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Kant, Critica del Giudizio*

Il problema dell'opera
. Il dualismo fra mondo della necessit
e mondo della finalit
Sia questo passo sia il successivo sono tratti dall'Introduzione all'opera, quella che
Kant redasse per seconda: la prima stesura, un pi ampio ma anche pi contorto
rendiconto dei contenuti dell'intera terza Critica venne infatti sostituita con que-
sta, che presenta un inquadramento della facolt del Giudizio di fondamentale
importanza.
Ricordiamo incidentalmente che nelle traduzioni in lingua italiana vige la
convenzione di tradurre con Giudizio --- e dunque con l'iniziale maiuscola ---
l'espressione kantiana Urteilskraft, che letteralmente significa ``facolt del giudi-
zio'', laddove ``giudizio'' (Urteil) rende il semplice atto del giudizio
Tutti i passi sono dati secondo la seguente edizione: I. Kant, Critica del Giu-
dizio, a cura di A. Bosi, UTET, Torino .

I concetti della natura, che comprendono il fondamento di ogni conoscenza


teoretica a priori, si basavano sulla legislazione dell'intelletto. --- Il concetto di
libert, che comprendeva il fondamento di tutte le prescrizioni pratiche a priori
indipendenti dalla sensibilit, si basava sulla legislazione della ragione. Entram-
be le facolt pertanto, a parte l'applicazione, secondo la forma logica, a princpi 5

(quale che ne sia l'origine), hanno ancora ciascuna una propria legislazione se-
condo il contenuto, al di sopra della quale non ne esiste alcun'altra (a priori), e
che perci giustificava la divisione della filosofia in teoretica e pratica. Tuttavia,
nella famiglia delle facolt conoscitive superiori esiste ancora un termine medio
tra l'intelletto e la ragione. Si tratta del Giu d i z i o, del quale si ha ragione di 10

presumere, per analogia, che possa anch'esso contenere, se non una sua propria
legislazione, almeno un suo proprio principio a priori (comunque puramente sog-
gettivo) di ricerca secondo leggi; un principio che, se anche non gli spetter alcun
campo di oggetti come dominio, potr tuttavia avere un suo territorio, nel quali si
trovi una qualche caratteristica per la quale valga proprio solo questo principio. 15

(Introd., ; trad. it. pp. --)

18. Com noto, Kant non aveva in men- Critica della ragion pura si ammetteva il so-
te la terza Critica allorch stese le prime due lo intelletto per ni conoscitivi (col contribu-
perch non aveva ancora individuato la nuo- to della ragione in forma regolativa), men-
va facolt qui eretta a protagonista. Nella tre il gusto era ritenuto arbitrario, individua-
* Questo testo stato composto con XELATEX
Kant, Critica del Giudizio

le e nessuna autonomia era attribuita al sen- ca, bens una terza facolt oltre allintelletto
timento (n da allora tuttavia la sensibilit e alla ragione. La mediazione possibile non
era riconosciuta in possesso di valenze non oggettiva, ma soggettiva: il punto dincon-
solo conoscitive, in quanto accoglieva le in- tro risiede infatti allinterno del soggetto; i
tuizioni, ma anche emotive, in quanto face- mondi continuano a essere due, ma le facol-
va s che il soggetto ricevesse dalle impres- t soggettive che li pensano sono tre. Il lo-
sioni sensibili piacere o dispiacere). Nella Cri- sofo giunse cos alla conclusione che accan-
tica della ragion pratica, al contrario, il senti- to allintelletto e alla ragione esisteva un al-
mento era ammesso, ma solo nella sua spe- tro strumento a priori dellanimo umano, do-
cie morale, poich gli uomini erano in grado tato di leggi sue proprie, ovvero in possesso
di percepire a priori laccordo del loro com- di una perfetta autonomia: il sentimento. Lo
portamento con le norme. Non dunque in- strumento per operare in questo ambito il
spiegabile se nella terza Critica Kant, dietro la Giudizio.
sollecitazione e linuenza considerevole del- La terza Critica non stata redatta solo e
le dottrine estetiche settecentesche, ammet- tanto per far posto a interessi nuovi di Kant,
te uno spazio autonomo per il sentimento e quasi che egli si fosse accorto solo tardiva-
cerca di individuarne il principio a priori. mente della dimensione del gusto: perch al-
Il secondo motivo che condusse Kant alla lora non considerare altri ambiti ancora, co-
Critica del Giudizio interno al sistema: si trat- me la logica del sapere storico? Non su-
ta del bisogno di mediare, individuando un ciente richiamarsi al tessuto culturale in cui
momento di accordo, il determinismo natu- Kant venne a operare. La risposta invece
rale controllato dallintelletto e la libert pra- che la Critica del Giudizio non complementa le
tica governata dalla ragione. Si noti tuttavia, altre due Critiche, bens ne prosegue la fonda-
ed cosa essenziale, che Kant non si riferisce mentale linea problematica: com possibile,
che alle facolt teoretica e pratica, ricercan- muovendo dai generali presupposti apriori-
done una terza: non si tratta cio di collegare stici, pervenire alle leggi particolari di natu-
il mondo teoretico e quello pratico, quasi fos- ra, anzi, meglio, alla loro applicazione allete-
se possibile trovarne un terzo che li sintetizzi. rogenea molteplicit dei casi singoli? Il tema,
Questa soluzione era stata scartata gi nella gi discusso in una poco studiata opera, i Pri-
Critica della ragion pura (e precisamente nella mi princpi metasici della scienza della natura
Dialettica trascendentale), dove le antinomie (1786), ritorna qui protagonisticamente ed
dinamiche (intorno alla libert e a Dio) aveva- il problema stesso del Giudizio. Non si tratta
no chiarito che i due regni erano compatibili di una semplice integrazione alla Critica del-
solo in quanto separati. Si tratta piuttosto di la ragion pura, poich obiettivo della scienza
proseguire la ricerca avviata nellAnalitica dei non la formulazione di generalissimi quan-
Princpi sulla possibile applicazione delle for- to astratti princpi, ma la funzionalit nel caso
me a priori a un materiale che ha unorigine a particolare: si tratta dunque proprio di rende-
posteriori. re operanti le categorie secondo una modali-
814. La mediazione consiste perci nel- t analoga a, ma pi felice di, quella espressa
lindividuare non un terzo mondo, una terza nella dottrina della schematismo.
dimensione oltre a quelle teoretica e prati-

. Giudizi determinanti e giudizi riflettenti


Da questo brano, come dal precedente, si chiarisce che i problemi estetico e te-
leologico sono strumenti (fondamentale il primo, pi marginale il secondo) per
la soluzione di una questione schiettamente epistemologica.

Il Giudizio in generale la facolt di pensare il particolare in quanto contenuto


nell'universale. Se l'universale (la regola, il principio, la legge) dato, il Giudizio
che sussume sotto questo il particolare (anche se, come il Giudizio trascendentale,
indica a priori le condizioni indispensabili per la sussunzione a quell'universale),
Kant, Critica del Giudizio

d et er mi n an te. Se invece dato soltanto il particolare, ed il Giudizio deve 5

trovargli l'universale, allora esso meramente r i f l e t t e n t e.


le forme nella natura sono tanto varie, e per cos dire tanto numerose le
modificazioni dei concetti trascendentali universali della natura, lasciate indeter-
minate da quelle leggi che l'intelletto puro fornisce a priori queste ultime infatti
non riguardano che la possibilit di una natura come oggetto dei sensi in ge- 10

nerale), --- da richiedere perci leggi che, in quanto empiriche, possono essere
contingenti dal punto di vista del nostro intelletto, ma che, per ricevere il nome
di leggi (come richiesto anche dal concetto di una natura), debbono venir con-
siderate come necessarie a partire da un concetto (per quanto a noi sconosciuto)
dell'unit del molteplice. --- Il Giudizio riflettente, cui tocca risalire dal partico- 15

lare della natura all'universale, ha dunque bisogno d'un principio che non pu
ricavare dall'esperienza, perch deve appunto fondare l'unit di tutti i princpi
empirici sotto princpi anch'essi empirici, ma pi elevati, e quindi la possibilit
di una sistematica subordinazione di tali princpi gli uni agli altri. Un tale princi-
pio trascendentale, il Giudizio riflettente pu dunque darselo soltanto esso stesso 20

come legge, senza prenderlo dall'esterno (perch allora si trasformerebbe in Giu-


dizio determinante), n pu prescriverlo alla natura, poich la riflessione sulle
leggi della natura si adegua alla natura, mentre quest'ultima non si adegua al-
le condizioni secondo le quali noi aspiriamo a formarci di essa un concetto che,
rispetto a tali condizioni, del tutto contingente. 25

Ora questo principio non pu essere che il seguente: poich le leggi universali
della natura hanno il loro fondamento nel nostro intelletto, che le prescrive alla
natura (bench solo secondo il concetto universale della natura in quanto tale),
le leggi empiriche particolari, relativamente a ci che rimane in esse non determi-
nato dalle prime, devono venire considerate secondo un'unit quale un intelletto 30

(sebbene non il nostro) avrebbe potuto stabilire a vantaggio della nostra facolt
conoscitiva, per rendere possibile un sistema dell'esperienza secondo leggi parti-
colari della natura. Questo non nel senso di dover ammettere la reale esistenza
d'un tale intelletto (perch questa idea funge da principio solo per il Giudizio ri-
flettente, per riflettere, non per determinare); in questo modo essa d una legge 35

solo a se stessa, e non alla natura.


Ora, poich il concetto di un oggetto, nella misura in cui contiene anche il
principio della realt di questo oggetto, si dice scopo, mentre si dice finalit della
forma d'una cosa l'accordo di questa con quella costituzione delle cose che
possibile solo mediante fini, il principio del Giudizio, rispetto alla forma delle cose 40

naturali sottoposte a leggi empiriche in generale, la finalit della natura nella


variet delle sue forme. In altri termini, la natura viene rappresentata, mediante
questo concetto, come se un intelletto contenesse il fondamento unitario della
molteplicit delle sue leggi empiriche.
La finalit della natura dunque un particolare concetto a priori, la cui origine 45

va cercata nel solo Giudizio riflettente.


