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Vincenzo Cicero

Henologia e oblio dell'Essere. A proposito di una


figura speculativa centrale in Heidegger

1. La henologia di Beierwaltes e la sua critica alla Seinsvergessenheit heideggeriana


2. Limiti strutturali di questa critica
3. Analisi del significato dell'oblio dell'Essere nel pensare heideggeriano
4. Anwesen il senso fondamentale dell'on greco?
5. Lo strano oblio heideggeriano dell'exaiphnes
6. Riferimenti bibliografici

Devo confessarle una cosa: la struttura del pensiero platonico mi completamente oscura.
-- Martin Heidegger a Georg Picht, verso la met del 1945 (Antwort, p. 181)

1. La henologia di Beierwaltes e la sua critica alla


Seinsvergessenheit heideggeriana
Dagli anni '70 del secolo scorso, negli studi filosofici europei s' dissodato questo
nuovo territorio disciplinare il cui nome leggermente equivoco, ma che, appena
orecchiato, riscuote facili simpatie. Henologia. Il debutto ufficiale avvenuto nel 1972
sulle colonne dello Historisches Wrterbuch der Philosophie di Joachim Ritter, con
l'articolo Henologie del filosofo norvegese Egil Anders Wyller.[1] La genesi speculativa
della henologia per molto antica, e, attraverso lo snodo essenziale di Plotino, la si
pu far risalire fondatamente al Parmenide di Platone.
Dottrina dell'Uno -- il sapere l'Uno come principio primo, non solo superiore, ma
anche anteriore e indipendente rispetto all'Essere (quindi in tal senso come nonessente): ecco il nocciolo centrale della henologia. In una accezione analoga, il termine
(francesizzato: nologie) appariva gi in L'tre et l'essence di Gilson (1948). La
caratterizzazione gilsoniana era costruita per opposizione a una precisa ontologia, la
cristiana, e nasceva dall'esigenza di contestare in radice l'identificazione dell'Uno-Bene
di Plotino con l'Essere del Dio cristiano (con le iniziali maiuscole apposte
intenzionalmente a fini enfatici), perch essa autorizzerebbe l'illazione di trasformare
l'emanazione plotiniana della molteplicit a partire dall'Uno in una emanazione
cristiana degli esseri a partire dall'Essere.[2] Ora -- scriveva Gilson -- , l'identificazione

del tutto infondata in quanto verte non su due ontologie, bens su une ontologie et,
si l'on peut dire, une nologie, due punti di vista tra loro contraddittori: In una
dottrina dell'Essere, l'inferiore non che in virt dell'essere del superiore. In una
dottrina dell'Uno, al contrario, principio generale che l'inferiore sia solo in virt di
ci che il superiore non .[3] Come caso esemplificativo, Gilson citava il passo delle
Confessioni di Agostino (XI, 5, 7): Quid enim est, nisi quia tu es? , il cui significato
funziona perfettamente proprio perch riferito al Dio dell'Esodo, ma che se indirizzato
all'Uno di Plotino andrebbe piuttosto riformulato cos: Quid enim est, nisi quia tu non
es?
Dagli anni '80 in poi fondamentali contributi storico-filosofici e teoretici alla henologia
sono venuti da Werner Beierwaltes, soprattutto con due opere: Identitt und Differenz
(1980) e Denken des Einen (1985), delle quali Giovanni Reale ha promosso la
traduzione italiana presso Vita e Pensiero.[4]
In Beierwaltes si possono individuare due accezioni di Henologie, una ristretta l'altra
estesa.
Nel primo senso storicamente corretto definire "henologica" solo la filosofia
neoplatonica: Pensare l'Uno il motivo centrale del filosofare neoplatonico, al punto
che il termine "henologia" concerne precisamente l'intenzione fondamentale di questo
filosofare.[5] Da Plotino a Proclo attraverso Porfirio, l'Uno stesso unico motore e
guida di ogni questione che si impone al pensare, il quale, pensando l'Uno stesso, ne
co-pensa le molteplici flessioni, tracce e immagini.
Nel secondo senso, l'accento teoretico si sposta dal rapporto tra l'Uno e il pensare
all'Uno in quanto tale, alla sua assolutezza, al suo configurarsi come principio di tutto,
dando cos luogo alla figura teoretica paradossale per cui l'Uno tutto e, insieme -- in
quanto oltre-essere, non-essere -- , nulla di tutto. L'idea fondamentale di una TuttUnit, sviluppata inizialmente da Plotino (ma sulla scorta di evidenti suggestioni
platoniche), stata ulteriormente e variamente arricchita dai pensatori dell'Occidente,
a partire da Proclo, passando per Dionigi Areopagita, Eriugena, Meister Eckhart,
Cusano, Bruno, Leibniz, Spinoza, fino a Schelling e Hegel.
Secondo quest'ultima accezione, Beierwaltes ha potuto operare programmaticamente
una reinterpretazione dell'intera storia della metafisica alla luce del paradigma
henologico, senza tuttavia irrigidirlo nell'opposizione al paradigma ontologico, anzi,
dimostrando l'essenziale compatibilit dei due. Come esempio pi eclatante della
metamorfosi storica e tematica dell'Uno a partire dallo spirito del neoplatonismo,
processo in cui le forme sempre nuove dell'Unit manifestano e ribadiscono il punto di
partenza originario piuttosto che celarlo, Beierwaltes menziona (nella stessa direzione,
ma in senso contrario all'esempio gilsoniano sopra citato) l'idealismo tedesco alle
prese con la lettura di Esodo, 3, 14:
Anche la questione dell'essere, affinata in maniera cos caratteristica nel neoplatonismo,
soprattutto per Schelling va pensata, insieme alla trasformazione cristiana che essa ha
subto, come un elemento determinante della sua teoria filosofica. Ho preso come filo
conduttore di questo processo la storia dell'interpretazione di Esodo, 3, 14, Ego sum qui sum:
l'autorivelazione del Dio fedele alla sua alleanza viene reinterpretata, entro il contesto del
concetto neoplatonico di essere, come un Essere entro s immutabile, che concepisce se
stesso atemporalmente, si compie trinitariamente, e diviene la misura di ogni altro essente.
Fino all'idealismo di Schelling e di Hegel, questo Essere si mostra come una unit che riflette
se stessa e pertanto "adempie" a se stessa -- per Schelling come l'autoaffermazione

dell'Assoluto, per Hegel come il concetto che, dispiegandosi nell'Idea assoluta, si media con
se stesso.[6]

Nell'idealismo tedesco, henologia neoplatonica e ontologia cristiana avrebbero cos


consumato il loro amplesso finale -- dopo di che sarebbe cominciata una complicata
fase di decantazione antiplatonica, culminata nella teoria critica di Adorno.
Ora, forte della propria dettagliata ricognizione del Geist des Neuplatonismus del
pensiero occidentale, in Identitt und Differenz Beierwaltes accusa Martin Heidegger
di aver avanzato la celebre tesi della Seinsvergessenheit, cio della metafisica nel suo
complesso come epoca dell'oblio dell'Essere, senza aver mai fatto seriamente i conti
con il pensiero del neoplatonismo, da Plotino a Cusano.[7]
Nella esposizione beierwaltesiana, la posizione di Heidegger risulta effettivamente
deficitaria. L'Essere sarebbe stato obliato dal pensiero metafisico -- cio dalla filosofia
occidentale che va da Platone a Nietzsche -- perch la questione fondamentale della
"metafisica" questiona l'essere dell'essente, o l'essente dell'essere, oppure l'essente in
quanto essente (on he on), ma non l'Essere in quanto Essere:[8] riguarda l'Essere
pensato come differente (come essente supremo e pi universale), non come
differenza. L'impensato della metafisica sarebbe dunque l'Essere in quanto differenza,
la differenza in quanto differenza. Senonch -- obietta Beierwaltes[9] -- il principio
neoplatonico non l'Essere, ma l'Uno sovra-essente, la differenza assoluta, cio
proprio quell'Es selbst che Heidegger nel Brief ber den Humanismus[10] rivendica
all'Essere che, per il pensiero a venire, andr considerato eminentemente in maniera
pre- e postmetafisica. Per dirla in altri termini: secondo Beierwaltes, la figura teoretica
heideggeriana dell'oblio metafisico dell'Essere metterebbe piuttosto a nudo l'oblio
dell'Uno neoplatonico da parte dello stesso Heidegger. Il pensatore della
Seinsvergessenheit sarebbe stato in realt vittima inconsapevole, quasi per curioso
contrappasso, di una pregressa Einsvergessenheit.[11]

