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Nemico (e) immaginario.

Il ritorno del mostruoso tra cattiva


coscienza coloniale e neocolonialismo
carmillaonline.com/2016/09/20/nemico-e-immaginario-il-ritorno-del-mostruoso-tra-cattiva-coscienza-coloniale-e-neocolonialismo/

20/9/2016

di Gioacchino Toni
Nel corso della serie Nemico (e)
immaginario abbiamo sottolineato come
nelle diverse produzioni audiovisive di norma
lo zombie non sia identificato come individuo
quanto piuttosto come massa indifferenziata
esattamente come vengono presentati e
trattati i migranti che sbarcano sulle coste
europee prontamente concentrati in spazi di
isolamento allinterno o ai confini della
Fortezza Europa. Nella pi recente
rappresentazione distopica, ove il carnefice
artefice della disumanizzazione schiavista, la
memoria della violenza sembra riemerge
materializzandosi in corpi dalla brutale
aggressivit.
Continuiamo la nostra serie Nemico (e) immaginario ripratendo da una scena del film La notte dei morti
viventi (Night of the Living Dead, 1986) di George Romero in cui leroe nero viene scambiato per uno
zombie ed ucciso dagli uomini bianchi. Si tratta di un errore del tutto comprensibile, visto che nella societ
bianca il nero uno zombie, una presenza priva di soggettivit. Quello subito dal personaggio nero pu
dirsi dunque un processo di de-umanizzazione ed a ben guardare il medesimo processo a cui sono
sottoposti i migranti sugli schermi televisivi e fuori da essi.
Nel saggio di Gaia Giuliani, Zombie, alieni e mutanti. Le paure dall11 settembre a oggi (Le Monnier,
2016), meritoriamente recensito da Luca Cangianti nel suo I mostri dellaccumulazione originaria,
lautrice ha, tra le altre cose, particolarmente approfondito il ritorno del mostruoso tra cattiva coscienza
coloniale e neocolonialismo. Il nemico si manifesta come lAltro e lAltra esterni, mostrificati, deumanizzati,
che si moltiplicano allinfinito, che non cessano mai di attrarre/sbarcare e opprimere lumanit con la propria
invadenza o con la propria incontrollabile pazzia e/o sete di vendetta. Egli lAltro assoluto che ha
attraversato le acque per venire a capovolgere una nave gi piena, come nel caso dei sopravvissuti al
disastro del 3 ottobre 2013 al largo di Lampedusa, o in quello dei pescatori di perle (migranti irregolari
cinesi) che muoiono nel totale silenzio mediatico al largo delle coste britanniche [] lAltro-assoluto
contro cui la societ quella fatta di simili per cultura, religione, spirito democratico e, parrebbe
conseguirne, appartenenza razziale si rinsalda e si muove compatta (pp. 10-11).
La studiosa ricorda come contemporaneamente allappello alla solidariet democratica, europea,
occidentale, contro lattacco alla redazione di Charlie Hebdo del gennaio 2015, in difesa della libert
despressione, nelle societ occidentali stata riadattata la narrazione dello scontro di civilt contro i
cattivi extraterrestri (gli stranieri simmeliani trasformati in potenziali criminali) e lungo il perimetro degli

