Sei sulla pagina 1di 3

DE DIVINA ARCHITECTURA

L’Opus magnum realizzatosi nelle edificazioni di ogni tempo, da sempre simbolo di


un’opera interiore. A ragione, Angelus Silesius asseriva: «La circonferenza è contenuta
nel punto, il frutto nel seme, Dio nel mondo; felice chi si mette a cercarvelo».

di Eva Cristina Casciello

L’architettura ha nei secoli rivestito un’importanza capitale, sebbene a tutt’oggi non sia
considerata secondo la sua autentica origine: la riproduzione di un disegno non eseguito
da mano umana, ma il riflesso dell’Opera del Grande Architetto.
Difatti, ai tempi, le stesse cattedrali e gli antichi edifici in generale contenevano in sé
rapporti aurei, misure simboliche che si rivelavano pure concezioni divine realizzatesi
concretamente nella materia.
Dunque, quelli che oggi appaiono esterni luoghi di culto furono concepiti come vere e
proprie realizzazioni, siti ove la forza che echeggia nei Vangeli, priva di limitazioni spazio-
temporali, potesse essere vivificata, allora come oggi.
Su questa base, innumerevoli sono stati gli autori, nella storia della letteratura mondiale,
che hanno descritto una cittadella utopistica, caratterizzata da forme e misure simboliche
che in realtà celavano un significato ben preciso: il riflesso e l’interpretazione di una
saggezza primeva, compresa unicamente da chi aveva «orecchi per intendere e occhi per
vedere».

Le Città dei Misteri


Appartengono alla linea utopistica il Labirinto del Mondo e Paradiso del Cuore (1623) ad
opera di Johann Amos Komensky, la Civitas Solis (1643) di Tommaso Campanella, la città
quadrata (1618) descrittaci da Michael Maier come simbolo del centro della terra e la città
ideale di Anton Francesco Doni (1553) la quale, a forma di stella, possedeva al suo centro
il tempio rotondo, retaggio di una tradizione simbolica sapienziale.
Ma colui il quale descrisse più approfonditamente una città ideale che conteneva però in
sé il principio universale della Città di Dio, fu Johann Valentin Andreae che, con la sua
Christianopolis (1619), ci descrive l’autentica Città dei Misteri. Christianopolis è la
rappresentazione della Gerusalemme Celeste e la sua connotazione apparentemente
labirintica si rivelerà un vero e proprio percorso iniziatico per il neofita che ricerca
l’essenza del suo cammino, riconducibile all’essere più profondo di sé stesso.
Ma non sono queste le uniche costruzioni-simbolo che l’archivio del tempo ha visto erette
in nome di una Sapienza Cosmica.

Il simbolo parla alla coscienza


Risalendo alle origini, ricordiamo una serie di “architetture divine”: basti pensare all’Arca di
Noè o al luogo in cui Mosè conservò l’Arca dell’Alleanza, ovvero il Tabernacolo.
Dal punto di vista massonico, la celeberrima erezione divina è il Tempio di Salomone,
costruito da Hiram (il cui nome derivererebbe da Hi “vivo” e Ram “elevato”), il quale seguì
le proporzioni indicategli da Dio stesso.
In questo senso, sono da citare le celebri due colonne poste all’ingresso del Tempio, Boaz
e Jakin, ovvero la dualità cosmica vissuta dall’Uomo che perviene al sublime fine della sua
esistenza: riconciliarsi con l’essere-Dio che dimora in lui.
Sarà vera la leggenda secondo la quale l’architetto si faceva uccidere pur di non svelare i
suoi segreti, preferendo invece di ritrovar vita nell’anima di un nuovo maestro?
La stessa Muratoria rappresenterebbe e starebbe a sottolineare un processo simbolico di
erezione, una costruzione che in realtà avviene nel più profondo di sé stessi, la quale
potrà condurre a un’autotrasformazione mediante la conoscenza di sé.
Non a caso, gli strumenti utilizzati – da concepire in un senso strettamente simbolico –
sono tra gli altri la squadra e il compasso. La prima rappresenta la rettitudine, necessaria
alla costituzione della pietra cubica. Il compasso equivale all’armonia, ritornando alla
forma della prima lettera dell’alfabeto, ove tutto ha inizio. Entrambi gli strumenti
costituiscono così la sacra edificazione, simboli del cielo e della terra.
L’architettura divina è dunque un processo interiore, un disvelamento della coscienza che
si manifesta concretamente nella materia.