2. Limiti strutturali di questa critica


Non concordo con questo giudizio di Beierwaltes. La tesi heideggeriana dell'oblio
dell'Essere divenuta di pubblico dominio con l'uscita nel 1947 del Brief ber den
Humanismus, dove l'espressione Seinsvergessenheit ricorre quattro volte. Nella sua
critica, Beierwaltes cita il Brief una sola volta, ma esclusivamente per ricordare la
caratterizzazione del Sein come Es selbst, mentre per la Seinsvergessenheit rinvia ad
altri testi, tutti editi successivamente.[12] Ritengo invece che avrebbe dovuto prestare
maggiore attenzione alla Lettera sull'umanismo e al contesto (speculativo generale,
editoriale speciale) al quale legata.
Certo, per valutare compiutamente la figura teoretica dell'oblio dell'Essere occorre
risalire ben al di qua e al di l della pubblicazione del Brief, e innanzitutto rivolgersi
all'ufficio anagrafe dei Beitrge zur Philosophie, dove si rinviene il certificato di
nascita della locuzione Seinsvergessenheit, per poi tenere presente l'intero itinerario
speculativo heideggeriano da Sein und Zeit a Zeit und Sein. Ma proprio la circostanza
che, per la prima menzione pubblica dell'oblio dell'Essere, Heidegger abbia scelto
questo scritto epistolare (in risposta all'interrogativo di Jean Beaufret: "Comment
redonner un sens au mot 'Humanisme'? ") ,[13] e l'abbia collocato nella seconda parte
di un volume il cui testo principale riguarda la concezione platonica della verit,[14]

lascia intendere che la collocazione della Lettera al centro del suo cammino di
pensiero non sia meramente cronologica e abbia piuttosto una funzione nevralgica.
Quanto ai Beitrge in particolare, bisogna riconoscere che, sebbene all'epoca della
stesura di Identitt und Differenz di Beierwaltes (fine anni '70) essi non fossero
ancora stati pubblicati come volume 65 della Heideggers Gesamtausgabe, dove hanno
visto la luce solo nel 1989, la loro uscita non ha influito affatto sulla critica
beierwaltesiana. Che nella Lettera sull'umanismo Heidegger, deliberatamente, si
esprima in primis nella lingua della metafisica e, insieme, lasci emergere qui e l dallo
sfondo l'altra lingua, quella con cui il pensatore di Mekirch si azzarda a dire
dell'Ereignis -- che insomma l'essoterica del Brief necessiti strutturalmente del
soccorso dei testi "esoterici"[15] che rispecchiano il nuovo corso avviato nel 1936:[16]
tutto ci, una volta divenuto di pubblico dominio, non comunque valso a modificare
o quantomeno a ricalibrare il giudizio di Beierwaltes, il quale infatti ha licenziato nel
2011 una seconda edizione di Identitt und Differenz testualmente inalterata.[17] Cos
il duplice contesto della Seinsvergessenheit nello Humanismusbrief continua a
rimanere da lui insufficientemente considerato, proprio come trent'anni fa.
C' un passo -- peraltro molto noto -- della Lettera sull'umanismo che illumina in
maniera peculiare uno degli aspetti pi significativi dell'oblio dell'Essere:
Dalla pubblicazione di Sein und Zeit rimasta esclusa la terza sezione della prima parte, Zeit
und Sein. Qui il tutto si capovolge. La sezione in questione rimase esclusa perch il pensare,
interdetto, falliva il dire sufficiente a questa svolta [Kehre], e quindi non ne veniva a capo con
l'aiuto della lingua della metafisica. La conferenza Vom Wesen der Wahrheit, pensata e
comunicata nel 1930 ma stampata solo nel 1943, d una certa idea del pensare della svolta da
Sein und Zeit a Zeit und Sein. Questa svolta non un'alterazione del punto di vista di Sein
und Zeit, ma in essa il pensare l tentato giunge per la prima volta nella localit della
dimensione in base alla quale Sein und Zeit esperito, ed esperito invero nell'esperienza
fondamentale dell'oblio dell'Essere.[18]

Il capolavoro del 1927 sarebbe dunque, stando all'autointerpretazione heideggeriana


operata in pubblico un ventennio dopo, il frutto di una esperienza diretta, bench non
ancora completa, della Seinsvergessenheit, un primo destarsi da questo oblio
plurisecolare.[19] Sein und Zeit, se si deve prestar fede alle parole del suo autore
proferite a posteriori (post nazismum), stato un viaggio destinale, al quale seguita
una svolta decisiva per il pensare dell'Occidente.[20] E nel Protokoll zu einem Seminar
ber Zeit und Sein del settembre 1962, che nel complesso una specie di
autointerpretazione heideggeriana alla seconda potenza, viene in certo modo
confermata la funzione centrale della Lettera nella nuova strategia comunicativa
avviata dal pensatore nell'ultimo dopoguerra,[21] quando per lui era ormai
definitivamente tramontata la possibilit di tornare a insegnare all'universit.[22]

3. Analisi del significato dell'oblio dell'Essere nel pensare


heideggeriano
A questo punto, con uno sforzo panoramico che spazia da Sein und Zeit, il quale
esordisce proprio con la denuncia dell'oblio nel quale sarebbe caduta da gran tempo -precisamente dalla filosofia postaristotelica -- la questione del senso dell'Essere ( 1), a
Zeit und Sein, in cui detto a chiare lettere che il destarsi dall'oblio dell'Essere si

eventua come ridestarsi del pensare per soggiornare entro l'Ereignis,[23] voglio
tratteggiare gli aspetti capitali della Seinsvergessenheit heideggeriana in tre momenti.

3.1. La locuzione
a) La Vergessenheit, l'oblio, non per Heidegger un semplice dimenticare, un mero
scordare, come se, per scarso interesse o per trascuratezza, nella mente e nel cuore
fosse venuta meno la presenza di qualcosa; non un'amnesia, quasi si trattasse
dell'assenza attuale dalla memoria di immagini ritenute in essa precedentemente, e
quindi in qualche modo ancora disponibili, riesumabili all'occorrenza dietro impulso
rievocativo interno o esterno. Egli pensa invece l'oblio nel senso greco della lethe:
lethe non un obliare in quanto stato soggettivo e vissuto particolare, bens ascosit
dell'essente, [...] l'accadere oggettivo dello sfuggire e sottrar-si dell'essente, [...] un accadere
destinale che irrompe sugli uomini, -- ma un accadere che coinvolge insieme tutto l'essente:
questo se ne va nell'ascosit, si sottrae, l'essente semplicemente via. [...] lethe indica un
accadere oggettivo che concerne l'uomo nella sua esistenza, che gli sopraggiunge, l'avvolge,
cio l'inserisce nella manifestativit dell'essente. Questo oggettivamente accadente esser-via
dell'essente il fondamento la cui conseguenza che su qualcosa l'uomo non sappia pi
nulla.[24]

Oblio cos il carattere di ci che si nasconde, finch rimane nascosto (nel brano citato
il nascosto l'essente: infatti ci che Heidegger vi descrive una Vergessenheit des
Seienden), e rispetto a cui null'altro potrebbe il sapere umano se non, al limite,
prendere atto del nascondimento, cio sapere di non sapere. Quanto alla
Vergessenheit des Seins, un marginale della Lettera sull'umanismo reca
eloquentemente: Oblio -- Lethe -- nascondimento -- sottrazione -- dispropriazione:
Ereignis.[25]
b) Il Sein in causa nella Seinsvergessenheit -- Heidegger lo ripete spesso -- non
l'essere dell'essente, cio la Seiendheit, l'essentit, bens il Seyn, nella grafia arcaica,
[26] chiamato in pi modi dal filosofo tedesco nelle varie tappe del suo itinerario: Sein
berhaupt in Sein und Zeit; Es selbst nello Humanismusbrief; Ereignis -essotericamente, infine! -- in Identitt und Differenz. all'ascosit originaria del Seyn
che la stessa Seiendheit deve il proprio tratto nascondente. Ed in base al Seyn e al
suo Wesen, al suo essenziare,[27] che dev'essere pensato l'Anwesen, il presenziare, che
Heidegger indica come il significato fondamentale dell'essere dell'essente impostosi
dagli albori del pensare occidentale-europeo fino a oggi, quindi come
l'interpretazione metafisica per eccellenza della essentit. Ecco come si pu esprimere,
con tipico gesto ludoverbale heideggeriano, quello che per lui l'impensato
(l'impensabile) della metafisica: das Anwesende vom Wesen des Seyns her anwest, il
presenziante presenzia a partire dall'essenziare dell'Essere -- cio a partire
dall'Ereignis.
c) Il genitivo des implicato nella Seinsvergessenheit volutamente ambiguo, affinch
in prima battuta ne balzi agli occhi la direzione oggettiva e l'Essere appaia come
l'obliato dal soggetto umano, ma poi il contraccolpo faccia emergere che il rapporto
in realt capovolto, e contiene al suo interno un'articolazione complessa. Un passo
perspicuo che descrive questi arti condensati nel des si trova al 327 del trattato
"esoterico" Das Ereignis.[28] La genitivit non pu non essere pensata qui
heideggerianamente, in primis, come Herkunf, provenienza da Ereignis.

3.2. La storia della metafisica


Il plesso onomatico completo compendiato dalla formula Seinsvergessenheit in
effetti: Vergessenheit der Wahrheit des Seins, oblio della verit dell'Essere -- formula
teoretica con cui si ripropone dopo il 1927 la questione del Sinn von Seins.[29] Ora, fin
da Sein und Zeit la verit richiama per Heidegger immediatamente almeno altre tre
parole, traduzioni di un medesimo Sachverhalt: aletheia, Unverborgenheit
(inascosit), Lichtung (luco).[30] Se non fosse storicamente implausibile, una buona
versione greca della Seinsvergessenheit suonerebbe lethe tes aletheias. Ma il punto
proprio questo: qual la plausibilit "storica" del discorso heideggeriano, dal
momento che il pensatore circoscrive la storia della metafisica facendola cominciare
con Platone e culminare in Nietzsche?
a) Per disporsi in maniera corretta a intendere cosa sia Geschichte, storia, per
Heidegger, bisogna seguire con l'orecchio la consonanza Geschehen-GeschichteGeschick.[31] Storia per lui indisgiungibile da destino; nell'altra lingua ci potrebbe
esprimersi anche cos: ogni accadere autentico, propriamente tale (eigentliches
Geschehen), ogni storicizzare viene eventuato da co-mandamento (Ge-schick) dell'Ereignis. La Geschichte der Metaphysik (e ogni plausibilit o implausibilit storica dal
punto di vista heideggeriano) pu venire compresa solo se integrata in questa
costellazione destinale: la metafisica, come interpretazione dell'Essere (obliato in
quanto tale) a partire dall'essente, non si dunque prodotta nella storia (e come storia
eminente) dei Greci per iniziativa del loro genio filosofico,[32] ma (stata) un destino
inevitabile (perch nascostamente co-mandato dall'Ereignis) dell'intero Occidente.
b) La storia della metafisica comincia con Platone: Heidegger lo afferma decisamente e
ripetutamente dopo averlo "documentato" nella Platons Lehre von der Wahrheit,
pubblicata durante la guerra e poi riedita nel 1947 insieme allo Humanismusbrief.[33]
Anche se l'espressione Seinsvergessenheit non vi compare mai, il tema principale di
questo breve trattato l'inizio della storia dell'oblio della verit dell'Essere -l'accoppiamento editoriale con la Lettera manda in soffitta qualsiasi dubbio. Fino a
Platone, esattamente fino al VII libro della Repubblica in cui viene narrato il mito
della caverna, secondo Heidegger il pensiero greco ha affidato alla parola aletheia la
custodia dell'essenza "estorsiva" della verit come Unverborgenheit:
L'inascoso dev'essere strappato a un'ascosit, dev'esserle in certo senso rapito. Poich per i
Greci l'ascosit, in quanto nascondersi, domina principialmente l'essenza dell'Essere, e
quindi determina anche l'essente nella sua presenzialit e accessibilit ("verit"), ecco che la
parola dei Greci per ci che i Romani chiamano veritas e noi Tedeschi Wahrheit
contrassegnata dall'a privativo (a-letheia). Verit significa principialmente l'estorto a
un'ascosit. Verit dunque estorsione di volta in volta nella modalit del disascondimento.
[34]

