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Vincenzo Cicero
Devo confessarle una cosa: la struttura del pensiero platonico mi completamente oscura.
-- Martin Heidegger a Georg Picht, verso la met del 1945 (Antwort, p. 181)
del tutto infondata in quanto verte non su due ontologie, bens su une ontologie et,
si l'on peut dire, une nologie, due punti di vista tra loro contraddittori: In una
dottrina dell'Essere, l'inferiore non che in virt dell'essere del superiore. In una
dottrina dell'Uno, al contrario, principio generale che l'inferiore sia solo in virt di
ci che il superiore non .[3] Come caso esemplificativo, Gilson citava il passo delle
Confessioni di Agostino (XI, 5, 7): Quid enim est, nisi quia tu es? , il cui significato
funziona perfettamente proprio perch riferito al Dio dell'Esodo, ma che se indirizzato
all'Uno di Plotino andrebbe piuttosto riformulato cos: Quid enim est, nisi quia tu non
es?
Dagli anni '80 in poi fondamentali contributi storico-filosofici e teoretici alla henologia
sono venuti da Werner Beierwaltes, soprattutto con due opere: Identitt und Differenz
(1980) e Denken des Einen (1985), delle quali Giovanni Reale ha promosso la
traduzione italiana presso Vita e Pensiero.[4]
In Beierwaltes si possono individuare due accezioni di Henologie, una ristretta l'altra
estesa.
Nel primo senso storicamente corretto definire "henologica" solo la filosofia
neoplatonica: Pensare l'Uno il motivo centrale del filosofare neoplatonico, al punto
che il termine "henologia" concerne precisamente l'intenzione fondamentale di questo
filosofare.[5] Da Plotino a Proclo attraverso Porfirio, l'Uno stesso unico motore e
guida di ogni questione che si impone al pensare, il quale, pensando l'Uno stesso, ne
co-pensa le molteplici flessioni, tracce e immagini.
Nel secondo senso, l'accento teoretico si sposta dal rapporto tra l'Uno e il pensare
all'Uno in quanto tale, alla sua assolutezza, al suo configurarsi come principio di tutto,
dando cos luogo alla figura teoretica paradossale per cui l'Uno tutto e, insieme -- in
quanto oltre-essere, non-essere -- , nulla di tutto. L'idea fondamentale di una TuttUnit, sviluppata inizialmente da Plotino (ma sulla scorta di evidenti suggestioni
platoniche), stata ulteriormente e variamente arricchita dai pensatori dell'Occidente,
a partire da Proclo, passando per Dionigi Areopagita, Eriugena, Meister Eckhart,
Cusano, Bruno, Leibniz, Spinoza, fino a Schelling e Hegel.
Secondo quest'ultima accezione, Beierwaltes ha potuto operare programmaticamente
una reinterpretazione dell'intera storia della metafisica alla luce del paradigma
henologico, senza tuttavia irrigidirlo nell'opposizione al paradigma ontologico, anzi,
dimostrando l'essenziale compatibilit dei due. Come esempio pi eclatante della
metamorfosi storica e tematica dell'Uno a partire dallo spirito del neoplatonismo,
processo in cui le forme sempre nuove dell'Unit manifestano e ribadiscono il punto di
partenza originario piuttosto che celarlo, Beierwaltes menziona (nella stessa direzione,
ma in senso contrario all'esempio gilsoniano sopra citato) l'idealismo tedesco alle
prese con la lettura di Esodo, 3, 14:
Anche la questione dell'essere, affinata in maniera cos caratteristica nel neoplatonismo,
soprattutto per Schelling va pensata, insieme alla trasformazione cristiana che essa ha
subto, come un elemento determinante della sua teoria filosofica. Ho preso come filo
conduttore di questo processo la storia dell'interpretazione di Esodo, 3, 14, Ego sum qui sum:
l'autorivelazione del Dio fedele alla sua alleanza viene reinterpretata, entro il contesto del
concetto neoplatonico di essere, come un Essere entro s immutabile, che concepisce se
stesso atemporalmente, si compie trinitariamente, e diviene la misura di ogni altro essente.
Fino all'idealismo di Schelling e di Hegel, questo Essere si mostra come una unit che riflette
se stessa e pertanto "adempie" a se stessa -- per Schelling come l'autoaffermazione
dell'Assoluto, per Hegel come il concetto che, dispiegandosi nell'Idea assoluta, si media con
se stesso.[6]
lascia intendere che la collocazione della Lettera al centro del suo cammino di
pensiero non sia meramente cronologica e abbia piuttosto una funzione nevralgica.
Quanto ai Beitrge in particolare, bisogna riconoscere che, sebbene all'epoca della
stesura di Identitt und Differenz di Beierwaltes (fine anni '70) essi non fossero
ancora stati pubblicati come volume 65 della Heideggers Gesamtausgabe, dove hanno
visto la luce solo nel 1989, la loro uscita non ha influito affatto sulla critica
beierwaltesiana. Che nella Lettera sull'umanismo Heidegger, deliberatamente, si
esprima in primis nella lingua della metafisica e, insieme, lasci emergere qui e l dallo
sfondo l'altra lingua, quella con cui il pensatore di Mekirch si azzarda a dire
dell'Ereignis -- che insomma l'essoterica del Brief necessiti strutturalmente del
soccorso dei testi "esoterici"[15] che rispecchiano il nuovo corso avviato nel 1936:[16]
tutto ci, una volta divenuto di pubblico dominio, non comunque valso a modificare
o quantomeno a ricalibrare il giudizio di Beierwaltes, il quale infatti ha licenziato nel
2011 una seconda edizione di Identitt und Differenz testualmente inalterata.[17] Cos
il duplice contesto della Seinsvergessenheit nello Humanismusbrief continua a
rimanere da lui insufficientemente considerato, proprio come trent'anni fa.