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spazi nazionali e comunitari si rafforzano le misure di protezione delle frontiere contro limmigrazione (p.
11). Secondo Giuliani esemplare lintreccio francese tra costruzione dellAltro-assoluto e costruzione del
S nazionale: un paese dal violento passato coloniale plurisecolare contraddistinto da unamnesia di Stato
a proposito dello schiavismo e dal riprodursi di una narrazione istituzionale di stampo coloniale della
missione civilizzatrice e del Progresso. Nel saggio, a tal proposito, si ricorda come la legge francese
n.2005/158 del 23 febbraio 2005, nellarticolo 4, richieda espressamente che agli studenti della scuola
dellobbligo venga spiegato il ruolo positivo della colonizzazione francese [] specialmente in Nord
Africa.
Convinta dellidea che il mostruoso rimandi, a maggior ragione oggigiorno, alla mutazione interna
dellorganismo umano e allincapacit cartesiana di ristabilire il controllo su di essa (p. 12), Giuliani
definisce lalterit (alieno/a, non-morto/a, mutante, cyborg ecc.) come post-umana. Inoltre, la studiosa
definisce neocoloniale il tentativo di ristabilire il controllo su tutto ci che mutato, producendo alterit,
trasgredendo alle regole della razionalit sovrana.
Nel saggio si ricorda come la narrazione distopica non abbia mancato di soffermarsi sullambivalenza della
mutazione determinata dalla scienza e dalla tecnologia, a tal proposito si pu far riferimento, ad esempio,
alla produzione cinematografica di David Cronenberg degli anni Settanta ed Ottanta o, nel decennio
successivo, a film come 12 Monkeis (1995) di Terry Gilliam od ancora, nel nuovo millennio, ad opere come I
am Legend (2007) di Francis Lawrence, District 9 (2009) di Neill Blomkamp e World War Z (2013) di Marc
Forster.
Esiste unevidente continuit tra il subumano proprio del periodo coloniale e schiavista ed il non-umano o
post-umano neocoloniale; in entrambi i casi la sua eliminazione solleva da responsabilit e lo sterminio
diventa naturale nel suo essere presentato come la soluzione finale che permette il ritorno ad
unontologia di un particolare tipo dellumano di nuovo al centro delluniverso. Molte narrazioni recenti
insistono sul fatto che il non-umano, o post-umano, conviva gi con lumano e tale convivenza, sostiene la
studiosa, rimanda alla codificazione della cosiddetta societ multirazziale del mondo reale, con le sue
divisioni e contraddizioni sociali e culturali (p. 16).
Rifacendosi ad una prospettiva genealogica che tende a rintracciare
la paura nella storia delle sue rappresentazioni e dei suoi significati a
partire dalla modernit, dalla nascita dello Stato nazione e dagli albori
del movimento coloniale delle potenze europee verso ovest (p. 18), il
saggio affronta tematiche che vanno dal ritorno del mostruoso al
rapporto tra modello multiculturale ed Alterit assoluta (tra
normalizzazione della diversit e costruzione di una diversit
inconciliabile), dalle fantasie di bianchezza presenti nelle narrazioni
della catastrofe (utopiche e distopiche) alla cittadinanza emotiva
concentrata sullincontro con lalterit da parte delle diverse
incarnazioni (culturali, sociali istituzionali) della norma bianca in
Europa e nelle ex colonie di popolamento (p. 19).
Da parte nostra, in questo scritto, ci limiteremo alla questione del
ritorno del mostruoso affrontato dallautrice nel primo capitolo del
volume rimandando per le altre questioni trattate dal denso ed
interessante saggio al quadro dinsieme ricostruito nella gi citata
recensione stesa da Luca Cangianti [su Carmilla].