(Introd., ; trad. it. pp. --)

16. Per Kant, conoscere giudicare, ma particolare (il materiale fornito dallintuizio-
nella Critica della ragion pura il giudizio sin- ne sensibile) viene sussunto sotto luniversa-
tetico a priori svolge una funzione ancor pi le costituito dalle strutture dellintelletto (le
originaria: esso infatti pone loggetto stesso, categorie).
lo costituisce o, per seguire la terminologia 724. Nella Critica del Giudizio invece non
della terza Critica, lo determina. A tal ne il si tratta di porre un oggetto per poterlo quin-
Kant, Critica del Giudizio

di conoscere, bens di soermarsi su di esso, tura ed i limiti delle nostre facolt conosciti-
ovvero di riettere per valutare se, in quanto ve, non scorgiamo aatto tale necessit (p.
gi dato oggetto dellintelletto, si accorda coi 161). Le leggi applicative non sono alternative
princpi posti dalla ragione. Tale giudizio non o concorrenziali rispetto a quelle dellintel-
riguarda loggetto in quanto tale, ma la sua letto, sono un elemento ulteriore; non pro-
relazione con la ragione, col soggetto giudi- venendo dallintelletto, esse non sono neces-
cante piuttosto che col principio del giudizio sarie nel senso delle leggi naturali e in quanto
(determinante). In questo capoverso il prin- non esistono ex parte objecti, ma solo ex par-
cipio del Giudizio visto nella necessit del- te subjecti, alla conoscenza potrebbero appa-
lapplicazione: il giudizio determinante in- rire contingenti. Questo signica che il giu-
fatti espressione di una legge universale che dizio riettente non uno strumento o un
riguarda una enorme molteplicit di accadi- parametro nuovo aggiunto al giudizio deter-
menti e/o individui; ma poi necessario ap- minante, ma lintegrazione necessaria al giu-
plicare questa legge agli accadimenti stessi, dizio determinante perch le forme a priori
che non sono mai uguali e che si presentano possano essere applicate convenientemente
secondo modalit sempre dierenti. Lappli- ai casi singolari che lesperienza ci presenta.
cazione non pu essere adata al caso o al- In altre parole, la Critica del Giudizio aronta il
la scelta individuale e deve pertanto risiede- medesimo problema della Critica della ragion
re in un principio a priori. Noi infatti dobbia- pura, ma da un punto di vista epistemologico
mo collegare, come dice il testo, le moltepli- piuttosto che metasico, come invece laltra.
ci forme della natura alle modicazioni dei Pi tardi, insoddisfatto anche di questa solu-
concetti trascendentali universali della natu- zione, Kant tent unaltra volta di risolvere
ra scegliendo di volta in volta quella versio- il caso nellardua trattazione dellOpus postu-
ne o modicazione del concetto universa- mum, redatto a partire dagli ultimi anni del
le che meglio si applica alla forma che ci sta secolo e lasciato quindi incompiuto.
davanti. 2534. Lelemento aggiuntivo non pu
Il problema non nuovo: lAnalitica dei essere rinvenuto nellesperienza, poich al-
concetti era stato il primo tentativo di risol- lorigine del suo sorgere; n pu essere una
verlo, ma Kant era rimasto insoddisfatto da- legge universale, poich allora sarebbe una
gli schemi; essi, in quanto forme a priori, non forma del giudizio determinante e si ritor-
sembravano essere sempre una mediazione nerebbe al problema di partenza. Esso un
conveniente e facevano sorgere la dicolt principio a priori che tuttavia il Giudizio non
del terzo uomo. Il giudizio riettente la nuo- impone alla natura che il soggetto conosce,
va soluzione: esso riaerma lesigenza che le ma al soggetto che conosce la natura. Tale
leggi a priori tengano conto, in forma aprio- principio prende spunto dal funzionamento
ristica, degli oggetti o contenuti dellespe- dellintelletto ed in certo modo una ripro-
rienza. Mentre nella prima Critica le leggi era- posta dellidea di mondo come sistema or-
no poste dallintelletto in piena autonomia e ganico della totalit delle realt empiriche:
in un secondo tempo si ricercava la modali- noi dobbiamo procedere nella conoscenza
t della loro applicazione, ora questultima come se (la regola del come se, che emer-
detta poggiare n da principio su di un princi- ge alla r. 43, qui il fondamentale principio
pio a priori che la Critica del Giudizio si propo- regolatore) esistesse una globale unit del-
ne di identicare. Come scrive Kant, gli og- la conoscenza tale da non riguardare soltan-
getti della conoscenza empirica sono ancora to le leggi generali, ma anche quelle parti-
determinati, o, per quanto se ne pu giudica- colari. Quanto al contenuto, questo princi-
re a priori, determinabili in diversi modi; sic- pio, evidentemente unidea regolativa, li-
ch nature specicamente diverse, a prescin- dea di scopo: a noi conviene pensare che i
dere da ci che hanno in comune in quanto corpi (i quali, dal punto di vista dellintelletto,
appartenenti alla natura in generale, posso- non seguono che le leggi naturali e si inqua-
no ancora essere cause in una innit di mo- drano nel pi rigoroso determinismo) sotto-
di diversi; ed ognuna di queste maniere (se- stiano a un comportamento uniforme e ar-
condo il concetto di causa in generale) deve monico, obbediente a chiari ni, perch la ri-
avere la sua regola, che una legge, e quindi cerca delle leggi da parte dellintelletto risul-
comporta necessit, sebbene noi, per la na- ta pi facile se condotta in base al principio
Kant, Critica del Giudizio

(regolativo) di unintrinseca razionalit delle formula perci giudizi riettenti). Ci so-


cose. stenuto dallo stesso Kant: Questo concet-
3543. Questa nalit non n pratica n to trascendentale di una nalit della natura,
tecnica: la prima non ha a che fare con og- non n un concetto della natura n un con-
getti naturali, ma solo con azioni; la secon- cetto della libert, perch non attribuisce as-
da riguarda oggetti sensibili, ma obbedisce solutamente nulla alloggetto (della natura),
alle sole leggi dellintelletto. Qui invece cer- ma non fa che rappresentare lunico modo
chiamo un altro tipo di nalit, che esiste per- che noi dobbiamo seguire nella riessione su-
ch gi testimoniata nella nostra esperienza: gli oggetti della natura, anch lesperienza
si d infatti il caso che, nel conoscere, noi si presenti come una totalit interconnessa
incontriamo degli oggetti la cui struttura o (p. 162). Vi sono casi in cui tale nalit appa-
il cui comportamento sembrano spontanea- re chiara, altri in cui sembra assai dicilmen-
mente in linea con le nostre facolt conosciti- te proponibile: , come ha scritto Kant, so-
ve e col nostro bisogno di ordine e organicit, lo contingente. Ma il fatto che interessi lap-
come formati da un intelletto del tutto analo- plicazione delle leggi universali dellintellet-
go al nostro. Questa non pu essere realmen- to ci mostra invece che devessere universale
te la costituzione della natura, che si compor- e aprioristica, sia pure secondo una modali-
ta in base a un cieco determinismo ed af- t del tutto diversa rispetto a quella in cui di-
fatto indierente ai nostri bisogni come al- ciamo universali e aprioristiche le leggi cono-
le nostre caratteristiche: tale atteggiamento scitive dellintelletto e pratiche quelle della
teleologico le attribuito dal soggetto (che ragione: una nalit pura.

L'analisi del bello e i caratteri specifici


del giudizio estetico
I passi dedicati al bello che seguono sono tratti dall'Analitica del bello e chiarisco-
no la specificit del giudizio di gusto; ancora una volta si rivela il taglio trascenden-
tale dell'approccio kantiano, poich l'indagine fondata sull'individuazione della
forma pura di tale giudizio, colto indipendentemente dai suoi contenuti specifici.
Omettiamo per brevit la quarta definizione di bello, strettamente imparentata
con la seconda.

. Il Giudizio estetico
Per decidere se una cosa sia bella o meno, noi non poniamo, mediante l'intelletto,
la rappresentazione in rapporto con l'oggetto, in vista della conoscenza; la rap-
portiamo invece, tramite l'immaginazione (forse connessa con l'intelletto) al sog-
getto e al suo sentimento di piacere e di dispiacere. Il giudizio di gusto non
pertanto un giudizio di conoscenza; non quindi logico, ma estetico: intenden- 5

do con questo termine ci il cui principio di determinazione non pu essere che


soggettivo.
( ; trad. it. p. )

16. Il giudizio di gusto, come gi sta- te nel senso che non esibisce una caratteri-
to appurato dallescursione delle caratteristi- stica delloggetto, ma una disposizione sog-
che del giudizio riettente, non conoscenza gettiva ossia il sentimento del soggetto nei
n azione. Il suo carattere non determinan- suoi confronti. Ci non signica tuttavia che
te bench esso derivi dallesercizio delle fa- sia angustamente individuale: il cuore della
colt conoscitive perch non produce cono- dimostrazione (deduzione) kantiana si muo-
scenza, bens applicazione alloggetto di una ve su questo punto proprio nella direzione
nalit (priva nondimeno di carattere prati- contraria.
co). Il giudizio di gusto dunque rietten-
Kant, Critica del Giudizio

