente conosciuto e capito dalla controparte, nellacce- role avessero un senso, dovrebbe seguire immediatamente
zione in cui essi lo pensano e con i sottintesi o i presuppo- il marito... Per altro la contraddizione soltanto apparente:
sti che essi vi hanno incluso. Insomma costoro credono essa ha ben fissa nel capo lidea che deve fare la volont
alla telepatia. Il fatto che non hanno esperienza della co- altrui. E d ragione alluomo che ha pi vicino, e/ma gli d
municazione e, quando succedono fraintendimenti, danno ragione ma senza troppa convinzione, come se la cosa non
la colpa alla controparte o allinterlocutore, che non li a- la riguardasse o non avesse alcuna importanza. Daltra par-
vrebbe capiti. Non danno mai la colpa a se stessi, che han- te neanche Bilra coglie la contraddizione, neanche lui
no emesso un messaggio, una comunicazione, che si pre- parla come se cose avessero importanza o lo riguardassero.
stava anche ad altre interpretazioni. Essi hanno perso o non hanno mai avuto il contratto
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Dopo le critiche i complimenti: il vecchio uno schifo con la realt di se stessi e con la realt delle cose.
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ma mi vuole bene e mi fa star bene. La donna aveva biso- Bilra deve soddisfare la sua fame, e chiede. La fame
gno anche di un po di amore e di affetto (e di benessere), sessuale dimenticata. Egli non si fa problemi di opportu-
oltre che di attivit sessuale, di stenti e di percosse, a cui la nit: vede la possibilit di scroccare un pranzo, e lo fa. Per
sottoponeva il marito. di pi sbito dopo conta le monete e si preoccupa di non
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Mi farai andare in collera. Pi avanti Andrnico, che spenderle tutte, di risparmiare, di tesaurizzare. Ricchezza
un altolocato, avr invece le fumane. significa non tenore di vita; significa possesso di monete o
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Bestemmiare. Bilra fa una specie di minaccia preventi- di monete metalliche preziose, insomma tesaurizzazione.
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va, per far cedere la donna ai suoi propositi. Lanconta Dina ha imparato rapidamente a maneggiare il denaro; e,
limmagine sacra o limmagine votiva. dandogli alcune monete, si prende una rivincita su di lui,
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La donna non sa a quale delle due volont maschili vuo- povero in canna, che non le ha mai portato denaro in casa.
le o deve sottomettersi. Anche nella risposta successiva si Ma Bilra non capisce la vendetta della donna, anzi an-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 33


cora pi contento: chiedeva soltanto un pezzo di pane, ed lettura silenziosa o il pensiero silenzioso, a bocca chiusa,
ora riceve denari e addirittura pu andare a mangiare una scoperta che sar fatta secoli dopo.
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allosteria! Concludendo brevemente. Andrnico fa parte della clas-
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E se (succede che) non la trovo? Bilra preoccupato se bassa o medio-bassa, ha una cultura infarcita di latino e
dal gran fatto di non trovare la locanda in fondo alla via. si esprime usando quella cultura anche quando parla da
Nel dir questo mostra di non conoscere una proposizione solo.
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semplice come quella introdotta dal se. Nel testo la con- Ruzante fa il verso alle donne di fine Quattrocento e alle
giunzione se usata una sola volta, nella forma di sen (sce- poesie che ricevono dai loro innamorati.
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na terza): la consonante finale aggiunta a sproposito, per- In conclusione. la consueta reminiscenza latina del
ch il protagonista non ha dimestichezza con il termine. vecchio veneziano.
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Mentre egli si volta, Dina entra in casa e chiude la porta. Andrnico fa la sua professione di fede a proposito delle
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Bilra ha poca dimestichezza con il denaro, e si mette a donne. La Dina gli ha rinnovato lo spirito e la vita. E, poco
contare una per una le monete che ha ricevuto. Ricorda an- dopo, anche le gambe: si sente capace di fare alcuni balli
cora la prima che ha speso: era innamorato... La moraglia molto impegnativi.
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o muraiuola una moneta di rame o di altra bassa lega, in La differenza (e la contrapposizione) tra padrone/padro-
genere scura perch ossidata. Il cornacchione era una mo- na di casa e servo/serva ridotta ai termini pi essenziali:
neta dargento che aveva impresso un cimiero con due ali il padrone comanda, il servo ubbidisce.