C' un passo -- peraltro molto noto -- della Lettera sull'umanismo che illumina in
maniera peculiare uno degli aspetti pi significativi dell'oblio dell'Essere:
Dalla pubblicazione di Sein und Zeit rimasta esclusa la terza sezione della prima parte, Zeit
und Sein. Qui il tutto si capovolge. La sezione in questione rimase esclusa perch il pensare,
interdetto, falliva il dire sufficiente a questa svolta [Kehre], e quindi non ne veniva a capo con
l'aiuto della lingua della metafisica. La conferenza Vom Wesen der Wahrheit, pensata e
comunicata nel 1930 ma stampata solo nel 1943, d una certa idea del pensare della svolta da
Sein und Zeit a Zeit und Sein. Questa svolta non un'alterazione del punto di vista di Sein
und Zeit, ma in essa il pensare l tentato giunge per la prima volta nella localit della
dimensione in base alla quale Sein und Zeit esperito, ed esperito invero nell'esperienza
fondamentale dell'oblio dell'Essere.[18]
eventua come ridestarsi del pensare per soggiornare entro l'Ereignis,[23] voglio
tratteggiare gli aspetti capitali della Seinsvergessenheit heideggeriana in tre momenti.
3.1. La locuzione
a) La Vergessenheit, l'oblio, non per Heidegger un semplice dimenticare, un mero
scordare, come se, per scarso interesse o per trascuratezza, nella mente e nel cuore
fosse venuta meno la presenza di qualcosa; non un'amnesia, quasi si trattasse
dell'assenza attuale dalla memoria di immagini ritenute in essa precedentemente, e
quindi in qualche modo ancora disponibili, riesumabili all'occorrenza dietro impulso
rievocativo interno o esterno. Egli pensa invece l'oblio nel senso greco della lethe:
lethe non un obliare in quanto stato soggettivo e vissuto particolare, bens ascosit
dell'essente, [...] l'accadere oggettivo dello sfuggire e sottrar-si dell'essente, [...] un accadere
destinale che irrompe sugli uomini, -- ma un accadere che coinvolge insieme tutto l'essente:
questo se ne va nell'ascosit, si sottrae, l'essente semplicemente via. [...] lethe indica un
accadere oggettivo che concerne l'uomo nella sua esistenza, che gli sopraggiunge, l'avvolge,
cio l'inserisce nella manifestativit dell'essente. Questo oggettivamente accadente esser-via
dell'essente il fondamento la cui conseguenza che su qualcosa l'uomo non sappia pi
nulla.[24]
Oblio cos il carattere di ci che si nasconde, finch rimane nascosto (nel brano citato
il nascosto l'essente: infatti ci che Heidegger vi descrive una Vergessenheit des
Seienden), e rispetto a cui null'altro potrebbe il sapere umano se non, al limite,
prendere atto del nascondimento, cio sapere di non sapere. Quanto alla
Vergessenheit des Seins, un marginale della Lettera sull'umanismo reca
eloquentemente: Oblio -- Lethe -- nascondimento -- sottrazione -- dispropriazione:
Ereignis.[25]
b) Il Sein in causa nella Seinsvergessenheit -- Heidegger lo ripete spesso -- non
l'essere dell'essente, cio la Seiendheit, l'essentit, bens il Seyn, nella grafia arcaica,
[26] chiamato in pi modi dal filosofo tedesco nelle varie tappe del suo itinerario: Sein
berhaupt in Sein und Zeit; Es selbst nello Humanismusbrief; Ereignis -essotericamente, infine! -- in Identitt und Differenz. all'ascosit originaria del Seyn
che la stessa Seiendheit deve il proprio tratto nascondente. Ed in base al Seyn e al
suo Wesen, al suo essenziare,[27] che dev'essere pensato l'Anwesen, il presenziare, che
Heidegger indica come il significato fondamentale dell'essere dell'essente impostosi
dagli albori del pensare occidentale-europeo fino a oggi, quindi come
l'interpretazione metafisica per eccellenza della essentit. Ecco come si pu esprimere,
con tipico gesto ludoverbale heideggeriano, quello che per lui l'impensato
(l'impensabile) della metafisica: das Anwesende vom Wesen des Seyns her anwest, il
presenziante presenzia a partire dall'essenziare dell'Essere -- cio a partire
dall'Ereignis.
c) Il genitivo des implicato nella Seinsvergessenheit volutamente ambiguo, affinch
in prima battuta ne balzi agli occhi la direzione oggettiva e l'Essere appaia come
l'obliato dal soggetto umano, ma poi il contraccolpo faccia emergere che il rapporto
in realt capovolto, e contiene al suo interno un'articolazione complessa. Un passo
perspicuo che descrive questi arti condensati nel des si trova al 327 del trattato
"esoterico" Das Ereignis.[28] La genitivit non pu non essere pensata qui
heideggerianamente, in primis, come Herkunf, provenienza da Ereignis.