Kant e lestetica del Settecento


Possiamo riconoscere tre tendenze fondamentali nellestetica settecente-
sca, ma tutte accomunate dal tentativo di ricondurre i giudizi estetici ad altri
fenomeni pi noti: 1) il razionalismo di Baumgarten, che considera il gusto una
forma tutto sommato inferiore di conoscenza; infatti, in base alle sue premes-
se leibniziane, il losofo tende a riconoscere nella sensibilit semplicemente il
livello oscuro del raziocinio, la forma pi bassa della rappresentazione. In que-
stottica il bello risulta essere un concetto della perfezione che si fonda su di
una caratteristica delloggetto, percepito come perfetto solo in modo confuso
(in altre parole ci che bello per i sensi, se conosciuto adeguatamente, divie-
ne il perfetto della ragione). 2) Il sensualismo di Burke, per cui i giudizi di gusto
appartengono al sentimento, ma questultimo non visto come strettamente
individuale poich deriva da una comune dotazioni siologica; 3) lempirismo
(i cui principali esponenti sono Hume, Hutcheson e Home) che privilegia, in
diametrale opposizione ai leibniziani, la sensibilit: le valutazioni estetiche de-
rivano da abitudini e si fondano sulla soggettivissima impressione di piacere,
cui si aggiunge secondo taluni (Gottsched e gli svizzeri quali Bodmer e Breitin-
ger) lintelletto, tanto che Hume, nel celebre scritto omonimo, aveva concluso
proprio la sostanziale inesistenza di una regola del gusto.
Contro 1) Kant aerma lautonomia del giudizio di gusto, forma originale di
rapportarsi con loggetto, contro 2) e 3) ricorda il carattere universale del giudi-
zio di gusto stesso. Gli antecedenti pi signicativi di Kant sono cos da un lato
Mendelssohn, che riconosce una facolt intermedia fra il conoscere e il deside-
rare: lapprovare (cio il riconoscere e il godere qualcosa che non ha niente a
che vedere con gli intenti conoscitivi e pratici), e dallaltro lato Tetens, che nel
generale operare umano individua, accanto alle rappresentazioni e alle azio-
ni, i sentimenti: questi ultimi si riferiscono a oggetti come le rappresentazioni,
ma come le azioni esprimono lautonoma determinazione (o punto di vista) del
soggetto. In fondamentale aggiunta a quanto asserito da Mendelssohn e Te-
tens, il Kant riconosce accanto allautonomia del giudizio la possibilit di farne
una critica, ovvero individuarne un principio a priori che ne costituisca il fon-
damento: egli riesce cos a sfuggire anche in ambito estetico allo scetticismo
humiano.

. Primo carattere del bello: il disinteresse


Si d il nome di interesse alla soddisfazione che congiungiamo alla rappresenta-
zione dell'esistenza d'un oggetto. Tale soddisfazione ha dunque sempre un rap-
porto con la facolt di desiderare, o in quanto suo principio di determinazione,
o perch necessariamente connessa con tale principio. Ora, per, quando ci si
chiede se una cosa bella, non si vuole sapere se a noi od a chiunque altro im- 5

porti o possa importare qualcosa della esistenza della cosa; ma piuttosto, come
noi la giudichiamo da un punto di vista puramente contemplativo (per intuizio-
ne o riflessione). [] facile vedere che quello che importa, per poter dire che
l'oggetto b el lo, e per provare che ho gusto, non il mio rapporto di dipendenza
dall'esistenza dell'oggetto, ma ci che in me ricavo da questa rappresentazione. 10

Chiunque deve riconoscere che un giudizio sul bello cui si mescoli il pi piccolo
interesse, molto parziale, e non costituisce un giudizio di gusto puro. Per erigersi
Kant, Critica del Giudizio

a giudice in fatto di gusto non bisogna curarsi per nulla dell'esistenza della cosa,
ma essere del tutto indifferenti a tale riguardo. []
Pi acevo le ci che piace a i se n si n el la s e n s a z i o n e . [] Ogni soddi- 15

sfazione (si dice, o si pensa) in s sensazione (di piacere). le impressioni dei


sensi che determinano l'inclinazione, i princpi della ragione, che riguardano la
volont, o le forme meramente riflesse dell'intuizione, che determinano il Giudi-
zio, vengono ad identificarsi quanto all'effetto sul sentimento di piacere. Non si
tratterebbe infatti d'altro che della gioia che si prova nel sentire il proprio stato; 20

e poich ogni elaborazione delle nostre facolt deve infine rivolgersi al pratico e
qui trovare unit come nel suo scopo, non si potrebbe attribuire loro altra stima
delle cose e del loro valore che non consista nel piacere ch'esse promettono. []
Il colore verde dei prati una s en sa z ion e o g g e t t i v a, in quanto percezio-
ne d'un oggetto del senso; la gradevolezza invece una sensazione soggettiva, 25

mediante la quale nessun oggetto rappresentato: vale a dire, un sentimento,


nel quale l'oggetto viene considerato come oggetto di soddisfazione (e non di
conoscenza). []
buono ci che, mediante la ragione, piace per il puro e semplice concetto.
Parliamo di bu o n o a qualcos a (utile), quando ci piace soltanto come mezzo; al- 30

tre cose le chiamiamo buone in s , quando ci piacciono per se stesse. In entrambi


i casi sempre implicito il concetto di fine, quindi il rapporto della ragione con
una volont (almeno come possibilit), quindi la soddisfazione per l'e s i s t e n z a
di un oggetto o di un'azione, vale a dire un qualche interesse.
Per trovar buono qualcosa, devo sempre sapere che specie di cosa l'oggetto 35

debba essere, cio averne un concetto. Per trovarvi la bellezza, questo non mi
indispensabile. I fiori, i disegni liberi, quei tratti intrecciati a caso che vanno sotto
il nome di fogliame, non significano nulla, non dipendono da concetti definiti,
eppure piacciono. La soddisfazione che d il bello deve dipendere dalla riflessione
sopra un oggetto, la quale conduce ad un qualche concetto (senza determinarlo 40

precisamente), distinguendosi perci dal piacevole, che riposa interamente sulla


sensazione. []
Def in i zio n e del bello de sun ta d a l p rim o m o m e n t o
Il gusto la facolt di giudicare d'un oggetto o d'una specie di rappresenta-
zione, mediante una soddisfazione od insoddisfazione sc e v r a d ' o g n i i n t e r e s s e. 45

L'oggetto d'una tale soddisfazione si dice bello.


( e ; trad. it. pp. --, --)

14. La prima caratteristica del giudizio di gelato, lo gusto: ma ci pu aver luogo so-
gusto il disinteresse. Esso denuncia la corre- lo se riesco a trovare il gelato. Anche ambi-
lazione fra lesistenza delloggetto della rap- ti pi elevati si espongono alla stessa logica:
presentazione e il desiderio da parte del sog- il desiderio di un piacere sico (magari pi
getto che contempla. Per contro, il giudizio di ranato, ma sempre di origine sensibile) che
gusto non devessere inquinato da valutazio- mi porta ad ascoltare un certo brano di musi-
ni che pertengono a sfere estranee al domi- ca e il soddisfacimento si ha solo se e quando
nio del gusto stesso, come lutile, ledicante riesco eettivamente ad ascoltarlo. La deni-
o il piacevole. zione kantiana ci d immediatamente le coor-
413. Kant contesta una linea di pensiero dinate del piacere interessato: esso lega-
che postulava il legame fra il piacere e il sod- to alla rappresentazione dellesistenza di un
disfacimento di un bisogno e, ulteriormen- oggetto e alla facolt di desiderare che pro-
te, fra il soddisfacimento stesso e lesisten- duce un bisogno da quelloggetto soddisfat-
za delloggetto che lo potrebbe eettuare. to: la conclusione di questo processo fa na-
Io provo piacere quando, avendo voglia di un scere in noi il sentimento del piacere (o del
Kant, Critica del Giudizio

dispiacere). pendentemente dalla sensazione, che invece


Al contrario, il piacere disinteressato conosce (in modo sempre e solo determinan-
lunico a produrre autentici giudizi di gusto; te). Il carattere impuro del piacevole risie-
dovunque io mescoli un interesse, il giudizio de perci nel fatto che nel giudizio del piace-
risulter in qualche modo inquinato o so- vole non viene percepito solo il soggetto (il
spetto; cos se io dicessi che una tal torta suo stato interno o sentimento), ma anche
la migliore perch a me piace pretenderei loggetto e il piacere non risulta disgiunto
di assolutizzare una mia pura e semplice opi- come si converrebbe dalla conoscenza.
nione; oppure apprezzerei il quadro che ho 2732. Il buono ci che suscita piacere
acquistato soprattutto perch ho realizzato in noi in base a quanto suggerisce la ragione,
con esso un buon investimento. Il giudizio di- alla luce di un ne (cio in quanto o conside-
sinteressato mi porta per contro a riconosce- rato un ne o atto al raggiungimento di un
re che un quadro costoso perch un ca- ne). Qui il piacere non puro perch mesco-
polavoro, mentre non diventa un capolavo- lato alla volont, cio inquinato non pi dal-
ro per il solo fatto che il mercato ne ha alza- la conoscenza, bens appunto dalla ragione.
to la quotazione. Dobbiamo insomma essere Anche in questo caso ha un ruolo lesistenza
in grado di apprezzare unopera del tutto in- delloggetto: il soggetto lo percepisce e non
dipendentemente dallesistenza dei suoi og- sente invece solo se stesso, come dovrebbe
getti: cos nessuno ritiene scadente I fratel- in un autentico giudizio di gusto. In fondo il
li Karamazov perch non sono mai esistiti n buono sulla stessa linea del piacevole, dal
Ivan n Ala, n La battaglia di San Romano momento che il piacere interessato sempre
per il fatto che nella realt i cavalli non sono in rapporto col desiderio del soggetto e che
rossi o blu. noi riteniamo buono ci che soddisfa i nostri
1426. Gli oggetti del piacere interessato desideri.
sono il piacevole e il buono (entrambi in un 3243. Il bello piace invece non in quan-
continuum in quanto rispettivamente livello to sentito (dalla facolt inferiore) n in quan-
inferiore e superiore dellinteresse), logget- to voluto (dalla facolt superiore), bens in
to del piacere disinteressato il bello. Il pia- quanto contemplato; esso fornisce un piace-
cevole loggetto del sentimento cos come re immediato perch non ha importanza che
appare nella sensazione e non in forma pu- la cosa esista o no, che sia percepita o voluta:
ra: ci signica che qui ha luogo una conta- solo in questambito lapprovazione da parte
minazione non corretta fra sensazione e sen- del soggetto, che produce il sentimento del
timento: questultimo pretende di giudicare bello, assolutamente libera.
(in forma riettente, sintende), ma non indi-