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spiegate, che sembravano due corna. Il trn o lira trona era Due danze molto diffuse e molto note nella Venezia del
una moneta coniata a Venezia nel 1472, che recava tempo.
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limmagine del doge Nicol Tron. Lunica moneta di un Tira su, alza il chiavistello.
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qualche valore. Andrnico pensa che sia la Dina ad aprirgli. Quando si
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Zane, cio Gianni, Giovanni, un generico nome di ser- accorge che il servo, impreca e cambia rapidamente tono
vo. In certi manoscritti si trova Tonin, che in altre com- di voce.
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medie pure servo o fante bergamasco. Il linguaggio che il Che cosa volete? Zane (o Tonin) non veneto, non
personaggio adopera non mai veneziano. dice Comandi!; bergamasco, dice Che cosa a voi pia-
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Tuttavia. la solita reminiscenza del latino studiato in ce?. Il verbo e la costruzione francese con plaisir si tro-
giovent. Tutto il monologo di Andrnico si pu capire ed vano anche nel Decameron: Se vi piace, Sil vous pla-
apprezzare soltanto confrontandolo con il monologo inizia- t.
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le di Bilra (scena prima). Andrnico sente freddo e vuole le piccole gioie della vi-
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Andrnico si abbandona ai ricordi della sua giovinezza. ta: un po di caldo quando in casa. Quando esce, il fuoco
E ricorda ci che gli amici gli dicevano: chi non pensa alle viene spento, perch bisogna risparmiare. Egli ricco, ma
donne da giovane, ci penser da vecchio. E simmedesima senza esagerare. Il mezzanino una stanzetta pi piccola
in quando era giovane. Questevasione lirica fa il verso a delle altre, situata tra il primo piano e il piano nobile oppu-
F. Petrarca e al petrarchismo del suo tempo. re tra due piani pi alti. Era usata particolarmente dinver-
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Ruzante prende in giro luomo innamorato, che passa il no, perch si riscaldava pi facilmente.
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tempo a sospirare e che ha la testa tra le nuvole. Qui per Bilra non riflette sulla stranezza della cosa: con la scusa
lautore fa riferimento non alluomo innamorato, ma di andare a orinare, Pitro laveva lasciato solo con i suoi
alluomo che ha la testa fra le nuvole, che pensa e che non guai. N si accorge della risposta incerta di Pitro, che non
agisce. Andrnico ha aspettato la vecchiaia per mettersi ad sa che cosa rispondere e che teme che le sue intenzioni sia-
agire. Un acido e velenoso riferimento a tanti nobili poco no troppo visibili. Inizia con un Beh, e poi commette un
attivi e rimasti celibi o per inappetenza sessuale o per pau- altro errore...
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ra delle donne o perch rimasti attaccati alle gonne della Pitro ritornato, e fa una domanda a cui Bilra avrebbe
madre, che li ha distolti dalle attenzioni verso il sesso risposto con soddisfazione: hai mangiato?, e poi chiede
femminile. pi precisamente se il vino era buono. Ma come fa a sapere
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Le ultime azioni non rispondono alle prime. Il vecchio tutte queste cose e perch ritornato? Di nascosto ha as-
non ha pi le capacit sessuali della giovent. divenuto sistito al dialogo tra la Dina e Bilra, ha visto che la donna
quasi impotente e un po si lamenta. Usa una reminiscenza dava qualche denaro al marito, poi ha visto il marito anda-
giovanile, per descrivere eufemisticamente la sua condi- re allosteria. Perci ritornato. Ora pensa di... Bilra con-
zione. Da giovane, quando studiava il latino, il suo stato tinua a non insospettirsi. proprio nato per farsi inganna-
era diverso. re!
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Nec plus ultra, non andiamo pi oltre, chiudiamo il di- Pitro decide dintervenire: pu esserci un qualche gua-
scorso, non parliamone pi. Andrnico usa pi volte que- dagno. Cos dai consigli passa a proporsi come concreto
sta espressione latineggiante. Ogni tanto spunta la cultura intermediario tra Bilra e Andrnico.