Nietzsche, all'apparenza il pi stravolgente antiplatonico tra i filosofi per via della sua
lotta sistematica contro il mondo ideale, stato di fatto l'ultimo pensatore metafisico
perch, portando a compimento il progetto-guida (Leitentwurf) dell'intera metafisica
-- collocare l'essente, rappresentato nell'elemento universale della sua essentit, entro
l'aperto della presenzialit stabile e permanente -- , ha operato l'estremo irretimento
nella Seinsvergessenheit.[43] Senza quel compimento, tuttavia -- insiste sempre
Heidegger -- , non ci sarebbe stata l'esperienza della gettatezza del progetto
(Geworfenheit des Entwurfs), perci sarebbe rimasto ancora occulto il suo carattere
storico-destinale-comandamentale: L'insieme dei tratti del progetto metafisico
dell'essente riguardo all'essentit [...] diviene comprensibile solo quando quel progetto
viene all'esperienza come storicamente gettato.[44]
Ora, il primo sentiero speculativo europeo-occidentale battuto nella zona della
Geworfenheit des Entwurfs, l dove i pastori abitano invisibili e al di fuori del
deserto della terra devastata,[45] stato Sein und Zeit, e dunque non sar mai per
caso che il testo in cui fa il suo esordio pubblico la locuzione Seinvergessenheit sia lo
stesso (lo Humanismusbrief) in cui ricorrono tanto la parola Kehre, svolta, che
segna l'avvio dell'auto (re) interpretazione del sentiero del '27, quanto la frase
sorprendente der Mensch ist der Hirt des Seins, l'uomo il pastore dell'Essere,[46]
che all'epoca per i lettori divenne ben presto l'emblema del nuovo corso del pensiero e
della scrittura di Heidegger. In una fase ulteriore dell'auto (re) interpretazione si legge
allora:
Il pensare che comincia con Sein und Zeit dunque, da un lato, il destarsi dall'oblio
dell'Essere -- dove destarsi dev'essere inteso come un ricordarsi di qualcosa che non era
ancora stato pensato -- , ma, dall'altro lato, in quanto questo destarsi, non affatto una
cancellazione dell'oblio dell'Essere, bens il porsi dentro esso e uno stanziarvi. Cos il destarsi
dall'oblio dell'Essere per stanziare in esso il ridestarsi nell'Ereignis. Solo nel pensare
all'Essere stesso, all'Ereignis, l'oblio dell'Essere diviene esperibile in quanto tale.[47]
nominativo del plesso non con l'usuale abbandono, ma con un sostantivo che, se
possibile, sia affine alla Verlassenheit speculativamente, etimologicamente e
fonicamente; ecco perch scelgo appunto rilascio, da intendere nell'accezione
fondamentale -- bench non esclusiva -- di messa in libert (dell'essente, che il
rilasciato).[53]
Il rilascio dell'Essere viene inquadrato sul piano teoretico in particolare nei 50-58
dei Beitrge, e cristallinamente riassunto nella ouverture delle cinque righe iniziali
(titolo incluso) del primo di essi: Anklang / der Wesung des Seyns / aus der
Seynsverlassenheit / durch die ntingende Not / der Seynsvergessenheit: Risonanza
/ dell'essenziazione dell'Essere / dal rilascio dell'Essere / attraverso la necessitante
necessit / dell'oblio dell'Essere.[54] Lungo la via errante della Seinsvergessenheit,
riconosciuta infine come necessaria e da ripercorrere nelle sue tappe metafisiche quali
epoche del crescente scadimento della verit, il pensare apprende che il destinocomandamento pi originario del primo principio (erster Anfang) il rilascio
dell'Essere, dal cui fondo principiale ascolta l'essenziare del Seyn/Ereignis stesso -ma questa apprensione, inaugurata con l'esperienza fondamentale di Sein und Zeit,
non si eventuata per iniziativa del pensare (heideggeriano), bens, come verr detto
esplicitamente negli anni '50, grazie al primo incalzante lampeggiamento dell'Ereignis
nel Ge-Stell, in quel Dis-positivo che costituisce l'essenza del mondo tecnico odierno.
[55]
Dall'Ereignis, dunque, come dichiarato nei primi capoversi dei Beitrge, eventua
l'inaudita appartenenza all'Essere con cui il pensare occidentale, dopo la
trasformazione dell'essenza dell'uomo da animal rationale a Da-sein avviata in Sein
und Zeit, entra "ora" nel transito verso l'altro principio (anderer Anfang), l dove il
dire, durante il soggiorno del pensare entro l'Ereignis, tutt'uno con il dicendum,
cio la saga stessa dell'essenziazione dell'Essere.[56] -- L'Ereignis l'unicissimum.
Questo va detto contro ogni tentazione di assimilarlo p. es. allo hen neoplatonico
(come ha fatto inizialmente Beierwaltes) ,[57] o persino all'Unico dell'omonimo inno di
Hlderlin, al quale pure deve molto in termini teoretici.[58] L'Ereignis non n das
Eine n das Einzige, ma das Einzigste,[59] il rarissimo e massimamente straniante,
l'irrappresentabile la cui unicissima unicit (einzigste Einzigkeit) si apre come tale
soltanto "ora", al tempo del dominio del Dis-positivo, nel kairos in cui la accoglie il
pensare che ne viene appellato.
c) Destarsi dall'oblio dell'Essere per ridestarsi nell'Ereignis comporta per il pensare un
compito che, sebbene possa sembrare analogo agli scopi di altre prassi (mistico-)
speculative dell'epoca metafisica, Heidegger ritiene si configuri in maniera inedita:
rilasciarsi al rilascio dell'Essere.[60]
Si tratta senza dubbio di un ri-pensamento della gelazenheit di Meister Eckhart, il
quale viene del resto esplicitamente citato in uno dei due scritti heideggeriani classici
dedicati alla Gelassenheit[61] (la menzione specifica va comunque apprezzata come
messa in guardia dall'influenza negativa esercitata dalla volont sull'instaurazione
della rilasciatezza, non come modello di ermeneusi della mistica eckhartiana).[62] Ed
una riconsiderazione che, in particolare nel dialogo immaginario a tre voci di Zur
Errterung der Gelassenheit, viene svolta secondo una variazione sul tema della
Lichtung, stavolta impersonata dalla Gegnet, contrata (forme arcaiche,
rispettivamente, di Gegend e contrada).