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Giuliani legge alcune figure del cinema di genere horror e dintorni come allegorie della violenza coloniale e
del suo ripresentarsi attraverso narrazioni distopiche sotto le sembianze di morti viventi. In generale il
mostruoso coincide con la rappresentazione della finis mundi e se tale funzione pu essere intesa come
componente importante nella costruzione della comunit antropologica, nel corso dei secoli, sostiene la
studiosa, si strutturata nei termini dei confini dellEcclesia cristiana e, nella modernit, nei termini della
separazione cartesiana e rinascimentale tra conoscente e conosciuto. Il satanico, bestializzato
dalliconografica della Scolastica sino a met del Trecento, viene incorporato nelle leggende dei viaggiatori
cinquecenteschi che toccavano i lontani territori del Pacifico, africani, caraibici, amazzonici fino al
Calibano shakespeariano. Ancora a cavallo tra Otto e Novecento Cesare Lombroso colloca proprio a tali
latitudini la barbarie calcificata inestirpabile, incline al cannibalismo ed in epoca ancora pi recente, ricorda
Giuliani, sopravvivano tracce di tali storie antropologiche utili allauto-rappresentazione delloccidente che
si vuole civilizzato e civilizzatore, si pensi a tal proposito il film Cannibal Holocaust (1980) di Ruggero
Deodato.
In et rinascimentale il cannibalismo (vero o presunto) dei nativi inteso come prova evidente della loro
bestialit o sottomissione allanti-Cristo. La mostruosit del cannibalismo gioca un ruolo importante nella
legittimazione del primo colonialismo divenendo lestremo male da combattere in funzione delledificazione
dellUtopia. La bestia umana deve essere eliminata o sottomessa alle leggi della Cristianit, dellistituzione
politica e, infine, del capitale [] La conquista e la realizzazione di nuove societ abitate solo dagli elementi
migliori (cristiani, bianchi e proprietari) necessitava di unaccumulazione originaria nel senso pi marxiano
del termine, ossia, da un lato, la cannibalizzazione della forza lavoro, il suo addomesticamento mediante
lavoro servile o schiavo (p. 27). Ed proprio a questo secondo fine che adempier la costruzione di un
nuovo mostruoso (lo/la schiavo/a negro, il coolie e il/la migrante bruna del Mediterraneo, della Cina e
dellAsia meridionale sovente descritti mediante riferimenti a bestie ed insetti) utile a dividere e governare la
forza lavoro mediante statuti (razziali) differenziali (p. 27).
La donna sin dal Medioevo viene collocata tra le mostruosit per poi divenire nellepoca del razionalismo
settecentesco, dellimperialismo e della moralit vittoriana, la diversit assoluta allinterno degli spazi
domestici dellintimit borghese e della sua riproduzione. Diverr non solo loggetto di violenze mediche,
culturali e di polizia [] ma la sua diversit diverr uno dei dispositivi di inferiorizzazione allinterno della
comunit coloniale e imperiale della Modernit (p. 27).
Dunque, continua Giuliani, il mostruoso il prodotto della cattiva coscienza coloniale che si ripresenta a noi
tramite la figura del non-morto, il Calibano che si ripresenta per vendicarsi dello stigma e della violenza.
la coscienza nera che si incarna sottraendosi alla rimozione dellesperienza coloniale e dello schiavismo,
che si ripresenta prendendo a morsi chi ha massacrato in nome del progresso e chi oggi lucra erigendo
confini razzializzati contro lumanit migrante. Questo cannibalismo in lettere e celluloide ribalta il
cannibalismo fisico e simbolico dei conquistadores, dei padri pellegrini, degli schiavisti e di chi possedeva le
piantagioni, ma anche quello dei capitalisti descritti da Marx nel frammento dei Grundrisse del 1858, avidi
di sangue di denaro, di carne da lavoro come vampiri (p. 28).
Gi in diversi scritti abbiamo fatto riferimento alla comparsa haitiana della figura dello zombi ed alla nascita
di quella Repubblica nera incubo degli Stati Uniti segregazionisti. Abbiamo anche visto come le prime
pellicole americane che affrontano gli zombie inevitabilmente abbiano a che fare tanto col senso di colpa
nei confronti delle sofferenze inflitte agli schiavi, quanto col timore che infondono i neri nella societ bianca.
Abbiamo anche preso atto di come, tra gli anni 30 e 50, attraverso la figura dello zombie, limmaginario
cinematografico americano richiami la questione della perdita di di volont e controllo su se stessi; lepoca
quella della Depressione, dei conflitti mondiali, della Guerra fredda e della minaccia atomica. Nel corso