L'estorsione disascondente (entbergende Entringung), che lascia intatto il


nascondersi principiale, avvenimento che si fa incontro all'uomo greco preplatonico,
la cui libert consiste essenzialmente nel potersi rivolgere a ci che appare come
l'inascoso di questo disascondimento. Ma nel mito della caverna si compie un
mutamento dell'essenza della verit: l'inascosit, vero, non viene disconosciuta,
mantiene ancora un suo ruolo, e tuttavia il rango preminente viene conquistato da
un'altra essenza della verit: l'Idea del bene, l'Idea suprema, il massimamente e

sempre trasparente, risplendente, evidente, presente. Il dominio nell'essenza


dell'Essere passa dall'ascosit all'evidenza massima e stabilmente presente come
risplendente:
Il "mito della caverna" [...] si fonda sul processo non detto per cui l'idea diviene signora
dell'aletheia. [...] Se ovunque, in ogni comportamento verso l'essente, ci che importa
l'idein dell'idea, il guardare l'evidenza, allora ogni sforzo deve anzitutto concentrarsi per
rendere possibile un tale vedere. Per ci necessario il guardare diretto. [...] Tutto dipende
dalla orthotes, la correttezza del guardare. [...] Verit diviene orthotes, la correttezza
dell'apprensione e dell'asserzione.[35]

Determinando l'Essere come idea, Platone ha lasciato che nell'apprensione del


sovrasensibile (dell'invisibile) prendesse il sopravvento un tratto eminente del visibile,
la risplendenza del sole come immagine per l'Idea di tutte le idee.[36] Decisivo in
questa mutazione d'essenza anche il correlativo mutamento dell'atteggiamento
dell'uomo, la cui libert, precedentemente commisurata al disascondimento
dell'essente, si trasforma "platonicamente" in capacit di guardare in modo corretto
ci che, mai nascondendosi, il sommamente evidente; per cui l' aletheia dipende
ormai dalla correttezza dell'occhio solare, dello sguardo "soggettivo" dell'uomo. Incipit
philosophia (i. e. oblivio veritatis essendi) -- la chiosa di Heidegger.[37]

3.3. Nel contesto dell'Ereignis-pensiero


Da Platone a Nietzsche, varie figure metafisiche e fasi (onto) storiche, ma un unico
destino-comando, da un unico Mandante: l'Ereignis.[38] L'oblio della verit dell'Essere
uno dei capitoli della saga heideggeriana dell'Ereignis, nell'arcaica -- ma sempre
ventura -- contrata del quale[39] esso va quindi incontrato per venire colto e valutato
nella sua compiutezza.
a) La Seinsvergessenheit ha uno speciale legame diretto con l'interpretazione
"travolgente" che Heidegger ha fornito della celebre espressione carnapiana
berwindung der Metaphysik.[40] Se infatti per Carnap l'analisi logico-linguistica era
perfettamente in grado di superare (berwinden) la metafisica, di lasciarsela
cognitivamente alle spalle mettendo a nudo la vacuit conoscitiva delle sue
proposizioni -- la cui quintessenza era da lui additata nelle formule del tipo
heideggeriano das Nichts selbst nichtet[41] -- , invece il pensatore di Mekirch intende
quel superamento come ber-windung, tra-volgimento: non un volgersi oltre, bens
un ri-volgersi all'intera storia della metafisica attraversandola; e declina tale rivolgersi
abbinandolo alla Verwindung des Seins, cio all'involgimento dell'Essere in quanto
Essere rimesso infine dal suo oblio, rimemorato. La metafisica non va oltrepassata,
non pu esserlo, pu solo venire riattraversata, ripensata nelle sue diverse epoche, e
cos, ripresa nel ricordo dell'Essere, condotta entro il luco dell'Ereignis. In uno dei
testi meno essoterici pubblicati in vita, Heidegger dice:
Il tra-volgimento della metafisica viene pensato ontostoricamente. Esso il segno precursore
dell'involgimento principiale dell'oblio dell'Essere. Anteriore, sebbene anche pi nascosto del
pre-segno, ci che si mostra in esso. Questo l'Ereignis stesso. [...] Il tra-volgimento la
tra-duzione della metafisica nella sua verit.[42]

Nietzsche, all'apparenza il pi stravolgente antiplatonico tra i filosofi per via della sua
lotta sistematica contro il mondo ideale, stato di fatto l'ultimo pensatore metafisico
perch, portando a compimento il progetto-guida (Leitentwurf) dell'intera metafisica
-- collocare l'essente, rappresentato nell'elemento universale della sua essentit, entro
l'aperto della presenzialit stabile e permanente -- , ha operato l'estremo irretimento
nella Seinsvergessenheit.[43] Senza quel compimento, tuttavia -- insiste sempre
Heidegger -- , non ci sarebbe stata l'esperienza della gettatezza del progetto
(Geworfenheit des Entwurfs), perci sarebbe rimasto ancora occulto il suo carattere
storico-destinale-comandamentale: L'insieme dei tratti del progetto metafisico
dell'essente riguardo all'essentit [...] diviene comprensibile solo quando quel progetto
viene all'esperienza come storicamente gettato.[44]
Ora, il primo sentiero speculativo europeo-occidentale battuto nella zona della
Geworfenheit des Entwurfs, l dove i pastori abitano invisibili e al di fuori del
deserto della terra devastata,[45] stato Sein und Zeit, e dunque non sar mai per
caso che il testo in cui fa il suo esordio pubblico la locuzione Seinvergessenheit sia lo
stesso (lo Humanismusbrief) in cui ricorrono tanto la parola Kehre, svolta, che
segna l'avvio dell'auto (re) interpretazione del sentiero del '27, quanto la frase
sorprendente der Mensch ist der Hirt des Seins, l'uomo il pastore dell'Essere,[46]
che all'epoca per i lettori divenne ben presto l'emblema del nuovo corso del pensiero e
della scrittura di Heidegger. In una fase ulteriore dell'auto (re) interpretazione si legge
allora:
Il pensare che comincia con Sein und Zeit dunque, da un lato, il destarsi dall'oblio
dell'Essere -- dove destarsi dev'essere inteso come un ricordarsi di qualcosa che non era
ancora stato pensato -- , ma, dall'altro lato, in quanto questo destarsi, non affatto una
cancellazione dell'oblio dell'Essere, bens il porsi dentro esso e uno stanziarvi. Cos il destarsi
dall'oblio dell'Essere per stanziare in esso il ridestarsi nell'Ereignis. Solo nel pensare
all'Essere stesso, all'Ereignis, l'oblio dell'Essere diviene esperibile in quanto tale.[47]

b) Se la Seinsvergessenheit, per Heidegger, si lascia pensare propriamente soltanto


nella prospettiva dell'Ereignis, perch a questo, nell'intimo, pertiene l'Enteignis, il
dispropriamento.[48] In tal senso l'eventuazione-propriazione da parte dell'Ereignis
risulta ad-propriante, ossia donante a ogni essente la sua propria essentit, e sempre
insieme dis-propriante, cio -- secondo una direzione semantica intensiva del prefisso
"dis-" assai apprezzata da Heidegger[49] -- riparante, recondente, nascondente la
provenienza dell'essenza propria dell'essente.
Un'espressione usata nel Protokoll del 1962 mi sembra molto efficace a comunicare
l'ambiguit essenziale dell'Ereignis/Enteignis: die Zuwendung im Entzug, la
devoluzione nel sottrarsi.[50] L'Ereignis, il cui co-mandante essenziare Heidegger
invita a pensare "tautologicamente" come ereignishaft, approprieventuante, devolve
essentit e, insieme, sottrae il proprio essenziare (quindi nascondendo-recondendo
essenza dell'essente). Nel dis-propriamento la scaturigine prima dell'oblio
dell'Essere: L'Ereignis entro esso stesso Enteignis, dispropriamento, parola nella
quale accolta eventuatamente la greco-arcaica lethe nel senso del nascondere.[51]
Questa parola va considerata l'erede speculativa di un plesso onomatico su cui
Heidegger ha insistito "esotericamente" soprattutto nel decennio 1936-46, consonante
non per accidente con la Seinsvergessenheit: Seinsverlassenheit, rilascio
dell'Essere.[52] Il suono essenziale del Lassen induce a rendere in italiano il

nominativo del plesso non con l'usuale abbandono, ma con un sostantivo che, se
possibile, sia affine alla Verlassenheit speculativamente, etimologicamente e
fonicamente; ecco perch scelgo appunto rilascio, da intendere nell'accezione
fondamentale -- bench non esclusiva -- di messa in libert (dell'essente, che il
rilasciato).[53]
Il rilascio dell'Essere viene inquadrato sul piano teoretico in particolare nei 50-58
dei Beitrge, e cristallinamente riassunto nella ouverture delle cinque righe iniziali
(titolo incluso) del primo di essi: Anklang / der Wesung des Seyns / aus der
Seynsverlassenheit / durch die ntingende Not / der Seynsvergessenheit: Risonanza
/ dell'essenziazione dell'Essere / dal rilascio dell'Essere / attraverso la necessitante
necessit / dell'oblio dell'Essere.[54] Lungo la via errante della Seinsvergessenheit,
riconosciuta infine come necessaria e da ripercorrere nelle sue tappe metafisiche quali
epoche del crescente scadimento della verit, il pensare apprende che il destinocomandamento pi originario del primo principio (erster Anfang) il rilascio
dell'Essere, dal cui fondo principiale ascolta l'essenziare del Seyn/Ereignis stesso -ma questa apprensione, inaugurata con l'esperienza fondamentale di Sein und Zeit,
non si eventuata per iniziativa del pensare (heideggeriano), bens, come verr detto
esplicitamente negli anni '50, grazie al primo incalzante lampeggiamento dell'Ereignis
nel Ge-Stell, in quel Dis-positivo che costituisce l'essenza del mondo tecnico odierno.
[55]