Alla contrata, si evince dal dialogo, pertengono due modalit principiali di essenziare.
Il contrare (das Gegnen), proprio come se non avvenisse nulla (gleich als ob sich
nichts ereigne) ,[63] la modalit che rilascia gli essenti alla contrata (cio a se stessa)
raccogliendoli principialmente nell'aperto del loro coappartenersi, nella quiete della
loro essenza; cos di volta in volta rilasciata (d) alla contrata, a primo principio, la
stessa essenza storica dell'uomo, e a questo rilascio il pensare metafisico ha
corrisposto in varie maniere, inclusa la mistica. La seconda modalit coinvolge invece
l'essenza del pensare e l'essenza delle cose, Denken e Dingen, in alterum principium,
cio nell'epoca postmetafisica, e a sua volta duplice: 1) contratazione (Vergegnis),
in quanto la contrata lascia entro s che la rilasciatezza si desti in quel pensare che a
sua volta aspetta rilassata-mente di lasciarsi immettere nell'aperto della contrata; 2)
cosazione (Bedingnis), cio la contrata condiziona (bedingt) la cose cosizzandole,
lasciandole essere come cose, mentre usufruisce del rilasciarsi a esse da parte del
pensare.
Quest'ultimo contegno del pensare postmetafisico, che viene tematizzato da Heidegger
nel discorso Gelassenheit del 1955, segna la massima distanza dalla mistica
eckhartiana. Il referente immediato della locuzione Gelassenheit zu den Dingen
costituito dalle "cose tecniche":
Possiamo utilizzare gli oggetti tecnici, e tuttavia, in ogni utilizzo conveniente, insieme
mantenercene liberi, in modo da lasciarli andare in qualsiasi momento. Possiamo usare gli
oggetti tecnici nel modo in cui devono essere usati. Ma possiamo insieme lasciare questi
oggetti a se stessi come qualcosa che non ci riguarda intimamente e autenticamente.
Possiamo dire "s" all'utilizzo inevitabile degli oggetti tecnici e, insieme, possiamo dire "no",
impedendo loro di reclamarci in esclusiva e cos di distorcere, confondere e infine devastare
la nostra essenza. [...] Vorrei chiamare questo atteggiamento che dice contemporaneamente
s e no al mondo tecnico con un'antica parola: la rilasciatezza verso le cose.[64]
Questa non scontata duplicit nell'utilizzo dei dispositivi -- rilasciarsi a essi, rilasciarli
a essi stessi -- ha il suo complemento nel rapporto del pensare con le cose entro la
contrata, il quale aspetto trova qui la sua versione onomatica nella Offenheit fr das
Geheimnis: La rilasciatezza verso le cose e l'apertit al mistero si coappartengono [,
...] ci danno lo sguardo su un nuovo terreno in cui radicarci. [...] Non ac-cadono per
caso. Entrambe maturano solo da un pensare impavido e incessante.[65]
Dall'oblio dell'Essere il pensare si desta decidendo di stanziare in esso, disabituandosi
al volere e aspettando che venga ridestata entro s, dalla Lichtung/Gegnet, la
rilasciatezza verso le cose e al misterioso rilasciare del luco dell'Er-/Enteignis.
In sintesi: Seinsvergessenheit, cio oblio della verit dell'Essere, indica secondo
Heidegger l'evento epocale per il destino dell'Occidente con cui l'Essere, lasciando
essere principialmente l'on greco entro l'orizzonte della presenzialit, si insieme
ritirato nel nascondimento e sottratto a qualsiasi tipo di apprensione. Presentito agli
albori del pensare ellenico (Eraclito, B 123 DK), questo oblio-nascondimento stato a
sua volta decisivamente obliato da Platone con la dottrina dell'Idea suprema come
risplendenza sempre presente, e tale rimasto per tutte le epoche successive della
metafisica-filosofia, fino al progetto sistematico di Nietzsche di collocare l'essente
esclusivamente nella luce della sua stabile e permanente presenzialit sensibile. La
prima esperienza della Seinsvergessenheit stata fatta solo nel pensare heideggeriano,
lungo il sentiero chiamato Sein und Zeit, e cos, attraverso la simultanea meditazione
sull'essenza della tecnica odierna, divenuto possibile risalire alla scaturigine prima
dell'oblio e coglierlo come la legge dell'essenziare dispropriante dell'Ereignis.
