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Il problema dell'opera
. Il dualismo fra mondo della necessit
e mondo della finalit
Sia questo passo sia il successivo sono tratti dall'Introduzione all'opera, quella che
Kant redasse per seconda: la prima stesura, un pi ampio ma anche pi contorto
rendiconto dei contenuti dell'intera terza Critica venne infatti sostituita con que-
sta, che presenta un inquadramento della facolt del Giudizio di fondamentale
importanza.
Ricordiamo incidentalmente che nelle traduzioni in lingua italiana vige la
convenzione di tradurre con Giudizio --- e dunque con l'iniziale maiuscola ---
l'espressione kantiana Urteilskraft, che letteralmente significa ``facolt del giudi-
zio'', laddove ``giudizio'' (Urteil) rende il semplice atto del giudizio
Tutti i passi sono dati secondo la seguente edizione: I. Kant, Critica del Giu-
dizio, a cura di A. Bosi, UTET, Torino .
(quale che ne sia l'origine), hanno ancora ciascuna una propria legislazione se-
condo il contenuto, al di sopra della quale non ne esiste alcun'altra (a priori), e
che perci giustificava la divisione della filosofia in teoretica e pratica. Tuttavia,
nella famiglia delle facolt conoscitive superiori esiste ancora un termine medio
tra l'intelletto e la ragione. Si tratta del Giu d i z i o, del quale si ha ragione di 10
presumere, per analogia, che possa anch'esso contenere, se non una sua propria
legislazione, almeno un suo proprio principio a priori (comunque puramente sog-
gettivo) di ricerca secondo leggi; un principio che, se anche non gli spetter alcun
campo di oggetti come dominio, potr tuttavia avere un suo territorio, nel quali si
trovi una qualche caratteristica per la quale valga proprio solo questo principio. 15
18. Com noto, Kant non aveva in men- Critica della ragion pura si ammetteva il so-
te la terza Critica allorch stese le prime due lo intelletto per ni conoscitivi (col contribu-
perch non aveva ancora individuato la nuo- to della ragione in forma regolativa), men-
va facolt qui eretta a protagonista. Nella tre il gusto era ritenuto arbitrario, individua-
* Questo testo stato composto con XELATEX
Kant, Critica del Giudizio
le e nessuna autonomia era attribuita al sen- ca, bens una terza facolt oltre allintelletto
timento (n da allora tuttavia la sensibilit e alla ragione. La mediazione possibile non
era riconosciuta in possesso di valenze non oggettiva, ma soggettiva: il punto dincon-
solo conoscitive, in quanto accoglieva le in- tro risiede infatti allinterno del soggetto; i
tuizioni, ma anche emotive, in quanto face- mondi continuano a essere due, ma le facol-
va s che il soggetto ricevesse dalle impres- t soggettive che li pensano sono tre. Il lo-
sioni sensibili piacere o dispiacere). Nella Cri- sofo giunse cos alla conclusione che accan-
tica della ragion pratica, al contrario, il senti- to allintelletto e alla ragione esisteva un al-
mento era ammesso, ma solo nella sua spe- tro strumento a priori dellanimo umano, do-
cie morale, poich gli uomini erano in grado tato di leggi sue proprie, ovvero in possesso
di percepire a priori laccordo del loro com- di una perfetta autonomia: il sentimento. Lo
portamento con le norme. Non dunque in- strumento per operare in questo ambito il
spiegabile se nella terza Critica Kant, dietro la Giudizio.
sollecitazione e linuenza considerevole del- La terza Critica non stata redatta solo e
le dottrine estetiche settecentesche, ammet- tanto per far posto a interessi nuovi di Kant,
te uno spazio autonomo per il sentimento e quasi che egli si fosse accorto solo tardiva-
cerca di individuarne il principio a priori. mente della dimensione del gusto: perch al-
Il secondo motivo che condusse Kant alla lora non considerare altri ambiti ancora, co-
Critica del Giudizio interno al sistema: si trat- me la logica del sapere storico? Non su-
ta del bisogno di mediare, individuando un ciente richiamarsi al tessuto culturale in cui
momento di accordo, il determinismo natu- Kant venne a operare. La risposta invece
rale controllato dallintelletto e la libert pra- che la Critica del Giudizio non complementa le
tica governata dalla ragione. Si noti tuttavia, altre due Critiche, bens ne prosegue la fonda-
ed cosa essenziale, che Kant non si riferisce mentale linea problematica: com possibile,
che alle facolt teoretica e pratica, ricercan- muovendo dai generali presupposti apriori-
done una terza: non si tratta cio di collegare stici, pervenire alle leggi particolari di natu-
il mondo teoretico e quello pratico, quasi fos- ra, anzi, meglio, alla loro applicazione allete-
se possibile trovarne un terzo che li sintetizzi. rogenea molteplicit dei casi singoli? Il tema,
Questa soluzione era stata scartata gi nella gi discusso in una poco studiata opera, i Pri-
Critica della ragion pura (e precisamente nella mi princpi metasici della scienza della natura
Dialettica trascendentale), dove le antinomie (1786), ritorna qui protagonisticamente ed
dinamiche (intorno alla libert e a Dio) aveva- il problema stesso del Giudizio. Non si tratta
no chiarito che i due regni erano compatibili di una semplice integrazione alla Critica del-
solo in quanto separati. Si tratta piuttosto di la ragion pura, poich obiettivo della scienza
proseguire la ricerca avviata nellAnalitica dei non la formulazione di generalissimi quan-
Princpi sulla possibile applicazione delle for- to astratti princpi, ma la funzionalit nel caso
me a priori a un materiale che ha unorigine a particolare: si tratta dunque proprio di rende-
posteriori. re operanti le categorie secondo una modali-
814. La mediazione consiste perci nel- t analoga a, ma pi felice di, quella espressa
lindividuare non un terzo mondo, una terza nella dottrina della schematismo.