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degli anni 60, con i movimenti di lotta per i diritti civili, il cannibalismo degli zombie portati sullo schermo da
Romero pare legarsi al riscatto dei morti viventi contro la violenza razzista operata dal capitalismo.
I film di Romero tematizzano il ritorno dei diseredati, dei subalterni e dei reietti della societ statunitense
sotto forma di zombie cannibali, i quali sono gli unici in grado di svelare [] come ricchezza e
consumismo, fondati su violenza e marginalizzazione, non siano altro che realt fragili, transeunti, grondanti
di sangue (p. 30). I linving dead romeriani vengono raffigurati come moltitudine rivoluzionaria, oscillando
tra massificazione e individuazione e questi, pian piano smettono di essere massa indistinta per divenire
moltitudine di identit. Se nella produzione romeriana si ricorre alla figura del morto vivente per riflettere
sulle contraddizioni e sulle diseguaglianze americane, nelle produzioni pi recenti, sostiene Giuliani, non si
tratta pi tanto di fare i conti con il lato mostruoso della societ umana ma di invocare un nuovo inizio, di
fondare un nuovo mondo con ogni mezzo necessario. Il nemico venuto dal passato, il nuovo Calibano che
ha voce ma non linguaggio, deve essere eliminato attraverso una guerra fondativa di esseri superiori.
Come esempi di ci la studiosa cita il film spagnolo REC (2007) di Jaume Balaguer e Paco Plaza, ove
lorigine satanista dellepidemia legittima la guerra giusta contro il demone zombie, la saga Resident Evil
(2002-2012) di Paul W. S. Anderson, ove la guerra mossa contro zombie derivati da unepidemia
batteriologica determinata da esperimenti farmaceutici e World War Z (2013) di Marc Forster, ove
lapocalisse zombie porta ad uno stato di guerra permanente.
In questo ultimo caso la studiosa evidenzia come a tale stato di eccezione permanente senza confini non
pare accompagnarsi alcuna critica alla societ presente mentre circa la societ a venire, il film, sembra
indirizzarsi verso fantasie di supremazia eteronormativa di classe (borghese) e di razza (bianca). Essa
appare come lo spettro di quella guerra che il filosofo italiano Carlo Galli ha chiamato globale, allalba della
Guerra al Terrore di George Bush Jr. In questo quadro la guerra non pi quella tra Stati, come per tutta la
Modernit e in particolare, su scala globale, sin dalla prima guerra mondiale: in esso riaffiora lidea di guerra
giusta invocata da san Tommaso e dalla cristianit medievale, e successivamente dal colonialismo, contro
vecchi e nuovi barbari (p. 34).
Nellet globale la legittimazione della guerra pare poggiarsi sul confronto tra morali decisamente
semplificate e, nella visione occidentale, si stabilirebbe cos, secondo Galli, una sorta di gerarchia di valore
tra la guerra a difesa (o portatrice) di diritti e democrazia mossa da poteri legittimati dallordinamento
internazionale ed il terrorismo fondato sugli istinti pi bassi. A tal proposito Giuliani preferisce rifarsi alla tesi
di Tasal Asad (Sullattentato suicida) sulla linea di continuit che linferiorizzazione coloniale del nemico
traccia tra modernit e post-modernit. Tale impostazione la si ritrova anche in Judith Butler (Sexual politics,
torture and secular time) quando a proposito della Guerra al Terrore, soffermandosi sulle torture nei campi
di detenzione americani, sostiene che tali pratiche coercitive, violente ed umilianti possono essere
considerate lesplicitazione di una logica gi presente a monte nella stessa idea di missione civilizzatrice.

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dunque in tale contesto culturale e