1931/32, nel corso intitolato Vom Wesen der Wahrheit. Zu Platons Hlengleichnis
und Thetet, Heidegger intraprender ufficialmente la ricostruzione della storia della
metafisica individuandone l'inizio (Beginn) nel gesto platonico di collocare sul trono
cosmico l'Idea del Bene, massimamente risplendente e stabilmente (eternamente)
presente. A quel punto, nella narrazione heideggeriana della storia della metafisica,
l'eternit della Idea delle idee (l'oblio dell'oblio dell'Essere) sostituir totalmente e
definitivamente l'improvvisit metabolica dell'Uno.
Perch questa rimozione (Verdrngung) di to exaiphnes,[83] e dunque dell'intero
dialogo in cui esso compare? Io credo che Heidegger sia stato messo in crisi dalla
prospettiva inaudita che l'exaiphnes stava aprendogli sul pensiero platonico. Ha
presentito il mutamento radicale di paradigma speculativo a cui sarebbe stato
costretto una volta ammesso il primato dell'improvvisit entro lo stesso Sein
berhaupt fin dal tempo di Platone.[84] E ha preferito ripiegare sulla faccia platonica
-- quella esibente l'Idea del Bene, sublimazione della presenzialit -- pi consona al
proprio progetto di destrutturazione dell'ontologia tradizionale (poi evolutosi
nell'istanza "destinale-comandata" del tra-volgimento della metafisica). Cos ha
trionfato la Seinsgeschichte heideggeriana nella forma che conosciamo.
Ma la circostanza singolare relativa al Parmenide di Platone insegna che un'altra
storia senz'altro possibile, un'altra narrazione che promette inoltre di rendere
giustizia alle tendenze henologiche pi autentiche del passato, oggettivamente
penalizzate dall'appiattimento ontoteologico operato da Heidegger. Soprattutto,
insegna che la triade di essere, uno e tempo ancora lontanissima dall'aver esaurito la
sua fecondit speculativa.
6. Riferimenti bibliografici
Vengono elencate solo le opere effettivamente citate. Tutti i brani tratti dagli scritti di
Heidegger sono tradotti da me.
J. Backman, All of a Sudden: Heidegger and Plato's Parmenides, "Epoch", 11/2
(2007), pp. 393-408.
W. Beierwaltes, Identitt und Differenz, Vittorio Klostermann, Frankfurt a. M.
20112 (tr. it.: Identit e differenza, di S. Saini, Vita e Pensiero, Milano 1989).
W. Beierwaltes, Denken des Einen. Studien zur neuplatonischen Philosophie und
ihrer Wirkungsgeschichte, Vittorio Klostermann, Frankfurt a. M. 1985 (tr. it.:
Pensare l'Uno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi,
di M. L. Gatti, Vita e Pensiero, Milano 1991 [19922]).
W. Beierwaltes, Einheit und Identitt als Weg des Denkens, in AA. VV., L'Uno e i
molti, Vita e Pensiero, Milano 1990, pp. 3-24 (tr. it. di N. Scotti: Unit e identit
come cammino del pensiero, ibid. , pp. 25-48).
W. Beierwaltes, EPEKEINA. Eine Anmerkung zu Heideggers Platon-Rezeption,
in: L. Honnefelder -- W. Schussler (hrsg.), Transzendenz. Zu einem Grundwort
der klassischen Metaphysik, Schningh, Paderborn1992, pp. 39-55.
W. Beierwaltes, Heideggers Gelassenheit, in: R. Enskat (hrsg.), Amicus Plato,
magis amica veritas. Festschrift fr Wolfgang Wieland zum 65. Geburtstag,
Walter de Gruyter, Berlin -- New York 1998, pp. 1-35. Ora in Fnoten zu Plato.
W. Beierwaltes, Das wahre Selbst, Vittorio Klostermann, Frankfurt a. M. 2001.
W. Beierwaltes, Funoten zu Plato, Vittorio Klostermann, Frankfurt a. M. 2011.
Vincenzo Cicero. Henologia e oblio dell'Essere. A proposito di una figura speculativa centrale
in Heidegger. Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 13 (2011) [inserito
il 30 dicembre 2011], disponibile su World Wide Web:
<http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [100 KB], ISSN 1128-5478.
Note
1. La parola circolava comunque da un quarto di secolo, il neologismo infatti opera di
tienne Gilson. -- Poich in questa sede mi interessa particolarmente Beierwaltes, non mi
soffermer sulle pur interessanti posizioni di Wyller (per la cui henologia come dialettica
di unit e alterit rimando al suo Einheit/Andersheit-Dialektik) e di altri henologi come
Reiner Schrmann e Jean-Marc Narbonne, se non per qualche fugace accenno passim.
2. Una pre-impronta di questa identificazione va riscontrata in Numenio di Apamea (II sec.
d.C.), l'unico tra i filosofi greci ad aver studiato direttamente Mos, i profeti e la vita di
Ges. Cfr. p.es. i frammenti 1c, 7, 8 e 13 di Numenio (ed. des Places).
3. Gilson, L'tre et l'essence, p. 45. Cfr. tutto il cap. I, dal titolo "L'tre et l'Un".
4. Di Beierwaltes cfr. anche Einheit und Identitt als Weg des Denkens, pubblicato nel 1990
in edizione bilingue nel volume collettaneo L'Uno e i molti.
5. Beierwaltes, Denken des Einen, p. 11.
6. Beierwaltes, Einheit und Identitt, p. 10.
7. Cfr. Beierwaltes, Identitt und Differenz, pp. 131-143. Il brano, che costituisce la seconda
parte del capitolo sul pensiero cusaniano (Identitt und Differenz als Prinzip cusanischen
Denkens), nella traduzione italiana stato collocato in coda al volume, alle pagine 365378, con inserimento del titolo eloquente: "Martin Heidegger. La sua tesi dell''oblio
dell'essere' messa in dubbio dal pensiero neoplatonico".