Dall'Ereignis, dunque, come dichiarato nei primi capoversi dei Beitrge, eventua
l'inaudita appartenenza all'Essere con cui il pensare occidentale, dopo la
trasformazione dell'essenza dell'uomo da animal rationale a Da-sein avviata in Sein
und Zeit, entra "ora" nel transito verso l'altro principio (anderer Anfang), l dove il
dire, durante il soggiorno del pensare entro l'Ereignis, tutt'uno con il dicendum,
cio la saga stessa dell'essenziazione dell'Essere.[56] -- L'Ereignis l'unicissimum.
Questo va detto contro ogni tentazione di assimilarlo p. es. allo hen neoplatonico
(come ha fatto inizialmente Beierwaltes) ,[57] o persino all'Unico dell'omonimo inno di
Hlderlin, al quale pure deve molto in termini teoretici.[58] L'Ereignis non n das
Eine n das Einzige, ma das Einzigste,[59] il rarissimo e massimamente straniante,
l'irrappresentabile la cui unicissima unicit (einzigste Einzigkeit) si apre come tale
soltanto "ora", al tempo del dominio del Dis-positivo, nel kairos in cui la accoglie il
pensare che ne viene appellato.
c) Destarsi dall'oblio dell'Essere per ridestarsi nell'Ereignis comporta per il pensare un
compito che, sebbene possa sembrare analogo agli scopi di altre prassi (mistico-)
speculative dell'epoca metafisica, Heidegger ritiene si configuri in maniera inedita:
rilasciarsi al rilascio dell'Essere.[60]
Si tratta senza dubbio di un ri-pensamento della gelazenheit di Meister Eckhart, il
quale viene del resto esplicitamente citato in uno dei due scritti heideggeriani classici
dedicati alla Gelassenheit[61] (la menzione specifica va comunque apprezzata come
messa in guardia dall'influenza negativa esercitata dalla volont sull'instaurazione
della rilasciatezza, non come modello di ermeneusi della mistica eckhartiana).[62] Ed
una riconsiderazione che, in particolare nel dialogo immaginario a tre voci di Zur
Errterung der Gelassenheit, viene svolta secondo una variazione sul tema della
Lichtung, stavolta impersonata dalla Gegnet, contrata (forme arcaiche,
rispettivamente, di Gegend e contrada).
Alla contrata, si evince dal dialogo, pertengono due modalit principiali di essenziare.
Il contrare (das Gegnen), proprio come se non avvenisse nulla (gleich als ob sich

nichts ereigne) ,[63] la modalit che rilascia gli essenti alla contrata (cio a se stessa)
raccogliendoli principialmente nell'aperto del loro coappartenersi, nella quiete della
loro essenza; cos di volta in volta rilasciata (d) alla contrata, a primo principio, la
stessa essenza storica dell'uomo, e a questo rilascio il pensare metafisico ha
corrisposto in varie maniere, inclusa la mistica. La seconda modalit coinvolge invece
l'essenza del pensare e l'essenza delle cose, Denken e Dingen, in alterum principium,
cio nell'epoca postmetafisica, e a sua volta duplice: 1) contratazione (Vergegnis),
in quanto la contrata lascia entro s che la rilasciatezza si desti in quel pensare che a
sua volta aspetta rilassata-mente di lasciarsi immettere nell'aperto della contrata; 2)
cosazione (Bedingnis), cio la contrata condiziona (bedingt) la cose cosizzandole,
lasciandole essere come cose, mentre usufruisce del rilasciarsi a esse da parte del
pensare.
Quest'ultimo contegno del pensare postmetafisico, che viene tematizzato da Heidegger
nel discorso Gelassenheit del 1955, segna la massima distanza dalla mistica
eckhartiana. Il referente immediato della locuzione Gelassenheit zu den Dingen
costituito dalle "cose tecniche":
Possiamo utilizzare gli oggetti tecnici, e tuttavia, in ogni utilizzo conveniente, insieme
mantenercene liberi, in modo da lasciarli andare in qualsiasi momento. Possiamo usare gli
oggetti tecnici nel modo in cui devono essere usati. Ma possiamo insieme lasciare questi
oggetti a se stessi come qualcosa che non ci riguarda intimamente e autenticamente.
Possiamo dire "s" all'utilizzo inevitabile degli oggetti tecnici e, insieme, possiamo dire "no",
impedendo loro di reclamarci in esclusiva e cos di distorcere, confondere e infine devastare
la nostra essenza. [...] Vorrei chiamare questo atteggiamento che dice contemporaneamente
s e no al mondo tecnico con un'antica parola: la rilasciatezza verso le cose.[64]

Questa non scontata duplicit nell'utilizzo dei dispositivi -- rilasciarsi a essi, rilasciarli
a essi stessi -- ha il suo complemento nel rapporto del pensare con le cose entro la
contrata, il quale aspetto trova qui la sua versione onomatica nella Offenheit fr das
Geheimnis: La rilasciatezza verso le cose e l'apertit al mistero si coappartengono [,
...] ci danno lo sguardo su un nuovo terreno in cui radicarci. [...] Non ac-cadono per
caso. Entrambe maturano solo da un pensare impavido e incessante.[65]
Dall'oblio dell'Essere il pensare si desta decidendo di stanziare in esso, disabituandosi
al volere e aspettando che venga ridestata entro s, dalla Lichtung/Gegnet, la
rilasciatezza verso le cose e al misterioso rilasciare del luco dell'Er-/Enteignis.
In sintesi: Seinsvergessenheit, cio oblio della verit dell'Essere, indica secondo
Heidegger l'evento epocale per il destino dell'Occidente con cui l'Essere, lasciando
essere principialmente l'on greco entro l'orizzonte della presenzialit, si insieme
ritirato nel nascondimento e sottratto a qualsiasi tipo di apprensione. Presentito agli
albori del pensare ellenico (Eraclito, B 123 DK), questo oblio-nascondimento stato a
sua volta decisivamente obliato da Platone con la dottrina dell'Idea suprema come
risplendenza sempre presente, e tale rimasto per tutte le epoche successive della
metafisica-filosofia, fino al progetto sistematico di Nietzsche di collocare l'essente
esclusivamente nella luce della sua stabile e permanente presenzialit sensibile. La
prima esperienza della Seinsvergessenheit stata fatta solo nel pensare heideggeriano,
lungo il sentiero chiamato Sein und Zeit, e cos, attraverso la simultanea meditazione
sull'essenza della tecnica odierna, divenuto possibile risalire alla scaturigine prima
dell'oblio e coglierlo come la legge dell'essenziare dispropriante dell'Ereignis.

4. Anwesen il senso fondamentale dell'on greco?


Beierwaltes ben informato di questa costruzione speculativa, ne conosce la cornice
generale e ne padroneggia diversi aspetti specifici. Ha definito, non senza qualche
ragione, "nuova mitologia" poetata da Heidegger il contenuto dei Beitrge,[66] e
dagli anni '70 ha ripetuto in pi occasioni, in relazione a momenti henologici
differenti, le sue critiche alla figura teoretica della Seinsvergessenheit e alla connessa
Destruktion/Verwindung der Metaphysik.[67]
Eppure, i tre testi di Heidegger imprescindibili per qualsiasi valutazione teoretica della
Seinsvergessenheit (Beitrge zur Philosophie, Platons Lehre der Wahrheit e Brief
ber den Humanismus), e sui quali si regge pure in gran parte la rapida
ricostruzione dei tratti capitali dell'oblio dell'Essere che ho proposto nel paragrafo
precedente, non sono stati letti da Beierwaltes nella loro solidariet e reciproca
illuminazione. Non sorprende allora pi di tanto che fin qui i suoi rilievi non abbiano
neanche sfiorato il cuore del pensare heideggeriano, ma si siano limitati a segnalarne
certe implausibilit o lacune stori (ografi) co-filosofiche, specie riguardo a Plotino.[68]
A tutte le critiche di questo tipo Heidegger avrebbe agevolmente ribattuto che la sua
tesi sulla Seinsvergessenheit non n di ordine storiografico (historisch), bens
storico-destinale (geschichtlich-geschicklich), n filosofica, bens postfilosofica e ripensativa (an-denkend). In ogni caso, la Auseinandersetzung con un pensatore come
lui, a proposito delle sue argomentazioni teoretiche, non pu non essere innanzitutto
teoretica. Ci vuol dire p. es. che, con riguardo all'oblio dell'essere e alla storia della
metafisica heideggerianamente intesa, scorretto rivendicare un carattere falsificante
alle determinazioni neoplatoniche dell'Uno (hyperousion, heteron panton, ouden ton
panton, anaitios aition, apoluton, epekeina) ,[69] prima di confutare la tesi seguente:
Non per l'unit stessa, di per s, una determinazione essenziale originaria
dell'essere dell'essente.[70]
Il punto dirimente proprio questo, e nessuna inesattezza storiografica o filologica lo
potr mai relegare in secondo piano, n tantomeno trascurare: Se Heidegger ha colto
nel segno indicando il senso fondamentale dell'on greco nell'Anwesen, nel presenziare,
allora la sua interpretazione della metafisica come platonismo resta problematica per
niente affatto implausibile, e la tesi dell'oblio della verit dell'Essere non potr mai
venire messa in crisi a partire da determinazioni dello hen -- si tratti dell'Uno degli
agrapha dogmata platonici[71] o di quello neoplatonico -- , ma solo dimostrando che
in qualche esperienza speculativa della filosofia occidentale l'essere stato pensato
entro una ampiezza pi comprensiva dell'orizzonte stesso della presenzialit. D'altra
parte, se si mostrasse gi a monte, all'interno di una prospettiva teoretica analoga a
quella heideggeriana, che lo hen ellenico non der Vordergrund der Anwesung, il
proscenio della presenziazione, ma risulta come una determinazione cooriginaria
all'on o addirittura ancora pi originaria, cos da costituire piuttosto il retroscena
(Hintergrund) di ogni presenziare, allora diverse argomentazioni heideggeriane
finirebbero con il rivelarsi insostenibili non sul piano meramente storiografico, ma
teoretico.
Nel vaglio di queste ipotesi ne va di ogni henologia, la quale infatti deve sempre
misurarsi con la eventualit che la propria meditazione, nonostante la intesa e
dichiarata superiorit, anteriorit e autonomia dell'Uno rispetto all'Essere, dipenda
da una preinterpretazione dell'Essere tanto pi pervasiva e cogente quanto meno
sospettata e riconosciuta -- come, secondo Heidegger, appunto il caso del Sein als