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letteraria e raffinata del vecchio veneziano. Queste parole mostrano che ha spiato lincontro tra ma-
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Ragazza, in senso affettuoso. Al tempo significava an- rito e moglie. Mostrano anche che Bilra prima non si
che donna da partito e massaia o fantesca. Andrnico accorto di essere spiato, ora non nota queste parole rivela-
come pi sopra Bilra non parla al pubblico, parla tra s trici dette da Pitro. Cos non pu accorgersi se lo zio
e s, tra s che parla e s che ascolta. A voce alta, come tornato con qualche seconda intenzione: farsi pagare o
normalmente si fa quando c un altro interlocutore. La qualcosa di simile. Intanto Pitro incoraggiante e tra-

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 34


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smette a Bilra la sicurezza che ce lavrebbero fatta: Gli Parlare. Pitro conosce se stesso e conosce il motivo
dici sbito che la tosa verr via anche se lui non vuole. della sua visita. D per scontato che sappia le due cose an-
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Bilra pensa che un cittadino sappia difendere le sue ra- che linterlocutore. cultura e mentalit popolare questa
gioni meglio di quanto possa fare lui stesso. il potere convinzione che le conoscenze e le convinzioni, che uno
della cultura, che i contadini non hanno. E la cultura una ha, non siano richiuse soltanto nella propria (o nellaltrui)
prerogativa della citt. mente, ma siano comuni. La cultura ufficiale invece sa che
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Per il sangue di Cristo! una mezza imprecazione. Per niente (o quasi) ovvio in s n, tanto meno, per le due
il sangue di... il prefisso di tante altre imprecazioni di Bi- parti. Le informazioni vano sempre esplicitate.
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lra e di Pitro. Bilra si ripete per la terza volta: ora diventa bandito...
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Bilra vive il mito del soldato, forte, coraggioso e sicuro Un bandito che ha bisogno di aiuto da Pitro: non capisce
di s. Egli per non sicuro che la minaccia sia efficace. la contraddizione. In vita egli non mai stato protagonista.
Altrove non nemmeno sicuro che la Dina sia disposta a Ed anche quando una faccenda lo riguarda non capace di
ritornare a casa da lui. Egli non conosce la realt, n ha agire in prima persona.
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strumenti per dominarla. Chiede aiuto a Pitro e alla fine Andrnico parla con Dina o, molto pi probabilmente,
della commedia si abbandona ad una violenza fine a se con se stesso. Laveva gi fatto al momento della comparsa
stessa. Un po di sesso e un po di cibo sono gli ideali pri- in scena. Laveva fatto anche Bilra agli inizi della com-
mi ed ultimi della sua vita. Il sesso variato e allietato con media. Il fatto era normale. Nel Medio Evo si leggeva a
un po di busse alla moglie. Daltra parte bastonare le voce alta o almeno muovendo le labbra, ed era visto con
mucche (quando si avevano) o bastonare la moglie era la diffidenza chi leggeva in silenzio.
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stessa cosa. Pitro non conosce il vecchio. Gli d del voi. Andrnico
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Bilra forse si vanta o forse stato effettivamente sol- invece lo conosce e lo chiama per nome. Gli d del tu. I
dato. Sta di fatto che non ha appreso n il coraggio n co- rapporti di classe sono rispettati. I rapporti di forza sono
me fare a sbrigarsela da solo. Ha bisogno di un cittadino, completamente sfavorevoli a Pitro. Andrnico ha il potere
Pitro. Pi sotto si vanta anche di essere stato bandito. Per che gli deriva dallinformazione, dal sapere. Anche in que-
sicurezza ripete per una seconda volta a Pitro di dire ad sto caso lo scontro tra i due personaggi si trasforma in uno
Andrnico che stato soldato. scontro tra due culture e due spazi diversi: cultura cittadina
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Discorso. Il termine dotto. La cultura contadina sim- e citt, cultura contadina e contado. Ed emerge la superio-
possessa dei termini che piovono dallalto. rit della cultura cittadina, davanti alla quale il cittadino
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Gli organi genitali rinsecchiti. Gli scofn o scufn sono emarginato (Pitro) o il contadino inurbato (Bilra) devo-
dei calzerotti di filo grosso o di lana, usati per tenere caldi i no cedere le armi.