8. Ibid., p. 132.
9. Cfr. ibid., pp. 138 ss.
10. Qui e pi avanti cito il Brief secondo l'edizione della Gesamtausgabe: Heidegger,
Wegmarken, pp. 313-364. L'Es selbst come risposta alla domanda Was ist das Sein? a p.
331.
11. Di Einsvergessenheit o Vergessenheit des Einen da parte di Heidegger parla Hans Ebeling
in Das andere Gesetz, p. 122, e in Wozu Philosophie?, p. 71. Ebeling, che attribuisce a
questo oblio l'insostenibilit del pensiero heideggeriano, ha dichiarato che il compito del
pensare di pensare l'Uno al di l di ogni manipolazione mitologica, tecnologica o
ontologica, e che quindi l'henologia costituirebbe il compimento della filosofia. La mia
critica a Beierwaltes vale anche per questo giudizio di Ebeling su Heidegger.
12. I testi heideggeriani addotti in nota da Beierwaltes per circoscrivere l'oblio dell'essere
sono esattamente: Einleitung zu "Was ist Metaphysik?" (1949), Der Spruch des
Anaximander (1946, ma pubblicato solo nel 1950 in Holzwege), Zur Seinsfrage (1955),
Die onto-theologische Verfassung der Metaphysik (1957), Zeit und Sein (1962).
13. Heidegger, Brief ber den Humanismus, in Wegmarken, p. 344.
14. Platons Lehre von der Wahrheit. Mit einem Brief ber den Humanismus, A. Francke,
Bern 1947 (19542, 19753); la Lehre occupa le pp. 3-52, il Brief le pp. 53-119. Da notare che
il testo su Platone era gi stato pubblicato durante il periodo bellico, con il medesimo
titolo, in: Geistige berlieferung. Das Zweite Jahrbuch. In Verbindung mit Walter F.
Otto und Karl Reinhardt herausgegeben von Ernesto Grassi, Helmut Kpper Verlag,
Berlin 1942, pp. 96-124.
15. Sotto questa etichetta intendo i cinque trattati composti da Heidegger tra il 1936 e il 1944,
per volont del pensatore rimasti segreti e da pubblicare solo postumi nella
Gesamtausgabe, i quali stanno fra loro in una vicinanza speciale: Beitrge zur
Philosophie (Vom Ereignis) (1936/38), Besinnung (1938/39), ber den Anfang (1941),
Das Ereignis (1941/42), Die Stege des Anfangs (1944, tuttora inedito). Questi scritti,
come dice Friedrich-Wilhelm von Hermann riferendo una comunicazione personale
reale realizza e l'oggettuato sussiste, e tutto mira all'assicurazione della riserva costante
nel segno dell'efficienza, e ogni considerare l'essente e ogni pensare l'Essere viene in
generale annichilito attraverso la completa assenza di pensiero. / L'oblio dell'Essere dalla
sottrazione dell'Essere: che ogni oblio dell'Essere nelle figure precedenti viene
determinato dall'essenziazione della verit e cos la volont di volont inonda tutto. Per
il "rilascio" (Verlassenheit: anche "abbandono") vedi pi avanti.
29. Cfr. Heidegger, Seminar im Zhringen 1973, in Seminare, pp. 373: Che cosa significa
"questione dell'essere"? Vuol dire: questione del senso dell'Essere. [...] Dopo Sein und
Zeit, al posto di "senso" subentra "verit", e 378: Il senso dell'Essere pi tardi viene
chiamato la verit dell'Essere. Cfr. anche Beitrge, 4.
30. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit, part. 7 B, 28, 29, 31, 44, 69c. Per la discussione delle tre
parole e le relative traduzioni italiane cfr. Cicero, Parole fondamentali, pp. 196-217.
31. Nella Lettera si legge p.es., istruttivamente: Das Geschehen der Geschichte west als das
Geschick der Wahrheit des Seins aus diesem, L'accadere della storia essenzia come il
destino della verit dell'Essere [co-mandato] da questo (Brief ber den Humanismus,
cit., p. 335).
32. bene ricordare che, per lo Heidegger posteriore alla Kehre, metafisica e filosofia
coincidono, dunque condividono il medesimo destino. Cfr. Brief ber den
Humanismus, cit., p. 364: Il pensare futuro non pi filosofia, poich esso pensa pi
originariamente della metafisica, nome che indica la stessa cosa. Vedi anche sotto la
nota 37.
33. Cfr. Heidegger, Das Ende der Philosophie, in Zur Sache des Denkens, p. 71: Attraverso
l'intera storia della filosofia il pensare di Platone, in figure diverse, rimane decisivo. La
metafisica platonismo. L'inizio (Beginn) della metafisica non coincide con der erste
Anfang del pensare occidentale, che Heidegger "data" ad Anassimandro (cfr. p.es.
Beitrge zur Philosophie, 119, p. 232). La filosofia platonico-aristotelica pi
precisamente la prima fine del primo principio ( 110, p. 211).
34. Heidegger, Platons Lehre der Wahrheit, in Wegmarken, p. 223. Per la Entbergung -puro neologismo heideggeriano -- come disascondimento cfr. Cicero, Parole
fondamentali, pp. 199-206.