dimensione oltre a quelle teoretica e prati-
nerale), --- da richiedere perci leggi che, in quanto empiriche, possono essere
contingenti dal punto di vista del nostro intelletto, ma che, per ricevere il nome
di leggi (come richiesto anche dal concetto di una natura), debbono venir con-
siderate come necessarie a partire da un concetto (per quanto a noi sconosciuto)
dell'unit del molteplice. --- Il Giudizio riflettente, cui tocca risalire dal partico- 15
lare della natura all'universale, ha dunque bisogno d'un principio che non pu
ricavare dall'esperienza, perch deve appunto fondare l'unit di tutti i princpi
empirici sotto princpi anch'essi empirici, ma pi elevati, e quindi la possibilit
di una sistematica subordinazione di tali princpi gli uni agli altri. Un tale princi-
pio trascendentale, il Giudizio riflettente pu dunque darselo soltanto esso stesso 20
Ora questo principio non pu essere che il seguente: poich le leggi universali
della natura hanno il loro fondamento nel nostro intelletto, che le prescrive alla
natura (bench solo secondo il concetto universale della natura in quanto tale),
le leggi empiriche particolari, relativamente a ci che rimane in esse non determi-
nato dalle prime, devono venire considerate secondo un'unit quale un intelletto 30
(sebbene non il nostro) avrebbe potuto stabilire a vantaggio della nostra facolt
conoscitiva, per rendere possibile un sistema dell'esperienza secondo leggi parti-
colari della natura. Questo non nel senso di dover ammettere la reale esistenza
d'un tale intelletto (perch questa idea funge da principio solo per il Giudizio ri-
flettente, per riflettere, non per determinare); in questo modo essa d una legge 35
16. Per Kant, conoscere giudicare, ma particolare (il materiale fornito dallintuizio-
nella Critica della ragion pura il giudizio sin- ne sensibile) viene sussunto sotto luniversa-
tetico a priori svolge una funzione ancor pi le costituito dalle strutture dellintelletto (le
originaria: esso infatti pone loggetto stesso, categorie).
lo costituisce o, per seguire la terminologia 724. Nella Critica del Giudizio invece non
della terza Critica, lo determina. A tal ne il si tratta di porre un oggetto per poterlo quin-
Kant, Critica del Giudizio
di conoscere, bens di soermarsi su di esso, tura ed i limiti delle nostre facolt conosciti-
ovvero di riettere per valutare se, in quanto ve, non scorgiamo aatto tale necessit (p.
gi dato oggetto dellintelletto, si accorda coi 161). Le leggi applicative non sono alternative
princpi posti dalla ragione. Tale giudizio non o concorrenziali rispetto a quelle dellintel-
riguarda loggetto in quanto tale, ma la sua letto, sono un elemento ulteriore; non pro-
relazione con la ragione, col soggetto giudi- venendo dallintelletto, esse non sono neces-
cante piuttosto che col principio del giudizio sarie nel senso delle leggi naturali e in quanto
(determinante). In questo capoverso il prin- non esistono ex parte objecti, ma solo ex par-
cipio del Giudizio visto nella necessit del- te subjecti, alla conoscenza potrebbero appa-
lapplicazione: il giudizio determinante in- rire contingenti. Questo signica che il giu-
fatti espressione di una legge universale che dizio riettente non uno strumento o un
riguarda una enorme molteplicit di accadi- parametro nuovo aggiunto al giudizio deter-
menti e/o individui; ma poi necessario ap- minante, ma lintegrazione necessaria al giu-
plicare questa legge agli accadimenti stessi, dizio determinante perch le forme a priori
che non sono mai uguali e che si presentano possano essere applicate convenientemente
secondo modalit sempre dierenti. Lappli- ai casi singolari che lesperienza ci presenta.
cazione non pu essere adata al caso o al- In altre parole, la Critica del Giudizio aronta il
la scelta individuale e deve pertanto risiede- medesimo problema della Critica della ragion
re in un principio a priori. Noi infatti dobbia- pura, ma da un punto di vista epistemologico
mo collegare, come dice il testo, le moltepli- piuttosto che metasico, come invece laltra.
ci forme della natura alle modicazioni dei Pi tardi, insoddisfatto anche di questa solu-
concetti trascendentali universali della natu- zione, Kant tent unaltra volta di risolvere
ra scegliendo di volta in volta quella versio- il caso nellardua trattazione dellOpus postu-
ne o modicazione del concetto universa- mum, redatto a partire dagli ultimi anni del
le che meglio si applica alla forma che ci sta secolo e lasciato quindi incompiuto.