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piedi. Di credenza, cio in gran segreto. Dieci parole (a Dina
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Il verbo deriva dalla cipolla scalogna, che secondo la aveva detto una parola): Pitro monta la cosa, ma un po
cultura popolare porta sfortuna. Chi doveva o poteva nu- intimidito, perch il vecchio lo conosce di nome, mentre
trirsi soltanto di questa cipolla era veramente scalognato, lui lo conosce soltanto di vista (e per quel poco e male che
cio era veramente sfortunato: era un morto di fame. gli ha detto Bilra). Lo scontro gli si preannuncia gi sfa-
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Pitro chiede ancora il nome a Bilra, che non lo sapeva vorevole.
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prima e non lo sa adesso. Cos si getta allavventura, ad Pitro cerca di usare un linguaggio ricercato, che non
attaccare lavversario senza conoscerne nemmeno il nome. gli viene bene. E fa ridere i nobili spettatori.
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Per altro, quando se nera andato, non ha avuto lidea di Pitro suggerisce ad Andrnico di mettersi nei panni
chiedere il nome di chi abitava in quel portone. Bilra non degli altri. Il tentativo di persuasione modesto: non si ve-
capisce in che mani si messo. de perch il vecchio si dovrebbe mettere nei panni degli
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Messiere, messir e missir, cio mio signore, le- altri, di Bilra danneggiato, se egli ha tutto linteresse di
spressione usata dagli interlocutori. Deriva dal latino meus essersi presa e di tenersi la ragazza.
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e senior (mio + comparativo di senex, senis, vecchio), e Da stranieri, da estranei, quindi una cosa che non si fa.
indica rispetto o sottomissione o capatatio benevolentiae In realt tra Venezia e Padova cera la stessa distanza fisi-
nei confronti dellinterlocutore. Messere o messr o ser ca e culturale che cera tra la terra e la luna. Venezia con-
la trasformazione (o la corruzione), piuttosto considerevo- siderava lentroterra un semplice territorio da sfruttare o in
le, subita dal termine latino nel linguaggio cittadino o dot- cui far sorgere le ville dove fare la bella vita.
113
to. Il linguaggio popolare, pi lento nelle trasformazioni, Pitro gli rinfaccia dessere impotente. Unosservazione
talvolta pi vicino alloriginale. Esso, comunque, risente di ben poco diplomatica e sicuramente controproducente: egli
un duplice condizionamento: la lingua popolare ereditata, ripete allinteressato ci che si erano detti Bilra e lui. Non
le parole usate da chi pi importante nella gerarchia so- capisce che con Bilra, che si vanta delle sue prestazioni
ciale (cittadino, ecclesiastico, datore di lavoro, padrone). sessuali, conviene parlare dellimpotenza del vecchio; ma
Usare queste parole non soltanto un atto di riverenza, ma che con il vecchio quello largomento da evitare nel mo-
anche un modo per diventare importanti e per innalzarsi do pi assoluto: non ha esperienza di vita n di uomini. E
nella gerarchia sociale: nelle convinzioni degli interessati non si accorge, come prima non se nera accorto Bilra,
basta cambiare linguaggio, per cambiare classe sociale... che la strategia vincente era unaltra: erano due contro uno,
Cadendo nelluso popolare, queste parole dotte sono spes- per di pi vecchio; dovevano lasciar perdere i discorsi, en-
so storpiate. trare in casa con le buone o con le cattive, portare via con
la forza la Dina, che al massimo avrebbe gridato e calciato.

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 35


126
Insomma doveva far valere con la forza i (presunti) diritti Come se in casa ci fosse qualcun altro... Dina, come so-
di Bilra, cio del marito. Era partito con una discreta cap- pra, continua con il suo atteggiamento passivo. O delluno
tatio benevolentiae, ed ora dice una cosa vera, ma assai o dellaltro, per lei la stessa cosa. Daltra parte nessuno
irritante per le orecchie dellinterlocutore, che giustamente dei due partiti era appetibile: il marito la faceva morire di
si offende. Se impotente sono problemi suoi, che non ri- stenti, il vecchio era schifoso. La donna, se mai aveva spe-
guardano Pitro. rato una vita decente, ora al di l di ogni speranza. Nulla
114
Bilra visto da Andrnico. potrebbe andare peggio di come va la sua vita. Che fare,
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Al tempo una delle spezie pi preziose e costose. allora? Lunica possibilit e lunica via percorribile quel-
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Immediatamente. una delle reminiscenze della cultura la di adattarsi.