. Secondo carattere del bello: l'universalit


quando si consapevoli del fatto che la soddisfazione che proviamo per qualco-
sa del tutto disinteressata, non possiamo fare a meno di ritenere che contenga un
motivo di soddisfazione per tutti. Infatti qui non ci si basa su qualche inclinazione
del soggetto (n su qualche altro interesse riflesso): chi giudica si sente comple-
tamente li b ero nei confronti della soddisfazione con cui si volge all'oggetto, per 5

cui non riesce ad attribuire tale soddisfazione ad alcuna circostanza particolare,


esclusiva del proprio oggetto, e deve quindi considerarla fondata su ci che pu
presupporre in ogni altro: di conseguenza dovr credere d'aver motivo di atten-
dersi da ciascun altro una simile soddisfazione. Parler pertanto del bello, come
se la bellezza fosse una propriet dell'oggetto, ed il giudizio fosse logico (come se 10

cio costituisse una conoscenza dell'oggetto mediante concetti di questo). Infatti,


per quanto il giudizio sia soltanto estetico e non implichi che un rapporto della
rappresentazione dell'oggetto con il soggetto, analogo al giudizio logico sotto
questo profilo, che se ne presuppone la validit per ognuno. Ma questa universa-
lit non pu scaturire neppure da concetti. Infatti dai concetti non si d passaggio 15
Kant, Critica del Giudizio

al sentimento di piacere o di dispiacere Ne consegue che al giudizio di gusto si


deve annettere, con la consapevolezza del suo carattere disinteressato, una prete-
sa di validit universale, senza che tale universalit poggi sull'oggetto; vale a dire,
la pretesa ad una universalit soggettiva deve essere legata al giudizio di gusto.
Def in i zio n e del bello de sun ta d a l s e c o n d o m o m e n t o 20

bello ci che piace universalmente senza concetto.


( e ; trad. it. pp. e )

114. La seconda caratteristica del giudi- trario mi disturbo nel vederne di malamen-
zio di gusto luniversalit. Il piacere esteti- te disegnate, sto paragonando ci che vedo
co universale e necessario (si impone cio con quello che dovrebbero essere autenti-
a tutti), ma non pu richiamarsi a un concet- che gure geometriche: ma cos ancora una
to dellintelletto che lo fondi e dimostri. Lu- volta lintelletto che giudica, lobiettivo in
niversalit in altre parole contingente, nel qualche modo conoscitivo e il giudizio deter-
senso che noi non siamo certi che tutti la ri- minante. Qui il piacere non insomma acon-
spettino in concreto, ma che possiamo solo cettuale: dalla prima caratteristica del bello
esigerlo, senza certezze sul risultato di tale abbiamo visto che esso implica una nalit
nostra pretesa. Come meglio si vedr nella non pratica e una conoscenza non teoretica;
deduzione del giudizio di gusto, luniversali- ora apprendiamo che esso determina una re-
t soggettiva, dal momento che si rif al golarit non per fornita da una legge. Se vi
comune sentimento dei soggetti giudicanti e fosse concettualit, vi sarebbe anche dimo-
in questi risiede: proprio per questo rimane strabilit: in tal caso tutti potrebbero impa-
senza prova. rare ad apprezzare le opere darte e sareb-
1420. Il carattere aconcettuale del giu- be possibile spiegare perch una certa cosa
dizio di gusto non esclude lesistenza del pia- bella e unaltra no; ma noi sappiamo che lap-
cere intellettuale che nasce dalla commisura- prezzamento nei confronti del bello una
zione di un oggetto con ci che esso dovreb- facolt certo non immotivata, ma aconcet-
be essere, ovvero col suo concetto. Quando, tuale, per cui noi sentiamo la bellezza ma
ad esempio, io mi compiaccio nel vedere del- non siamo in grado di giusticare tale nostro
le gure geometriche ben denite o al con- sentimento.

. Terzo carattere del bello: la finalit senza scopo


Ogni fine, se lo si considera come della soddisfazione, implica sempre un interesse
come principio della determinazione del giudizio sull'oggetto del piacere stesso.
Ne consegue che a fondamento del giudizio di gusto non pu esservi nessuno
scopo soggettivo. Ma tale giudizio non pu neppure venire determinato dalla
rappresentazione di uno scopo oggettivo, cio dalla possibilit dell'oggetto stesso 5

secondo princpi di relazione ad un fine (non quindi da un concetto di bene); si


tratta infatti di un giudizio estetico e non di conoscenza, non concernente quin-
di alcun concetto della natura e della possibilit esterna o interna dell'oggetto
mediante questa o quella causa, ma soltanto il rapporto reciproco delle facolt
rappresentative, in quanto queste sono determinate da una rappresentazione. [] 10

Pertanto, la soddisfazione che noi, senza concetto, giudichiamo universalmen-


te comunicabile, e quindi causa determinante del giudizio di gusto, non pu con-
sistere in altro che nella finalit soggettiva della rappresentazione di un oggetto,
senza fini di sorta (n oggettivi n soggettivi), quindi nella semplice forma della
finalit nella rappresentazione con la quale un oggetto ci viene dato, nella misura 15

in cui ne siamo coscienti. []


Non pu esservi alcuna regola oggettiva di gusto, capace di determinare tra-
mite concetti che cosa sia il bello. Infatti, ogni giudizio che scaturisca da questa
Kant, Critica del Giudizio

fonte estetico, trova cio il proprio principio di determinazione nel sentimento


del soggetto e non nel concetto d'un oggetto. 20

Def in i zio n e di bello des u nt a da q ue st o t e r z o m o m e n t o


La be ll ezza la forma della f ina l it d'un oggetto, in quanto viene percepita
in questo senza la rappresenta z ion e d 'u no sc o p o.
( e ; trad. it. pp. --, --, )

110. La terza caratteristica del giudizio piacere.


di gusto la nalit, la quale tuttavia non si Nel bello io riscontro una regolarit che
riferisce davvero a uno scopo che loggetto mi fa pensare a unorganizzazione nalistica,
del gusto possederebbe, ma solo a una im- ma so che essa non presente nelle cose (al-
pressione che il soggetto percepisce senza trimenti sarebbe oggettiva, non soggettiva)
poterla indicare con precisione. Essa cio ri- e in ogni caso non posso individuarla in con-
mane una nalit indeterminata, a dierenza creto (essa rimane a livello puramente for-
di quella della ragione. male). Il ne non altro che la forma del -
1123. Kant distingue la nalit oggettiva ne, presente solo nel soggetto; qui, in altre
e quella soggettiva: la prima la relazione di parole, non richiesto laccordo dellogget-
un oggetto col suo ne, stabilito mediante un to col suo concetto, bens semplicemente il
concetto; si tratta della teleologia, dove il - sentimento dellaccordo delloggetto con le
ne per cui la cosa posta in essere la sua facolt conoscitive del soggetto. Il sentimen-
stessa causa. La seconda consiste invece nel- to, bench possa dare origine a un piacere in-
laccordo delloggetto con lo stato del sog- teressato (il piacevole, il buono e quello in-
getto: qui non ha alcun rilievo il fondamen- tellettuale), pu anche acquisire una sua to-
to delloggetto, la sua reale destinazione, tale autonomia e generare il piacere esteti-
ma solo quanto appare come destinazione al co. Cos in una natura morta noi cogliamo le-
soggetto. Ad esempio, io posso compiacer- quilibrio delle forme, la perfetta disposizio-
mi nel rilevare delle regolarit in un disegno ne degli elementi, ma ci rendiamo conto che
o in un paesaggio, ma mi fermo alla consta- il pittore non aveva altro ne, nel collocare
tazione pura e semplice di dette regolarit quel vaso o quel frutto proprio in quel luo-
per trarne piacere, senza indagare come mai go, che creare unimmagine equilibrata e ben
esse siano presenti; queste informazioni non disposta.
servirebbero in ogni caso ad accrescere il mio

. La rivoluzione copernicana estetica


Le righe che seguono provengono dalla Deduzione dei giudizi estetici puri, il
capitolo che presenta la deduzione trascendentale dell'ambito del Giudizio. Pur
notando la differente inclinazione soggettiva rispetto alla deduzione della prima
Critica, riteniamo che giustamente si possa parlare di rivoluzione copernicana
estetica in relazione alle teorie del bello da cui Kant prende le mosse.

Il giudizio di gusto si distingue da quello logico per il fatto che quest'ultimo


sussume, a differenza del primo, una rappresentazione sotto il concetto d'un og-
getto, altrimenti il necessario consenso universale potrebbe venire imposto me-
diante prove. Il primo giudizio rassomiglia tuttavia al secondo per il fatto di pre-
tendere ad una universalit e necessit, non per secondo concetti dell'oggetto, e 5

quindi meramente soggettiva. [] dato che la libert della immaginazione consi-


ste appunto nello schematizzare senza concetto, il giudizio di gusto deve fondarsi
sulla mera sensazione del reciproco avvivarsi dell'immaginazione, nella sua l i b e r-
t, e dell'intelletto, nella sua leg a li t; quindi su un sentimento, che ci fa giudicare
l'oggetto secondo la finalit della rappresentazione (mediante la quale ci vien da- 10

to un oggetto) a promuovere il libero gioco delle facolt conoscitive; e il gusto,


Kant, Critica del Giudizio

quale Giudizio soggettivo, contiene un principio di sussunzione, non per di in-


tuizioni sotto concetti, ma della facolt dell'intuizione o della presentazione (cio
dell'immaginazione), sotto la facolt dei co nc e t t i (l'intelletto), nella misura in
cui la prima, nella sua libert, si accorda colla seconda, nella sua l e g a l i t . [] 15

Se non si tratta d'un semplice giudizio di sensazione, ma d'un giudizio forma-


le di riflessione, che esige da ciascuno questa soddisfazione come necessaria, esso
deve avere a fondamento un qualche principio a priori, in ogni caso puramente
soggettivo (uno oggettivo sarebbe impossibile in questa specie di giudizi), ma, an-
che come tale, bisognoso di una deduzione che spieghi come un giudizio estetico 20

possa pretendere alla necessit. Su ci si fonda il problema che ora ci occupa:


come sono possibili i giudizi di gusto? []
Se ammettiamo che in un puro giudizio di gusto la soddisfazione per l'oggetto
sia legata al mero giudizio della forma di questo, non si tratta d'altro che della
finalit soggettiva di questa per il Giudizio, che noi sentiamo legata nel nostro 25

animo con la rappresentazione dell'oggetto. Ora, poich il Giudizio, riguardo


alle regole formali del giudicare, ed escludendo ogni materia (sensazione o con-
cetto), non pu riguardare se non le condizioni soggettive dell'uso del Giudizio
in generale (che non si applica n ad un particolare modo di sentire n ad un
particolare concetto dell'intelletto); quell'elemento soggettivo, quindi, che si pu 30

presupporre in ogni uomo (in quanto necessario alla possibilit della conoscenza
in generale); si deve poter ammettere a priori la validit universale dell'accordo
di una rappresentazione con queste condizioni del Giudizio. In altri termini: ci si
pu con ragione attendere da ognuno il piacere, cio la finalit soggettiva della
rappresentazione in vista del rapporto tra le facolt conoscitive, nel giudizio d'un 35

oggetto sensibile in generale.