geopolitico che si viene a dare una
particolare mutazione dello zombie a
partire dallinizio del nuovo millennio:
il mutante soprattutto un infettato
che viene ad essere il pericolo numero
uno, incontrollabile attentatore suicida
che per contagio trasforma gli altri in
terroristi. Di fronte a lui la sovranit
statuale si manifesta come totalmente
impotente (p. 35). Il morto vivente di
28 giorni dopo (28 Days Later, 2002)
di Danny Boyle rappresenta
unumanit animalizzata regolata dalle
leggi del branco e della forza che ha in
s tanto le caratteristiche dei mutanti
che della bestia rabbiosa. Tali caratteristiche le ritroviamo nel francese La horde (2009) di Yannick Dahan e
Benjamin Rocher, ove pi che camminare gli zombie corrono velocemente: il walking dead si mutato in un
running dead.
La natura mutante risignifica la figura del morto vivente quale risultato del dilagare del virus e secondo
Peter Dendle (The Zombie Movie Encyclopedia) i timori incarnati da questi nuovi zombie non sono
espressione della perdita del s ma di una sua sovraesposizione. Se le vecchie generazioni di zombi sono
contraddistinte dalla mancanza di affettivit, dallirrazionalit, dalla semplificazione e dalla lentezza, ora
palesano unenergia senza precedenti.
Secondo Giuliani il nuovo morto vivente incarna anche la figura del pericolo post-11 settembre 2001 e postmassacri vari da Columbine ad Utya, fino agli episodi pi recenti. Si tratta di un pericolo errante ed
incontrollabile che proviene dal vicino di casa, dai propri compagni di scuola o di lavoro che
improvvisamente palesa una forza ed una violenza inimmaginabili.
La studiosa sottolinea come in queste produzioni si evochi lidea che a sopravvivere possano essere le
figure pi adattabili, pi avvezze a difendersi, come i giovani, le donne ed i marginali, quasi a palesare una
speranza di unumanit futura che chiude con i debiti le sperequazioni (di genere, classe, razza) che hanno
da sempre infestato la storia dellOccidente (p. 41). Non sfugge, per, continua la studiosa, come in
diverse produzioni audiovisive recenti questi sopravvissuti, per fondare una nuova societ, finiscano col
piegarsi nuovamente a regole e consuetudini conservatrici: nel film di Boyle, Selena smetter di essere la
guerriera autonoma e coraggiosa per divenire (o tornare ad essere) la femmina bisognosa di protezione
[] e dispensatrice di cure materne (p. 41).
Vi sono per alcune importanti differenze tra i due film citati tanto a proposito dellestensione del contagio
che delle cause scatenanti. Da una parte linsularit britannica del film di Boyle pu lasciar pensare che il
contagio non si sia propagato al di fuori dellisola mentre diverso il rapporto tra la Parigi in fiamme di
Yannick Dahan e Benjamin Rocher e le sue periferie postcoloniali prive di barriere al contagio. Circa le
cause, in 28 giorni dopo lorigine dellepidemia palesata nella sperimentazione laboratoriale, mentre La
horde sorvola totalmente sulle cause scatenati concentrandosi sulla vita degli umani di fronte alla possibile
fine dellumanit cos come conosciuta. Inoltre, se nel film britannico lumano-rabbioso mortale, non un
non-morto, nel lungometraggio francese il linving dead rappresentata lintramontabilit della catastrofe.

