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Prologo by m.bagiante@virgilio.

it May 17, 2017

Prologo

Eravamo solo io, un coltello da cucina insaguinato, e il corpo riverso sulla sab-
bia. Mi sentivo strano, un misto tra una belva feroce e un vigliacco.
Era la mattina di un pomeriggio destate. Il sole era in alto ed emanava una
luce molto forte, a guardarlo rischiavo di diventare cieco. Non cera vento in
quella spiaggia privata, n tanto meno lombra di qualcuno in riva al mare.
Avevo dato una coltellata dentro la pancia del mio caro amico Gianni pochi
minuti fa, dal basso verso lalto. Lavevo aiutato a fare harakiri.Mi scapp un
sorriso nervoso, pensavo a due giorni fa, quando mi aveva detto che voleva
darci un taglio alla sua vita. In fin dei conti ero stato magnamino con ad uc-
ciderlo cos.
In quel momento non stavo pensando a come nascondere il corpo, bens a
come fare per tornare dalla mia famiglia. Chiss cosa stavano facendo, doverano
e con chi. La lontananza mi logorava troppo da dentro.
Dopo degli interminabili minuti in cui non capivo cosa avevo fatto, con la mia
mente che vagava di qua e di l, presi coscienza della situazione. Dovevo
sbrigarmi, altrimenti le cose sarebbero precipitate da l a poco.
Mi voltai verso la casa di Gianni, una villetta piccola fatti di mattoni rossi. Ave-
vamo passato dei momenti l insieme alla mia famiglia e la sua, ma le cose
avevano preso una brutta piega.
Trascinai il corpo dalle gambe fin dentro. Per fortuna cerano solo pochi metri di
distanza e io ero ormai pratico in tutto questo. Trascinandolo sporcai il vialetto
e il pavimento con il suo sangue, ci avrei pensato dopo a pulirlo. Era pi impor-
tante disfarsi di quel corpo subito, altrimenti potevo dire addio alla mia ricom-
pensa.
La vasca da bagno era abbastanza grande da contenerlo, trovai faticoso solle-
varlo e spingerlo dentro. Lo riversai a pancia in gi, non volevo vederlo in faccia
mentre completavo il solito rituale per finire.
Mi guardai allo specchio, avevo il suo sangue sui vestiti. Anche questa volta
dovevo sbarazzarmi degli indumenti.
Andai verso la mia macchina per prendere lacido e il borsone nero. Un bidone
dacido doveva essere pi che sufficiente, Gianni era basso di dieci centimetri
rispetto a me.
La mia testa inizi a girare. Non sapevo se era per il sole o per il nervosismo.
Non dovevo rischiare di perdere la concentrazione, cera troppo in ballo.
Quando rientrai in casa il cellulare dell mio vecchio amico Inizi a squillare. Era
sua moglie, con molta probabilit lo voleva informare sulle condizioni di sua
madre malata. Meglio non rispondergli, avrei fatto finta nei giorni successivi di
essere meravigliato pure io della sua assenza.
Prima diniziare la solita prassi mi denudai del tutto e li gettai sopra Gianni,
dovevo liberarmi dei vestiti sporchi.
Svitai il tappo del bidone e iniziai a versare. Lodoraccio acre della carne che
si scioglieva, unito al caldo e al vapore, mi faceva venir voglia di vomitare.
Trattenni il conato fin tanto non si sarebbe sciolto del tutto da l a qualche minuto.

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Prologo by m.bagiante@virgilio.it May 17, 2017

Nel mentre scioglievo nellacido il mio amico mi venivano in mente varie frasi
di commiato da dirgli. Non pronunciai nemmeno mezza parola, mi sentivo un
misto tra un serial killer professionista e il peggior verme strisciante sulla faccia
della terra.
Vomitai il pranzo dentro il water dopo aver sciolto tutto quanto. Mi sentivo in
quel momento uno schifo e al tempo stesso mi veniva da ridere. Non era il caso
di continuare a star male e iniziare con il mio solito sarcasmo. Dovevo passare
alla fase delle pulizie. Di me non dovevano esserci tracce.
Mi lavai alla bene meglio e dopo aprii il borsone per il cambio di vestiti. Dentro
cerano inoltre dei guanti, uno spruzzino alla candeggina e vari panni per pulire.
Quella era sempre stata la fase pi tediosa, oltre a quella dove mi faccio schifo
e mi esalto insieme.
Impiegai unora piena per pulire tutto, dentro e fuori casa. Dovetti pure gettare la
sabbia sporca di sangue verso il mare, quella non sapevo proprio come doverla
pulire.
Dopo essermi assicurato che tutto era al suo posto, presi il telefono e chiamai
il signor Terzio.
Sono io, ho appena finito.
Hai avuto problemi?
No, stato molto facile. Ero pi alto e forte di lui, quindi nessun problema.
Non intendo fisicamente.
Esitai un attimo a rispondergli. Sapevo che in base a come avrei risposto poteva
distruggermi la vita o darmi quello che volevo. No. Ho fatto quanto mi avete
chiesto.
Bene, ne sono contento. Adesso torna e parliamo, a dopo..... Concluse con
il suo solito tono pacato e secco.
Sar l tra due ore... Mi chiuse il telefono in faccia. Era snervante quando lo
faceva.
Stetti per qualche istante fermo con il telefono attaccato allorecchio. Dovevo
riordinare le idee ed evitare di piangere. Il tempo in cui non ero pratico di tutto
questo era finito da un pezzo.
Sal in auto e parti alzando un grosso polverone. Volevo finirla quel giorno
stesso.
Era arrivato il momento di chiudere i conti con il signor Terzio e riprendere la
mia famiglia.

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