Anwesenheit che, nel pensare metafisico, impregna tutte le determinazioni sia


discorsive sia concettuali.[72] sicuro p. es. che la differenza henologica, la quale
secondo Wyller separa in maniera assoluta l'Uno indicibile dall'intero ambito
dell'alterit (essere e conoscere) ,[73] non sia enunciabile esclusivamente sulla base
dell'indiscusso riferimento dell'essere alla presenzialit? Oggi la questione prioritaria
della henologia non pu consistere nella pensabilit della hyperousia dell'Uno, perch
cos essa si condannerebbe -- nonostante le dichiarazioni di principio[74] -- a venire
condizionata da una struttura onto-parusio-logica "occulta"; se invece non vuole
sfuggire alla provocazione heideggeriana, la henologia deve innanzitutto ripensare
l'Essere in quanto tale ed esplorarne l'effettiva emancipabilit dall'orizzonte della
Anwesenheit, per poi riconsiderare l'Uno alla luce delle risultanze di questa
esplorazione e farne emergere la primalit.

5. Lo strano oblio heideggeriano dell'exaiphnes


Resta nondimeno inesplicata, tanto da rasentare il mistero, una circostanza singolare
che si colloca nello snodo decisivo della tesi della Seinsvergessenheit, e che, se
adeguatamente elucidata, potrebbe rendere ampio conto dell'atteggiamento
heideggeriano verso lo henologico. Poich la piena comprensione speculativa di tale
circostanza presuppone un ripensamento dell'essere-inquanto-essere, che non in
questione in questa sede, qui posso solo descriverla rapidamente e azzardare un
brandello di ipotesi, per rinviarne la tematizzazione a un momento a venire.
Nel semestre invernale 1930/31 e nel semestre estivo 1931, Heidegger tenne
all'Universit di Freiburg un seminario dal titolo Platons Parmenides. Di queste
esercitazioni per studenti avanzati ci pervenuta una trascrizione di appunti in 24
pagine, oggi consultabile allo Herbert-Marcuse-Archiv presso la biblioteca
universitaria di Frankfurt a. M.; non ne prevista la pubblicazione nella Heideggers
Gesamtausgabe.[75] A proposito del famoso brano del Parmenide platonico in cui
l'Uno-essente viene riesaminato rispetto al tempo e messo in relazione alla strana
natura dell'exaiphnes (155 e -- 157 b), Heidegger commenta: Il terzo brano del
Parmenide[76] il punto pi profondo fino a cui sia mai avanzata la metafisica
occidentale. l'avanzamento pi radicale nella questione di essere e tempo -- un
avanzamento che in seguito non stato recepito [aufgefangen], ma solo intercettato
[abgefangen] (da Aristotele) .[77] Il progresso stato possibile grazie al ruolo giocato
nel dialogo da to exaiphnes, l'attimo improvviso[78] in cui solo pu avvenire il
mutamento (metabole) dell'Uno, e che risulta il perfetto mediatore tra movimento e
quiete. Heidegger: Quanto all'exaiphnes, noi diciamo che esso il tempo stesso.
Tempo non eternit, ma piuttosto l'attimo [Augenblick] .[79]
Nessuno sa come mai su questo asserito apice della metafisica occidentale si sia poi
abbattuta una damnatio memoriae tombale. Nei corsi e negli scritti che hanno visto
finora la luce nella Gesamtausgabe, non soltanto non si trovano pi valutazioni
analoghe sul Parmenide platonico, ma lo stesso dialogo viene menzionato
rarissimamente e in generale.[80] Nel corso del semestre invernale 1942/43 su
Parmenide, Heidegger citer en passant l'exaiphnes nella forma avverbiale, e ne
abbozzer una ascendenza etimologica, per del significato temporale riconosciuto un
decennio prima non ci sar pi traccia.[81] Insomma, dopo quello sprazzo improvviso
accolto in un seminario tenuto su due semestri consecutivi, le tenebre e l'oblio hanno
inghiottito l'ermeneusi heideggeriana del dialogo di Platone che ha maggiormente
influenzato la riflessione neoplatonica sull'Uno.[82] -- Con il semestre invernale

1931/32, nel corso intitolato Vom Wesen der Wahrheit. Zu Platons Hlengleichnis
und Thetet, Heidegger intraprender ufficialmente la ricostruzione della storia della
metafisica individuandone l'inizio (Beginn) nel gesto platonico di collocare sul trono
cosmico l'Idea del Bene, massimamente risplendente e stabilmente (eternamente)
presente. A quel punto, nella narrazione heideggeriana della storia della metafisica,
l'eternit della Idea delle idee (l'oblio dell'oblio dell'Essere) sostituir totalmente e
definitivamente l'improvvisit metabolica dell'Uno.
Perch questa rimozione (Verdrngung) di to exaiphnes,[83] e dunque dell'intero
dialogo in cui esso compare? Io credo che Heidegger sia stato messo in crisi dalla
prospettiva inaudita che l'exaiphnes stava aprendogli sul pensiero platonico. Ha
presentito il mutamento radicale di paradigma speculativo a cui sarebbe stato
costretto una volta ammesso il primato dell'improvvisit entro lo stesso Sein
berhaupt fin dal tempo di Platone.[84] E ha preferito ripiegare sulla faccia platonica
-- quella esibente l'Idea del Bene, sublimazione della presenzialit -- pi consona al
proprio progetto di destrutturazione dell'ontologia tradizionale (poi evolutosi
nell'istanza "destinale-comandata" del tra-volgimento della metafisica). Cos ha
trionfato la Seinsgeschichte heideggeriana nella forma che conosciamo.
Ma la circostanza singolare relativa al Parmenide di Platone insegna che un'altra
storia senz'altro possibile, un'altra narrazione che promette inoltre di rendere
giustizia alle tendenze henologiche pi autentiche del passato, oggettivamente
penalizzate dall'appiattimento ontoteologico operato da Heidegger. Soprattutto,
insegna che la triade di essere, uno e tempo ancora lontanissima dall'aver esaurito la
sua fecondit speculativa.

6. Riferimenti bibliografici
Vengono elencate solo le opere effettivamente citate. Tutti i brani tratti dagli scritti di
Heidegger sono tradotti da me.
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Copyright 2011 Vincenzo Cicero

Vincenzo Cicero. Henologia e oblio dell'Essere. A proposito di una figura speculativa centrale
in Heidegger. Dialegesthai. Rivista telematica di filosofia [in linea], anno 13 (2011) [inserito
il 30 dicembre 2011], disponibile su World Wide Web:
<http://mondodomani.org/dialegesthai/>, [100 KB], ISSN 1128-5478.