( e ; trad. it. pp. --, )

15. Il punto di partenza di Kant il rico- il giudizio (non invece come applicazione
noscimento del fatto che il giudizio di gusto, di concetti determinati). Se la conoscenza
nonch essere ateoretico, cio impossibilita- costituita dallaccordo di immaginazione
to a dimostrare e imporre le proprie ragioni (che fornisce gli schemi) e intelletto (che
in forma discorsiva dimostrativa (proviamo a fornisce il materiale ordinato spazio-tempo-
spiegare che la torta al cioccolato buona a categorialmente), il giudizio di gusto co-
qualcuno a cui non piace!), pure universa- stituito invece dal loro libero gioco: accor-
le. Questo carattere non pu tuttavia risiede- do spontaneo e soggettivo, che non ha per
re nelloggetto (o ancora una volta avremmo regola leettivo comportamento o la strut-
a che fare con un giudizio determinante) e tura del reale, bens la rispondenza con le
dunque si basa sulla funzione soggettiva del aspettative soggettive. Io insomma ho a che
Giudizio. Quando io asserisco che mi piace fare con una realt possibile (sottoposta alle
La traviata, aermo la mia personale opinio- generali o, meglio, indeterminate norme del-
ne su una celebre opera lirica; ma se dico che lintelletto), ma di ci non mi interessa stabi-
La traviata bella, pretendo che tutti gli lire la struttura categoriale (ad esempio lesi-
altri non dissentano da questo giudizio: co- stenza o linesistenza, concetti dovuti alluso
me ci pu avvenire, su che cosa si fonda la preciso di una categoria). Ha dunque luogo
dierenza tra i miei due giudizi? un contemperamento della libert dellim-
615. Lespressione libero gioco del- maginazione con la legalit dellintelletto
le facolt conoscitive, ossia della sensibili- (L. Pareyson, Lestetica di Kant, Mursia, Mila-
t e dellintelletto nei confronti dellimmagi- no 1984, p. 85). Ci signica che avviene in
nazione, ci suggerisce che il giudizio di gu- positivo una determinazione e potenziamen-
sto, bench aconcettuale, non per que- to reciproco, in senso negativo una vicende-
sto del tutto indipendente dallintelletto, vole limitazione. Limmaginazione, bench ri-
almeno come generale facolt di operare manga libera nel gestirsi, non pu stravolge-
Kant, Critica del Giudizio

re del tutto le norme intellettuali. Dal canto logico o concettuale, non costituito da un
suo lintelletto continua a essere principio di giudizio sulloggetto n pu essere prodot-
ordine, ma deve porsi al servizio dellimma- to dimostrativamente, non rimane che esso
ginazione (e non subordinarla, come avviene si fondi su una sorta di sentimento o senso
invece nel processo conoscitivo attraverso lo comune a cui noi tutti ci richiamiamo in que-
schematismo trascendentale) perch anche sto tipo di giudizi: la deduzione si basa insom-
limmaginazione deve possedere una sua in- ma sullassunzione delluniversalit del giudi-
terna legalit (che non quella naturale) per zio di gusto. Precisa Kant che il consenso uni-
non cadere nel puro e semplice caos. versale soggettivo richiede solamente come
1622. Anche per i giudizi estetici ne- condizione: 1) che le condizioni soggettive
cessario produrre una deduzione perch, se- di questa facolt [] sono le stesse in tut-
condo le parole dello stesso Kant, la pretesa ti gli uomini []; 2) che il giudizio prenda in
dun giudizio estetico alla validit universale considerazione solo questo rapporto (quindi
per ogni soggetto, in quanto giudizio che de- la condizione formale del Giudizio (p. 264).
ve basarsi su un qualche principio a priori, ha Le condizioni soggettive del Giudizio sono in-
bisogno duna deduzione (cio duna legitti- fatti le medesime in ogni uomo: questo si-
mazione della sua pretesa) (p. 253). Infatti gnica che, se da un lato Kant respinge ogni
riconoscere la soggettivit del giudizio di gu- impostazione razionalistica dellestetica, non
sto non equivale ammetterne il carattere in- segue neppure una visione meramente sensi-
dividuale o arbitrario (soggettivo non signi- stica o empiristica. Per conseguenza, de gu-
ca mai individuale in Kant) e c allora la ne- stibus est disputandum, almeno nel senso
cessit di spiegare come mai tale considera- che le opinioni individuali devono sottostare
zione risieda nel soggetto e aspiri pur tutta- alla generale regola del gusto: essa non si ri-
via a un connotato universalistico. Questi giu- volge a noi con la necessit impositiva delle
dizi non sono naturalmente sintetici a priori: leggi naturali (che non consentono violazio-
bench in possesso di un momento aprioristi- ne), ma con la necessit iussitiva delle leggi
co, essi, in quanto vertono su un oggetto de- morali (che possono essere violate): come il
sperienza (un paesaggio naturale, unopera soggetto immorale ruba o uccide, cos il sog-
darte ecc.), risultano a posteriori. getto privo di buon gusto non sar in grado
2335. La deduzione consiste per intero di avere una sensibilit estetica nei confronti
in questo non lungo paragrafo. Dal momento del bello.
che laccordo a proposito del gusto, che non

Il sublime
La trattazione dell'Analitica del sublime da un lato risulta innegabilmente con-
dizionata da un tema tipico della sua epoca, dall'altro acquisisce un peso teorico
rilevante. Nel corso dell'analisi infatti il filosofo si accorge che il giudizio estetico
puro un caso troppo limitato e comincia ad accogliere, se non ad accettare espli-
citamente, caratteri interessati nella valutazione del bello, quelli che rientrano
strutturalmente nel sublime (che si apparenta perci alla bellezza aderente).

. Il sublime e il bello
Il bello e il sublime concordano in questo, che entrambi piacciono per se stessi.
Entrambi inoltre non presuppongono un giudizio dei sensi od un giudizio logico
determinante, ma un giudizio riflettente
Balzano per anche agli occhi considerevoli differenze. Il bello naturale ri-
guarda la forma dell'oggetto, che limitazione; il sublime al contrario si pu 5

trovare anche in un oggetto informe, in quanto implichi o provochi la rappre-


sentazione dell'il limitatezza, pensata tuttavia nella sua totalit; sicch pare
Kant, Critica del Giudizio

che il bello debba essere considerato la presentazione d'un concetto indetermi-


nato dell'intelletto, il sublime d'un concetto indeterminato della ragione. Nel
primo caso quindi la soddisfazione legata alla rappresentazione della qu a l i - 10

t, nel secondo a quella della qu a nt it. Anche tra i due tipi di soddisfazione
c' molta differenza: mentre il bello implica direttamente un sentimento di in-
tensificazione della vita, e si pu perci conciliare con le attrattive e con il gioco
dell'immaginazione, il sentimento del sublime invece un piacere che scaturisce
in modo indiretto, venendo prodotto dal senso d'un momentaneo impedimento 15

delle forze vitali, seguito da una tanto pi forte effusione di queste; e perci, in
quanto emozione, non sembra essere qualcosa di giocoso, ma di serio, tra le oc-
cupazioni dell'immaginazione. Quindi anche inconciliabile con le attrattive; e,
dato che l'animo non solamente attratto dall'oggetto, ma alternativamente at-
tratto e respinto, la soddisfazione del sublime non tanto un piacere positivo, ma 20

merita piuttosto, accompagnata com' da ammirazione o rispetto, d'essere detta


piacere negativo.
Ma la pi importante ed intima differenza tra il sublime e bello la seguente:
se, com' giusto prendiamo qui in considerazione prima di tutto soltanto il subli-
me degli oggetti naturali (quello dell'arte limitato sempre dalla condizione che 25

s'accordi con la natura), la bellezza naturale (indipendente) comprende nella sua


forma una finalit, per cui l'oggetto sembra come predisposto per il nostro Giu-
dizio, ponendosi cos come autonomo oggetto di soddisfazione; mentre ci che,
nella semplice apprensione e senza che ci mettiamo a ragionare, produce in noi
il sentimento del sublime, pu apparire, quanto alla forma, urtante per il nostro 30

Giudizio, inadeguato alla nostra facolt di presentazione e per cos dire violento
contro l'immaginazione, ma proprio per questo sar giudicato pi sublime. []
Ma in ci che siamo soliti chiamare sublime c' cos poco di riducibile a prin-
cpi determinati ed a forme della natura ad essi adeguate, che questa anzi suscita
pi facilmente le idee del sublime quando in lei domina il caos, il disordine e la 35

devastazione pi selvaggi, purch si manifestino grandezza e potenza. E da ci


vediamo che il concetto di sublime naturale di gran lunga meno importante e
ricco di conseguenza di quello del bello naturale
(; trad. it. pp. --)