127
giovanile di Andrnico. Bilra visto dalla Dina. Lei sarebbe la cerbiatta su cui il
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La falda era la parte pi inferiore dellarmatura. Com- lupo si avventa. Laspetto ispido e il profilo da donnola di
pletava la corazzina proteggendo le reni e le cosce. Bilra non era rassicurante nemmeno per la moglie.
118 128
Luomo forte per Bilra rappresentato dal soldato o La donna si arrabbia e ribadisce che lha costretta lui.
dal bandito. Le figure sociali negative per la societ costi- Presa dalla foga, si lascia sfuggire di bocca espressioni for-
tuita diventano positive per gli esclusi e gli emarginati di ti.
129
questa societ. Per Andrnico invece rappresentato da Fallita la captatio benevolentiae e laccusa dimpoten-
una figura pi prestigiosa: san Giorgio, che ha spada e za, Pitro ricorre alle minacce: Bilra un brutto tipo,
mantello, i capelli alla moda, un cavallo. Ed anche santo. meglio che gliela diate. La donna resta una cosa su cui di-
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Pitro si preoccupa di Bilra e sbito dopo di s, ambe- scutere e da attribuire al pi forte. Non viene ascoltata ne-
due danneggiati se Andrnico non lascia la ragazza. Non si anche quando esprime chiaramente la sua volont.
130
chiede perch Andrnico non si dovrebbe tenere la ragazza Non dico niente di pi! Andrnico usa ancora le-
e fare i suoi interessi, n perch dovrebbe fare gli interessi spressione latina nec plus ultra.
131
di Pitro (e di Bilra). Se lo faceva, forse trovava qualche Andate in rovina! Lo dice quando Andrnico entra-
argomento per convincere lavversario. to in casa. Questa imprecazione mostra limpotenza e lin-
120
Gli argomenti di Pitro sono assolutamente nulli. Il vec- successo di Pitro, che cerca la rivalsa con le parole.
132
chio li pu respingere senza difficolt. Egli ne cerca altri, Corruzione di Domine, tecum, O Signore, con te....
ma la qualit non migliora. Bilra rimprovera Pitro di non avere gridato abbastanza e
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Andrnico gioca senza piet con le parole: trasforma di non avere detto che stato bandito: cos si faceva inten-
despiera, cio dispera, in dispieda, cio si toglie lo spiedo. dere. Insomma pi uno grida, pi possibilit ha di aver ra-
Nel voluto fraintendimento di Andrnico il testo suona co- gione e di zittire lavversario. La giustizia rituale appartie-
s: PITARO Volete che si dispiedi, che si tolga lo spiedo? ne ai tribunali.
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ANDRONICO Io non voglio che si tolga lo spiedo. Se Il mal della lupa la bulimia, cio una fame esagerata,
dispiedato, se si tolto lo spiedo, che vada a farsi infilare insaziabile, come quella di una lupa affamata.
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uno spiedo da arrosto nel culo! Sempre gentile. Sono i Pro certo habeo, ho per certo che..., sono sicuro che...
vantaggi della propria cultura aristocratica. La battuta Si tratta di una costruzione latina finita nei pensieri di Bi-
ancora pi feroce e pi volgare se si tiene presente che lra, caduta dal cielo della letteratura dotta o della cultura
Andrnico vuole vendicarsi di Pitro, che senza educazio- ufficiale.
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ne gli ha ricordato che il suo mestolo non fatto per la Il mento molto sporgente.
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pentola della Dina. Perci lo invita visto che un uomo e Pitro risponde irritato e con sarcasmo: vuoi che io ti
non una donna a provare lui a farselo mettere nel culo. aiuti e poi mi tratti cos?! Egli ha fatto fatica per niente: la
Ma non con una normale attivit sodomitica, bens con uno piccola ricompensa i denari datigli da Dina che si a-
spiedo lungo e tagliente, possibilmente incandescente, che spettava da Bilra sfumata. Ma lascia perdere e dopo il
lo penetra di retro. Cos egli versava sale sulla ferita: lo momento di stizza invita Bilra ad andare con lui, sempre
sfintere anale aveva gi i suoi problemi e le sue lacrime di nel tentativo di sottrargli qualche moneta. La risposta di
sangue con le emorroidi... Bilra ugualmente sarcastica e irritata. Sbito dopo i due
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Ors, basta, non vado oltre, altrimenti mi arrabbio sul si separano o, meglio, Pitro se ne va e Bilra resta solo.