Note
1. La parola circolava comunque da un quarto di secolo, il neologismo infatti opera di
tienne Gilson. -- Poich in questa sede mi interessa particolarmente Beierwaltes, non mi
soffermer sulle pur interessanti posizioni di Wyller (per la cui henologia come dialettica
di unit e alterit rimando al suo Einheit/Andersheit-Dialektik) e di altri henologi come
Reiner Schrmann e Jean-Marc Narbonne, se non per qualche fugace accenno passim.
2. Una pre-impronta di questa identificazione va riscontrata in Numenio di Apamea (II sec.
d.C.), l'unico tra i filosofi greci ad aver studiato direttamente Mos, i profeti e la vita di
Ges. Cfr. p.es. i frammenti 1c, 7, 8 e 13 di Numenio (ed. des Places).
3. Gilson, L'tre et l'essence, p. 45. Cfr. tutto il cap. I, dal titolo "L'tre et l'Un".
4. Di Beierwaltes cfr. anche Einheit und Identitt als Weg des Denkens, pubblicato nel 1990
in edizione bilingue nel volume collettaneo L'Uno e i molti.
5. Beierwaltes, Denken des Einen, p. 11.
6. Beierwaltes, Einheit und Identitt, p. 10.
7. Cfr. Beierwaltes, Identitt und Differenz, pp. 131-143. Il brano, che costituisce la seconda
parte del capitolo sul pensiero cusaniano (Identitt und Differenz als Prinzip cusanischen
Denkens), nella traduzione italiana stato collocato in coda al volume, alle pagine 365378, con inserimento del titolo eloquente: "Martin Heidegger. La sua tesi dell''oblio
dell'essere' messa in dubbio dal pensiero neoplatonico".
8. Ibid., p. 132.
9. Cfr. ibid., pp. 138 ss.
10. Qui e pi avanti cito il Brief secondo l'edizione della Gesamtausgabe: Heidegger,
Wegmarken, pp. 313-364. L'Es selbst come risposta alla domanda Was ist das Sein? a p.
331.
11. Di Einsvergessenheit o Vergessenheit des Einen da parte di Heidegger parla Hans Ebeling
in Das andere Gesetz, p. 122, e in Wozu Philosophie?, p. 71. Ebeling, che attribuisce a
questo oblio l'insostenibilit del pensiero heideggeriano, ha dichiarato che il compito del
pensare di pensare l'Uno al di l di ogni manipolazione mitologica, tecnologica o
ontologica, e che quindi l'henologia costituirebbe il compimento della filosofia. La mia
critica a Beierwaltes vale anche per questo giudizio di Ebeling su Heidegger.
12. I testi heideggeriani addotti in nota da Beierwaltes per circoscrivere l'oblio dell'essere
sono esattamente: Einleitung zu "Was ist Metaphysik?" (1949), Der Spruch des
Anaximander (1946, ma pubblicato solo nel 1950 in Holzwege), Zur Seinsfrage (1955),
Die onto-theologische Verfassung der Metaphysik (1957), Zeit und Sein (1962).
13. Heidegger, Brief ber den Humanismus, in Wegmarken, p. 344.
14. Platons Lehre von der Wahrheit. Mit einem Brief ber den Humanismus, A. Francke,
Bern 1947 (19542, 19753); la Lehre occupa le pp. 3-52, il Brief le pp. 53-119. Da notare che
il testo su Platone era gi stato pubblicato durante il periodo bellico, con il medesimo
titolo, in: Geistige berlieferung. Das Zweite Jahrbuch. In Verbindung mit Walter F.
Otto und Karl Reinhardt herausgegeben von Ernesto Grassi, Helmut Kpper Verlag,
Berlin 1942, pp. 96-124.
15. Sotto questa etichetta intendo i cinque trattati composti da Heidegger tra il 1936 e il 1944,
per volont del pensatore rimasti segreti e da pubblicare solo postumi nella
Gesamtausgabe, i quali stanno fra loro in una vicinanza speciale: Beitrge zur
Philosophie (Vom Ereignis) (1936/38), Besinnung (1938/39), ber den Anfang (1941),
Das Ereignis (1941/42), Die Stege des Anfangs (1944, tuttora inedito). Questi scritti,
come dice Friedrich-Wilhelm von Hermann riferendo una comunicazione personale

fattagli da Heidegger, prendono di volta in volta nuovo slancio per la configurazione


compiuta dell'Ereignis-pensiero (Heideggers Philosophie der Kunst, p. 31).
16. Sul ruolo delle due lingue (l'essoterico-metafisica e l'esoterica-postmetafisica) nel Brief
cfr. il marginale heideggeriano riportato alla nota a di p. 313 di Wegmarken. Non inutile
ricordare che l'edizione di Wegmarken contenente i marginali di Heidegger apparsa nel
1976, lo stesso anno della morte del filosofo. Beierwaltes cita per dalla prima edizione del
1967, che non contiene i marginali.
17. Cfr. Beierwaltes, Identitt und Differenz, Vorbemerkung zur zweiten Auflage, p. v. I tre
saggi su Heidegger che compaiono nel recente libro di Beierwaltes, Funoten zu Plato
(Heideggers Gelassenheit; EPEKEINA; Heideggers Rckgang zu den Griechen),
risalgono in realt agli anni '90 del secolo scorso, e non apportano elementi ermeneutici
nuovi alla tesi del loro autore sulla heideggeriana Seinsvergessenheit come tale.
18. Heidegger, Brief ber den Humanismus, cit., pp. 327 s.
19. In pubblico il punto verr ripetuto ancora altri vent'anni dopo. Cfr. Heidegger, Zeit und
Sein, in Zur Sache des Denkens, p. 37: L'esperienza fondamentale di Sein und Zeit
quindi quella dell'oblio dell'Essere.
20. Sembra esserci davvero qualcosa di fatale nelle pieghe che i complessi speculativi dei
sommi pensatori assumono a un dato momento della loro evoluzione: Hegel e
l'autosapersi di Dio nella filosofia divenuta con lui sofia, Heidegger e il ridestarsi del
pensare occidentale entro l'Ereignis lungo i sentieri da lui percorsi... Esiti di una esiziale
megalomania cosmostorica, sempre risorgente, come monito perpetuo per le umanit a
venire?
21. emblematico che il seminario, di cui Alfredo Guzzoni ha redatto il protocollo, si sia
tenuto a Todnauberg. Per le citazioni dello Humanismusbrief cfr. Heidegger, Protokoll, in
Zur Sache des Denkens, pp. 44 e 52.
22. Riguardo al tramonto di questa possibilit cfr. Safranski, Ein Meister aus Deutchland, 20,
part. pp. 404-406.
23. Cfr. Heidegger, Zeit und Sein, cit., pp. 37 e 50. Il primo luogo citato pi avanti.
24. Heidegger, Vom Wesen der Wahrheit (1931/32), 18, pp. 139-141.
25. Heidegger, Brief ber den Humanismus, cit., p. 328, nota e.
26. Che io traduco in corsivo aldino, cio con le "ss" oblunghe: E??ere o e??ere. Cfr. Cicero,
Glossari, p. 597, e Parole fondamentali, pp. 221 s. Qui, per semplificazione redazionale,
render Seyn sistematicamente in corsivo e iniziale maiuscola: Essere.
27. Quando il Wesen, che comunemente viene reso in italiano con "essenza", riferito
all'Essere, va senz'altro tradotto in senso verbale, cio appunto come "essenziare". Guida
sicura al riguardo Heidegger, Vom Wesen der Wahrheit (1930), 9, in Wegmarken, p.
201: La questione dell'essenza della verit scaturisce dalla questione della verit
dell'essenza. Quella questione intende "essenza" innanzitutto nel senso della quiddit
(Washeit, quidditas) o della cosit (Sachheit, realitas), mentre la verit come un carattere
della conoscenza. La questione della verit dell'essenza intende "essenza" in senso
verbale, [cio come essenziare,] e in questa parola, permanendo ancora all'interno del
rappresentare metafisico, pensa l'Essere come la differenza vigente tra Essere ed essente.
[...] La questione dell'essenza della verit trova la sua risposta nella proposizione:
l'essenza della verit la verit dell'essenziare. Cfr. anche Cicero, Parole fondamentali,
pp. 218-220.
28. Heidegger, Das Ereignis, p. 292: 327. L'oblio dell'Essere e l'attenzione. / L'oblio
dell'Essere a partire dall'essente: che l'Essere non viene pensato (rap-presentato) oppure
[lo ] solo come l'essentit. / L'oblio dell'Essere a partire dall'Essere: che l'Essere rilascia
l'essente in un consolidamento dell'essentit in quanto volont di volont. / L'oblio
dell'Essere a partire dalla differenza dell'Essere e dell'essente: che solo semplicemente il

reale realizza e l'oggettuato sussiste, e tutto mira all'assicurazione della riserva costante
nel segno dell'efficienza, e ogni considerare l'essente e ogni pensare l'Essere viene in
generale annichilito attraverso la completa assenza di pensiero. / L'oblio dell'Essere dalla
sottrazione dell'Essere: che ogni oblio dell'Essere nelle figure precedenti viene
determinato dall'essenziazione della verit e cos la volont di volont inonda tutto. Per
il "rilascio" (Verlassenheit: anche "abbandono") vedi pi avanti.
29. Cfr. Heidegger, Seminar im Zhringen 1973, in Seminare, pp. 373: Che cosa significa
"questione dell'essere"? Vuol dire: questione del senso dell'Essere. [...] Dopo Sein und
Zeit, al posto di "senso" subentra "verit", e 378: Il senso dell'Essere pi tardi viene
chiamato la verit dell'Essere. Cfr. anche Beitrge, 4.
30. Cfr. Heidegger, Sein und Zeit, part. 7 B, 28, 29, 31, 44, 69c. Per la discussione delle tre
parole e le relative traduzioni italiane cfr. Cicero, Parole fondamentali, pp. 196-217.
31. Nella Lettera si legge p.es., istruttivamente: Das Geschehen der Geschichte west als das
Geschick der Wahrheit des Seins aus diesem, L'accadere della storia essenzia come il
destino della verit dell'Essere [co-mandato] da questo (Brief ber den Humanismus,
cit., p. 335).
32. bene ricordare che, per lo Heidegger posteriore alla Kehre, metafisica e filosofia
coincidono, dunque condividono il medesimo destino. Cfr. Brief ber den
Humanismus, cit., p. 364: Il pensare futuro non pi filosofia, poich esso pensa pi
originariamente della metafisica, nome che indica la stessa cosa. Vedi anche sotto la
nota 37.
33. Cfr. Heidegger, Das Ende der Philosophie, in Zur Sache des Denkens, p. 71: Attraverso
l'intera storia della filosofia il pensare di Platone, in figure diverse, rimane decisivo. La
metafisica platonismo. L'inizio (Beginn) della metafisica non coincide con der erste
Anfang del pensare occidentale, che Heidegger "data" ad Anassimandro (cfr. p.es.
Beitrge zur Philosophie, 119, p. 232). La filosofia platonico-aristotelica pi
precisamente la prima fine del primo principio ( 110, p. 211).
34. Heidegger, Platons Lehre der Wahrheit, in Wegmarken, p. 223. Per la Entbergung -puro neologismo heideggeriano -- come disascondimento cfr. Cicero, Parole
fondamentali, pp. 199-206.
35. Heidegger, Platons Lehre der Wahrheit, cit., p. 230.
36. Cfr. ibid., p. 225: L' idea il trasparente, puro rispendere, nel senso in cui si dice che "il
sole risplende".
37. Cfr. ibid., p. 235: [La sophia esterna alla caverna] caratterizzata dalla pretesa di
stendersi al di l del presenziante prossimo e ottenere sostegno in ci che stabile e si
mostra da s. Questa sophia entro s una predilezione e amicizia (philia) per le "idee"
che garantiscono l'inascoso. La sophia esterna alla caverna philosophia. La lingua dei
Greci conosce gi questa parola prima del tempo di Platone, e la utilizza in generale per
nominare la predilezione per un retto sapersi orientare. Con Platone la parola si impone
come nome per quel sapersi orientare nell'essente che, insieme, determina l'essere
dell'essente come idea. A partire da Platone, il pensare sull'essere dell'essente diviene
"filosofia", perch un guardare in su verso le "idee". Ma la "filosofia", che inizia solo con
Platone, ha da allora in avanti il carattere di ci che pi tardi si chiamer "metafisica".
38. Sul metaforema per eccellenza del pensiero di Heidegger cfr. i passi da me tradotti in
Cicero, Parole fondamentali, pp. 221-230.
39. Die Gegnet: il luogo classico per questa nozione, molto affine alla pi diffusa Lichtung,
Heidegger, Zur Errterung der Gelassenheit, in Aus der Erfahrung des Denkens, pp. 47
ss. Ne parlo pi avanti.
40. La formula risale al saggio di Carnap, berwindung der Metaphysik durch logische
Analyse der Sprache, pubblicato nel 1931 sulla rivista "Erkenntnis".