13. Almeno in prima istanza lesperienza quello apportato dal bello si impone subito a
del sublime si apparenta a quella del bello per noi (rr. 114); fornisce un piacere misto, detto
il carattere disinteressato della contempla- qui negativo, poich procura una contem-
zione. In secondo luogo sublime non si dir plazione commossa se non addirittura agita-
un oggetto, bens un sentimento: anchesso ta, laddove quello tipico del bello sempre
appartiene alla sfera della soggettivit. positivo e apporta tranquillit (rr. 1721).
420. Ma rispetto al bello il sublime pre- 2130. Continua lelencazione delle die-
senta, come Kant tiene a mettere subito in lu- renze iniziata immediatamente sopra: 5) il
ce, anche fondamentali dierenze: se il bello sublime manca dellesibizione della nalit e
un sentimento di tranquillit, di ordine, di appare insensato e sconvolgente, mentre il
euritmia, il sublime la rottura di questi equi- bello, come sappiamo, si connota proprio per
libri. Esso 1) pu trovarsi anche in un oggetto il possesso di una nalit senza scopo.
informe, laddove il bello risiedeva nella for- 3136. Bench sia lo stesso Kant a svalu-
ma in quanto ordine e limitazione (rr. 47); tare limportanza del sublime, egli poi confe-
2) esibisce un concetto della ragione, laddo- risce a esso (e specialmente al sublime mate-
ve il bello si imparentava piuttosto con lintel- matico) un assai ampio spazio in questa sua
letto (rr. 711); 3) fornisce un piacere indiret- terza Critica: il perch di questa incongruen-
to perch conseguente alla risoluzione di un za sar chiarito fra breve, nella rivalutazione
conitto, di un momento di tensione e invece della bellezza aderente.
Kant, Critica del Giudizio

Il sublime
C una tradizione immensa alle spalle delluso kantiano del concetto di su-
blime: la prima occorrenza del problema in ambito losoco si legge nel Fedro
di Platone (245a), dov riconosciuta unesperienza artistica ispirata priva di
regole razionali. La questione viene posta esplicitamente nel trattato Del subli-
me, dovuto a un ignoto autore del I sec. d.C. un tempo identicato con Dionisio
Longino, in cui si riferisce di una polemica risalente al I sec. a.C. fra due scuole di
retorica, quella asiana (che sosteneva per loratoria un tono elevato e retorico)
e quella atticista (che prediligeva le tinte discrete). Il trattato poneva una chia-
ra distinzione fra il bello, fondato sulla perfezione formale, e il sublime, dovuto
invece alla forza del sentimento e posto su di un piano per intero emozionale,
sia ch.e faccia ricorso allo stile semplice sia che adotti quello ornato, poich suo
scopo condurre gli ascoltatori non alla persuasione, ma allesaltazione (
3). Il piano dellopera per intero retorico, anche se vi si aaccia la tesi secondo
cui in ultima analisi il sublime si trova nel contenuto piuttosto che nelle forme
di esprressione.
Lopera venne riscoperta nel 1554, tradotta dapprima in francese da Boileau
nel 1674 e quindi ripresa da Addinson sulle pagine dello Spectator a cavallo fra
il 1711 e lanno successivo: fu colpa o merito di Addinson porre quella distinzione
tra bello e sublime che, pur fondata su un macroscopico fraintendimento del
signicato originale dei concetti (il sublime riguardava, in Del sublime, la passio-
nalit del contenuto e il carattere vigoroso e nobile dellispirazione), avr una
diusione e un ruolo di primaria importanza per tutto il secolo. Riprendendo
tale posizione sia Home sia Burke (questultimo autore della celebre Ricerca -
losoca sullorigine delle idee del sublime e del bello del 1759) oppongono con de-
cisione il bello al sublime, considerando la genesi di questultimo come dovuta
allo spaventevole, allorroroso: sublime in altre parole ci che fa paura.
La tesi conobbe poi unampia diusione anche in Italia, nel pre-romanticismo
che congiunge espressioni artistiche eterogenee che vanno dallOssian di Ce-
sarotti alle rovine incise da Piranesi e quindi allupupa e ai riferimenti sepolcrali
di Foscolo, e in Germania a opera di Moses Mendelssohn. Il sublime richiam
lattenzione di Kant, prima che nella terza Critica, nelloperetta Osservazioni sul
sentimento del bello e del sublime, datata 1764. La novit introdotta dal loso-
fo naturalmente la fondazione aprioristica del sublime stesso. La fortuna di
questo concetto non nisce qui: il Romanticismo intero ne dibatt, a comincia-
re da Schiller che a esso dedic due inuenti saggi rispettivamente del 1793 e
del 1801. Da Schelling e Hegel no a Schopenhauer tutti i maggiori loso se ne
occuparono, ma col declino dellet romantica pure il sublime fu abbandonato
in quanto autonoma categoria estetica.
solo in epoca assai recente che, dopo un lungo oblio, il sublime sembra
aver nuovamente attirato lattenzione da parte di alcuni artista e teorici, alla
luce della considerazione che ormai impossibile identicare larte col bello.

. Il sublime matematico
Diciamo su b l im e ci che ass o lu ta me nt e g ra n d e. Ma l'essere grande e l'essere
una grandezza son due concetti del tutto diversi (magnitudo e quantitas). Allo
stesso modo dire sempliceme nt e (simpliciter) d'una cosa, che grande, del
tutto diverso dall'affermare che a s sol ut a m e n t e grande (absolute, non com-
Kant, Critica del Giudizio

parative magnum). Nel secondo caso, si tratta d'una gr a n d e z z a s u p e r i o r e a d 5

og n i co n fro n t o. []
Quando invece d'una cosa diciamo non solo che grande, ma grande per
eccellenza, assolutamente, sotto ogni riguardo (al di l d'ogni paragone), vale a
dire sublime, si vede subito che non permettiamo di cercarne una misura adeguata
fuori della cosa, ma solo nella cosa stessa. una grandezza che ha uguale solo 10

in se stessa. Da ci consegue che il sublime non si deve cercare nelle cose della
natura, ma solo nelle nostre idee; il problema di quali idee si tratti, dev'essere
tenuto in serbo per la deduzione. []
Alle precedenti formule definitorie del sublime possiamo dunque aggiungere
ancora questo: sublime ci c he , a nc he s o l o p e r i l f a t t o d i p o t e r l o 15

pe n sare, at te sta una facolt d el l' a ni mo s u p e r i o r e a d o g n i m i s u r a d e i


s ens i. []
Come, dunque, il Giudizio estetico del bello rapporta il libero gioco dell'immaginazione
all'i n te ll etto, per accordarlo con i c on ce tti di questo in generale (senza deter-
minare quali), cos quella stessa facolt, quando giudica una cosa come sublime, 20
riferisce l'immaginazione alla r a g io ne, per porla in accordo soggettivamente con
le id ee di questa (senza precisare quali), per produrre cio uno stato d'animo con-
forme e compatibile con quello che indurrebbe l'influsso di certe idee (pratiche).
[]
Il sentimento della nostra inadeguatezza a portarci al livello di un'idea c h e 25

pe r n o i legge, il rispetto. Ora, l'idea della comprensione di ogni fenomeno


che pu esserci dato, nell'intuizione di un tutto, un'idea che ci imposta da
una legge della ragione che non riconosce altra misura definita, universalmente
valida ed immutabile, all'infuori dell'assoluta totalit. La nostra immaginazione
d'altra parte, anche nel suo massimo sforzo di giungere alla comprensione d'un 30
oggetto dato in una totalit intuitiva presentando cos l'idea della ragione), mo-
stra i propri limiti e la propria insufficienza, ma anche al tempo stesso la propria
destinazione ad adeguarsi a quell'idea come legge. Il sentimento del sublime della
natura dunque sentimento di rispetto per la nostra propria destinazione, che
con una specie di sostituzione (scambiando per rispetto rivolto all'oggetto quello 35

per l'idea d'umanit in noi), rivolgiamo ad un oggetto naturale, che ci rende per
cos dire intuibile la superiorit della destinazione razionale delle nostre facolt
conoscitive sul massimo potere della sensibilit.
Il sentimento del sublime dunque un sentimento di dispiacere suscitato, nella
valutazione estetica delle grandezze, dall'inadeguatezza tra l'immaginazione, e la 40
valutazione che ne d la ragione; ed nello stesso tempo anche un sentimento
di piacere suscitato dall'accordo proprio di questo giudizio sull'insufficienza del
massimo potere sensibile, con le idee della ragione, in quanto il tendere a queste
per noi una legge.
( --; trad. it. pp. , --, --)

114. Il sublime matematico, secondo la ne come organo della comprensione (atta al


denizione stessa di Kant, limmenso quan- pensiero) dellinnito: il contrasto fra sensibi-
to alla grandezza, ovvero linnito. Il sogget- lit e ragione risolto a tutto vantaggio del-
to contemplante ne colpito negativamente la seconda e si attiva cos il meccanismo del-
poich di fronte a tanto oggetto non pu che la sensazione di piacevolezza quale risultato
percepire il senso della sua impotenza a in- della cessazione dellaanno.
tenderlo. Ma proprio nel risolvimento di que- 1539. Celebrare la ragione signica per
sta impressione negativa egli coglie la ragio- riconoscere il primato della pratica sulla teo-
Kant, Critica del Giudizio

resi: segno che il sentimento del sublime si zione a intendere la totalit sconnata (del
fonda su quello morale, poich il primo forni- mare come della ragione) che ci sta davanti.
sce una versione per cos dire maggiormen- Il sublime dunque simbolo del bene morale.
te concreta o icastica del secondo. Quel sen- Meccanismo simile si riscontra nel subli-
so di rispetto, stima e quasi sacro timore che me dinamico, in cui il soggetto contemplan-
noi portiamo alla ragione viene ora trasferi- te colpito negativamente poich di fronte
to su un oggetto sensibile (una montagna, alloggetto spaventevole non pu che per-
una cascata, il mare ecc.), in modo comun- cepire il senso della sua impotenza sica a
que da non cancellare mai del tutto lorigina- sopportarlo: ma proprio nel risolvimento di
rio signicato morale della nostra esperien- questa impressione negativa egli intende la
za del sublime. Tale traduzione (o travesti- sua umanit (razionalit) come strumento
mento estetico) della ragione resa neces- del superamento dei limiti della naturalit.
saria dalla incapacit della nostra immagina-

. L'arte bella
Non ci appare di grande ricchezza la trattazione kantiana del bello artistico: seb-
bene ci non sia dovuto solo a ragioni di tipo biografico, il filosofo preferiva di
gran lunga il bello naturale (il cielo stellato sopra di me). noto inoltre che,
nella sua Knigsberg, non ebbe mai grandi occasioni per contemplare capolavori
delle arti figurative e rimase del tutto ignorante in fatto di musica, tanto che Basch
in una celebre monografia gli rimprover, con tono scandalizzato, di non sapere
chi fossero glorie nazionali quali Hndel o Haydn; solo in fatto di letteratura pare
che Kant avesse adeguate capacit critiche e rilevante gusto.