davanti. 2534. Lelemento aggiuntivo non pu
Il problema non nuovo: lAnalitica dei essere rinvenuto nellesperienza, poich al-
concetti era stato il primo tentativo di risol- lorigine del suo sorgere; n pu essere una
verlo, ma Kant era rimasto insoddisfatto da- legge universale, poich allora sarebbe una
gli schemi; essi, in quanto forme a priori, non forma del giudizio determinante e si ritor-
sembravano essere sempre una mediazione nerebbe al problema di partenza. Esso un
conveniente e facevano sorgere la dicolt principio a priori che tuttavia il Giudizio non
del terzo uomo. Il giudizio riettente la nuo- impone alla natura che il soggetto conosce,
va soluzione: esso riaerma lesigenza che le ma al soggetto che conosce la natura. Tale
leggi a priori tengano conto, in forma aprio- principio prende spunto dal funzionamento
ristica, degli oggetti o contenuti dellespe- dellintelletto ed in certo modo una ripro-
rienza. Mentre nella prima Critica le leggi era- posta dellidea di mondo come sistema or-
no poste dallintelletto in piena autonomia e ganico della totalit delle realt empiriche:
in un secondo tempo si ricercava la modali- noi dobbiamo procedere nella conoscenza
t della loro applicazione, ora questultima come se (la regola del come se, che emer-
detta poggiare n da principio su di un princi- ge alla r. 43, qui il fondamentale principio
pio a priori che la Critica del Giudizio si propo- regolatore) esistesse una globale unit del-
ne di identicare. Come scrive Kant, gli og- la conoscenza tale da non riguardare soltan-
getti della conoscenza empirica sono ancora to le leggi generali, ma anche quelle parti-
determinati, o, per quanto se ne pu giudica- colari. Quanto al contenuto, questo princi-
re a priori, determinabili in diversi modi; sic- pio, evidentemente unidea regolativa, li-
ch nature specicamente diverse, a prescin- dea di scopo: a noi conviene pensare che i
dere da ci che hanno in comune in quanto corpi (i quali, dal punto di vista dellintelletto,
appartenenti alla natura in generale, posso- non seguono che le leggi naturali e si inqua-
no ancora essere cause in una innit di mo- drano nel pi rigoroso determinismo) sotto-
di diversi; ed ognuna di queste maniere (se- stiano a un comportamento uniforme e ar-
condo il concetto di causa in generale) deve monico, obbediente a chiari ni, perch la ri-
avere la sua regola, che una legge, e quindi cerca delle leggi da parte dellintelletto risul-
comporta necessit, sebbene noi, per la na- ta pi facile se condotta in base al principio
Kant, Critica del Giudizio
. Il Giudizio estetico
Per decidere se una cosa sia bella o meno, noi non poniamo, mediante l'intelletto,
la rappresentazione in rapporto con l'oggetto, in vista della conoscenza; la rap-
portiamo invece, tramite l'immaginazione (forse connessa con l'intelletto) al sog-
getto e al suo sentimento di piacere e di dispiacere. Il giudizio di gusto non
pertanto un giudizio di conoscenza; non quindi logico, ma estetico: intenden- 5
16. Il giudizio di gusto, come gi sta- te nel senso che non esibisce una caratteri-
to appurato dallescursione delle caratteristi- stica delloggetto, ma una disposizione sog-
che del giudizio riettente, non conoscenza gettiva ossia il sentimento del soggetto nei
n azione. Il suo carattere non determinan- suoi confronti. Ci non signica tuttavia che
te bench esso derivi dallesercizio delle fa- sia angustamente individuale: il cuore della
colt conoscitive perch non produce cono- dimostrazione (deduzione) kantiana si muo-
scenza, bens applicazione alloggetto di una ve su questo punto proprio nella direzione
nalit (priva nondimeno di carattere prati- contraria.
co). Il giudizio di gusto dunque rietten-
Kant, Critica del Giudizio
porti o possa importare qualcosa della esistenza della cosa; ma piuttosto, come
noi la giudichiamo da un punto di vista puramente contemplativo (per intuizio-
ne o riflessione). [] facile vedere che quello che importa, per poter dire che
l'oggetto b el lo, e per provare che ho gusto, non il mio rapporto di dipendenza
dall'esistenza dell'oggetto, ma ci che in me ricavo da questa rappresentazione. 10
Chiunque deve riconoscere che un giudizio sul bello cui si mescoli il pi piccolo
interesse, molto parziale, e non costituisce un giudizio di gusto puro. Per erigersi
Kant, Critica del Giudizio
a giudice in fatto di gusto non bisogna curarsi per nulla dell'esistenza della cosa,
ma essere del tutto indifferenti a tale riguardo. []
Pi acevo le ci che piace a i se n si n el la s e n s a z i o n e . [] Ogni soddi- 15
e poich ogni elaborazione delle nostre facolt deve infine rivolgersi al pratico e
qui trovare unit come nel suo scopo, non si potrebbe attribuire loro altra stima
delle cose e del loro valore che non consista nel piacere ch'esse promettono. []
Il colore verde dei prati una s en sa z ion e o g g e t t i v a, in quanto percezio-
ne d'un oggetto del senso; la gradevolezza invece una sensazione soggettiva, 25
debba essere, cio averne un concetto. Per trovarvi la bellezza, questo non mi
indispensabile. I fiori, i disegni liberi, quei tratti intrecciati a caso che vanno sotto
il nome di fogliame, non significano nulla, non dipendono da concetti definiti,
eppure piacciono. La soddisfazione che d il bello deve dipendere dalla riflessione
sopra un oggetto, la quale conduce ad un qualche concetto (senza determinarlo 40
14. La prima caratteristica del giudizio di gelato, lo gusto: ma ci pu aver luogo so-
gusto il disinteresse. Esso denuncia la corre- lo se riesco a trovare il gelato. Anche ambi-
lazione fra lesistenza delloggetto della rap- ti pi elevati si espongono alla stessa logica:
presentazione e il desiderio da parte del sog- il desiderio di un piacere sico (magari pi
getto che contempla. Per contro, il giudizio di ranato, ma sempre di origine sensibile) che
gusto non devessere inquinato da valutazio- mi porta ad ascoltare un certo brano di musi-
ni che pertengono a sfere estranee al domi- ca e il soddisfacimento si ha solo se e quando
nio del gusto stesso, come lutile, ledicante riesco eettivamente ad ascoltarlo. La deni-
o il piacevole. zione kantiana ci d immediatamente le coor-
413. Kant contesta una linea di pensiero dinate del piacere interessato: esso lega-