41. Il nulla stesso nullifica: cfr. ibid., 5, p. 229, dove Carnap cita da Was ist Metaphysik?
di Heidegger (Wegmarken, p. 114).
42. Heidegger, berwindung der Metaphysik, IX, in Vortrge und Aufstze, p. 77.
43. Cfr. ibid., pp. 77-78: Il rovesciamento del platonismo, secondo cui poi per Nietzsche il
sensibile diviene il mondo vero e il sovrasensibile quello non vero, perservera
completamente all'interno della metafisica. [...] C' la parvenza che il "meta", la
trascendenza verso il sovrasensibile, sia accantonato a favore del persistere
nell'elementarit del sensibile, mentre invece si compie solo l'oblio dell'Essere e il
sovrasensibile viene lasciato libero e sollecitato come volont di potenza. Qui non mi
soffermo sull'interpretazione heideggeriana di Nietzsche, perch l'attenzione rivolta
all'inizio della metafisica, non al suo compimento.
44. Heidegger, Nietzsche, II, p. 11.
45. Heidegger, berwindung der Metaphysik, XXVII, cit., p. 96.
46. Heidegger, Brief ber den Humanismus, cit., pp. 331 e 342.
47. Heidegger, Protokoll, cit., pp. 37-38.
48. Il verbo enteignen compare fin dai Beitrge ( 57 e 118, pp. 120 e 231), in seguito
vengono introdotti Enteignung, das Enteignen, fino a Enteignis, impiegata per la prima
volta pubblicamente nella conferenza Zeit und Sein, cit., p. 28.
49. Cfr. Cicero, Parole fondamentali, pp. 203-205.
50. Heidegger, Protokoll, cit., p. 50.
51. Ivi.
52. Nel 14 di Besinnung (p. 57), Heidegger prefigura il futuro lascito dichiarando
l'equivalenza tra Enteignung dell'essente in totale e Seinverlassenheit.
53. Va detto che l'affinit etimologica tra lassen e lasciare attraverso il latino lassus (laxus),
stanco, rilassato, allentato, e il greco ledein, essere stanco, debole; cfr. p.es. Kluge,
s.v. lassen. Ma mi appello alla prassi heideggeriana degli etimemi (cfr. Cicero, Nota del
traduttore, p. xiii) per considerarla traduttivamente pi che plausibile.
54. Heidegger, Beitrge zur Philosophie, 50, p. 107. In realt, alla terza riga del testo
originale si ha Seinsverlassenheit, ma ai 55-56 e 249, in contesto analogo, appare la
versione Seyns-; se ne evince che si tratta di inviti a pensare il genitivo sassone della
locuzione, come pure in Seinsvergessenheit, sempre nel senso "arcaico" anche quando la
grafia tradizionale. Riguardo alle grafie Sein e Seyn nel manoscritto heideggeriano cfr. il
Nachwort di F.-W. von Herrmann ibid., p. 516.
55. Cfr. Heidegger, Der Satz der Identitt, in Identitt und Differenz, p. 47.
56. Per der andere Anfang cfr. Heidegger, Beitrge zur Philosophie, part. 1, 81-82, 85, 8795, 100, 117-119, 137, 173, 259, 267.
57. Cfr. Beierwaltes, Identitt und Differenz, pp. 138 s.: Anche se Plotino e Proclo si
attengono al non-essere -- cio al sopra-essere -- dell'Uno, giacch "essere" viene pensato
come una modalit della Differenza, tuttavia l'Uno stesso o l'Identit pura di essere e
unit come essenza di Dio dovrebbero essere paragonabili, almeno "topologicamente",
con l'Essere (Seyn) heideggeriano. Heidegger, in Zur Seinfrage (Wegmarken, p. 414),
con riferimento al nichilismo definisce la topologia come la localizzazione di quel luogo
che raccoglie essere e nulla nella loro essenza. Beierwaltes applica questa definizione alla
Differenza, spiegando cos in nota la limitazione zumindest "topologisch": In
questione unicamente la collocazione sistematica [Systemstelle] della Differenza:
rispetto a ci, e in questo contesto, sembra relativamente indifferente chiamare il
principio "Essere" oppure "Uno non-essente" (Identitt und Differenz, p. 139, n. 141).
Senonch, l'espressione Systemstelle non si adatta per nulla al pensare heideggeriano, che
dichiaratamente asistematico e antisistematico. -- Pi di recente Beierwaltes ha

riconosciuto che nonostante alcune tangenze, le differenze nei presupposti e nelle


intenzioni [tra l'Uno plotiniano e il Seyn/Ereignis di Heidegger] rimangono
inappellabilmente nette (Das wahre Selbst, p. 121).
58. Cfr. le fini osservazioni di F. Tomatis, Escatologia della negazione, pp. 57 s., riguardo
all'influenza dell'inno Der Einzige di Hlderlin sulla einzigste Einzigkeit dei Beitrge.
Invero, Tomatis ne parla in relazione alla figura heideggeriana dell'ultimo Dio, a cui
dedica un intero capitolo (I.3). Qui non mi occupo di der letzte Gott, a sua volta
caratterizzato da einzigste Einzigkeit (Beitrge, 256, p. 411), essenzialmente perch la
sua presa in considerazione non aggiungebbe elementi di novit alla tematica della
Seinsvergessenheit (che peraltro non viene mai citata nella sezione VII dei Beitrge,
253-256, incentrata appunto sull'ultimo Dio); i rapporti interni alla costellazione formata
da Ereignis, Seyn, Dasein e letzter Gott sono per decisivi per una seria messa in
questione del pensiero heideggeriano.
59. La determinazione ricorre pi volte nei Beitrge ( 4, 23, 34, 89, 133, 135, 193, 250, 256,
271).
60. Tuttavia questa espressione, che in tedesco suonerebbe Gelassenheit zur
Seinsverlassenheit, non si trova nei testi heideggeriani.
61. Cfr. Heidegger, Zur Errterung der Gelassenheit, cit., pp. 41-42 (siamo ancora all'inizio
del colloquio tra un Maestro, un Erudito e uno Scienziato, e il tema iniziale l'essenza del
pensare): E: La rilasciatezza non appartiene all'ambito del volere. -- S: Il passaggio dal
volere alla rilasciatezza mi sembra la cosa pi difficile. -- M: Tanto pi ora che l'essenza
della rilasciatezza ci ancora nascosta. -- E: E questo soprattutto perch anche la
rilasciatezza pu venire pensata ancora all'interno dell'ambito della volont, come accade
ai pi antichi maestri del pensare, p.es. a Meister Eckhart. -- M: Dal quale nondimento
abbiamo molto da imparare. -- E: Certo; ma evidente che quella che noi chiamiamo
rilasciatezza non indica affatto liberarsi dall'egoismo peccaminoso e abbandonare il
proprio arbitrio per affidarsi alla volont divina. -- M: Questo no.
62. Beierwaltes ha avuto gioco facile nel denunciare la debolezza delle dichiarazioni su
Eckhart riportate alla nota precedente; cfr. il suo Heideggers Gelassenheit, II-IV, part.
l'interessante sintesi sulla gelazenheit a p. 22, che viene dopo una puntigliosa disamina di
testi eckhartiani: Dal punto di vista di Eckhart, "Gelassenheit" significa dunque: dedifferenziazione universale, non solo elevazione pensante in Dio, nel senso di una visio
che si tiene pur sempre a distanza, ma anche rimozione del pensare, allorch questo
oltrepassa ("si lascia dietro") "immediatamente" ["ne mitel"] ogni differenza, immagine,
modalit, volont e opera, per "divenire" nell'atto dell'unione con l'Uno divino ci che
l'uomo, al quale questo pensare appartiene, "era" in Dio una volta, cio prima della sua
esistenza creaturale. Perci pi avanti (p. 25) Beierwaltes, riprendendo l'osservazione di
Heidegger che la Gelassenheit di Eckhart sarebbe rimasta innerhalb des
Willensbereiches, si sente autorizzato a parlare in proposito di una eclatante
miscomprensione del pensiero eckartiano, e aggiunge cos un altro tassello alla propria
opera di distruzione della Destruktion heideggeriana della metafisica.
63. Heidegger, Zur Errterung der Gelassenheit, cit., p. 47. Dietro quel gleich als ob
andrebbe perci vista l'immane potenza della Lethe.
64. Heidegger, Gelassenheit, in Reden, pp. 526 s.
65. Ibid., pp. 528 s. Quest'ultimo brano in particolare d la misura della lontananza tra il
gelassenes Denken di Heidegger (animoso e perseverante) e quello di Eckhart
(elevato/rilevato-rimosso in Dio); cfr. sopra alla n. 62, la sintesi della concezione
eckhartiana fatta da Beierwaltes, il quale per mi pare aver trascurato le determinazioni
heideggeriane della rilasciatezza verso le cose e del pensare "rilasciato" come
unablssiges herzhaftes Denken. Rimane comunque la questione, bisogna ammetterlo, di
come la perseverante impavidit del pensare della rilasciatezza possa conciliarsi con
l'istanza del non-volere. -- Tomatis, Escatologia della negazione, pp. 53-55, ha colto