L'arte viene distinta dalla natura come il fa r e (facere) dall'agire od operare in


generale (agere), ed il prodotto o risultato della prima si distingue da quello della
seconda come l'opera (opus) dall'effetto (effectus). []
L'arte bella [] una specie di rappresentazione che ha il suo scopo in se
stessa, e che, pur senza scopo, promuove la cultura delle facolt dell'animo in 5

vista della comunicazione in societ. []


Di fronte a un prodotto dell'arte bella bisogna esser consapevoli che si tratta di
arte e non di natura; ma la finalit contenuta nella sua forma deve apparire tanto
libera da ogni costrizione di regole arbitrarie, come se si trattasse d'un semplice
prodotto della natura. 10

[] La natura era bella, quando aveva l'apparenza d'arte; e l'arte pu dirsi


bella solo quando, pur essendo consapevoli che si tratta di arte, ci appare come
natura. []
La finalit nei prodotti dell'arte bella, per quanto intenzionale, non deve dun-
que parere tale; cio, deve app a rir e come natura, sebbene si sappia che arte. 15

Ora, un prodotto dell'arte assume l'aspe tto della natura, quando raggiunge tut-
ta la p r eci si o n e nell'accordo con le regole che di esso fanno ci che dev'essere,
ma senza pi gn o leria, senza lasciar trasparire una forma di sapore accademico,
cio senza mostrare tracce che indichino come la regola fosse presente davanti
agli occhi dell'artista, quasi a incatenare le forze del suo animo. 20

( e ; trad. it. pp. , --)

13. Col termine arti Kant intende le ti belle. Il risultato del pari dierente:
tecniche produttive in generale, distinte dal- nel primo caso il prodotto dato dalle tec-
la produzione che noi chiamiamo semplice- nologie produttive e segue precise regole,
mente artistica e da lui invece denita ar- nel secondo unopera darte composta con
Kant, Critica del Giudizio

libert. assumere esattamente le forme che il nostro


410. Lopera darte colta come bella se sentimento si aspetta, pare volersi accordare
in possesso della forma della nalit, deli- intenzionalmente con la nostra attesa, come
beratamente attribuita dallartista: presen- fa larte. Del tutto similmente larte bella de-
te insomma unanalogia di costituzione fra il ve avere lapparenza non calcolata, sponta-
bello naturale, che sembra possedere un - nea della natura; la parte di tecnica comun-
ne, e il bello artistico, a cui lartista attribuisce que necessaria per costruire lopera darte
un ne. devessere dissimulata o subentrerebbe nel
1112. Per una singolare equivalenza tra giudicarla il concetto e si tratterebbe ancora
arte e natura, noi siamo portati talora a di- una volta solo di conoscenza e non di gusto.
re ad esempio di un paesaggio naturale che A complicare la questione viene per la consi-
sembra un quadro e di un quadro che derazione che anche nellarte meccanica non
sembra vero. La natura sembra arte e larte manca mai il ne (se costruisco un ombrel-
natura; non dimentichiamo che se Kant asse- lo, lo faccio innanzitutto perch mi ripari dal-
risce in un memorabile chiasmo: Una bellez- la pioggia) e dunque non possiamo dire che
za naturale una cosa bella: la bellezza arti- la determinazione teleologica lo specico
stica una bella rappresentazione duna co- dellarte. La dierenza sta nel fatto che il rag-
sa (p. 284), perch ha sotto gli occhi unar- giungimento della perfezione tecnica ne
te (gurativa) realistica. Laermazione se- ultimo per la produzione meccanica, mentre
condo cui larte ha il suo scopo in se stessa solo un mezzo per la produzione artistica, il
(rr. 4-5) signica che essa mostra lesecuzio- cui obiettivo indurre un sentimento di pia-
ne di un piano preordinato, dove nulla la- cere: costruire un palazzo tecnicamente per-
sciato al caso. Qual il ne di questo piano? fetto non equivale per ci stesso a costruire
Semplicemente fare una bella opera darte. un bel palazzo.
1319. La libert e la spontaneit sono ri-
conosciute anche nella natura, la quale pare

Bellezza aderente
Il rigoroso carattere del disinteresse viene da Kant sfumato con la distin-
zione, peraltro fondamentale, fra bellezza libera e bellezza aderente: mentre
la prima quella che in tutto e per tutto obbedisce alle regole del giudizio di
gusto e in primo luogo al carattere disinteressato e alla nalit senza scopo
, la seconda mescola nel suo esercizio considerazioni concettuali. In queste
ovvero nel giudizio che implicano noi siamo condizionati dal ne delloggetto,
per cui non ci piace una chiesa ornata in modo lezioso o troviamo discutibile un
ritratto di un guerriero con fattezze dolci e femminee (gli esempi sono di Kant).
Ma lidea che ci guida allora quella della perfezione delloggetto; essa non si
pu spiegare pienamente, ma solo intuire, perch, in caso contrario, non gi di
bellezza parleremmo, ma solo e subito di perfezione. La bellezza aderente si
coglie in forma generale, ma ogni volta incarnata nel particolare che la fa sor-
gere in noi; nel valutarla facciamo ricorso sia al gusto che allintelletto dando
luogo a un giudizio al contempo logico ed estetico, per cui un elemento cono-
scitivo si insinua nella contemplazione del bello e ci costituisce, se non una
contraddizione, almeno una dicolt allinterno della teoria di Kant.
La via duscita indicata da alcuni interpreti sta nel rovesciare il cammino: lun-
gi dal proporre unaggiuntiva valutazione conoscitiva di oggetti estetici, Kant
starebbe qui descrivendo la possibilit di considerare esteticamente degli og-
getti di conoscenza (e daltro canto noi sappiamo che qualcosa di simile ac-
caduto gi col sublime, in cui al sentimento estetico si sovrappone uno etico).
Kant, Critica del Giudizio

Insomma Kant riconosce la possibilit di trasportare nella sfera della valuta-


zione estetica elementi originariamente pertinenti ad altri ambiti: il perfetto
(proprio dellintelletto) e il bene (appartenente alla moralit). Ci signica non
che la contemplazione non sia pi disinteressata, ma solo che essa si data
materiale proveniente da altre facolt. La necessit di assumere un materiale
extraestetico si pu giusticare per il fatto che limitare il campo della contem-
plazione ai soli elementi genuinamente estetici appariva troppo angusto allo
stesso Kant, che per non seppe risolvere in modo del tutto soddisfacente il
contrasto fra lesigenza della purezza e del disinteresse da un lato e la volont
di una completa trattazione dellesperienza estetica dallaltro.

. Il genio
Teoria precorritrice del romanticismo quant'altra mai, quella del genio suggerisce
un'estetica in cui questo soggetto, in cui l'immaginazione non contemplazione
ma creazione, svolge un ruolo maggiormente rilevante della sua stessa opera. Con
questa teoria, Kant abbandona il taglio tradizionale dell'estetica, che finora si era
occupata prevalentemente della fruizione dell'opera d'arte, per soffermarsi invece
sulla sua produzione.

Il ge n io il talento (dono naturale) che d la regola all'arte. Poich il talento,


come facolt produttiva innata dell'artista, appartiene esso stesso alla natura, ci
si potrebbe esprimere anche cos: il ge ni o la disposizione innata dell'animo
(ingenium), med i ante la qua le la natura d la regola all'arte. []
Ogni arte presuppone infatti delle regole, sui fondamenti delle quali infine 5

rappresentare come possibile un prodotto che si debba dire artistico. Il concet-


to dell'arte bella per non permette di dedurre il giudizio sulla bellezza del suo
prodotto da qualsivoglia regola che abbia a fondamento un c o n c e t t o il quale
determini come il prodotto sia possibile. L'arte bella non pu escogitare da s
secondo quale regola debba realizzare i propri prodotti. Ora, poich senza regole 10

antecedenti nessun prodotto pu dirsi arte, bisogna che nel soggetto (mediante
l'accordo delle sue facolt) sia la natura a dare la regola all'arte; l'arte bella
possibile soltanto come prodotto del genio.
Da ci si vede: ) che il genio il t a le nt o di produrre ci di cui non si pu
dare nessuna precisa regola, non abilit e attitudine a ci che si pu imparare dal- 15

le regole; di conseguenza, l'orig in a li t dev'essere la sua prima caratteristica; )


potendovi anche essere assurdit originali, i prodotti del genio devono essere an-
che modelli, cio esemplari; quindi, senza essere essi stessi frutto di imitazione,
devono servire a tal scopo per gli altri, cio come misura o regola del giudizio. )
Il genio stesso non sa descrivere o mostrare in modo scientifico come esso realizzi 20

i propri prodotti, ma d la regola in quanto na tu r a; per cui l'autore di un prodot-


to di genio, non sa egli stesso come gli vengano in mente le idee per realizzarle,
n in suo potere trovarne a proprio piacere o secondo un piano, comunicandole
ad altri in precetti che li mettano in condizione di realizzare prodotti simili. []
) La natura non d mediante il genio la regola alla scienza ma all'arte, ed anche 25

questo solo in quanto questa deve essere arte bella.