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serio. Il paragone agricolo: in autunno dai campi arati un male sconosciuto. Zopa significa zolla di terra. I
sorgono le fumane. La terra si riscalda prima dellaria, per- mali reali non sono sufficienti, se ne inventano anche di
ci lumidit di cui intrisa evapora e provoca una nebbio- immaginari. Forse il male dei morti? O il male della terra,
lina, appunto la fumana. che non produce? Anche la terra si ammala... Niente affat-
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Pitro pensa di cavarsela in questo modo apparentemen- to: le cose stanno diversamente, e sono molto pi semplici.
te neutro: conta sul fatto che la Dina ha detto a Bilra che Al sangue di... un prefisso che si trova in molte altre im-
avrebbe abbandonato in ogni caso il vecchio. Ma non ne precazioni che lo stesso protagonista usa. Per il resto del-
era sicuro nemmeno Bilra... limprecazione Bilra ha fatto la stessa cosa di tante altre
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Apetao significa attaccato, appiccicato al gioco che volte. Ha assemblato ben tre termini, che tra loro non ave-
linteressato sta tentando. Andrnico avverte Pitro che vano alcun legame: al sangue di..., per il male di..., e il
non concluder niente, si sta sbagliando circa la risposta termine finale zopa, la terra, con cui quotidianamente in
della ragazza. contatto. In un momento eccezionale serviva unespressio-
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Al marito da del voi, al vecchio d del messere. La di- ne o, meglio, una imprecazione eccezionale: un assem-
stanza di classe per ora resta. blaggio triplo poteva andare bene. Cos il risultato finale

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 36


sarebbe stato particolarmente potente. Lespressione cos Dopo loffesa ai genitori il protagonista passa
formulata, come tutte le altre intercalari di Bilra e di Pit- alloffesa/accusa dimpotenza.
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ro, non ha alcun significato. Questa conclusione non per Bilra pensa di rubare i vestiti al vecchio. E prepara il
esaustiva. Dietro alle espressioni approssimative o non si- piano di battaglia e fa gi piani per il dopo battaglia: ven-
gnificanti sta un uso magico del linguaggio: il linguaggio dere i vestiti del vecchio.
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capace di condizionare o di modificare la realt. Bilra, Sono nere, ampie, sottili, odorose. Possono raggiungere
Pitro e la cultura contadina ne sono assolutamente con- cm. 50 di diametro. Si possono anche seccare e usare din-
vinti: lo vedono fare anche da coloro che possiedono la verno come combustibile. Limmagine agricola rende bene
cultura cittadina, che essi si sforzano dimitare ed anzi di lidea del corpo di Andrnico disteso per terra, inanimato.
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accentuare come in questo caso per dotarla di un potere Un mantello non vale certo un cavallo, ma Bilra non
dintervento ancora maggiore. In realt essi non hanno ca- ha esperienza e non sa fare i conti. Confonde il desiderio
pito che il potere della cultura cittadina sulla realt di al- di possedere la roba con la realt di possedere. La cultura
tro tipo: dipende dal rapporto univoco tra parola e cosa in- e la modestia o, meglio, limpotenza della cultura di Bilra
dicata, dallelevato numero di parole per indicare lelevato si rivela anche nella costruzione sintattica, estremamente
numero di cose, e dalla complessit e dallarticolazione semplice: e cos... e cos... e cos....
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della rete teorica (la grammatica e la sintassi). Questa la Ad arruolarmi come soldato. La Dina dimenticata.
magia della cultura cittadina; e soltanto per questi motivi Viene detto sbito dopo. Di Dine se ne potevano trovare
essa capace di esercitare potere sulla realt. quante se ne voleva. dimenticato anche laffetto. Pi so-
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Non vorrei che non germogliasse bene, cio Non pra aveva detto: La mia cristiana e, parlando con la don-
vorrei che la cosa non andasse per il verso giusto, come na, di s aveva detto: Sono il tuo cristiano. Ed anche
intende Bilra. Togliendo la litote, la frase diventa: Non affettuosamente: Matta!.
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vorrei che le cose andassero storte (o per il verso sbaglia- Bilra si sdoppiato. Si d degli ordini.