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In comune i due film hanno lambientazione urbana e Londra e Parigi rappresentano la metropoli europea
centro del potere coloniale in passato e luogo di attrazione per migranti, oltre che di sperimentazione di
pratiche di governabilit. La mobilitazione/dislocazione dei corpi secondo le regole del controllo
biopolitico e del mercato salta allarrivo del cannibale la cui corsa frenetica e in gruppo sembra non
ammettere barriere di classe, razza e genere. una marea distruttiva e fagocitante che annulla i dispositivi
della segregazione spaziale e della produzione capitalistica incarnate dalle metropoli europee. Lo scenario
urbano svuotato dei significati che fondano lordine sociale cos la massima espressione del
sovvertimento delle regole alla base della societ umana come polis (p. 42).
Come abbiamo visto affrontando il saggio di Federico Boni, American Horror Story. Una cartografia
postmoderna del gotico americano (Mimesis, 2016) [su Carmilla], lambientazione rurale tipica del
gotico americano, ad essa, sostiene Giuliani, si accompagna una vera e propria disumanizzazione
cannibalistica rimandante al conflitto tra la costruzione nordista della nazione e dei suoi altri-interni. A tal
proposito tra gli studi pi interessanti occorre citare, anche se datato, il saggio di Sacvan Bercovitch, The
american Jeremiad (1978).
Nella serie britannica Dead Set (2008) ideata da Charlie Brooker, da noi affrontata nuovamente grazie a
Federico Boni, The Watching Dead. I media dei morti viventi (Mimesis, 2016) [su Carmilla], la ruralit
rimanda allisolamento, allimpossibilit di controllare e difendere il territorio e, pi in generale, nelle
produzioni europee, sostiene Giuliani, lambiente agreste rinvia alla costruzione della barbarie-interna in
conflitto con lurbanit civilizzata (p. 42). Vale la pena notare come anche in Dead Set, al pari di 28 giorni
dopo e La horde, i cannibali corrano veloci ed in questo caso evidente lanalogia con la velocit di
trasmissione televisiva.
Il film 28 settimane dopo (28 Weeks Later, 2007) di Juan Carlos Fresnadillo, sequel del film di Boyle, si
concentra sulla questione della molteplicit che caratterizza la societ londinese, sulla difficolt di definire
una demarcazione netta volta ad escludere il nemico esterno ed a neutralizzare quello interno e
sullimmunizzazione della popolazione attraverso la quarantena.
Giuliani segnala come analizzando in sequenza cronologica, i film affrontati 28 giorni dopo (2002), 28
settimane dopo (2007), Dead Set (2008) e La horde (2009) possibile affermare che la speranza di
sopravvivenza infusa dal primo, e tematizzata dal secondo come olocausto del mostruoso, viene
drammaticamente distrutta dal terzo e dal quarto, i quali sacrificano progressivamente ogni sogno di
sopravvivenza dellidea di umano e del suo rapporto tra corpo e mente, vita e morte (p. 47).
Se in diverse produzioni americane recenti, come World War Z (2013) di Marc Forster, si rintracciano
alcune caratteristiche tipiche del cinema di guerra, come ad esempio il palesare una netta dicotomia
spaziale, etica e politica tra i contendenti e la possibilit di ripristinare lordine internazionale modernamente
inteso (meglio se entro la fine del film), nelle produzioni europee come 28 giorni dopo, 28 settimane dopo,
Dead Set e La horde, secondo Giuliani, non abbiamo leroe unico e non vi superamento definitivo della
crisi.
In World War Z quella che inizialmente sembra una critica ad un uso scriteriato delle tecnologie e della
scienza si risolve in unesaltazione delle capacit del maschio bianco occidentale e della razionalit
scientifica e militare. Se si confrontano World War Z e Land of the Dead di Romero, si vede come entrambi
pongono al centro la rottura della geometria spaziale umana spazzata via da un take over zombie
irresistibile, per Romero la rottura con la geometria/gerarchia significa una nuova idea di progresso che []
include il post-umano o ha nel post-umano il proprio attore principale. In WWZ la rottura solo una
sospensione di un ordine sociale e politico che viene subito ristabilito e che vede vincitori i migliori, i pi

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bianchi, i pi ricchi, i pi tecnologici abitanti dellOccidente civilizzato (p. 48).