(; trad. it. pp. --)
Kant, Critica del Giudizio

112. Limmaginazione, seguendo la logi- tuale, non risulta adeguata a nessun concet-
ca del libero suo gioco con le facolt intellet- to o sarebbe semplicemente conoscenza e
tuali, pu ricreare il materiale fornitole dal- non creazione artistica; questo ci segnala che
la natura conferendole nuova forma e in ci lintuizione artistica pi ampia dellintellet-
sta il divertimento che essa produce (Kant at- to, i cui limiti sono qui trascesi per avvicinar-
tribuisce allimmaginazione la facolt di sva- si maggiormente allinnit della ragione. E
garci in un passo a p. 287). Il genio possiede come la ragion pratica libera nel suo legi-
limmaginazione non come semplice facolt ferare, cos libero il genio nel suo creare
riproduttiva (come nel momento della frui- immagini; egli in grado di mediare intellet-
zione artistica), bens creatrice. Egli produ- tualmente la ragione, ossia di esprimere in
ce le idee estetiche, intuizioni che non pos- termini intellettuali le idee.
sono trovare espressione adeguata in alcun 1224. Le considerazioni kantiane, tanto
concetto poich dovute alla libera posizio- chiare da non richiedere spiegazioni, si di-
ne da parte dellimmaginazione. Il genio staccano recisamente dalla concezione set-
dunque il luogo in cui pu accadere in for- tecentesca che tendeva a equiparare intel-
ma produttiva il libero gioco dellimmagina- lettualisticamente scienza e arte e costitui-
zione e dellintelletto. Lintuizione del genio, scono la summa dellesaltazione romantica
utilizzando liberamente il materiale intellet- dellinimitabilit e irripetibilit del genio.

Il giudizio teleologico
I brani che seguono sono tratti dalla sezione della terza Critica intitolata Critica
del giudizio teleologico. Si tratta quantitativamente della parte pi breve e me-
no importante, dato il ruolo marginale del giudizio teleologico rispetto a quello
estetico.

. Il finalismo come bisogno della nostra mente


Facendo riferimento ai princpi trascendentali, si hanno buone ragione per am-
mettere una finalit soggettiva della natura nelle sue leggi particolari, in vista della
sua intelligibilit da parte del Giudizio umano, e della possibilit di connettere le
esperienze particolari in un unico sistema
Ma che le cose della natura stiano tra di loro in rapporto di mezzo a fine, e che 5

la loro stessa possibilit si possa comprendere a sufficienza solo mediante tale tipo
di causalit, l'idea generale di natura come insieme degli oggetti dei sensi, non ci
d nessun motivo di pensarlo. []
Si applica tuttavia con ragione il giudizio teleologico alla ricerca naturale, al-
meno problematicamente; ma solo per sottoporla, seguendo l'a n a l o g i a con la 10

causalit secondo fini, a princpi di osservazione ed investigazione, senza preten-


dere di poterla spiegare. Esso appartiene dunque al Giudizio riflettente, non a
quello determinante. Il concetto di legami e di forme della natura secondo fini
perlomeno un pri ncipio in pi per ricondurre a regole i fenomeni naturali, dove
le leggi della causalit puramente meccanica non sono sufficienti. 15

noi non possiamo neppure conoscere a sufficienza gli esseri organizzati e la


loro possibilit interna secondo princpi della natura semplicemente meccanici,
tanto meno poi spiegarli; e questo cos certo che si pu dire arditamente che
assurdo per gli uomini anche solo concepire un tale disegno, o lo sperare che
un giorno possa sorgere un Newton capace di far comprendere, secondo leggi 20

naturali non ordinate da alcuna intenzione, anche solo la produzione di uno stelo
d'erba; bisogna invece assolutamente negare agli uomini questa comprensione.
Kant, Critica del Giudizio

( e ; trad. it. pp. --, )

18. Luomo condotto a interpretare gli 1722. Questa unillusione umana: luo-
eventi naturali in base allidea di un ne, ov- mo non realmente il ne del creato, ma si
vero come se le cose naturali perseguissero pensa come tale. Da un lato egli un esse-
nel loro comportamento il raggiungimento di re come tutti gli altri, sottoposto alle leggi
ni prestabiliti, intelligentemente posti. Giu- della causalit meccanica: ma se si pensa co-
dicare una cosa come un ne naturale a causa me soggetto dotato di ragione e volont, al-
della sua forma interna, tuttaltro che con- lora si ritiene svincolato (bench non possa
siderare lesistenza di questa cosa come uno in realt esserlo) dalla natura e dal suo deter-
scopo della natura. In quel caso ci servirebbe minismo. La natura viene allora subordinata
lindividuazione del ne reale, il che ci im- alla felicit delluomo, o meglio diviene la di-
possibile e, daaltro canto, gi negato nella mensione in cui egli pu diventare felice con
Critica della ragion pura. la sua azione morale; infatti tutta la variet
916. Kant si rende perfettamente conto delle creature, per quanto sia grande larte
che noi non siamo in grado di spiegare real- con la quale sono organizzate, e vario il rap-
mente il comportamento naturale in base a porto nalistico che le lega luna allaltra, an-
questo presupposto e che questo nalismo zi lo stesso insieme di tali sistemi di creatu-
vale solo per il Giudizio umano in quanto re, cui noi poco correttamente attribuiamo il
unidea regolativa: esso tuttavia di gran- nome di mondi, esisterebbero invano, se in
de utilit perch ci spinge a razionalizzare essi non vi fossero uomini (esseri ragionevo-
e organizzare in misura sempre pi piena e li in generale); cio, che senza uomini lintera
perfetta il nostro intendimento della natura. creazione non sarebbe che un deserto inutile
e senza scopo nale (p. 411).

. La finalit della natura


Direi per ora: una cosa esiste come sco po de ll a n a t u r a , q u a n d o l a c a u s a
e d ef f et t o d i se stessa (sebbene in due sensi diversi); qui v' infatti una causalit
che non si pu legare col semplice concetto di natura, senza attribuire a questa
uno scopo; causalit che si pu pensare senza contraddizione, ma non concepire.
[] 5

In primo luogo, un albero ne produce un altro secondo una legge naturale


conosciuta. Ora, l'albero prodotto della stessa specie; e cos esso produce se
stesso, secondo la specie, nella quale, volta a volta effetto e causa di se stesso, in-
cessantemente prodotto da se stesso e sovente riproducendo se stesso, si conserva
costantemente in quanto specie. 10

In secondo luogo, un albero si produce da s anche in quanto in d i v i d u o.


Questo tipo di effetto noi ci limitiamo a chiamarlo crescita; ma questa crescita va
intesa in senso completamente diverso da ogni altro accrescimento secondo leggi
meccaniche, e, sebbene sotto un altro nome, va considerata come equivalente di
una generazione. [] 15

Il nesso causale, in quanto pensato semplicemente dall'intelletto, un lega-


me che d luogo ad una serie (di cause e d'effetti) sempre in senso discendente;
e le cose stesse che in quanto effetti ne presuppongono altre come cause, non
possono a loro volta essere insieme cause di queste. Questo il legame causale
che vien detto delle cause efficienti (nexus effectivus). Si pu per anche pensare 20

ad un nesso causale secondo un concetto di ragione (dei fini), che, quando lo si


consideri come una serie, comporti una dipendenza tanto in senso discendente
quanto in senso ascendente; in esso la cosa che da un lato designata come un
effetto, risalendo merita il nome di causa di ci di cui effetto. [] questo il
Kant, Critica del Giudizio

legame causale che viene detto delle cause finali (nexus finalis). Sarebbe forse pi 25

opportuno chiamare il primo legame delle cause reali, il secondo di quelle idea-
li, perch queste denominazioni fanno anche capire che non possono esservi che
queste due specie di causalit.
( --; trad. it. pp. --)

14. La nostra tendenza ad attribuire ni quanto insieme degli individui che gi ci sono,
alla natura non fantasiosa, derivando inve- il principio dei nuovi che sorgeranno.
ce da qualcosa che noi constatiamo nella na- 1013. Ma ogni albero genera anche se
tura stessa. Non che noi davvero si possa in- stesso poich il principio di generazione, di
dividuare dei ni: lattribuzione di questa re- conservazione e di crescita di s in quanto lo
gola di comportamento un giudizio riet- per le sue parti (i vari rami ecc.). Esso risulta
tente e non determinante. Infatti v asso- dunque causa ed eetto di se stesso.
luta dierenza tra il dire che la produzione 1425. Kant pu cos distinguere una cau-
di certe cose della natura, o anche di tutta la salit meccanica da una teleologica: nella pri-
natura, non possibile se non mediante una ma lordine delle cause e degli eetti irre-
causa che si determina ad agire intenzional- versibile e la causa precede necessariamente
mente, e il dire che, secondo la particolare leetto; nella seconda invece la causa pre-
natura della mia facolt conoscitiva, io non cede leetto che genera come un ne che
posso giudicare della possibilit di quelle co- fa scattare i mezzi atti al proprio raggiungi-
se e della loro produzione se non pensando mento e dunque leetto da raggiungere la
una causa che agisce intenzionalmente (p. causa che mette in movimento loggetto. Ta-
269), ma questa nostra tendenza ha un fon- le comportamento ha luogo nellorganismo,
damento plausibile. Kant identica con pre- prodotto organizzato della natura [] in
cisione dei casi naturali che, pur essendo nel cui tutto reciprocamente mezzo ed insie-
loro comportamento meccanici, suscitano in me ne (p. 346). Questo signica in deniti-
noi lidea che perseguano un qualche obietti- va che, nellambito della complessiva risolu-
vo. Vi sono infatti dei fenomeni che sembra- zione del problema applicativo delle forme a
no non poter essere spiegati se non in modo priori, il giudizio estetico fornisce la soluzio-
nalistico. ne generale infatti lo stesso Kant a dirci,
59. Gli esempi addotti sono quegli esseri a proposito della facolt del giudizio esteti-
naturali che generano se stessi in quanto spe- co, che essa sola contiene un principio sul
cie o in quanto individui. Lalbero genera altri quale il Giudizio fonda interamente a prio-
alberi e cos facendo contribuisce a perpetua- ri la propria riessione sulla natura (p. 171)
re la sua specie: esso insieme causa ed ef- e quello teleologico la specica in relazio-
fetto di s, poich lindividuo origina, gene- ne a quel caso, particolare ma privilegiato,
rando altri individui, la specie e la specie, in costituito dagli organismi.

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