che postulava il legame fra il piacere e il sod- to alla rappresentazione dellesistenza di un
disfacimento di un bisogno e, ulteriormen- oggetto e alla facolt di desiderare che pro-
te, fra il soddisfacimento stesso e lesisten- duce un bisogno da quelloggetto soddisfat-
za delloggetto che lo potrebbe eettuare. to: la conclusione di questo processo fa na-
Io provo piacere quando, avendo voglia di un scere in noi il sentimento del piacere (o del
Kant, Critica del Giudizio
114. La seconda caratteristica del giudi- trario mi disturbo nel vederne di malamen-
zio di gusto luniversalit. Il piacere esteti- te disegnate, sto paragonando ci che vedo
co universale e necessario (si impone cio con quello che dovrebbero essere autenti-
a tutti), ma non pu richiamarsi a un concet- che gure geometriche: ma cos ancora una
to dellintelletto che lo fondi e dimostri. Lu- volta lintelletto che giudica, lobiettivo in
niversalit in altre parole contingente, nel qualche modo conoscitivo e il giudizio deter-
senso che noi non siamo certi che tutti la ri- minante. Qui il piacere non insomma acon-
spettino in concreto, ma che possiamo solo cettuale: dalla prima caratteristica del bello
esigerlo, senza certezze sul risultato di tale abbiamo visto che esso implica una nalit
nostra pretesa. Come meglio si vedr nella non pratica e una conoscenza non teoretica;
deduzione del giudizio di gusto, luniversali- ora apprendiamo che esso determina una re-
t soggettiva, dal momento che si rif al golarit non per fornita da una legge. Se vi
comune sentimento dei soggetti giudicanti e fosse concettualit, vi sarebbe anche dimo-
in questi risiede: proprio per questo rimane strabilit: in tal caso tutti potrebbero impa-
senza prova. rare ad apprezzare le opere darte e sareb-
1420. Il carattere aconcettuale del giu- be possibile spiegare perch una certa cosa
dizio di gusto non esclude lesistenza del pia- bella e unaltra no; ma noi sappiamo che lap-
cere intellettuale che nasce dalla commisura- prezzamento nei confronti del bello una
zione di un oggetto con ci che esso dovreb- facolt certo non immotivata, ma aconcet-
be essere, ovvero col suo concetto. Quando, tuale, per cui noi sentiamo la bellezza ma
ad esempio, io mi compiaccio nel vedere del- non siamo in grado di giusticare tale nostro
le gure geometriche ben denite o al con- sentimento.
presupporre in ogni uomo (in quanto necessario alla possibilit della conoscenza
in generale); si deve poter ammettere a priori la validit universale dell'accordo
di una rappresentazione con queste condizioni del Giudizio. In altri termini: ci si
pu con ragione attendere da ognuno il piacere, cio la finalit soggettiva della
rappresentazione in vista del rapporto tra le facolt conoscitive, nel giudizio d'un 35
15. Il punto di partenza di Kant il rico- il giudizio (non invece come applicazione
noscimento del fatto che il giudizio di gusto, di concetti determinati). Se la conoscenza
nonch essere ateoretico, cio impossibilita- costituita dallaccordo di immaginazione
to a dimostrare e imporre le proprie ragioni (che fornisce gli schemi) e intelletto (che
in forma discorsiva dimostrativa (proviamo a fornisce il materiale ordinato spazio-tempo-
spiegare che la torta al cioccolato buona a categorialmente), il giudizio di gusto co-
qualcuno a cui non piace!), pure universa- stituito invece dal loro libero gioco: accor-
le. Questo carattere non pu tuttavia risiede- do spontaneo e soggettivo, che non ha per
re nelloggetto (o ancora una volta avremmo regola leettivo comportamento o la strut-
a che fare con un giudizio determinante) e tura del reale, bens la rispondenza con le
dunque si basa sulla funzione soggettiva del aspettative soggettive. Io insomma ho a che
Giudizio. Quando io asserisco che mi piace fare con una realt possibile (sottoposta alle
La traviata, aermo la mia personale opinio- generali o, meglio, indeterminate norme del-
ne su una celebre opera lirica; ma se dico che lintelletto), ma di ci non mi interessa stabi-
La traviata bella, pretendo che tutti gli lire la struttura categoriale (ad esempio lesi-
altri non dissentano da questo giudizio: co- stenza o linesistenza, concetti dovuti alluso
me ci pu avvenire, su che cosa si fonda la preciso di una categoria). Ha dunque luogo
dierenza tra i miei due giudizi? un contemperamento della libert dellim-
615. Lespressione libero gioco del- maginazione con la legalit dellintelletto
le facolt conoscitive, ossia della sensibili- (L. Pareyson, Lestetica di Kant, Mursia, Mila-
t e dellintelletto nei confronti dellimmagi- no 1984, p. 85). Ci signica che avviene in
nazione, ci suggerisce che il giudizio di gu- positivo una determinazione e potenziamen-
sto, bench aconcettuale, non per que- to reciproco, in senso negativo una vicende-
sto del tutto indipendente dallintelletto, vole limitazione. Limmaginazione, bench ri-
almeno come generale facolt di operare manga libera nel gestirsi, non pu stravolge-
Kant, Critica del Giudizio
re del tutto le norme intellettuali. Dal canto logico o concettuale, non costituito da un
suo lintelletto continua a essere principio di giudizio sulloggetto n pu essere prodot-
ordine, ma deve porsi al servizio dellimma- to dimostrativamente, non rimane che esso
ginazione (e non subordinarla, come avviene si fondi su una sorta di sentimento o senso
invece nel processo conoscitivo attraverso lo comune a cui noi tutti ci richiamiamo in que-
schematismo trascendentale) perch anche sto tipo di giudizi: la deduzione si basa insom-
limmaginazione deve possedere una sua in- ma sullassunzione delluniversalit del giudi-
terna legalit (che non quella naturale) per zio di gusto. Precisa Kant che il consenso uni-
non cadere nel puro e semplice caos. versale soggettivo richiede solamente come
1622. Anche per i giudizi estetici ne- condizione: 1) che le condizioni soggettive
cessario produrre una deduzione perch, se- di questa facolt [] sono le stesse in tut-
condo le parole dello stesso Kant, la pretesa ti gli uomini []; 2) che il giudizio prenda in
dun giudizio estetico alla validit universale considerazione solo questo rapporto (quindi
per ogni soggetto, in quanto giudizio che de- la condizione formale del Giudizio (p. 264).
