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EIKASMOS XVI (2005)

Sul testo di Timone, fr. 23 Di M.

Nellultimo numero di questa rivista, Valentina Garulli1 ha dimostrato la necessit di una nuova sistemazione testuale per il passo di Diogene Laerzio I 34 che
menziona gli studi di astronomia di Talete (11 A 1 D.-K.) e le relative testimonianze di Timone di Fliunte e di Lobone di Argo:
levgetai d` ajgovmeno" uJpo; grao;" ejk th'" oijkiva", i{na ta; a[stra katanohvsh/,
eij" bovqron ejmpesei'n kai; aujtw'/ ajnoimwvxanti favnai th;n grau'n: su;
gavr, w\ Qalh', ta; ejn posi;n ouj dunavmeno" ijdei'n ta; ejpi; tou' oujranou'
oi[ e i gnwv s esqai; oi\ d e d` auj t o; n aj s tronomouv m enon kai; Tiv m wn, kai;
ejn toi'" Sivlloi" ejpainei' aujto;n levgwn (SH 797 = fr. 23 Di M.):
5
oi|ovn q` eJpta; Qavlhta sofw'n sofo;n <ajstronomou'nta>.
ajstronomhvmata de; gegrammevna uJp` aujtou' fhsi Lovbwn oJ `Argei'o"
(fr. 8 Crn. = 1 Gar.) eij" e[ph teivnein diakovsia. ejpigegravfqai d`
aujtou' ejpi; th'" eijkovno" tovde (AP VII 83):
tovnde Qalh'n Mivlhto" `Ia;" qrevyas` ajnevdeixen
10
ajstrolovgon pavntwn presbuvtaton sofivh/.
6-7 sofovn. ajstronomhvmata dev BFpcPacQW necnon Ps.-Burlaeus (p. 5 Kn.) ut vid. : sofo;n
ajstronovmhma. ta; dev F acPpcHV edd. <ajstronomou'nta> suppl. Garulli duce Langheinrich

I moderni editori di Diogene e di Timone delimitavano diversamente le due


citazioni: oi|ovn q` ajstronovmhma. ta; de; gegrammevna ktl. merito della studiosa aver provato con argomenti che condivido pienamente che alla luce di
quella che la struttura caratteristica degli excerpta loboniani pare invece opportuno leggere ajstronomhvmata dev (come del resto si trova in buona parte della
tradizione manoscritta, compreso loptimus B, e nello pseudo-Burley): ne consegue la necessit di postulare, in corrispondenza della clausola dellesametro di
Timone, una lacuna contenente lelemento che sulla base del contesto citante
(oi\de d` aujto;n ajstronomouvmenon) si deve immaginare come il nucleo stesso della citazione, ossia un termine precedente ajstronomhvmata e di struttura molto
1

Talete di Mileto fra Timone e Lobone (Diog. Laert. I 34), Eikasms XV (2004) 261271; cf. Ead., Il Peri; poihtw'n di Lobone di Argo, Bologna 2004, 53-55 e 173 (con nuova
edizione critica del testo loboniano).

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MAGNELLI

simile ad esso, almeno nella prima parte2, verosimilmente caduto per omeoarto o
per una quasi-aplografia. La studiosa integra <ajstronomou'nta>, che in un tempo
ormai lontano fu proposto da Langheinrich3 come emendazione di ajstronovmhma:
a questultimo scopo era superfluo (Di Marco ha mostrato come ajstronovmhma sia
pi che giustificabile4), ma come integrazione andrebbe assai bene, suggerendo
tra laltro unallusione di Timone al celebre passo di Plat. Theaet. 174a (= 11
A 9 D.-K.) w{sper kai; Qalh'n ajstronomou'nta, w\ Qeovdwre, kai; a[nw blevponta,
pesov n ta eij " frev a r ktl. 5 Mi chiedo se non sia possibile unalternativa:
<aj s t r o n o m h' s a i>6, sapiente tra i Sette Sapienti <n e l l o s t u d i a r e l e
s t e l l e>. Anche linfinito di limitazione risulterebbe perfettamente funzionale
alle intenzioni scoptiche che la maggior parte degli studiosi individua giustamente, a mio avviso nellesametro timoniano: Talete era il pi sapiente di tutti,
senza dubbio7, ma... nel guardare gli astri (limitazione in senso proprio: forse la
sua sofiva era circoscritta a quellmbito, ed egli non era altrettanto saggio nelle
cose davvero importanti)8. Differente sembrerebbe lopinione di Callimaco, che
delinea un Talete sapiente a tutto tondo in Iamb. 1, fr. 191,53ss. Pf. Qavlhto", o{"
t` h\n a[lla dexio;" gnwvmhn / kai; th'" `Amavxh" ejlevgeto staqmhvsasqai / tou;"