Un messaggio universale
In Paradise Lost, lo stesso Milton scrive che Dio, penetrato nel Caos «prese l’aureo
Compasso/ che custodito nel tesoro eterno/ di Dio si stava a circoscriver questo/ ampio
Universo e quanto in lui si serra […]» . L’Eterno diede dunque al mondo la forma di un
cerchio, ove riecheggia la perfettibilità della sua estensione, avente un unico e solo centro.
Inoltre, il libro dei Proverbi ci descrive la costruzione eretta dalla Sapienza divina stessa:
una sorta di fabbrica costituita da sette colonne in coincidenza con i pianeti, nel mezzo tra
il mondo divino e quello terreno. Nella Massoneria, vediamo il pavimento mosaico, nel
quale il bianco e il nero s’intersecano reciprocamente: altro non è che la sacra
rappresentazione dell’eterno conflitto tra la luce e le tenebre. Con la sola forza della
perseveranza, il candidato potrà fuoriuscire dall’oscurità per così giungere alla luce.
Una delle forme da sempre utilizzate nelle edificazioni appartenenti a qualsiasi epoca è
quella del pentagramma. Il suo significato potrebbe accostarsi a quello suggeritoci dallo
stesso Leonardo da Vinci, ove l’Uomo rappresenterebbe esattamente un pentagramma,
una stella: con le gambe divaricate e le braccia distese, al suo centro dimora il centro
matematico del microcosmo, il germe divino che la Tradizione Aurea ha sempre descritto
come celato nel cuore dell’Uomo.
Altro simbolo appartenente a una tradizione iniziatica è certamente il labirinto.
Originariamente, il termine greco labrys si riferiva a un'ascia avente due lame, da qui la
possibilità di usarne due e quindi la conseguente e dovuta scelta. Un chiaro simbolo che si
riferisce senza ombra di dubbio all’esistenza umana, durante la quale l’Uomo dovrà
confrontarsi con sé stesso e con le sue proprie scelte: possibilità, opportunità, alternative
tra le quali districarsi… ma interiormente egli sa bene quale prendere, quale tra le tante la
sua interiorità gli suggerisce.
Il labirinto sottolinea dunque sia il cammino evolutivo della vita umana, sia il sentiero
spirituale che deve essere percorso dall’Uomo alla ricerca della sua essenza vitale,
dunque dall’Uomo che ne ricerca l’autentico centro.
Il più celebre tra questi fu certamente il labirinto dal quale Teseo, il candidato, riuscì a
trovare l’uscita grazie al magico filo di Arianna, rappresentazione simbolica della forza-
anima, che lo sostiene nel combattimento dell’essere-ego (il Minotauro), per condurlo
infine alla meta.

L’enigma della Sfinge, ieri e oggi


In tema di enigmi e di costruzioni sacre, non possiamo evitare di citare, in terra egizia, la
Sfinge. Al cercatore d’oro, si rivolge con queste parole: “Chi sei tu, viandante smarrito
sulle strade della vita? Da dove vieni? Qual è la tua meta? Guardami, io sono l’enigma del
tuo essere profondo, mezzo uomo e mezzo animale, sono l’immagine della tua dualità.
Chi sei realmente, tu che dici di cercare la verità? Cosa cerchi veramente? Credimi,
amico, non sei tu che la cerchi, ma è la verità a cercare te, a chiamarti continuamente,
turbando la tua anima…” Messaggera di un aureo messaggio, la Sfinge domina la piana

2
di Giza dove all’orizzonte si stagliano le Grandi Piramidi.
Chi le costruì? Perché? Con quale tecnica in epoca talmente remota? Dobbiamo dar
credito alle teorie finora forniteci dalla cosiddetta “scienza ufficiale”?
Innumerevoli sono state finora le ipotesi formulate che hanno tentato di dare una risposta
a tali quesiti, ma fortunatamente l’Uomo si sta ridestando dal suo sonno durato eoni e
comincia a riformularsi delle risposte.
Non è da escludere che il popolo costruttore appartenesse a un’epoca anteriore al periodo
faraonico come la dotta umanità ci ha fatto credere finora (forse gli Atlantidei prima di
cadere nei profondi abissi?), che utilizzasse delle tecniche ben più evolute di quelle di cui
siamo in possesso oggi, noi umanità che ci definiamo “ad alta tecnologia”, ma soprattutto
che le piramidi rappresentino una testimonianza, o meglio un messaggio lasciato e
lanciato a noi posteri per comprendere, per fornire noi stessi una risposta ai quesiti posti
dalla Sfinge: «Uomo, chi sei tu? Da dove vieni? Dove vai?»
La forma triangolare delle piramidi ricorda il triangolo della divina trinità, avente per base
un quadrato su cui erigere la Nuova Costruzione e la cui cima, la sommità, la Via dei
Pochi, è celata nell’invisibile, nell’infinito.
A noi tutti spetta dunque il compito di utilizzare gli strumenti che la saggezza dei tempi
d’oro ha lasciato a noi posteri, eredi di una tradizione che necessita di teste pronte a
comprendere, cuori atti a percepire e mani ben determinate ad agire.
All’umanità resta dunque un’unica e sola missione: ridestarsi.

Potrebbero piacerti anche