35. Heidegger, Platons Lehre der Wahrheit, cit., p. 230.
36. Cfr. ibid., p. 225: L' idea il trasparente, puro rispendere, nel senso in cui si dice che "il
sole risplende".
37. Cfr. ibid., p. 235: [La sophia esterna alla caverna] caratterizzata dalla pretesa di
stendersi al di l del presenziante prossimo e ottenere sostegno in ci che stabile e si
mostra da s. Questa sophia entro s una predilezione e amicizia (philia) per le "idee"
che garantiscono l'inascoso. La sophia esterna alla caverna philosophia. La lingua dei
Greci conosce gi questa parola prima del tempo di Platone, e la utilizza in generale per
nominare la predilezione per un retto sapersi orientare. Con Platone la parola si impone
come nome per quel sapersi orientare nell'essente che, insieme, determina l'essere
dell'essente come idea. A partire da Platone, il pensare sull'essere dell'essente diviene
"filosofia", perch un guardare in su verso le "idee". Ma la "filosofia", che inizia solo con
Platone, ha da allora in avanti il carattere di ci che pi tardi si chiamer "metafisica".
38. Sul metaforema per eccellenza del pensiero di Heidegger cfr. i passi da me tradotti in
Cicero, Parole fondamentali, pp. 221-230.
39. Die Gegnet: il luogo classico per questa nozione, molto affine alla pi diffusa Lichtung,
Heidegger, Zur Errterung der Gelassenheit, in Aus der Erfahrung des Denkens, pp. 47
ss. Ne parlo pi avanti.
40. La formula risale al saggio di Carnap, berwindung der Metaphysik durch logische
Analyse der Sprache, pubblicato nel 1931 sulla rivista "Erkenntnis".
41. Il nulla stesso nullifica: cfr. ibid., 5, p. 229, dove Carnap cita da Was ist Metaphysik?
di Heidegger (Wegmarken, p. 114).
42. Heidegger, berwindung der Metaphysik, IX, in Vortrge und Aufstze, p. 77.
43. Cfr. ibid., pp. 77-78: Il rovesciamento del platonismo, secondo cui poi per Nietzsche il
sensibile diviene il mondo vero e il sovrasensibile quello non vero, perservera
completamente all'interno della metafisica. [...] C' la parvenza che il "meta", la
trascendenza verso il sovrasensibile, sia accantonato a favore del persistere
nell'elementarit del sensibile, mentre invece si compie solo l'oblio dell'Essere e il
sovrasensibile viene lasciato libero e sollecitato come volont di potenza. Qui non mi
soffermo sull'interpretazione heideggeriana di Nietzsche, perch l'attenzione rivolta
all'inizio della metafisica, non al suo compimento.
44. Heidegger, Nietzsche, II, p. 11.
45. Heidegger, berwindung der Metaphysik, XXVII, cit., p. 96.
46. Heidegger, Brief ber den Humanismus, cit., pp. 331 e 342.
47. Heidegger, Protokoll, cit., pp. 37-38.
48. Il verbo enteignen compare fin dai Beitrge ( 57 e 118, pp. 120 e 231), in seguito
vengono introdotti Enteignung, das Enteignen, fino a Enteignis, impiegata per la prima
volta pubblicamente nella conferenza Zeit und Sein, cit., p. 28.
49. Cfr. Cicero, Parole fondamentali, pp. 203-205.
50. Heidegger, Protokoll, cit., p. 50.
51. Ivi.
52. Nel 14 di Besinnung (p. 57), Heidegger prefigura il futuro lascito dichiarando
l'equivalenza tra Enteignung dell'essente in totale e Seinverlassenheit.
53. Va detto che l'affinit etimologica tra lassen e lasciare attraverso il latino lassus (laxus),
stanco, rilassato, allentato, e il greco ledein, essere stanco, debole; cfr. p.es. Kluge,
s.v. lassen. Ma mi appello alla prassi heideggeriana degli etimemi (cfr. Cicero, Nota del
traduttore, p. xiii) per considerarla traduttivamente pi che plausibile.
54. Heidegger, Beitrge zur Philosophie, 50, p. 107. In realt, alla terza riga del testo
originale si ha Seinsverlassenheit, ma ai 55-56 e 249, in contesto analogo, appare la
versione Seyns-; se ne evince che si tratta di inviti a pensare il genitivo sassone della
locuzione, come pure in Seinsvergessenheit, sempre nel senso "arcaico" anche quando la
grafia tradizionale. Riguardo alle grafie Sein e Seyn nel manoscritto heideggeriano cfr. il
Nachwort di F.-W. von Herrmann ibid., p. 516.
55. Cfr. Heidegger, Der Satz der Identitt, in Identitt und Differenz, p. 47.
56. Per der andere Anfang cfr. Heidegger, Beitrge zur Philosophie, part. 1, 81-82, 85, 8795, 100, 117-119, 137, 173, 259, 267.
57. Cfr. Beierwaltes, Identitt und Differenz, pp. 138 s.: Anche se Plotino e Proclo si
attengono al non-essere -- cio al sopra-essere -- dell'Uno, giacch "essere" viene pensato
come una modalit della Differenza, tuttavia l'Uno stesso o l'Identit pura di essere e
unit come essenza di Dio dovrebbero essere paragonabili, almeno "topologicamente",
con l'Essere (Seyn) heideggeriano. Heidegger, in Zur Seinfrage (Wegmarken, p. 414),
con riferimento al nichilismo definisce la topologia come la localizzazione di quel luogo
che raccoglie essere e nulla nella loro essenza. Beierwaltes applica questa definizione alla
Differenza, spiegando cos in nota la limitazione zumindest "topologisch": In
questione unicamente la collocazione sistematica [Systemstelle] della Differenza:
rispetto a ci, e in questo contesto, sembra relativamente indifferente chiamare il
principio "Essere" oppure "Uno non-essente" (Identitt und Differenz, p. 139, n. 141).