Garulli, o.c. 269.


I.F. L., De Timone sillographo, III, Lipsiae 1723, 7 (che ho potuto vedere grazie alla
cortesia della stessa Garulli).
4
M. Di Marco, Timone di Fliunte. Silli, Roma 1989, 160s., sulla scia di Roeper e di Wachsmuth
(con lapprovazione di F. Decleva Caizzi, Elenchos XII, 1991, 132). Garulli, o.c. 263-265 ha
ragione a sottolineare che il preponderante uso deprezzativo dei neutri in -ma riferiti a persone
mal si accorda con ejpainei' di Diogene Laerzio: ma possibile che il biografo rivolgesse la sua
attenzione pi che altro a sofovn. Cf. del resto lejpainevsa" con cui in Diog. Laert. IX 40
introdotto lambiguo distico timoniano su Democrito (SH 820 = fr. 46 Di M.), probabile ibrido
di lode e di ironia sulla cui esatta interpretazione molto si discusso e non qui il caso di
dilungarsi. Chi volesse comunque salvare ajstronovmhma a Timone potrebbe essere tentato di
integrare qualcosa come ta; de; <peri; ajstronomiva"> gegrammevna uJp` aujtou' nel passo loboniano,
ma questo sarebbe meno agevole a spiegarsi e privo di supporto nella tradizione manoscritta.
5
Vd. ancora Garulli, o.c. 270s., con considerazioni molto convincenti.
6
O anche <aj s t r o n o m e i' s q a i> (il verbo pu avere anche la diatesi media, cf. LSJ9 s.v.
e in particolare lajstronomouvmenon che precede la citazione da Timone nel passo laerziano qui
discusso): luso dellinfinito di limitazione o determinativo ammette sia il presente (ad es. Pind.
P. 8,74s. sofov" ... bivon korussevmen o Soph. fr. 524,6s. R.2 pw'" dh't` e[gwg` a]n qnhto;" ejk qnhth'"
te fu;" / Dio;" genoivmhn eu\ fronei'n sofwvtero";) sia laoristo (ad es. Dio Cass. LXXIV 5,6 [Exc.
Vat. 338] fobero;" me;n polemh'sai, sofo;" de; eijrhneu'sai w[n), cf. in generale gli esempi raccolti
in Khner-Gerth II 9-11.
7
Opinione tradizionale (probabilmente lo era gi allepoca di Timone): cf. Di Marco, o.c.
160, e Garulli, o.c. 271 n. 27, e ancora Apul. Flor. 18 (11 A 19 D.-K.) ex septem illis sapientiae
memoratis viris facile praecipuus.
8
La dicotomia tra sapienza astratta e conoscenza applicativa che potrebbe celarsi dietro
lapparente lode della sofiva del filosofo analizzata da Di Marco, o.c. 161s.
3

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Sul testo di Timone, fr. 23 Di M.

ajsterivskou". Ma l Callimaco aveva finalit ideologiche ben precise, e ben diverse da quelle di Timone9.
Firenze

ENRICO MAGNELLI

Difficile dire quale fosse la prospettiva di Phoen. fr. 4,1 Pow. = 5,1 D.3 Qalh'" gavr, i[dri"
ajstevrwn ojnhvisto" (con la probabilissima emendazione di C. De Stefani, Talete i[dri" ajstevrwn?
(Phoen. fr. 5,1 D.3), Eikasms II, 1991, 197s.).

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