In una serie di recenti produzioni audiovisive il vivo si deve riconciliare col non-morto e, riprendendo Michel
Foucault, si pu dire che il potere di uccidere (lo zombie) da parte dello Stato lascia il posto al potere di
lasciarlo vivere (recluso) ed, infine, al potere di farlo vivere riabilitandolo, governando il bios dei postzombie. Dunque i walking dead subiscono un processo di individualizzazione e soggettivazione, divengono
oggetti governamentali e devono vivere, al fine di permettere ai vivi di riconciliarsi col trauma
dellapocalissi. E allo stesso tempo essi divengono nuda (post-)vita un bios molto particolare la cui
ricodificazione sociale e biologica in quanto membri della societ dipende da medicine che prima i dottori,
poi i famigliari, iniettano nella loro spina dorsale. Lo Stato governa sulla loro costruzione biologico-corticale
e cos facendo, permette alle persone di ricostruire le proprie comunit (p. 36). I morti viventi si
trasformano da minaccia a manifestazione della mutazione (da umana a post-umana) che ha investito le
societ contemporanee.
Giuliani vede nelle fantasie di vittoria sul contagio presenti in tanta narrazione distopica contemporanea una
volont di riscatto mossa dal senso di colpa di chi stato allorigine contagio di se stesso. Abbiamo visto
in altri scritti della serie Nemico (e) immaginario come il contagio derivi spesso da interventi umani sulla
natura. il senso di colpa che produce mostri, come lo era in quelle descrizioni dei tropici di fine Ottocento
da parte dei medici australiani che sostenevano che luomo bianco l desiderava lindesiderabile, aspirava a
ci che non sarebbe mai riuscito ad ottenere: la sopravvivenza in un ambiente gi, o diventato, ostile. Con
la differenza che l la natura non doveva essere violata, e nelle narrazioni distopiche contemporanee la
natura violata che si vendica (p. 36).
Nel volume vengono passate in rassegna tre recenti
realizzazioni audiovisive Fido (2006) di Andrew Currie,
Les revenantes (2012 in produzione) ideata da Fabrice
Gobert ed In the flesh (2013-1914) scritta da Dominic
Mitchell e diretta da Jonny Campbell che pur nella loro
diversit, in un modo o nellaltro, risultano contraddistinte
dal grado di precariet in cui versa unumanit ormai
incapace di governare le conseguenza della guerra e/o
della tecnica e del Progresso.
Il film Fido, di produzione americana/canadese, un
horror-comico in cui la memoria incarnata dalla violenza
a cui rimanda la figura dello zombie quella della
schiavit (p. 54). Alla fine di una cruenta guerra
dellumanit contro gli zombie una grande azienda
realizza un collare in grado di neutralizzare gli istinti
aggressivi degli zombie rendendoli mansueti servitori
della comunit piccolo-borghese nordamericana. Il film
ambientato tra la fine degli anni 50 e linizio degli anni 60 e questi zombi addomesticati sostituiscono
quella componente sociale, razziale e di classe maggiormente sfruttata. La nuova figura di schiavo non
deve essere riprodotta, non sporca, non mangia ed ubbidiente al padrone. La tranquilla vita piccoloborghese della cittadina viene interrotta dallattacco omicida di cannibali in libert e la storia si conclude
con il sovvertimento dellordine sociale (razziale e di genere) ma non di classe (p. 56). Il nuovo mondo che
pare far capolino a fine narrazione pare essere di quelle donne per bene, pur sempre angeli del focolare
ma ora anche capofamiglia, in cui luomo gioca la parte del sottosviluppato addomesticato (p. 56).