ve basarsi su un qualche principio a priori, ha Le condizioni soggettive del Giudizio sono in-
bisogno duna deduzione (cio duna legitti- fatti le medesime in ogni uomo: questo si-
mazione della sua pretesa) (p. 253). Infatti gnica che, se da un lato Kant respinge ogni
riconoscere la soggettivit del giudizio di gu- impostazione razionalistica dellestetica, non
sto non equivale ammetterne il carattere in- segue neppure una visione meramente sensi-
dividuale o arbitrario (soggettivo non signi- stica o empiristica. Per conseguenza, de gu-
ca mai individuale in Kant) e c allora la ne- stibus est disputandum, almeno nel senso
cessit di spiegare come mai tale considera- che le opinioni individuali devono sottostare
zione risieda nel soggetto e aspiri pur tutta- alla generale regola del gusto: essa non si ri-
via a un connotato universalistico. Questi giu- volge a noi con la necessit impositiva delle
dizi non sono naturalmente sintetici a priori: leggi naturali (che non consentono violazio-
bench in possesso di un momento aprioristi- ne), ma con la necessit iussitiva delle leggi
co, essi, in quanto vertono su un oggetto de- morali (che possono essere violate): come il
sperienza (un paesaggio naturale, unopera soggetto immorale ruba o uccide, cos il sog-
darte ecc.), risultano a posteriori. getto privo di buon gusto non sar in grado
2335. La deduzione consiste per intero di avere una sensibilit estetica nei confronti
in questo non lungo paragrafo. Dal momento del bello.
che laccordo a proposito del gusto, che non
Il sublime
La trattazione dell'Analitica del sublime da un lato risulta innegabilmente con-
dizionata da un tema tipico della sua epoca, dall'altro acquisisce un peso teorico
rilevante. Nel corso dell'analisi infatti il filosofo si accorge che il giudizio estetico
puro un caso troppo limitato e comincia ad accogliere, se non ad accettare espli-
citamente, caratteri interessati nella valutazione del bello, quelli che rientrano
strutturalmente nel sublime (che si apparenta perci alla bellezza aderente).
. Il sublime e il bello
Il bello e il sublime concordano in questo, che entrambi piacciono per se stessi.
Entrambi inoltre non presuppongono un giudizio dei sensi od un giudizio logico
determinante, ma un giudizio riflettente
Balzano per anche agli occhi considerevoli differenze. Il bello naturale ri-
guarda la forma dell'oggetto, che limitazione; il sublime al contrario si pu 5
t, nel secondo a quella della qu a nt it. Anche tra i due tipi di soddisfazione
c' molta differenza: mentre il bello implica direttamente un sentimento di in-
tensificazione della vita, e si pu perci conciliare con le attrattive e con il gioco
dell'immaginazione, il sentimento del sublime invece un piacere che scaturisce
in modo indiretto, venendo prodotto dal senso d'un momentaneo impedimento 15
delle forze vitali, seguito da una tanto pi forte effusione di queste; e perci, in
quanto emozione, non sembra essere qualcosa di giocoso, ma di serio, tra le oc-
cupazioni dell'immaginazione. Quindi anche inconciliabile con le attrattive; e,
dato che l'animo non solamente attratto dall'oggetto, ma alternativamente at-
tratto e respinto, la soddisfazione del sublime non tanto un piacere positivo, ma 20
Giudizio, inadeguato alla nostra facolt di presentazione e per cos dire violento
contro l'immaginazione, ma proprio per questo sar giudicato pi sublime. []
Ma in ci che siamo soliti chiamare sublime c' cos poco di riducibile a prin-
cpi determinati ed a forme della natura ad essi adeguate, che questa anzi suscita
pi facilmente le idee del sublime quando in lei domina il caos, il disordine e la 35
13. Almeno in prima istanza lesperienza quello apportato dal bello si impone subito a
del sublime si apparenta a quella del bello per noi (rr. 114); fornisce un piacere misto, detto
il carattere disinteressato della contempla- qui negativo, poich procura una contem-
zione. In secondo luogo sublime non si dir plazione commossa se non addirittura agita-
un oggetto, bens un sentimento: anchesso ta, laddove quello tipico del bello sempre
appartiene alla sfera della soggettivit. positivo e apporta tranquillit (rr. 1721).
420. Ma rispetto al bello il sublime pre- 2130. Continua lelencazione delle die-
senta, come Kant tiene a mettere subito in lu- renze iniziata immediatamente sopra: 5) il
ce, anche fondamentali dierenze: se il bello sublime manca dellesibizione della nalit e
un sentimento di tranquillit, di ordine, di appare insensato e sconvolgente, mentre il
euritmia, il sublime la rottura di questi equi- bello, come sappiamo, si connota proprio per
libri. Esso 1) pu trovarsi anche in un oggetto il possesso di una nalit senza scopo.
informe, laddove il bello risiedeva nella for- 3136. Bench sia lo stesso Kant a svalu-
ma in quanto ordine e limitazione (rr. 47); tare limportanza del sublime, egli poi confe-
2) esibisce un concetto della ragione, laddo- risce a esso (e specialmente al sublime mate-
ve il bello si imparentava piuttosto con lintel- matico) un assai ampio spazio in questa sua
letto (rr. 711); 3) fornisce un piacere indiret- terza Critica: il perch di questa incongruen-
to perch conseguente alla risoluzione di un za sar chiarito fra breve, nella rivalutazione
conitto, di un momento di tensione e invece della bellezza aderente.