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to) . Questo un altro esempio di linguaggio improprio, Questo lultimo cnchero, il venticinquesimo. Nella
metaforico, da contado. cultura popolare le parole vuote hanno grande spazio. Ol-
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Mentre parla, Bilra gesticola. Da buon contadino, che tre a questa si devono aggiungere tutte le altre imprecazio-
vive in mezzo ai campi, pi che parlare, urla, cio schia- ni. La parola potta usata dieci volte; lespressione al
mazza. Due contadini in mezzo ai campi non si avvicina- sangue di... almeno otto volte. Il numero delle parole vuo-
vano mai, quando dovevano parlare. Si mettevano ad urla- te direttamente proporzionale allincapacit di controllo
re, per farsi sentire. sulla realt.
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E fa le prove dellazione che pensa di fare. Egli non co- Strascinato, perch trascina male i suoi anni e il suo
nosce il pensiero astratto e la simulazione nella propria corpo. E quindi sfasciato, sgangherato.
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mente. Deve esprimersi normalmente con le parole e con i Imprecazioni del tempo: Che Dio gli mandi un acci-
gesti. dente!. Se le scorte di viveri erano finite, non si superava
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Il coltello arrugginito: non lo usa da molto tempo. Le linverno e prima di Pasqua si finiva allaltro mondo. An-
occasioni di usarlo sono mancate. drnico vorrebbe essere un Signore della Notte, Bilra in-
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Verbi gratia, cio per esempio. In qualche modo le- vece vorrebbe esser soldato o bandito: ideali diversi e de-
spressione latina finita nel vocabolario di Bilra sideri diversi di classi diverse per difendersi o per aggredi-
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Corruzione di Christe, elison, O Cristo, piet.. Il pia- re la realt ostile.
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no di battaglia ha quattro fasi: laggressione verbale (le be- Sono i magistrati che devono preoccuparsi della tutela
stemmie), laggressione fisica (il colpo di coltello), il furto del buon costume e della sicurezza notturna. Di notte in
dei vestiti e la fuga. citt uscivano i pipistrelli ed anche coloro che dovevano
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Corruzione di Domine, tecum, O Signore, con te.... guadagnarsi in qualche modo la vita. Lilluminazione delle
Bilra se la prende con la Madonna, poi con Dio e quindi strade era di l da venire, e si faceva gran uso di fanali,
con la madre di Andrnico, colpevole di averlo generato. cio di lanterne. La prima citt illuminata di notte Parigi
Nelle imprecazioni sistematico e ordinato. Questo tutto verso la fine dellOttocento.
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lordine di cui capace. Il servo quasi un vegetale. Misura (o risparmia) anche
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Bilra se la prende prima con la madre e poi con il pa- le parole.
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dre di Andrnico. Offende il padre con laccusa di essere Alle 22.00. Il giorno iniziava alle ore 18.00 di oggi.
un giudeo, cio un usuraio. Gli ebrei, in genere usurai, non Andrnico lascia a casa la donna, si preoccupa per lei, e va
suscitavano simpatia tra la popolazione, che si vedeva de- a fare un giro per le calli o nelle osterie l vicine. Deve ri-
predata. Venezia una delle prime citt che nel Quattro- spettare i riti maschili della vita sociale.
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cento li relega in un ghetto. Bilra ripete limprecazione che in precedenza si era
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Bilra si prepara psicologicamente allo scontro: studia preparato a dire (scena nona, fine: Oh il cnchero ti man-
le mosse e le prova, prima di metterle in pratica. In corsivo gi, vecchio strascinato...). Poi allazione verbale segue
sono le parole che Bilra si prepara a dire ad Andrnico. lazione fisica lo colpisce con il coltello arrugginito. Non
Che ti possa arrappare significa Che tu possa avere usava n controllava da anni quello strumento. Non ne a-
unerezione come non hai mai avuto. Il senso dellaugu- veva cura. Lo teneva, ma si era dimenticato delluso per
rio per del tutto opposto: Ben ti sta, che non ce lhai e cui era stato costruito e per cui lo aveva acquistato.