molto bene il rapporto tra Gelassenheit zu den Dingen e Offenheit fr das Geheimnis. Un
inquadramento completo di questo rapporto lo si ha nella conferenza heideggeriana Das
Ding del 1950, bench non vi compaia la parola "rilasciatezza".
66. Beierwaltes, Heideggers Gelassenheit, p. 5.
67. Beierwaltes ha elencato i luoghi delle sue critiche a Heidegger in Das wahre Selbst, p. 121,
n. 119.
68. Cfr. il giudizio tranchant in Beierwaltes, EPEKEINA, p. 54, n. 56: L'identificazione di
"platonismo" e "metafisica", che Heidegger opera in vista di una critica della "metafisica"
come essenziale "oblio dell'Essere", o come oblio della "Differenza ontologica", in
contrasto con il suo -- sit venia verbo -- "oblio di Plotino".
69. Super-essere, altro rispetto a ogni altro, nulla di tutto, causa senza causa, assoluto,
trascendenza (ber-seiendes, Anders zu Allem Anderen, Nichts von Allem, ursachlos
Ursache -- grundlos Grund --, Absolutes, Transzendenz): Beierwaltes rielenca tali
determinazioni come controfatti della Seinsvergessenheit in Identitt und Differenz, pp.
136-139.
70. Heidegger, Beitrge, 265, p. 459: Nicht aber ist die Einheit selbst von sich aus eine
ursprngliche Wesensbestimmung des Seins des Seienden. Giova riportare l'intero brano
che accoglie questa tesi (pp. 459 s.): Quella interpretazione greca dell'on he on in quanto
hen, quel primato finora oscuro che nel pensare dell'essere l'uno e l'unit hanno ovunque,
non pu certamente venire dedotto dalla logica e dal ruolo di filo conduttore del logos
come asserzione, poich anzi questo presuppone comunque una determinata
interpretazione dell'on (hypokeimenon). Vista pi profondamente, quella unit soltanto
il proscenio della presenziazione in quanto tale, visto a partire dal rap-presentare
raccogliente (legein), nella quale l'essente si gi appunto raccolto nel suo che-cosa e nel
suo che. La presenzialit pu essere intesa come raccolta e quindi venire concepita come
unit, e cos dev'essere, dato il primato del logos. Non per l'unit stessa di per s una
determinazione essenziale originaria dell'essere dell'essente. I pensatori principiali si
imbattono necessariamente in essa, perch a loro e al loro principio la verit dell'Essere
deve rimanere nascosta e perch, per cogliere in generale l'essere, occorre tenere ferma la
presenziazione come elemento primo e pi prossimo del suo sorgere; da qui lo hen, ma
insieme sempre nel riferimento al molteplice inteso come ci che entra in scena, viene
avanti (diviene) e fuoriesce, va via (presenziando e assenziando entro la presenzialit
stessa: Anassimandro, Eraclito, Parmenide). A partire dall'altro principio, quella
determinazione dell'essere inconcussa e mai messa in questione (l'unit) pu e deve
divenire questionabile, e allora l'unit rinvia al "tempo" (il tempo senzafondo dello
spazio-tempo). Cfr. anche Heidegger, Logos, pp. 224 ss.
71. In Heidegger, comunque, mancano riferimenti alle dottrine non scritte di Platone. Cfr. Le
Moli, Heidegger e Platone, pp. 164 s., n. 58.
72. Narbonne, che cita e commenta il brano del 265 dei Beitrge (Hnologie, ontologie et
Ereignis, pp. 203 ss.), a mio avviso non ha agganciato il piano delle intenzioni teoretiche
esplicite all'orizzonte ermeneutico ultimo (destinato-comandato, sostiene Heidegger) su
cui esse si stagliano. Quando Narbonne dice (p. 206) che il primo principio dei
neoplatonici si emancipa effettivamente dalle figure dell'ousia, della determinazione e
della presenza alle quali la lettura -- o piuttosto la non-lettura -- heideggeriana tende ad
assimilarle, evidente che non tocca in nulla la tesi della Seinsvergessenheit: non
sufficiente (dire di) volersi emancipare da qualcosa perch l'emancipazione avvenga
davvero. Nell'ottica di Heidegger, piuttosto, in primo luogo das Sein, non das Eine, che
deve emanciparsi dall'Anwesen; sullo hen neoplatonico, pur con tutte le sue apparenti
tangenze con l'Ereignis (cfr. p.es. l'elenco di Narbonne, pp. 217 s.), grava la pesante
ipoteca presenziale dell'on. Rispetto a questa situazione, la sottostruttura katholouprotologica nella quale per Narbonne (pp. 224 ss., 246 ss.) la tradizione metafisica
ontoteologica e la concezione neoplatonica si incontrerebbero, dando almeno
parzialmente ragione a Heidegger, mi appare come un aspetto accessorio. -- Sia

comunque chiaro che non intendo minimamente giustificare la mancanza di seria


considerazione da parte di Heidegger verso Plotino e i neoplatonici in genere; voglio solo
affermare che essa non di per s sufficiente a compromettere la fondatezza teoretica
della Seinsvergessenheit.
73. Cfr. Wyller, Henologie, p. 408, e The Discipline of Henology, p. 10.
74. Wyller (Henologie, p. 407; The Discipline of Henology, p. 5) descrive l'ontologia e
l'epistemologia come campi parziali, quindi subordinati, della henologia.
75. Gli appunti sono anonimi, quindi molto probabile che il loro autore sia lo stesso Herbert
Marcuse, che studi a Freiburg dal 1928 al 1933, periodo durante il quale compil e
trascrisse un'ampia raccolta di appunti di studenti presi alle lezioni e ai seminari di
Heidegger. L'unico studio finora dedicato a questo testo, All of a Sudden di Jussi
Backman, apparso nel 2007: riporta un riassunto dell'argomentazione e pochi brevi
frammenti testuali tradotti in inglese.
76. Il passo platonico introdotto dalla frase: eti de to triton legomen, diciamo ancora per la
terza volta. qui del tutto indifferente la questione se si tratti di una terza ipotesi
(Heidegger abbraccia questa interpretazione), o di una ripresa delle prime due, o di una
terza possibilit radicale ecc.
77. Heidegger, Plato: Parmenides, p. 15; citato in inglese in Backman, All of a Sudden, pp.
398 s., il quale a sua volta commenta subito: Ci che Heidegger sta dicendo qui sembra
contraddire praticamente ogni altra cosa egli abbia mai detto su Platone e Aristotele.
78. Platone, Parmenide, 156 d-e; cfr. Cicero, Detective del tempo, 4-5, pp. 20 ss.
79. Heidegger, Plato: Parmenides, p. 15; citato in inglese in Backman, All of a Sudden, p.
400.
80. Cfr. Heidegger, Sophistes, p. 239, e Die Grundbegriffe der antiken Philosophie, p. 264.
81. Cfr. Heidegger, Parmenides, pp. 222 s.
82. Backman osserva in proposito (All of a Sudden, p. 406, n. 40): Se si considera il silenzio
di Heidegger sul dialogo Parmenide, forse non sorprender che egli abbia anche
ampiamente taciuto sul tema del neoplatonismo.
83. Si potrebbe pensare che l'exaiphnes del dialogo platonico abbia continuato a vivere sotto
l'insegna dell'Augenblick, l'attimo, che indiscutibilmente una delle nozioni protagoniste
sia di Sein und Zeit sia dei Beitrge. Ma ho gi mostrato come in realt l'Augenblick
heideggeriano sia assai pi vicino al concetto greco di kairos che all'exaiphnes (che nella
forma sostantivale genuino conio platonico); cfr. Cicero, Detective del tempo, pp. 27-30.
-- C' in effetti un passo heideggeriano posteriore che mi appare come un tentativo di
restare all'altezza dell'exaiphnes del Parmenide: E: Potremmo giungere meglio nella
rilasciatezza lasciando adito al lasciarsi immettere entro essa. -- M: Soprattutto quando
quello che ci lascia fare ci inapparente [...]. E: [E] ci porta sulla via che non sembra
essere altro che la rilasciatezza stessa... -- M: ... la quale qualcosa come quiete. -- E: Da
qui mi diventa improvvisamente [pltzlich] pi chiaro in che senso il movimento viene
dalla quiete e permane lasciato entro la quiete. [...] Questa strana via [dieser seltsame
Weg] [...-- M:] porta nella contrata, rispetto alla quale la rilasciatezza ci che (Zur
Errterung der Gelassenheit, pp. 51-52). Ricorrono qui, come si vede, termini tedeschi
perfettamente corrispondenti a quelli greci di Parmenide, 156 d-e: pltzlich, seltsamer
Weg, Bewegung, Ruhe, cio rispettivamente: exaiphnes, phisis atopos, kinesis, stasis,
mentre la metabole tou henos corrisponderebbe al Lassen della contrata dell'Ereignis. Ma
proprio l'assenza di confronto esplicito con il testo di Platone mina a priori i tentativi
heideggeriani di questo tipo.
84. Della valenza epocale dell'exaiphnes Heidegger ha avuto piena contezza, in un primo
momento (corso del semestre invernale 1929/30) riferendola alla riflessione di
Kierkegaard. Cfr. Heidegger, Die Grundbegriffe der Metaphysik, 32, p. 225: Ci che
qui designiamo con "attimo" [Augenblick] quello che Kierkegaard per la prima volta

nella filosofia ha concepito realmente -- un concepire con cui dall'antichit inizia la


possibilit di un'epoca della filosofia completamente nuova. L'anno accademico
successivo avrebbe per tenuto il seminario sul Parmenide di Platone.

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