Kant, Critica del Giudizio
Il sublime
C una tradizione immensa alle spalle delluso kantiano del concetto di su-
blime: la prima occorrenza del problema in ambito losoco si legge nel Fedro
di Platone (245a), dov riconosciuta unesperienza artistica ispirata priva di
regole razionali. La questione viene posta esplicitamente nel trattato Del subli-
me, dovuto a un ignoto autore del I sec. d.C. un tempo identicato con Dionisio
Longino, in cui si riferisce di una polemica risalente al I sec. a.C. fra due scuole di
retorica, quella asiana (che sosteneva per loratoria un tono elevato e retorico)
e quella atticista (che prediligeva le tinte discrete). Il trattato poneva una chia-
ra distinzione fra il bello, fondato sulla perfezione formale, e il sublime, dovuto
invece alla forza del sentimento e posto su di un piano per intero emozionale,
sia ch.e faccia ricorso allo stile semplice sia che adotti quello ornato, poich suo
scopo condurre gli ascoltatori non alla persuasione, ma allesaltazione (
3). Il piano dellopera per intero retorico, anche se vi si aaccia la tesi secondo
cui in ultima analisi il sublime si trova nel contenuto piuttosto che nelle forme
di esprressione.
Lopera venne riscoperta nel 1554, tradotta dapprima in francese da Boileau
nel 1674 e quindi ripresa da Addinson sulle pagine dello Spectator a cavallo fra
il 1711 e lanno successivo: fu colpa o merito di Addinson porre quella distinzione
tra bello e sublime che, pur fondata su un macroscopico fraintendimento del
signicato originale dei concetti (il sublime riguardava, in Del sublime, la passio-
nalit del contenuto e il carattere vigoroso e nobile dellispirazione), avr una
diusione e un ruolo di primaria importanza per tutto il secolo. Riprendendo
tale posizione sia Home sia Burke (questultimo autore della celebre Ricerca -
losoca sullorigine delle idee del sublime e del bello del 1759) oppongono con de-
cisione il bello al sublime, considerando la genesi di questultimo come dovuta
allo spaventevole, allorroroso: sublime in altre parole ci che fa paura.
La tesi conobbe poi unampia diusione anche in Italia, nel pre-romanticismo
che congiunge espressioni artistiche eterogenee che vanno dallOssian di Ce-
sarotti alle rovine incise da Piranesi e quindi allupupa e ai riferimenti sepolcrali
di Foscolo, e in Germania a opera di Moses Mendelssohn. Il sublime richiam
lattenzione di Kant, prima che nella terza Critica, nelloperetta Osservazioni sul
sentimento del bello e del sublime, datata 1764. La novit introdotta dal loso-
fo naturalmente la fondazione aprioristica del sublime stesso. La fortuna di
questo concetto non nisce qui: il Romanticismo intero ne dibatt, a comincia-
re da Schiller che a esso dedic due inuenti saggi rispettivamente del 1793 e
del 1801. Da Schelling e Hegel no a Schopenhauer tutti i maggiori loso se ne
occuparono, ma col declino dellet romantica pure il sublime fu abbandonato
in quanto autonoma categoria estetica.
solo in epoca assai recente che, dopo un lungo oblio, il sublime sembra
aver nuovamente attirato lattenzione da parte di alcuni artista e teorici, alla
luce della considerazione che ormai impossibile identicare larte col bello.
. Il sublime matematico
Diciamo su b l im e ci che ass o lu ta me nt e g ra n d e. Ma l'essere grande e l'essere
una grandezza son due concetti del tutto diversi (magnitudo e quantitas). Allo
stesso modo dire sempliceme nt e (simpliciter) d'una cosa, che grande, del
tutto diverso dall'affermare che a s sol ut a m e n t e grande (absolute, non com-
Kant, Critica del Giudizio
og n i co n fro n t o. []
Quando invece d'una cosa diciamo non solo che grande, ma grande per
eccellenza, assolutamente, sotto ogni riguardo (al di l d'ogni paragone), vale a
dire sublime, si vede subito che non permettiamo di cercarne una misura adeguata
fuori della cosa, ma solo nella cosa stessa. una grandezza che ha uguale solo 10
in se stessa. Da ci consegue che il sublime non si deve cercare nelle cose della
natura, ma solo nelle nostre idee; il problema di quali idee si tratti, dev'essere
tenuto in serbo per la deduzione. []
Alle precedenti formule definitorie del sublime possiamo dunque aggiungere
ancora questo: sublime ci c he , a nc he s o l o p e r i l f a t t o d i p o t e r l o 15
per l'idea d'umanit in noi), rivolgiamo ad un oggetto naturale, che ci rende per
cos dire intuibile la superiorit della destinazione razionale delle nostre facolt
conoscitive sul massimo potere della sensibilit.
Il sentimento del sublime dunque un sentimento di dispiacere suscitato, nella
valutazione estetica delle grandezze, dall'inadeguatezza tra l'immaginazione, e la 40
valutazione che ne d la ragione; ed nello stesso tempo anche un sentimento
di piacere suscitato dall'accordo proprio di questo giudizio sull'insufficienza del
massimo potere sensibile, con le idee della ragione, in quanto il tendere a queste
per noi una legge.
( --; trad. it. pp. , --, --)
resi: segno che il sentimento del sublime si zione a intendere la totalit sconnata (del
fonda su quello morale, poich il primo forni- mare come della ragione) che ci sta davanti.
sce una versione per cos dire maggiormen- Il sublime dunque simbolo del bene morale.
te concreta o icastica del secondo. Quel sen- Meccanismo simile si riscontra nel subli-
so di rispetto, stima e quasi sacro timore che me dinamico, in cui il soggetto contemplan-
noi portiamo alla ragione viene ora trasferi- te colpito negativamente poich di fronte
to su un oggetto sensibile (una montagna, alloggetto spaventevole non pu che per-
una cascata, il mare ecc.), in modo comun- cepire il senso della sua impotenza sica a
que da non cancellare mai del tutto lorigina- sopportarlo: ma proprio nel risolvimento di
rio signicato morale della nostra esperien- questa impressione negativa egli intende la
za del sublime. Tale traduzione (o travesti- sua umanit (razionalit) come strumento
mento estetico) della ragione resa neces- del superamento dei limiti della naturalit.
saria dalla incapacit della nostra immagina-
. L'arte bella
Non ci appare di grande ricchezza la trattazione kantiana del bello artistico: seb-
bene ci non sia dovuto solo a ragioni di tipo biografico, il filosofo preferiva di
gran lunga il bello naturale (il cielo stellato sopra di me). noto inoltre che,
nella sua Knigsberg, non ebbe mai grandi occasioni per contemplare capolavori
delle arti figurative e rimase del tutto ignorante in fatto di musica, tanto che Basch
in una celebre monografia gli rimprover, con tono scandalizzato, di non sapere
chi fossero glorie nazionali quali Hndel o Haydn; solo in fatto di letteratura pare
che Kant avesse adeguate capacit critiche e rilevante gusto.