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Il tema principale della serie Les revenantes individuato da Giuliani nel dono del ritorno dei morti tra i
loro cari. Il fatto che i morti tornino alla spicciolata per riprendere il loro posto tra i loro cari nella piccola
comunit montana situata accanto ad unenorme ed inquietante diga crea immediatamente problemi di
comprensione e di convivenza a cui si aggiunge il riaffiorare del vecchio paesino dalle acque del bacino
idrico che si abbassano misteriosamente. Il riemergere del passato, secondo la studiosa, potrebbe essere
simbolo del riscatto dalla violenza umana sulla natura e il sovrannaturale, la valle sembra utilizzare il
ritorno degli oltrepassati come una sorta di vendetta contro chi in quellarea ha continuato a vivere (pp. 5657). Resta misterioso il motivo per cui alcuni personaggi tornino in vita pi volte cos come sono ignote le
ragioni per cui questi revenants vengano reclamati da loro simili privando nuovamente le famiglie dei propri
cari.
Nella serie In the flash, prodotta dalla BBC, si ha una narrazione molto intimista tra zombie e scomparsi e
poi ritornanti. Giuliani sottolinea come qui si scavi nei conflitti famigliari di una piccola comunit ed il ritorno
di Kieren Walker ha tutte le sembianze di un dono offerto alla famiglia per riparare agli errori commessi
precedentemente. Il tutto pare ruotare attorno alla trasformazione dello zombie in una nuova possibilit
damore e di riscatto. La storia di Kieren e sua madre ci inducono alle ragioni della scelta, da parte del
regista e narratore, del genere zombie e del post-umano per raccontare una storia di marginalit e
sofferenza (cagionata da discriminazione di genere, classe e sessualit) allinterno di una piccola comunit
inglese: il post-umano e lApocalisse, in particolare, sembrano permettere infatti, seguendo le teorie del
femminismo materiale, di tematizzare la critica allepistemologia maschile e bianca, allantropocentrismo
eterosessuale e illuminista e al patriarcato (etero) sessista che sia matrice della secolarizzazione sia
pilastro del potere spirituale della Chiesa (p. 60). Il ruolo della chiesa qui decisamente ambivalente; da
una parte essa ha contribuito a mantenere unita la comunit nel corso dellinsurrezione ma ha basato tale
coesione sullodio nei confronti dei ritornanti.
Giuliani si sofferma anche sulla sovversione femminile dellordine costituto presente sia nel film Fido che
nella serie In the flash. Nellhorror-comico Fido le donne americane intendono abbandonare il ruolo di
passive domestiche dedite alla riproduzione del maschio e della sua egemonia tipico dei primissimi anni
Sessanta (si pensi alla rappresentazione della domesticit femminile nella serie americana Mad men): sono
anche quelle che pi nettamente infrangono i tab sessuali legati alla linea del colore e di classe, e le
regole sociali che stabiliscono il confine tra normalit e anormalit (pp. 60-61). Nel caso di In the flash
abbiamo donne che segretamente costruiscono le reti affettive che sembrano garantire materialmente
lavvento di un futuro migliore: le madri e mogli dei ritornanti si incontrano in una stanza buia, separata,
insieme allinfermiera e madre di Philip, il segretario del vicario (La ragazza madre del paesino), che ha
deciso di insegnare loro come medicare i propri famigliari PDS [Partially Deceased Syndrome, sindrome
del parzialmente deceduto]. sempre lei che ha creato questo gruppo di autocoscienza e autoaiuto,
perch le donne possano raccontare che cosa provano e come riescono a fare i conti con i PDS e la
societ attorno (p. 61). Dunque, in qusto ultimo caso, le donne hanno un ruolo ponte tra umano e postumano.
Nella serie la milizia, nonostante comprenda anche donne, secondo la studiosa rappresenta lo spazio
semantico della virilit, del maschio, del soldato che custodisce la purezza della nazione e si fonda sulla
convinzione che la minaccia ancora presente pur certificando che la mutazione non eliminabile. La
milizia si nutre dellemergenza e, al contempo, la combatte: come per le polizie anti-terrorismo a cui
demandata parte della gestione governamentale del nemico allinterno delle societ reali, anche nella
narrazione distopica il permanere del mostruoso come parte integrante della societ legittima il controllo di
polizia su persone e relazioni. Come per le prassi e il discorso securitario e anti-terrorista posti in vigore
dagli apparati di sicurezza britannici a partire dalla guerra in Afghanistan e in Iraq e dagli attacchi suicidi del

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luglio 2005, cos anche nel racconto horror di In the flash tutti sono chiamati a fare i delatori e a
manifestare, anche dentro le proprie case, la presenza di un PDS. Ma non devono agire da soli contro i
ritornanti: devono piuttosto affidarsi alla milizia, alla polizia, auto-dichiaratasi in charge delleliminazione del
risorto, come in una societ totale che non ammette critica n diversit (p. 61).
Dunque, conclude Giuliani, se guardiamo 28 giorni dopo, 28 settimane dopo, Dead Set, La horde, Fido, Les
revenants ed In the flash in continuit con le guerre coloniali del secolo scorso [] queste produzioni
insistono sul backlash, sugli effetti di ritorno, di una condotta che pu, in queste distopie, essere definita
coloniale: il nemico divenuto inestirpabile, ed una costante intrinseca allEuropa sin da quando essa
uscita da se stessa per reinventarsi sugli altri continenti. Al suo pari, il mondo degli uomini, nelle narrazioni
distopiche prese in considerazione, ha superato i propri confini. A meno di una guerra che come quella
atomica potrebbe cancellare lumano, insieme al post-umano, dalla faccia della Terra, lapertura della porta
coloniale ha permesso allaltro, persino al non-morto che viene dallaldil, di varcare luscio e restare (p.
62).

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