Senonch, l'espressione Systemstelle non si adatta per nulla al pensare heideggeriano, che
dichiaratamente asistematico e antisistematico. -- Pi di recente Beierwaltes ha
molto bene il rapporto tra Gelassenheit zu den Dingen e Offenheit fr das Geheimnis. Un
inquadramento completo di questo rapporto lo si ha nella conferenza heideggeriana Das
Ding del 1950, bench non vi compaia la parola "rilasciatezza".
66. Beierwaltes, Heideggers Gelassenheit, p. 5.
67. Beierwaltes ha elencato i luoghi delle sue critiche a Heidegger in Das wahre Selbst, p. 121,
n. 119.
68. Cfr. il giudizio tranchant in Beierwaltes, EPEKEINA, p. 54, n. 56: L'identificazione di
"platonismo" e "metafisica", che Heidegger opera in vista di una critica della "metafisica"
come essenziale "oblio dell'Essere", o come oblio della "Differenza ontologica", in
contrasto con il suo -- sit venia verbo -- "oblio di Plotino".
69. Super-essere, altro rispetto a ogni altro, nulla di tutto, causa senza causa, assoluto,
trascendenza (ber-seiendes, Anders zu Allem Anderen, Nichts von Allem, ursachlos
Ursache -- grundlos Grund --, Absolutes, Transzendenz): Beierwaltes rielenca tali
determinazioni come controfatti della Seinsvergessenheit in Identitt und Differenz, pp.
136-139.
70. Heidegger, Beitrge, 265, p. 459: Nicht aber ist die Einheit selbst von sich aus eine
ursprngliche Wesensbestimmung des Seins des Seienden. Giova riportare l'intero brano
che accoglie questa tesi (pp. 459 s.): Quella interpretazione greca dell'on he on in quanto
hen, quel primato finora oscuro che nel pensare dell'essere l'uno e l'unit hanno ovunque,
non pu certamente venire dedotto dalla logica e dal ruolo di filo conduttore del logos
come asserzione, poich anzi questo presuppone comunque una determinata
interpretazione dell'on (hypokeimenon). Vista pi profondamente, quella unit soltanto
il proscenio della presenziazione in quanto tale, visto a partire dal rap-presentare
raccogliente (legein), nella quale l'essente si gi appunto raccolto nel suo che-cosa e nel
suo che. La presenzialit pu essere intesa come raccolta e quindi venire concepita come
unit, e cos dev'essere, dato il primato del logos. Non per l'unit stessa di per s una
determinazione essenziale originaria dell'essere dell'essente. I pensatori principiali si
imbattono necessariamente in essa, perch a loro e al loro principio la verit dell'Essere
deve rimanere nascosta e perch, per cogliere in generale l'essere, occorre tenere ferma la
presenziazione come elemento primo e pi prossimo del suo sorgere; da qui lo hen, ma
insieme sempre nel riferimento al molteplice inteso come ci che entra in scena, viene
avanti (diviene) e fuoriesce, va via (presenziando e assenziando entro la presenzialit
stessa: Anassimandro, Eraclito, Parmenide). A partire dall'altro principio, quella
determinazione dell'essere inconcussa e mai messa in questione (l'unit) pu e deve
divenire questionabile, e allora l'unit rinvia al "tempo" (il tempo senzafondo dello
spazio-tempo). Cfr. anche Heidegger, Logos, pp. 224 ss.
71. In Heidegger, comunque, mancano riferimenti alle dottrine non scritte di Platone. Cfr. Le
Moli, Heidegger e Platone, pp. 164 s., n. 58.
72. Narbonne, che cita e commenta il brano del 265 dei Beitrge (Hnologie, ontologie et
Ereignis, pp. 203 ss.), a mio avviso non ha agganciato il piano delle intenzioni teoretiche
esplicite all'orizzonte ermeneutico ultimo (destinato-comandato, sostiene Heidegger) su
cui esse si stagliano. Quando Narbonne dice (p. 206) che il primo principio dei
neoplatonici si emancipa effettivamente dalle figure dell'ousia, della determinazione e
della presenza alle quali la lettura -- o piuttosto la non-lettura -- heideggeriana tende ad
assimilarle, evidente che non tocca in nulla la tesi della Seinsvergessenheit: non
sufficiente (dire di) volersi emancipare da qualcosa perch l'emancipazione avvenga
davvero. Nell'ottica di Heidegger, piuttosto, in primo luogo das Sein, non das Eine, che
deve emanciparsi dall'Anwesen; sullo hen neoplatonico, pur con tutte le sue apparenti
tangenze con l'Ereignis (cfr. p.es. l'elenco di Narbonne, pp. 217 s.), grava la pesante
ipoteca presenziale dell'on. Rispetto a questa situazione, la sottostruttura katholouprotologica nella quale per Narbonne (pp. 224 ss., 246 ss.) la tradizione metafisica
ontoteologica e la concezione neoplatonica si incontrerebbero, dando almeno
parzialmente ragione a Heidegger, mi appare come un aspetto accessorio. -- Sia