Ora, un prodotto dell'arte assume l'aspe tto della natura, quando raggiunge tut-
ta la p r eci si o n e nell'accordo con le regole che di esso fanno ci che dev'essere,
ma senza pi gn o leria, senza lasciar trasparire una forma di sapore accademico,
cio senza mostrare tracce che indichino come la regola fosse presente davanti
agli occhi dell'artista, quasi a incatenare le forze del suo animo. 20
13. Col termine arti Kant intende le ti belle. Il risultato del pari dierente:
tecniche produttive in generale, distinte dal- nel primo caso il prodotto dato dalle tec-
la produzione che noi chiamiamo semplice- nologie produttive e segue precise regole,
mente artistica e da lui invece denita ar- nel secondo unopera darte composta con
Kant, Critica del Giudizio
Bellezza aderente
Il rigoroso carattere del disinteresse viene da Kant sfumato con la distin-
zione, peraltro fondamentale, fra bellezza libera e bellezza aderente: mentre
la prima quella che in tutto e per tutto obbedisce alle regole del giudizio di
gusto e in primo luogo al carattere disinteressato e alla nalit senza scopo
, la seconda mescola nel suo esercizio considerazioni concettuali. In queste
ovvero nel giudizio che implicano noi siamo condizionati dal ne delloggetto,
per cui non ci piace una chiesa ornata in modo lezioso o troviamo discutibile un
ritratto di un guerriero con fattezze dolci e femminee (gli esempi sono di Kant).
Ma lidea che ci guida allora quella della perfezione delloggetto; essa non si
pu spiegare pienamente, ma solo intuire, perch, in caso contrario, non gi di
bellezza parleremmo, ma solo e subito di perfezione. La bellezza aderente si
coglie in forma generale, ma ogni volta incarnata nel particolare che la fa sor-
gere in noi; nel valutarla facciamo ricorso sia al gusto che allintelletto dando
luogo a un giudizio al contempo logico ed estetico, per cui un elemento cono-
scitivo si insinua nella contemplazione del bello e ci costituisce, se non una
contraddizione, almeno una dicolt allinterno della teoria di Kant.
La via duscita indicata da alcuni interpreti sta nel rovesciare il cammino: lun-
gi dal proporre unaggiuntiva valutazione conoscitiva di oggetti estetici, Kant
starebbe qui descrivendo la possibilit di considerare esteticamente degli og-
getti di conoscenza (e daltro canto noi sappiamo che qualcosa di simile ac-
caduto gi col sublime, in cui al sentimento estetico si sovrappone uno etico).
Kant, Critica del Giudizio
. Il genio
Teoria precorritrice del romanticismo quant'altra mai, quella del genio suggerisce
un'estetica in cui questo soggetto, in cui l'immaginazione non contemplazione
ma creazione, svolge un ruolo maggiormente rilevante della sua stessa opera. Con
questa teoria, Kant abbandona il taglio tradizionale dell'estetica, che finora si era
occupata prevalentemente della fruizione dell'opera d'arte, per soffermarsi invece
sulla sua produzione.
antecedenti nessun prodotto pu dirsi arte, bisogna che nel soggetto (mediante
l'accordo delle sue facolt) sia la natura a dare la regola all'arte; l'arte bella
possibile soltanto come prodotto del genio.
Da ci si vede: ) che il genio il t a le nt o di produrre ci di cui non si pu
dare nessuna precisa regola, non abilit e attitudine a ci che si pu imparare dal- 15
112. Limmaginazione, seguendo la logi- tuale, non risulta adeguata a nessun concet-
ca del libero suo gioco con le facolt intellet- to o sarebbe semplicemente conoscenza e
tuali, pu ricreare il materiale fornitole dal- non creazione artistica; questo ci segnala che
la natura conferendole nuova forma e in ci lintuizione artistica pi ampia dellintellet-
sta il divertimento che essa produce (Kant at- to, i cui limiti sono qui trascesi per avvicinar-
tribuisce allimmaginazione la facolt di sva- si maggiormente allinnit della ragione. E
garci in un passo a p. 287). Il genio possiede come la ragion pratica libera nel suo legi-
limmaginazione non come semplice facolt ferare, cos libero il genio nel suo creare
riproduttiva (come nel momento della frui- immagini; egli in grado di mediare intellet-
zione artistica), bens creatrice. Egli produ- tualmente la ragione, ossia di esprimere in
ce le idee estetiche, intuizioni che non pos- termini intellettuali le idee.
sono trovare espressione adeguata in alcun 1224. Le considerazioni kantiane, tanto
concetto poich dovute alla libera posizio- chiare da non richiedere spiegazioni, si di-
ne da parte dellimmaginazione. Il genio staccano recisamente dalla concezione set-
dunque il luogo in cui pu accadere in for- tecentesca che tendeva a equiparare intel-
ma produttiva il libero gioco dellimmagina- lettualisticamente scienza e arte e costitui-
zione e dellintelletto. Lintuizione del genio, scono la summa dellesaltazione romantica
utilizzando liberamente il materiale intellet- dellinimitabilit e irripetibilit del genio.