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che perci ti lamenti!. Lo spino la voglia di rubare la Aiuto! Aiuto! Andrnico chiede aiuto, ma per attirare
moglie a Bilra. Bilra si propone di levarglielo di dosso. di pi lattenzione grida al fuoco!, una minaccia sempre

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 37


incombente nelle citt del tempo, costituite per lo pi da perch la moglie se n andata di casa con un vecchio cit-
casupole di legno. Bilra, che vive nel contado, non riesce tadino (la batteva e le faceva soffrire la fame); nel fatto di
a capire le parole del cittadino. Nel 1666 Londra intera- accusare (e di continuare ad accusare) Andrnico di aver-
mente bruciata da un incendio di enormi proporzioni. Ma il gli rubato la moglie e nel non voler tenere presente che la
fuoco era un pericolo costante per tutte le citt. moglie si rifiutata esplicitamente di tornare da lui; nel
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I graspi o raspi sono quel che resta del grappolo duva fatto di commettere un omicidio per futili motivi (rubare i
dopo che sono stati tolti gli acini. I contadini (ma non un vestiti al vecchio) e senza tenere conto delle conseguenze
cittadino come Andrnico) del grappolo mangiavano tutto, (la pena capitale). In Bilra tutto stravolto: pensiero, lin-
acini e graspi. I graspi, particolarmente legnosi, non erano guaggio e percezione della realt.
aggrediti dagli acidi dello stomaco, e quindi erano espulsi
interi con le feci. Lespressione usata in modo metaforico
ed improprio, per dire che qualcuno muore. Ma nelle ulti-
me parole ci sono altre espressioni metaforiche o impro-
prie: mio Dio e buon giorno, anzi, Mio Dio, buon
giorno. Pi sopra Dina aveva detto Buona sera e inten-
deva Non ci credo. Lespressione per, a seconda dei
contesti, poteva avere anche altri significati. Qui Bilra
invoca Dio, ma senza esprimere il consueto sentimento di
devozione, sottomissione o richiesta daiuto, che si associa
allinvocazione. Dice soltanto una parola vuota, senza si-
gnificato. E unisce questa parola vuota allaltra parola
vuota, senza significato e non pertinente. Anche in questo
caso particolarmente importante usa, come altrove, pi pa-
role vuote per indicarne limportanza. Bilra, come Dina,
non ha capito in quale contesto si usano i termini n che
essi si usano in modo proprio, per facilitare la reciproca
comprensione e per evitare fraintendimenti. In questo caso
le diverse espressioni vuote dovrebbero indicare la gioia di
essersi vendicato di Andrnico. Chi usa il linguaggio in
senso proprio si comporta in modo del tutto opposto: evita
i discorsi metaforici ed usa i termini o le espressioni im-
proprie soltanto per abbellire o per rendere pi efficace il
discorso.
161
Bilra continua a parlare con se stesso. Si potrebbe pen-
sare anche che parli a voce alta, senza pensare a quello che
dice (lespressione, correttamente usata, implica un inter-
locutore), o che parli al morto (cosa impossibile) oppure
che si rivolga al morto per dirgli qualcosa come: Ti avevo
avvisato!. Aveva appena detto: Buongiorno, unespres-
sione del tutto fuori luogo e priva di significato in questa
circostanza, stando ai parametri del linguaggio normalizza-
to. Pi sopra (scena nona, fine) aveva detto a se stesso:
Taci!. Ma lipotesi inadeguata. Il fatto che Bilra usa
costantemente il linguaggio in modo non normalizzato,
cio in modo improprio; e che ugualmente ha un cervello
non normalizzato, che confonde interno ed esterno. Non
ha una corretta visione della realt esterna come di una re-
alt esterna e indifferente a ci che egli dice, pensa, desi-
dera. Egli convinto che le parole abbiano una capacit
magica di modificare la realt. Per questo motivo aveva
fatto pi volte accumuli di parole. Invece il rapporto delle
parole con la realt diverso, pi complesso. Ma egli
non lo capisce e non potr mai capirlo. La sua cultura e la
sua esperienza non glielo permettono. Il linguaggio norma-
lizzato permette un uso proprio come un uso improprio.
Tuttavia luso improprio non governato dal caso o
dallarbitrio ( il caso di Bilra), ma rispetta costantemente
le regole specifiche. Le figure retoriche possono essere
considerate un esempio di uso improprio. Il cervello non
normalizzato appare anche nel fatto di non voler capire

Beolco, Bilra, a cura di P. Genesini 38

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