Il giudizio teleologico
I brani che seguono sono tratti dalla sezione della terza Critica intitolata Critica
del giudizio teleologico. Si tratta quantitativamente della parte pi breve e me-
no importante, dato il ruolo marginale del giudizio teleologico rispetto a quello
estetico.
la loro stessa possibilit si possa comprendere a sufficienza solo mediante tale tipo
di causalit, l'idea generale di natura come insieme degli oggetti dei sensi, non ci
d nessun motivo di pensarlo. []
Si applica tuttavia con ragione il giudizio teleologico alla ricerca naturale, al-
meno problematicamente; ma solo per sottoporla, seguendo l'a n a l o g i a con la 10
naturali non ordinate da alcuna intenzione, anche solo la produzione di uno stelo
d'erba; bisogna invece assolutamente negare agli uomini questa comprensione.
Kant, Critica del Giudizio
18. Luomo condotto a interpretare gli 1722. Questa unillusione umana: luo-
eventi naturali in base allidea di un ne, ov- mo non realmente il ne del creato, ma si
vero come se le cose naturali perseguissero pensa come tale. Da un lato egli un esse-
nel loro comportamento il raggiungimento di re come tutti gli altri, sottoposto alle leggi
ni prestabiliti, intelligentemente posti. Giu- della causalit meccanica: ma se si pensa co-
dicare una cosa come un ne naturale a causa me soggetto dotato di ragione e volont, al-
della sua forma interna, tuttaltro che con- lora si ritiene svincolato (bench non possa
siderare lesistenza di questa cosa come uno in realt esserlo) dalla natura e dal suo deter-
scopo della natura. In quel caso ci servirebbe minismo. La natura viene allora subordinata
lindividuazione del ne reale, il che ci im- alla felicit delluomo, o meglio diviene la di-
possibile e, daaltro canto, gi negato nella mensione in cui egli pu diventare felice con
Critica della ragion pura. la sua azione morale; infatti tutta la variet
916. Kant si rende perfettamente conto delle creature, per quanto sia grande larte
che noi non siamo in grado di spiegare real- con la quale sono organizzate, e vario il rap-
mente il comportamento naturale in base a porto nalistico che le lega luna allaltra, an-
questo presupposto e che questo nalismo zi lo stesso insieme di tali sistemi di creatu-
vale solo per il Giudizio umano in quanto re, cui noi poco correttamente attribuiamo il
unidea regolativa: esso tuttavia di gran- nome di mondi, esisterebbero invano, se in
de utilit perch ci spinge a razionalizzare essi non vi fossero uomini (esseri ragionevo-
e organizzare in misura sempre pi piena e li in generale); cio, che senza uomini lintera
perfetta il nostro intendimento della natura. creazione non sarebbe che un deserto inutile
e senza scopo nale (p. 411).
legame causale che viene detto delle cause finali (nexus finalis). Sarebbe forse pi 25
opportuno chiamare il primo legame delle cause reali, il secondo di quelle idea-
li, perch queste denominazioni fanno anche capire che non possono esservi che
queste due specie di causalit.
( --; trad. it. pp. --)
14. La nostra tendenza ad attribuire ni quanto insieme degli individui che gi ci sono,
alla natura non fantasiosa, derivando inve- il principio dei nuovi che sorgeranno.
ce da qualcosa che noi constatiamo nella na- 1013. Ma ogni albero genera anche se
tura stessa. Non che noi davvero si possa in- stesso poich il principio di generazione, di
dividuare dei ni: lattribuzione di questa re- conservazione e di crescita di s in quanto lo
gola di comportamento un giudizio riet- per le sue parti (i vari rami ecc.). Esso risulta
tente e non determinante. Infatti v asso- dunque causa ed eetto di se stesso.
luta dierenza tra il dire che la produzione 1425. Kant pu cos distinguere una cau-
di certe cose della natura, o anche di tutta la salit meccanica da una teleologica: nella pri-
natura, non possibile se non mediante una ma lordine delle cause e degli eetti irre-
causa che si determina ad agire intenzional- versibile e la causa precede necessariamente
mente, e il dire che, secondo la particolare leetto; nella seconda invece la causa pre-
natura della mia facolt conoscitiva, io non cede leetto che genera come un ne che
posso giudicare della possibilit di quelle co- fa scattare i mezzi atti al proprio raggiungi-
se e della loro produzione se non pensando mento e dunque leetto da raggiungere la
una causa che agisce intenzionalmente (p. causa che mette in movimento loggetto. Ta-
269), ma questa nostra tendenza ha un fon- le comportamento ha luogo nellorganismo,
damento plausibile. Kant identica con pre- prodotto organizzato della natura [] in
cisione dei casi naturali che, pur essendo nel cui tutto reciprocamente mezzo ed insie-
loro comportamento meccanici, suscitano in me ne (p. 346). Questo signica in deniti-
noi lidea che perseguano un qualche obietti- va che, nellambito della complessiva risolu-
vo. Vi sono infatti dei fenomeni che sembra- zione del problema applicativo delle forme a
no non poter essere spiegati se non in modo priori, il giudizio estetico fornisce la soluzio-
nalistico. ne generale infatti lo stesso Kant a dirci,
59. Gli esempi addotti sono quegli esseri a proposito della facolt del giudizio esteti-
naturali che generano se stessi in quanto spe- co, che essa sola contiene un principio sul
cie o in quanto individui. Lalbero genera altri quale il Giudizio fonda interamente a prio-
alberi e cos facendo contribuisce a perpetua- ri la propria riessione sulla natura (p. 171)
re la sua specie: esso insieme causa ed ef- e quello teleologico la specica in relazio-
fetto di s, poich lindividuo origina, gene- ne a quel caso, particolare ma privilegiato,
rando altri individui, la specie e la specie, in costituito dagli organismi.